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I sentieri della ricerca
Primi appunti per una storia dei prigionieri Austro-Ungarici e Tedeschi nel Novarese durante la Grande Guerra di Renzo Fiammetti Premessa Recentemente, a livello nazionale, si è acceso l'interesse sulla vicenda della prigionia di guerra in Italia durante la prima guerra mondiale, grazie al saggio di Alessandro Tortato 1 che colma una lacuna tutta italiana su un tema che, in altri paese ha trovato sin dal primo dopoguerra un preciso interesse storiografico 2. Nelle considerazioni che seguono si proverà a dare una prima sistemazione a questa complessa materia per quanto riguarda il Novarese, nella estensione che la provincia aveva nella prima guerra mondiale (comprendendo quindi il Vercellese, il Biellese, e il VCO) tenendo presenti le difficoltà di ricostruzione di queste vicende 3. 1 Cfr. Alessandro Tortato, La prigionia di guerra in Italia 1915 – 1919, Mursia, Milano, 2004. Il saggio di Tortato è quanto di più sistematico e scientificamente fondato su una solida base documentale esista in Italia, ad oggi, sul tema, e vi faremo ampio ricorso per le note che seguono. Un testo, quello di Tortato, che si affianca al saggio di Giovanna Procacci (Soldati e prigionieri italiani nella Grande guerra. Con una raccolta di lettere inedite, Bollati Boringhieri, Torino, 2000) sulle vicende dei prigionieri italiani in Austria e Germania. Successivamente al saggio di Tortato, è apparso lo studio di Giovanni Re (Prigionieri dimenticati. Cellelager 1917 – 1918. Mursia, Milano, 2008) tratto dalle memorie di un ufficiale italiano – Niccolò Nicchiarelli – internato nel Gefangenenlager di Celle, nei pressi di Hannover. A questi studi fanno da corollario contributi locali (ricordati nel testo di Tortato e apparsi anche in anni meno recenti) che hanno il merito contestualizzare il tema della prigionia tedesca e austro-ungarica in Italia nelle singole comunità. E' il caso del saggio di Pierangelo Petronio (Caduti e dispersi di Riva Ligure 1915 – 1918, prigionieri di guerra Austro- Ungarici deceduti nel Circondario e profughi di guerra veneti accolti nel nostro Comune, Riva Ligure, 2000) che affronta anche il tema dei profughi dal Veneto invaso; mentre si deve ricordare il saggio di Giuseppe Agnelli (L'ecatombe dell'isola dell'Asinara, Biancardi, Lodi, 1961) come una sorta di antesignano delle ricerche sul tema della prigionia in Italia durante la grande guerra, anche per aver affrontato il tema dell'internamento dei prigionieri austriaci all'Asinara, che ebbe esiti drammatici. Va citato inoltre Giorgio Migliavacca (Prigionieri di guerra in territori italiani durante la prima guerra mondiale, Pavia, 1982) così come il successivo contributo di Enzo Maccalini e Lucio Losardo (Prigionieri di guerra ad Avezzano, a cura dell'Archeoclub d'Italia, sezione della Marsica, Avezzano, 1996). Non va dimenticato – infine - quanto si è pubblicato sul prigioniero di guerra più famoso che l'Italia ospita, il filosofo Ludwig Wittgenstein, prigioniero a Cassino, come recita il titolo omonimo del libro di Franz Parak ( Wittgenstein prigioniero a Cassino, Armando, Roma, 1978). 2 Sul versante francese e tedesco, la saggistica sul tema data da più tempo, come ricorda Tortato, con Georges Cahen Salvador (Les prisonniers de guerre: 1914 – 1919, Payot, Paris, 1929) Wenzel Wosecek (Kriegsegefangen und entflohen. Erlebnisse in italienischer und franzosischer Gefangenschaft nacherzahlt von Erich neugebauer, Jasper, Wien, 1918.) e Hans Weiland (In Feindeshand, Wien, 1931); più recente è il saggio di Joel Kotek e Pierre Rigoulot (l secolo dei campi. Detenzione, concentramento e sterminio: 1900 – 2000, Mondadori, Milano, 2001) che legge l' universo concentrazionario come una sorta di denominatore comune della storia del Novecento. 3 Una fonte, inaspettata, riguardo la vicenda dei prigionieri di guerra Austro-Ungarici e Tedeschi nel Novarese è la stampa locale, abbastanza ricca di notizie su questa vicenda, in particolare con articoli e annotazioni alle Rubriche di Stato civile. Altra fonte i Registri di morte dei Comuni in cui morirono prigionieri là internati:a tale riguardo va segnalata la difficoltà di accesso a questi riscontri, non sempre agevole per sofismi burocratici e anche perché non si dispone preventivamente di un elenco completo delle località di internamento, dovendo quindi procedere per tentativi successivi; in molti casi le istanze alle amministrazioni comunali hanno dovuto attendere mesi per essere evase e in qualche caso non sono state evase per nulla; anche per resistenze a fornire i dati richiesti (assolutamente pubblici per legge). A Vienna si sono consultati i documenti conservati all'Osterreichisches Staatsarchiv, in merito ai Al lavoro, fra timori e urgenza di manodopera L'impiego lavorativo di prigionieri di guerra ha un percorso complesso e tormentato, caratterizzato da una sostanziale diffidenza nell'impiego di questa manodopera, diffidenza che diviene aperto timore di pericolose collusioni e influenze dei prigionieri nemici sui contadini e che porta dopo Caporetto alla decisione di ritirare i prigionieri dal lavoro nei campi, temendo la negativa propaganda che i prigionieri – resi baldanzosi dallo sfondamento delle linee italiane – potevano esercitare sulla popolazione civile 4. Nell'estate 1916, il prefetto di Novara scrive al presidente della Camera di commercio per una valutazione in merito all'impiego dei prigionieri nei lavori agricoli. L'orientamento assunto dal presidente dell'Ente camerale non è positivo, per i problemi di sorveglianza di questi prigionieri. Esito negativo anche da una riunione in Municipio con le organizzazioni agricole 5. Pochi giorni dopo arrivano a Novara i primi prigionieri nemici - diciotto soldati austriaci feriti e catturati dagli Alpini italiani in Trentino – subito internati all'ospedale militare della città 6. Sulla stampa locale compaiono i primi dettagli, frutto di una stupita curiosità verso questi uomini: la loro giovane età “Sono giovanissimi, uno del 1897, parecchi del 1896” 7 - il fatto che comprendano o meno l'italiano, prigionieri deceduti nel Novarese (e Vercellese, essendo i documenti risalenti al 1943 ed esistendo a quella data la nuova provincia di Vercelli), riscontrando significative lacune. Nulla riguardo ai prigionieri tedeschi nel Novarese risulta al Bundesarchiv di Friburgo, ma va ricordato che durante la seconda guerra mondiale l'archivio dell'esercito tedesco, allora collocato a Potsdam, fu distrutto da un bombardamento aereo alleato nel 1945. Rispetto ai nominativi di soldati tedeschi sono in corso verifiche al WASt Archive di Berlino. Indichiamo qui anche una prima nota di sintesi sulla storiografia più generale sulla prima guerra mondiale. E' di recente pubblicazione Stéphane AudoinRouzerau – Jean Jacques Becker (a cura di), La prima guerra mondiale, 2 voll., Einaudi Torino, 2007, (ed. italiana a cura di Antonio Gibelli). E' stato riproposto anche lo studio di Mario Insenghi e Giorgio Rochat, La Grande Guerra, 1914- 1918, Il Mulino, Bologna, 2008, mentre del solo Isnenghi continua a essere ripubblicato Il mito della grande guerra, Il Mulino, Bologna, (VI ed., 2007). Di recente proposta, è invece il saggio di Emilio Gentile, L'apocalisse della modernità. La grande guerra per l'uomo nuovo, Mondadori, Milano, 2008. Non recenti ma importanti per i temi trattati: Antonio Gibelli, L'officina della guerra. La Grande Guerra e le trasformazioni del mondo mentale, Bollati Boringhieri, Torino, 1991; Enzo Forcella, Alberto Monticone, Plotone d'esecuzione. I processi della prima guerra mondiale, Laterza, Bari, (1968, nuova edizione riveduta 1998). Di Antonio Gibelli ricordiamo anche La grande guerra degli italiani 1915- 1918, Rizzoli, Milano, 1998. Mentre, per parte austriaca, citiamo la ripubblicazione delle cronache della giornalista Alice Schalck, prima donna inviata di guerra (Isonzofront, Libreria editrice goriziana, Gorizia, 2003). 4 Se la questione si pone già nell'estate del 1915, è soltanto quasi un anno dopo – nel maggio 1916 – che vengono diramate le prime norme per l'impiego dei prigionieri di guerra in lavori agricoli e industriali, prevedendo l'impiego degli stessi in gruppi non inferiori alle cento unità, con scorta di un ufficiale e ventiquattro soldati. A chiedere per primi i prigionieri di guerra sono i proprietari terrieri per i lavori di mietitura; si formano così le prime 32 compagnie composte, ciascuna, da duecento prigionieri . Le domande di impiego di associazioni di agrari o singoli imprenditori vengono vagliate dalle Commissioni provinciali di agricoltura e poi giungono alla Commissione per i prigionieri di guerra. Con l'inizio del 1917 aumentano, in tutto il Paese, le domande di impiego dei prigionieri, la cui forza lavoro impiegata ammonta a duemila distaccamenti per complessivi 80mila uomini. Per queste considerazioni generali cfr. Alessandro Tortato, op. cit. pagg.100 – 101; Giovanna Procacci, op. cit. , pag. 223. 5 Cfr. L'Azione novarese n. 50, 20 giugno 1916. 6 Cfr. Gazzetta di Novara n. 1922, 15-16 luglio 1916. 7 Cfr. Corriere di Novara n. 56, 15 luglio 1916. con indicazioni contraddittorie - “non parlano né intendono l'italiano e non essendo famigliari agli interpreti i loro idiomi non si hanno ancora notizie sui casi loro” 8 “parecchi sanno qualche cosa di italiano e riescono a farsi comprendere e a capire ciò che loro viene detto dagli altri nostri soldati”9 Un particolare colpisce i giornalisti novaresi: “Sono tutti ben vestiti e hanno dietro il berretto una pezzuola bianca che scende sul collo e che serve per farli riconoscere da lontano alle loro artiglierie per evitare che il tiro troppo corto debba colpirli confondendoli colle nostre truppe” 10 . Una nota riguardante la loro cattura ci informa che: “Di questi diciotto uno ha ancora commesso un atto di barbarie quando era già fatto prigioniero e cioé ha lanciato una bomba contro un nostro alpino che lo aveva catturato, riuscendo a ucciderlo” 11. Non abbiamo altre notizie di arrivi di prigionieri nelle settimane e nei mesi successivi. I diciotto soldati arrivati nell'estate del 1916 non dovrebbero (almeno non tutti) fermarsi nel Novarese se, all'inizio dell'anno 1917, secondo una relazione ufficiale dell'Esercito italiano, a Novara sono presenti due soli prigionieri 12 . Un numero che cambia quasi subito: nel marzo avviene l'assegnazione al Novarese di prigionieri destinati a lavorare nelle campagne di “Cameri, Caltignaga, Cressa, San Pietro Mosezzo, Casalbeltrame, Biandrate, Solarolo, Vespolate, ecc. Detti prigionieri han un aspetto florido e si dimostrano soddisfatti della nuova loro vita e del guadagno che loro è dato” 13. E ancora: “In questi giorni dietro domande di numerosi agricoltori è giunto dal campo di concentramento del forte di Gavi un discreto numero di prigionieri austriaci che vennero adibiti ai lavori agricoli nelle nostre campagne. Ai prigionieri viene assegnato dai proprietari il vitto che è su per giù quello dei soldati e dei nostri contadini ed una paga giornaliera in ragione di centesimi venticinque all'ora” 14 . All'inizio di marzo 1917 arrivano anche a Vercelli i primi 8 Cfr. Gazzetta di Novara n. 1922 15-16 luglio 1916. 9 Cfr. L'Azione Novarese n. 57 ,14 luglio 1916. 10 Cfr. Corriere di Novara n. 56, 15 luglio 1916. 11 Cfr. L'Azione Novarese n. 57, 14 luglio 1916. 12 Cfr. Alessandro Tortato, op. cit. pag. 30. La relazione, pubblicata nel saggio di Tortato, è datata 3 gennaio 1917 e viene redatta dalla Commissione prigionieri di guerra, presieduta dal generale Spingardi. Complessivamente, secondo tale relazione, alla data del primo gennaio 1917 in Italia sono internati 79.978 prigionieri, così distinti: 1.633 ufficiali, 332 aspiranti e cadetti, 78.013 uomini di truppa. I due prigionieri presenti a Novara sono uomini di truppa. Secondo quanto indicato da Tortato (cfr. pag. 33) la cifra – detratti 16mila prigionieri consegnati ai Francesi e 7mila deceduti all' Asinara – corrisponde all'effettivo numero dei prigionieri catturati dall'esercito italiano nel periodo 24 maggio 1915 – 31dicembre 1916. 13 Cfr. La Gazzetta di Novara n. 1993, 31 marzo – primo aprile 1917. 14 Cfr. Gazzetta di Novara n. 1996 , 11- 12 aprile 1917. Secondo la Raccolta delle disposizioni di carattere permanente relative ai prigionieri di guerra e ai disertori del nemico dell'agosto 1918 (pubblicata in appendice a Alessandro Tortato, op. cit., pag. 204 e seguenti) la paga giornaliera del prigioniero in caso di lavori per amministrazioni pubbliche è fissata in centesimi 5, nel caso di lavori per conto di privati “la mercede di ogni ora di lavoro dovrà essere stabilita in misura corrispondente a quella degli operai liberi, per le stesse quantità e qualità di lavoro, tenendo però debito conto dei diversi elementi negativi che tendono a diminuire l'effettivo rendimento dell'opera dei prigionieri, quali sarebbero le limitazioni dipendenti dalla necessità di sorveglianza, il minore spirito di prigionieri destinati ai lavori agricoli: “Sono cinquanta tutti ungheresi e vengono dal Deposito della testa di ponte di Casale. Sono stati mandati nella vasta tenuta di Montoneo di proprietà dell'Ordine Mauriziano e affittato al sig. Maggiorino Savio. Hanno uno speciale quartiere, mangiano il rancio dei soldati e percepiscono un soprasoldo. Dei cinquanta prigionieri tre caporali parlano un poco d'italiano. Vestono ancora le loro uniformi. Tutti si dimostrano contenti di essere stati destinati al lavoro che rompe la monotonia e procura loro qualche agio” 15 . Questa assegnazione potrebbe essere un episodio sporadico perché, ancora nelle settimane successive, vi sono le “rinnovate insistenze” del presidente dell'Associazione degli agricoltori, conte di Gattinara, per la concessione di prigionieri per i lavori in campagna 16. Con il passare delle settimane, prigionieri di guerra, organizzati in Distaccamenti 17 sono assegnati nelle seguenti località della provincia di Novara: Armeno, Andorno Micca, Bellinzago Novarese, Biandrate, Bianzé, Biella, Bioglio, Caltignaga, Cameri, Casalbeltrame, Casalgiate (frazione di Novara), Casalino, Castellazzo Novarese, Cervarolo, Costanzana, Cressa, Fontanetto Po, Formigliana, Granozzo, Grignasco, Lamporo, Livorno Ferraris (allora Livorno Vercellese), Miagliano, Nonio, Novara, Oleggio, Palazzolo, Pertenengo, Ponzana, Ronsecco, San Pietro Mosezzo, Sali Vercellese, Salussola, San Germano Vercellese, Santhià, Solarolo, Terdobbiate, Tornaco, Trecate, Tricerro, Trino Vercellese, Tronzano Vercellese, Vicolungo, Vercelli e Vespolate 18. Impiegati soprattutto in lavori agricoli, i prigionieri sono rinchiusi in locali nelle cascine, sotto sorveglianza militare: a Casalbeltrame alla cascina Bosco; a Biandrate alla cascina del Conte; a Caltignaga nella cascina Boscale, nei magazzini posti sopra alle case dei contadini italiani 19; a Bellinzago alla Badia di Dulzago; a Trino alle cascine Ramezzana, Lucedio e Leri. A Livorno Ferraris nella cascina Spinola; alla regione Brianco a Salussola; alla cascina Stroppei a Tronzano; a Vicolungo probabilmente alla tenuta Gargarengo; alla cascina Rovellina a Tornaco. A Cameri nel marzo 1917 arriva un primo gruppo di 25 prigionieri, assegnati alla tenuta Bonacossa all'Argine per collaborazione e, soprattutto, la mancanza nei prigionieri dello stimolo dell'interesse, atto ad eccitare la produzione”. 15 Cfr. La Sesia, n. 29, 10- 11 marzo 1917. Il nome corretto della tenuta è Montonero e non Montoneo 16 Cfr. La Sesia, n. 47, 24 aprile 1917. 17 A livello nazionale, proprio con l'inizio del 1917 come abbiamo visto, si assiste a un aumento delle domande per l'impiego dei prigionieri di guerra nelle mansioni più diverse , non solo agricole, e vengono organizzati duemila distaccamenti con complessivamente 80mila prigionieri impiegati nei campi, nelle miniere, nelle fabbriche, in lavori pubblici. Anche in mansioni attinenti – indirettamente - le operazioni militari, come lavori nelle immediate retrovie del fronte . L'articolazione dei distaccamenti di regola prevede – come già visto - cento prigionieri per ogni reparto, numero riducibile a un minimo di trenta se funzionali a particolari esigenze agricole Cfr. Alessandro Tortato, op. cit.,pagg. 103-104 18 Si conferma che si tratta di un elenco probabilmente incompleto. 19 Questa indicazione è stata fornita dall'impiegato comunale di Caltignaga, sig. Brustia che ricorda racconti che gli facevano la nonna e la zia, ragazze del 1899 e del 1900 che, negli anni della guerra, abitavano nella cascina Boscale. essere “occupati nei lavori agricoli” 20; e segue poi un altro gruppo più consistente – 40 uomini – alloggiato, almeno in un primo momento, addirittura nel Municipio del paese. Nell'estate 1919 vengono raccolti alla cascina Montimperiale “circa 200 prigionieri ungheresi che si trovavano qua e là per lavorare nelle campagne” 21 e che ora vengono ritirati per lasciare il posto “ai nostri contadini disoccupati”. “Quantunque trattati meglio dei nostri soldati sono tristi e demoralizzati perché essendo obbligati a far nulla non sanno come passare la giornata. Sospirano perciò il momento che, conclusa la pace, possano tornare nella loro patria! Noi auguriamo che presto il loro desiderio venga soddisfatto”. A luglio i prigionieri sono trasferiti alla Mandria, tenuta agricola vicino Torino: “Essi, che continuamente chiedevano se la pace coll'Austria fosse firmata, sperano di presto rivedere la propria famiglia: il che noi loro auguriamo cordialmente” 22. Alla data del 19 aprile 1918 sono presenti nel Novarese 2.630 prigionieri di guerra, assegnati a lavori agricoli 23, numero certamente da aumentare per arrivi successivi, come ad esempio quello di oltre mille prigionieri che in novembre, a guerra finita da poche ore, arrivano a Vercelli; e perché l'impiego nei lavori agricoli non è esclusivo. Non sono destinati a lavori agricoli i cinquanta prigionieri inviati a Biella, nel giugno 1917 “accasermati nella palestra di via Arnulfo, (e che) saranno collocati negli stabilimenti industriali, dietro richiesta” 24. Nel gennaio 1919 la Commissione provinciale di agricoltura propone “all'autorità competente il ritiro dei prigionieri per assicurare occupazione alla manodopera locale, ritiro che avviene gradualmente onde evitare perturbazioni nelle aziende e sarà iniziato nei Comuni dove già si verificano casi di disoccupazione” 25. L'impiego dei prigionieri causa acute polemiche sindacali. Tra l'estate del 1917 e la primavera del 1918 i socialisti vercellesi denunciano un impiego disinvolto della manodopera dei 20 Cfr. Il Camerese, n. 12, 25 marzo 1917. 21 Cfr. Il Camerese, n. 17, 26 aprile 1919. Per come viene data la notizia, ipotizziamo che a Cameri si raccolgano non soltanto i prigionieri del paese ma anche quelli di località vicine. E' ipotizzabile che, ad esempio, vi si raccolgano i prigionieri internati a Bellinzago. 22 Cfr. Il Camerese, n. 31, 2 agosto 1919. 23 Cfr. Lettera del ministro dell'Agricoltura al presidente della Deputazione provinciale di Novara del 19 marzo 1918 in: Archivio di Stato di Novara, Fondo Provincia di Novara, busta 2003. A livello nazionale, alla data del 6 aprile 1918, sono 130mila i prigionieri impiegati in lavoro in Italia, di cui 60mila in agricoltura. Cfr. Alessandro Tortato, op. cit., pag. 108. 24 Cfr. Il Biellese, n. 49, 28 giugno 1917. 25 Cfr. Gazzetta di Novara n. 3 - 11- 12 gennaio 1919. Questo dovrebbe essere l'ultimo atto della presenza dei prigionieri di guerra nel Novarese, comunque la permanenza degli stessi in provincia si protrae ancora per mesi. Infatti il rimpatrio – a guerra terminata – dei prigionieri è lungo e complesso. Basti ricordare che l'Ufficio prigionieri di guerra dell'Esercito italiano (la nuova denominazione assunta dalla Commissione prigionieri di guerra) viene soppresso solo il 20 agosto 1920 “avendo ormai ultimato il grosso del suo lavoro” e che le operazioni di rimpatrio sono organizzate tenendo conto della nazionalità dei prigionieri, prima – ad esempio – i Dalmati italiani; poi Serbi, Croati e Sloveni. Solo nel luglio 1919 sono rimpatriati Austriaci e Tedeschi e al dicembre dello stesso anno ancora attendono il rimpatrio gli Yugoslavi. Cfr. in generale Alessandro Tortato, op. cit., pag. 151 – 160. prigionieri nemici, invece di manodopera locale. Prigionieri usati anche come arma di ricatto sindacale da parte dei padroni: “Anche dove non apparirà la disoccupazione la presenza di troppi prigionieri servirà magnificamente ai padroni per deludere le richieste di quegli aumenti di paga che nei tempi in cui viviamo sono addirittura indispensabili” 26 . Denunce che sono riprese anche al Congresso dei lavoratori della terra, che si tiene a Milano dall '8 al 10 ottobre 1917, quando si evidenzia che i prigionieri sono richiesti dagli agricoltori non perché “mancanti di altra manodopera ma per far ribassare la paga ai lavoratori locali” 27 . Denunce che coinvolgono, nell'autunno 1918, anche i socialisti novaresi che definiscono la manodopera dei prigionieri come una sorta di calmiere “della paga non certo rispondente agli aumentati bisogni e al reale aumento del costo della vita” 28. Storia di un soldato Le vicende biografiche dei singoli prigionieri internati nel Novarese sono di difficile ricostruzione e non strettamente funzionali al presente lavoro. Ma, anche solo a titolo di esempio, una vicenda esemplare possiamo narrarla: quella del caporale Simon Dank. Simon Dank nasce nel 1892 nel villaggio ungherese di Kozsa, nella provincia di Hunyand. Figlio di Simon e di Marie, è di professione contadino e non è sposato. Arruolato, diviene caporale del 64mo reggimento. Impiegato sul fronte italiano, il 24 maggio 1917 è catturato dagli Italiani a Medeazza, durante la decima battaglia dell'Isonzo 29 . Internato nel campo di concentramento di Avezzano (L'Aquila) è trasferito – forse transitando dal forte di Gavi o da Casale Monferrato - a Casalbeltrame e inquadrato nel Distaccamento omonimo alla cascina Bosco. All'alba del 31 dicembre 1918 Simon Dank muore – probabilmente di spagnola - e viene sepolto nel cimitero del paese, dove si trova ancora oggi; accanto a lui riposa il commilitone Paul Zabulotny, un anziano soldato di 43 anni, vedovo, originario della Galizia e deceduto a Casalbeltrame il 28 luglio 1919 30. 26 Cfr. La Risaia, n. 29, 21 luglio 1917. In questo numero si afferma che i prigionieri “sparsi per il Vercellese” sono “centinaia e centinaia”. 27 Cfr. La Risaia, n. 41, 20 ottobre 1917. 28 Cfr. Il Lavoratore, n. 45, 23 novembre 1918. 29 Sulla decima battaglia dell'Isonzo cfr. Mario Silvestri, Isonzo1917,Einaudi,Torino, 1965, pag. 120 e seguenti. Come si nota dal saggio di Silvestri (a pagina 173) il primo diretto attacco contro quota 175 sul monte Hermada (cioé l'abitato di Medeazza) è scatenato dagli Italiani il 25 maggio, senza che il borgo fosse conquistato. Il caporale Simon Dank è catturato il giorno prima, probabilmente in scontri di pattuglie, e non durante la battaglia vera e propria. La decima battaglia dell'Isonzo - “glorioso macello” la definisce Silvestri (cfr. pag. 182) – si conclude con enormi perdite italiane e austroungariche: 210mila soldati italiani, di cui 54mila morti, 129mila feriti e 27mila prigionieri; 100mila soldati austroungarici, di cui 25mila prigionieri. Cfr. Mario Silvestri, op. cit., pagg. 181- 182. Più recentemente vedi: Gianni Baj- Macario, Anton von Pitreich, Prima di Caporetto. La decima e l'undicesima battaglia dell'Isonzo, Libreria Editrice, Goriziana, Gorizia, 2007. 30 Cfr. su Simon Dank: Comune di Casalbeltrame, Registro dei morti, dall'anno 1916 all'anno 1926, anno 1919, n. 1. Osterrechisches Staatsarchiv – Wien, ad nomen. Su Paul Zabulotny: Comune di Casalbeltrame, Registro dei morti, dall'anno 1916 all'anno 1926, anno 1919, n. 13. Ma la vicenda del caporale ungherese Dank non si arresta qui: quando nel 1943 si procede a un censimento dei caduti austroungarici in Italia, per il Novarese, alla voce “Casalbeltrame” si annotano due caduti, un Ukraino (Zabulotny) e un Romeno (Dank). Era accaduto che dopo la guerra il villaggio di Kozsa (anche conosciuto con il nome tedesco di Koseln) si ritrovasse in territorio romeno, assumendo il nome di Coaja mentre la provincia diventava Honedoara. Oggi Coaja, piccolo villaggio di meno di 150 persone, è parte del Comune di Vorta 31. Prigionieri, comunità e uso pubblico della storia L'attenzione che la stampa novarese dedica ai prigionieri di guerra inizia con una sorta di attenzione curiosa, per poi trasformarsi quasi in una normale cronaca e divenire – soprattutto durante e dopo i giorni drammatici di Caporetto – sospettosa e ostile. Una evoluzione di attenzione che trova motivazione con il protrarsi della guerra, con l'aumento dello sforzo militare e umano italiano, con le notizie che iniziano a giungere – spesso drammatiche – dei prigionieri italiani internati in Austria o in Germania e che - quasi inevitabilmente - si riflettono sull'attenzione che hanno – in Italia – i prigionieri nemici. Chiaro è l'invito che viene rivolto alla popolazione novarese dopo Caporetto, rispetto a come considerare i prigionieri nemici: “Non bisogna creder loro e tantomeno trattarli con confidenza. Sono anch'essi nemici nostri implacabili appartenenti a stati violatori di ogni principio di onestà e giustizia, in guerra quasi con tutto il mondo e da quasi tutto il mondo odiati ed esecrati . . . Essi maltrattano iniquamente i nostri poveri fratelli caduti nelle loro mani e lasciati senza cibo e ricovero sufficiente mentre qui i loro prigionieri sono trattati come noi e meglio di noi … Non prestate adunque orecchio agli inganni dei tedeschi che non hanno mai fatto nulla di buono per noi e molto male sempre … Attenti dunque, state bene in guardia contro i prigionieri che non potendo più fare la guerra con le armi, la continuano a fare con ogni sorta di raggiri e inganni .. Perché quando, finita la guerra, ritorneranno alle loro case diranno, ridendo alle vostre spalle, di non aver trovato gente più credenzona e balorda dei contadini italiani. State dunque in guardia”32. Ma cosa accadeva, dunque, di così pericoloso? “Ci si dice, e stentiamo a crederlo, che in qualche posto si siano organizzate fra i prigionieri e le nostre forosette delle allegre danze che sarebbero una atroce offesa al sentimento di dignità del nostro popolo” 33 . E ancora: “Si era giunti a questo che qualche contadino aveva imparato a cantare – naturalmente senza capirlo – l'inno tedesco Deutschland über aller! L'inno della superbia tedesca che aspira ad assoggettare il mondo ponendo la Germania sopra 31 Cfr. Osterrechisches Staatsarchiv – Wien, ad nomen e al Karton 60. www.cjhunedoara.ro. 32 Cfr. Gazzetta di Novara n. 2061, 1-2 dicembre 1917. 33 Cfr. La Sesia, n. 134, 16 novembre 1917. tutto” 34 . Che fraternizzasse o meno, la popolazione civile non sembra particolarmente ostile ai prigionieri nemici. Probabilmente riconosce in quei soldati ciò che anche loro sono, cioè povera gente dedita al duro lavoro della terra. Una accondiscendenza che viene criticata dalla stampa borghese, che – soprattutto dopo Caporetto – teme la presenza nelle campagne di così tanti prigionieri nemici a contatto con l' “ingenua coscienza popolare” 35 . Una stampa che si spinge a denunciare addirittura “la curiosità morbosa” o la “malintesa pietà” che spinge le donne (“brave donnette” ironizza la Sentinella novarese 36 ) a usare “riguardi” ai prigionieri. Più inclini a vedere nei prigionieri degli uomini, dei contadini più che dei nemici è la stampa socialista, che – ad esempio – stigmatizza, nel dicembre 1918, la morte in solitudine del soldato Gregor Samilo, avvenuta a Sali Vercellese 37. Ancora un esempio di pietà umana dei civili verso i prigionieri è dato dall'arrivo a Vercelli, nel novembre 1918, di 1.208 prigionieri di guerra “destinati alle nostra campagne” 38. Hanno un “aspetto pietoso: pallidi, magri, disfatti dalla mancanza di alimenti e dalle fatiche, con l'occhio smarrito, cadenti, sudici e con le uniformi a brandelli, parecchi senza camicia”. Alloggiati alla caserma Umberto I e alla Cavallerizza, sono “rifocillati con una minestra di riso e molti confessavano che non ricordavano da quando ne avessero mangiato … Il loro stato mosse a pietà molta gente che dava loro, al passaggio, pane e qualche soldo. E' il cuore del nostro popolo così diverso da quello dei nostri nemici”. La permanenza a Vercelli di questo grosso contingente di prigionieri dura solo una notte, alla mattina successiva il loro arrivo lasciano la città “diretti ai vari paesi ed a tenute del nostro circondario, salvo un centinaio mandati a Salussola 39 , dove saranno adibiti a lavori di bonifica della baraggia”. Un accenno alla vicenda dei prigionieri nemici a Granozzo si trova nelle pagine di Dante Graziosi. “I prigionieri ungheresi erano brava gente che simpatizzava coi paesani” 40, mentre a Trino Vercellese nasce addirittura una canzone popolare 41; 34 Cfr. La Sesia, n. 135, 17- 18 novembre 1917. Aller è ovviamente un errore del giornale, va inteso Alles. 35 Così si esprime La Sesia, n. 134, 16 novembre 1917. 36 Cfr. La Sentinella novarese, n. 9, 15 giugno 1918. 37 Cfr. La Risaia, n. 49, 7 dicembre 1918. Il giornale socialista vercellese denuncia la morte in solitudine del prigioniero, così come era toccato a due suoi compagni nei giorni precedenti, probabilmente colpiti da spagnola. Alla Risaia risponde il giornale La Sesia, rimarcando come il soldato fu curato per quanto possibile e non morì solo come “un cane austriaco” (come aveva titolato il suo articolo La Risaia). Cfr. La Sesia n. 101, 17 dicembre 1918. 38 Per la cronaca di questo fatto cfr. La Sesia n. 94, 22 novembre 1918. 39 A Salussola la presenza di prigionieri di guerra destinati a lavori agricoli è documentata dal 1917. 40 Cfr. Dante Graziosi, La terra degli aironi , Interlinea, Novara, 1997, pag. 29 e seguenti. Dante Graziosi racconta la vicenda della morte del soldato Franz Juschla, deceduto di spagnola il primo novembre 1918. Secondo quanto rinvenuto nel Registro delle morti del Comune di Granozzo con Monticello – al numero 18 - il soldato si chiama Franz Ihuschha ed è deceduto non il primo novembre bensì il 5 “nella casa posta in via Casalino al numero 5”. Oggi in occasione di cerimonie ufficiali, si portano ancora fiori alla tomba del soldato Ihuschha. 41 Cfr. Domenico Massa, Renzo Palazzi, Secondo Vittone, Risèri dal me coeur, ed. SM, Vercelli, 1981, pagg. 164- 165. Il testo della canzone (intitolata Il prigioniero)– riportato in questo volume- dice: Sentite, buona gente, un fatto di dolore/di un povero prigioniero che vi commuove il cuore!/Il prigioniero malato, la visita chiamò/ed il tenente un canto composto da alcune mondine che hanno udito - alla cascina Ramezzana – i lamenti di un prigioniero malato e - come tale - incapace di lavorare, e per questo maltrattato da un ufficiale italiano. Senza comprendere il significato delle implorazioni del prigioniero, non conoscendone la lingua, le donne gli attribuiscono sentimenti universali di attaccamento alla madre e alla terra natìa, con un canto “carico di una pietà antimilitarista e internazionalista” 42. Riportando la testimonianza di una delle mondine di Trino, Carolina Zorni, il testo di Castelli, Jona e Lovatto specifica che “questi prigionieri assegnati ai lavori agricoli non avessero sovente di che sfamarsi e come spesso le mondine facessero finta di niente e gli gettassero del pane e riuscissero a fargli avere altri cibi” 43 . Fuga E' connaturata alla condizione di prigioniero il tentare di fuggire. Così tentano la fuga i prigionieri internati nel Novarese, ma non solo: nella provincia sono catturati prigionieri evasi da campi situati anche in altre regioni d'Italia. I primi casi documentati sulla stampa novarese sono del 1917. Il primo riguarda la fuga di Marco Iskovic, soldato catturato dagli Italiani a Plava il 26 giugno 1915. La sera del 24 maggio abbandona Salussola “ove era impegnato nei lavori agricoli” ma è arrestato alla Colma di Civiasco da due Guardie di Finanza e dal Messo del Comune 44. Di pochi giorni successivi è la fuga da Cozzo, località della Lomellina in provincia di Pavia, del sergente Francesco Bohner, di Vienna, e del soldato Giuseppe Ichnida, galiziano. Fuggono insieme indossando divise italiane, e insieme sono ripresi a Cravagliana, nel Mandamento di Varallo. Fermati da due civili, sono rifocillati, poi consegnati ai carabinieri e da questi condotti al Distretto ingrato il bastone adoperò./”il prigioniero malato, non è riconosciuto”/ed il tenente ingrato, invece lo ha battuto./E mentre lo batteva, gridava ad alta voce:/”Nell'Austria più non andrai; ti voglio ammazzar”./Il prigioniero invece gridava in camerata: “Non ti vedrò mai più, o madre desolata”./Vigliacco di un tenente! Hai il cuore di un leone/meriteresti il fronte o la fucilazione!A tutti voi tenenti e tutti comandanti:/”Cercate di trattar bene i poveri soldati”/Lor lasciano la moglie ed i bambini ancor/ e voi non comprendete lo strazio ed il dolor. Diverso il testo riportato invece in Franco Castelli, Emilio Jona e Alberto Lovatto, Senti le rane che cantano, Donzelli, Roma, 2005, pag. 412, che chiude con una durissima strofa: Vigliacchi preti e frati/che han voluto la guerra/volevan far morire/ la gioventù più bella. Viene inoltre riportata una ulteriore versione del canto che, priva della citata strofa anticlericale, conclude invece così: Vigliacco di un tenente/che non hai detto il vero/che stava per morire/ il povero prigioniero. Ancora una versione ulteriore viene ripresa da una registrazione di Cesare Bermani, e non presenta varianti di rilievo, eccezion fatta per la strofa finale, che diventa Mentr'io in branda a tribolare/tu vai a divertire/ perché tu sei un vigliacco/ ti piace far soffrire. Nel cd allegato al volume è presente una incisione del brano. On line al sito www.ildeposito.org (dove è possibile anche scaricare un file musicale del brano) il canto viene indicato con il titolo Sentite, buona gente e appare meno articolato delle versioni precedentemente indicate, e comunque privo della strofa anticlericale. Altra incisione del brano si può ascoltare dal gruppo Ciar 'dla Valara di Trino Vercellese, nell'audiocassetta Canti delle risaie, Prince, sl, sd. 42 Cfr. Franco Castelli, Emilio Jona e Alberto Lovatto, op.cit., pag. 66. 43 Cfr. Castelli, Jona e Lovatto, op. cit., pag. 414. 44 Cfr. Corriere valsesiano n. 22, 2 giugno 1917. militare di Alessandria 45 . Sempre in giugno si verifica la fuga, quasi grottesca per l'esito, di tre soldati – il caporale Lajos Tots e gli appuntati Joinos Pill e Laizlo Oeres – fuggiti da Grignasco dove lavorano alla cava di pietrisco Negri, insieme ad altri 27 prigionieri. Scoperta la fuga “i carabinieri si son dati alla ricerca per tutta notte su per il Fenera perché così opinione pensava che l'unica strada della fuga potrebbe essere la via un po' nascosta dei boschi. Invece i tre poveri diavoli vennero arrestati verso le ore 3 di martedì nei pressi del Rondò di Bornate dal brigadiere Bossi e da due carabinieri, tutti inzuppati d'acqua e pieni di freddo … e di alto stupore perché avendo guadato il Sesia così come è alto ora, credevano proprio di aver attraversato l'Isonzo e di trovarsi in Austria!” 46 . Nell'agosto dello stesso anno, vengono ripresi tre prigionieri di guerra evasi dalla tenuta Leone a Balocco. Due di loro sono catturati al passo del Monte Moro, a pochi metri dal confine con la Svizzera, a Macugnaga; uno in località Cuarazza, sempre a Macugnaga 47 . Ancora nelle valli ossolane, a Formazza, nello stesso periodo è catturato, in abiti borghesi, un disertore boemo 48 , mentre alcuni giorni dopo, a Ceppomorelli, i carabinieri di Bannio Anzino catturano tre sergenti e un caporale evasi insieme da un campo a Pavia 49 . Più avventurosa appare la vicenda del cadetto Giovanni Dengl e del tenente Stefano Bernald e di un terzo ufficiale di cui non conosciamo il nome, evasi dal campo di concentramento di Pélago, vicino Firenze e ripresi il primo a Cannobio, il secondo a Trarego mentre non sembra certa la cattura del terzo, anche se probabile 50 . In ottobre sono il caporale Jonas Zolmai e il soldato Giorgio Gorgio a essere catturati a Cuzzago dai carabinieri di Ornavasso. Sono evasi da Cervarolo dove si trovano internati e impegnati “pel taglio dei boschi”51. Da Vigevano fugge invece Carlo Pollach, che viene bloccato da un civile a Vagna – in Ossola - mentre cerca di raggiungere il confine svizzero, e consegnato poi ai carabinieri che lo riportano a Vigevano 52. Nel 1918 gli ultimi casi di fuga dei quali siamo a conoscenza. Nel marzo sei prigionieri appartenenti ad un gruppo “comandato ai lavori agricoli” si allontanano dalla cascina Cortenuova al 45 Cfr. Gazzetta di Novara n. 2019, 4-5 luglio 1917. Per quanto riguarda la grafia dei nomi dei prigionieri riportiamo qui quella indicata nei giornali dell'epoca, che italianizza quasi sempre il nome di battesimo e può essere impreciso sulla grafia dei cognomi (ad esempio, nel caso indicato, il cognome del soldato Ichnida viene anche scritto Jchnida dal Corriere valsesiano che nel numero 26 del 30 giugno 1917 riporta la notizia della cattura dei due fuggiaschi). 46 Cfr. Corriere valsesiano n. 24 , 16 giugno 1917. 47 Cfr. Gazzetta di Novara n. 2037, 7- 8 settembre 1917. Il giornale non riporta i nomi dei tre prigionieri. 48 Cfr. Gazzetta di Novara n. 2037, 7- 8 settembre 1917. Anche in questo caso non viene pubblicato il nome del disertore. 49 Cfr. Gazzetta di Novara n. 2041, 22- 23 settembre 1917. 50 Cfr. Gazzetta di Novara n. 2042, 26 – 27 settembre 1917. 51 Cfr. Gazzetta di Novara n. 2048, 17-18 ottobre 1917. 52 Cfr. Gazzetta di Novara n. 2055, 10- 11 novembre 1917. Torrion Quartara sobborgo di Novara, “ma per breve tempo rimasero liberi, poiché vennero riacciuffati nei pressi di Vercelli” 53 . Poi la vicenda del soldato ungherese Billo Boio che, in una mattina di agosto dello stesso anno, è sorpreso a vagare alla stazione di Arona in cerca di un treno per la Svizzera, dopo la fuga da una cascina di Bellinzago (probabilmente la Badia di Dulzago) dove è addetto ai lavori agricoli 54. Infine, la fuga di quattro prigionieri occupati nella ditta Poma di Miagliano, nel circondario di Biella. Tre sono arrestati, del quarto non abbiamo notizia 55. Morte Allo stato attuale della ricerca, risultano deceduti in provincia di Novara, dalla primavera 1917 all'inizio del 1920, 151 prigionieri di guerra, quasi tutti appartenenti all'esercito AustroUngarico. La morte dei prigionieri di guerra si lega indissolubilmente con la devastante epidemia di influenza spagnola, che colpisce il Novarese come il resto del territorio italiano, e il mondo, tra la fine dell'estate 1918 e l'inizio della primavera 1919: infatti, tra l'ottobre 1918 e il marzo 1919 , si colloca il 76% del totale dei decessi di prigionieri nel Novarese 56. Per un approfondimento, si veda l'elenco – parziale - dei soldati deceduti in prigionia, riportato di seguito in Appendice, raggruppati per Comune. Si riportano anche le annotazioni relative ai documenti rinvenuti a Vienna e quelli che si è potuto reperire nei singoli Comuni, evidenziando le concordanze e le dissonanze fra le due fonti. 53 Cfr. Gazzetta di Novara n. 24, 23 – 24 marzo 1918. 54 Cfr. Gazzetta di Novara n. 68, 31 agosto - primo settembre 1918. 55 Cfr. Corriere biellese n. 64, 13 agosto 1918. 56 La bibliografia sull'influenza spagnola è ampia. In generale si può fare riferimento ai saggi di Gina Kolata, Storia della grande influenza del 1918 e della ricerca di un virus mortale, Mondadori, Milano, 2000; e di Eugenia Tognotti, La “spagnola” in Italia. Storia dell'influenza che fece temere la fine del mondo (1918- 1919), Franco Angeli, Milano, 2002. Meno recente è Giuseppe Mortara, La salute pubblica in Italia durante e dopo la guerra, Laterza, Bari, 1925. Appendice: Armeno (di questi nominativi si è trovata traccia all'Osterreichisches Staatsarchiv di Vienna, non risultando riscontri al Registro dei morti del Comune di Armeno e neppure nei Registri parrocchiali. Per Imre Birkas, nei documenti austriaci, si fa riferimento al decesso avvenuto all'ospedale da campo 74) : Kyrylo Vazar (1876- 1919), Karl Kerber (1896-1919), Josef Freisthube (1889- 1919), Imre Birkas (1893- 1919), Emil Aspeck (1875- 1919), Mijo Antolovic (1881- 1919). Bellinzago Novarese (non risultano documenti a Vienna; vedi iscrizioni al Registro dei morti del Comune): Eduard Benisch (1897- 1918), Gyorgy Brynzas (1879- 1918). Biandrate (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Danilo Danyluk (1886- 1918). Bianzé (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Imric Modilka (1891- 1918), Johan Oberauer (1897- 1918), Nikolas Schanen (1892- 1918). Biella (concordanza fra i documenti austriaci e quelli del Comune di Biella, conservati all'Archivio di Stato della città) : Alessandro Nagy (1893- 1918), Nicola Pisanjc (1878- 1919), Velicko Miscevic (1898- 1919), Mita Jovanof (1895- 1919), Vlada Zsivanov (1877- 1919), Stefans Franzio (1900- 1919), Franz Sterle(1880- 1919), Osvald Max Lohor (1884- 1920). Bioglio: (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Tragott Tschurtschentaller (1894- 1919). Casalbeltrame (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Simon Dank (1892- 1918), Paul Zabulotny (1876- 1919). Casalino, frazione Cameriano (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Josef Storch (1895- 1918). Casalino, frazione Ponzana (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Josef Pichler (1890- 1918). Costanzana (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Teodoro Gall (1889 – 1918), Mathias Novak (1895- 1918). Castellazzo Novarese (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Carlo Lamb (1887- 1919). Fontanetto Po (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Johann Findeis (1890- 1918), Josef Blaha (1884- 1918). Granozzo con Monticello (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Franz Ihuschha (1895- 1918). Lamporo: (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune) Marton Kotka (1883- 1918). Livorno Ferraris (non risultano documenti a Vienna, dati ripresi dal Registro dei morti del Comune): Peter Benedik (1897- 1918), Franz Srebe (1895- 1918), Matheas Walder (1894- 1918). Nonio (di questo nominativo si è trovata traccia all'Osterreichisches Staatsarchiv di Vienna, non risultando riscontro al Registro dei morti del Comune di Nonio. Il documento austriaco fa riferimento al decesso avvenuto all'ospedale da campo 94) : Leopold Amon (1883- 1919). Novara (i documenti austriaci attestano, in modo errato, 53 decessi invece di 76, come indicano i documenti dell'Archivio storico del Comune di Novara, conservati all'Archivio di Stato di Novara): Michael Petricevich (morto nel 1917), Nikolas Herlea (1896- 1917), Momin Loic (1896- 1917); Albrecht Binder (1897- 1917), Josef Finster (1898- 1918), Johann Zsurka (1886- 1918), Stefan K. Kovcs (1885- 1918), Johann Szakal (1878- 1918), Wilhelm Berndt (1873- 1918); Aron Miklos (1889- 1918); Ludvig Eisler (1873- 1918), Mathias Lovretic (1890- 1918), Franz Kovacic (18861918), Dimitrio Ikluk (1894-1918), Stefano Laukoski (1897- 1918), Johan Olbrycht (1886- 1918), Frovid Favid (1892- 1918), Michael Gruber (1895- 1918), Peter Flavig (1891- 1918), Joseph Polak (1889 – 1918), Anton Posch (1880- 1918), Martin Chujel (1893- 1918), Istvan Csordaz (18901918), Johann Zalmai (1891- 1918), Stefano Zakarecz (1893- 1918), Iosef Kostal (1892- 1918), Johan Mayerhofer (1891- 1918), Florian Pichler (1891- 1918), Georg Dmitrak (1881- 1918), Tomas Ofner (morto nel 1918), Iures Restovri (1882- 1918), Franz Herdely (1885- 1918), Rudolf Appelt (1897- 1918), Franz Kakusci (1895- 1918), Herman Schattltustuer (1890- 1918), Martin Chermerl (1892- 1918), Josep Stiblachier (1882- 1918), Osvald Klamminger (1881- 1918), Joseph Barzylak (1891- 1918), Joseph Hipeszsuk (1889- 1918), Gregor Aldrian (1894- 1918), Joseph Ladik (18951918), Franz Pravec (1882- 1918), Joseph Wild (1894- 1918), Karl Berut (1898- 1918), Joseph Gloss (1896- 1918), Joseph Charner (1883- 1918), Michael Cril (1895- 1918), Stefano Kolmar (1894- 1918), Janos Meszaros (1883- 1918), Istvan Kafin (1893- 1918), Johan Kosak (1886- 1918), Franz Vitik (1883- 1918), Gottfried Albrecht (1896- 1918), Jusup Dellemustafic (1898- 1918), Joseph Turner (1894- 1919), Demeter Butkovan (1894- 1919), Josef Ignatic (1875- 1919), Jvan Semenec (1881- 1919), Michal Stantediecz (1883- 1919), Onofry Burtak (1873- 1919), Laslo Eipurs (1892- 1919), Johann Vukota (1888- 1919), Stefan Romanof (1889- 1919), Georg Zapotognii (1885- 1919), Mikal Holongrega (1877- 1919), Peter Prohopjnk (1899- 1919), Dimetro Bojeziuk (1889- 1919), Procop Makara (1884- 1919), Ivan Koval (1882- 1919), Wilhelm Prasse (18991919), Georg Kinaz (1881- 1919), Petro Serdanovic (1890- 1919), Jurko Gjarchi (1889- 1919), Paolo Codul (1897- 1919), Nickola Butta (1889- 1919). Oleggio (non risultano documenti a Vienna; vedi iscrizioni al Registro dei morti del Comune): Giovanni Dabnischki (1883- 1919). Sali Vercellese (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): : Johann Boiczuk (1891- 1918), Johann Czajkz (1883- 1918), Gregor Samilo (18931918). Salussola (non risultano documenti a Vienna ; vedi iscrizioni al Registro dei morti del Comune): Ivan Martinovic (1882- 1919), Paolo Milic (1879 -1919), Wlata Rodavanaio (1884 – 1918). San Germano Vercellese (non vi è concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune. Secondo i documenti rinvenuti a Vienna il soldato risulta sepolto al “2 recinto, quadro 2 del Cimitero nuovo”): Bela Ney (1885- 1918). Santhià: (tale nominativo appare nei documenti austriaci): Casem Gerbovelka (morto nel 1919). San Pietro Mosezzo (tale nominativo appare nei documenti austriaci nulla risultando al Registro dei morti del Comune. Il soldato Tagas, secondo Vienna, è sepolto nel cimitero della frazione Mosezzo “distinto con una lapide in marmo con sopra le generalità sopraindicate”): Jacob Tagas (morto nel 1918). Trecate (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune, cambia solo il nome: per il Comune Sandor, per Vienna Alex) Alex Lukacs (1876- 1919). Trino Vercellese (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune, ad eccezione del nominativo di Wasul Nyegru rinvenuto solo nel registro dei morti del Comune): : Wasul Nyegru (1884- 1918), Peter Gaina (1881- 1918), Georg Ercussin (1879- 1918), Azente Florea (1898 – 1918), Peter Ivanutz (1890 – 1918), Laszlo Pascha (1888- 1918), Vassilie Fogisch (1879- 1918), Giovanni Faratz (1877 – 1919). Tornaco (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Janos Vaina (1895 – 1918). Tronzano Vercellese (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune): Johann Krubert (1892- 1918). Vercelli (concordanza fra i documenti austriaci e l'iscrizione al Registro dei morti del Comune) : Johann Mittermayer (1894-1918), Jon Marika (1888- 1918), Martin Paprotzky (1890 – 1918), Alfred Jaksck (1893-1918), Josef Gaiger (1894- 1918), Michal Prystajko (1898- 1918), Josef Muller (1896- 1918), Luka Kraisnik (1875- 1918), Jan Novotny (1895- 1918), Janos Kiovrig (1894- 1918), Mata Bosanchic (1891- 1919), Antonio Iachsie (1891- 1919), Karl Brandl (18891917), Peter Perchtold (1894- 1918), Otto Wranovscky (1893- 1918), Borisav Sargnac (18981919), Simon Vreco (1880 – 1918). Vicolungo: (nulla risulta al Registro dei morti del Comune, indicazione solo nei documenti conservati a Vienna): Michele Melnicky (1886- 1918).