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cause ed effetti d e l l ` esplosione di una bombola
CAUSE ED EFFETTI DELL’ ESPLOSIONE DI UNA BOMBOLA DI ACETILENE Il frequente utilizzo nelle officine e nei cantieri tende a far sottovalutare il pericolo di questo gas. Ing. Giacomo Ruggeri I sistemi di saldatura ossiacetilenici sono quanto di più comune esistente nelle officine e nei cantieri e l’uso massiccio tende a far dimenticare il pericolo di un gas estremamente pericoloso. L’acetilene, chimicamente individuato come C2H2, è caratterizzato da una grande energia interna e da caratteristiche conseguenti di instabilità. La sua struttura molecolare tende a dividersi secondo la trasformazione: C2H2 ⇒ 2C + H2 + 54,8 Cal Come appare la decomposizione è altamente esotermica per cui alla reazione, che può di per se essere esplosiva, succede anche una seconda esplosione dell’idrogeno e dello stesso carbonio presente come nerofumo. Sono trascorsi molti anni ma l’immagine di una tremenda esplosione di una comune bombola di acetilene mi resta sempre fissa nella mente. L’effetto fu devastante e tragico. Cinque operai persero la vita. Su questo scenario pesante di lutto e di grande responsabilità fui incaricato di trovare le ragioni del fenomeno che all’apparenza non appariva possibile. Ma quando si deve percorre- re la via della analisi e della ricerca diviene assolutamente necessario dimenticare le sensazioni ed i sentimenti restando con la più fredda razionalità a garanzia di risultati scientifici ed imparziali. Secondo questa logica sono riportati gli step del lavoro eseguito per l’individuazione della catena fenomenica che ha condotto il sistema all’esplosione. Definizione dei luoghi e delle attrezzature prima dell’esplosione Non si possiede una documentazione fotografica ma il sistema collegato alla bombola esplosa era così configurabile: – le condizioni ambientali sono identificate in giornata serena di giugno, ore 15.30, temperatura stimata 35 °C, pressione 0,97 bar, cielo sereno, irradiazione solare massima, vento assente; – bombola di acetilene con tara di 45,5 Kg dotata di massa porosa interna di tipo semirigido costituita da amianto, carbone, e supporto siliceo di irrigidimento; – la bombola proveniva direttaANTINCENDIO novembre 1997 mente dalla ricarica ed era inserita in un sistema di saldatura ossiacetilenica e con la carica in atto non aveva mai operato. Il cannello inserito era del tipo “da taglio”; – I dati dell’ultima ricarica davano i seguenti valori: solvente (dimetilchetone) 8 Kg; peso del gas caricato 5,7 Kg con rapporto di soluzione pari a 0,71; – Il sistema di saldatura era completo, secondo le specifiche di norma costituito da riduttori di pressione e successiva valvola anti ritorno di fiamma dotata di filtro ceramico; – Tutto il complesso della saldatura (riduttori, valvole di protezione, tubi e cannello di saldatura) era assolutamente nuovo e mai usato; – La bombola era al nono anno del periodo per la verifica a pressione prescritto in dieci anni e la valvola di erogazione verificata quattro anni e mezzo prima (periodo prescritto 5 anni). A prescindere dalle considerazioni meteorologiche, che esponevano i recipienti a pressione a temperature valutabili dell’ordine dei 60 °C, e dal posizionamento delle bombole poste ritte senza 65 ESPLOSIONE DI UNA BOMBOLA appoggio a carrello o fissaggio a struttura stabile con catenelle, come prescritto di norma, non apparivano altre violazioni. Casualità e/o concausalità delle inosservanze con l’esplosione Va precisato che l’evento deve classificarsi come esplosione. La dizione scoppio sarebbe errata. Quest’ultima riguarda la frattura di recipienti a pressione per effetto dell’aumento dei soli valori fisici dovuti per lo più ad aumenti del livello termico ed a trasformazioni di stato solido e liquido in vapore-gas. L’esplosione avviene per trasformazioni combinate fisico-chimiche in cui i prodotti finali sono diversi dalle sostanze presenti prima del fenomeno. A questa categoria appartengono specificatamente gli esplosivi. Le immagini dei reperti della bombola (foto 1 e 2) dimostrano che essa esplose in posizione eretta. La parte terminale (foto 1) fu rinvenuta dopo l’esplosione nello stesso spazio precedentemente occupato. La base risultava leggermente ricalcata nel terreno che aveva ceduto come sotto l’effetto di una violenta pressione. Le parti superiori (foto 2) del mantello furono ritrovate a quasi 80 metri di distanza. La parte contrassegnata con il gesso come n. 1 traversò una barriera di pioppi sfrondando le cime con un vero e 66 proprio tunnel di passaggio a dimostrazione della violenta proiezione. La ricerca sulle cause dell’esplosione fu basata sulle testimonianze di persone presenti o vicine al luogo dell’incidente e sulla osservazione attenta dello scenario post-esplosione. Dalle descrizioni ottenute da operai del cantiere parrebbe risultare, si usano i condizionali perché la testimonianza viene riferita da operai distanti almeno 25÷30 metri, che due addetti al servizio di taglio ossiacetilenico stessero armeggiando sulla bombola dell’acetilene, mediante una chiave inglese, e che ad un certo momento si è udito distintamente un sibilo violento seguito quasi immediatamente dall’esplosione. Lo scenario dei luoghi viene rappresentato nella sua specif i- Foto 1 e 2 Le immagini dei reperti della bombola dimostrano che essa esplose in posizione eretta. ANTINCENDIO novembre 1997 cità dalle foto 3 e 4. Il furgone, un FIAT 238 di colore bianco, rivela gli effetti diretti di una fiammata ricevuta in pieno fronte, e le conseguenze di un annerimento da nero fumo depositato sulla vernice sui fianchi non esposti all’azione investitrice del calore. La vernice, e si nota sullo sportello del lato guida, ha subito solo un annerimento da deposito, contrariamente a quella del fronte evidentemente spellata. Le immagini 4 e 5 mostrano lo specchietto retrovisore nella parte anteriore, evidentemente soggetta alla vampata, e della parte posteriore annerita da un evidentissimo strato di nero fumo rimosso dal passaggio di un dito. La presentazione dello scenario rappresenta, oggettivamente, un elemento di certezza che rivela in modo palese la decomposizione del gas acetilene. La presenza del nero fumo è il risultato inevitabile della decomposizione del gas e della conseguente combustione (rapida sino a raggiungere effetti di vera e propria esplosione) dell’idrogeno di decomposizione. In sostanza la prima parte dell’azione chimica, la decomposizione del gas acetilene in carbonio (nero fumo) ed idrogeno si è avuta nella bombola con gli effetti dello scoppio del contenitore e la proiezione della sua parte superiore, mentre il prodotto risultante è andato in combu- ESPLOSIONE DI UNA BOMBOLA stione a contatto dell’ossigeno dell’aria ossidando l’idrogeno per maggiore affinità e lanciando il carbonio come finissimo fumo nero. La testimonianza riferisce peraltro elementi che non appaiono in contrasto con l’avvenuto scoppio ma occorre trovare coerenza con la presenza degli addetti vicino alla bombola, con la chiave inglese, e con il sibilo. Un’ispezione accurata fornì in modo veramente insperato il ritrovamento della valvola di chiusura della bombola dell’acetilene, a notevole distanza dal punto dell’esplosione, della chiave inglese (una fissa da 12 e 13 USAG), e della staffa di collegamento per il riduttore di pressione. La foto n. 6 rappresenta i ritrovamenti. Il gruppo riduttore con le tubazioni fu ritrovato sul luogo dell’esplosione non essendo stato proiettato. Una prima considerazione su questi reperti va eseguita su una fondamentale differenza tra essi. La chiave inglese che è rimasta sul luogo dell’esplosione è totalmente imbrattata di nero fumo, mentre la valvola e la staffa di collegamento, proiettati lontano, sono completamente puliti. La valvola di testa della bom- bola dell’acetilene presentava delle grosse anomalie sulla filettatura di collegamento. Tale filettatura, di tipo leggermente conico per assicurarne l’impermeabilità, aveva i filetti quasi del tutto appiattiti probabilmente per effet to di urti intervenuti negli ultimi quattro anni del suo servizio. La norma, riferita all’anno 1982, prescriveva che la revisione della valvola venisse effettuata ogni 5 anni, e l’ultimo controllo era avvenuto 4 anni ed otto mesi prima. La filettatura, ipotizzando la resistenza del metallo analoga a quella di un acciaio C 10 (UNI 2953) con τr= ~20 Kg/mm 2 resiste ad uno sforzo corrispondente alla rottura dei filetti in condizioni di efficienza. Foto 3, 4 e 5 Lo scenario dei luoghi La superficie totale e il furgone investito sottoposta al taglio dedalla deflagrazione: i particolari riva dal calcolo che dello specchietto con l’evidente strato di nero fumo rimosso. per un diametro circolare da 11/4 a cui corrisponde una circonferenza di L=99,75 mm per 0,75 mm circa di spessore di filetto, forFoto 6 I ritrovamenti nisce una superficie di S=74,809 mm2 che per 7 giri di presa fornisco- ANTINCENDIO novembre 1997 67 ESPLOSIONE DI UNA BOMBOLA no la condizione massima di resistenza: 74,809 x 7 x 20=10473,2845 Kg Il valore della trazione di rottura della valvola dalla bombola che diviso per la superficie dell’attacco che è di 7,9173 cm 2 fornisce il valore a rottura della pressione di ben 1322,84 Kg/cm2. Tale valore è il valore teorico della rottura nelle condizioni ideali che 7 giri di filetto siano in tenuta ed aderenza perfetta. Ma le condizioni della filettatura prima dell’incidente erano pessime. Le parti di filetto risultate tranciate (e tali parti ovviamente erano esattamente quelle che garantivano la tenuta prima dell’incidente) erano minime rispetto al totale per cui il valore della pressione massima sostenibile si riduceva drasticamente. Nella foto 8 viene evidenziata una parte di filettatura, l’indicazione in azzurro della direzione della pressione interna, il limite superiore dell’impanatura inserita nel cappello della bombola rappresentato da un tratteggiata azzurra, le croci azzurre indicano gli unici due filetti con qualche traccia di tenuta. Le due piccole aree punteggiate ai bordi sono tutta la superficie tranciata di tutto il filetto rappresentato. Tornando all’immagine precedente, la foto 7, l’intera valvola individua nei confronti del filetto di inserimento una forte deformazione subita nel senso della freccia rossa. Tale deformazione non è dovuta all’esplosione ma a precedente colpo ricevuto. Le bombole dell’acetilene quando sono prive di cappellotto di protezione da mantenersi obbligatoriamente durante le operazioni di trasporto e magazzino sono particolarmente esposte a colpi trasversali della valvola, come nel caso in questione, conseguenti spesso a cadute laterali. Queste bombole che fanno spessissimo servizio di cantiere, quando hanno il riduttore di prelievo gas allacciato alla valvola non possono mantenere la protezione per cui si prescrive che esse, durante il servizio di saldatura, debbono essere assicurate con catenella ad una struttura stabile, oppure inserite in apposito carrello che ne consenta la corretta posizione verticale o sub verticale necessaria a consentire il fluire dell’acetilene senza incorrere nel rischio di estrarre anche l’acetone di soluzione. D’altra parte lo scenario dell’esplosione evidenzia che la bombola si frammentò in posizione verticale e nulla lascia supporre che vi sia stata una precedente caduta della stessa per cui è da desumere che un eventuale incidente poteva essersi verificato nell’arco degli ultimi 4 anni ed otto mesi, anche in considerazione della vistosa ossidazione delle parti danneggiate. L’esame dei reperti Foto 7, 8 - Particolare dell’intera valvola, e ingrandimento della filettatura 68 ANTINCENDIO novembre 1997 La prima attenzione venne indirizzata alla valvola stessa della bombola cercando di valutare le sue effettive condizioni di funzionamento con le descrizioni testimoniali. Queste affermavano che due degli operai addetti stavano armeggiando con una chiave inglese sulla valvola stessa. ESPLOSIONE DI UNA BOMBOLA In realtà le sue condizioni di effettiva chiusura, verificate con le condizioni di pressione applicata di 12 bar ed immersione in acqua (foto 9). Tale condizione comportava uno sforzo di chiusura ed apertura di non meno di 2,85 Kgm (Chilogrammetri) di coppia come verificato con strumento dinamometrico (foto 10). Il rilevo tecnico spiega con grande aderenza reale lo sforzo che i due operai stavano compiendo per effettuare l’apertura della valvola dell’acetilene che, superato il momento critico dovuto ad un effetto di incastro della punta di chiusura interamente metallica, poteva continuare la rotazione con minimo sforzo. L’elemento di chiusura interno alla valvola è rappresentato con la foto 11. Il particolare viene riscontrato interamente ricoperto da nero fumo derivante dalla decomposizione dell’acetilene libero, come descritto nella parte iniziale. Questa osservazione non fornisce elementi di valutazione potendo, la decomposizione, essersi verificata in altro momento. Peraltro le tracce del fenomeno forniscono un primo elemento di allarme. Il secondo elemento in esame fu il complesso del riduttore di pressione. Va precisato che questo elemento era nuovo e mai usato prima dell’incidente. Nella foto 12 (pagina successiva) è rappresentato il riduttore di pressione colpito dall’esplosione. Anche questo elemento riporta la doppia presenza delle ustioni superficiali e del nero fumo che ricopre interamente le superfici esposte. Nella foto è riportato in tratto rosso il collegamento alla valvola della bombola, collegamento tranciatosi a seguito dell’esplosione. Questo collegamento è realizzato da un tubo in lega speciale che si avvita all’interno del corpo del riduttore ed il gas, prima di essere erogato all’interno del meccanismo, attraversa un piccolo filtro in rete metallica per evitare che particelle solide possano inserirsi nel delicato meccanismo della riduzione di pressione del gas. Con un’operazio- Foto 10 (in alto) Condizione di sforzo di apertura misurato con strumento dinamometrico. Foto 9 (a sinistra) Prova di effettiva chiusura in immersione con condizioni di pressione di 12 bar. Foto 11 (in basso) L’elemento di chiusura interno alla valvola. ANTINCENDIO novembre 1997 69 ESPLOSIONE DI UNA BOMBOLA ne di meccanica venne estratto il moncone del tubo di collegamento ancora presente nel complesso del riduttore, e con sorpresa si rilevò il completo stato di intasamento da nero fumo (foto 13). Questa attrezzatura, certamente inserita nel sistema di saldatura nuova di fabbrica ha subito un riempimento di nero fumo da parte della bombola prima della sua esplosione. Proseguendo nel percorso del gas si osserva che nella parte in alta pressione del riduttore, quanto nella parte in bassa pressione (foto 14 pagina successiva), quanto nella parte in bassa pressione, sono sempre presenti, ed abbondanti le tracce di nero fumo. giunge alla valvola antiscoppio, valvola che dovrebbe, nella sua precisa funzione, proteggere il gruppo di riduzione da un’eventuale decomposizione dell’acetilene presente nel tubo flessibile di gomma. Questa valvola si compone di un sistema per lo scarico esterno di un eccesso eventuale di pressione, e da un vero e proprio filtro diaframma, di tipo ceramico, che frammentando il flusso del gas in un numero grandissimo di infinitesimi dotti di passaggio, ne consente lo scambio termico con il materiale e l’interruzione di fenomeni chimici. L’esame fornì elementi di indubbio significato poiché rivelava la fine della reazione di decom- Foto 12 (in basso) Il riduttore di pressione colpito dall’esplosione. Proseguendo nel percorso si antiscoppio. Dalla parte di monte (verso la bombola la presenza di nero fumo era abbondantissima, mentre dalla parte di valle (verso il cannello utilizzatore) era assolutamente nulla. L’elemento di protezione non aveva agito separando il rischio dal cannello verso la bombola, ma in senso del tutto inverso. Aveva di fatto protetto il cannello da una reazione indesiderata avvenuta nella bombola o comunque nella zona di alta pressione. La camera di monte ed il filtro nella parte di valle è raffigurata con la foto 15. Il tubo di gomma che collegava il complesso riduttore al cannello utilizzatore era completamente pulito da nero fumo interno a significare con certezza che l’innesco di una causa di decomposizione dell’acetilene non poteva addebitarsi alla utilizzazione del cannello. posizione proprio sul diaframma Foto 13 (in basso) Moncone del tubo di collegamento 70 ANTINCENDIO novembre 1997 ESPLOSIONE DI UNA BOMBOLA Le cause dell’innesco della decomposizione Alla luce degli accertamenti fatti e verificato che anche le disposizioni di sicurezza del complesso di utilizzazione, individuate dal D.P.R. 547 del 27.04.55 art. 253 che trova contenuto tecnico nella UNI 8454 e DIN 8521, erano pienamente rispettate nella parte riguardante il flusso del gas acetilene, la ricerca delle cause si va orientando sulle analisi dei componenti e nelle prove sperimentali effettuate su campioni di bombole dalla Societé Nationale del l’Air Liquide di Chateneuf sur Seine in Francia. In primo luogo fu effettuato un prelievo del gas acetilene da una bombola di riserva del cantiere che, con prova della bolletta di Foto 14 (in basso) Tracce di nero fumo presenti nel riduttore (parte alta). caricamento, corrispondeva allo stesso stick di carica della bombola esplosa. Il gas sottoposto ad analisi fornì i seguenti risultati (vpm=volumi per milione): Ossigeno Azoto Etano + Etilene Metano Propano + Propilene Acetone 50 vpm 2.000 vpm 50 vpm Assente 300 vpm 0,048% Pertanto anche considerando che nel caso di riempimento bombola, sciogliendosi l’acetilene nell’acetone e non gli altri gas, il rapporto tra volume bombola e volume libero rappresenta un fattore moltiplicativo pari a circa 6 per cui l’ossigeno nella parte gassosa viene a raggiungere il valore di 300 vpm, molto lontano dalle 1.500÷2.000 vpm che rappresentano il limite del rischio. Ne si può tenere conto di una distribuzione irregolare dei gas non disciolti all’interno della massa porosa, Foto 15 La camera di monte ed il filtro nella parte di valle. ANTINCENDIO novembre 1997 che di fatto sono trascinati verso il basso della bombola poiché tale crisi si ha effettivamente solo in fase di carica. Nel tempo questi gas vengono a disperdersi in tutto l’insieme. La bombola poi uscì dallo stabilimento di carica nove giorni avanti all’esplosione. Una bombola di tale genere è riempita, nelle condizioni normali secondo questi dati percentuali: massa porosa solvente (acetone) acetilene disciolto spazio libero 9% 42% 32% 17%. Questi dati corrispondono per una temperatura di 15 °C. Le norme ISO stabiliscono infatti che il volume di sicurezza (spazio libero) sia a questa temperatura di tale valore per assicurare la dilatazione dei componenti liquidi e solidi oltre l’aumento di pressione del gas che garantisca sufficienti distanze dal limite della crisi fino a 65 °C. Questa temperatura è stata raggiunta in zone equatoriali (Dakar) con bombole al sole e verniciate di nero. Per quanto attiene a questo aspetto la bombola in questione poteva raggiungere un valore stimato di temperatura (posizione 71 ESPLOSIONE DI UNA BOMBOLA verticale con angolo complessivo di incidenza solare utile solo per l’ogiva di testa) di non più di 45÷48 °C che nelle condizioni più sfavorevoli poteva portare la pressione interna dal valore dei 25 bar ai 35 bar sempre molto lontani dalle pressioni di prova di 60 bar cui più volte lo stesso recipiente era stato sottoposto. Tuttavia questo aumento di pressione ha comunque avuto un ruolo attivo nel fenomeno esplosivo costituendo pur sempre un aumento dell’energia interna. Raccogliendo i dati ottenuti e coniugandoli con i resoconti testimoniali si può coniugare un’azione logica degli accadimenti. Mediante l’azione della chiave inglese ritrovata si stava operando per aprire la valvola della bombola dell’acetilene. La capacità di incastrarsi e resistere all’apertura con un momento di 2,85 Kgm ha comportato uno sforzo sulla estremità della piccola chiave con leva attiva di soli 17 cm di 16,8 Kg con conseguente effetto di apertura rapida a seguito del cedimento immediato dello sforzo di incastro della punta di chiusura nella sede che costituisce anche il foro di passaggio (vedi precedente foto 11). Questa apertura che avviene di scatto, produce un rapidissimo aumento di pressione nella zona di alta del regolatore-riduttore del gas. Questo salto di pressione, per la sua rapidità, e quindi nella impossibilità di scambio termico come per un motore diesel, ha determinato un forte aumento di pressione del gas unitamente all’ossigeno dell’aria presente nel condotto fresco di montaggio. Il salto di temperatura ottenuto, in analogia del diesel, deriva da: T1 = P1 T2 P2 γ in cui γ = K-1 K e K = CP CV Foto 16 (in basso) Interno della bombola costituito da materiale disomogeneo. 72 ANTINCENDIO novembre 1997 con C P = calore specifico a pressione costante e e C V = calore specifico a volume costante eseguendo i calcoli si ottengono i seguenti valori. Valori calcolati per l’aria: per P2 = 35 Kg/cm2 T2 = 866 °K = 593 °C per P2 = 25 Kg/cm2 T2 = 786 °K = 513 °C Per l’acetilene per P2 = 35 Kg/cm2 T2 = 629 °K = 356 °C per P2 = 35 Kg/cm2 T2 = 589 °K = 316 °C L’ordine di tali temperature è di gran lunga superiore alla temperatura di autoaccensione dell’acetilene corrispondente, alla pressione di 1 Kg/cm 2 di soli 270 °C con sensibilizzazione al crescere della pressione. Questo effetto determina la decomposizione dell’acetilene in carbonio ed idrogeno e conseguente aumento della pressione e temperatura interne, mentre la formazione, la completa occlusione del filtro della foto 13 e del disco ceramico di protezione determinano il blocco dell’erogazione. A questo punto l’operaio che aveva eseguito la manovra di apertura si accorge che qualche cosa non va nel riduttore e chiude di nuovo la valvola della bombola ma l’azione di decomposizione all’interno è già iniziata. Nel corso della visita allo stabilimento dell’Air Liquide si sono potuti verificare gli effetti della decomposizione dell’acetilene all’interno di ESPLOSIONE DI UNA BOMBOLA una bombola. Il gas è capace di decomporsi solo nella parte non disciolta nell’acetone. Il caso esaminato si riferisce ad una bombola con materiale poroso di tipo rigido, più efficace e sicuro di quello usato nella bombola esplosa costituito da materiale disomogeneo illustrato nella foto 16. La decomposizione si estende alla zona di vuoto creata proprio per l’estrazione del gas, immediatamente sotto la valvola e nella zona di contatto col mantello evidentemente non bagnata dall’acetone tutto assorbito dalla massa porosa. Quando avvengono decomposizioni interne in difetto di acetone la colorazione nera si estende anche a gran parte della massa interna del corpo poroso. L’evento esplosivo Viste le cause dell’innesco, la sequenza degli avvenimenti dopo la chiusura della valvola di testa della bombola dell’acetilene si porta come appresso. All’interno della bombola sale la pressione per effetto della decomposizione dell’acetilene libero; • • i filetti di tenuta della valvola al corpo bombola sono insufficienti; la valvola viene espulsa dalla propria sede; • la materia porosa, di tipo incoerente per effetto della pressione comincia ad essere espulsa dal foro di 11 / 4 ” (31,75 mm); • si crea un vasto spazio libe- ro nella bombola dove l’acetilene viene a liberarsi dalla soluzione acquistando le proprie prerogative di instabilità; • il processo di decomposizione (esotermico) continua e si accelera per effetto della pressione che tende ad aumentare; • la costipazione per ef f e t t o “collo di bottiglia” reale che deve passare la materia solida in espulsione determina un’occlusione; • la pressione sale a valori altissimi in concomitanza della decomposizione che raggiunge velocità detonanti; • la bombola si squarcia emettendo il suo contenuto come carbonio, idrogeno che brucia esplodendo a contatto con l’ossigeno dell’aria, e spargendo nel raggio di almeno 50 metri tutta la materia porosa resa incoerente dallo stress esplosivo. conservazione integro del filetto che essendo conico tende, in caso di danneggiamento, a sfilarsi con troppa facilità. La seconda riguarda la massa porosa di tipo incoerente che non assicura il mantenimento geometrico interno della sua struttura. Sarebbe opportuno che il sistema di attacco per l’erogazione del gas rimanesse contenuto all’interno di una protezione fissa che impedisca l’urto sulla valvola anche nelle condizioni di esercizio della bombola stessa. Considerazioni finali L’avvenimento discende da cause che la normativa stessa non aveva previsto. La prima dipende dall’estrema fragilità dell’accoppiamento della valvola di testa alla bombola. Questo accoppiamento è troppo soggetto ad eventuali urti e le verifiche quinquennali non assicurano sufficientemente lo stato di ANTINCENDIO novembre 1997 73