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Gli accordi “in vista di divorzio”
CAPITOLO 2 Gli accordi “in vista di divorzio” (Cassazione Civile, Sezione Prima, 21 dicembre 2012, n. 23713) 2.1. Il parere Con scrittura privata del 15 dicembre 2004, Tizio e Caia, fidanzati, convengono che, in caso di divorzio, Caia trasferirà a Tizio la proprietà di un suo appartamento sito in Roma a titolo di indennizzo delle spese da quest’ultimo sostenute per la ristrutturazione di un altro immobile, pure di proprietà di Caia, da adibirsi a casa coniugale. Tizio e Caia contraggono matrimonio in data 16 dicembre 2004. A causa di insanabili divergenze, nel 2007 Tizio e Caia si separano; con sentenza del 3 aprile 2013, il Tribunale di Roma dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Con lettera raccomandata del 10 aprile 2013, Tizio intima a Caia di eseguire l’impegno negoziale assunto con la scrittura privata del 15 dicembre 2004. Con lettera raccomandata del 20 aprile 2013, Caia, tramite il suo legale, diffida Tizio dal reiterare la richiesta, asserendo che la scrittura privata in questione, sottoscritta appena il giorno prima della celebrazione del matrimonio, integra un accordo prematrimoniale, che, traendo titolo nel fallimento del matrimonio, sarebbe nullo per violazione dell’art. 160 cod. civ. Tizio si rivolge a un legale cui espone la questione al fine di valutare la fondatezza della sua pretesa e la possibilità di agire in giudizio per ottenere il trasferimento della proprietà dell’appartamento promessogli. Il candidato, assunte le vesti del legale di Tizio, rediga il parere richiesto. Il parere richiesto attiene la controversa questione dell’ammissibilità, nel nostro ordinamento, dei cosiddetti “accordi in vista di divorzio”. Più precisamente, è necessario stabilire se i nubendi possano validamente regolare, in forza della loro autonomia negoziale, l’intero assetto ovvero un singolo rilevante aspetto dei loro rapporti patrimoniali in caso di divorzio attraverso un accordo stipulato antecedentemente al matrimonio. E invero, nella fattispecie in esame, Caia ha diffidato l’ex marito Tizio dal reiterare la richiesta da costui formulata a seguito della declaratoria della cessazione degli effetti civili del matrimonio, pronunciata dal Tribunale di Roma con sentenza del 3 aprile 2013, volta a ottenere l’adempimento dell’obbligazione assunta con 26 atti e pareri di diritto civile scrittura privata stipulata antecedentemente al matrimonio, in forza della quale, in caso di fallimento del matrimonio, Caia gli avrebbe trasferito un immobile di sua proprietà a titolo di indennizzo delle spese da Tizio sostenute per la ristrutturazione di un altro appartamento di proprietà della medesima, da destinarsi a casa coniugale. A sostegno del suo diniego, Caia ha addotto la nullità dell’impegno assunto con la scrittura privata de qua, che, a suo dire, avendo titolo nel matrimonio (rectius: nel fallimento del matrimonio), violerebbe l’art. 160 cod. civ. La soluzione della questione controversa è affidata, a ben guardare, all’indagine sulla sussumibilità dell’accordo stipulato tra Tizio e Caia in data 15 dicembre 2004 nell’alveo degli “accordi prematrimoniali” o “in vista di divorzio”. A tal fine è imprescindibile un’analisi delle caratteristiche strutturali degli accordi in parola. In via generale, giova premettere che la locuzione “accordi in vista di divorzio” comprende le due differenti tipologie negoziali degli “accordi prematrimoniali” e degli “accordi divorzili”. Si tratta di due species di pattuizioni negoziali soggettivamente eterogenee ma sostanzialmente affini: e invero, mentre gli accordi prematrimoniali sono stipulati dai nubendi prima del matrimonio, gli accordi divorzili sono stipulati dai coniugi durante la crisi del matrimonio e in vista della separazione personale o del divorzio; entrambi assolvono allo scopo di disciplinare l’intero assetto ovvero un singolo aspetto dei rapporti patrimoniali delle parti successivo al fallimento del ménage coniugale, prevenendo o quantomeno deflazionando le controversie divorzili o familiari. La conformità degli accordi in parola, di matrice anglosassone, ai principi dell’ordinamento italiano in materia di rapporti patrimoniali tra i coniugi successivi al divorzio è assai dibattuta. Va rilevato, al riguardo, che, benché il diritto di famiglia registri una continua evoluzione, non sono ancora stati rimossi gli ostacoli di ordine logico e strutturale alla compatibilità dei negozi in questione con i principi fondanti del sistema. Quanto agli accordi prematrimoniali, stipulati dai nubendi prima del matrimonio, il principale ostacolo all’ammissibilità nel nostro ordinamento è costituito dal principio di indisponibilità degli status – che, riguardando le condizioni giuridiche fondamentali e permanenti degli individui, sono di ordine pubblico - in forza del quale l’autonomia negoziale non può incidere su situazioni soggettive derivanti da relazioni personali non temporanee dalle quali scaturiscono diritti, doveri e poteri, cui si connette il principio di tipicità dei negozi familiari. Quanto alle eterogenee pattuizioni stipulate dai coniugi a cagione della crisi del vincolo coniugale, generalmente ascritte al novero degli accordi divorzili, è necessaria una distinzione. Va rilevato, infatti, che, se nell’ipotesi di separazione personale il regime patrimoniale dei coniugi può essere determinato dai coniugi medesimi – fermi i limiti costituiti dall’intangibilità di taluni interessi superiori –, in caso di divorzio agli interessati è radicalmente preclusa l’autodeterminazione dei loro futuri rapporti economici. A ciò osta, infatti, il ridetto principio di intangibilità degli status cristallizzato nel disposto dell’art. 160 cod. civ., a tenore del quale “Gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio.”, che si estrinseca, per esempio, nel principio di indisponibilità e di impossibilità di determinazione preventiva dell’assegno di divorzio (cfr Cassazione, Sez. I, 11 giugno 1997, n. 5244). In tale prospettiva è evidente che – fatta eccezione per gli accordi patrimoniali tra i coniugi stipulati in vista della separazione personale che non incidano su di- Capitolo 2 – Gli accordi “in vista di divorzio” 27 ritti indisponibili e su interessi di rango superiore – i negozi sussumibili nell’alveo degli accordi in vista di divorzio devono ritenersi nulli. Si tratta, a ben guardare, di nullità strutturale e genetica, determinata dall’illiceità della causa: e invero, come si è detto, gli accordi in questione, essendo finalizzati a derogare ai diritti e ai doveri che la legge fa discendere dal matrimonio, e a incidere, in tal modo, sull’indisponibilità dello status di coniuge, violano l’art. 160 cod. civ. Le superiori considerazioni indurrebbero, prima facie, a ritenere che Caia si sia legittimamente opposta all’intimazione di esecuzione dell’impegno negoziale assunto con la scrittura privata del 15 dicembre 2004, formulata nei suoi confronti dall’ex marito Tizio. L’obbligo di trasferire a Tizio la proprietà dell’appartamento in caso di crisi del ménage coniugale, assunto anteriormente al matrimonio, infatti, sembrerebbe trarre il proprio titolo genetico dal fallimento del matrimonio e integrare, quindi, una palese violazione dell’art. 160 cod. civ., consentendo a Tizio e Caia di derogare ai diritti e ai doveri nascenti dall’instaurando vincolo coniugale. Siffatta impostazione, pur se suggestiva, non persuade appieno. E invero, benché non sia revocabile in dubbio che gli accordi in vista di divorzio siano strutturalmente nulli per illiceità della causa, non altrettanto pacifica appare la sussumibilità della scrittura privata stipulata da Tizio e Caia anteriormente al matrimonio nel genus degli accordi in vista di divorzio e, più specificamente, nella tipologia negoziale degli accordi prematrimoniali. Al fine di inquadrare correttamente l’operazione contrattuale conclusa da Tizio e Caia con la stipulazione della scrittura privata del 15 dicembre 2004 è necessaria un’accorta applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale, e, in particolare, dell’art. 1363 cod. civ., a tenore del quale “Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto.” In tale ottica, l’interpretazione dell’accordo negoziale in questione e la sua (eventuale) sussumibilità nell’alveo di una determinata tipologia di negozi non possono prescindere da un’analisi coordinata e sistematica delle clausole presenti nella scrittura privata de qua. Orbene, applicando alla fattispecie in esame il canone indicato dall’art. 1363 cod. civ., si evince che, in realtà, con la scrittura privata stipulata da Tizio e Caia il 15 dicembre 2004, le parti hanno voluto attuare, in un’ottica sostanzialmente sinallagmatica, un collegamento tra due prestazioni di natura economica. L’obbligo di trasferire a Tizio la proprietà di un suo appartamento, difatti, è stato chiaramente assunto da Caia a fronte e in ragione delle spese dal primo sostenute per la ristrutturazione dell’immobile, di proprietà della medesima, che i due avrebbero utilizzato quale casa coniugale. Il vincolo sinallagmatico tra l’impegno negoziale assunto da Caia e la prestazione cui ha adempiuto Tizio – la ristrutturazione dell’immobile destinato a casa coniugale – in virtù del quale, appunto, l’uno si atteggia quale controprestazione dell’altra, consente di dimostrare la sussistenza, “a monte”, di un rapporto obbligatorio tra Tizio, creditore, e Caia, debitrice. Tanto emerge, del resto, dallo stesso dato testuale: e invero, nella scrittura privata de qua, le parti hanno espressamente pattuito che l’obbligazione di trasferire la proprietà dell’appartamento a Tizio è assunta da Caia “a titolo di indennizzo” delle spese sostenute da Tizio per la ristrutturazione dell’immobile che i coniugi avrebbero adibito a casa coniugale. 28 atti e pareri di diritto civile In tale prospettiva, è evidente che l’impegno negoziale assunto da Caia con la scrittura privata del 15 dicembre 2004 è lato sensu equiparabile a una datio in solutum ex art. 1197 cod. civ. È noto, al riguardo, che, principio generale in tema di adempimento delle obbligazioni è quello per cui il debitore può sciogliersi dal vincolo obbligatorio soltanto eseguendo la prestazione che costituisce oggetto dell’obbligazione medesima. Il legislatore, nondimeno, ammette che il debitore possa liberarsi offrendo al creditore una prestazione diversa da quella pattuita: in tal caso, a norma dell’art. 1197, comma 1, cod. civ., la liberazione del debitore è subordinata al consenso del creditore alla “surroga” della prestazione oggetto dell’obbligazione con quella offertagli dal debitore e l’obbligazione si estingue con l’esecuzione della diversa prestazione (prestazione in luogo dell’adempimento o datio in solutum). Va altresì precisato che, ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all’art. 1197 cod. civ., la giurisprudenza di legittimità richiede che la prestazione offerta dal debitore in luogo dell’adempimento e la prestazione cui ha adempiuto il creditore siano proporzionate (vedi, ex multis, Cassazione, Sez. II, 21 giugno 2010, n. 14921). Venendo al caso che ci occupa, l’obbligo assunto da Caia il 15 dicembre 2004 è sicuramente inquadrabile nello schema della datio in solutum: non v’è chi non veda, infatti, che il trasferimento dell’appartamento costituisce adempimento, con l’accordo del creditore Tizio, rispetto all’obbligo di restituzione delle somme da quest’ultimo spese per la sistemazione della casa coniugale. Tanto si evince sia dall’analisi della volontà contrattuale delle parti, che, nella scrittura privata de qua, hanno inteso creare un collegamento sinallagmatico tra il trasferimento dell’immobile e la ristrutturazione della casa coniugale, di cui Tizio ha interamente sostenuto le spese, stabilendo esplicitamente che il primo costituisce indennizzo di queste ultime, sia dalla considerazione che la prestazione offerta da Caia in luogo dell’adempimento appare economicamente proporzionata alla prestazione cui Tizio ha adempiuto. A ciò va soggiunto che, nella fattispecie in esame, il fallimento del matrimonio tra Tizio e Caia si pone al di fuori della causa genetica della datio in solutum, integrando, invece, una mera condizione sospensiva ex art. 1353 cod. civ. A ben guardare, infatti, con la scrittura privata stipulata anteriormente al matrimonio, le parti hanno subordinato l’efficacia e l’esigibilità dell’impegno negoziale assunto da Caia – il trasferimento dell’immobile di sua proprietà - all’avvenimento futuro e incerto del fallimento del vincolo coniugale. L’apposizione di siffatta condizione all’accordo in questione è consentita all’autonomia negoziale delle parti in quanto pienamente conforme ai principi dell’ordinamento: l’evento dedotto in condizione (il fallimento del matrimonio), infatti, non appare contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume, e quindi non inficia di nullità il contratto a norma dell’art. 1354 cod. civ., né dipende dalla mera volontà dei contraenti e perciò non integra una condizione meramente potestativa che renderebbe nullo il contratto ai sensi dell’art. 1355 cod. civ. Le superiori considerazioni dimostrano che, lungi dal configurare un accordo prematrimoniale assunto dai nubendi Tizio e Caia allo scopo di disciplinare uno specifico aspetto dei loro rapporti economici in caso di fallimento del matrimonio, l’accordo concluso il 15 dicembre 2004 costituisce, in realtà, un negozio atipico, Capitolo 2 – Gli accordi “in vista di divorzio” 29 espressione dell’autonomia negoziale delle parti, diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela ex art. 1322, comma 2, cod. civ. Privo di pregio appare, al riguardo, la circostanza, addotta da Caia nella raccomandata del 20 aprile 2013, secondo cui la sussumibilità dell’impegno negoziale da lei assunto nell’alveo degli accordi prematrimoniali sarebbe desumibile dal fatto che la scrittura privata in questione sia stata stipulata appena il giorno prima della celebrazione del matrimonio con Tizio. La data di stipulazione della scrittura privata non prova affatto la natura di accordo prematrimoniale dell’impegno negoziale assunto da Caia, atteso che, come si è detto in precedenza, il negozio in questione non trae il suo titolo genetico dal fallimento del vincolo coniugale, bensì dall’obbligo di restituzione delle somme spese da Tizio per la ristrutturazione della casa coniugale. Né potrebbe plausibilmente sostenersi che, pur non traendo titolo dal fallimento del matrimonio, l’accordo stipulato tra le parti sia comunque affetto da nullità per violazione di una norma di ordine pubblico contenendo una condizione contraria all’art. 160 cod. civ. Va sottolineato, in proposito, che la norma citata fa divieto ai coniugi di derogare ai diritti e ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio. L’operatività del divieto di disposizione dello status coniugale cessa, inevitabilmente, con la cessazione degli effetti civili del matrimonio, ossia con la perdita dello status in ragione del quale il divieto è disposto. Le cennate considerazioni dimostrano, dunque, che la condizione apposta da Tizio e Caia nella scrittura privata de quo è pienamente conforme all’art. 160 cod. civ.: le parti, infatti, hanno inteso subordinare il trasferimento della proprietà dell’immobile di Caia al divorzio, ossia alla perdita dello status coniugale, e, dunque, non hanno attuato illegittimamente alcuna deroga al regime patrimoniale dei coniugi. Nella fattispecie in esame, quindi, l’impegno negoziale assunto da Tizio e Caia anteriormente al matrimonio configura un negozio atipico, diretto a perseguire interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento, che le parti sono legittimate a concludere in virtù della loro autonomia contrattuale ai sensi dell’art. 1322 cod. civ. Deve ritenersi, dunque, che, essendo cessati gli effetti civili del matrimonio per effetto della sentenza del Tribunale del 3 aprile 2013 - essendosi verificato, cioè, l’evento dedotto in condizione nella scrittura privata del 15 dicembre 2004 -, Caia non abbia alcun titolo per opporsi alla pretesa di Tizio volta a ottenere il trasferimento della proprietà del suo immobile. In risposta al parere richiesto, pertanto, potrà consigliarsi a Tizio di adire il Tribunale al fine di ottenere una sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ., per l’esecuzione in forma specifica dell’impegno assunto da Caia con la scrittura privata stipulata anteriormente al matrimonio. 2.2. L’atto Con scrittura privata del 15 dicembre 2004, Tizio e Caia, fidanzati, convengono che, in caso di divorzio, Caia trasferirà a Tizio la proprietà di un suo appartamento sito in Roma, in via degli Aranci, del valore di € 500.000,00 a titolo di indennizzo delle spese da quest’ultimo sostenute, ammontanti a € 510.000,00, per la ristrut- 30 atti e pareri di diritto civile turazione di un altro immobile, pure di proprietà di Caia, da adibirsi a casa coniugale. Tizio e Caia contraggono matrimonio in data 16 dicembre 2004. A causa di insanabili divergenze, nel 2007 Tizio e Caia si separano; con sentenza del 24 aprile 2010, il Tribunale di Roma dichiara la cessazione degli effetti civili del matrimonio. Dopo aver reiteratamente chiesto a Caia in via stragiudiziale il trasferimento dell’appartamento promessogli, con atto di citazione del 19 settembre 2010 Tizio conviene in giudizio la ex moglie al fine di ottenere una sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. per l’esecuzione in forma specifica dell’impegno negoziale assunto con la scrittura privata del 15 dicembre 2004. Caia, costituendosi in giudizio, contesta il fondamento della domanda attrice deducendo la nullità dell’accordo stipulato con Tizio per violazione dell’art. 160 cod. civ. Con sentenza depositata il 2 maggio 2013, il Tribunale di Roma respinge la domanda attrice. Afferma il Tribunale che la scrittura privata del 15 dicembre 2004, traendo la sua causa genetica nel fallimento del vincolo coniugale, deve ritenersi nulla per contrasto con la disposizione di ordine pubblico di cui all’art. 160 cod. civ. In particolare, secondo il Tribunale, l’impegno assunto da Tizio e Caia anteriormente al matrimonio costituirebbe una sorta di sanzione dissuasiva volta a condizionare la libertà dei coniugi in ordine all’assunzione di iniziative tendenti allo scioglimento del vincolo coniugale, e, in quanto tale, sarebbe radicalmente nullo. Tizio si rivolge a un legale cui espone la vicenda al fine di valutare l’opportunità di impugnare la sentenza. Il candidato, assunte le vesti del legale, rediga l’atto giudiziario più opportuno per la tutela degli interessi del suo assistito. CORTE DI APPELLO DI ROMA ATTO DI CITAZIONE IN APPELLO Per il Sig. Tizio, nato a <…> il <…>, residente in <…> alla via <…>, C.F. <…>, rappresentato e difeso dall’Avvocato <…>, C.F. <…>, giusta procura in calce al presente atto, ed elettivamente domiciliato presso il suo studio professionale in <…>, alla via <…>, il quale dichiara di voler ricevere le comunicazioni inerenti il presente procedimento al n. fax <…>, ovvero all’indirizzo di posta elettronica certificata <…> - appellante CONTRO la Sig. Caia, nata a <…> il <…>, residente in <…>, alla via <…>, e domiciliata in <…>, alla via <…>, presso e nello studio dell’Avvocato <…>, procuratore costituito nel giudizio di primo grado - appellata AVVERSO la sentenza n. <……> resa inter partes del Tribunale di Roma, in persona del G.U. dott. <…>, all’esito del procedimento contraddistinto dal n. R.G. <…>, depositata in data 2 maggio 2013 e non notificata FATTO Con atto di citazione del 19 settembre 2010, notificato in data <…>, il Sig. Tizio convenne in giudizio l’odierna appellante innanzi al Tribunale di Roma al fine di ottenere una pro- Capitolo 2 – Gli accordi “in vista di divorzio” 31 nuncia costitutiva per l’esecuzione in forma specifica dell’impegno contrattuale da costei assunto anteriormente al matrimonio. In punto di fatto, l’odierno deducente espose che, con scrittura privata stipulata il 15 dicembre 2004, la Sig. Caia, sua fidanzata, si era impegnata a trasferirgli, nell’ipotesi di divorzio, la proprietà dell’appartamento ubicato alla via degli Aranci in Roma, contraddistinto in catasto al n. <…>, del valore di € 500.000,00 (secondo la stima dell’epoca), a titolo di indennizzo delle spese sostenute da Tizio, ammontanti a € 510.000,00 e documentate, per la ristrutturazione di un altro immobile, pure di proprietà di Caia, da adibirsi a casa coniugale. Espose, altresì, che il matrimonio con Caia, celebrato il 16 dicembre 2004, era entrato in crisi nel 2007, quando i coniugi si separarono, e che con sentenza del 24 aprile 2010 il Tribunale di Roma ne dichiarò la cessazione degli effetti civili. Con il predetto atto di citazione, pertanto, Tizio, dopo aver vanamente chiesto in via stragiudiziale alla ex moglie l’adempimento dell’obbligo assunto con la scrittura privata stipulata anteriormente al matrimonio, chiese al Tribunale una pronuncia costitutiva ex art. 2932 cod. civ. al fine di ottenere il trasferimento della proprietà dell’immobile promessogli. Costituitasi in giudizio, l’odierna appellata contestò il fondamento dell’avversa domanda, deducendo la nullità dell’accordo stipulato con Tizio il 15 dicembre 2004 per violazione dell’art. 160 cod. civ. Con la sentenza meglio descritta in epigrafe, il Tribunale adito ha respinto la domanda attrice, e, condividendo la prospettazione di controparte, ha affermato che la scrittura privata stipulata dagli ex coniugi anteriormente al matrimonio, traendo la sua causa genetica nel fallimento del vincolo coniugale, è nulla per contrasto con la disposizione di ordine pubblico di cui all’art. 160 cod. civ. Il Tribunale ha ritenuto, al riguardo, che la radicale nullità dell’impegno negoziale assunto da Tizio e Caia prima del matrimonio discende dal fatto che esso si sostanzia in una sorta di sanzione dissuasiva volta a condizionare la libertà dei coniugi in ordine allo scioglimento del vincolo coniugale, in dispregio dei principi in materia di matrimonio. Avverso la prefata sentenza, siccome errata e ingiusta, con il presente atto il deducente in epigrafe interpone appello al fine di ottenerne l’integrale riforma per i seguenti motivi in DIRITTO La sentenza impugnata si fonda sull’assunto per cui la scrittura privata stipulata il 15 dicembre 2004, con cui Caia si è obbligata a trasferire la proprietà dell’immobile di via degli Aranci all’odierno appellante in caso di divorzio, traendo la sua causa genetica nel fallimento del matrimonio, è nulla per contrasto con la disposizione di ordine pubblico contenuta nell’art. 160 cod. civ. Così opinando, il Giudice di prime cure mostra di ritenere che l’accordo negoziale in questione, stipulato dalle parti prima di contrarre matrimonio, è sussumibile nell’alveo dei cosiddetti “accordi prematrimoniali”, incompatibili con i principi dell’ordinamento in materia di matrimonio e, in particolare, con il principio generale di indisponibilità degli status. Sennonché, l’assunto del primo Giudice è erroneo e infondato e merita di essere integralmente riformato. Priva di giuridico pregio appare, anzitutto, la tesi per cui la scrittura privata di cui è causa integra un accordo prematrimoniale. È noto, al riguardo, che i cosiddetti “accordi prematrimoniali” costituiscono – assieme agli “accordi divorzili” - una species di accordi negoziali sussumibile nel più ampio genus degli accordi in vista di divorzio, strumenti negoziali tipici dei paesi anglosassone, finalizzati a disciplinare l’intero assetto ovvero un singolo profilo dei rapporti patrimoniali dei coniugi successivo al fallimento del ménage coniugale, e, in tal modo, a prevenire o quantomeno deflazionare le controversie divorzili o familiari. A differenza degli accordi divorzili, stipulati 32 atti e pareri di diritto civile dai coniugi durante la crisi del matrimonio e in vista della separazione personale o del divorzio, gli accordi prematrimoniali sono stipulati dai nubendi anteriormente al matrimonio al fine di regolare i loro rapporti patrimoniali in caso di fallimento del ménage coniugale. È indubbio che gli accordi prematrimoniali – e, in generale, l’intera categoria degli accordi in vista di divorzio – non siano compatibili con i principi dettati dall’ordinamento in materia di matrimonio. Siffatti accordi, invero, violano il principio di indisponibilità degli status cristallizzato nel disposto dell’art. 160 cod. civ., a tenore del quale “Gli sposi non possono derogare né ai diritti né ai doveri previsti dalla legge per effetto del matrimonio.”, demandando all’autonomia negoziale dei nubendi (o dei coniugi) la regolamentazione dei loro rapporti patrimoniali in caso di fallimento del matrimonio. Deve ritenersi, quindi, che gli accordi prematrimoniali, essendo direttamente finalizzati a derogare ai diritti e ai doveri che la legge fa discendere dal matrimonio, e a incidere, in tal modo, sull’indisponibilità dello status di coniuge, siano nulli per illiceità della causa. Benchè, sul punto, l’inquadramento operato dal primo Giudice appaia immune da censure, deve rilevarsi che, nella fattispecie dedotta nell’odierno giudizio, la scrittura privata stipulata tra le parti il 15 dicembre 2004 non è affatto sussumibile nell’alveo degli accordi prematrimoniali. A ben guardare, infatti, nell’esame della scrittura privata de qua, il Giudice di prime cure non ha fatto corretta applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale, e, in particolare, dell’art. 1363 cod. civ., a tenore del quale “Le clausole del contratto si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo a ciascuna il senso che risulta dal complesso dell’atto.” E invero, applicando alla fattispecie in esame il canone indicato dall’art. 1363 cod. civ., si evince che, in realtà, con la scrittura privata stipulata da Tizio e Caia il 15 dicembre 2004, le parti hanno voluto attuare, in un’ottica sostanzialmente sinallagmatica, un collegamento tra due prestazioni di natura economica. L’obbligo di trasferire al’odierno appellante la proprietà del suo appartamento, difatti, è stato chiaramente assunto da controparte a fronte e in ragione delle spese dal primo sostenute per la ristrutturazione dell’immobile, di proprietà della medesima, che i due avrebbero utilizzato quale casa coniugale. Il vincolo sinallagmatico tra l’impegno negoziale assunto da Caia e la prestazione cui ha adempiuto Tizio – la ristrutturazione dell’immobile destinato a casa coniugale – in virtù del quale, appunto, l’uno si atteggia quale controprestazione dell’altra, consente di dimostrare la sussistenza, “a monte”, di un rapporto obbligatorio tra Tizio, creditore, e Caia, debitrice. Tanto emerge, del resto, dallo stesso dato testuale: e invero, nella scrittura privata de qua, le parti hanno espressamente pattuito che l’obbligazione di trasferire la proprietà dell’appartamento a Tizio è assunta da Caia “a titolo di indennizzo” delle spese sostenute dall’odierno deducente per la ristrutturazione dell’immobile che i coniugi avrebbero adibito a casa coniugale. In tale prospettiva, l’impegno negoziale assunto da controparte con la scrittura privata del 15 dicembre 2004 è lato sensu equiparabile a una datio in solutum ex art. 1197 cod. civ. È noto, al riguardo, che, principio generale in tema di adempimento delle obbligazioni è quello per cui il debitore può sciogliersi dal vincolo obbligatorio soltanto eseguendo la prestazione che costituisce oggetto dell’obbligazione medesima. Il legislatore, nondimeno, ammette che il debitore possa liberarsi offrendo al creditore una prestazione diversa da quella pattuita: in tal caso, a norma dell’art. 1197, comma 1, cod. civ., la liberazione del debitore è subordinata al consenso del creditore alla “surroga” della prestazione oggetto dell’obbligazione con quella offertagli dal debitore e l’obbligazione si estingue con l’esecuzione della diversa prestazione (prestazione in luogo dell’adempimento o datio in solutum). Va altresì precisato che, ai fini della configurabilità della fattispecie di cui all’art. 1197 cod. civ., la giurisprudenza di legittimità richiede che la prestazione offerta dal debitore in luogo dell’adempimento e la prestazione cui ha adempiuto il creditore siano proporzionate (vedi, ex multis, Cassazione, Sez. II, 21 giugno 2010, n. 14921). Capitolo 2 – Gli accordi “in vista di divorzio” 33 Nella fattispecie di cui è causa, l’obbligo assunto da controparte il 15 dicembre 2004 è sicuramente inquadrabile nello schema della datio in solutum: il trasferimento dell’appartamento, infatti, costituisce adempimento, con l’accordo del creditore Tizio, rispetto all’obbligo di restituzione delle somme da quest’ultimo spese per la sistemazione della casa coniugale. Tanto si evince sia dall’analisi della volontà contrattuale delle parti, che, nella scrittura privata de qua, hanno inteso creare un collegamento sinallagmatico tra il trasferimento dell’immobile e la ristrutturazione della casa coniugale, di cui parte appellante ha interamente sostenuto le spese, stabilendo esplicitamente che il primo costituisce indennizzo di queste ultime, sia dalla considerazione che la prestazione offerta da Caia in luogo dell’adempimento appare economicamente proporzionata alla prestazione cui Tizio ha adempiuto. Come emerge dagli atti di causa, infatti, il valore dell’appartamento che Caia si è obbligata a trasferire a Tizio (€ 500.000,00 secondo la stima effettuata all’epoca dell’accordo) appare congruo e proporzionato rispetto alle spese da quest’ultimo sostenute e documentate (€ 510.000,00) per la sistemazione della casa coniugale. A ciò va soggiunto che, nella fattispecie in esame, contrariamente a qunto sostenuto dal Giudice di prime cure, il fallimento del matrimonio tra Tizio e Caia si pone al di fuori della causa genetica della datio in solutum, integrando, invece, una mera condizione sospensiva ex art. 1353 cod. civ. A ben guardare, infatti, con la scrittura privata stipulata anteriormente al matrimonio, le parti hanno subordinato l’efficacia e l’esigibilità dell’impegno negoziale assunto dall’appellata – il trasferimento dell’immobile di sua proprietà - all’avvenimento futuro e incerto del fallimento del vincolo coniugale. L’apposizione di siffatta condizione all’accordo in questione è consentita all’autonomia negoziale delle parti in quanto pienamente conforme ai principi dell’ordinamento: l’evento dedotto in condizione (il fallimento del matrimonio), infatti, non appare contrario a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume, e quindi non inficia di nullità il contratto a norma dell’art. 1354 cod. civ., né dipende dalla mera volontà dei contraenti e perciò non integra una condizione meramente potestativa che renderebbe nullo il contratto ai sensi dell’art. 1355 cod. civ. Le superiori considerazioni dimostrano che, lungi dal configurare un accordo prematrimoniale assunto dai nubendi allo scopo di disciplinare uno specifico aspetto dei loro rapporti economici in caso di fallimento del matrimonio, l’accordo concluso il 15 dicembre 2004 costituisce, in realtà, un negozio atipico, espressione dell’autonomia negoziale delle parti, diretto a realizzare interessi meritevoli di tutela ex art. 1322, comma 2, cod. civ. Non v’è chi non veda, allora, l’infondatezza della tesi del primo Giudice per cui l’accordo de quo sarebbe nullo per contrasto con la disposizione di ordine pubblico di cui all’art. 160 cod. civ. Parimenti destituito di fondamento appare anche l’ulteriore argomento della sentenza impugnata secondo cui l’impegno negoziale assunto dall’odierna appellata anteriormente al matrimonio si tradurrebbe in una sorta di sanzione dissuasiva volta a condizionare la libertà dei coniugi in ordine all’assunzione di iniziative tendenti allo scioglimento del vincolo coniugale, e, in quanto tale, radicalmente nullo. Giova precisare, in proposito, che, a tenore dell’art. 143, comma 3, cod. civ., “Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale e casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia.”: secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità (vedi, ex plurimis, Cassazione, Sez. I, 21 dicembre 2012, n. 23713), la norma in questione, ponendo in capo ai coniugi il dovere reciproco di contribuzione, determina una “solidarietà economica” dei coniugi che dà luogo alla sospensione dei loro reciproci rapporti di dare e avere patrimoniale. Detta sospensione termina con il fallimento del matrimonio: con il divorzio, infatti, vengono definitivamente meno i diritti e i doveri coniugali e si determina la reviviscenza dei summenzionati rapporti di dare e avere patrimoniale tra gli ex coniugi. Nel caso di specie, si ribadisce che il trasferimento della proprietà dell’immobile di via degli Aranci – offerta da controparte in luogo della restituzione delle somme impiegate da 34 atti e pareri di diritto civile Tizio per la sistemazione della casa coniugale - si connette a un credito sorto anteriormente al matrimonio in capo all’odierno appellante. Non v’è chi non veda, allora, che la cessazione degli effetti civili del matrimonio tra Tizio e Caia, pronunciata dal Tribunale con sentenza del 24 aprile 2010, e dedotta in condizione nella scrittura privata di cui è causa, facendo venir meno il dovere di contribuzione reciproca tra i coniugi di cui all’art. 143 cod. civ., ha determinato la reviviscenza del credito dell’appellante nei confronti dell’ex moglie. Lungi dal costituire una sanzione dissuasiva allo scioglimento del matrimonio, quindi, l’impegno negoziale assunto da controparte costituisce una conseguenza dello scioglimento del vincolo coniugale di cui le parti possono legittimamente disporre nell’ambito della loro autonomia negoziale. Anche sul punto, dunque, le argomentazioni del Tribunale appaiono erronee e ingiuste. Per le ragioni sin qui esposte, è innegabile che l’impugnata sentenza sia erronea e meritevole di integrale riforma e che l’odierno appellante abbia titolo a ottenere una sentenza costitutiva ex art. 2932 cod. civ. per l’esecuzione in forma specifica dell’impegno negoziale assunto con la scrittura privata del 15 dicembre 2004. L’auspicato accoglimento dell’appello impone, altresì, la riforma del capo di sentenza relativo alle spese di lite che, per il principio della soccombenza, vanno poste a carico di controparte. Tanto premesso, l’appellante in epigrafe CITA la Sig. Caia a comparire innanzi alla Corte di Appello di Roma all’udienza del <…>, soliti locali e ore di rito, con invito a costituirsi nel termine di almeno venti giorni prima dell’udienza indicata ai sensi degli artt. 166 e 347 c.p.c. e a comparire all’udienza stessa con l’avvertimento che la costituzione oltre il suddetto termine implica le decadenze di cui agli artt. 167 e 343 c.p.c. per ivi sentir accogliere le seguenti CONCLUSIONI Voglia l’On. Corte adita ritenere fondati i motivi di gravame e per l’effetto, in totale riforma della sentenza impugnata, disporre in favore dell’appellante, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2932 cod. civ., il trasferimento della proprietà dell’immobile di cui alla scrittura privata del 15 dicembre 2004. Vinte le spese del doppio grado di giudizio. Si dichiara che il valore della causa è di € 500.000,00 e che, pertanto, ai sensi del D.P.R. n. 115/2002, il contributo unificato ammonta a € 1.584,00. Si offrono in comunicazione mediante deposito i seguenti documenti: 1. Copia conforme della sentenza del Tribunale di Roma n. <…> del 2 maggio 2013 2. Fascicolo di primo grado 3. Copia informativa sulla mediazione <…>, lì <…> Avvocato <…> PROCURA Io sottoscritto Tizio, nato a <…> il <…>, C.F. <…>, informato ai sensi dell’art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 28/2010 della possibilità di ricorrere al procedimento di mediazione ivi previsto e dei benefici fiscali di cui agli artt. 17 e 20 del medesimo decreto, come da atto allegato, delego a rappresentarmi e difendermi nel presente giudizio l’Avvocato <…> ed eleggo domicilio presso il suo studio professionale sito in <…> alla via <…>, conferendogli ogni più ampia facoltà, ivi compresa quella di transigere e conciliare le controversie, chiamare terzi in causa, riscuotere somme e darne quietanza, rinunciare agli atti e farsi sostituire.