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1 MECCANICA QUANTISTICA • Ne esistono
Università di Roma “ La Sapienza” in - 1 MECCANICA QUANTISTICA • • Ne esistono, sostanzialmente, due formulazioni, entrambe sviluppate fra il 1925 ed il 1930 ed usate in particolare modo per i sistemi chimici - Meccanica Matriciale :essenzialmente dovuta ad Heisenberg è basata sulla asssociazione fra osservabili fisiche e matrici - Meccanica Ondulatoria :essenzialmente dovuta a Schroedinger è basata sulla associazione di ogni particella con una “funzione d’onda” Si tratta di formulazioni equivalenti unificate da Dirac (1930) in una forma assai simile alla meccanica matriciale La trattazione di Dirac è più generale e più potente della meccanica ondulatoria ma è più astratta • Non seguiremo lo sviluppo storico della meccanica quantistica perché la pratica attuale se ne discosta alquanto; tuttavia vi sono alcuni concetti chiave che sono meglio comprensibili in una prospettiva storica. Tra questi la natura DUALISTICA dei sistemi fisici ONDA – PARTICELLA (materiale) Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 2 Università di Roma “ La Sapienza” Particelle ed onde Spettro di emissione del corpo nero • • Ogni corpo ad una determinata temperatura emette luce ( radiazione) con una intensità che varia con la frequenza (distribuzione delle frequenze) Questa distribuzione dipende dalla natura del materiale e della sua superficie ma ne è indipendente al limite ideale di CORPO NERO • • • • si chiama corpo nero perché un raggio luminoso che vi entri viene assorbito e riemesso tante volte (viene riflesso) e tutta la sua energia viene integralmente convertita in agitazione termica del materiale la luce originariamente entrata non “esiste” piu’ la cavità raggiunge l’equilibrio termodinamico la luce che esce dal corpo nero dipende in intensita’ e frequenza unicamente dalla sua temperatura un corpo nero assorbe piu’ di qualsiasi superficie un corpo nero emette piu’ di qualsiasi superficie radiatore integrale Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 3 Università di Roma “ La Sapienza” • lo spettro della radiazione emessa da un corpo nero ha questo aspetto N.B. lo spostamento in νmax (λmax) con la temperatura va sotto il nome di legge di Wien ( Nobel 1911): λmax T = cost Questo complesso di osservazioni non avevano spiegazione con le teorie classiche (Raleigh) che prevedevano un aumento senza limiti della intensita’ della luce emessa all’aumentare della frequenza della stessa: “catastrofe ultravioletta” • Nel 1900 Planck riuscì a spiegare l’andamento sperimentale di I = f (λ ) ammettendo, come Raleigh, che gli atomi del materiale della cavità oscillino e che sia la loro oscillazione a rendere possibile l’assorbimento e la emissione di radiazione (si comportano come gli elettroni nelle antenne) MA postulando anche che queste oscillazioni non possano avvenire per qualsiasi energia ma soltanto per multipli di unità discrete Quanti ( dal latino quantum ) ∆ E = hν h ≅ 6.6 10 −34 J ⋅ s Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 4 Università di Roma “ La Sapienza” • • se la distribuzione di Boltzmann si può applicare al numero di questi “quanti” l’aumento catastrofico di intensità all’aumentare di ν non ha più luogo La ragione qualitativa di ciò è che ad alte energie un quanto “contiene” tanta energia da rendere altamente improbabile la sua esistenza ni = no e − (ε i −ε o ) / kT viceversa nella teoria classica la energia dipende dalla ampiezza di oscillazione (non dalla frequenza) ( ) L’effetto Fotoelettrico • Emissione di elettroni da un metallo illuminato 1. Emissione istantanea 2. E cinetica dei fotoelettroni dipendente da ν 3. • ν minima di fotoemissione Le osservazioni sperimentali non spiegazioni con le teorie classiche Dipartimento di Chimica trovavano Prof. Guido Gigli in - 5 Università di Roma “ La Sapienza” INFATTI (secondo queste ultime) 1. ci deve essere un certo ritardo, cioè un intervallo di tempo, durante il quale gli elettroni oscillando in sincrono con la perturbazione (la radiazione) assorbono man mano energia aumentando la ampiezza di oscillazione fino ad averne abbastanza da sfuggire 2. – 3. - secondo l’esperimento la energia è concentrata in piccole zone anziché essere distribuita su tutto il fronte d’onda; viceversa secondo Maxwell la energia dipende dall’ampiezza dell’onda e non dalla sua frequenza • Einstein (1905) postulò che la radiazione elettromagnetica consista di un fascio di particelle, FOTONI, tutte con la medesima velocità c ≅ 3.0 108 ms −1 Ognuno di questi fotoni ha una frequenza caratteristica ν h ω = hω una energia E = hν = 2π h = 1.05 10 −34 J ⋅ s Il fotone, con velocità c , deve seguire la teoria della relatività ed il suo momento p risulta: ( E = p 2c 2 + m 2 c 4 p= )2 0 1 E hν hω = = c c c Introducendo il numero d’onda k = p = hk ω c l’esistenza di questo momento è confermata dall’effetto COMPTON (1924) Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 6 Università di Roma “ La Sapienza” • in definitiva E fotone = hν = Φ + 1 mv 2 2 work function (minima energia necessaria per uscire dal metallo) poichè gli elettroni in un metallo hanno molte energie diverse alcuni necessitano di maggiore energia di altri ed ½ mv2 è la massima energia cinetica degli elettroni fotoemessi La natura Ondulatoria delle particelle • De Broglie (1924),simmetricamente a quanto fatto da Einstein per la luce, suggerì di associare un comportamento ondulatorio al moto di una particella. Egli postulò che ad una particella con momento lineare p sia associata una onda di lunghezza d’onda λ ed energia E λ= • 2π h = k p λ p=h E = hω p = hk La natura ondulatoria del moto di particelle è stata confermata sperimentalmente per Elettroni – 1927 - G.P.Thomson, Davisson, Germer He,H2, - 1931 -Esterman Frisch Stern Neutroni – 1947 Fermi Marshall Zinn immagini ottenute per attraversamento di una lastra di Al con raggi X Dipartimento di Chimica elettroni Prof. Guido Gigli in - 7 Università di Roma “ La Sapienza” • Vediamo ora un esperimento che illustra la natura dualistica onda – corpuscolo sia della luce che delle particelle materiali (per esempio gli elettroni) “L’esperimento con due fenditure” (di YOUNG) • Vediamolo nella versione originale di YOUNG (1802); (usiamo una sorgente luminosa) 1 2 Fenditure a Aperta b Chiusa Fenditure a Chiusa b Aperta 3 4 Fenditure aeb alternativamente chiuse ed aperte per metà del tempo Dipartimento di Chimica Fenditure aeb sempre Aperte Prof. Guido Gigli in - 8 Università di Roma “ La Sapienza” • Queste osservazioni sono spiegabili con la interpretazione ondulatoria della luce e le sue proprietà di interferenza MA l’interferenza non si spiega con la luce costituita da fotoni INFATTI Se la luce è costituita da fotoni è ragionevole pensare che ogni fotone passi per la fenditura “a” oppure per quella “b” Si può confermare questa ipotesi con una sorgente molto debole (tale che un solo fotone per volta venga emesso) e due rivelatori vicino e dietro le fenditure “a” e “b” I rivelatori registrano un fotone per “a” oppure per “b” e mai per entrambi simultaneamente Metà dei fotoni passano da “a” e metà da “b” Tutto ciò è coerente con la interpretazione corpuscolare • Ci si domanda: Come si possono influenzare vicendevolmente i fotoni che passano per fenditure diverse? Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 9 Università di Roma “ La Sapienza” • Ripetiamo l’esperimento con fenditure a e b aperte un fotone per volta emesso dalla Sorgente con frequenza tanto piccola (periodo tanto lungo) da escludere che i fotoni possano influenzarsi l’un l’altro Si osserva la solita figura di interferenza L’interferenza persiste con qualsiasi intensità di luce • Usiamo ora uno schermo in grado di rivelare la posizione dei punti di arrivo dei fotoni Si osserva: 1. Ogni fotone colpisce lo schermo in un unico punto 2. La figura di interferenza si forma come conseguenza dell’accumularsi dei vari singoli impatti dei fotoni Il comportamento di ogni singolo fotone non è prevedibile La frequenza (densità) degli impatti in ogni punto dello schermo fornisce le bande di interferenza CIOE’ La figura di interferenza ci fornisce la distribuzione di probabilità delle posizioni dei punti di arrivo dei fotoni Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 10 Università di Roma “ La Sapienza” • • nel caso dell’esperimento 3 i fotoni che passano uno alla volta per “a” o per “b” danno origine, in modo statistico, alle figure IA e IB e, quindi, all’effetto complessivo IA + IB MA Se lasciamo a e b aperti con un rivelatore in a che ci “dice” se ciacun fotone è passato da a o da b caso 5 NON si osserva la figura di interferenza ma la semplice IA + IB l’atto di accertare da quale fenditura passa ogni fotone ha il medesimo effetto del chiudere l’altra fenditura IN SINTESI • • • Se un fotone passa indisturbato attraverso le fenditure mostra un comportamento ondulatorio e si osserva una figura di interferenza ( o di diffrazione con una sola fenditura). Ogni fotone colpisce lo schermo in un punto specifico, in accordo con la natura corpuscolare, e la figura che risulta dall’arrivo di molti fotoni è una distribuzione di probabilità Se un fotone è costretto a (oppure è osservato) passare attraverso una specifica fenditura le figure di interferenza non vengono osservate ed il suo comportamento è più simile a quello di una particella Esperimenti analoghi sono stati fatti con elettroni anzichè fotoni Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 11 Università di Roma “ La Sapienza” • • Abbiamo visto una serie di osservazioni sperimentali non spiegabili compiutamente con la fisica classica Una spinta decisiva all’introduzione di teorie di tipo quantistico venne dall’osservazione che la luce viene emessa dagli atomi con uno spettro discreto In particolare, per l’Idrogeno vale la semplice relazione: 1 RH = 109700 cm-1 1 ν = RH 2 − 2 costante di Rydberg n1 n2 n1,n2 numeri interi Più in generale vale il principio di Raleygh-Ritz ν = T1 − T2 • Suggerisce che i livelli energetici degli atomi assumano unicamente valori discreti Bohr ne diede una “spiegazione” imponendo al momento angolare degli elettroni di assumere valori discreti Vediamo ora un esperimento che mette in luce drammatici effetti quantistici ( e che è stato, anche, il primo esperimento di natura non ottica a mostrarli) Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 12 Università di Roma “ La Sapienza” • L’esperimento di Stern e Gerlach - con atomi di Ag (paramagnetici) r r l’energia potenziale è V =−M X B - a causa della r forma dei poli del magnete il campo magnetico B varia lungo x sicchè Fx = − ∂V ∂B = M cosθ ∂X ∂X θ ≡ angolo fra il momento magnetico • dell’atomo di Argento e l’asse x Secondo la meccanica classica ci si sarebbe aspettati un deposito continuo con limiti estremi per θ = 0° e θ = 180° dovuto alla orientazione casuale con la quale gli atomi di Argento effondono dalla fornace Quello che si osserva sono due depositi distinti a θ = 0° e θ = 180° senza traiettorie intermedie Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 13 Università di Roma “ La Sapienza” • questo esperimento mostra che: 1. Anche se i momenti magnetici degli atomi sono orientati a caso nel momento della effusione essi sono “trovati” essere soltanto paralleli o antiparalleli 2. Le orientazioni possibili sono quantizzate, nel senso che soltanto alcuni valori sono osservati 3. L’atto della misura influenza il risultato della misura stessa (la direzione di quantizzazione è determinata dalla direzione del campo magnetico) • Varianti di questo esperimento mettono in luce altri effetti di natura quantistica SCHEMATICAMENTE a) Un deposito E’ quello che ci si aspetta: il primo “Filtro” ha selezionato le orientazioni parallele ad x ed il secondo non ha alcun effetto b) Due depositi Anche qui accade cio’ che che ci si aspetta: il primo “Filtro” che agisce lungo x non ha effetto su quanto fa il secondo che opera lungo y c) Due depositi Non e’ quanto ci si aspetta: il primo magnete non ha operato come un filtro infatti le due orientazioni lungo x sono ricomparse come conseguenza dell’aver agito con il magnete lungo y Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 14 Università di Roma “ La Sapienza” • • Il passaggio degli atomi attraverso il secondo magnete ha distrutto la informazione del primo magnete Abbiamo visto che per interpretare pienamente la natura della materia è utile considerare anche la sua natura ondulatoria. Vediamo, allora, alcune caratteristiche del moto delle onde MOTO DELLE ONDE Onda Piana Ψ ( x ) = A cos 2π x λ Ψ ( x, t ) = cos = cos 2π x λ [2λπ (x − x0 )] = cos [2λπ (x − v t )] v = velocità = v λ Ψ ( x, t ) = cos k= 2π λ 2π λ ω = 2πν frequenza ( x − v λ t ) = cos 2π x − ν t λ numero d’onda ( vettore d’onda ) velocità angolare Ψ( x, t ) = cos (k x − ω t ) vfase = ω k fase ( velocità di fase ) Dipartimento di Chimica k x − ω t = cost x = (ω k ) t + cost l’onda si muove verso x crescenti con velocita’ costante ω/k Prof. Guido Gigli in - 15 Università di Roma “ La Sapienza” • Abbiamo usato la funzione coseno ma si possono usare Ψ ( x, t ) = sen (k x − ω t ) Ψ ( x, t ) = A cos (k x − ω t ) + Bsen (k x − ω t ) • In generale Ψ ( x, t ) = cos (k x − ω t ) + i sen (k x − ω t ) eiα = cos α + i sen α onda che si muove Ψ ( x, t ) = exp [ i (k x − ω t )] verso x positive ( verso DESTRA ) Ψ ( x, t ) = exp [ − i (k x − ω t )] ∗ kx + ω t = k ( x + v t ) = k ( x + xo ) Ψ ( x, t ) = exp Ψ ∗ ( x, t ) = exp [ i (k x + ω t )] [ − i (k x + ω t )] onda che si muove verso x negative ( verso SINISTRA ) Onda Composta • E’ la sovrapposizione ( la somma ) di un certo numero di onde piane Ψ ( x, t ) = ∑ A j exp j [ i (k j x − ω j t )] questa è la rappresentazione in serie di Fourier dove ogni onda j ha la sua velocità di fase v fase =ω j k j • per esempio consideriamo una onda composta da due Ψ1 = exp [ i (k1 x − ω1 t )] Ψ2 = exp [ i (k 2 x − ω 2 t )] Dipartimento di Chimica Ψ ( x, t ) = Ψ1 + Ψ2 Prof. Guido Gigli in - 16 Università di Roma “ La Sapienza” • La rappresentazione della parte reale di Ψ1 + Ψ2 ha questo aspetto: Ψ(x,t) • Il profilo (inviluppo) della onda si muove verso DESTRA con velocità di gruppo dove vg = ∆ω ∆k ∆ω = ω1 − ω 2 ∆k = k1 − k 2 Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 17 Università di Roma “ La Sapienza” Onda Stazionaria Quando k = k1 = −k2 ω = ω1 = ω2 Ψ( x, t ) = e [i(kx−ω t )] + e−i (kx+ω t ) ( ) = eikx + e−ikx e−iω t = 2 cos kx e−iωt = 2 cos kx (cosωt − i senωt ) f(x) g(t) quindi indipendentemente da t ▬ Ψ ( x, t ) = 0 per cos kx = 0 kx = π 2 , 3 2 π , ...... ▬ i nodi non dipendono dal tempo Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 18 Università di Roma “ La Sapienza” Sovrapposizione di Onde (Stazionarie) • consideriamo la somma, con coefficienti qualsiasi di due onde stazionarie: Ψ3 = c1 Ψ1 + c2 Ψ2 si ha una composizione con questo aspetto ( in questo caso c1 = c2 ) t Ψ1 • Ψ2 Ψ3 si intuisce, quindi, come onde anche molto complesse possano essere descritte come combinazioni lineari di onde piu’ semplici Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 19 Università di Roma “ La Sapienza” Pacchetto di Onde • • • Si tratta della sovrapposizione di tante onde piane (uno spettro continuo) con lunghezze d’onda (frequenze, numeri d’onda k) in un campo ristretto di valori qualitativamente l’aspetto dello INVILUPPO è il seguente La “dimensione” di questo inviluppo (cioè del pacchetto) è inversamente proporzionale all’intervallo di numeri d’onda “usato” per le onde costituenti Per localizzare bene il pacchetto di onde è necessario impiegare uno spettro ampio di onde piane, il che implica una grande incertezza nei numeri d’onda • Complessivamente, la visione che si deve avere della “onda” associata al movimento di una particella materiale è schematizzabile come segue: Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 20 Università di Roma “ La Sapienza” E ben definita ( ν o λ ben definita) una unica onda piana di momento non sappiamo dove sia la particella E non ben definita ( un intervallo di ν o λ) un inviluppo di onde piane sappiamo abbastanza bene dove sia la particella • pλ = h rimane da notare che la velocità di gruppo di questo pacchetto di onde corrisponde alla velocità classica Interpretazione fisica dell’onda associata al moto di una particella Negli esperimenti con doppia fenditura ( alla YOUNG) le immagini osservate sono dovute all’accumularsi (sia con fotoni che con elettroni) di impatti singoli La posizione dell’impatto di ogni singola particella non può essere predetta mentre lo è l’effetto cumulativo L’interpretazione degli esperimenti suggerisce di considerare NON MA Traiettorie specifiche Distribuzioni di probabilità (delle traiettorie) degli impatti Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 21 Università di Roma “ La Sapienza” • Definiamo la P( x ) dx Densità di Probabilità P( x ) Probabilità che una particella colpisca lo schermo fra x ed x + dx Rivediamo l’esperimento di Young • Immaginiamo che il moto della particella sia rappresentato da una funzione d’onda POSTULIAMO CHE • P( x ) = ψ 2 = ψψ * La particella che passa per “ a ” è descritta dalla ψ a La particella che passa per “ b ” è descritta dalla ψ b ψ (x) = ψ a (x) + ψ b (x) anche questo è postulato perchè la particella non si divide in entità più piccole caso 1 a Aperta b Chiusa - la funzione Ψ improvvisamente diventa ( “collassa” a ) Ψa - Pa = Ψa2 caso 2 a Chiusa b Aperta - Ψ collassa a Ψb - Pb = Ψb2 caso 3 a Aperte e b Chiuse per meta’ tempo Dipartimento di Chimica Pa +Pb = Ψa2 + Ψb2 Prof. Guido Gigli in - 22 Università di Roma “ La Sapienza” caso 4 a sempre b Aperte Pab = = Ψ2 = Ψa + Ψb2 = = Ψa2 + Ψb2 + Ψa*Ψb + ΨaΨb* IA IB IAB termine d’interferenza caso 5 a sempre b Aperte rivelatore in a La fase di Ψa viene modificata in modo casuale dalla misura in a e, quindi, viene modificato (annullato) il termine di interferenza DA NOTARE CHE • • L’interpretazione statistica del significato della funzione d’onda ψ è stata postulata da Born (1926) Il concetto che la ψ “contiene” tutte le informazioni sullo stato di moto che rappresenta e “collassa” a stati diversi in una osservazione sperimentale è dovuto ad Heisenberg (1927) Tutto ciò fa parte della cosiddetta Interpretazione di Copenhagen della Meccanica Quantistica Questa interpretazione è controversa ma, poichè è in accordo con tutte le osservazioni sperimentali di nostro interesse, è quella che useremo Dipartimento di Chimica Prof. Guido Gigli in - 23 Università di Roma “ La Sapienza” Plausibilità della equazione di Schrödinger • Consideriamo un flusso uniforme di particelle libere che si muove nel vuoto nella direzione x questo significa che Il potenziale a cui sono sottoposte è V = 0 La funzione d’onda che ne rappresenta una è ψ (x,t ) = exp[i (kx − ω t )] Ricordando che E = hω p = hk ψ ( x, t ) = exp[i / h( px − Et )] • L’energia totale è E = T + V = T = p 2 / 2m per semplice sostituzione ∂ψ ih = Eψ ∂t h 2 ∂ 2ψ p 2 − = ψ 2m ∂x 2 2m ∂ψ h 2 ∂ 2ψ ih =− ∂t 2m ∂x 2 ih ) ∂ ψ = Tψ ∂t DA NOTARE • Non è una “derivazione”. Per esempio dovremmo ammettere che valga anche quando V ≠ 0 • Qui compare la derivata prima rispetto al tempo mentre la eq. delle onde classica è ∂ 2ψ 1 ∂ 2ψ = 2 v fase ∂ t 2 ∂x • Abbiamo “associato” le relazioni: ∂ p2 h2 ∂2 i h − 2m ∂t 2m ∂ x 2 Dipartimento di Chimica E Prof. Guido Gigli