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Cap. 5. Teoria di Kolmogorov e sviluppi successivi

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Cap. 5. Teoria di Kolmogorov e sviluppi successivi
Cap. 5. Teoria di Kolmogorov e
sviluppi successivi
5.1
Teoria di Kolmogorov
In questa sezione forniamo le ipotesi e i risultati principali della teoria di Kolmogorov (1941)
sulla turbolenza omogenea e isotropa. Essa parte dalle seguenti ipotesi fondamentali:
1. Si assume che valgano le proprietà di omogeneità e isotropia in senso statistico, e che
vi sia una forzante a grande scala che mantiene un moto statisticamente stazionario.
2. Si assume che l’energia dissipata ǫ per unità di massa e nell’unità di tempo sia indipendente dal numero di Reynolds nel limite di grandi numeri di Reynolds. Ciò vuol dire
che essa ha un limite finito per ν → 0.
3. Nello spazio di Fourier si possono individuare tre bande energetiche: una banda a piccoli
numeri d’onda (ossia a grande scala) dove viene iniettata l’energia e dove essa non viene
dissipata; una banda a grandi numeri d’onda dove agisce la dissipazione viscosa; infine
una banda intermedia (la banda inerziale, cosı̀ chiamata perché in essa prevale il termine
inerziale) dove l’energia non viene né creata né dissipata ma soltanto trasferita da/verso
le altre due bande.
4. Le funzioni di struttura dipendono solo dai parametri ǫ e ν (ipotesi 4a), e se la distanza
tra i punti è grande rispetto alla scala dissipativa allora le funzioni di struttura non
dipendono più da ν ma soltanto da ǫ (ipotesi 4b).
La seconda ipotesi nasce da una constatazione sperimentale: la forza d’attrito su un
oggetto in movimento in un fluido è data empiricamente da
1
F = CD ρSU 2
2
(5.1)
dove S è la sezione efficace, ρ è la densità del mezzo e CD è il coefficiente d’attrito. Si osserva
che il coefficiente d’attrito tende a diventare costante nel limite di grandi numeri di Reynolds
mentre è inversamente proporzionale a Re per valori piccoli del numero di Reynolds, cioè
in questo limite la forza d’attrito tende ad essere proporzionale alla velocità e non al suo
quadrato.
Diamo un’interpretazione della (5.1) in termini di dissipazione di energia: la quantità di
moto della massa di fluido contenuta nel volume di sezione S e lunghezza U τ che si muove
65
66
CAPITOLO 5. TEORIA DI KOLMOGOROV E SVILUPPI SUCCESSIVI
con velocità U è pari a q = ρSU τ U . Se questa venisse interamente trasferita dal fluido
dq
all’oggetto, allora otterremmo una forza d’attrito pari a F = dτ
= ρSU 2 . Il fattore 12 CD della
(5.1) suggerisce che solo una frazione di questo momento è effettivamente trasferita. L’energia
cinetica dissipata nell’unità di tempo è pari alla potenza della forza d’attrito:
dEc 1
2 3
dt = |F U | = 2 CD ρL U
e l’energia cinetica dissipata per unità di massa nell’unità di tempo è
3
dEC / dt 1
= CD U
ǫ=
ρL3 2
L
(5.2)
Se CD non dipende dalla viscosità, allora neanche ǫ dipende dalla viscosità, e dunque ammette
limite finito quando ν → 0.
Definiamo adesso le tre bande energetiche relative alla terza ipotesi. La dimensione caratteristica della banda a grande scala (o banda energetica) è la lunghezza di correlazione della
velocità, anche chiamata lunghezza integrale, definita come
l0 =
R +∞
0
R(r) dr
2
=
R(0)
3
Z
+∞
0
π
f (r) dr =
2
R +∞
0
L’ultima uguaglianza viene da:
R(r) =
Z
+∞
E(k)
0
k−1 E(k) dk
R +∞
E(k)dk
0
sin kr
dk
kr
+∞
+∞
+∞
+∞
+∞
+∞
Z
Z
Z
Z
Z
Z
sin kr
sin x
π
E(k)
E(k)
R(r) dr =
dkE(k)
dr =
dx =
dk
dk
kr
k
x
2
k
0
0
0
0
0
0
Nella formula (5.2) sostituiamo la lunghezza
p L con la lunghezza integrale l0 , e la velocità
caratteristica U con la velocità r.m.s. v0 = hv 2 i:
1
v3
ǫ = CD 0
2
l0
Caratterizziamo ora la scala alla quale agisce la dissipazione viscosa. Come abbiamo visto
prima la dissipazione è tanto più attiva quanto più la lunghezza in gioco è piccola.
Per determinare la lunghezza dissipativa supponiamo che tutta la dissipazione provenga
da un solo numero d’onda kD . Allora
2
ǫ = Fvisc · vD ∼ νkD
vb(kD ) · vb(kD )
(5.3)
dove vD è la velocità caratteristica del fluido a questa scala e vb(kD ) è la sua trasformata
di Fourier. Confrontiamo il temine inerziale con quello dissipativo:
kD vb2 (kD )
vb(kD )
|(v · ∇)v|
∼
=
2v
|ν∆v|
νkD
νkD
b(kD )
5.1. TEORIA DI KOLMOGOROV
67
e chiediamo che questo rapporto sia dell’ordine dell’unità, ossia che il numero di Reynolds
basato sulla velocità alla scala dissipativa e la lunghezza di questa sia unitario: Inseriamo
nella (5.3):
ǫ 1/4
2 2 2
ǫ ∼ νkD
ν kD
⇒
kD ∼
ν3
La lunghezza della scala dissipativa, anche detta lunghezza di Kolmogorov , è dunque
1
lD =
=
kD
ν3
ǫ
1/4
Alle scale più piccole di lD la viscosità predomina, mentre alle scale più grandi essa è
ininfluente. Il rapporto tra la lunghezza integrale e quella di Kolmogorov vale:
l0
l0
l0
= 1/4 = 1/4 =
lD
ν3
ν3
ǫ
v03 /l0
l0 v0
ν
3/4
= Re3/4
(5.4)
Si vede quindi che le due scale sono tanto più separate quanto più è grande il numero di
Reynolds.
La banda intermedia è costituita da quei numeri d’onda per i quali
k0 ≪ k ≪ kD
⇒
1
1
≪k≪
l0
lD
⇒
1 ≪ kl0 ≪
l0
= Re3/4
lD
Una banda inerziale estesa richiede quindi che il numero di Reynolds sia molto grande.
Vediamo in quale zona si trova la lunghezza di Taylor definita in (4.14) e espressa da
(4.23):
10νE
5E
=
λ2 =
Z
ǫ
(L’ultima uguaglianza viene da ǫ = 2νZ). Sostituiamo ǫ = v03 /l0 e E = v02 /2:
λ2 =
5νl02
= 5Re−1 l02
l0 v0
Pertanto
λ=
√
5Re−1/2 l0
Ricordando dalla (5.4) che lD = l0 Re−3/4 ricaviamo infine
λ=
√
1/3 2/3
5l0 lD
La lunghezza di Taylor è dunque una sorta di media geometrica pesata della lunghezza integrale e di quella di Kolmogorov, con un peso più importante per quest’ultima. Essa cade
comunque nella banda inerziale (in quanto l0 ≫ λ ≫ lD ). Viene talvolta usato in letteratura
il numero di Reynolds basato sulla lunghezza di Taylor, ossia:
ReT =
v0 l0 Re−1/2
v0 λ
∼
= Re1/2
ν
ν
68
CAPITOLO 5. TEORIA DI KOLMOGOROV E SVILUPPI SUCCESSIVI
Vediamo adesso le conseguenze della quarta ipotesi di Kolmogorov. Riprendiamo l’equazione (4.44) ottenuta nell’ipotesi di turbolenza omogenea, isotropa e statisticamente stazionaria:
4
∂S2
ǫr + S3 = 6ν
5
∂r
k
(Qui e nel seguito omettiamo l’apice (.) per denotare le funzioni di struttura longitudinali).
Dall’ipotesi 4b, ossia dal fatto che nella banda inerziale gli effetti della viscosità sono trascurabili, deduciamo la legge 4/5 , uno dei pochissimi risultati esatti della teoria della turbolenza
omogenea ed isotropa:
4
S3 = − ǫr
(5.5)
5
L’andamento delle funzioni di struttura di ordine diverso da 3 sono invece ricavate dall’ipotesi 4b con argomenti dimensionali: ad esempio consideriamo la funzione di struttura
di ordine 2. Essa ha le dimensioni di una velocità al quadrato. Dovendo dipendere funzionalmente soltanto dalla distanza r e dal tasso di dissipazione specifica ǫ che ha dimensioni
ǫ ∼ V 3 /L si avrà:
S2 = β2 ǫa r b ⇒ a = 2/3, b = 2/3
e β2 è una costante universale adimensionale da specificare. Il procedimento si generalizza
alla funzione di struttura di ordine p e troviamo
Sp = βp ǫp/3 r p/3
(5.6)
Per p = 3 vale il risultato esatto (5.5) per cui possiamo affermare che β3 = −4/5.
Con argomenti dimensionali siamo in grado di ricavare anche la forma funzionale dello
spettro di energia: se E(k) (dimensione V 2 L) dipende solo da ǫ ∼ V 3 L−1 e da k ∼ L−1 allora
necessariamente
E(k) = CK ǫ2/3 k−5/3
(5.7)
CK è la costante di Kolmogorov, sperimentalmente valutata CK ≃ 1.4.
Le costanti β2 e CK non sono indipendenti in quanto esiste un legame diretto tra la
funzione di struttura S2 e lo spettro di energia E(k):
Z
3 cos x 3 sin x
4 +∞
−
(5.8)
E(k)H(kr) dk,
H(x) = 1 +
S2 (r) =
3 0
x2
x3
Infatti riprendiamo la (4.17)
S2
2u2
dalla (4.16) otteniamo poi il legame tra R(r) e S2 (r):
u2 d
1 d 3
3
r 3 S2
u2 d 3
3
(r f ) = 2
(r S2 )
= u2 − 2
r −
R(r) = 2
2
2r dr
2r dr
2u
2
4r dr
f (r) = 1 −
Inseriamo quindi questa espressione nella (4.27):
d 3
(r S2 ) = 6r 2 u2 − 4r 2
dr
e integriamo su r:
3
3 2
r S2 = 2r u − 4
Z
+∞
0
Z
+∞
E(k)
0
E(k)
dk
k
Z
sin kr
dk
kr
r
s sin ks ds
0
5.1. TEORIA DI KOLMOGOROV
Z
69
+∞
E(k)
(sin kr − kr cos kr) dk
3
(kr)
0
R +∞
Inoltre abbiamo E = 21 v 2 = 32 u2 , per cui u2 = 32 0 E(k) dk:
Z
4 +∞
3 sin kr 3 cos kr
+
E(k) 1 −
dk
S2 =
3 0
(kr)3
(kr)2
2
S2 = 2u − 4
che coincide con la (5.8). Inserendo in questa equazione le espressioni (5.6) e (5.7)
otteniamo:
Z +∞
4
3 sin x 3 cos x
−5/3
β2 = CK
x
+
1−
dx ≃ 1.32CK
3
x3
x2
0
Riprendiamo le due equazioni di evoluzione per lo spettro di energia (4.45) e per il suo
integrale (4.46). Nella banda inerziale la funzione di trasferimento T (k) è nulla (l’energia
cinetica non viene creata né distrutta) e il flusso di energia cinetica Π(k) è costante e pari
a ǫ. Nella banda energetica T (k) è negativa (l’energia viene prodotta) mentre nella regione
dissipativa essa è positiva (l’energia viene distrutta).
Si sottolinea che la teoria di Kolmogorov non prevede nessun tipo di trasferimento di
energia inverso dalle scale piccole a quelle grandi, ossia Π(k) > 0 ∀k. Per questo motivo
si parla di cascata diretta di energia, o cascata di Richardson; sperimentalmente invece si
osservano spesso fenomeni di fusione di strutture piccole che generano vortici più grandi con
conseguente trasferimento inverso di energia.
Geometricamente si può fornire una semplice visualizzazione della teoria di Kolmogorov
(si veda la figura 5.1): immaginando successive generazioni di vortici che, partendo dalla scala
integrale l0 alla quale si introduce l’energia sviluppano per frammentazione vortici più piccoli,
in numero tale da riempire la stessa porzione di spazio (in virtù dell’ipotesi di omogeneità in
senso statistico). Il processo si ripete in tutta la banda inerziale, trasferendo indipendentemente dalla scala sempre la stessa quantità di energia Π(k) = ǫ, fino a giungere alla scala
dissipativa lD (indicata con η nella figura) dove intervengono gli sforzi viscosi.
Legge 4/3 di Richardson
Come corollario della teoria di Kolmogorov si può spiegare questa legge, scoperta sperimentalmente da Richardson nel 1926, la quale afferma che due particelle poste inizialmente vicine
in un fluido turbolento si allontanano in modo che la derivata temporale del quadrato della
loro distanza r 2 sia proporzionale a r 4/3 . Si può arrivare a questa legge con argomenti di tipo
dimensionale: se le distanza tra le particelle è all’interno della banda inerziale la quantità
dr 2 / dt in virtù dell’ipotesi 4b potrà dipendere soltanto da r e da ǫ, pertanto
dr 2
= cǫ1/3 r 4/3
dt
dove c è una costante universale senza dimensioni. La soluzione di questa equazione differenziale è
1
r = ( ǫ1/3 t + d)3/2
3
in particolare ponendo d = 0 (particelle coincidenti all’istante iniziale) :
1
r = √ ǫ1/2 t3/2
27
70
CAPITOLO 5. TEORIA DI KOLMOGOROV E SVILUPPI SUCCESSIVI
Figura 5.1: La cascata di energia secondo Richardson e Kolmogorov (tratta da Frisch).
da cui si vede che le particelle si allontanano molto più rapidamente che se fossero in un
campo di velocità costante nel tempo (in questo caso sarebbe r ∝ t)
5.2
Intermittenza
Il difetto fondamentale della teoria di Kolmogorov sta nel fatto che un segnale turbolento è
intermittente. Un aspetto del problema è che il tasso di dissipazione ǫ non è una quantità
costante nello spazio e nel tempo ma è una variabile aleatoria. Questa è la famosa obiezione
di Landau alla teoria di Kolmogorov. In altri termini, invece di scrivere
Sp ∼ r p/3 ǫp/3
intendendo con ciò
Sp ∼ r p/3 hǫip/3
dovremmo scrivere
E
D
Sp ∼ r p/3 ǫp/3
Le due ultime espressioni sono uguali solo per p = 3, come era da aspettarsi visto che
la legge
p/3
4
.
S3 = − 5 r hǫi è esatta. Il problema diventa quindi quello di prescrivere il valore di ǫ
Cominiciamo con definire l’intermittenza: un segnale intermittente è una funzione che
manifesta attività solo in certe regioni dello spazio o per intervalli di tempo che diminuiscono
con la scala in considerazione. Con questa definizione non sono intermittenti nè segnali
gaussiani, nè segnali che soddisfano alle ipotesi di Kolmogorov. Il termine intermittente
in turbolenza fa riferimento alle caratteristiche di non gaussianità della turbolenza o per
caratterizzare risultati in discordanza a quelli della teoria originale di Kolmogorov.
5.2. INTERMITTENZA
71
Figura 5.2: Andamento sperimentale della curva ζp (p) fornito da misure sperimentali
(contrassegnati da simboli geometrici) e da alcuni modelli di intermittenza
Nella banda dissipativa diverse misure confermano un carattere intermittente; ma anche
a scale più grandi, nella banda inerziale, è presente tale proprietà, comportando la necessità
di correggere le ipotesi e i risultati della sezione precedente. Giungiamo a tale conclusione
notando che gli esponenti di scala ζp , per la generica funzione di struttura
Sp ∼ r ζp
calcolati sperimentalmente, non corrispondono precisamente al risultato classico ζp = p/3,
soprattutto per ordini p elevati (p > 3, si veda la figura 5.2). I valori misurati confrontati con
le previsioni della teoria di Kolmogorov, sono presentati nella tabella 5.1.
ζp
ζ2
ζ3
ζ4
ζ5
ζ6
ζ7
ζ8
ζ10
sperimentale
0.71
1
1.28
1.53
1.78
2.01
2.22
2.60
Kolmogorov (p/3)
0.667
1
1.33
1.67
2
2.33
2.67
3.33
Tabella 5.1: Esponenti di scala per le funzioni di struttura di vario ordine: valori misurati a
confronto con le previsioni della teoria di Kolmogorov
Da questi dati si può notare come ad esempio l’iper-flattness
F6 (r) =
S6 (r)
∼ r −0.35
(S2 (r))3
72
CAPITOLO 5. TEORIA DI KOLMOGOROV E SVILUPPI SUCCESSIVI
che nella teoria di Kolmogorov rimane costante, in realtà cresca indefinitamente per r piccoli,
pur rimanendo nel range inerziale.
Un altro indice di intermittenza nelle correnti turbolente omogenee e isotrope è la non
gaussianità delle funzioni densità di probabilità di grandezze fisiche quali le derivate o gli
incrementi di velocità, caratterizzate da distribuzioni con code meno ripide, con ali più larghe,
più vicine ad una funzione esponenziale questo è significativo della presenza di eventi rari
e particolarmente intensi, quali la concentrazione della vorticità elevata in zone limitate,
dalla struttura filamentosa, osservata in numerose simulazioni numeriche dirette. La presenza
di queste strutture coerenti, dette comunemente worms (vedi figura 5.3), su uno sfondo di
vorticità debole, porta a segnali tipicamente intermittenti con zone di attività alternate a
zone spente.
Figura 5.3: Vista di un campo di vorticità (rappresentato attraverso vettori di lunghezza
proporzionale al suo modulo in ogni nodo di griglia), per un campo omogeneo isotropo a
Re ≃ 1000 (tratta da Vincent e Meneguzzi ).
Prendendo in esame le p.d.f. per le componenti di velocità, sia da prove sperimentali che
numeriche, emerge una distribuzione abbastanza vicina a una gaussiana, anche se leggermente
più ripida (figura 5.4).
Il carattere fortemente non gaussiano si legge nelle p.d.f. per le derivate della velocità:
la derivata longitudinale (per esempio ∂vx /∂x, figura 5.5) risulta nelle code più vicina ad
una esponenziale. Queste code nelle distribuzioni di probabilità sono dovute principalmente
a forti fluttuazioni di velocità a piccola scala.
Passando a considerare gli incrementi longitudinali di velocità si ottiene una variazione
continua della distribuzione da una gaussiana, per r dell’ordine della scala integrale, alla p.d.f.
altamente intermittente della derivata longitudinale per r → 0. Per scale intermedie nel range
5.2. INTERMITTENZA
Figura 5.4: Distribuzione di probabilità della componente di velocità vx per
un campo omogeneo isotropo a Re ≃
1000, a confronto con la gaussiana indicata nel tratteggio (tratta da Vincent e
Meneguzzi ).
73
Figura 5.5: Distribuzione di probabilità
della ∂vx /∂x per un campo omogeneo isotropo a Re ≃ 1000 (tratta da Vincent e
Meneguzzi ).
inerziale risulta abbastanza buona l’approssimazione con code esponenziali (figure 5.6 e 5.7).
Figura 5.6: Distribuzione di probabilità di
δvx (r), con r nel range dissipativo, per un
campo omogeneo isotropo a Re ≃ 1000
(tratta da Vincent e Meneguzzi ).
Figura 5.7: Distribuzione di probabilità di
δvx (r), con r nel range inerziale, per un
campo omogeneo isotropo a Re ≃ 1000
(tratta da Vincent e Meneguzzi ).
Presentiamo ora in sintesi alcuni modelli di intermittenza con le relative correzioni alle
leggi di scala della teoria di Kolmogorov.
74
5.3
CAPITOLO 5. TEORIA DI KOLMOGOROV E SVILUPPI SUCCESSIVI
Modello β
Questo modello consiste in una semplice correzione del modello fenomenologico della cascata
di energia illustrato in precedenza: l’interpretazione geometrica fornita consisteva nell’immaginare una successiva frammentazione di strutture dalle scale integrali fino a quelle dissipative,
in cui alla n esima iterazione vortici di scala rn fanno nascere un numero di vortici di scala
rn+1 = γrn (γ < 1) tale da riempire lo stesso volume di spazio dei precedenti (si veda la
figura 5.1). Ora correggiamo questa visione supponendo che ad ogni passo il volume complessivo occupato diminuisca di una frazione β < 1. Alla generazione n la scala è rn = γ n l0 e la
frazione di volume occupata è pn = β n . Da ciò si ricava
log β
log(r/lo )
r log γ
n
log
γ
=
p(r) = β = β
l0
Poniamo log β/ log γ = 3 − D:
3−D
r
p(r) =
l0
p(r) può essere interpretata come la probabilità che una sfera di raggio r intersechi lo spazio frattale su cui si accumulano le strutture vorticose. Queste strutture hanno quindi una
dimensione frattale pari a D.
Ci proponiamo ora di ricavare l’andamento delle funzioni di struttura in funzione di r. La
dissipazione alla scala r sarà data da
v3
ǫ ∼ r pr
r
Il tasso di dissipazione per ipotesi non dipende dalla scala, pertanto
1/3
1 − 3−D
v03
vr3
r
r 3 3
−1/3
∼ pr =⇒ vr ∼ v0
pr
= v0
l0
r
l0
l0
1
3
− 3−D
sul frattale di dimensione D con
3 3−D
. L’andamento delle funzioni
proporzione di volume in cui esse risiedono pari a pr = lr0
di struttura è infine:
p +(3−D)(1− p )
3
r 3
p
p
p
Sp (r) = hδvr i ∼ vr pr = v0
l0
Le velocità hanno dunque un esponente di scala h =
da ciò si vede che l’esponente di scala ζp delle funzioni di struttura non vale p/3 come nella
teoria di Kolmogorov ma
p
p
ζp = + (3 − D) 1 −
3
3
Notiamo che per p = 3 si ottiene ζ3 = 1 conformemente alla (5.5). ζp è ancora una retta ma
con pendenza minore rispetto al valore 1/3 del modello di Kolmogorov. La correzione ottenuta
non è dunque ancora in grado di riprodurre bene l’andamento sperimentale del diagramma
ζp vs. p, soprattutto per ordini p elevati.
L’esponente dello spettro di energia è legato a quello della funzione di struttura di ordine
2. Infatti S2 (r) e E(k) sono legate dalla relazione (5.8). Assumendo E(k) ∼ kα :
Z +∞
Z +∞
dkr
(kr)α
−1−α
=r
H(kr)
xα H(x) dx
S2 (r) ∼
rα
r
0
0
5.4. MODELLI BI-FRATTALE E MULTIFRATTALE
75
Da ciò deduciamo che
ζ2 = −1 − α
(5.9)
e pertanto
5 3−D
α=− −
3
3
5.4
Modelli bi-frattale e multifrattale
Il modello bi-frattale è una variazione del modello precedente: si assume che il dominio sia
pervaso da due insiemi frattali, uno con dimensione frattale D1 e legge di scala con esponente
ph1 , l’altro con dimensione frattale D2 ed esponente ph2 .
ph1 3−D1
ph2 3−D2
r
r
r
r
Sp (r) = h(δvr ) i ∼ µ1
+ µ2
l0
l0
l0
l0
p
Quindi
Sp (r) ∼ r ζp ,
ζp = min(ph1 + 3 − D1 , ph2 + 3 − D2 )
Dunque al variare di p il contributo dominante sarà dovuto a uno o all’altro frattale.
Ad esempio consideriamo come primo frattale il modello di Kolmogorov: D1 = 3, h1 = 1/3
2)
. Otteniamo:
e come secondo frattale quello del modello β: h2 = 31 − (3−D
3
ζp =
p
3
per 0 ≤ p ≤ 3,
ζp =
p
p
+ (3 − D2 ) 1 −
3
3
per p ≥ 3
cioè la turbolenza è di tipo Kolmogorov per p ≤ 3 e intermittente secondo il modello β per
p ≥ 3.
Il modello bi-frattale può essere generalizzato nel modello multifrattale: si assume che
esista per la velocità un intervallo di esponenti di scala h ∈ [hmin , hmax ]; per ciascuno di tali
h esista inoltre un insieme Sh di dimensione frattale D(h) tale che
δvr
∼
v0
h
r
l0
Si dimostra che vale Sp (r) ∼ r ζp con
ζp = inf [ph + 3 − D(h)]
h
L’esponente ζp è ottenuto da D(h) mediante una trasformazione di Legendre, che invertita
fornisce:
D(h) = inf [ph + 3 − ζp ]
p
Risulta infine che l’esponente di scala h è la pendenza del diagramma ζp vs p, in corrispondenza del valore di p che minimizza (ph + 3 − ζp ):
h=
dζp
dp
76
CAPITOLO 5. TEORIA DI KOLMOGOROV E SVILUPPI SUCCESSIVI
5.5
Modelli random cascade
In questi modelli la cascata delle strutture, che per frammentazione generano le varie scale, è
simulata attraverso un processo moltiplicativo.
Consideriamo per esempio un cubo di lato l0 con dissipazione uniforme ǫ. Questo cubo
viene diviso in otto cubi di lato l1 = l0 /2. In ciascuno di essi moltiplichiamo ǫ per realizzazioni
indipendenti di una variabile aleatoria W positiva di media unitaria e con tutti i momenti di
ordine q definiti: W ≥ 0, hW i = 1, hW q i < +∞ ∀q > 0.
Iteriamo il processo per avere all’n-esimo passo della cascata 23n strutture di scala
rn = l0 2−n
in ciascuna delle quali la dissipazione è uniforme e pari a
ǫr = ǫW1 W2 · · · Wn
con Wi indipendenti e identicamente distribuite. Calcoliamo i momenti di ordine q della
dissipazione:
hǫqr i
=ǫ
q
hW1q
. . . Wnq i
Pertanto
hǫqr i
=ǫ
q
n
hW1q i
τq
r
=ǫ
l0
q
=ǫ
q
− log2
hW1q i
r
l0
− log2 hW1q i
r
=ǫ
l0
q
con τq = − log2 hW q i
Determiniamo l’esponente di scala ζp delle funzioni di struttura:
E
D
r p/3 = r τp/3 +p/3
Sp (r) = h(δvr )p i ∼ ǫp/3
r
Pertanto
ζp =
E
D
p
− log2 W p/3
3
Con diverse scelte delle p.d.f di W si possono generare diversi modelli di intermittenza, tra
cui lo stesso modello β precedentemente studiato.
Modello black and white di Novikov e Stewart (1964)
In questo modello si assume che W sia un processo di Bernoulli: W = 1/β con probabilità β
e W = 0 con probabilità 1 − β. Risulta hW α i = β 1−α . Pertanto
τq = − log2 hW q i = −(1 − q) log2 β,
ζp =
p
p log2 β
− 1−
3
3
Ritroviamo lo stesso risultato del modello β con 3 − D = − log2 β.
5.6. MODELLI SHELL
77
Modello log-normale
Uno dei primi modelli proposti per correggere i risultati della teoria di Kolmogorov fu introdotto da Kolmogorov stesso nel 1962 ed è noto come modello log-normale. In esso si
assume che il logaritmo di W abbia una distribuzione gaussiana: W = 2−Y con Y variabile
aleatoria gaussiana Y ∼ N (m, σ 2 ). Si può mostrare che la condizione hW i = 1 impone che
2m = σ 2 log 2. Poniamo µ = 2m; risulta:
p
µ
µ
(q − q 2 )
ζp = + (3p − p2 )
2
3 18
Notiamo che per p = 3 si ottiene come previsto ζ3 = 1.
Il principale difetto di questo modello consiste nel fatto che per p > 23 + µ3 , ζp risulta una
funzione decrescente di p: questo viola le condizioni secondo cui ζ2p deve essere una funzione
concava e non decrescente di p, altrimenti si produrrebbe una singolarità nel campo di moto
(come mostreremo nella sezione 5.7).
τq =
Modello log-Poisson
Si accenna infine ad un modello nel quale la variabile Y (W = 2−Y ) ha una distribuzione
di Poisson ; questo porta ad una relazione ζp che risulta in ottimo accordo con i risultati
sperimentali disponibili:
p/3
p
2
ζp = + 2 − 2
.
9
3
5.6
Modelli shell
Sono modelli che usano una versione semplificata dell’equazione della quantità di moto nello
spazio di Fourier cercando di emularne le caratteristiche principali: il termine non lineare deve
essere quadratico e conservare l’energia; il sistema deve possedere soluzioni statisticamente
stazionarie con spettro di energia simile a quello di Kolmogorov.
Il modello di Lorenz è un esempio di modello shell. Tra i numerosi modelli proposti in
letteratura uno dei più interessanti è il modello GOY:
d
2
+ νkn un = i(an un+1 un+2 − kn−2 un−1 un+1 − kn−3 un−1 un−2 )∗ + fn ,
dt
kn = k0 2n
Le soluzioni numeriche ottenute con questo modello indicano che le funzioni di struttura
Sp (n) = h|un |p i hanno una legge di scala
−ζp
Sp (n) ∼ kn
con esponenti ζp che dipendono in modo non triviale da p; il modello dunque mostra interessanti caratteristiche di multifrattalità.
5.7
Proprietà degli esponenti delle funzioni di struttura
Gli esponenti ζp con indice pari delle funzioni di struttura devono soddisfare le due condizioni
seguenti:
78
CAPITOLO 5. TEORIA DI KOLMOGOROV E SVILUPPI SUCCESSIVI
1. ζ2p deve essere una funzione concava di p
2. ζ2p deve essere una funzione non decrescente di p, altrimenti la velocità avrebbe una
singolarità.
La prima proprietà è conseguenza della disuguaglianza di Schwarz: se X e Y sono due
variabili aleatorie allora
p
hXY i ≤ hX 2 i hY 2 i
(5.10)
Poniamo X = (δvr )p e Y = (δvr )q . La (5.10) fornisce
p
Sp+q ≤ S2p S2q
quindi se Sp = Ap r ζp :
Ap+q r ζp+q ≤
p
A2p A2q r (ζ2p +ζ2q )/2
s
A2p A2q
r ζp+q −(ζ2p +ζ2q )/2 ≤
A2p+q
Nel limite r → 0 il primo membro rimane limitato alla condizione che
ζp+q ≥ (ζ2p + ζ2q )/2
per q = p + 2:
ζ2p+2 ≥ (ζ2p + ζ2p+4 )/2
e pertanto ζ2p deve essere una funzione concava di p.
Dimostriamo ora la seconda proprietà. Sia Vmax il valore massimo del modulo della velocità
assunto dal fluido nello spazio e nel tempo.
2
2
(δv)2p+2 = (δv)2p (δv)2 ≤ 4 (δv)2p Vmax
= 4Vmax
(δv)2p
Quindi
2
A2p+2 r ζ2p+2 ≤ 4A2p Vmax
r ζ2p
cioè
2
Vmax
≥
A2p+2 ζ2p+2 −ζ2p
r
4A2p
se ζ2p+2 − ζ2p < 0 allora il secondo membro della disuguaglianza diverge per r → 0.
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