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medicina araba - La Scuola Medica Salernitana
Origini, influenze e diffusione del sapere medico arabo Le popolazioni arabe, prima di Maometto, praticavano una medicina molto primitiva ed intrisa di credenze magiche. La mancanza d'acqua, la monotonia della dieta, la presenza di numerosi parassiti ed insetti, tutto ciò unito ad una scarsa attenzione per l'igiene sono le cause basilari di innumerevoli malattie, divenute poi endemiche. Le affezioni che maggiormente colpiscono queste popolazioni sono la malaria, la tubercolosi e la dissenteria. Molto diffuse sono le malattie agli occhi come la congiuntivite ed il tracoma. I beduini utilizzano rimedi provenienti da credenze popolari, non conoscendo l'eziologia delle affezioni che li colpiscono. Essi hanno una concezione animistica della malattia e quindi, ad esempio, per curare la malaria, prescrivono al malato di ragliare come un asino per dieci minuti, affinché la febbre, pensando di essere all'interno di un animale, abbandoni le membra dell'uomo malato. Anche le conoscenze anatomiche sono esigue: negli antichi poemi vengono menzionati solo gli organi più importanti come il cuore, lo stomaco ed il fegato. Una certa attenzione è posta nello studio delle vene. Ciò lo si deduce dall'ampia nomenclatura utilizzata per individuare le vene stesse: l'al-ak'hal è la vena mediana dell'avambraccio, la carotide é al-aknda'an, l'arteria dorsale è al-abharàn. Si incontrano nei testi altri termini, sempre in relazione al sistema venoso, che non sono stati identificati. Maometto può essere considerato come il primo medico del popolo arabo. È risaputo che, per ragioni igieniche, egli proibisce il vino e la carne di maiale mentre esalta le virtù della frutta e dell'olio d'oliva. Le hadith riferiscono che Maometto utilizzasse come semplici medicinali: la nigella sativa, la henna, il crescione d'orto, l'armalo, il peudanio curativo e la cassia senna. La cassia senna viene descritta, per la prima volta, da Najm-Ad-Dyn Mahmuod (X secolo), il quale individua, anche nell'arancio, proprietà medicinali. La denominazione "medicina araba" va riferita essenzialmente alla lingua in cui tale scienza viene espressa, ma se ci si vuole riferire alle sue origini e ai contenuti, si deve parlare di una scienza in cui si fondono apporti grecosiriaco-iranico-indiano, che vengono poi elaborati e ampliati da studiosi di lingua araba. Sembrerebbe che già nel corso del VII secolo i medici arabi siano venuti a conoscenza delle opere di Galeno, grazie alla redazione di Pandette ad opera di Aaron, medico cristiano di Alessandria. Galeno fu l'autore maggiormente tradotto nel mondo arabo. Ma è solo con l'inizio del IX secolo che i testi di medicina greca vengono studiati in modo sistematico e di conseguenza, le teorie del sapere greco influenzano in profondità la scienza medica araba. Durante il regno del Califfo al-Ma'mùn (813833), è attivo come traduttore Job di Edessa, che traduce però esclusivamente in siriaco, e Yahya ibn-al-Bitrìq a cui si devono i primi lavori in lingua araba; entrambi traducono manoscritti greci. Nel corso del IX secolo un ruolo decisivo è ricoperto dalla scuola del nestoriano Hunain ibn Ishaq (conosciuto in occidente come Johannitus) che porta le conoscenze mediche greche in seno all'oriente mussulmano. Un impulso decisivo alla nascita di una medicina araba si ha con le conquiste militari, iniziate alla morte di Maometto. Gli Arabi entrano in contatto con diverse culture quali quelle della Persia, di Bisanzio, della Spagna e della Sicilia. Fondamentale è, a questo punto, l'opera dei traduttori e delle scuole di Baghdad che permisero, alle soglie del X secolo, la formazione di un bagaglio di cultura scientifica che sarà la base della medicina araba. Grande importanza ha, quindi, la scuola di traduttori, fondata dal califfo Ma'mun nel 830 a Baghdad. A capo della scuola opera Yahya ibn Masuwkih, conosciuto in occidente con il nome di Mesué il vecchio; a lui si devono le prime opere scritte in lingua araba, tra cui la più importante porta il titolo di Aforismi. Nella scuola, operano molti studiosi, che traducono principalmente in arabo, e talvolta in siriaco. Il più importante traduttore della metà del IX secolo è Hunayn ibn Is'hàq che è aiutato da un figlio e da un nipote. Anch'egli traduce in parte in arabo ed in parte in siriaco. Molto interessante è una lettera scritta da Hunayn a Ali ibn Yahya ibn al Munajjm, nella quale vengono riportati i 129 scritti di Galeno, si parla del loro contenuto, delle traduzioni precedenti e delle lingue in cui sono state tradotte: siriaco o arabo. Nell'introduzione egli spiega il metodo che ha seguito nel tradurre. La grande popolarità, di cui godette, fece sì che, anche dopo la morte, gli venissero attribuite molte traduzioni in realtà non sue. L'importanza dell'opera di Hunayn è quella di aver posto le teorie galeniche alla base della medicina araba. Dall'opera di Galeno deriva quindi l'attenzione dei medici arabi nei confronti della teoria dei quattro umori. Nonostante i dottori arabi abbiano utilizzato il giuramento di Ippocrate, minore è stata l'attenzione dei traduttori nei riguardi delle sue opere; difatti alcuni dei suoi scritti non sono stati tradotti. L'opera di Ippocrate circola in forma di commentari di produzione alessandrina che sono in parte dedotti da Galeno. Le edizioni alessandrine risultano più facilmente consultabili rispetto agli originali. La farmacologia araba riceve un deciso impulso con la traduzione del De materia medica di Dioscoride (77 d.C.). Dell'opera di Dioscoride vengono tradotti non solo i cinque libri originali, ma anche i due testi apocrifi sulle piante velenose e sugli animali. La versione maggiormente diffusa è quella operata da Istafàn ibn Bàsìl. Il De materia medica diviene il testo farmaceutico più utilizzato da medici e farmacisti. Le opere di Rufus di Ephesus influenzarono anch'esse la scienza medica araba. Almeno 58 suoi scritti sono stati tradotti. Una profonda influenza l'hanno esercitata le opere di quattro compilatori bizantini: Oribasio (326-403 d.C.), medico personale di Giuliano l'Apostata, Alessandro di Tralles (morto nel 605), Aetius di Amida (527-567) e Paolo di Egina (610-641). La chirurgia e l'ostetricia vengono maggiormente approfondite, nel mondo scientifico islamico, grazie all'influenza del sesto libro di Paolo d'Egina. La Collectio medica di Oribasio, porta alla conoscenza dei medici dell'epoca diversi autori greci. Il testo di Alessandro di Tralles introduce, infine, nella scienza araba l'elemento magico. Uno dei primi medici, a cui è possibile attribuire una produzione scientifica, è Ali ibn-Sahl Rabban at-Tabarì, nato a Merv nell'anno 810. Nel suo libro Paradiso di saggezza, pone molta attenzione ai testi di Dioscoride, Galeno, Aristotele, pervenutigli attraverso traduzioni dal persiano. In appendice alla sua opera, Ali include un piccolo trattato sulla medicina indiana. Il più grande, forse, tra i medici del Medioevo é stato Abu Bakr al-Razi, meglio conosciuto con il nome di Razas (850923). Egli avvia i suoi studi a Baghdad, per poi continuarli a Khoracum. Il Continents è la sua opera più significativa, nella quale egli espone le proprie osservazioni cliniche, frutto della sua esperienza di medico. Poco spazio viene dato, invece, alla descrizione delle piante officinali. Egli riassume poi l'essenziale dei suoi libri in un compendio: Liber medicinalis Almanzoris, dedicato, appunto, al principe al-Mansur. Il testo contiene sentenze improntate al buon senso come: "Colui che interroga troppi medici commette un grande errore". La sua scienza è aliena da ogni ciarlataneria e combatte la credenza, diffusa tra i dottori arabi, di poter diagnosticare ogni malattia con le sole analisi dell'urina senza aver bisogno di visitare il paziente. La sua grande saggezza lo ha fatto considerare l'Ippocrate arabo. Importante è l'opera al Kitab-al Malakì, del medico persiano Alì ibn al-'Abbàs, morto nel 995. Il suo lavoro si distingue per la chiarezza e per l'assenza di riferimenti magici ed astrologici. Forte è il richiamo alle teorie galeniche. Importante è stato l'operato di Abù Alì al-Hussain ibn Sìnà meglio conosciuto con il nome di Avicenna. Egli nasce a Bukhara nel 980. Per ragioni politiche, nel 1002, abbandona la sua terra, morirà poi, nel 1037, a Hamadàn, per una colica. La sua opera più importante è conosciuta con il nome latino di Canon. In quest’opera, Avicenna tenta di riordinare le dottrine mediche di Ippocrate, Galeno ed Aristotele, arricchendole, però, con osservazioni personali. Avicenna impiega, nelle sue terapie, droghe ed erbe descritte da Dioscoride e Galeno, mescolandole con altre di origine orientale. Egli modifica la theriaca di Andromaco aggiungendovi alcune droghe orientali e la terra sigillata. Con il dominio arabo, anche a Cordoba vengono istituite scuole di medicina, tra cui è da ricordare quella fondata nel 750 da Abd al-Rahman, ultimo rampollo della dinastia degli Omayyadi. Presso queste scuole emerge Abù-'l-Qàsim's grande chirurgo e autore del Kitàb al-Tasrìf. Nei trattati di medici precedenti, la chirurgia veniva quasi del tutto ignorata, ma con l'opera di Abù'l-Qàsim's viene a pieno titolo integrata nella medicina scientifica. Della scuola spagnola non possono venir tralasciate le due più grandi personalità: Averroé e Maimonide. Abn'l-Walid Muhammad ibn-Rashid, meglio conosciuto come Averroé vive a Cordoba tra il 1126 ed il 1198; egli, filosofo di grande valore, opera anche nel campo medico. A lui si devono diverse opere di cui la maggiore è il Colliget. Quest'opera divisa in sette parti tratta di anatomia, dietetica, patologia, sintomatologia, nutrimento, igiene e terapeutica. Abu-Imram Musa ibn Maimun o Maimone è autore di commentari alle opere di Ippocrate. Egli, costretto dagli Almohadi a lasciare Cordova, si stabilisce in Egitto divenendo medico personale del figlio del Saladino. Per il suo signore, afflitto da malinconia, scrive due Regimina sanitatis. La sua opera più importante è il Misahnah Torah. Nel libro VII, dedicato all'agricoltura, Maimone conferisce ampio risalto all'aspetto botanico. Si interessa anche di dietetica e le sue opere sull'argomento divengono i modelli dei trattati sulla sanità comparsi nella letteratura medica italiana a partire dal 1200. Johannes Mesué il Giovane, vissuto tra la fine dell'XI ed i principi del XII secolo, scrive numerose opere che vengono tradotte in latino e che grande influenza hanno presso la Scuola salernitana. Nell'Antidotarium e nel Compendium secretorum medicamentorum sono presenti medicamenti composti da erbe sia occidentali che orientali. Egli è a conoscenza che il rabarbaro proviene dalla Cina ed il tamarindo dall'India. Un altro personaggio di una importanza determinate è stato Ibn al-Baytar, nato a Malaga, verso la fine del XII secolo e morto a Damasco intorno nel 1248. A Siviglia compie i suoi studi di farmacologia e botanica applicata all'utilizzo delle piante medicinali. Frequenti sono stati i suoi viaggi in Nord Africa, in Asia Minore, in Siria ed in Egitto, viaggi che hanno arricchito le sue conoscenze medico-botaniche e che gli hanno permesso di conoscere nuove piante da utilizzare nei suoi composti. In Egitto il sultano gli conferisce il titolo di "maestro di botanica" . Il suo scritto più importante è il Kitab al-Jami'. L'opera, in generale, ha come argomento i semplici; non si tratta, però, di una compilazione metodica e critica sui semplici ma di un insieme di osservazioni personali unite ad altri argomenti, quali la dieta ed il cibo. L'altra sua opera, il Kitab al mughni fi al-adwiya al-mufrada, non è che una riedizione dell'opera precedente, con un'unica differenza che le viene conferita dalla presentazione dei vari capitoli, che nella prima opera segue l'ordine alfabetico, mentre nella seconda quello terapeutico. La medicina araba incontrerà l'Occidente nel corso del XI secolo, grazie all'instancabile attività di Costantino l'Africano. Egli tradusse gran parte delle opere mediche in circolazione. Nel XII secolo, la scuola di traduzione di Toledo, diede un altro forte impulso alla circolazione dei testi e delle conoscenze mediche arabe.