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Storia della Miniera - Provincia di Catanzaro
LA MINIERA B) Storia della Miniera LA MINIERA MOLINO MASTRICARRO Nell'anno 1964 l'Industrie Minerarie Meridionali S.p.a. di Napoli intraprendeva lo studio geo-minerario della località Molino Mastricarro per valutare economicamente l'eventuale coltivazione mineraria della barite. Figura 1 Dall'indagine geologica emerse la presenza di un giacimento di barite, formato da filoni ad andamento sub-orizzontale, inclinati mediamente di 15° e immergenti verso sud, spessi da 1 a 3 metri, che si sviluppavano principalmente lungo il contatto porfido-granito. Il giacimento era costituto da baritina di tipo spatico in ganga sterile di granito e porfido e altri minerali accessori tipo fluorite, galena, calcopirite, blenda e pirite. Nel luglio del 1967 veniva riconosciuto alla società Industrie Minerarie Meridionali il decreto di concessione mineraria denominato "Miniera di Barite Mastricarro" per la durata di 15 anni su una superficie di 155,21 ha. La coltivazione della barite iniziava nel periodo 1968-1969, con una produzione media di circa 80.000 tonnellate annue. Per l'estrazione della barite fu impiegato dapprima il metodo del "taglio in direzione", che tuttavia risultò non adatto sia sotto il profilo della produttività che della sicurezza. La miniera venne coltivata successivamente mediante il tracciamento di pilastri lunghi. La miniera a pieno regime era composta da un organico di circa 24 persone così costituito: · N.° 2 impiegati con mansioni tecniche amministrative · N.° 12 operai per lavori di estrazione all'interno della miniera, così suddivisi n.°6 operai addetti alla coltivazione, n.° 2 operai addetti alla preparazione, n.°2 operai addetti alla ricerca e n.° 2 operai addetti ai servizi · N.° 12 operai per i lavori all'esterno che lavoravano così suddivisi n.° 1 capo laveria, n.° 9 operai addetti alla conduzione dell'impianto, n.° 2 addetti ai servizi e n.° 1 guardia giurata. In data 03.06.1980 la società Industrie Minerarie Meridionali rinunciava alla concessione denominata Molino Mastricarro poichè il giacimento non era più economicamente sfruttabile e indicava i lavori necessari per garantire la sicurezza in vista delle operazioni di abbandono della miniera che costituivano nella chiusura di tutti gli imbocchi delle gallerie di accesso ai lavori minerari, attraverso diaframmi in calcestruzzo dello spessore di 40 cm, allo scopo di consolidare gli imbocchi stessi in vicinanza della superficie e di impedire l'entrata nella miniera perché pericolosa. L’ATTIVITÀ E LA PRODUZIONE MINIERA MOLINO MASTRICARRO Figura 2 DELLA La coltivazione della barite avveniva all’interno di gallerie scavate nelle rocce porfiriche e granitiche e il materiale estratto, costituito da baritina in ganga sterile di porfido e granito, veniva trasportato meccanicamente fino all'impianto di arricchimento, detto anche laveria, situato nella valle della Fiumarella in prossimità del inizio del sentiero. Qui si svolgeva la lavorazione del minerale grezzo di miniera e annessi alla laveria erano presenti gli impianti per la produzione dell'aria compressa, le officine meccaniche, i depositi, l'impianto idrico, gli spogliatoi, le installazioni sanitarie e gli uffici. Il ciclo di lavorazione della barite comprendeva le seguenti fasi: · Frantumazione: il materiale estratto con tenore medio di barite del 50-60% veniva frantumato fino alle dimensioni di 8-10 mm · Prearricchimento idrogravimetrico: il granulato veniva prearricchito ad un tenore di barite di circa l'80%. L'operazione avveniva mediante crivelli che, sfruttando la differente velocità di caduta in acqua esistente tra minerale utile e ganga sterile, separavano parzialmente lo sterile che veniva di seguito allontanato con una corrente d'acqua · Macinazione primaria: il materiale arricchito in barite veniva macinato alla dimensione massima di 50 mesh (circa 0,3 mm), per mezzo di mulino tubolare a ciottoli operante a umido in circuito chiuso con classificatore a spirale, originando una torbida · Flottazione: la torbida prodotta veniva condizionata chimicamente e fatta flottare in celle ad agitazione meccanica, originando una schiuma nella quale si concentravano i solfuri. La schiuma veniva allontanata mediante palette schiumatici, mentre il residuo di torbida, contenente barite e ganga sterile veniva avviato alle successive fasi di trattamento · Flottazione della barite: la barite ulteriormente trattata veniva sottoposta a flottazione in una batteria di celle ad agitazione meccanica, con la formazione di schiuma contenente barite arricchita al 90-95% che veniva pompata in un addensatore. Il residuo di torbida, costituente il rifiuto, veniva eliminato · Decantazione: la schiuma di barite arricchita pervenuta all'addensatore, dava luogo alla separazione dei grani solidi, che venivano recuperati alla base dell'apparecchio sotto forma di torbida densa composta mediamente da 60 parti di solido e 40 d'acqua; l'eccesso d'acqua tracimava e veniva eliminato · Filtrazione: la torbida densa di barite veniva filtrata mediante filtro a vuoto che ne riduceva il contenuto d'acqua al 10% circa · Essiccamento: la barite filtrata veniva essiccata a 120°C in essiccatoio rotativo a riscaldamento indiretto mediante aria calda. La frazione di polvere tracimata dalla corrente d'aria di riscaldamento veniva recuperata mediante filtro a maniche · Macinazione secondaria: la barite essiccata veniva portata alla granulometria nominale di 325 mesh (0,044 mm) mediante mulino tubolare a sfere operante in circuito chiuso con classificatore a vento · Stoccaggio in silos e insaccamento: il prodotto veniva inviato in silos e quindi insaccato per il trasporto. La barite prodotta era ottima con un buon punto di bianco e veniva utilizzata principalmente nell'industria delle vernici.