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Bodin. La sovranità

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Bodin. La sovranità
La sovranità in Bodin
È questo il passo più famoso del testo di Bodin, dove l’autore definisce il carattere assoluto e
perpetuo della sovranità.
Per sovranità s’intende quel potere assoluto e perpetuo ch’è proprio dello Stato (il testo francese
recita souveraineté est la puissance absolue et perpetuelle d’une Republique; si faccia attenzione alla
traduzione italiana: Republique significa stato, mentre con il termine états = stati in francese si intendono
le strutture di potere dei tre ordini civili: clero, nobiltà e, appunto, terzo stato). Essa è chiamata dai latini
maiestas, dagli Italiani signoria, parola che essi usano tanto parlando di privati quanto di coloro che
maneggiano gli affari di Stato; gli Ebrei la chiamano tomech šebet, ossia supremo comando. Ma ciò
che qui occorre è formularne la definizione, perché tale definizione non c’è stato mai giurista né
filosofo politico che l’abbia data, e tuttavia è questo il punto più importante e necessario a
comprendersi in qualsiasi trattazione sullo Stato. Tanto più, avendo noi detto che lo Stato è un
governo giusto di più famiglie e di ciò che loro è comune con potere sovrano, occorre ben chiarire
che cosa sia questo potere sovrano.
Ho detto che tale potere è perpetuo. Può succedere infatti che ad una o più persone venga
conferito il potere assoluto per un periodo determinato, scaduto il quale essi ridivengono
nient’altro che sudditi; ora, durante il periodo in cui tengono il potere, non si può dar loro il nome
di principi sovrani, perché di tale potere essi non sono in realtà che custodi e depositari fino a che
al popolo o al principe, che in effetti è sempre rimasto signore, non piaccia di revocarlo. Così come
rimangono signori e possessori dei loro beni quelli che ne fanno prestito ad altri, ugualmente si
può dire di chi conferisce ad altri potere e autorità in materia di giustizia o di comando, sia che li
concedano per un tempo stabilito e limitato, sia fino a che loro piaccia, in ogni caso restano signori
del potere e della giurisdizione che gli altri esercitano solo in forma di prestito o di precario. [...] Se
il potere assoluto concesso al luogotenente del principe si chiamasse sovranità, egli potrebbe
valersene contro il suo principe, che sarebbe ridotto a uno zero, e così il suddito comanderebbe al
signore, il servo al padrone, il che è assurdo. [...] La persona del sovrano è sempre esente da
quell’autorità e da quel potere, qualunque sia, che conferisce ad altri; non ne concede mai tanto da
non serbarne per sé ben di più, e non perde mai il diritto di comandare o di giudicare (preventivamente, o in concorrenza, o in riesame), le cause di cui ha incaricato il suo suddito come
commissario o ufficiale; e sempre può revocare a questo il potere che gli è stato concesso sia in
forma di commissione sia a titolo d’ufficio, oppure sospenderlo per tutto il tempo che creda. [...]
(J. BODIN, I sei libri dello stato, a cura di M. ISNARDI PARENTE, vol. I, libro I, cap. 8, Utet, Torino 1964)
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