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Altalex - PraticaMente demo2015

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Altalex - PraticaMente demo2015
Numero demo/2015
Supplemento settimanale di Altalex - Quotidiano scientifico di informazione giuridica reg.Trib.PT 548 del
28.11.2001 - ISSN 1720-7886
È consentita la stampa e la copia per uso esclusivamente personale. Riproduzione vietata con qualsiasi mezzo
analogico o digitale senza il consenso scritto della direzione. I testi dei provvedimenti normativi e
giurisprudenziali linkati o pubblicati non rivestono carattere di ufficialità: si declina ogni responsabilità per
eventuali inesattezze. Redazione:[email protected] - Tel. 0572772116 - Fax 0572955566 • Editore:
Altalex Consulting srl - Strada 1 - Palazzo F6 - 20090 Assago (MI) • Internet Provider: Italway s.r.l. - Via
Fucini 2/B - 51010 Massa e Cozzile (PT) • Altalex(R) è un marchio registrato della Altalex Consulting srl
INDICE
ATTO CIVILE
Responsabilità extracontrattuale oggettiva ed obbligo di diligenza del danneggiato
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Atto Civile
Responsabilità extracontrattuale oggettiva ed obbligo di diligenza del
danneggiato
Cassazione Civile, sez. III, sent. 06/05/2015 n° 9009 (Costanza Mariconda)
Nella responsabilità extracontrattuale grava sul danneggiato l’onere della prova di un’anomalia dello stato dei luoghi, se non
necessariamente integrante gli estremi della c.d. insidia o trabocchetto, comunque, idonea a prefigurare una condotta colposa (o
dolosa) del convenuto. Inoltre, tanto in ipotesi di responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 cod. civ., quanto in ipotesi di
responsabilità ex art. 2043 cod. civ., il comportamento colposo del danneggiato (che sussiste anche quando egli abbia usato un
bene senza la normale diligenza) può atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod.
civ.), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode (integrando gli estremi del caso
fortuito rilevante a norma dell’art. 2051 cod. civ.).
La traccia d'esame
>> Segnalazione a cura del servizio PraticaMente
Clicca qui per acquistare
Tizio, ragazzo di 22 anni, frequentava due volte a settimana il Centro Sportivo Alfa s.p.a. in Milano, via …, ove si allenava
assiduamente con il nuoto libero.
Il pomeriggio del 5 maggio 2015, Tizio, dopo aver concluso i propri esercizi, mentre si stava recando scalzo verso le docce,
cadeva rovinosamente sul bordo piscina, riportando, come gli sarà successivamente diagnosticato al pronto soccorso, una frattura
alla tibia sinistra.
Pertanto, il ragazzo citava in giudizio il Centro Sportivo Alfa s.p.a., chiedendo, previo accertamento della responsabilità del
convenuto ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. o, in subordine, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., la condanna al risarcimento dei gravi
danni subiti.
In particolare, a sostegno delle proprie domande, Tizio riferiva che quel giorno il bordo piscina risultava particolarmente bagnato
e scivoloso, dal momento che nella mattina si erano tenute le lezioni di tuffi dal trampolino, il che aveva contribuito ad una
maggiore fuoriuscita dell’acqua.
Il candidato, assunte le vesti del difensore dell’Istituto Sportivo s.p.a., rediga l’atto più idoneo a difendere gli interessi del cliente.
Leggere la traccia: oggetto, rischi e accorgimenti
L’oggetto della traccia assegnata riguarda la disciplina della responsabilità extracontrattuale e, precisamente, delle cose in
custodia.
In particolare, gli interrogativi ai quali il candidato deve rivolgere la propria attenzione sono evidenziati di seguito tra parentesi.
“Tizio, ragazzo di 22 anni, frequentava due volte a settimana il Centro Sportivo Alfa s.p.a. in Milano, via …, ove si allenava
assiduamente con il nuoto libero.
Il pomeriggio del 5 maggio 2015, Tizio, dopo aver concluso i propri esercizi, mentre si stava recando scalzo [Concorso del fatto
colposo del creditore o caso fortuito?] verso le docce, cadeva rovinosamente sul bordo piscina, riportando, come gli sarà
successivamente diagnosticato al pronto soccorso, una frattura alla tibia sinistra [Danno ingiusto presupposto di responsabilità].
Pertanto, il ragazzo citava in giudizio il Centro Sportivo Alfa s.p.a., chiedendo, previo accertamento della responsabilità del
convenuto ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. o, in subordine, ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., la condanna al risarcimento dei gravi
danni subiti [Conclusioni formulate dall’attore: domanda principale, ex art. 2051 c.c., e subordinata, ex art. 2043 c.c.].
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In particolare, a sostegno delle proprie domande, Tizio riferiva che quel giorno il bordo piscina risultava particolarmente bagnato
e scivoloso, dal momento che nella mattina si erano tenute le lezioni di tuffi dal trampolino, il che aveva contribuito ad una
maggiore fuoriuscita dell’acqua.
Il candidato, assunte le vesti del difensore dell’Istituto Sportivo s.p.a., rediga l’atto più idoneo a difendere gli interessi del cliente “.
La traccia non presenta particolari insidie. Un utile consiglio può essere quello di osservare con attenzione quali domande e,
precisamente, quali istituti sono stati invocati dalla controparte a sostegno delle proprie conclusioni, dal momento che a seguito di
questo esame, sarà più semplice comprendere quali argomenti sviluppare per difendere gli interessi del nostro cliente.
Istituti giuridici
La responsabilità extracontrattuale
La responsabilità extracontrattuale, conosciuta anche come responsabilità aquiliana, consiste nella disciplina dell’obbligazione
risarcitoria che grava su chiunque cagioni un danno ad un terzo, e ciò a prescindere dalla preesistenza tra essi di un rapporto
obbligatorio.
1. La definizione e la natura giuridica
La responsabilità extracontrattuale si contrappone alla responsabilità contrattuale di cui all’art. 1218 cod. civ., in quanto non
dipende dall’inadempimento di una preesistente obbligazione, ma deriva da un fatto/atto illecito.
La norma di riferimento è l’art. 2043 cod. civ., secondo cui «Qualunque fatto doloso o colposo che cagiona) ad altri un
danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno».
Il fatto illecito è fonte di obbligazioni ex art. 1173 cod. civ. e, in particolare, è fonte dell’obbligazione di risarcimento del danno
a favore del danneggiato. A differenza dell’illecito penale, l’illecito civile non è tipico, ma è atipico, tant’è che la formula
adoperata dall’art. 2043 cod. civ. è volutamente generica.
Ne consegue che qualsiasi fatto od atto che procuri un danno ingiusto, ossia un danno ad un interesse giuridicamente tutelato,
obbliga chi lo ha commesso a risarcire il danneggiato.
Poiché peraltro il danno che viene in considerazione è un danno da peggioramento di una situazione, l’obbligazione risarcitoria
di cui il fatto illecito è fonte ha ad oggetto il solo interesse negativo del danneggiato.
In sostanza, i presupposti della responsabilità extracontrattuale sono quattro:
1. il fatto, ossia l’elemento oggettivo;
2. il dolo o la colpa, ossia l’elemento soggettivo;
3. il danno ingiusto;
4. il nesso eziologico tra danno ed evento.
Ne consegue che il danneggiato, agendo in giudizio, deve di norma provare la ricorrenza di tutti e quattro i presupposti di cui
all’art. 2043 cod. civ..
A questa regola generale fanno eccezione le norme di cui agli artt. 2047-2054 cod. civ., le quali, come sarà meglio precisato
nel prosieguo, introducono una disciplina più vantaggiosa per il danneggiato, agevolandone l’onere probatorio.
2. I presupposti
Passiamo ora all’esame dei singoli presupposti di cui all’art. 2043 cod. civ..
Il fatto può consistere in un fatto giuridico in senso stretto, ossia in un fatto materiale, o in un atto giuridico in senso stretto: non
può invece consistere in un atto negoziale.
L’atto giuridico può inoltre corrispondere ad una azione o ad una omissione; ciò che conta è che sia un atto cosciente e
volontario, mentre non è rilevante la capacità legale di agire del danneggiante.
In altre parole, affinché un atto illecito sia imputabile al soggetto che lo compie, questi, al momento del compimento dell’atto,
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deve essere dotato di capacità naturale, ossia deve essere cosciente dell’azione commessa. Altrimenti l’atto non gli sarà
imputabile (ex art. 2046 cod. civ.).
Non interessa la capacità legale di agire.
L’incapace di intendere e di volere è però responsabile se lo stato di incapacità sia dipeso da colpa (art. 2046 cod. civ.).
L’elemento soggettivo può essere rappresentato dal dolo, inteso come intenzionalità della condotta del danneggiante od
accettazione del rischio di cagionare il danno (ex art. 43 cod. pen.), o dalla colpa, quale difetto di diligenza, prudenza e perizia
(colpa generica) od inosservanza di leggi, regolamenti, ordini o discipline (colpa specifica: art. 43 cod. pen.).
L’ingiustizia del danno, implica che il danno sia stato procurato in assenza di cause di giustificazione, quali:
la legittima difesa, ex art. 2044 cod. civ., per cui non è responsabile chi ha commesso un fatto per esservi stato costretto dalla
necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempreché la difesa sia
proporzionata all’offesa;
stato di necessita, ex art. 2045 cod. civ., per cui non è responsabile chi è stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal
pericolo attuale di un danno grave alla persona, purché il pericolo non sia stato da lui volontariamente causato né fosse
altrimenti evitabile.
Il nesso di causalità: un fatto è causa di un danno quando senza quel fatto, il danno non si sarebbe verificato. Se invece il
danno è stato conseguenza eccezionale ed imprevedibile di quel fatto, significa che è intervenuta una causa sopravvenuta
sufficiente a determinare l’evento lesivo ed interrompere il nesso eziologico (ex art. 41 cod. pen.).
Se poi il danno è stato cagionato da più persone, queste sono solidalmente responsabili verso il danneggiato (art. 2055 cod.
civ.).
A questo proposito, occorre altresì sottolineare che l’art. 2056 cod. civ. rinvia ad alcune norme dettate in materia di
responsabilità contrattuale, tra cui l’art. 1227 cod. civ..
Ne consegue che, anche in materia di responsabilità da illecito, laddove il danneggiato concorra a cagionare il danno subito, il
risarcimento a lui spettante deve essere diminuito secondo la gravità della sua colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono
derivate (art. 1227, primo comma, cod. civ.).
3. Il danno risarcibile
Al ricorrere dei presupposti di cui all’art. 2043 cod. civ. sorge l’obbligo di risarcimento del danno.
Anzitutto, per effetto del rinvio di cui all’art. 2056 cod. civ. all’art. 1223 cod. civ., è risarcibile solo il danno che è
conseguenza diretta ed immediata dell’evento: si parla di causalità immediata e diretta, al fine di escludere il risarcimento di
quei danni causati da rischi ai quali il danneggiato sarebbe stato comunque esposto.
Non sono risarcibili i danni che il danneggiato avrebbe dovuto evitare usando l’ordinaria diligenza (art. 1227, secondo comma,
cod. civ.).
Posto poi che anche in materia di risarcimento da responsabilità extracontrattuale è ammissibile la liquidazione in via equitativa
di cui all’art. 1226 cod. civ. (sempre grazie al richiamo di cui all’art. 2056 cod. civ.), è però necessario chiarire che, a
differenza con quanto previsto per la responsabilità contrattuale, il danneggiante deve risarcire anche i danni imprevedibili.
Per danno, infine, si intende sia quello patrimoniale (consistente nel danno emergente e nel lucro cessante), sia quello non
patrimoniale, risarcibile solo nei casi previsti dalla legge (art. 2059 cod. civ.).
La responsabilità da cose in custodia
Ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., ciascuno è responsabile dei danni cagionati dalle cose che ha in custodia, a meno che non
provi che tali danni siano stati conseguenza di un caso fortuito.
Definizione e natura giuridica
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La responsabilità extracontrattuale per i danni cagionati da cose in custodia è una responsabilità c.d. oggettiva.
Il custode del bene, infatti, risponde a prescindere dal dolo o dalla colpa.
Ciò che conta affinché possa operare l’obbligo risarcitorio di cui all’art. 2051 cod. civ. è che si verifichi un fatto riconducibile
alla sfera di controllo del danneggiante e che intercorra tra il fatto ed il danno cagionato un nesso eziologico.
Ne consegue che, nell’ipotesi di cui all’art. 2051 cod. civ., mentre il danneggiato ha il vantaggio di dover provare solo di aver
subito un pregiudizio ingiusto per effetto di un fatto imputabile e/o riconducibile al danneggiante, questi può andare esente da
responsabilità solo provando l’assenza e/o l’avvenuta interruzione del nesso eziologico.
Ed infatti, gli artt. 2051-2052 e 2054 cod. civ. (i quali introducono altre forme di responsabilità oggettiva per danni cagionati
rispettivamente da animali in custodia o dalla circolazione dei veicoli), pongono l’onere
della prova in capo del custode/proprietario del bene, consistente nella dimostrazione del caso fortuito.
Per caso fortuito si intende quel preciso fatto, imprevedibile ed inevitabile ed esterno alla cosa od all’animale in custodia od al
veicolo in uso, che abbia interrotto il nesso causale tra l’evento e la sfera di dominio e di controllo del custode.
Normativa di riferimento
Codice civile
Art. 2043 – Risarcimento per fatto illecito
La responsabilità extracontrattuale
Art. 2056 – Valutazione dei danni
Art. 1227 – Concorso del fatto colposo del creditore
Codice civile
La responsabilità da cose in custodia
Art. 2051 – Danno cagionato da cose in custodia
Orientamenti giurisprudenziali
Una volta affrontato lo studio generale degli istituti rilevanti, occorre concentrarsi sulla questione oggetto del recente intervento
della Cassazione, ossia il rapporto tra la responsabilità extracontrattuale e l’obbligo di diligenza del danneggiato.
La questione al centro dell’intervento della pronuncia della Cassazione.
Con la sentenza n. 9009 del 2015, la Cassazione ha affrontato un tema particolarmente attuale e rilevante: l’obbligo di diligenza
che incombe sul danneggiato ai sensi dell’art. 1227 cod. civ., la cui violazione può essere idonea ad escludere la responsabilità
extracontrattuale gravante sul danneggiante.
Dal momento che questa pronuncia si inserisce in un filone giurisprudenziale che conosce diversi precedenti, nel prosieguo, prima
di esaminare la citata sentenza, si darà conto di alcune tra le altre importanti decisioni di Cassazione intervenute sul punto.
Ciò premesso, al fine di fornire un quadro completo e sistematico dell’evoluzione giurisprudenziale, si è seguito il presente schema:
1. l’orientamento giurisprudenziale in ordine alla natura ed alle caratteristiche della responsabilità da cose in custodia;
2. le decisioni della Cassazione che sono intervenute in merito all’applicazione dell’art. 1227 cod. civ. in caso di responsabilità
oggettiva da cose in custodia;
3. la sentenza della Cassazione del maggio 2015.
Massime Commentate
L’orientamento giurisprudenziale in ordine alla natura ed alle caratteristiche della responsabilità da cose in custodia
Cass. civ., sez. III, sent. 27.11.2014, n. 25214
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La Cassazione è intervenuta in diverse occasioni in materia di responsabilità da cose in custodia. Per quanto riguarda la natura
giuridica di questa responsabilità, la Cassazione è costante nell’affermare che la fattispecie di cui all'art. 2051 cod. civ. individua
un'ipotesi di responsabilità oggettiva, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte del danneggiato
del verificarsi dell'evento dannoso e del suo rapporto di causalità con il bene in custodia, senza che sia anche necessaria
- allorché l'evento dannoso sia ricollegabile all'intrinseco dinamismo della cosa - la prova della pericolosità della "res",
derivante dal suo cattivo funzionamento.
Cass. civ., sez. III, sent. 20.12.2013, n. 28616
In senso analogo, i giudici di legittimità hanno efficacemente affermato che la responsabilità per le cose in custodia ai sensi dell'art.
2051 cod. civ. ha natura oggettiva e necessita, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento e
tale da prescindere dall'accertamento della pericolosità della cosa stessa e sussistere in relazione a tutti i danni da essa cagionati,
sia per la sua intrinseca natura, sia per l'insorgenza in essa di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito ed alla sola
condizione che il danneggiato adempia l'onere di provare il nesso causale tra queste ultime e il danno, ossia di
dimostrare che l'evento si è prodotto come conseguenza normale della particolare condizione, potenzialmente lesiva,
posseduta dalla cosa, salva comunque la possibilità di valutare in concreto l'apporto (o il concorso) causale della
condotta del danneggiato o di terzi.
L'art. 2051 cod. civ. contempla un criterio di imputazione della responsabilità che, per quanto oggettiva in relazione all'irrilevanza
del profilo attinente alla condotta del custode, è comunque volto a sollecitare chi ha il potere di intervenire sulla cosa
all'adozione di precauzioni tali da evitare che siano arrecati danni a terzi. A tanto, peraltro, fa pur sempre riscontro un
dovere di cautela da parte di chi entri in contatto con la cosa. Pertanto, qualora il comportamento di tale secondo soggetto
sia apprezzabile come incauto, occorre stabilire se il danno sia stato cagionato dalla cosa o dal comportamento della stessa vittima
o se vi sia concorso causale tra i due fattori.
Ne deriva che, nel caso in cui venga in gioco una responsabilità oggettiva da danno per cose in custodia, occorrerà procedere ad
un esame congiunto della condotta tenuta dal danneggiato e dal danneggiante: se infatti, da un lato, il danneggiato è tenuto ad
adottare tutte le misure necessarie di sicurezza, opportune a non recare danno a terzi, dall’altro il danneggiante non può
pretendere di ottenere il risarcimento per i danni subiti per effetto di una condotta negligente ed imprudente.
Starà comunque al convenuto-danneggiante dimostrare che l’evento è stato invero conseguenza del c.d. “caso fortuito”.
Cass. civ., sez. III, sent. 4.12.2012, n. 21727
A questo proposito, la giurisprudenza tende a distinguere il c.d. fortuito autonomo dal c.d. fortuito incidentale.
Ed infatti, la Corte di Cassazione è costante nel ritenere che il nesso causale di cui all’art. 2051 cod. civ. debba essere negato non
solo in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l'evento, assumendo il
carattere del cd. fortuito autonomo, ma anche nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell'evento dannoso
da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale e per ciò stesso imprevedibile (c.d. fortuito incidentale),
ancorché dipendente dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima. Con più specifico riferimento alla causa
esterna prodotta dal fatto del danneggiato è stato, altresì, chiarito che il giudizio sull'autonoma idoneità causale del fattore
esterno estraneo alla cosa deve essere parametrato sulla natura della cosa e sulla sua pericolosità, nel senso che
quanto meno essa è intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di possibile pericolo è tale da essere
prevista e superata attraverso l'adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente
deve considerarsi l'efficienza causale dell'imprudente condotta della vittima (costituente fattore esterno) nel
dinamismo causale del danno fino ad interrompere il nesso causale tra la cosa ed il danno ed escludere, dunque, la
responsabilità del custode, ai sensi dell'art. 2051 cod. civ.: in tale ipotesi la cosa svolge solo il ruolo di occasione dell'evento,
risultando svilita a mero tramite del danno in effetti provocato da una causa ad essa estranea, rappresentata dal comportamento
della vittima.
Cass. civ. sez. III, sent. 28.10.2009, n. 22807
Volendo richiamare casi concreti, ossia esempi ricondotti dai giudici di legittimità ad ipotesi di “caso fortuito”, si segnala questa
pronuncia in cui, con riferimento ad un danno cagionato per lo stato manutentivo di una piscina condominiale, i giudici di legittimità
hanno sostenuto che il caso fortuito idoneo ad interrompere il nesso causale e, di conseguenza, ad escludere la responsabilità del
custode, di cui all'art. 2051 cod. civ. può essere costituito anche dalla condotta, imprevista ed imprevedibile, della stessa
vittima: nella specie annegata in una piscina condominiale, nella quale si era introdotta superando un cancello, al di fuori del
periodo di apertura, nonostante il divieto di entrata alle persone estranee e in mancanza di autorizzazione o di assenso da parte del
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custode. Quindi il caso fortuito può corrispondere anche con la condotta del danneggiato, sempreché si tratti di condotta
imprevista ed oggettivamente non evitabile.
Cass. civ., sez. III, sent. 15.10.2004, n. 20334
Od ancora questo sentenza, nella quale la Cassazione ha invece affermato che il dovere del custode di segnalare il pericolo
connesso all'uso della cosa si arresta di fronte ad un'ipotesi di utilizzazione impropria la cui pericolosità sia talmente evidente ed
immediatamente apprezzabile da chiunque, tale da renderla del tutto imprevedibile, sicché l'imprudenza del danneggiato che abbia
riportato un danno a seguito di siffatta impropria utilizzazione integra il caso fortuito per gli effetti di cui all'art. 2051 cod. civ..
Nella specie, la Cassazione ha confermato la sentenza di merito che aveva escluso il nesso di causalità tra gli eventuali doveri di
custodia dei gestori di un complesso immobiliare con piscina, ove si era svolta una festa notturna, e l'evento di danno occorso ad
uno degli ospiti, che nel corso della festa decideva improvvisamente di tuffarsi in piscina riportando gravi lesioni, riconducendo al
solo comportamento di costui, del tutto improvvisamente e repentinamente posto in essere , la causa dell'evento dannoso.
Anche in questa circostanza, quindi, la condotta del danneggiante è stata considerata idonea ad interrompere il nesso eziologico
perché imprevedibile ed imprudente.
Per quanto nel caso di specie i giudici di legittimità non avessero richiamato la previsione di cui all’art. 1227 cod. civ., è tuttavia
evidente che il ragionamento sviluppato dalla decisione della Cassazione aveva come presupposto la medesima ratio di cui all’art.
1227, primo comma, cod. civ..
Le decisioni della Cassazione che sono intervenute in merito all’applicazione dell’art. 1227 cod. civ. in caso di
responsabilità oggettiva da cose in custodia
Cass. civ., sez. III, sent. 8.02.2012, n. 1769
In diverse occasioni la Cassazione ha fatto applicazione del principio di cui all’art. 1227 cod. civ. in materia di responsabilità
extracontrattuale oggettiva e, precisamente, con riferimento alla responsabilità da cose in custodia di cui all’art. 2051 cod. civ..
Si pensi, ad esempio, al caso di un minorenne in gita scolastica che, dopo aver scavalcato il balcone della stanza di albergo ed
essersi avventurato su un solaio di copertura di pari livello per assumere stupefacenti, cadeva nel vuoto. La Cassazione ha ritenuto
l’albergatore responsabile in qualità di custode della struttura ricettiva, ma ha altresì precisato che la responsabilità dello stesso va
commisurata e ridotta in considerazione del concorso del minorenne nella produzione del danno.
Precisamente, i giudici di legittimità hanno affermato che la responsabilità del custode di cui all'art. 2051 cod. civ., di natura
oggettiva, non può escludersi per il solo fatto che la vittima abbia usato la cosa fonte di danno volontariamente ed in modo
abnorme (ferma restando, in tal caso, la valutazione della sua condotta come concausa del danno, ai sensi dell'art. 1227, comma
primo, cod. civ.), quando tale uso, benché non conforme a quello ordinario, è reso possibile dalla facile accessibilità alla cosa
medesima.
Cass. civ., sez. III, sent. 8.05.2008, n. 11227
In questa occasione, la Suprema Corte di Cassazione ha precisato che la responsabilità per i danni cagionati da una cosa in
custodia ex art. 2051 cod. civ. si fonda non su un comportamento od un'attività del custode, ma su una relazione intercorrente
tra questi e la cosa dannosa e, poiché il limite della responsabilità risiede nell'intervento di un fattore, il caso fortuito,
che attiene non ad un comportamento del responsabile ma alle modalità di causazione del danno, si deve ritenere che, in
tema di ripartizione dell'onere della prova, all'attore compete provare l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento
lesivo, mentre il convenuto, per liberarsi, dovrà provare l'esistenza di un fattore, estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad
interrompere quel nesso causale e, cioè, un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato)
che presenti i caratteri del fortuito e, quindi, dell'imprevedibilità e dell'eccezionalità. Peraltro, quando il comportamento colposo
del danneggiato non è idoneo da solo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno, costituita dalla cosa
in custodia, ed il danno, esso può, tuttavia, integrare un concorso colposo ai sensi dell'art. 1227, primo comma, cod.
civ. con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante secondo l'incidenza della colpa del danneggiato.
Nella specie, quindi, i giudici di legittimità hanno ravvisato nella condotta del danneggiato non un comportamento idoneo ad
interrompere il nesso eziologico, ma una condotta comunque sufficiente ad integrare un concorso colposo ex art. 1227, primo
comma, cod. civ..
Ed infatti, la Corte ha cassato con rinvio la sentenza impugnata che, pur riconoscendo che la caduta dell'attore costituiva diretta
conseguenza della condizione del pavimento reso scivoloso dall'acqua piovana introdotta da chi entrava nei locali di un ufficio
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giudiziario, aveva ritenuto che il comportamento del danneggiato fosse stato idoneo da solo a produrre l'evento omettendo,
tuttavia, di valutare se la condotta dell'infortunato avesse assunto, per acquistare l'efficacia liberatoria del caso fortuito, i caratteri
dell'eccezionalità e dell'imprevedibilità e omettendo, altresì, di valutare se il detto comportamento, benché inidoneo da solo a
interrompere il nesso eziologico tra la cosa in custodia e il danno, potesse integrare un concorso colposo ai sensi dell'art.
1227, primo comma, cod. civ.
La sentenza della Cassazione del maggio 2015
Cass. Civ., sez. III, sent. 6.05.2015, n. 9009
Con la sentenza da cui si è ricavata la traccia in esame, la Cassazione ha ribaltato la decisione adottata dal giudice di secondo
grado, il quale aveva accolto la domanda di risarcimento del danno avanzata ai sensi dell’art. 2043 cod. civ. da un soggetto
rimasto incidentato per effetto della presenza di acqua sul bordo di una piscina. La Corte di appello, in particolare, aveva ritenuto
di accogliere la doglianza del danneggiato sulla base della violazione del principio del neminem laedere, ravvisando la
sussistenza dell’elemento oggettivo del fatto illecito nella presenza di «sostanze solitamente non rinvenibili in quel luogo
e di quello soggettivo della loro non visibilità o rilevabilità con la normale diligenza».
La Cassazione ha tuttavia completamente riformato la sentenza di appello.
La Corte infatti ha ricordato che il bordo della piscina è per sua natura “bagnato” proprio in ragione dell’attività che vi si svolge, e
dunque il rischio «va doverosamente calcolato ed evitato», adeguandovi la propria prudenza e diligenza.
Ad avviso dei giudici di legittimità, pertanto, nel caso in cui venga invocata la regola generale dettata dall’art. 2043 cod. civ., grava
sul danneggiato l’onere della prova di un’anomalia dello stato dei luoghi, se non necessariamente integrante gli estremi della
c.d. insidia o trabocchetto, comunque, idonea a prefigurare una condotta colposa (o dolosa) della parte convenuta,
fornendo, quindi, almeno implicitamente la prova dell’elemento soggettivo di cui all’ art. 2043 cod. civ., comunque necessaria.
Inoltre, tanto in ipotesi di responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 cod. civ., quanto in ipotesi di responsabilità ex art.
2043 cod. civ., quale quella che risulta evocata nel caso specifico, il comportamento colposo del danneggiato (che sussiste anche
quando egli abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo) può – in base ad un
ordine crescente di gravità – o atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod.
civ.), ovvero escludere il nesso causale tra cosa e danno e, con esso, la responsabilità del custode (integrando gli estremi
del caso fortuito rilevante a norma dell’art. 2051 cod. civ.).
In particolare, quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso
l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza
causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che
detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso.
Quanto all’elemento oggettivo, la Cassazione ha concluso che la mancanza di qualsiasi ulteriore precisazione sulla “natura
del liquido” che avrebbe provocato la caduta, rende «insuperabilmente insufficiente la motivazione, in fatto, della
sentenza impugnata e, correlativamente, apodittico il giudizio svolto in diritto circa l'ascritta violazione del principio del
neminem laedere».
Scaletta
Nella proposta di svolgimento che verrà sviluppata nella sezione successiva si è ritenuto opportuno utilizzare il seguente schema di
trattazione.
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[1] Intestazione
[2] Narrazione del fatto
[3] Nel merito ed in via principale
❍ [3.1] Breve premessa
❍ [3.2] Analisi e confutazione della domanda principale di Tizio
❍ [3.3] Principio del concorso del fatto colposo del danneggiato applicato all’art. 2051 cod. civ.
❍ [3.4] Domanda subordinata di Tizio: confutazione
❍ [3.5] Principio del concorso del fatto colposo del creditore applicato all’art. 2043 cod. civ.
❍ [3.6] Precedente giurisprudenziale
[4] Domanda subordinata
[5] Conclusioni
[6] Procura
Svolgimento
[1] Intestazione
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TRIBUNALE DI MILANO
COMPARSA DI COSTITUZIONE E RISPOSTA
Nell’interesse del Centro Sportivo Alfa s.p.a. (P.IVA …), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in
…, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al presente atto, dall’avv. … (C.F. …), presso il cui studio in … è
elettivamente domiciliato e dichiara di ricevere le comunicazioni di giudizio al n. fax … o all’indirizzo PEC …@...;
- convenuto CONTRO
Tizio (C.F. …), residente in …, rappresentato e difeso dall’avv. … (C.F. …), presso il cui studio in … via …, è elettivamente
domiciliato;
- attore -
[2] Narrazione del fatto
FATTO
Con atto di citazione notificato in data …, Tizio ha instaurato il presente giudizio al fine di ottenere, previo accertamento della
responsabilità del Centro Sportivo Alfa s.p.a. (d’ora in avanti anche solo “Alfa”) ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. o, in subordine,
ai sensi dell’art. 2043 cod. civ., la condanna di Alfa al risarcimento dei danni sofferti da Tizio, computati complessivamente in euro
…. (cfr. doc. n. 1).
A sostegno delle proprie domande, parte attrice ha in particolare riferito che:
- Tizio frequentava assiduamente il Centro Sportivo Alfa s.p.a., in Milano, via …, e da qualche anno era solito dedicarsi
all’attività di nuoto libero presso la piscina curata e gestita dallo stesso Centro;
- nel pomeriggio del 5.5.2015, dopo aver concluso gli allenamenti, il giovane era caduto rovinosamente sul bordo della piscina,
scivolando a causa di una grande quantità di liquido presente in prossimità delle vasche;
- in particolare, la quantità di liquido sul bordo piscina era stata cagionata anche dalle lezioni di tuffi che si erano svolte nella
mattinata;
- giunto in pronto soccorso, e sottoposto ad accertamenti radiografici, gli era stata diagnosticata una frattura della tibia sinistra;
- a causa dell’incidente, quindi, Tizio non solo era stato costretto a letto, con conseguente impossibilità di recarsi sul posto di
lavoro, ma aveva dovuto subire una complessa operazione chirurgica per la riduzione della frattura;
- le spese sostenute per le visite mediche e per l’intervento erano state pari ad euro ….
Pertanto, Tizio ha convenuto in giudizio Alfa, lamentando la responsabilità della stessa sia ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., quale
custode della piscina, sia, in subordine, per violazione del generale principio neminem laedere, ex art. 2043 cod. civ..
Con il presente atto si costituisce in giudizio Alfa al fine di contestare tutto quanto ex adverso dedotto e prodotto, e ciò alla luce
delle seguenti ragioni di
[3] Nel merito ed in via principale
DIRITTO
Nel merito ed in via principale: sulla responsabilità del danneggiato ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ..
[3.1] Breve premessa
Come emerge dalla narrativa che precede, Tizio ha convenuto in giudizio Alfa al fine di ottenere l’accertamento della
responsabilità della convenuta ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. o, in subordine, dell’art. 2043 cod. civ. e la conseguente condanna
della stessa al risarcimento dei danni.
Secondo la tesi di parte attrice, Alfa sarebbe responsabile per l’infortunio in cui Tizio è occorso mentre si recava scalzo verso le
docce, non avendo Alfa garantito la sicurezza degli impianti e non avendo provveduto ad eliminare il liquido in eccesso in
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prossimità dell’uscita dalle vasche.
Ciò detto, è evidente che le domande attoree sono entrambe infondate, dal momento che sono frutto sia di una scorretta e
fuorviante ricostruzione degli accadimenti verificatisi, sia, e soprattutto, di una errata applicazione delle norme e delle regole che
governano la disciplina della responsabilità extracontrattuale da fatto illecito.
In particolare, parte attrice ha invocato a sostegno delle proprie pretese l’art. 2051 cod. civ. o, in subordine, l’art. 2043 cod. civ.,
i quali impongono nei confronti del danneggiato l’onere di provare, nel primo caso, di aver subito un danno per effetto di un fatto
e/o di un atto imputabile al danneggiante, nel secondo caso, che l’atto e/o il fatto riconducibile al danneggiante sia altresì dovuto a
dolo o colpa dello stesso.
Ebbene, nella specie Alfa non è imputabile né in qualità di custode di cui all’art. 2051 cod. civ., né tantomeno per aver violato il
principio del neminem laedere, e ciò per le seguenti ragioni.
[3.2] Analisi e confutazione della domanda principale di Tizio
Anzitutto, l’art. 2051 cod. civ., com’è noto, introduce una fattispecie di responsabilità oggettiva a carico del custode, con la
conseguenza che, perché possa configurarsi in concreto, è sufficiente che sussista un nesso causale tra la cosa in custodia ed il
danno arrecato; il nesso di causalità deve essere escluso quando il danno sia ascrivibile al caso fortuito.
Secondo il costante insegnamento giurisprudenziale, la responsabilità per danni da cose in custodia sussiste laddove ricorrano due
presupposti: un’alterazione della cosa che, per le sue intrinseche caratteristiche, determina la configurazione di un’insidia o
trabocchetto e la natura imprevedibile ed invisibile di tale alterazione (in questo senso, ex multis, Cass. n. 11592 del 2010).
Ora, nel caso di specie, stando alla ricostruzione avversaria, Tizio sarebbe inciampato per la presenza di una rilevante quantità di
liquido vicino al bordo della piscina: nessun’altra circostanza in ordine alle modalità od alle condizioni in cui si è verificata la caduta
è stata dedotta dalla controparte.
È dunque evidente che Tizio non ha affatto sostenuto l’onere probatorio su lui incombente ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., non
avendo dato alcuna prova dell’esistenza di una alterazione eccezionale e pericolosa dello stato dei luoghi, tale da poter essere
qualificata come insidia imprevedibile ed oggettivamente non evitabile, fonte di pericolo per il danneggiato.
È infatti certo che la presenza di acqua in prossimità dell’uscita da una piscina non possa configurarsi come condizione anomala;
né dai rilievi fotografici ex adverso prodotti si evincono insidie particolari che non fossero evitabili con la normale ed ordinaria
diligenza, gravante su qualsiasi soggetto che frequenti degli ambienti per loro stessa natura umidi e scivolosi.
Del resto, proprio il menzionato obbligo di diligenza di cui all’art. 1227 cod. civ. avrebbe dovuto portare Tizio a prestare una
maggiore cautela nell’uscire dalle vasche e nell’attraversare i bordi bagnati.
[3.3] Principio del concorso del fatto colposo del danneggiato applicato all’art. 2051 cod. civ.
L’art. 1227, primo comma, cod. civ. prevede infatti che «se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il
risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento
non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza».
Si tratta dell’istituto del concorso colposo del danneggiato, il quale, per effetto del rinvio di cui all’art. 2056 cod. civ., trova
applicazione anche con riferimento alla disciplina della responsabilità extracontrattuale da fatto illecito.
La regola di cui all’art. 1227 cod. civ., com’è noto, risponde al generale principio di autoresponsabilità ed all’obbligo di reciproca
lealtà di condotta; esso comporta il dovere di ciascuno di essere responsabile e di valutare le conseguenze dei propri atti e, in
definitiva, contempera le scelte di dislocazione del rischio con il principio di precauzione al fine di realizzare l’obiettivo comune di
prevenzione.
Ne deriva pertanto che il rischio di scivolare sul bordo di una piscina, trattandosi di una superficie normalmente bagnata proprio a
ragione dell’attività che vi si svolge, andrebbe come tale doverosamente calcolato ed evitato utilizzando calzature adeguate e
comunque adeguandosi alla massima prudenza, non potendosi poi, una volta che una caduta dannosa si è verificata, invocare
come fonte di responsabilità, l’esistenza di una situazione di pericolo che rientra nel rischio generico proprio dei luoghi, evitabile in
base ad una condotta normalmente diligente.
In sostanza, Tizio avrebbe dovuto prestare una particolare e maggiore attenzione al proprio incedere, e ciò tanto più che lo stesso
era perfettamente consapevole che in quel momento i bordi della piscina risultavano particolarmente bagnati in seguito delle lezioni
svoltasi nella mattinata.
Il comportamento colposo di controparte pare in definitiva idoneo a superare la presunzione di responsabilità del custode, dal
momento che è chiaro, alla luce di quanto considerato, che esso si sia posto come unica causa esclusiva dell’evento dannoso.
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L’imprudente esposizione al rischio di caduta da parte di Tizio non può che aver comportato l’interruzione del nesso di causalità
tra la cosa e l’evento pregiudizievole o comunque non può che aver contribuito in misura rilevante al verificarsi del danno.
Va da sé che la domanda di condanna al risarcimento del danno avanzata da Tizio ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. non può essere
accolta e meriti pertanto di essere rigettata.
[3.4] Domanda subordinata di Tizio: confutazione
Analoghe considerazioni valgono anche con riferimento alla domanda subordinata di parte attrice.
A questo proposito, va considerato che anche quando venga invocata, come nel caso specifico, la regola generale dettata dall’art.
2043 cod. civ., grava sul danneggiato l’onere della prova di un’anomalia dello stato dei luoghi, se non necessariamente integrante
gli estremi della c.d. insidia o trabocchetto, comunque, idonea a prefigurare una condotta colposa (o dolosa) della parte
convenuta, fornendo, quindi, almeno implicitamente la prova dell’elemento soggettivo ex art. 2043 cod. civ..
Senonché, Tizio non ha fornito alcuna dimostrazione della presunta colpevolezza di Alfa in merito all’incidente.
Come già detto, la presenza di acqua e di umidità è condizione tipica, prevedibile e connaturata degli ambienti circostanti ad una
piscina. Né è peraltro pensabile pretendere che Alfa provveda a mantenere asciutti i bordi delle vasche: significherebbe esigere
dall’odierna esponente un impegno non dovuto e certamente ben esorbitante rispetto a quanto deriva dagli obblighi di ordinaria
diligenza, prudenza e perizia.
[3.5] Principio del concorso del fatto colposo del creditore applicato all’art. 2043 cod. civ.
Ne consegue che, pure con riferimento alla pretesa risarcitoria di cui all’art. 2043 cod. civ., il comportamento colposo del
danneggiato, ravvisabile quando egli abbia usato un bene senza la normale diligenza o con affidamento soggettivo anomalo, può
atteggiarsi a concorso causale colposo (valutabile ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ.), così escludendo sia il nesso
eziologico tra la condotta del danneggiante e l’evento sia qualsivoglia profilo di colpevolezza imputabile al medesimo danneggiante.
Né peraltro il fatto che Tizio si fosse reso conto che i bordi della piscina quel giorno fossero più bagnati può essere ragione di
esclusione del suo obbligo di diligenza e di prudenza, essendo per contro una ulteriore riprova che il pericolo in questione fosse
evidente e tutt’altro che imprevedibile.
[3.6] Precedente giurisprudenziale
Come è stato infatti chiarito di recente anche dalla Suprema Corte di Cassazione, quanto più la situazione di possibile pericolo è
suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più
incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno,
fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso (in questo senso,
Cass. n. 9009 del 2015) .
Ne deriva che se nell’ipotesi di cui all’art. 2051 cod. civ. il comportamento colposo e scarsamente prudente del danneggiato è
idoneo ad integrare gli estremi del caso fortuito ed a liberare il custode da qualsiasi responsabilità, ciò vale a maggior ragione ove
si inquadri la fattispecie del danno nella previsione di cui all’art. 2043 cod. civ. (cfr., Cass. n. 9009 del 2015).
In conclusione, alla luce di quanto esposto e considerato, le domande di parte attrice risultano infondate e, come tali, meritano di
essere rigettate.
[4] Domanda subordinata
In subordine: riduzione della pretesa risarcitoria di Tizio in ragione della sua accertata responsabilità concorrente.
Nella denegata e non creduta ipotesi in cui il Tribunale adito giudicasse l’odierna esponente imputabile dell’incidente verificatosi
presso le piscine del Centro Sportivo Alfa s.p.a., Alfa chiede fin d’ora che la pretesa risarcitoria avanzata da Tizio venga
opportunamente ridotta in proporzione alla sua accertata responsabilità concorrente.
Ed infatti, seppure il Giudice non ritenesse di condividere il ragionamento sopra sviluppato e volto a dimostrare la non sussistenza
di un nesso eziologico tra la condotta di Alfa e l’evento dannoso, è comunque indubbio che nella specie sussista almeno un
concorso colposo di Tizio.
Ne consegue che l’entità del risarcimento dovrà essere determinata tenendo conto dell’efficacia concorsuale del comportamento
del danneggiato e, per l’effetto, proporzionalmente diminuita.
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Per tutto quanto esposto e considerato, si chiede che l’Illustrissimo Tribunale adito voglia, respinta ogni contraria istanza,
eccezione e deduzione, accogliere le seguenti
[5] Conclusioni
CONCLUSIONI
Nel merito ed in via principale, accertato e dichiarato che la responsabilità dell’evento dannoso è da ricondursi, integralmente, in
capo a Tizio, respingere la richiesta di risarcimento del danno, in quanto infondata in fatto ed in diritto;
in subordine, accertato e dichiarato il concorso di colpa del danneggiato nella causazione dell’evento letale, determinare il
quantum del risarcimento, riducendo l’importo in proporzione all’accertata responsabilità di Tizio.
Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio.
In via istruttoria, senza alcuna inversione dell’onere della prova, in caso di ammissione di prova testimoniale dedotta da parte
attrice, chiede prova contraria sui capitoli formulati da controparte.
Si produce:
1. copia dell’atto citazione notificato in data …;
Data …
Firma avv. …
[6] Procura
PROCURA ALLE LITI
Il Centro Sportivo Alfa s.p.a., con sede legale in …, P.IVA. … , in persona del legale rappresentante pro tempore, informato
della facoltà di avvalersi del procedimento di mediazione e dei relativi benefici fiscali di cui al d.lgs. n. 28 del 2010, delega l’avv.
… (C.F….) a rappresentarlo, assisterlo e difenderlo nel presente giudizio in ogni stato, fase e grado, conferendogli ogni più ampia
facoltà di legge, ivi compresa quella di farsi sostituire, conciliare, transigere, rinunciare agli atti di causa e chiamare in causa terzi.
Dichiara di aver ricevuto l’informativa di cui all’art. 13 D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e di prestare il consenso di cui all’art. 23
del medesimo D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, al trattamento dei dati personali comunicati per l’espletamento del mandato, ivi
comprese la loro utilizzazione e diffusione al medesimo fine. Elegge domicilio presso lo studio dell’avv. … , in … , via … .
Data …
Firma cliente
(per autentica)
Firma avv.
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