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cause ed effetti d e l l ` esplosione di una bombola

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cause ed effetti d e l l ` esplosione di una bombola
CAUSE ED EFFETTI
DELL’ ESPLOSIONE
DI UNA BOMBOLA DI ACETILENE
Il frequente utilizzo nelle officine e nei cantieri tende
a far sottovalutare il pericolo di questo gas.
Ing. Giacomo Ruggeri
I sistemi di saldatura ossiacetilenici sono quanto di più comune
esistente nelle officine e nei cantieri e l’uso massiccio tende a far
dimenticare il pericolo di un gas
estremamente pericoloso.
L’acetilene, chimicamente individuato come C2H2, è caratterizzato da una grande energia interna e da caratteristiche conseguenti di instabilità.
La sua struttura molecolare
tende a dividersi secondo la trasformazione:
C2H2 ⇒ 2C + H2 + 54,8 Cal
Come appare la decomposizione è altamente esotermica
per cui alla reazione, che può di
per se essere esplosiva, succede anche una seconda esplosione dell’idrogeno e dello stesso
carbonio presente come nerofumo.
Sono trascorsi molti anni ma
l’immagine di una tremenda
esplosione di una comune bombola di acetilene mi resta sempre fissa nella mente.
L’effetto fu devastante e tragico. Cinque operai persero la vita.
Su questo scenario pesante di
lutto e di grande responsabilità
fui incaricato di trovare le ragioni
del fenomeno che all’apparenza
non appariva possibile.
Ma quando si deve percorre-
re la via della analisi e della ricerca diviene assolutamente
necessario dimenticare le sensazioni ed i sentimenti restando
con la più fredda razionalità a
garanzia di risultati scientifici
ed imparziali.
Secondo questa logica sono
riportati gli step del lavoro eseguito per l’individuazione della
catena fenomenica che ha condotto il sistema all’esplosione.
Definizione dei luoghi
e delle attrezzature prima
dell’esplosione
Non si possiede una documentazione fotografica ma il sistema
collegato alla bombola esplosa
era così configurabile:
– le condizioni ambientali sono
identificate in giornata serena
di giugno, ore 15.30, temperatura stimata 35 °C, pressione 0,97 bar, cielo sereno,
irradiazione solare massima,
vento assente;
– bombola di acetilene con tara
di 45,5 Kg dotata di massa
porosa interna di tipo semirigido costituita da amianto,
carbone, e supporto siliceo di
irrigidimento;
– la bombola proveniva direttaANTINCENDIO novembre 1997
mente dalla ricarica ed era inserita in un sistema di saldatura ossiacetilenica e con la
carica in atto non aveva mai
operato. Il cannello inserito
era del tipo “da taglio”;
– I dati dell’ultima ricarica davano
i seguenti valori: solvente (dimetilchetone) 8 Kg; peso del
gas caricato 5,7 Kg con rapporto di soluzione pari a 0,71;
– Il sistema di saldatura era
completo, secondo le specifiche di norma costituito da riduttori di pressione e successiva valvola anti ritorno di fiamma dotata di filtro ceramico;
– Tutto il complesso della saldatura (riduttori, valvole di protezione, tubi e cannello di saldatura) era assolutamente
nuovo e mai usato;
– La bombola era al nono anno
del periodo per la verifica a
pressione prescritto in dieci
anni e la valvola di erogazione verificata quattro anni e
mezzo prima (periodo prescritto 5 anni).
A prescindere dalle considerazioni meteorologiche, che esponevano i recipienti a pressione a
temperature valutabili dell’ordine
dei 60 °C, e dal posizionamento
delle bombole poste ritte senza
65
ESPLOSIONE
DI UNA BOMBOLA
appoggio a carrello o fissaggio a
struttura stabile con catenelle, come prescritto di norma, non apparivano altre violazioni.
Casualità
e/o concausalità
delle inosservanze
con l’esplosione
Va precisato che l’evento deve
classificarsi come esplosione. La
dizione scoppio sarebbe errata.
Quest’ultima riguarda la frattura
di recipienti a pressione per effetto dell’aumento dei soli valori
fisici dovuti per lo più ad aumenti
del livello termico ed a trasformazioni di stato solido e liquido
in vapore-gas. L’esplosione avviene per trasformazioni combinate fisico-chimiche in cui i prodotti finali sono diversi dalle sostanze presenti prima del fenomeno.
A questa categoria appartengono specificatamente gli esplosivi.
Le immagini dei reperti della bombola (foto 1 e 2) dimostrano che
essa esplose in posizione eretta.
La parte terminale (foto 1) fu
rinvenuta dopo l’esplosione nello
stesso spazio precedentemente
occupato. La base risultava leggermente ricalcata nel
terreno che aveva ceduto come sotto l’effetto di
una violenta pressione.
Le parti superiori (foto 2)
del mantello furono ritrovate a quasi 80 metri di
distanza.
La parte contrassegnata con il gesso come
n. 1 traversò una barriera di pioppi sfrondando
le cime con un vero e
66
proprio tunnel di passaggio a dimostrazione della violenta proiezione.
La ricerca sulle cause
dell’esplosione fu basata sulle testimonianze di persone presenti
o vicine al luogo dell’incidente e
sulla osservazione attenta dello
scenario post-esplosione.
Dalle descrizioni ottenute da
operai del cantiere parrebbe risultare, si usano i condizionali
perché la testimonianza viene riferita da operai distanti almeno
25÷30 metri, che due addetti al
servizio di taglio ossiacetilenico
stessero armeggiando sulla
bombola dell’acetilene, mediante
una chiave inglese, e che ad un
certo momento si è udito distintamente un sibilo violento seguito
quasi
immediatamente
dall’esplosione.
Lo scenario dei luoghi viene
rappresentato nella sua specif i-
Foto 1 e 2
Le immagini
dei reperti
della bombola
dimostrano
che essa esplose
in posizione eretta.
ANTINCENDIO novembre 1997
cità dalle foto 3 e 4.
Il furgone, un FIAT 238 di colore bianco, rivela gli effetti diretti
di una fiammata ricevuta in pieno
fronte, e le conseguenze di un
annerimento da nero fumo depositato sulla vernice sui fianchi
non esposti all’azione investitrice
del calore. La vernice, e si nota
sullo sportello del lato guida, ha
subito solo un annerimento da
deposito, contrariamente a quella del fronte evidentemente spellata. Le immagini 4 e 5 mostrano
lo specchietto retrovisore nella
parte anteriore, evidentemente
soggetta alla vampata, e della
parte posteriore annerita da un
evidentissimo strato di nero fumo
rimosso dal passaggio di un dito.
La presentazione dello scenario rappresenta, oggettivamente, un elemento di
certezza che rivela in
modo palese la decomposizione del
gas acetilene. La
presenza del nero
fumo è il risultato
inevitabile della decomposizione del
gas e della conseguente combustione (rapida sino a
raggiungere effetti
di vera e propria
esplosione) dell’idrogeno di
decomposizione. In sostanza la prima parte dell’azione
chimica, la decomposizione
del gas acetilene in carbonio (nero fumo) ed idrogeno
si è avuta nella bombola
con gli effetti dello scoppio
del contenitore e la proiezione della sua parte superiore, mentre il prodotto risultante è andato in combu-
ESPLOSIONE
DI UNA BOMBOLA
stione a contatto dell’ossigeno
dell’aria ossidando l’idrogeno per
maggiore affinità e lanciando il
carbonio come finissimo fumo
nero.
La testimonianza riferisce peraltro elementi che non appaiono
in contrasto con l’avvenuto scoppio ma occorre trovare coerenza
con la presenza degli addetti vicino alla bombola, con la chiave
inglese, e con il sibilo.
Un’ispezione accurata fornì in
modo veramente insperato il ritrovamento della valvola di chiusura della bombola dell’acetilene, a notevole distanza dal punto
dell’esplosione, della chiave inglese (una fissa da 12 e 13
USAG), e della staffa di collegamento per il riduttore di pressione.
La foto n. 6 rappresenta i ritrovamenti.
Il gruppo riduttore con le tubazioni fu ritrovato sul luogo
dell’esplosione non essendo stato proiettato.
Una prima considerazione su
questi reperti va eseguita su una
fondamentale differenza tra essi.
La chiave inglese che è rimasta
sul luogo dell’esplosione è totalmente imbrattata di nero fumo,
mentre la valvola e la staffa di
collegamento, proiettati lontano,
sono completamente puliti.
La valvola di testa della bom-
bola dell’acetilene presentava
delle grosse anomalie sulla filettatura di collegamento. Tale filettatura, di tipo leggermente conico per assicurarne l’impermeabilità, aveva i filetti quasi del tutto
appiattiti probabilmente per effet to di urti intervenuti negli ultimi
quattro anni del suo servizio.
La norma, riferita all’anno
1982, prescriveva che la revisione della valvola venisse effettuata ogni 5 anni, e l’ultimo controllo
era avvenuto 4 anni ed otto mesi
prima.
La filettatura, ipotizzando la resistenza del metallo analoga a
quella di un acciaio C 10 (UNI
2953) con τr= ~20 Kg/mm 2 resiste ad uno sforzo corrispondente alla rottura dei filetti in condizioni di efficienza.
Foto 3, 4 e 5
Lo scenario dei luoghi
La superficie totale
e il furgone investito
sottoposta
al taglio dedalla deflagrazione: i particolari
riva
dal
calcolo
che
dello specchietto con l’evidente
strato di nero fumo rimosso.
per un diametro circolare da 11/4 a cui corrisponde una circonferenza di L=99,75 mm
per 0,75 mm circa di
spessore di filetto, forFoto 6
I ritrovamenti
nisce una superficie di
S=74,809 mm2 che per
7 giri di presa fornisco-
ANTINCENDIO novembre 1997
67
ESPLOSIONE
DI UNA BOMBOLA
no la condizione massima di resistenza:
74,809 x 7 x 20=10473,2845 Kg
Il valore della trazione di rottura della valvola dalla bombola
che diviso per la superficie
dell’attacco che è di 7,9173 cm 2
fornisce il valore a rottura della
pressione di ben 1322,84
Kg/cm2.
Tale valore è il valore teorico
della rottura nelle condizioni
ideali che 7 giri di filetto siano in
tenuta ed aderenza perfetta.
Ma le condizioni della filettatura prima dell’incidente erano
pessime. Le parti di filetto risultate tranciate (e tali parti ovviamente erano esattamente quelle
che garantivano la tenuta prima
dell’incidente) erano minime rispetto al totale per cui il valore
della pressione massima sostenibile si riduceva drasticamente.
Nella foto 8 viene evidenziata
una parte di filettatura, l’indicazione in azzurro della direzione
della pressione interna, il limite
superiore dell’impanatura inserita
nel cappello della bombola rappresentato da un tratteggiata azzurra, le croci azzurre indicano
gli unici due filetti con qualche
traccia di tenuta.
Le due piccole aree punteggiate ai bordi sono tutta la superficie
tranciata di tutto il filetto rappresentato. Tornando all’immagine
precedente, la foto 7, l’intera valvola individua nei confronti del filetto di inserimento una forte
deformazione subita nel senso
della freccia rossa.
Tale deformazione non è dovuta all’esplosione ma a precedente colpo ricevuto.
Le bombole dell’acetilene
quando sono prive di cappellotto
di protezione da mantenersi obbligatoriamente durante le operazioni di trasporto e magazzino
sono particolarmente esposte a
colpi trasversali della valvola, come nel caso in questione, conseguenti spesso a cadute laterali.
Queste bombole che fanno
spessissimo servizio di cantiere,
quando hanno il riduttore di prelievo gas allacciato alla valvola
non possono mantenere la protezione per cui si prescrive che esse, durante il servizio di saldatura, debbono essere assicurate
con catenella ad una struttura
stabile, oppure inserite in apposito carrello che ne consenta la
corretta posizione verticale o sub
verticale necessaria a consentire
il fluire dell’acetilene senza incorrere nel rischio di estrarre anche l’acetone di soluzione.
D’altra parte lo scenario
dell’esplosione evidenzia che la
bombola si frammentò in posizione verticale e nulla lascia supporre che vi sia stata una precedente caduta della stessa per cui
è da desumere che un eventuale
incidente poteva essersi verificato nell’arco degli ultimi 4 anni ed
otto mesi, anche in considerazione della vistosa ossidazione delle parti danneggiate.
L’esame dei reperti
Foto 7, 8 - Particolare dell’intera valvola, e ingrandimento della filettatura
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ANTINCENDIO novembre 1997
La prima attenzione venne indirizzata alla valvola stessa della
bombola cercando di valutare le
sue effettive condizioni di funzionamento con le descrizioni testimoniali. Queste affermavano che
due degli operai addetti stavano
armeggiando con una chiave inglese sulla valvola stessa.
ESPLOSIONE
DI UNA BOMBOLA
In realtà le sue condizioni di effettiva chiusura, verificate con le
condizioni di pressione applicata
di 12 bar ed immersione in acqua (foto 9). Tale condizione
comportava uno sforzo di chiusura ed apertura di non meno di
2,85 Kgm (Chilogrammetri) di
coppia come verificato con strumento dinamometrico (foto 10).
Il rilevo tecnico spiega con
grande aderenza reale lo sforzo
che i due operai stavano compiendo per effettuare l’apertura
della valvola dell’acetilene che,
superato il momento critico dovuto ad un effetto di incastro della punta di chiusura interamente
metallica, poteva continuare la
rotazione con minimo sforzo.
L’elemento di chiusura interno alla valvola è rappresentato con la
foto 11. Il particolare viene riscontrato interamente ricoperto
da nero fumo derivante dalla decomposizione dell’acetilene libero, come descritto nella parte iniziale. Questa osservazione non
fornisce elementi di valutazione
potendo, la decomposizione, essersi verificata in altro momento.
Peraltro le tracce del fenomeno
forniscono un primo elemento di
allarme. Il secondo elemento in
esame fu il complesso del
riduttore di pressione. Va precisato che questo elemento era
nuovo e mai usato prima dell’incidente.
Nella foto 12 (pagina successiva) è rappresentato il riduttore di
pressione colpito dall’esplosione.
Anche questo elemento riporta
la doppia presenza delle ustioni
superficiali e del nero fumo che
ricopre interamente le superfici
esposte.
Nella foto è riportato in tratto
rosso il collegamento alla valvola
della bombola, collegamento
tranciatosi a seguito dell’esplosione.
Questo collegamento è realizzato da un tubo in lega speciale
che si avvita all’interno del corpo
del riduttore ed il gas, prima di
essere erogato all’interno del
meccanismo, attraversa un piccolo filtro in rete metallica per
evitare che particelle solide possano inserirsi nel delicato meccanismo della riduzione di pressione del gas. Con un’operazio-
Foto 10 (in alto)
Condizione di sforzo di
apertura misurato
con strumento
dinamometrico.
Foto 9 (a sinistra)
Prova di effettiva chiusura in immersione
con condizioni di pressione di 12 bar.
Foto 11 (in basso)
L’elemento di chiusura interno alla valvola.
ANTINCENDIO novembre 1997
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ESPLOSIONE
DI UNA BOMBOLA
ne di meccanica venne estratto il
moncone del tubo di collegamento ancora presente nel complesso del riduttore, e con sorpresa si rilevò il completo stato
di intasamento da nero fumo (foto 13). Questa attrezzatura, certamente inserita nel sistema di
saldatura nuova di fabbrica ha
subito un riempimento di nero fumo da parte della bombola prima
della sua esplosione.
Proseguendo nel percorso del
gas si osserva che nella parte in
alta pressione del riduttore,
quanto nella parte in bassa pressione (foto 14 pagina successiva), quanto nella parte in bassa
pressione, sono sempre presenti, ed abbondanti le tracce di nero fumo.
giunge alla valvola antiscoppio,
valvola che dovrebbe, nella sua
precisa funzione, proteggere il
gruppo di riduzione da un’eventuale decomposizione dell’acetilene presente nel tubo flessibile
di gomma.
Questa valvola si compone di
un sistema per lo scarico esterno
di un eccesso eventuale di pressione, e da un vero e proprio filtro
diaframma, di tipo ceramico, che
frammentando il flusso del gas in
un numero grandissimo di infinitesimi dotti di passaggio, ne consente lo scambio termico con il
materiale e l’interruzione di fenomeni chimici.
L’esame fornì elementi di indubbio significato poiché rivelava
la fine della reazione di decom-
Foto 12 (in basso)
Il riduttore di pressione
colpito dall’esplosione.
Proseguendo nel percorso si
antiscoppio. Dalla parte di monte
(verso la bombola la presenza di
nero fumo era abbondantissima,
mentre dalla parte di valle (verso
il cannello utilizzatore) era assolutamente nulla.
L’elemento di protezione non
aveva agito separando il rischio
dal cannello verso la bombola,
ma in senso del tutto inverso.
Aveva di fatto protetto il cannello
da una reazione indesiderata avvenuta nella bombola o comunque nella zona di alta pressione.
La camera di monte ed il filtro
nella parte di valle è raffigurata
con la foto 15.
Il tubo di gomma che collegava
il complesso riduttore al cannello
utilizzatore era completamente
pulito da nero fumo interno a significare con certezza che l’innesco di una causa di decomposizione dell’acetilene non poteva
addebitarsi alla utilizzazione del
cannello.
posizione proprio sul diaframma
Foto 13 (in basso)
Moncone
del tubo
di collegamento
70
ANTINCENDIO novembre 1997
ESPLOSIONE
DI UNA BOMBOLA
Le cause dell’innesco
della decomposizione
Alla luce degli accertamenti fatti
e verificato che anche le disposizioni di sicurezza del complesso
di utilizzazione, individuate dal
D.P.R. 547 del 27.04.55 art. 253
che trova contenuto tecnico nella
UNI 8454 e DIN 8521, erano pienamente rispettate nella parte riguardante il flusso del gas acetilene, la ricerca delle cause si va
orientando sulle analisi dei componenti e nelle prove sperimentali
effettuate su campioni di bombole
dalla Societé Nationale del l’Air
Liquide di Chateneuf sur Seine in
Francia.
In primo luogo fu effettuato un
prelievo del gas acetilene da una
bombola di riserva del cantiere
che, con prova della bolletta di
Foto 14 (in basso)
Tracce di nero fumo presenti
nel riduttore (parte alta).
caricamento, corrispondeva allo
stesso stick di carica della bombola esplosa. Il gas sottoposto ad
analisi fornì i seguenti risultati
(vpm=volumi per milione):
Ossigeno
Azoto
Etano + Etilene
Metano
Propano + Propilene
Acetone
50 vpm
2.000 vpm
50 vpm
Assente
300 vpm
0,048%
Pertanto anche considerando
che nel caso di riempimento bombola, sciogliendosi l’acetilene
nell’acetone e non gli altri gas, il
rapporto tra volume bombola e
volume libero rappresenta un fattore moltiplicativo pari a circa 6
per cui l’ossigeno nella parte gassosa viene a raggiungere il valore
di 300 vpm, molto lontano dalle
1.500÷2.000 vpm che rappresentano il limite del rischio. Ne si può
tenere conto di una distribuzione
irregolare dei gas non disciolti
all’interno della massa porosa,
Foto 15
La camera
di monte
ed il filtro
nella parte di valle.
ANTINCENDIO novembre 1997
che di fatto sono trascinati verso il
basso della bombola poiché tale
crisi si ha effettivamente solo in
fase di carica. Nel tempo questi
gas vengono a disperdersi in tutto
l’insieme.
La bombola poi uscì dallo stabilimento di carica nove giorni
avanti all’esplosione. Una bombola di tale genere è riempita, nelle
condizioni normali secondo questi
dati percentuali:
massa porosa
solvente (acetone)
acetilene disciolto
spazio libero
9%
42%
32%
17%.
Questi dati corrispondono per
una temperatura di 15 °C.
Le norme ISO stabiliscono infatti che il volume di sicurezza (spazio libero) sia a questa temperatura di tale valore per assicurare la
dilatazione dei componenti liquidi
e solidi oltre l’aumento di pressione del gas che garantisca sufficienti distanze dal limite della crisi
fino a 65 °C. Questa temperatura
è stata raggiunta in zone equatoriali (Dakar) con bombole al sole
e verniciate di nero.
Per quanto attiene a questo
aspetto la bombola in questione
poteva raggiungere un valore stimato di temperatura (posizione
71
ESPLOSIONE
DI UNA BOMBOLA
verticale con angolo complessivo
di incidenza solare utile solo per
l’ogiva di testa) di non più di
45÷48 °C che nelle condizioni più
sfavorevoli poteva portare la
pressione interna dal valore dei
25 bar ai 35 bar sempre molto
lontani dalle pressioni di prova di
60 bar cui più volte lo stesso recipiente era stato sottoposto.
Tuttavia questo aumento di
pressione ha comunque avuto un
ruolo attivo nel fenomeno esplosivo costituendo pur sempre un aumento dell’energia interna.
Raccogliendo i dati ottenuti e
coniugandoli con i resoconti testimoniali si può coniugare un’azione logica degli accadimenti.
Mediante l’azione della chiave
inglese ritrovata si stava operando per aprire la valvola della bombola dell’acetilene. La capacità di
incastrarsi e resistere all’apertura
con un momento di 2,85 Kgm ha
comportato uno sforzo sulla
estremità della piccola chiave con
leva attiva di soli 17 cm di 16,8
Kg con conseguente effetto di
apertura rapida a seguito del cedimento immediato dello sforzo di
incastro della punta di chiusura
nella sede che costituisce anche il
foro di passaggio (vedi precedente foto 11).
Questa apertura che avviene di
scatto, produce un rapidissimo
aumento di pressione nella zona
di alta del regolatore-riduttore del
gas. Questo salto di pressione,
per la sua rapidità, e quindi nella
impossibilità di scambio termico
come per un motore diesel, ha
determinato un forte aumento di
pressione del gas unitamente
all’ossigeno dell’aria presente nel
condotto fresco di montaggio. Il
salto di temperatura ottenuto, in
analogia del diesel, deriva da:
T1 = P1
T2 P2
γ
in cui
γ = K-1
K
e
K = CP
CV
Foto 16 (in basso)
Interno della bombola costituito da materiale disomogeneo.
72
ANTINCENDIO novembre 1997
con C P = calore specifico a pressione costante e
e C V = calore specifico a volume
costante
eseguendo i calcoli si ottengono i seguenti valori.
Valori calcolati per l’aria:
per
P2 = 35 Kg/cm2
T2 = 866 °K = 593 °C
per
P2 = 25 Kg/cm2
T2 = 786 °K = 513 °C
Per l’acetilene
per
P2 = 35 Kg/cm2
T2 = 629 °K = 356 °C
per
P2 = 35 Kg/cm2
T2 = 589 °K = 316 °C
L’ordine di tali temperature è di
gran lunga superiore alla temperatura di autoaccensione dell’acetilene corrispondente, alla pressione di 1 Kg/cm 2 di soli 270 °C con
sensibilizzazione al crescere della pressione.
Questo effetto determina la decomposizione dell’acetilene in
carbonio ed idrogeno e conseguente aumento della pressione
e temperatura interne, mentre la
formazione, la completa occlusione del filtro della foto 13 e del disco ceramico di protezione determinano il blocco dell’erogazione.
A questo punto l’operaio che aveva eseguito la manovra di apertura si accorge che qualche cosa
non va nel riduttore e chiude di
nuovo la valvola della bombola
ma l’azione di decomposizione
all’interno è già iniziata. Nel corso
della visita allo stabilimento
dell’Air Liquide si sono potuti verificare gli effetti della decomposizione dell’acetilene all’interno di
ESPLOSIONE
DI UNA BOMBOLA
una bombola. Il gas è capace di
decomporsi solo nella parte non
disciolta nell’acetone. Il caso esaminato si riferisce ad una bombola con materiale poroso di tipo rigido, più efficace e sicuro di quello usato nella bombola esplosa
costituito da materiale disomogeneo illustrato nella foto 16.
La decomposizione si estende
alla zona di vuoto creata proprio
per l’estrazione del gas, immediatamente sotto la valvola e nella zona di contatto col mantello
evidentemente non bagnata
dall’acetone tutto assorbito dalla
massa porosa. Quando avvengono decomposizioni interne in
difetto di acetone la colorazione
nera si estende anche a gran
parte della massa interna del
corpo poroso.
L’evento esplosivo
Viste le cause dell’innesco, la
sequenza degli avvenimenti dopo la chiusura della valvola di testa della bombola dell’acetilene
si porta come appresso. All’interno della bombola sale la pressione per effetto della decomposizione dell’acetilene libero;
•
•
i filetti di tenuta della valvola
al corpo bombola sono insufficienti;
la valvola viene espulsa dalla
propria sede;
•
la materia porosa, di tipo incoerente per effetto della
pressione comincia ad essere
espulsa dal foro di 11 / 4 ”
(31,75 mm);
•
si crea un vasto spazio libe-
ro nella bombola dove l’acetilene viene a liberarsi dalla
soluzione acquistando le
proprie prerogative di instabilità;
•
il processo di decomposizione (esotermico) continua e si
accelera per effetto della
pressione che tende ad aumentare;
•
la costipazione per ef f e t t o
“collo di bottiglia” reale che
deve passare la materia solida in espulsione determina
un’occlusione;
•
la pressione sale a valori altissimi in concomitanza della
decomposizione che raggiunge velocità detonanti;
•
la bombola si squarcia
emettendo il suo contenuto
come carbonio, idrogeno
che brucia esplodendo a
contatto con l’ossigeno
dell’aria, e spargendo nel
raggio di almeno 50 metri
tutta la materia porosa resa
incoerente dallo stress
esplosivo.
conservazione integro del filetto
che essendo conico tende, in caso di danneggiamento, a sfilarsi
con troppa facilità.
La seconda riguarda la massa
porosa di tipo incoerente che non
assicura il mantenimento geometrico interno della sua struttura.
Sarebbe opportuno che il sistema di attacco per l’erogazione del
gas rimanesse contenuto all’interno di una protezione fissa che impedisca l’urto sulla valvola anche
nelle condizioni di esercizio della
bombola stessa.
Considerazioni
finali
L’avvenimento discende da
cause che la normativa stessa
non aveva previsto.
La prima dipende dall’estrema
fragilità dell’accoppiamento della
valvola di testa alla bombola.
Questo accoppiamento è troppo
soggetto ad eventuali urti e le verifiche quinquennali non assicurano sufficientemente lo stato di
ANTINCENDIO novembre 1997
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