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Canto XXVII - Edu.lascuola

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Canto XXVII - Edu.lascuola
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Canto XXVII
Posizione VIII cerchio – Malebolge – (fraudolenti); 8ª bolgia
Peccatori Consiglieri fraudolenti
Pena Sono avvolti nelle fiamme
Contrappasso In vita agirono di nascosto, usando la parola per
ingannare e infiammare gli animi, facendo cattivo uso del proprio
ingegno; ora sono celati in eterno in una fiamma (lingua di fuoco) che
li avvolge
Dante incontra Guido da Montefeltro
■ Sequenze narrative
®
vv 1-30
INCONTRO CON GUIDO DA MONTEFELTRO
La fiamma in cui sono avvolti Ulisse e Diomede si allontana e intanto se ne avvicina un’altra,
che mostra, attraverso un suono confuso, di voler parlare. L’anima nascosta in questa fiamma
appartiene al romagnolo Guido da Montefeltro, che chiede notizie sulle attuali condizioni
politiche della sua terra.
® vv 31-54
Inferno, XXVII,
1-6, miniatura
lombarda,
Ms. 32, f. 21 r.
Imola, Biblioteca
Comunale.
CONDIZIONI DELLA ROMAGNA
Su invito di Virgilio*, Dante risponde che in Romagna vi è ora un clima di pace apparente,
mentre in realtà l’odio e la guerra serpeggiano nei cuori dei signori locali. Poi, dopo aver
brevemente descritto la situazione di Ravenna, Forlì, Rimini, Faenza, Imola e Cesena, Dante gli chiede di farsi riconoscere.
® vv 55-84
IL RACCONTO DI GUIDO. LA CONVERSIONE
Guido, che è convinto di parlare con un altro dannato, dice di essere stato un condottiero, ma
di aver usato più l’astuzia che le armi; per questo aspetto egli fu celebre fino ai confini della terra. Pentitosi in vecchiaia dei suoi peccati, si fece frate francescano, scelta che gli avrebbe certamente giovato se non fosse intervenuto papa Bonifacio VIII*, che lo fece ricadere nella colpa.
® vv 85-111
L’INGANNO DI BONIFACIO
Questi infatti, non riuscendo a sconfiggere i Colonnesi, i propri avversari arroccati a Palestrina, gli chiese un consiglio per vincerli con la frode, assicurandogli in anticipo l’assoluzione del peccato (in pratica, minacciando di scomunicarlo in caso di rifiuto). Rassicurato dal
pontefice, Guido gli consigliò una lunga promessa con l’attender corto, ossia di far molte promesse ai Colonna senza poi mantenerle.
® vv 112-136 IL DIAVOLO LÖICO. PASSAGGIO ALLA NONA BOLGIA
Alla sua morte, venne a prenderlo san Francesco, ma un diavolo ebbe la meglio nel contendere la sua anima, dimostrando con un ragionamento logico che essa gli apparteneva di diritto,
essendo morta nel peccato. Condotto da Minosse*, fu da questi destinato all’ottavo cerchio, tra
i consiglieri fraudolenti.Terminato il racconto, la fiamma si allontana contorcendosi per la sofferenza; i due poeti riprendono il cammino e giungono sul ponte che sovrasta la nona bolgia.
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Inferno
C ant o XXVI I
■ Temi e motivi
Guido da Montefeltro e Bonifacio VIII
Come già aveva fatto per altre categorie di peccatori, anche nei due canti dedicati ai consiglieri fraudolenti* Dante alterna personaggi appartenenti al mondo classico e a quello contemporaneo. Dopo Ulisse, egli incontra ora un’altra grande individualità, Guido da
Montefeltro*, personaggio di spicco nelle tumultuose lotte comunali che infiammavano
l’età di Dante. Due volte scomunicato e due volte riconciliatosi con la Chiesa, Guido si
convertì clamorosamente nel 1296 ed entrò nell’Ordine francescano*, morendo due anni
dopo in fama di santità. Dante, che nel Convivio aveva già lodato come esemplare la sua
conversione, riprende ora la questione nella Commedia, modificando il proprio giudizio su
Guido forse sulla base di nuove informazioni ricavate dalle cronache recenti (le Historiae
di Riccobaldo da Ferrara*), relative al consiglio fraudolento da questi dato a Bonifacio
VIII*, grazie al quale il papa riuscì a sconfiggere con l’inganno l’odiata famiglia rivale dei
Colonna. Prima di entrare nel vivo del dramma, Guido chiede notizie della sua terra,
consentendo a Dante di formulare una dura denuncia della decadenza della Romagna e
della bestialità dei suoi tiranni, in perfetta analogia con quanto farà successivamente, attraverso Guido del Duca*, per la Toscana e i suoi abitanti (Purg. XIV, 29-66). Dopo l’ampia
digressione, che costituisce lo sfondo storico del dramma, ha inizio il racconto di Guido,
che fissa gli eventi essenziali della propria vita e culmina nel confronto col papa. Il suo
rammarico consiste proprio nell’essere caduto – lui astuto calcolatore – nella trappola del
pontefice, nell’essere stato sconfitto sul terreno che più gli era congeniale e per il quale la
sua fama si era estesa ovunque. In punto di morte, sarà il diavolo stesso a dimostrargli il suo
errore, strappandolo a san Francesco* sulla base di una dimostrazione logica: la salvezza
non è concessa senza vero pentimento, e non è possibile pentirsi e nello stesso tempo voler
commettere peccato. Proprio qui sta la ragione profonda del canto, ossia la dimostrazione
che per la salvezza eterna non è sufficiente la sottigliezza dell’ingegno, perché essa si ottiene soltanto attraverso un’intima e sincera conversione, nel contatto diretto con Dio, al di
là dell’assoluzione papale e della mediazione della Chiesa. A dimostrarlo saranno in Purgatorio le vicende, esattamente opposte a quelle narrate in questo canto, di Buonconte*,
figlio di Guido (Purg. V), strappato al diavolo per un’unica sincera lagrimetta versata prima
di morire, e di re Manfredi* (Purg. III), anch’egli salvo, pur essendo scomunicato (fatto che
per la Chiesa comportava la dannazione eterna), per essersi rivolto in fin di vita a Dio
con sincero pentimento.
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Canto XXVI I
®
Inferno
3
Già era dritta in sù la fiamma e queta
per non dir più, e già da noi sen gia
con la licenza del dolce poeta,
6
quand’un’altra, che dietro a lei venìa,
ne fece volger li occhi a la sua cima
per un confuso suon che fuor n’uscia.
quando un’altra fiamma, che veniva dietro a quella, ci (ne) fece
rivolgere lo sguardo verso la sua cima a causa di un sibilo (suon)
indistinto (confuso) che ne fuoriusciva.
9
Come ’l bue cicilian che mugghiò prima
col pianto di colui, e ciò fu dritto,
che l’avea temperato con sua lima,
Come il bue siciliano (cicilian), che la prima volta (prima)
muggì (mugghiò) – e ciò fu giusto (dritto) –, col lamento (pianto) di colui che l’aveva fabbricato (temperato) con la sua opera
(lima),
12
mugghiava con la voce de l’afflitto,
sì che, con tutto che fosse di rame,
pur el pareva dal dolor trafitto;
emetteva muggiti (mugghiava) con le parole (voce) dei condannati che vi erano rinchiusi (de l’afflitto), così che, per quanto (tutto che) fosse di rame, sembrava anch’esso (pur el) tormentato (trafitto) dal dolore;
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così, per non aver via né forame
dal principio nel foco, in suo linguaggio
si convertïan le parole grame.
così, per il fatto di (per) non trovare (aver) dapprima (dal principio) né uscita (via) né apertura (forame) nel fuoco, le sue
misere (grame) parole si trasformavano (si convertian) nel linguaggio del fuoco (in suo linguaggio).
18
Ma poscia ch’ebber colto lor vïaggio
su per la punta, dandole quel guizzo
che dato avea la lingua in lor passaggio,
Ma dopo che ebbero trovato (colto) la via d’uscita (lor vïaggio)
verso (su per) la punta, dandole quella vibrazione (guizzo) che
aveva dato la lingua al loro passaggio,
21
udimmo dire: «O tu a cu’ io drizzo
la voce e che parlavi mo lombardo,
dicendo “Istra ten va, più non t’adizzo”,
udimmo dire: «Tu a cui io rivolgo (drizzo) la voce e che ora
(mo) parlavi in lingua lombarda dicendo: “Ora (Istra) vattene
(ten va), non ti esorto (t’adizzo) più (a parlare),
24
perch’io sia giunto forse alquanto tardo,
non t’incresca restare a parlar meco;
vedi che non incresce a me, e ardo!
benché (perch’io) sia forse giunto un po’ in ritardo (alquanto
tardo), non ti dispiaccia (non t’incresca) di restare a parlare con
me (meco); vedi che non dispiace a me, eppure (e) io brucio
(ardo)!
27
Se tu pur mo in questo mondo cieco
caduto se’ di quella dolce terra
latina ond’io mia colpa tutta reco,
Se tu sei caduto solo ora (pur mo) nell’Inferno (mondo cieco) da
quella dolce terra italiana (latina) dalla quale io (ond’io) porto
(reco) tutte le mie colpe,
30
dimmi se Romagnuoli han pace o guerra;
ch’io fui d’i monti là intra Orbino
e ’l giogo di che Tever si diserra».
dimmi se i Romagnoli sono ora in pace o in guerra; dal
momento che sono nativo (fui) di quella zona montuosa (de’
monti) situata tra Urbino e la catena (giogo) da cui nasce (si
diserra) il Tevere».
33
Io era in giuso ancora attento e chino,
quando il mio duca mi tentò di costa,
dicendo: «Parla tu; questi è latino».
Io ero ancora proteso (attento) e chinato (chino) verso il basso
(in giuso), quando la mia guida mi toccò (tentò) nel fianco (di
costa) dicendo: «Parla tu; costui è italiano».
36
E io, ch’avea già pronta la risposta,
sanza indugio a parlare incominciai:
«O anima che se’ là giù nascosta,
vv 1-30
INCONTRO CON GUIDO DA MONTEFELTRO
La fiamma era ormai drizzata (dritta) in alto e ferma (queta)
perché aveva finito di parlare (per non dir più), e già si allontanava (sen gia) col consenso (licenza) di Virgilio (dolce poeta),
® vv 31-54
CONDIZIONI DELLA ROMAGNA
E io, che avevo già la risposta pronta, cominciai a parlare
senza indugio: «O anima che sei chiusa nella fiamma (nascosta) laggiù,
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Inferno
C ant o XXV I I
39
Romagna tua non è, e non fu mai,
sanza guerra ne’ cuor de’ suoi tiranni;
ma ’n palese nessuna or vi lasciai.
la tua Romagna non è, e non è mai stata, senza guerra nell’animo (ne’ cuor) dei suoi signori (tiranni), ma in questo
momento (or) non ne ho lasciata nessuna apertamente dichiarata (’n palese).
42
Ravenna sta come stata è molt’anni:
l’aguglia da Polenta la si cova,
sì che Cervia ricuopre co’ suoi vanni.
Ravenna è nelle condizioni (sta) in cui si trova da lungo
tempo (come stata è molt’anni): l’aquila (aguglia) dei Da Polenta la tiene sotto di sé (la si cova), in modo da estendere (ricuopre) le proprie ali (vanni) fino a Cervia.
45
La terra che fé già la lunga prova
e di Franceschi sanguinoso mucchio,
sotto le branche verdi si ritrova.
La città (terra) che già sostenne (fé) il lungo assedio (prova) e
fece strage (sanguinoso mucchio) dei Francesi, si trova sotto i
verdi artigli degli Ordelaffi (branche).
48
E ’l mastin vecchio e ’l nuovo da Verrucchio,
che fecer di Montagna il mal governo,
là dove soglion fan d’i denti succhio.
Malatesta (il mastin) il Vecchio da Verrucchio e Malatestino (’l
nuovo), che straziarono crudelmente (fecer… il malgoverno)
Montagna, sbranano [i loro nemici] (fan d’i denti succhio) nel
luogo in cui l’han sempre fatto (là dove soglion).
51
Le città di Lamone e di Santerno
conduce il lïoncel dal nido bianco,
che muta parte da la state al verno.
L’insegna del leone (lïoncel) in campo (nido) bianco, che cambia
fazione (parte) rapidamente (da la state al verno), governa (conduce) le città di Faenza (Lamone) e di Imola (Santerno).
54
E quella cu’ il Savio bagna il fianco,
così com’ella sie’ tra ’l piano e ’l monte,
tra tirannia si vive e stato franco.
E la città di Cesena (quella), cui il fiume Savio bagna il fianco, così come giace (sie’) tra la pianura e il monte, oscilla (si
vive) tra tirannia e condizione (stato) di città libera (franco).
57
Ora chi se’, ti priego che ne conte;
non esser duro più ch’altri sia stato,
se ’l nome tuo nel mondo tegna fronte».
60
Poscia che ’l foco alquanto ebbe rugghiato
al modo suo, l’aguta punta mosse
di qua, di là, e poi diè cotal fiato:
Dopo che il fuoco ebbe un po’ ruggito (rugghiato) alla sua maniera, la cima acuta della fiamma (l’aguta punta) si mosse di qua e
di là, quindi emise tale suono (diè cotal fiato):
63
«S’i’ credesse che mia risposta fosse
a persona che mai tornasse al mondo,
questa fiamma staria sanza più scosse;
«Se io credessi che la mia risposta fosse rivolta (fosse) a una persona che prima o poi (mai) facesse ritorno sulla terra, questa fiamma starebbe (staria) immobile (sanza più scosse);
66
ma però che già mai di questo fondo
non tornò vivo alcun, s’i’ odo il vero,
sanza tema d'infamia ti rispondo.
ma dal momento che (però che), se sono ben informato (s’i’
odo il vero), nessuno è mai tornato vivo dall’Inferno (questo
fondo), ti rispondo senza timore (tema) di restare disonorato
(d’infamia).
69
Io fui uom d’arme, e poi fui cordigliero,
credendomi, sì cinto, fare ammenda;
e certo il creder mio venìa intero,
Sono stato un condottiero (uom d’arme) e poi mi feci francescano (cordigliero), credendo, col cingermi del cordone da frate
(sì cinto), di fare ammenda delle mie colpe; e certo quanto
pensavo (il creder mio) si sarebbe avverato (venìa intero),
72
se non fosse il gran prete, a cui mal prenda!,
che mi rimise ne le prime colpe;
e come e quare, voglio che m’intenda.
se non fosse intervenuto (se non fosse) il papa (gran prete), possa
venirgli un accidente (a cui mal prenda)!, che mi fece ricadere
(mi rimise) nel peccato (prime colpe); e come e perché (quare)
voglio che tu sappia bene (m’intenda).
240
® vv 55-84
IL RACCONTO DI GUIDO. LA CONVERSIONE
Ora ti prego di manifestarci (ne conte) chi sei; non essere restio
(duro) più di quanto io sia stato con te, possa (se) il tuo nome
essere ricordato a lungo sulla terra (nel mondo tegna fronte)».
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Canto XXVI I
Inferno
75
Mentre ch’io forma fui d’ossa e di polpe
che la madre mi diè, l’opere mie
non furon leonine, ma di volpe.
Finché fui vivo (forma fui), fatto di carne (polpe) e d’ossa che
la madre mi diede (diè), le mie azioni non furono valorose
(leonine), ma astute (di volpe).
78
Li accorgimenti e le coperte vie
io seppi tutte, e sì menai lor arte,
ch’al fine de la terra il suono uscie.
Conobbi (seppi) tutti gli stratagemmi (accorgimenti) e le frodi
(coperte vie) ed esercitai le loro tecniche (menai lor arte) a tal
punto che la fama (della mia astuzia) (suono) si diffuse (uscie)
dovunque (al fine de la terra).
81
Quando mi vidi giunto in quella parte
di mia etade ove ciascun dovrebbe
calar le vele e raccoglier le sarte,
Quando raggiunsi (mi vidi giunto) quella fase (parte) della vita
(etade) in cui (ove) ciascuno dovrebbe ammainare (calar) le vele
e raccogliere le corde (sarte),
84
ciò che pria mi piacëa, allor m’increbbe,
e pentuto e confesso mi rendei;
ahi miser lasso! e giovato sarebbe.
allora cominciai a rinnegare (m’increbbe) ciò che prima amavo
(mi piacëa) e, pentitomi (pentuto) e confessatomi (confesso), mi
feci frate (mi rendei); ah povero me (misero lasso)! e ciò avrebbe potuto salvarmi (giovato sarebbe).
87
Lo principe d’i novi Farisei,
avendo guerra presso a Laterano,
e non con Saracin né con Giudei,
Papa Bonifacio VIII (principe d’i novi Farisei), avendo un dissidio (guerra) nella stessa Roma (presso a Laterano), e non contro Saraceni e Giudei,
90
ché ciascun suo nimico era cristiano,
e nessun era stato a vincer Acri
né mercatante in terra di Soldano,
dal momento che tutti i suoi nemici erano cristiani e nessuno
di essi era stato all’assedio (a vincer) di Acri né a mercanteggiare
(mercatante) in terra musulmana (di Soldano),
93
né sommo officio né ordini sacri
guardò in sé, né in me quel capestro
che solea fare i suoi cinti più macri.
96
Ma come Costantin chiese Silvestro
d’entro Siratti a guerir de la lebbre,
così mi chiese questi per maestro
non ebbe riguardo (guardò), verso di sé (in sé), della sua dignità di
pontefice (sommo officio) né della sua carica di sacerdote (ordini
sacri), e neppure, nei confronti miei (in me), di quel cordone francescano (capestro) che un tempo era solito (solea) rendere più
magri (fare… più macri) coloro che lo portavano (i suoi cinti).
Allo stesso modo in cui Costantino mandò a chiamare (chiese) Silvestro nella grotta del monte Soratte (d’entro Siratti)
affinché lo guarisse (a guerir) dalla lebbra (lebbre), così costui
mi fece chiamare in qualità di medico (per maestro)
99
a guerir de la sua superba febbre;
domandommi consiglio, e io tacetti
perché le sue parole parver ebbre.
affinché lo guarissi dalla sua febbre di superbia; mi chiese (domandommi) consiglio, ma (e) io non glielo diedi (tacetti) perché
le sue parole mi sembrarono deliranti (ebbre).
102
E’ poi ridisse: “Tuo cuor non sospetti;
finor t’assolvo, e tu m’insegna fare
sì come Penestrino in terra getti.
Egli (E’) allora aggiunse: “Il tuo animo non tema (non sospetti); ti assolvo fin da ora (finor), ma tu insegnami il modo (fare
sì) di espugnare (in terra getti) Palestrina (Penestrino).
105
Lo ciel poss’io serrare e diserrare,
come tu sai; però son due le chiavi
che ’l mio antecessor non ebbe care”.
Come sai, io posso aprire (diserrare) e chiudere (serrare) le
porte del Cielo; per questo (però) sono due le chiavi che il
mio predecessore disprezzò (non ebbe care)”.
108
Allor mi pinser li argomenti gravi
là ’ve ’l tacer mi fu avviso ’l peggio,
e dissi: “Padre, da che tu mi lavi
Allora, le gravi e minacciose parole (li argomenti gravi) mi spinsero (pinser) al punto in cui (là ’ve) il silenzio (’l tacer) mi parve
(mi fu avviso) la cosa peggiore (’l peggio), e dissi: “Padre, dal
momento che (da che) tu mi assolvi (lavi)
® vv 85-111
L’INGANNO DI BONIFACIO
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Inferno
C ant o XXV I I
111
di quel peccato ov’io mo cader deggio,
lunga promessa con l’attender corto
ti farà trïunfar ne l’alto seggio”.
da quel peccato in cui (ov’) io ora (mo) sono costretto (deggio)
a cadere, promettere molto (lunga promessa) e mantenere poco
(l’attender corto) ti faranno trionfare (dei nemici) nel trono
pontificio (alto seggio)”.
® vv 112-136 IL DIAVOLO LÖICO. PASSAGGIO ALLA NONA
114
Francesco venne poi, com’io fu’ morto,
per me; ma un d’i neri cherubini
li disse: “Non portar: non mi far torto.
117
Venir se ne dee giù tra ’ miei meschini
perché diede ’l consiglio frodolente,
dal quale in qua stato li sono a’ crini;
Costui deve (dee) venire all’Inferno (giù) tra i miei servi
(meschini), poiché diede il consiglio fraudolento, dopo il quale
(dal quale in qua) io gli sono sempre stato alle costole (a’ crini);
120
ch’assolver non si può chi non si pente,
né pentere e volere insieme puossi
per la contradizion che nol consente”.
poiché non si può assolvere chi non si pente e non si può
(puossi) pentirsi (pentere) e allo stesso tempo (insieme) commettere il peccato (volere) in quanto logicamente inammissibile (per la contradizion che nol consente).
123
Oh me dolente! come mi riscossi
quando mi prese dicendomi: “Forse
tu non pensavi ch’io löico fossi!”.
Misero (dolente) me! Come mi risvegliai (dalla mia certezza)
(riscossi) quando mi afferrò dicendomi: “Forse tu non pensavi
che io fossi un esperto in logica (löico)!»
126
A Minòs mi portò; e quelli attorse
otto volte la coda al dosso duro;
e poi che per gran rabbia la si morse,
Mi condusse davanti a Minosse; e questi attorcigliò (attorse)
otto volto alla dura schiena (dosso) la coda, e dopo averla
morsa in segno di grande ira (rabbia),
129
disse: “Questi è d’i rei del foco furo”;
per ch’io là dove vedi son perduto,
e sì vestito, andando, mi rancuro».
esclamò: “Costui è tra i dannati destinati (de’ rei) al fuoco
ladro (furo); per cui io sono dannato in eterno (perduto) nel
luogo in cui mi vedi, e sempre mi dolgo (mi rancuro) andando così avvolto dalla fiamma (sì vestito)».
132
Quand'elli ebbe ’l suo dir così compiuto,
la fiamma dolorando si partio,
torcendo e dibattendo ’l corno aguto.
Quando egli ebbe così terminato il proprio discorso (suo dir),
la fiamma si allontanò (si partio) gemendo (dolorando), torcendo e agitando (dibattendo) la cima appuntita (corno aguto).
135
Noi passamm’oltre, e io e ’l duca mio,
su per lo scoglio infino in su l’altr’arco
che cuopre ’l fosso in che si paga il fio
Io e la mia guida procedemmo oltre, lungo il ponticello (scoglio) fino al ponte successivo (l’altr’arco) che sovrasta (cuopre) la
bolgia (fosso) in cui sono puniti (si paga il fio)
a quei che scommettendo acquistan carco.
coloro che si caricano di colpa (acquistan carco) seminando
discordie (scommettendo).
242
BOLGIA
Poi, quando morii, venne a prendermi san Francesco; ma un
diavolo (un d’i neri cherubini) gli disse: “Non portarlo via; non
farmi torto.
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