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Teoria dei quanti

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Teoria dei quanti
LA TEORIA DEI QUANTI1
(prof. Euro Sampaolesi – Liceo G. Leopardi di Recanati )
1. Le premesse scientifiche: contraddizioni tra previsioni teoriche e dati sperimentali nella
fisica alla fine dell’Ottocento
•
Il problema del “corpo nero”: lo spettro della radiazione emessa da un corpo caldo in
funzione della frequenza non è spiegabile mediante le leggi dell’elettromagnetismo classico.
• L’effetto fotoelettrico: le proprietà dell’effetto di emissione di elettroni da parte di una
superficie metallica illuminata da una radiazione luminosa non sono interpretabili
nell’ambito della fisica classica.
• La struttura dell’atomo: le configurazioni atomiche proposte (il modello a panettone di
Thomson e il modello planetario di Rutherford) basate sulle leggi della fisica classica non
riescono a spiegare i dati sperimentali.
• Gli spettri di emissione degli atomi, caratterizzati da una struttura discontinua formata da
righe distinte, non sono spiegabili mediante le leggi dell’elettromagnetismo classico.
2. La nascita e lo sviluppo della teoria dei quanti
•
1900: Planck spiega il problema del corpo nero ipotizzando che l’energia (E) emessa dai
corpi sia quantizzata, cioè sia costituita da multipli discreti di una quantità fondamentale
(hν), detta quanto d’energia:
E = hν
ν (quanto elementare di energia)
(dove ν è la frequenza della radiazione, h è una costante universale, h = 6,6⋅10-34 J⋅s)
⇒ rivoluzione concettuale2: passaggio da una logica di continuità energetica dei fenomeni
naturali (il continuo classico di Galileo, Leibniz, Newton, Maxwell) ad una concezione di
discontinuità (il discreto quantistico), in cui l’energia può essere scambiata sotto forma di tanti
pacchetti elementari proporzionali alla frequenza mediante la costante di Planck h → E = hν.
•
1905. Einstein applica l’ipotesi quantistica di Planck per interpretare l’effetto fotoelettrico,
affermando che la radiazione luminosa è composta da pacchetti discreti di energia che
interagiscono singolarmente con gli elettroni del metallo ⇒ modello corpuscolare della luce
composta da un insieme discreto di quanti di energia E=hν (fotoni = quanti di luce).
• 1913. Bohr propone un modello atomico planetario in cui gli elettroni negativi ruotano
intorno al nucleo positivo su differenti orbite discrete stazionarie corrispondenti a diversi
livelli energetici quantizzati.
Questo modello permette la spiegazione della struttura discreta degli spettri di emissione: gli
atomi possono scambiare energia solo mediante salti degli elettroni tra le diverse orbite,
quindi sono emesse solo le righe spettrali aventi le frequenze νnm = (En-Em)/h corrispondenti
alle transizioni permesse tra i livelli energetici En ed Em tipici dell’atomo.
• 1923. De Broglie ipotizza un comportamento ondulatorio della materia3 ⇒ il dualismo
onda-corpuscolo tipico della radiazione viene esteso anche alla materia! I due
comportamenti manifestati dai fenomeni naturali, quello corpuscolare caratterizzato dalla
grandezza fisica quantità di moto (p) e quello ondulatorio caratterizzato dalla grandezza
fisica lunghezza d’onda (λ), sono legati dalla costante di Planck h secondo la relazione
λ = h / p (lunghezza d’onda di De Broglie)
1
La teoria dei quanti rappresenta una delle più grandi rivoluzione concettuali del pensiero scientifico del Novecento: la
sua nascita segna il passaggio dalla fisica classica alla fisica moderna.
2
Planck stesso fu quasi spaventato dal suo innovativo concetto di quanto, tanto che lo definì una “fortunata violenza
puramente matematica contro le leggi della fisica classica”.
3
Ipotesi confermata nel 1927 dagli esperimenti di Davisson e Germer sulla diffrazione degli elettroni da un cristallo.
1
•
1924-1927. Elaborazione della teoria della meccanica quantistica secondo due formulazioni
matematicamente equivalenti:
i) la meccanica delle matrici di Heisenberg e Dirac (1925) in cui le grandezze fisiche
osservabili sono rappresentate da operatori matematici (le matrici) che assumono solo
valori quantizzati (teoria che si ispira al modello corpuscolare della realtà fisica);
ii) la meccanica ondulatoria di Schrödinger (1926) in cui un sistema fisico è rappresentato
da un funzione d’onda correlata alla probabilità di conoscere lo stato del sistema (teoria
che si ispira al modello ondulatorio della realtà fisica).
Ecco le principali innovazioni dal punto di vista logico-concettuale della teoria quantistica:
•
Introduzione del concetto di probabilità come proprietà oggettiva della realtà fisica;
passaggio da un’interpretazione epistemica della probabilità tipica della fisica classica4 ad
un’interpretazione ontologica: nella meccanica classica infatti la probabilità è legata alla
nostra soggettiva ignoranza dello stato reale del sistema fisico in esame, conoscibile in linea
di principio, mentre in meccanica quantistica la probabilità è un carattere intrinseco ed
ineliminabile della realtà fisica ⇒ passaggio da una concezione deterministica della
scienza ad una concezione probabilistica (interpretazione statistica della funzione d’onda di
Born, 1926)
•
Principio di indeterminazione di Heisenberg (1927) che esprime l’impossibilità di
conoscere nello stesso tempo con precisione assoluta la posizione e la quantità di moto di
una particella quantistica:
∆x⋅
π
∆ ⋅∆p ≥ h / 4π
( dove ∆x e ∆p sono le incertezze sulla conoscenza della posizione e della quantità di moto)
⇒ abbandono del concetto classico di traiettoria: le orbite elettroniche ben localizzate
vengono sostituite dai cosiddetti “orbitali”, cioè delle nuvole elettroniche estese nello
spazio che rappresentano matematicamente la probabilità di localizzare la particella in
una certa zona.
⇒ se si conosce precisamente la grandezza tipica dell’aspetto corpuscolare, cioè la
posizione di un oggetto, si perde completamente l’informazione sull’aspetto ondulatorio,
caratterizzato dalla lunghezza d’onda e quindi, mediante la relazione di De Broglie, dalla
quantità di moto (∆x = 0 ⇒ ∆p = ∞, in modo che ∆x⋅⋅∆p≥ h/4π ⇒ ∆x⋅⋅∆p = valore finito);
e viceversa se si cerca di evidenziare l’aspetti ondulatorio si perde la conoscenza di
quello corpuscolare (∆p = 0 ⇒ ∆x = ∞, in modo che ∆x⋅⋅∆p≥ h/4π ⇒ ∆x⋅⋅∆p = valore
finito).
•
Principio di complementarità di Bohr (1927) secondo cui
i) gli aspetti corpuscolari e ondulatori della realtà fisica sono tra loro complementari
ma mutuamente esclusivi;
ii) un sistema fisico si manifesta sotto forma di onda o corpuscolo secondo la tecnica
sperimentale usata per osservarlo.
•
Principio di corrispondenza di Bohr: la nuova teoria della meccanica quantistica si riduce
alla ordinaria meccanica classica, quando le grandezze in gioco sono molto grandi rispetto
alla costante di Planck h = 6,6⋅10-34 J⋅s; dato il valore molto piccolo di tale costante, la fisica
quantistica diventa importante per la descrizione degli oggetti solo nel mondo microscopico
e si riduce a quella classica per lo studio degli oggetti macroscopici.
4
“All’ignoranza delle diverse cause che concorrono alla formazione degli eventi e alla debolezza della mente umana si
deve una delle più fini e ingegnose tra le teorie matematiche, la scienza del caso o della probabilità” (Laplace, 1776)
2
3. L’interpretazione della meccanica quantistica: 1927-oggi → un problema ancora aperto!
•
L’interpretazione della Scuola di Copenaghen5 (interpretazione ortodossa):
Ecco alcune affermazioni dei protagonisti:
→ “Non esiste un mondo quantistico, c’è solo una descrizione fisica astratta. È sbagliato pensare che sia
compito della fisica scoprire come è fatta la natura. La fisica riguarda solo quello che si può dire della
natura” (Bohr)
→ “È necessario distinguere tra oggetto osservato e processo di osservazione; solo il processo di
osservazione possiede una realtà fisica, quella costituita dai suoi esiti” (Heisenberg)
→ “La misura non solo disturba inevitabilmente ciò che viene misurato, ma ne produce essa stessa il
risultato” (Jordan)
Le posizioni, pur presentando notevoli differenze, hanno i seguenti aspetti comuni:
i) l’obiettivo primario della scienza non è capire la realtà esistente, ma quello che noi
misuriamo ⇒ ruolo assolutamente primario dell’osservatore;
ii) la teoria fa solo previsioni probabilistiche sui risultati di misure, a condizione che esse
vengano effettivamente eseguite.
•
Le posizioni degli oppositori dell’interpretazione ortodossa, tra cui alcuni tra i principali
artefici della teoria come De Broglie e Scrödinger, sono state espresse principalmente da
Einstein in una serie di interventi scritti e orali, noti come “Il dibattito Bohr-Einstein (19271935)”:
a) nella fase iniziale la discussione è incentrata su una serie di esperimenti mentali che
Einstein propone per dimostrare l’inconsistenza della meccanica quantistica; egli non è
convinto della concezione probabilistica e indeterministica della teoria;
b) nella fase seguente Einstein, ormai convinto della consistenza e della validità teoricosperimentale della meccanica quantistica, rifiuta l’interpretazione ortodossa e rimane
fermamente convinto che le proprietà della realtà fisica esistano indipendentemente
dall’osservatore che le misura. Secondo Einstein la meccanica quantistica è una teoria
incompleta, una semplificazione statistica di una teoria più generale che è deterministica
e non probabilistica.
⇒ errata l’immagine comunemente diffusa di un Einstein arroccato su posizioni
anacronistiche di rifiuto della meccanica quantistica (“Dio non gioca a dadi”): egli, da
considerarsi uno dei fondatori della teoria stessa con l’introduzione dei quanti di luce, ha
riflettuto molto su questo nuovo formalismo6 mutando la sua posizione e mantenendo un
atteggiamento critico su alcuni suoi aspetti che sarà il punto di partenza per le riflessioni e le
scoperte scientifiche future.
→ “La funzione d’onda quantistica non fornisce una descrizione completa della realtà
fisica. In futuro s’imporrà una teoria che farà a meno degli aspetti statistici, ma dovrà
introdurre un notevole numero di variabili” (Il paradosso EPR, di Einstein, Podolsky e
Rosen, 1935)
⇓
viene suggerita l’idea che si possa costruire una nuova teoria completa
introducendo delle ulteriori variabili, e che le probabilità quantistiche siano dovute
all’ignoranza di tali variabili nascoste.
•
1952. Bohm sviluppa una teoria a variabili nascoste equivalente dal punto di vista predittivo
alla meccanica quantistica, ma che risulta perfettamente deterministica.
5
Con questo termine viene indicato una scuola di pensiero sui fondamenti della meccanica quantistica sostenuta da un
gruppo di fisici, tra cui molti artefici della teoria quantistica, che hanno frequentato l’Istituto di Fisica Teorica fondato
da Bohr a Copenaghen.
6
“Il problema quantistico è così straordinariamente importante che dovrebbe essere al centro dell’attenzione di tutti
noi” (A. Einstein)
3
•
1963. Bell scopre che la teoria di Bohm è non-locale e dimostra che non può esistere alcuna
teoria quantistica che sia al tempo stesso deterministica e locale: “locale” significa che il
risultato della misura delle proprietà di un sistema non può essere influenzato
istantaneamente da un’altra misura eseguita a distanza.
⇓
non-località quantistica:
l’azione di misura di un osservatore in un determinata posizione dello spazio e del tempo può
influenzare istantaneamente7 le proprietà di sistemi fisici arbitrariamente lontani.
•
1970-1980. Le correlazioni quantistiche non-locali vengono verificate sperimentalmente con
esperimenti sulla polarizzazione di fotoni ⇒ i microsistemi risultano realmente “telepatici”
⇓
possibilità di realizzare il teletrasporto quantistico:
un sistema fatto sparire in una certa regione viene ricostruito in una regione lontana!
•
Oggi. L’interpretazione di questa bizzarra teoria che prevede molti fenomeni non intuitivi e
ci presenta un mondo lontano dal senso comune rimane ancora un problema aperto8.
Anche le teorie a variabili nascoste presentano alcune difficoltà, che rendono discutibile
la loro pretesa di conoscere le oggettive proprietà di un sistema fisico: di fatto
necessariamente alcune grandezze osservabili risultano contestuali, cioè il loro valore
non è univocamente determinato dalle variabili nascoste, ma dipende dall’intero contesto,
e in particolare dipende non-localmente da esso.
Il dibattito sull’interpretazione della meccanica quantistica è tutt’altro che concluso9, e si
è arricchito anche di ulteriori stimolanti ipotesi che offrono spunti per una riflessione
critica sulla scienza e suggeriscono prospettive sbalorditive nel campo tecnologico.
7
Al contrario di quanto sostenuto in passato da molti ricercatori, tra cui il filosofo della scienza Popper, è stato
dimostrato (Shymony) che la non-località quantistica non consente di violare le leggi della relatività ristretta, poiché
non si possono sfruttare le correlazioni quantistiche non-locali per inviare segnali superluminali, cioè aventi una
velocità maggiore di quella della luce.
8
“ Chiunque non provi un senso di vertigine davanti alla meccanica quantistica, in realtà non l’ha capita ” (Bohr)
9
“ L’interpretazione di una teoria è un tentativo di rispondere ai quesiti che la teoria lascia aperti…Ogni volta che
scopriamo che una nuova interpretazione può essere sostenuta, la nostra comprensione della teoria risulta
notevolmente migliorata, e quello che abbiamo ottenuto è una risposta parziale alla domanda cruciale: come può il
mondo essere come la teoria asserisce che esso è? ” (Bas van Fraassen, filosofo della scienza contemporaneo)
4
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