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Capitolo 6 Le azioni

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Capitolo 6 Le azioni
Edizioni Simone - Vol. 6/3 Compendio di diritto commerciale
Parte secondaLe società
Capitolo 6Le azioni
Sommario1. Nozione. - 2. Contenuto dei titoli azionari. - 3. La circolazione delle azioni.
‑ 4. Le limitazioni alla circolazione delle azioni. - 5. I diritti sociali. - 6. Il
diritto di voto. - 7. Le diverse categorie di azioni. - 8. Pegno, usufrutto e
sequestro dei titoli azionari. - 9. Le operazioni della società sulle proprie
azioni.
1.Nozione
Nella s.p.a., la partecipazione sociale è rappresentata da azioni: documenti sottoscritti da
uno degli amministratori, che costituiscono frazioni del capitale sociale e che attestano,
nei rispettivi possessori, la qualità di socio. Il capitale sociale è sin dall’inizio suddiviso
in tante parti che costituiscono, ciascuna in sè e per sè, un complesso unitario di diritti e
poteri. Queste parti devono essere necessariamente uguali e attribuiscono uguali diritti
e uguali poteri. Vi possono essere diverse categorie di azioni in una stessa società, ma
le azioni di ciascuna categoria sono necessariamente uguali tra loro. In mancanza di
diversa disposizione statutaria ovvero in mancanza di obblighi di dematerializzazione
previsti da leggi speciali, l’azionista ha diritto alla consegna di uno o più certificati
azionari, ciascuno dei quali può incorporare un numero variabile di azioni.
L’emissione dei titoli azionari è, quindi, un atto dovuto e viene annotata nel libro dei soci.
Le azioni assolvono ad una duplice funzione
CC Una funzione di legittimazione, in quanto chi le possiede può esercitare
i diritti di socio
CC Una funzione di trasferimento, poiché con la trasmissione del documento si trasferisce la qualità di socio
A ciascun socio viene assegnato un numero di azioni proporzionale alla parte del capitale sociale sottoscritta e per un valore non superiore a quello del suo conferimento.
L’atto costitutivo può prevedere una diversa assegnazione delle azioni, ma in nessun
caso il valore dei conferimenti potrà essere complessivamente inferiore all’ammontare
globale del capitale sociale.
CC Devono essere di eguale valore (art. 2348)
Caratteri essenCC Devono attribuire ai titolari eguali diritti (art. 2348);
ziali delle azioni
CC sono indivisibili (art. 2347)
Qualora più soggetti divengano titolari di un’unica azione, si viene a costituire tra loro
una fattispecie di comunione, per cui i diritti dei comproprietari devono essere esercitati
da un rappresentante comune.
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Parte seconda Le società
Ciò significa che i diritti sociali non spettano «uti singuli» ai proprietari, disgiuntamente tra loro,
ma congiuntamente al gruppo che li può esercitare esclusivamente tramite un rappresentante
comune. Così non ci saranno tanti diritti di intervento all’assemblea, tanti diritti di voto o tanti diritti
di impugnativa, ma un unico diritto di voto, di intervento e di impugnativa da esercitarsi tramite il
rappresentante comune.
In seguito alla riforma del 2003, la società ha la facoltà di emettere azioni con o senza
indicazione del valore nominale (prima invece l’indicazione era obbligatoria). Non
è però consentito emettere contemporaneamente azioni con e senza indicazione del
valore nominale.
Per comprendere il significato di valore nominale delle azioni bisogna tener presente che l’atto
costitutivo determina necessariamente due elementi: l’ammontare del capitale sociale e il numero
delle azioni. Il risultato della divisione del capitale sociale per il numero delle azioni è il valore
nominale delle azioni, la cui funzione è quella di rappresentare in termini numerici e assoluti la
parte di capitale sociale rappresentata da ogni azione (ad esempio, il capitale sottoscritto di un
milione di euro potrà essere diviso in centomila azioni da dieci euro ciascuna).
Nelle azioni senza indicazione del valore nominale, invece, l’azione non avrà un valore assoluto
pari alla frazione di capitale che rappresenta, ma un valore percentuale, dato dal loro numero in
rapporto al totale delle azioni emesse (ad esempio, il capitale sottoscritto di un milione di euro è
diviso in centomila azioni; l’azionista che ha sottoscritto mille azioni sarà titolare dell’uno per cento
del capitale sociale e quindi dell’uno per cento dei diritti di voto o del diritto agli utili).
Tuttavia, anche le azioni senza valore nominale hanno pur sempre un valore che esprime la frazione di capitale nominale da ciascuna rappresentato: sebbene tale valore non sia espressamente
indicato con una cifra monetaria, esso può essere in ogni momento ricavato dividendo l’ammontare
del capitale sociale nominale per il numero di azioni emesse.
La possibilità di non dover necessariamente indicare il valore nominale delle azioni rappresenta
una comodità in quanto consente di effettuare molte operazioni sul capitale senza che si pone il
problema dei resti indivisibili (si pensi, ad esempio, all’aumento gratuito che può essere realizzato
semplicemente variando l’ammontare del capitale sociale, fermo restando il numero delle azioni
in mano ai soci).
Normalmente, la società non distribuisce tanti titoli rappresentativi (azioni) per quante
partecipazioni sociali sono state sottoscritte, ma raggruppa più azioni in un unico documento cartaceo denominato certificato azionario. La riforma delle società ha previsto
tuttavia la possibilità nello statuto di escludere l’emissione dei relativi titoli o prevedere
l’utilizzazione di diverse tecniche di legittimazione e circolazione degli stessi che prescindano dall’emissione cartacea (cd. dematerializzazione dei titoli azionari, v. par. 3).
Infine, nel libro dei soci, tenuto a cura degli amministratori, sono annotati il numero
delle azioni, il nome dei loro titolari, gli eventuali trasferimenti e vincoli e l’ammontare
dei conferimenti eseguiti.
2.Contenuto dei titoli azionari
In base al principio secondo cui ciascuna azione attribuisce determinati diritti al suo
titolare, si può dire che le azioni rappresentano una sorta di unità di misura dei diritti
sociali, i quali vengono quantificati in base al numero di azioni possedute da ciascun
socio.
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Vi sono diritti che spettano ad uno o più azionisti purché raggiungano una determinata
percentuale del capitale sociale e, una volta realizzato il presupposto quantitativo, spettano in egual misura indipendentemente dal numero di azioni possedute (ad esempio,
il diritto di chiedere la convocazione dell’assemblea).
Si può fare, quindi, una distinzione tra i diritti collegati alla semplice sottoscrizione di
un’azione e diritti, come i diritti patrimoniali, che si sommano rispetto al numero delle
azioni: questi ultimi sono misurabili, per cui maggiori sono le azioni possedute, maggiori
sono i diritti (ad esempio, il diritto agli utili si avrà tante volte quante sono le azioni).
Anche il diritto al voto è un diritto misurabile, infatti, nelle società di capitali le decisioni
sono prese a maggioranza non dei soci, ma delle quote di partecipazione.
Vi sono diritti che sono indipendenti dalla misura della partecipazione, per cui si esercitano una sola volta indipendentemente dal numero di azioni che si posseggono (ad
esempio, il diritto di prendere visione del libro delle adunanze assembleari).
Vi sono, inoltre, diritti non legati alla sottoscrizione delle azioni, ma all’entità delle
azioni, quindi sono riconosciuti solo di fronte a certe partecipazioni di grande entità
(ad esempio, il diritto di impugnare le delibere assembleari non è riconosciuto a tutti
i soci, ma solo a coloro che posseggono una certa entità della partecipazione sociale).
Ai sensi dell’art. 2354, le azioni devono indicare:
1) la denominazione, la sede e la durata della società;
2) la data dell’atto costitutivo, della sua iscrizione e l’ufficio del registro delle imprese
dove la società è iscritta;
3) il loro valore nominale o, se si tratta di azioni senza valore nominale, il numero
complessivo delle azioni emmesse, nonché l’ammontare del capitale sociale;
4) l’ammontare dei versamenti parziali sulle azioni non interamente liberate;
5) i diritti e gli obblighi particolari ad esse inerenti.
Le azioni, inoltre, devono essere sottoscritte da uno degli amministratori, a pena di
nullità.
3.La circolazione delle azioni
Le azioni possono essere rappresentate o meno da titoli azionari e, in alternativa alla
loro emissione, lo statuto può prevedere l’emissione delle partecipazioni nel sistema
di gestione accentrata, in forma di strumenti finanziari dematerializzati (cd. azioni
dematerializzate).
Occorre precisare che, a seguito dell’intervento del D.Lgs. 27/2012, la dematerializzazione rimane facoltativa soltanto ove non riguardi azioni emesse da società quotate
in mercati regolamentati.
Di converso, per le società con azioni quotate in mercati regolamentati, opera la dematerializzazione obbligatoria.
Le azioni non dematerializzate (ovvero rappresentate da documenti) possono essere
nominative o al portatore, a scelta dell’azionista, con diversi regimi di circolazione.
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CC Tale caratteristica è espressamente disposta nell’atto costitutivo o dallo
statuto
CC Le azioni non sono interamente liberate (e cioè non è stato ancora inteLe azioni, tuttavia,
gralmente effettuato il conferimento)
devono essere noCC Alle azioni è inerente un’obbligazione di prestazioni accessorie, prevista
minative quando
dall’atto costitutivo a carico dei soci
CC Sono poste delle limitazioni alla libera circolazione delle azioni
CC La nominatività è obbligatoriamente richiesta dalle leggi speciali
La circolazione dei titoli azionari si attua secondo le modalità prescritte per i titoli
di credito (artt. 2003 e 2021-2027). L’art. 2355 regola, in tal senso, le modalità di
trasferimento dei titoli azionari, riprendendo in sostanza la disciplina dei titoli di
credito. Pertanto:
— le azioni al portatore, quando ammesse, si trasferiscono mediante la consegna
materiale del titolo (art. 2355, 2° co.). Il possessore del titolo potrà esercitare i
relativi diritti mediante presentazione dello stesso alla società, in applicazione della
regola generale di cui all’art. 2003, 2° co.;
— le azioni nominative si trasferiscono mediante la doppia intestazione sul titolo e
sul libro dei soci, e ciò può avvenire:
— mediante girata (procedura di doppia intestazione differita ex art. 2355, 3° co.);
— mediante transfert (procedura di doppia intestazione contestuale ex art. 2355,
4° co., che rinvia all’art. 2022 c.c.); esso può essere richiesto sia dal socio
cedente che dal cessionario ed è sempre necessaria la presenza del notaio. La
società annota il nome dell’acquirente nel libro dei soci e sul titolo, o può anche
rilasciare un nuovo titolo in sostituzione del precedente che viene ritirato. Con
l’esecuzione del transfert, l’acquirente entra a far parte della società ed acquista
la legittimazione all’esercizio dei diritti sociali. Tale modalità di circolazione
è piuttosto complessa, in quanto richiede l’intervento della società ad ogni
passaggio di proprietà delle azioni.
La modalità più diffusa di trasferimento è dunque quella mediante girata, in cui il
legislatore consente che la formalità della duplice annotazione sia compiuta, in modo
separato, da soggetti diversi, in due distinti momenti:
— dalle parti, all’atto del trasferimento del titolo (girata): queste si limitano a modificare l’intestazione del titolo stesso con efficacia solo tra esse e verso i terzi;
— successivamente dalla società, allorché il possessore legittimo richieda, esibendo
il titolo, la modificazione dell’intestazione nel libro dei soci.
In tal modo il titolo può trasferirsi mediante successive girate senza la necessità, ogni
volta, del cambiamento dell’intestazione nel libro dei soci.
La girata è soggetta a particolari adempimenti formali. È sottoscritta dall’intestatario, dev’essere datata e deve, altresì, contenere l’indicazione del giratario/acquirente, compresa la sua
nazionalità.
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A seguito del trasferimento mediante girata, anche prima dell’annotazione sul libro
dei soci, il giratario che si dimostra possessore in base ad una serie continua di girate,
oltre a poter ottenere l’annotazione del trasferimento sul libro dei soci, sarà legittimato
altresì ad esercitare tutti i diritti sociali.
A seguito dell’esibizione o del deposito dei titoli azionari da parte dell’acquirente, la società, con
un’apposita stampigliatura apposta sul certificato azionario, attesta che sono stati presi gli estremi
per procedere all’annotazione; nell’attesa dell’annotazione (che comunque la società dovrà effettuare entro 90 giorni), sulla base del titolo munito dalla stampigliatura, il giratario avrà la possibilità
di esercitare tutti i diritti sociali.
La dematerializzazione dei titoli azionari
L’emissione dei titoli azionari non è elemento essenziale nelle società per azioni (non quotate).
Ed invero, l’articolo 2346, comma 1, prevede che, salvo diversa disposizione di leggi speciali, lo
statuto possa escludere la loro emissione. In tal caso, le partecipazioni mantengono tutte le loro
caratteristiche, ma non vengono rappresentate da documenti.
In secondo luogo, è evidente la spinta legislativa verso il regime della cd. dematerializzazione, la quale:
— è obbligatoria per le società con azioni quotate in mercati regolamentati (art. 83bis, D.Lgs.
58/1998);
— è stata resa facoltativa per tutte le altre s.p.a., le quali possono assoggettare le proprie azioni alla
relativa disciplina tramite un’apposita clausola statutaria (art. 2354, comma 7).
L’azione dematerializzata è documentata in un conto gestito con strumenti telematici, all’interno di
una rete che fa capo alla società di gestione accentrata.
Si tratta, in pratica, di titoli non rappresentati in un documento, la cui creazione e circolazione
avviene esclusivamente mediante un movimento tra conti registrati in via informatica nell’ambito
del sistema gestito dalla società di gestione accentrata. In ipotesi di dematerializzazione, infatti,
gli azionisti incaricano della gestione delle proprie azioni un intermediario (banche, SIM, ecc,), il
quale conferisce analogo incarico, per tutte le azioni tenute per conto dei propri clienti, alla società
di gestione accentrata.
Tale sistema si fonda su un duplice livello di registrazioni: i singoli azionisti sono titolari di un conto
presso un determinato intermediario (banche e imprese di investimento); ciascun intermediario, a sua
volta, è titolare di un conto acceso presso la società di gestione accentrata, nel quale viene registrata
indistintamente la quantità di strumenti finanziari di una data specie, complessivamente registrate
nei conti di primo livello.
La disciplina della gestione accentrata in regime di dematerializzazione, fino ad ora contenuta nel
D.Lgs. 213/1998, è stata riunita nel D.Lgs. 58/1998 (artt. 83 e ss.) a seguito dell’intervento del D.Lgs.
27-1-2010, n. 27 di attuazione della direttiva 2007/36/CE (v. parte V, cap. 5).
4.Le limitazioni alla circolazione delle azioni
L’azione è, per sua stessa natura, un titolo liberamente trasferibile.
La naturale trasferibilità dei titoli azionari può essere, tuttavia, soggetta ad alcune
limitazioni, sia di natura legale, che di natura convenzionale.
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A) Limiti legali
CC Non possono essere emesse azioni prima dell’iscrizione della società
nel registro delle imprese, né esse, salvo l’offerta pubblica di sottoscrizione ai sensi dell’art. 2333, possono costituire oggetto di un’offerta pubblica di prodotti finanziari (art. 2331, modif. dal D.Lgs. 51/2007)
In materia di limiti CC Non sono alienabili le azioni, corrispondenti ai conferimenti in natura, prima della revisione della stima, ove prevista (art. 2343, 3° co.)
legali si ha che
CC Non sono alienabili, senza il consenso degli amministratori, le azioni connesse a prestazioni accessorie (art. 2345, 2° co.)
CC Non sono alienabili, senza il consenso degli amministratori, le azioni delle società fiduciarie e di revisione
B) Limiti convenzionali: i sindacati di blocco
I limiti convenzionali possono consistere in limitazioni risultanti dall’atto costitutivo,
che in tal modo assumono efficacia reale, e in limitazioni originate da successivi accordi fra soci (patti parasociali), con conseguente produzione di effetti esclusivamente
tra le parti. Nell’ambito degli accordi finalizzati a regolamentare la circolazione delle
partecipazioni sociali rientrano i cd. sindacati di blocco, ossia quei patti convenuti tra
i soci successivamente alla costituzione dell’ente, in base ai quali la circolazione delle
azioni è limitata o addirittura totalmente impedita.
I sindacati di blocco rientrano nella più ampia categoria dei patti parasociali (v. cap.
5, §11).
La funzione di tali accordi consiste nel mantenere sostanzialmente immutata la composizione
della compagine societaria. In ogni caso, tali intese hanno efficacia meramente obbligatoria e la
loro violazione non è opponibile alla società: pertanto, l’inosservanza dell’accordo non determina
l’invalidità del trasferimento, ma fa sorgere, esclusivamente, l’obbligo, a carico dell’inadempiente,
di risarcire i danni eventualmente arrecati agli altri soci partecipanti al sindacato.
Tali accordi sono legittimi, ma il divieto di alienazione «non è valido se non è contenuto entro convenienti limiti di tempo e se non risponde ad un apprezzabile interesse
di una delle parti».
C) Le limitazioni statutarie
L’art. 2355bis disciplina dettagliatamente le limitazioni statutarie, ammettendo,
pertanto, che lo statuto possa sottoporre a particolari condizioni il trasferimento delle
azioni nominative (anche se dematerializzate).
Lo statuto può addirittura vietare il trasferimento delle azioni per un periodo non
superiore ai cinque anni.
Comunque, l’inserimento di tali clausole limitative nell’atto costitutivo conferisce loro
efficacia reale: di conseguenza, esse possono essere fatte valere anche nei confronti
dei terzi acquirenti delle azioni.
Le clausole limitative possono essere introdotte nell’atto costitutivo sia al momento
della costituzione della società, sia successivamente, con una modificazione statutaria.
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L’introduzione, la modifica o la soppressione di esse durante la vita della società deve
essere deliberata dall’assemblea straordinaria, con le maggioranze previste per dette
decisioni.
Va pure ricordato, in proposito, che l’art. 2437, nel ridisciplinare i casi di recesso, attribuisca il relativo diritto al socio che non abbia concorso all’approvazione delle delibere
relative all’introduzione o alla rimozione dei vincoli alla circolazione dei titoli azionari.
Le convenzioni statutarie di più diffusa adozione sono le clausole di gradimento e le
clausole di prelazione.
1) Clausole di gradimento
Il contenuto di tali clausole può ricondursi, in via esemplificativa, a tre principali
categorie:
— clausole che subordinano l’alienazione delle azioni al possesso, da parte dell’acquirente, di determinati requisiti soggettivi o oggettivi, la cui verifica è materia di
accertamento da parte degli organi sociali;
— clausole che subordinano genericamente l’alienazione delle azioni al benestare di
un organo sociale;
— clausole che subordinano l’alienazione delle azioni ad un placet dell’assemblea
o dei sindaci o degli amministratori: placet discrezionale e immotivato, che viene
espressamente dichiarato insindacabile ed inappellabile.
Funzione delle clausole di gradimento è quella di assicurare una certa compattezza alla compagine
sociale. Esse consentono al gruppo di controllo il perseguimento di una politica di gestione stabile
e senza scosse ed impediscono «scalate» di gruppi rivali al comando della società.
Discussa è sempre stata l’ammissibilità di tali clausole, sia in dottrina che in giurisprudenza, fino a che l’art. 22 L. 281/1985, recependo gli ultimi orientamenti della Cassazione, aveva sancito l’inefficacia delle clausole degli atti costitutivi che subordinavano
gli effetti del trasferimento delle azioni al mero gradimento degli organi sociali.
Con la riforma del 2003, invece, la situazione appare notevolmente modificata, avendo
il legislatore provveduto a disporre che le clausole in questione, pur essendo in linea di
principio inefficaci, tuttavia acquistano efficacia quando, in caso di diniego del placet:
— sia posto a carico della società o degli altri soci un obbligo di acquisto delle azioni
oggetto del rifiutato trasferimento o sia fatto salvo il diritto di recesso del socio
alienante;
— la limitazione al trasferimento risulti dal titolo.
Tra le clausole più comuni vi sono quelle che condizionano il placet a criteri predeterminati, oppure al possesso di precisi requisiti o qualità personali, tali da escludere un potere discrezionale
in capo al soggetto o all’organo deputato a concedere il placet e, quindi, tali da consentire al socio
di prevedere ex ante l’eventuale rifiuto.
2) Clausole di prelazione
Queste clausole riproducono contenuto e finalità del normale patto di prelazione:
prevedono che il socio, il quale intenda alienare in tutto o in parte le sue azioni, debba
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offrirle preventivamente agli altri soci (preferendoli ai terzi a parità di condizioni) e,
solo se costoro non intendono esercitare il diritto, è libero di cederle a terzi.
L’art. 2355bis, confermando la loro validità (peraltro mai contestata in passato), non
introduce alcun elemento di novità per le clausole di prelazione, almeno per quanto
concerne i trasferimenti inter vivos (per quelli mortis causa, invece, il legislatore della
riforma ha imposto, per ogni ipotesi di clausola limitativa del trasferimento, l’osservanza della disciplina che l’art. 2355bis detta con riguardo alle clausole di gradimento).
Giurisprudenza
L’inserimento del patto di prelazione nel contesto di una clausola statutaria ha acceso un dibattito
circa la conservazione dell’efficacia meramente obbligatoria o sull’assunzione di un’efficacia
reale. La soluzione prevalente propende per l’efficacia reale, con conseguente opponibilità ai
terzi acquirenti.
La Suprema Corte, con sentenza del 23-7-2012, n. 12797 ha chiarito che qualora un patto di
prelazione sia inserito nello statuto sociale è corretto ritenere che i soci abbiano così voluto
attribuire a tale clausola – al pari di qualsiasi altra previsione statutaria, ancorchè vertente su
posizioni soggettive individuali dei soci – una rilevanza anche per la società e per i terzi (oltre
che per quei soci che detta previsione hanno voluto espressamente inserire in statuto), ai
quali il patto sarebbe dunque evidentemente opponibile, acquisendo essa efficacia reale e
non solo obbligatoria.
5.I diritti sociali
Nelle s.p.a. viene riconosciuta ai soci una serie di poteri, sia di natura amministrativa
sia di carattere patrimoniale. In particolare:
— nell’ambito dei poteri di natura amministrativa, un ruolo determinante è svolto
dal cd. diritto di partecipare alla gestione sociale (es.: diritto di intervenire in sede
assembleare, di impugnare la deliberazione, di stimolare l’operato degli organi
sociali, di partecipare, con il proprio voto, alla formazione della volontà sociale);
— i diritti di natura patrimoniale sono quelli tradizionalmente riconosciuti ai soci
in campo societario: il diritto agli utili (la cui distribuzione viene ad essere disposta
dall’assemblea, in sede di approvazione del bilancio di esercizio) ed il diritto al
rimborso della quota versata (nonché alla ripartizione del residuo attivo) in sede
di scioglimento della società;
— alcuni Autori (CAMPOBASSO, FERRARA-CORSI) individuano, poi, l’esistenza
di alcuni diritti a contenuto complesso, di natura economico-amministrativa: in
specie il diritto di opzione, regolato dall’art. 2441 (volto ad assicurare al socio
la possibilità di conservare la sua posizione all’interno dell’ente, sia rispetto alla
gestione sociale, che alla ripartizione dei dividendi) ed al diritto di recesso, di cui
all’art. 2437, che «costituisce una difesa dell’associato contro lo strapotere alla
maggioranza» (FERRARA).
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6.Il diritto di voto
Sotto il profilo amministrativo, la facoltà più rilevante riconosciuta ai soci è — certamente — rappresentata dal diritto di voto.
Il diritto di voto spetta, ai sensi del 1° co. dell’art. 2351, per ogni azione posseduta
e consiste in una manifestazione unilaterale di volontà resa dal socio sulle materie
oggetto della deliberazione.
CC Al socio in mora nel versamento dei conferimenti (art. 2344, ult. co.)
CC Al socio che dichiara di astenersi dalla deliberazione perché ha un interesse in conflitto con la società (v. cap. 8, §8)
CC Al socio-amministratore nelle deliberazioni concernenti la sua responsabilità (art. 2373, 2° co.)
CC Al socio-componente del consiglio di gestione nelle deliberazioni riguardanti la nomina, la revoca o la responsabilità dei consiglieri di sorveLa legge prevede
glianza (art. 2373, 2° co.)
casi di esclusione,
limitazione o so- CC Al socio sulle cui azioni è costituito un diritto di pegno o di usufrutto: nel
spensione del diritqual caso il diritto di voto spetta al creditore pignoratizio o all’usufruttuato di voto, riferiti
rio, salvo patto contrario (art. 2352, 1° co.)
CC Ai titolari di azioni «senza diritto di voto», o «a voto limitato» a particolari argomenti, o ancora a voto subordinato all’avverarsi di particolari
condizioni non meramente potestative (art. 2351, 2° co.)
CC Ai titolari di azioni di risparmio (v. § seguente)
CC Alla società controllata da altra società, che non può esercitare il diritto
di voto nelle assemblee della società controllante (art. 2359bis, 5° co.)
L’art. 2351 stabilisce, infine, che lo statuto delle società che non ricorrono al mercato del
capitale di rischio può prevedere lo scaglionamento del voto in relazione alla quantità
di azioni possedute dallo stesso soggetto.
7.Le diverse categorie di azioni
L’art. 2348 dispone: «Le azioni devono essere di uguale valore e conferiscono ai loro
possessori uguali diritti».
Il principio di eguaglianza fra i titoli azionari sopra enunciato, tuttavia, deve essere
inteso in senso meramente relativo e non assoluto, poiché esso trova applicazione
solo nell’ambito della stessa categoria di azioni. È possibile, infatti, creare categorie
di azioni fornite di diritti diversi sia per quanto concerne i diritti patrimoniali che con
riguardo ai diritti amministrativi.
A tal proposito, il 2° co. dello stesso art. 2348 consente «di creare, con lo statuto o
con successive modificazioni di questo, categorie di azioni fornite di diritti diversi,
anche per quanto concerne la incidenza delle perdite». Se i soci intendono giovarsi
di tale opportunità sono tenuti ad inserire la relativa previsione nello statuto ovvero a
modificarlo, successivamente, determinando il contenuto delle varie categorie; le azioni
che appartengono alla medesima categoria conferiscono uguali diritti.
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La possibilità, espressamente contemplata, di comprendere, tra i diversi diritti attribuiti ad una determinata categoria di azioni, una particolare incidenza sulla distribuzione delle perdite costituisce
una novità di rilievo introdotta dalla riforma che ha, in tal modo, legittimato la creazione di azioni
postergate nella partecipazione alle perdite.
Pertanto, accanto alle cd. azioni ordinarie, che attribuiscono ai soci i normali diritti di partecipazione sin qui approfonditi, devono essere altresì esaminate alcune categorie di azioni speciali,
rappresentate dalle:
— azioni privilegiate, che attribuiscono un diritto di preferenza nella ripartizione degli utili o nel
rimborso del capitale al momento dello scioglimento della società.
La concreta determinazione della natura, della misura e della stessa modalità di attuazione
del privilegio varia a seconda delle circostanze. Pertanto, salva l’osservanza del limite rappresentato dal cd. patto leonino, il contenuto patrimoniale di tali azioni può essere liberamente
determinato. Agli azionisti privilegiati spetta, normalmente, il diritto di voto nelle assemblee.
Sono vietate, invece, le cd. azioni a voto plurimo, per evitare che alcuni gruppi possano asicurarsi il controllo dell’amministrazione mediante pacchetti azionari di piccola consistenza;
— azioni di risparmio, introdotte per favorire l’investimento in borsa (la loro emissione era,
infatti, consentita soltanto alle società quotate, ma attualmente, in conformità all’art. 2348, 2°
comma, possono ricorrervi anche le non quotate).
Tale categoria di azioni tutela la posizione dei piccoli risparmiatori che, con l’acquisto dei titoli,
perseguono l’intento di investire i propri risparmi più che di partecipare ad un’attività economica.
Queste azioni costituiscono una categoria che si avvicina piuttosto a quella delle obbligazioni.
Esse, in particolare, sono totalmente prive del diritto di voto, ma non anche del diritto di intervenire in assemblea e di chiederne la convocazione; in compenso, godono di particolari
privilegi sotto il profilo patrimoniale: contenuti, modalità, condizioni e limiti di tali privilegi sono
determinati nell’atto costitutivo.
Gli interessi degli azionisti di risparmio sono tutelati mediante la nomina di appositi organi:
l’assemblea speciale e il rappresentante comune.
Inoltre, salvo i casi in cui non siano interamente liberate, esse possono essere emesse al
portatore. Infine, le azioni di risparmio — unitamente alle azioni a voto limitato
— non possono superare la metà del capitale sociale;
— azioni di godimento (art. 2353): l’emissione di tali azioni avviene a fronte di una riduzione
effettiva del capitale sociale. La s.p.a. può emettere azioni di godimento nel caso di riduzione
reale del capitale ex art. 2445 c.c.
Per ridurre il capitale, la società può: 1) annullare azioni già in suo possesso senza dar luogo
ad alcun rimborso in favore dei soci; 2) ridurre il valore nominale delle azioni, restituendo ai
soci la differenza; 3) annullare, sulla base di un accordo unanime tra i soci, in proporzione o
per sorteggio, parte delle azioni emesse. Le azioni di godimento sono concesse in cambio di
quelle annullate e rimborsate, in quanto il rimborso avviene al valore nominale, che può essere
anche notevolmente inferiore al valore effettivo.
Attraverso il rilascio di tali azioni, quindi, si vuole far godere all’assegnatario il frutto di quel
maggior valore che egli non ha percepito in sede di rimborso.
Le azioni di godimento non conferiscono, salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, il
diritto di voto; per ciò che riguarda gli altri diritti sociali (diritto di intervento in assemblea,
diritto di impugnativa delle delibere assembleari, diritto di opzione), nel silenzio della legge, la
dottrina dominante — CAMPOBASSO — ritiene che essi spettino anche ai titolari di azioni di
godimento;
— azioni a favore dei prestatori di lavoro: «se lo statuto lo prevede, l’assemblea straordinaria
può deliberare l’assegnazione di utili ai prestatori di lavoro dipendenti delle società o di società
controllate mediante l’emissione, per un ammontare corrispondente agli utili stessi, di speciali
categorie di azioni da assegnare individualmente ai prestatori di lavoro, con norme particolari
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riguardo alla forma, al modo di trasferimento ed ai diritti spettanti agli azionisti. Il capitale sociale
deve essere aumentato in misura corrispondente».
A tale assegnazione si procede con delibera dall’assemblea straordinaria, sempre che la
relativa operazione sia prevista dallo statuto.
La previsione mira a favorire il coinvolgimento dei prestatori di lavoro nella gestione sociale
attraverso la distribuzione di una parte di utili direttamente ad essi: tuttavia, piuttosto che essere immediatamente assegnati ai lavoratori, tali utili vengono imputati a capitale e le azioni
sociali emesse a fronte dell’aumento del capitale vengono distribuite gratuitamente ai prestatori
d’opera, i quali acquistano la qualità di soci;
— azioni con prestazioni accessorie: emesse allo scopo di interessare alle vicende dell’impresa i fornitori della società, assicurando all’ente stesso la fornitura delle materie prime e dei
finanziamenti necessari (FERRARA-CORSI).
Infatti, queste azioni impongono ai titolari — oltre all’obbligo del conferimento — l’esecuzione
di ulteriori prestazioni accessorie non consistenti in denaro (il cui contenuto è assolutamente
variabile), per le quali è previsto un separato compenso (oltre agli utili di esercizio).
Le azioni con prestazioni accessorie devono essere necessariamente nominative, possono
essere introdotte solo con l’atto costitutivo (o con una deliberazione unanime di tutti i soci) e
non possono essere trasferite senza il consenso degli amministratori;
— azioni correlate, che sono fornite di diritti patrimoniali correlati ai risultati dell’attività sociale di
un determinato settore (es.: un ramo d’azienda). Lo statuto stabilisce i criteri di individuazione
dei costi e dei ricavi imputabili al settore, le modalità di rendicontazione, i diritti attribuiti a tali
azioni, le eventuali condizioni e modalità di conversione in azioni di altra categoria.
Con tali azioni è consentita la partecipazione mirata ad uno specifico settore dell’attività sociale,
contabilmente separato, in quanto il socio parteciperà agli utili e sopporterà le perdite solo in
relazione ad essa;
— azioni riscattabili, per le quali lo statuto prevede un potere di riacquisto da parte della società
o dei soci a fronte del pagamento di un prezzo. Il riscatto delle azioni può essere ancorato
al verificarsi di determinate condizioni, come la conclusione di uno specifico affare o il venir
meno di determinati requisiti soggettivi in capo ai soci, ma la norma lascia libera la società di
poter esercitare il riscatto in modo arbitrario e insindacabile.
Tale categoria di azioni può essere utilizzata nelle società in cui alcuni soggetti sono interessati
all’acquisizione della qualità di socio solo temporaneamente.
Le azioni a voto limitato o escluso, a voto maggiorato e a voto plurimo
L’art. 2351 testimonia la volontà della riforma di ampliare gli spazi dell’autonomia statutaria. È
espressamente riconosciuta, infatti, la possibilità di dar vita a categorie di azioni:
— prive del tutto del diritto di voto;
— con diritto di voto limitato a particolari argomenti (ad es., alle materie di competenza dell’assemblea straordinaria, alla nomina degli amministratori, alle operazioni sul capitale sociale);
— con diritto di voto subordinato al verificarsi di particolari condizioni, non meramente potestative,
ossia non dipendenti dalla mera volontà della società, la cui realizzazione comporta l’automatica
conversione delle azioni senza voto in azioni ordinarie, con diritto di voto.
Le azioni senza voto, con diritto di voto limitato o con voto condizionato non possono complessivamente superare la metà del capitale sociale (art. 2351, 2° co.).
Il D.L. 91/2014, conv. in L. 116/2014 ha introdotto importanti novità in tema di diritto di voto nelle
società per azioni.
In particolare, il 4° comma dell’art. 2351 è stato interamente sostituito, introducendo la possibilità,
finora assolutamente vietata nel nostro ordinamento, di prevedere negli statuti delle società non quotate
l’emissione di azioni con diritto di voto plurimo, con un massimo di tre voti per ogni azione, anche per
particolari argomenti o subordinato al verificarsi di determinate condizioni non meramente potestative.
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Parte seconda Le società
Per le società quotate, nella disciplina contenuta nel TUF sono inseriti l’art. 127quinquies, rubricato
«maggiorazione del voto», in forza del quale sono introdotte nel nostro ordinamento le loyalty shares
che attribuiscono un diritto di voto maggiorato a coloro che posseggono azioni della società per un
determinato periodo di tempo, e l’art. 127sexies, rubricato «azioni a voto plurimo» che, da un lato,
esclude per le società quotate la possibilità di emettere azioni a voto plurimo ai sensi del 4° comma
dell’art. 2351 c.c. e, dall’altro, fa però salve le caratteristiche e i diritti delle azioni a voo plurimo già
in circolazione anteriormente all’inizio delle negoziazioni in un mercato regolamentato, consentendo
comunque di emettere, sebbene con disposizione derogabile dallo statuto, nuove azioni a voto plurimo
con le medesime caratteristiche di quelle già in circolazione soltanto nei casi tassativamente indicati.
Con tali disposizioni cade definitivamente il divieto per le società per azioni, sia quotate che non
quotate, di emettere azioni che attribuiscono più di un diritto di voto (rispettivamente nella forma
delle azioni a voto maggiorato ed a voto plurimo).
8.Pegno, usufrutto e sequestro dei titoli azionari
I titoli azionari possono essere oggetto di diritti reali — di godimento o di garanzia
(usufrutto e pegno) — nonché di misure cautelari ed esecutive (sequestro giudiziario/
conservativo, pignoramento), indipendentemente dall’emissione dei relativi certificati.
Conformemente alla procedura già esaminata in materia di trasferimento azionario, la costituzione
in usufrutto o in pegno delle azioni nominative si realizza mediante la duplice annotazione del
vincolo stesso sul titolo azionario e nel libro dei soci. La costituzione in pegno, tuttavia, può essere attuata anche mediante la semplice consegna al creditore del titolo, girato con la clausola in
garanzia (in questo caso, però, il vincolo — efficace tra le parti — non rileva rispetto alla società,
fino al momento della sua annotazione sul libro dei soci).
Per quanto riguarda, invece, i pignoramenti, i sequestri e le altre opposizioni, essi devono essere
eseguiti sul titolo, ma risulta ancora controversa, in dottrina, la tesi della necessità — anche in
questa fattispecie — della formalità della duplice annotazione.
La costituzione di vincoli su titoli azionari dematerializzati si effettua con la stessa girata alla società
di gestione accentrata e con l’annotazione su apposito registro tenuto dal depositario, con l’obbligo
per gli strumenti finanziari nominativi, dell’annotazione nel registro dell’emittente.
A) Nei casi di pegno e di usufrutto:
— spettano all’usufruttuario ed al creditore pignoratizio il diritto di voto e tutti i diritti
ad esso funzionali, dipendenti o connessi (intervento in assemblea, impugnativa
delle deliberazioni etc.) (cd. esercizio disgiunto).
È consentita una deroga convenzionale a tale disciplina (art. 2352), che può riguardare anche soltanto un tipo di assemblea (l’ordinaria o la straordinaria) o una specie
determinata di deliberazioni;
— spettano al creditore pignoratizio ed all’usufruttuario gli utili (salvo patto contrario);
— spetta al socio il diritto di opzione. Questi, però, lo può esercitare solo per il
tramite dell’usufruttuario o del creditore pignoratizio a cui deve inviare le somme
necessarie almeno tre giorni prima della scadenza; se non vi provvede, e qualora
gli altri soci non si offrano di acquistarlo, il diritto di opzione viene alienato per
suo conto a mezzo banca od intermediario.
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Capitolo 6 Le azioni
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Le nuove azioni sottoscritte in sede di opzione spettano al socio e non al titolare del diritto
frazionario.
CC In caso di pegno: il socio deve versare le somme necessarie al creditore pignoratizio, tre giorni prima della scadenza, altrimenti il creditore
Nell’ipotesi di ripuò far vendere le azioni, trasferendo il pegno sul ricavato
chiesta di versamenti sulle azioni CC In caso di usufrutto: l’usufruttuario deve anticipare i conferimenti ri(art. 2352, 4° co.)
chiesti, ma ha diritto alla restituzione dell’equivalente (senza interessi)
al termine dell’usufrutto
B) Quanto al sequestro
In caso di sequestro delle azioni (e, stante la mancanza di ulteriori riferimenti, è da
intendersi sequestro conservativo e sequestro giudiziario), l’art. 2352 prevede che il
diritto di voto e gli altri diritti di natura amministrativa spettano al custode e non
al socio.
Il diritto di opzione spetta invece al socio, intendendosi per tale anche il sequestratario.
Manca, infine, qualsiasi espresso riferimento del legislatore al pignoramento di azioni. Pertanto, stando alla migliore dottrina, dovrà ritenersi che valgano in materia, in
considerazione della identità di ratio, gli stessi principi stabiliti dalla legge a proposito
del sequestro.
9.Le operazioni della società sulle proprie azioni
Le operazioni sociali aventi ad oggetto le proprie azioni possono mettere a repentaglio
la stessa integrità del capitale sociale; difatti sotto tali operazioni potrebbe celarsi
un’elusione dell’obbligo del conferimento o del divieto di restituzione anticipata
dello stesso, con il conseguente pregiudizio all’effettività del capitale sociale e alle
aspettative dei creditori societari.
A) La sottoscrizione di azioni proprie
La sottoscrizione di azioni proprie è vietata. L’unica parziale deroga introdotta dalla
riforma del 2003, che consentiva l’esercizio del diritto di opzione sulle proprie azioni,
è stata abrogata dal D.Lgs. 224/2010.
La finalità del divieto di autosottoscrizione delle azioni è quella di impedire che
si realizzi un incremento del capitale nominale della società senza che allo stesso
corrisponda un incremento del capitale reale della società stessa. La società, infatti,
diverrebbe debitrice e creditrice di se stessa per i conferimenti dovuti, e nessuna nuova
risorsa finanziaria entrerebbe nel suo patrimonio (CAMPOBASSO).
La violazione del divieto determina un fenomeno di conversione ex lege: l’operazione
resta perfettamente valida, ma il legislatore — automaticamente — imputa la titolarità
delle azioni sottoscritte, a titolo personale, ai promotori ed ai soci fondatori (oppure,
qualora la sottoscrizione sia avvenuta in sede di aumento del capitale, agli amministra-
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Parte seconda Le società
tori); tali soggetti, quindi, si assumeranno l’obbligo di eseguire i conferimenti previsti,
salvo che riescano a dimostrare di «essere esenti da colpa».
Nell’ipotesi in cui la sottoscrizione delle azioni venga effettuata da un terzo in nome
proprio, ma per conto della società, ex art. 2357quater, il terzo «è considerato, a tutti
gli effetti, sottoscrittore per conto proprio». Tuttavia, tenendo conto che — con tutta
probabilità — a tale iniziativa del terzo è sotteso un preventivo accordo con i soggetti
coinvolti nella gestione dell’ente, il legislatore ha disposto che, per «la liberazione delle
azioni, rispondono solidalmente, salvo che non dimostrino di essere esenti da colpa, i
promotori, i soci fondatori e, nel caso di aumento di capitale sociale, gli amministratori».
B) L’acquisto di azioni proprie
L’acquisto di azioni proprie è un’operazione che può rivelarsi pregiudizievole per i
creditori sociali. L’acquisto di azioni proprie, infatti, realizza il cd. annacquamento
del capitale sociale, cioè una riduzione del capitale reale della società, senza che alla
stessa corrisponda una riduzione del capitale nominale della società stessa. Il risultato
pratico che si ottiene è analogo al rimborso del capitale ai soci: con l’acquisto il socio
restituisce alla società le azioni, ottenendone in cambio il valore economico. La peculiarità è che l’acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio sociale
senza una corrispondente riduzione del capitale sociale nominale, con conseguente
impossibilità per i creditori sociali di avere conoscenza dell’avvenuta riduzione. Inoltre,
l’acquisto di azioni proprie può determinare problemi di carattere amministrativo. In
mancanza di disciplina codicistica, infatti, il diritto di voto collegato alle azioni proprie
dovrebbe essere esercitato dagli amministratori, i quali potrebbero così influenzare le
decisioni dell’assemblea. È per questo che la legge tende ad assicurare la trasparenza
dell’operazione sottoponendola, a tal fine, ad una serie di limitazioni di carattere
quantitativo. In particolare, ex art. 2357:
1) le somme utilizzate per l’acquisto devono essere contenute nel limite delle riserve
disponibili e degli utili distribuibili.
Gli utili distribuibili sono quelli non soggetti a vincoli di destinazione legali o statuari. Le riserve
disponibili devono intendersi nel senso di distribuibili;
2) possono essere acquistate solo azioni interamente liberate (onde evitare che la
società diventi debitrice di se stessa).
Si tratta, in particolare, delle azioni emesse in relazione a conferimenti in natura o crediti ovvero
in relazione a conferimento in denaro interamente versato;
3) l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea che ne fissa le modalità, nonché
il numero massimo di azioni da acquistare, la durata dell’operazione (non superiore
a 18 mesi), il corrispettivo minimo e massimo;
4) per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, l’ammontare delle
azioni acquistate non può superare la quinta parte del capitale sociale, tenuto conto
anche delle azioni detenute da società controllate.
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Capitolo 6 Le azioni
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Tale ultima disposizione dell’art. 2357 (comma 3) è il frutto delle modifiche apportate dapprima
dal D.Lgs. 142/2008 e, successivamente, dal D.L. 5/2009, conv. in L. 33/2009.
Tale normativa trova applicazione anche nei confronti degli acquisti «fatti per tramite di società
fiduciaria o per interposta persona».
Qualora la società proceda all’acquisto di azioni proprie, in violazione delle regole sopra
esposte, tali azioni dovranno essere alienate entro un anno dal loro acquisto secondo le modalità che saranno fissate dall’assemblea; in mancanza, «deve procedersi, senza indugio, al
loro annullamento ed alla corrispondente riduzione del capitale» (art. 2357, 4° co.).
Le limitazioni per
l’acquisto delle
azioni proprie non
si applicano quando esso avviene
CC In esecuzione di una delibera dell’assemblea di riduzione del capitale,
da attuarsi mediante riscatto e annullamento di azioni
CC A titolo gratuito, sempre che si tratti di azioni interamente liberate
CC Per effetto di successione universale, di fusione e di scissione
CC In occasione di esecuzione forzata per il soddisfacimento di un credito
della società, sempre che si tratti di azioni interamente liberate
Ad eccezione del primo caso, negli altri deve essere, comunque, rispettato il limite, già esaminato in
precedenza, della quinta parte del capitale sociale: le azioni eccedenti tale limite devono essere alienate entro tre anni a pena del loro annullamento con corrispondente riduzione del capitale sociale.
Infine, ex art. 2357ter, come modificato dal D.Lgs. 224/2010, per garantire il corretto
funzionamento della società e per evitare che possano essere alterate le regole di formazione della volontà:
— finché le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili e il diritto di
opzione (salvo autorizzazione dell’assemblea) sono attribuiti, proporzionalmente,
alle altre azioni;
— gli amministratori non possono disporre delle azioni acquistate dalla società, se non
previa autorizzazione dell’assemblea che deve stabilirne le modalità;
— il D.Lgs. 139/2015, che ha modificato la disciplina del bilancio, ha allineato il trattamento contabile delle azioni proprie alle prassi internazionali. Non è più consentita,
infatti, l’iscrizione nell’attivo dello stato patrimoniale delle azioni proprie, ma è
previsto che «l’acquisto di azioni proprie comporta una riduzione del patrimonio
netto di eguale importo, tramite l’iscrizione nel passivo del bilancio di una specifica
voce con segno negativo». Si prevede, quindi, che le azioni proprie siano rilevate
in bilancio a diretta riduzione del patrimonio netto.
Autorizzazione all’esercizio totale o parziale del diritto di opzione
A norma del previgente art. 2357ter, comma 2, finchè le azioni restavano in proprietà della società: il
diritto agli utili era attribuito, proporzionalmente, alle altre azioni; il diritto di opzione era attribuito,
proporzionalmente, alle altre azioni, ma l’assemblea poteva, alle condizioni previste dall’art. 2357,
commi 1 e 2, autorizzare l’esercizio totale o parziale del diritto di opzione.
Rispetto a tale disposizione era stato messo in luce il contrasto sussistente tra la rimessione all’assemblea della possibilità di autorizzare l’esercizio totale o parziale del diritto di opzione e il divieto
di sottoscrizione di azioni proprie.
Per eliminare tale contrasto, il nuovo art. 2357ter, comma 2 (come inserito dal D.Lgs. 224/2010):
da un lato ha confermato che finchè le azioni restano in proprietà della società, il diritto agli utili
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Parte seconda Le società
e il diritto di opzione sono attribuiti proporzionalmente alle altre azioni; dall’altro ha eliminato la
possibilità per l’assemblea di autorizzare, alle condizioni previste dai commi 1 e 2 dell’art. 2357,
l’esercizio totale o parziale del diritto di opzione.
Inoltre, con la riformulazione dell’art. 2357ter ad opera del suddetto decreto è stata dettata la disciplina del computo delle azioni proprie ai fini della determinazione del quorum costitutivo
e deliberativo dell’assemblea, distinguendo a seconda che si tratti di società che fanno ricorso al
mercato del capitale di rischio ovvero di società chiuse.
Per le società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, è fatto rinvio all’art. 2368, 3°
comma, che, in relazione alle azioni per le quali il diritto di voto non può essere esercitato, prevede
che queste siano computate ai fini della regolare costituzione dell’assemblea, ma non anche ai
fini del calcolo della maggioranza e della quota capitale richiesta per l’approvazione delle delibere.
Per le società che non fanno ricorso al mercato del capitale di rischio, invece, si prevede che le
azioni proprie siano sempre computate ai fini del calcolo delle quote richieste per la costituzione e
le deliberazioni dell’assemblea.
C) Prestiti accordati dalla società ad un soggetto terzo: azioni proprie in garanzia
Il D.Lgs. 142/2008 ha completamente riscritto l’art. 2358, prevedendo l’inapplicabilità
del divieto per la società di accordare prestiti o fornire garanzie per l’acquisto o la
sottoscrizione delle azioni proprie, a determinate condizioni.
Tale norma, prima dell’intervento del D.Lgs. 142/2008, prevedeva che la società non
potesse accordare prestiti o fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione delle
azioni proprie.
Lo stesso articolo prevedeva che la società non potesse, neppure per tramite di società
fiduciaria, o per interposta persona, accettare azioni proprie in garanzia.
Una deroga a tale divieto era prevista nell’ipotesi in cui le operazioni fossero state effettuate per
favorire l’acquisto di azioni da parte di dipendenti della società o di quelli di società controllanti
o controllate, anche se le somme impiegate e le garanzie prestate dovevano essere contenute
nei limiti degli utili distribuibili regolarmente accertati e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo
bilancio regolarmente approvato.
Il nuovo articolo 2358 prevede, innovando rispetto alla disciplina previgente, che sia possibile per la società accordare prestiti e fornire garanzie per l’acquisto o la sottoscrizione di
azioni proprie, ma solo ad una serie di condizioni, precisamente definite dall’articolo stesso.
Esse sono:
— l’operazione deve essere preventivamente autorizzata dall’assemblea;
— gli amministratori della società devono redigere una relazione che illustri l’operazione, le
condizioni, le ragioni e gli obiettivi che la giustificano, nonché l’interesse ed i rischi per la
società, indicando il prezzo al quale il terzo acquisirà le azioni e attestando che essa ha luogo
a condizioni di mercato eque;
— per quanto riguarda, invece, l’importo complessivo dell’assistenza finanziaria prestata a
terzi, questo non può eccedere il limite degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti
dall’ultimo bilancio regolarmente approvato. Nel calcolo si deve tenere conto anche dell’eventuale riduzione dell’attivo netto derivante dall’acquisto, da parte della società o per conto della
stessa, di azioni proprie. A livello contabile ciò comporta l’obbligo di iscrivere in bilancio una
riserva indisponibile pari all’importo complessivo dell’assistenza finanziaria.
Rimane salvo il divieto per la società di accettare azioni proprie in garanzia.
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Capitolo 6 Le azioni
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Gli strumenti finanziari partecipativi diversi dalle azioni
La riforma del diritto societario ha ampliato la gamma delle forme di ricorso a nuovi finanziamenti
per la s.p.a., introducendo la facoltà per la società di emettere strumenti finanziari partecipativi
diversi dalle azioni, che non sono parti del capitale sociale. Gli apporti con cui essi sono liberati
non sono assoggettati alla disciplina propria dei conferimenti in quanto non sono imputati al capitale
sociale, pur contribuendo ad incrementare il patrimonio sociale. Gli strumenti finanziari partecipativi
possono essere incorporati in titoli di credito, o no: essi rappresentano frazioni di un’unitaria operazione
attraverso la quale la società raccoglie apporti per lo svolgimento della propria attività. In sostanza,
il soggetto che sottoscrive uno strumento finanziario partecipativo versa una somma alla società o
esegue un altro apporto; in cambio, egli riceve uno strumento finanziario (incorporato o no in un
titolo) con il quale gli sono attribuiti diritti partecipativi patrimoniali e amministrativi (GENGHINI).
La titolarità degli strumenti finanziari partecipativi non fa acquistare la qualità di socio, ma ad essa
sono collegati diritti patrimoniali o anche diritti amministrativi, ad esclusione del diritto di voto in
assemblea generale riservato agli azionisti.
Spetta allo statuto disciplinare le modalità e le condizioni di emissione, i diritti che tali strumenti
conferiscono, le sanzioni in caso di inadempimento e, se ammessa, le modalità di circolazione. In
particolare, tali strumenti finanziari possono essere dotati del diritto di voto su particolari argomenti
e può ad essi essere riservata la nomina di un componente degli organi amministrativi e di controllo
(art. 2351, ultimo comma).
I titolari di detti strumenti si riuniscono in un proprio organo assembleare speciale.
Nella medesima prospettiva per la quale è prevista l’assegnazione di azioni ai prestatori di lavoro, il
legislatore sancisce la possibilità dell’assemblea straordinaria di deliberare l’emissione di strumenti
finanziari di partecipazione a favore dei dipendenti della società o di società da questa controllate
(art. 2349, 2° comma). Anche tali strumenti, diversi dalle azioni, sono forniti di diritti patrimoniali o
a anche amministrativi, escluso il voto nell’assemblea generale degli azionisti.
La disciplina è la stessa prevista per gli strumenti finanziari di partecipazione a fronte di particolari
apporti, in quanto si tratta della medesima tipologia. Ciò che cambia è la fattispecie a fronte della
quale avviene l’emissione: per gli strumenti previsti dall’art. 2346, essa avviene quale corrispettivo
dell’apporto di qualsiasi bene suscettibile di valutazione economica; per quelli indicati nell’art. 2349,
l’emissione avviene quale speciale destinazione degli utili riservata dall’assemblea straordinaria ai
lavoratori dipendenti, come forma di partecipazione di tali soggetti ai risultati della società, senza
tuttavia dover ricorrere all’assegnazione di azioni.
Per le novità introdotte in materia di strumenti per il finanziamento delle imprese dal D.L. 83/2012,
conv. in L. 134/2012, si rinvia al Cap. 11, §5.
Questionario
Quali funzioni assolvono le azioni? (§1)
A quante azioni ha diritto ciascun socio? (§1)
Che cos’è il valore nominale delle azioni? (§1)
Quali sono le modalità di trasferimento delle azioni? (§3)
Quali sono le limitazioni alla circolazione cui può essere soggetto un titolo
azionario? (§4)
6. Cosa sono i sindacati di blocco? (§4)
1.
2.
3.
4.
5.
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Parte seconda Le società
7. Cosa sono le clausole di gradimento? (§4)
8. Cosa sono le clausole di prelazione e qual è la loro efficacia nei confronti dei
terzi? (§4)
9. Cosa si intende per diritti di natura amministrativa del socio ed in quale misura
essi sono esercitati? (§5)
10. Per quali soggetti è escluso o limitato il diritto di voto? (§6)
11. Quali sono e che caratteristiche hanno le azioni cd. speciali? (§7)
12. Che cosa sono le azioni di risparmio e quali diritti conferiscono? (§7)
13. Chi esercita i diritti connessi all’azione nel caso in cui essa sia data in pegno o in
usufrutto? (§8)
14. È consentita alla società la sottoscrizione di azioni proprie? (§9)
15. A quali limitazioni è sottoposto l’acquisto di azioni proprie? (§9)
16. Che cosa sono gli strumenti finanziari partecipativi ed in che cosa si differenziano dalle azioni? (§9)
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