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Ferrari, da Pavia al Texas per la micro
PERSONAGGI 9 28 agosto Un gigante tra le nano-tech Ferrari, da Pavia al Texas per la micro-ricerca sui tumori Quando si dicono gli imprevisti: pensi di assistere a un dibattito sulle nanotecnologie e il futuro delle tecniche biomedicali, e ti ritrovi ad ascoltare una storia drammatica e affascinante di un ricercatore rincorso dal dolore che oggi, come un nuovo san Francesco, chiama “fratello”. È la rocambolesca storia di Mauro Ferrari, capo del dipartimento di Nanomedicina e ingegneria biomedica all’Università del Texas a Houston, il quale ieri con Marco Pierotti e Marco Bregni è intervenuto all’incontro Piccolo è bello, nano ancor meglio: le meraviglie delle nanotecnologie. Ferrari si laurea in matematica nel 1985 all’università di Pavia. A soli ventiquattro anni scappa di casa, si sposa e va vivere negli Stati Uniti dove nel 1989 vince una borsa di studio all’università di Berkeley. Presto diventa padre di tre figli, di cui due gemelli. Ma mentre è impegnato nello studio dell’astrofisica, un destino tragico batte il suo colpo. La moglie si ammala di tumore e muore nel giro di poche settimane. La vita del professor Ferrari non è più la stessa. È costretto a dare una svolta. Lascia da parte lo studio del cosmo e ap- Mauro Ferrari durante il suo intervento al Meeting Era fuggito dall’Italia per studiare il cosmo. Ma dopo la morte della moglie, uccisa da un cancro, ha deciso di dedicarsi alla sperimentazione sulle nuove ingegnerie biomedicali proda a quello delle nanotecnologie nella cui applicazione per la diagnosi e la cura dei tumori, si specializza ai massimi livelli. «Volevo applicare i miei talenti, quello che mi è stato dato dal Signore, per qualcosa che può aiutare l’uomo. In quel momento mi sono trovato a donare quel che sapevo fare in un’altra modalità». Donare il proprio talento: è questo l’imperativo che muove Mauro Ferrari nel campo della sua ricerca. Un talento che dev’essere disponi- «Mi sono dedicato alle tecnologie di ridottissime dimensioni da rendere disponibili a chiunque. Ora chiamo il dolore “fratello” perché porta in sé un segno mandato da Qualcuno» bile e accessibile a tutti. L’esperienza lavorativa conferma questo intento maturato dopo la morte della moglie. Durante l’incontro, lo scienziato ha mostrato una serie di sensori da lui inventati che servono a capire se l’acqua sia contaminata o meno. Stampati su piccoli fogli di carta, costano poco e sono accessibili a tutti. Spiega Ferrari: «Ho in mente questo modello. Non voglio ideare un macchinario per fare le radiografie grosso e costoso, per poi regalarne appena quattro all’Africa. Mi impegno per qualcosa che costi poco e possa andare bene a tutti». Questa vocazione nasce da un dolore che per Mauro non è stato vano ma portatore di un senso. Un dolore che non ha maledetto, ma ha stretto tra le braccia delle sue domande. Ferrari arriva addirittura a chiamare quel dolore “fratello”: «Il dolore porta in sé un segno, un messaggio che Qualcuno ti fa. Questo dolore mi ha messo in moto, ha sprigionato questa energia per cui sono riuscito a restituire al Signore quei doni che mi ha fatto mettendoli a servizio di altri» Marco Lessi