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L`amante di Cavour - I Giustiniani di Genova
{TER-1-0211-5} Sat Nov 1 23:01:21 2003 & CULTURA 14 ● 2 novembre 2003, Domenica SPETTACOLI FINESTRA SUL RISORGIMENTO La marchesa genovese conobbe Camillo Benso nel 1830. Lui, tenente del Genio, aveva 20 anni. Lei 23, era sposata e madre di due figli L’amante di Cavour Nina Giustiniani, suicida per amore ANDREA CASAZZA o scandalo scoppia alla fine d’aprile del 1831, al Carlo Felice. Il re al quale il teatro dell’opera genovese è dedicato, è morto da pochi giorni. Platea e palchi sono listati a lutto, affollati di spettatori in abito scuro. All’improvviso, in questa plumbea ressa di abiti tagliati lungo tutte le sfumature del nero, una chiazza di colore illumina il foyer. Cinque donne, cinque nobildonne genovesi, sfoggiano mise sgargianti. I loro abiti sui toni dell’azzurro, del rosso, del porpora e dell’ocra sono un urlo di ribellione, un inno alla perduta indipendenza della repubblica di Genova asservita dal Congresso di Vienna a quella casa reale e a quel re che è appena morto. Del crocchio di nobildonne ribelli fanno parte Teresa Durazzo, Carolina Celesia, Fanny Balbi Piovera, Laura Dinegro e Anna Schiaffino. È quest’ultima a guidare la protesta. Ed è su di lei, soprattutto, che si posano gli occhi. Perchè Anna Schiaffino è moglie del marchese Stefano Giustiniani che del re appena scomparso è stato gentiluomo da camera. Un uomo che a corte è di casa ed è noto per le sue idee conservatrici per non dire reazionarie. Non è dunque strano se è proprio il marchese Giustiniani il primo ad intervenire. Non stupisce se è lui a ingiungere alle cinque donne di lasciare il foyer e alla moglie di tornare a casa. Immediatamente. Ma quello che nessuno sa, quello che certamente desterebbe maggiore scalpore, è che a spingere la giovane marchesa a quella clamorosa protesta non è stato solo lo spirito repubblicano. Per lei Carlo Felice è qualcosa di più del re che opprime gli aneliti di libertà dell’antica repubblica marinara. E’ soprattutto colui che, appena cinque mesi prima, ha richiamato a Torino un giovane tenente del genio. Un ragazzo di vent’anni del quale lei si è perdutamente innamorata. Un amore senza riserve e senza confini che, da lì a dieci anni, la condurrà a morte. Suicida. Quel giovane tenente di prima nomina si chiama Camillo. E’ il conte Benso di Cavour. Anna Schiaffino era nata a Parigi il 9 agosto 1807. Suo padre, Giuseppe, era entrato al servizio di Luigi XVIII all’indomani della Restaurazione, e sarà in seguito nominato Console Generale di Francia a Genova nel 1817. Sua madre, Maddalena Crovetto, è figlia di quel Luigi Crovetto che, consigliere di stato sotto l’Impero, difenderà strenuamente (e infruttuosamente) l’indipendenza della “Nazione Ligure” durante il Congresso di Vienna e che passerà alla storia come il creatore dello stato finanziario moderno. Gli anni dell’infanzia parigina, nel gran palazzo di Rue des Moulins, trascorrono per Nina, come tutti la chiamano in famiglia, in un clima di mondanità e avanguardia democratica. La casa di Luigi Crovetto è ritrovo della colonia intellettuale dei genovesi residenti a Parigi. Nina vi respira l’aria dei trionfi napoleonici e del fasto dell’Impero, quindi degli entusiasmi e della frenesia della Restaurazione. Quando, nel 1817, Giuseppe Schiaffino viene nominato console a Genova, Nina ha dieci anni ed è una bambina piena di curiosità. E coperta di attenzioni come tutti i figli unici ed è seguita negli studi da precettori francesi e da una zia, Anna Littardi, nobildonna di singolare carattere e cultura. Ma fra tutti, lei predilige nonno Luigi che la porta a spasso nei musei di Genova e la inizia al demone della lettura nella sua ricchissima biblioteca. La sua educazione è del tutto eccezionale. Accanto al francese, che è la sua lingua madre, studia italiano, inglese, tedesco, lettere e scienze e, accanto all’arte del ricamo, apprende quella della musica. Abita al primo piano di Palazzo Doria Spinola al numero 6 dell’attuale via Garibaldi, allora via Nuova. Nel palazzo è ospitato anche il consolato generale francese e il padre vi riceve tutti i più illustri personaggi di passaggio a Genova. E’ un salotto in cui, sul finire degli anni Venti, alle idee dei vecchi repubblicani si vanno contrapponendo quelle dei giovani patrioti che guardano all’unità d’Italia. Nina è abbagliata dagli echi delle L Anna Schiaffino era nata a Parigi nel 1807, nipote di Luigi Crovetto. Andata in sposa al marchese Stefano Giustiniani, gentiluomo da camera del re Carlo Felice, aveva aperto ai patrioti genovesi il suo salotto di Palazzo De Mari. Lì conosce e si innamora di un giovanissimo Camillo Benso conte di Cavour Camillo Benso a 24 anni ritratto dai coniugi Romanini nel 1834 DAL DIARIO DEL CONTE «Ho avuto la pazienza di farmi fare due ritratti, uno per ciascuna delle mie belle... Cionostante devo confessare che avrei potuto annoiarmi di più non fosse stata per la loquacità e vivacità dei miei pittori, i coniugi Romanini» teorie mazziniane Nel palazzo ac- nascita dei bambini non avvicina canto abita la sua migliore amica: Nina la marito né riesce riempirle quella Teresa Durazzo che con lei la vita. Lei ha bisogno di qualcosa darà scandalo al Carlo Felice. di più. Ha bisogno di vivere il suo A diciannove anni Nina Schiaf- tempo. Palazzo De Mari diventa fino è una donna non particolar- così uno dei luoghi di incontro e mente bella ma certamente ricca di dibattito più frequentato della del fascino che le viene dalla sua città. Fra gli ospiti più assidui Agonon comune cultura. Gli storici stino Spinola e Giacomo Balbi Piodell’epoca la descrivono dotata di vera (che saranno condannati per “intelletto vivace, spirito arguto e i moti del 1833), Nicola Cambiaso grazia spontanea”. Soprattutto si e Bianca Rebizzo, moglie di Lazzaappassiona ai temi politici del mo- ro Rebizzo e futura amante di Rumento, è sensibile ai venti di cam- battino, l’“armatore dei Mille“. A biamento che iniziano a spirare in casa Giustiniani di si parla liberaEuropa, in Italia e a Genova in par- mente di tutto: di musica, di poeticolare. sia e soprattutto di politica. Fra i Proprio per questo è sorpren- frequentatori del salotto ci sono dente che acconsenta a sposare il anche molti giovani ufficiali della marchese Stefano Giustiniani, un guarnigione militare di Genova. E, uomo compassato fino alla noia, nel 1830, vi fa il suo ingresso un scettico sino al cinismo, pronto al- ventenne tenente del Genio. Si l’astuzia e all’intrigo, che propu- chiama Camillo Benso ed è conte gna le idee più reazionarie del di Cavour. tempo, gentiCavour è luomo da canato nel 1810, mera del re ha dunque tre Carlo Felice. Inanni meno delsomma l’uomo la marchesa più distante in Giustiniani. A assoluto da lei dieci anni è enche ha 19 anni trato alla Reale e la rivoluzione Militare Accanel cuore. Ma il demia di Toricasato del marno dove si è dichese, allora stinto nello ventiseienne, e studio della soprattutto le matematica e sue notevoli per un carattesostanze, fanno re insofferente colpo su mamai rigori della ma Maddalena disciplina. A 15 che, attraverso anni è sottotequel matrimonente del Genio, vede per la nio e nel 1828 figlia un futuro viene inviato a agiato e tranVentimiglia a quillo. E così il sovrintendere matrimonio la costruzione viene celebradi opere milito, con grande Stefano Giustiniani tari. L’anno fasto, nella dopo è a Mochiesa della dane. Legge e Maddalena. studia molto. Si Gli sposi avvicina alle vanno a vivere idee liberali e, in piazza San «Quella per il tenente per questo moSiro, nel Palaztivo, entra in Cavour? È solo una zo De Mari. È attrito con la l’estate del famiglia. Toripassione». «La verità è 1825. Nel giro no gli sta stretdi due anni nata. Non sopche Nina non è in sceranno alporta il clima possesso delle sue trettanti figli: che vi si respiTeresa e Giura, l’ambiente facoltà mentali» seppe. Ma la chiuso e con- IL MARITO formista, prono ai voleri della corte. Genova e il salotto di casa di Giustiniani, gli appaiono pieni di vita e di fermenti. Ma il Contino è ben presto soggiogato dal fascino della padrona di casa. È colpito dalla sua non comune cultura, dalla sua intelligenza. Nina, dal canto suo, è conquistata dall’ingegno del giovane tenente, dal suo carattere franco e leale, dall’entusiasmo che mette in ogni discussione. Qualità che le fanno presagire per il suo giovane ospite un futuro di successo. “Verrà il giorno - gli scrive nella prima lettera nel quale il suo ingegno sarà messo in evidenza”. Passione politica e amorosa si vanno fondendo nel clima rovente del romanticismo. Difficile dire se Nina e Camillo superano i confini dell’amicizia intellettuale. Le lettere che si scambiarono e che sono giunte sino a noi si riferiscono ad anni successivi, quelli dal 1834 in poi: gli anni del loro conclamato amore. In parte furono ritrovate dal collezionista americano Henry Nelson Gay nello stipo segreto di uno scrittoio appartenuto all’avvocato di Stefano Giustiniani, in parte sono state recuperate fra le carte private di Cavour: strette da un nastro assieme a una ciocca dei biondi capelli di Nina. Quel che è certo è che Cavour viene richiamato a Torino il 15 dicembre del 1830. Un mese prima Mazzini è stato arrestato come carbonaro e rinchiuso nella fortezza di Savona. Il clima insurrezionale a Genova inizia a farsi incandescente e le prese di posizioni liberati del “contino giacobino”, come lo definirà re Carlo Alberto, non piacciono a corte. Cavour viene così confinato nel forte di Bard in Val D’Aosta per più di un anno. Alla fine del 1831 dà le dimissioni dall’esercito e torna a Torino. Il padre, per dargli un’occupazione che lo distragga dal vizio del gioco e da una vita che intravvede dissipata fra gozzoviglie e belle donne, gli affida la conduzione della tenuta di Grinzane. È dunque nello stato d’animo di una donna innamorata e sola che Nina Giustiniani si veste dei suoi abiti più sgargianti per andare al Carlo Felice e dare pubblico scandalo nell’aprile del 1831. Ma è guidata dai suoi ideali di rivalsa sociale e politica che, dopo due mesi di “confino” nella villa di Polanesi torna a Genova. Il suo salotto torna ad affollarsi di “persone sospette alla polizia”. Fra queste Bianca Milesi, mazziniana della prima ora, che raccoglie fondi per la Giovine Italia e che, due anni dopo, sarà costretta all’esilio a Parigi. Anche Nina Giustiniani viene travolta dal fallimento dei modi mazziniani del 1833. Anche lei, nonostante la protezione che le viene dal nome e dalla posizione del marito, deve cambiare aria per un po’. La scusa per lasciare Genova è legata alle sue condizioni di salute. L’inizio del 1834 la vede dunque a Milano, ospite di una cugina, Teresa Littardi. Qui Nina incontra, dopo molti anni, Carlo Pareto, irriducibile giramondo e rampollo di una delle più antiche famiglie genovesi. Carlo ha cinque anni meno di lei e la ama da sempre. Morirà nel 1881 sul letto di un manicomio, stringendo al petto le poche lettere da lei ricevute. A quell’incontro inatteso, a quella devozione assoluta, Nina Giustiniani cede ricambiando l’amore del nobile genovese. Lo confesserà lei stessa, l’anno successivo, al “suo” Camillo. I medici di Milano le diagnosticano un disordine al sistema cardiaco e le consigliano una visita presso un famoso cardiologo di Torino. Nina è felice. Sa che li rivedrà Cavour. Anche il marchese Giustiniani, che conosce la passione della moglie, ne è conscio, pure non fa nulla per contraddirla. Anzi, dopo il consulto torinese la porterà alle terme di Vinadio, a pochi chilometri da Valdieri dove il conte di Cavour trascorre lunghi periodi con la madre. Cavour è all’epoca un uomo molto diverso da quello che Nina ha conosciuto a Genova. È scontento della piega che ha preso la sua vita, non vede prospettive per l’avvenire, è deluso dagli amici e dalla vita. Tanto da annotare sul suo diario: “Se non fosse per certi dubbi che mi restano sulla moralità del suicidio, in verità mi libererei ben presto di questa fastidiosa esistenza”. In questo stato d’animo il 24 giugno 1834 riceve a Anna Schiaffino Giustiniani a 25 anni in un dipinto del pittore genovese Cavalleri DA UNA LETTERA DI NINA «Io non so nulla tranne d’amarti tanto. Tu sei tutto per me. Sei un essere soprannaturale. Tu assorbi tutti i miei pensieri, tu mi domini.... Voglio la tua felicità prima della mia... Camillo, sono tua per sempre» Grinzane il biglietto in cui Nina gli dice che vorrebbe incontrarlo, che risiede all’albergo Foeder, che raggiungerà presto Vinadio. Cavour rivede Genova e il salotto di piazza San Siro quando tutto gli pareva ancora possibile ed era pieno di ideali. Salta in sella e cavalca senza soste sino a Torino dove, dopo essersi vestito di tutto punto, si catapulta all’hotel Foeder. Lì però gli dicono che i Giustiniani sono andati a teatro. Corre al Regio e la rivede. L’incontro avviene in un palco affollato del Regio. Il conte e la marchesa riescono a stare soli per pochi minuti. Sufficienti per darsi appuntamento per l’indomani sera in hotel. Al suo arrivo Cavour si imbatte nel marchese Giustinani che sta uscendo e non lo degna di uno sguardo. Dal diario di Cavour si sa che da quel giorno gli incontri con Nina si susseguono senza interruzione, mattino e pomeriggio, in un delirio di furiosa passione. Quando il 27 giugno Nina e il marito partono per Vinadio, lei porta con sé due doni di Camillo: una carta topografica e un paio di guanti. Si scrivono decine di lettere al giorno, infine Cavour la raggiunge. Il marchese Giustiniani non perde il suo aplomb. Si limita a sequestrare alcune lettere. Le consegnerà al suo avvocato perchè possano essere utilizzate in una eventuale causa di separazione. In una di queste Nina scrive a Cavour: “Eri tu che la sorte aveva segnato come mio ultimo sostegno; tu pieno di forza, di vita, di talento; tu chiamato forse a percorrere la più brillante carriera”. Il 22 luglio i Giustiniani e Cavour lasciano Vinadio. Si separano a Cuneo. Il conte va a Torino, Nina e il marito a Voltri, a Villa Giustiniani. Durante il viaggio lei consegna un biglietto al marito: “Caro Stefano, se tu continui a ignorare ciò che faccio, se non vuoi assolutamente ch’io lo veda a Voltri (e certo non hai torto) io prenderò le mie misure per procurarmi un passaporto. Spiegati chiaramente a voce o per iscritto”. E il marchese Giustiniani acconsente che Cavour venga a Voltri. Ma in Cavour, rientrato a Torino, la passione si va affievolendo. Nelle numerose lettere che i due amanti si scambiano il suo tono è pacato, invita Nina alla pruden- za. Durante un viaggio a Milano intreccia persino una relazione con la marchesa Clementina Guasco, conosciuta un anno prima a Torino. “Sono un indegno, un infame, la mia condotta è orribile" annota sul suo diario. Eppure, pochi giorni prima di partire per Voltri, fa eseguire il proprio ritratto dai coniugi Romanini in duplice copia: uno lo porterà a Nina, l’altro è per Clementina Guasco. Nella villa di Voltri, però, l’amore risboccia potentemente. Lasciati liberi dal marchese Giustiniani, Nina e Camillo fanno lunghe passeggiate nel parco, vanno in gita a Vesima e all’Acquasanta dove Cavour assiste a una processione delle Casacce e ne rimane colpito. Tanto da descriverla minuziosamente sul suo diario. Il 17 settembre il conte parte da Voltri. Vi tornerà un ultima volta tra il 15 e il 18 ottobre successivo prima di partire per Parigi. Sarà l’ultimo loro incontro. Nina rientra a Genova dove la accoglie il biasimo della madre. Il marito decide di cambiare casa. La coppia si trasferisce così a Palazzo Lercari Parodi al numero 3 di via Garibaldi davanti a quello dove Nina è cresciuta. Lui accredita in città l’opinione che la moglie sia mentalmente inferma. Lei continua a scrivere tempestare di lette- T’AMO IN GENOVESE C amillo caro, Camillo bello te veuggio tanto ben, ma quando te ou pourrò dì. Son tanta fiacca a me existensa a le così precaria che non ho coragio de pensà à l’avvegnì. Però, quello che posso assegurà, le che ou me coeu ou sarà sempre to, viva o morta son a to - e tanto che questa machinetta a m’apparten a sarà a to - vorreivo ese bella per piaxeite, vorreivo ese forte e ben stante e libera e avei molti dinai per seguite de lungo apreuvo. Questi son seunni: beseugna che m’adatte ae triste circostanze ne’ quali me treuvo, e che seggie ben contenta che ti te ricordi de mi. Te daggo tanti baxi. Tutta to Nina. re Cavour (una, del 25 aprile del 1835, persino in genovese) che è in giro per l’Europa ma quelle che riceve in risposta sono sempre più tiepide. Nina capisce che lo sta perdendo. Nell’estate del ‘35 Cavour promette di andarla a trovare a Voltri. Ma a Torino scoppia un’epidemia di colera e lui è costretto a rimandare il viaggio. Lei, che lo teme in pericolo, scappa di casa per raggiungerlo. Viene fermata ad Asti da un ufficiale Sanitario. Avvisato a Torino, lui la rassicura e le consiglia di tornare a casa. Nina obbedisce. Il 3 agosto gli scrive per l’ultima volta: “I tuoi consigli mi hanno decisa. Vedo che attaccandomi alla tua sorte ti renderei infelice. Se è vero che le nostre anime sono fatte l’una per l’altra si ritroveranno nell’eternità”. Fra la fine d’agosto del ‘37 e il gennaio dell’anno successivo tenterà due volte il suicidio, avvelenandosi. In entrambi i casi a salvarla è Lazzaro Rebizzo. Fra i più assidui al suo capezzale, il poeta Giuseppe Gando che l’adora a tal punto che, alla sua morte, decide di farsi prete. La tragedia finale si consuma nella notte fra il 23 e il 24 aprile del 1841, anniversario del giorno in cui ha incontrato Cavour per la prima volta. “La donna che ti amava è morta - scrive Nina nella sua ultima lettera a Cavour - ella non era bella, aveva sofferto troppo. Quel che le mancava lo sapeva meglio di te. È morta, dico, e in questo dominio della morte ha incontrato antiche rivali. Se essa ha ceduto loro la palma delle bellezza nel mondo ove i sensi vogliono essere sedotti, qui ella le supera tutte: nessuna ti ha amato come lei. Nessuna!”. Poi si getta dalla finestra nel cortile di palazzo Lercari Parodi. Morirà dopo sei giorni di agonia. Il marchese Stefano Giustiniani non la volle nella sua tomba gentilizia a Voltri. Non la vollero gli Schiaffino nella tomba di Recco né i Crovetto nella chiesa Plebana di Nervi. Anna Schiaffino Giustiniani, Nina, è sepolta nella chiesa dei Cappuccini. Suo marito sposerà cinque anni dopo l’innamorata di Goffredo Mameli, Geronima Ferretti. Non si sa se il conte di Cavour abbia mai ricevuto l’ultima a lettera di Nina, suicida per amor suo.