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la cristallizzazione guidata del miele
LA CRISTALLIZZAZIONE GUIDATA DEL MIELE di M. Gonnet, da "Abeilles et Fleurs". Traduzione di Lucia Piana Il nettare raccolto dall'ape è un liquido zuccherino che proviene direttamente dall'elaborazione vegetale e la sua concentrazione in zuccheri è molto variabile, tra il 20 e il 70 %, a causa di diversi fattori naturali legati alla pianta di origine e all'ambiente. L'ape concentra e arricchisce questa materia originale fino ad ottenerne uno sciroppo denso e viscoso che contiene più dell'80% di sostanza secca: è il miele. L'ape lavora talvolta delle sostanze zuccherine diverse, anche queste di origine vegetale, prodotte grazie all'intervento di insetti dotati di apparato boccale pungente e succhiatore che prelevano la linfa, digeriscono le sostanze azotate e rigettano gli zuccheri predigeriti sotto forma di goccioline appiccicose; si tratta delle melate e il prodotto finale che l'apicoltore raccoglie è detto "miele di melata ". Quasi tutti i mieli e i mieli di melata alla fine dell'elaborazione si presentano allo stato liquido nell'alveare ed è così che l'apicoltore li raccoglierà. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, questa fase omogenea è fisicamente instabile e un miele che cristallizza segue la sua naturale e normale evoluzione. Questo cambiamento di stato può intervenire molto rapidamente, cioè pochi giorni dopo la raccolta o in un tempo un po' più lungo. Il fenomeno della cristallizzazione, che ogni apicoltore conosce e teme, è abbastanza mal percepito da parte del consumatore. Quest'ultimo, poco informato sulla vera natura di un miele, spesso crede che l'ape elabori due tipi di prodotto zuccherino, uno sempre liquido e l'altro cristallizzato. I meno informati e i più sospettosi pensano addirittura che il miele allo stato cristallizzato abbia subito un'aggiunta di zucchero, soprattutto quando la cristallizzazione naturale è grossolana. Ma riconosciamo a questo proposito che in questo campo la natura è spesso capricciosa: la qualità globale (compattezza, omogeneità, finezza, ecc.) della struttura cristallina che si produce spontaneamente è difficile da prevedere poiché i fenomeni che guidano questa evoluzione sono complessi. La cristallizzazione I cristalli che appaiono nella massa liquida di un miele hanno sempre per origine dei nuclei primari, invisibili al momento della raccolta ma che, più o meno rapidamente, si moltiplicano e formano degli aggregati. Il miele diventa allora torbido, poi, un po' per volta, si indurisce: è la cristallizzazione. La rapidità e la qualità di questa formazione di cristalli dipende dalla composizione del mezzo e, in particolare, dal suo contenuto in zuccheri. Questi zuccheri si trovano nel miele che è appena stato elaborato dall'ape in soluzione più o meno perfetta. Così, il glucosio si trova, nella maggior parte dei casi, in soluzione sovrassatura. C'è cioè più glucosio di quello che una normale soluzione (contenente già del fruttosio), possa contenerne allo stato perfettamente liquido. Un tale prodotto, quindi, è fisicamente instabile. D'altra parte, il fruttosio, rispetto al glucosio, è sempre in soluzione normale nel miele. In modo generale, quindi, i mieli più ricchi in glucosio sono quelli che cristallizzeranno più rapidamente e viceversa. Così un miele di colza, con il 40 % di glucosio e 36-37% di fruttosio, cristallizza qualche giorno dopo l'estrazione. Invece, un miele di acacia con in media 26% di glucosio e 44% di fruttosio, può restare allo stato perfettamente liquido un anno o più. Certi mieli cristallizzano quando contengono un eccesso di polisaccaridi che sono zuccheri "pesanti", molto meno solubili dei monosaccaridi glucosio e fruttosio. Questo provoca molto spesso, secondo la concentrazione di questi zuccheri, delle cristallizzazioni molto rapide e grossolane che intervengono nel corso dell'elaborazione del prodotto e rendono a volte impossibile l'estrazione. Il controllo dell'evoluzione spontanea del fenomeno di cristallizzazione dei mieli resta aleatorio. La natura e la diversità degli zuccheri presenti, la loro concentrazione, la velocità di sviluppo dei cristalli nella massa liquida, la struttura stessa di questi cristalli nascenti, la loro forma, la loro aggregazione in agglomerati più o meno densi, la loro espansione nel mezzo, sono altrettanti variabili che rendono molto difficile ogni previsione seria sulla qualità delle future evoluzioni del raccolto. I fattori della cristallizzazione Tuttavia, i principali fattori che possono servire da riferimento in questo campo sono i seguenti: - Il contenuto in glucosio e, in maniera più precisa, il rapporto glucosio/acqua (G/A). Quando è molto elevato, nettamente superiore a 2, determina generalmente delle cristallizzazioni rapide e viceversa se è molto inferiore. - Il contenuto in fruttosio e il rapporto fruttosio/glucosio (F/G). Quando è elevato, superiore a 1,30 - l,40, questo coincide con cristallizzazioni lente e viceversa quando si situa a 0,95 - 0,90. - Eventualmente, come abbiamo appena visto, un eccesso in polisaccaridi (superiore a 10 o 12%); è questo il caso di particolari melate. - L'attività dell'acqua: è un fattore sperimentale che apporta una indicazione complementare ai dati precedenti. Si tratta di un rapporto teorico tra la tensione di vapore dell'acqua misurata alla superficie di un prodotto, il miele in questo caso, e quella misurata sull'acqua pura. Una tensione d'equilibrio tende verso 1,0. Nel miele è compresa in media tra 0,50 e 0,60. Nel miele tale valore diminuisce in rapporto diretto con la concentrazione e quando è superiore o inferiore a una certa soglia, il prodotto non cristallizza più. Questo fattore spiega in particolare perché mieli molto asciutti, con 16% d'umidità o meno, cristallizzano molto difficilmente o non cristallizzano affatto, anche se il loro contenuto di glucosio e il rapporto glucosio acqua sono elevati. - Le particelle solide in sospensione nel miele: queste sono all'origine dell'innesco del processo di cristallizzazione; la loro presenza è indispensabile per indurre il fenomeno. Così un miele, indipendentemente dalla sua origine e del suo grado di sovrassaturazione in glucosio, può restare indefinitamente allo stato liquido se si elimina ogni particella solida naturale dal mezzo. La rapidità di cristallizzazione dipende dunque anche dal numero e dalla qualità di questi inneschi preesistenti. Notiamo che questi nuclei attorno ai quali si formeranno i primi aggregati cristallini possono essere dei cristalli primari di glucosio nativi, ma anche delle particelle naturali non solubili nel mezzo, come i granuli pollinici che si trovano in tutti i mieli. - La temperatura: è un parametro che si può, almeno in teoria, controllare in maniera efficace. La temperatura ottimale perché il fenomeno si sviluppi rapidamente varia sensibilmente in funzione dell'umidità del miele ma resta vicina a 14°C. Aggiungiamo infine che se si provoca una agitazione nel mezzo il processo di cristallizzazione si accelera. Questo spiega perché il miele estratto dalle celle per forza centrifuga cristallizzi più velocemente di quello che resta immagazzinato nei favi. Il processo di agitazione a freddo costituisce una delle tecniche di base per ottenere dei mieli finemente cristallizzati e pastosi. In questo caso la velocità e la qualità dei movimenti indotti nella massa giocano un ruolo importante nell'elaborazione della trama cristallina. Evoluzione della cristallizzazione L'evoluzione spontanea di un miele dallo stato liquido verso la fase cristallina, senza particolare controllo, è delicata e si attua spesso in maniera anarchica e più o meno difettosa, in strutture eterogenee. Questo deriva dalla stessa complessità del fenomeno: i cristalli che si costituiscono in aggregati rilasciano una componente acquosa che viene captata dalla parte che resta liquida che così, si diluisce progressivamente. Così l'instabilità del mezzo viene inizialmente accentuata e ritornerà in equilibrio per stabilizzarsi alla fine del fenomeno, cioè al completamento dell'espansione cristallina e all'indurimento del miele. E' essenziale che questa interfase sia la più corta possibile perché è in queste condizioni che la cristallizzazione sarà migliore. Così quando il miele cristallizza spontaneamente nel circuito commerciale, fuori da ogni controllo da parte del produttore che si è disfatto della sua merce allo stato nativo, possono conseguirne gravi degradazioni del prodotto se il fenomeno interviene in cattive condizioni ambientali. In questo caso, una cristallizzazione troppo lenta può portare a una solidificazione frazionata e costituita da un insieme eterogeneo di cristalli immersi in una parte liquida o a una separazione di fasi, una liquida in superficie e l'altra formata dai cristalli che sono precipitati. La densità dei cristalli che si sviluppano spontaneamente nella massa del miele, come anche la loro forma e la loro disposizione costituiscono altrettante variabili fortemente dipendenti da fattori fisici e chimici legati al mezzo. Certi mieli sviluppano delle cristallizzazioni dense, fini, a reticolo cristallino molto stretto e unito; questi prodotti sono generalmente molto stabili ma si induriscono fortemente. Altri mieli si strutturano con densità cristallina forte o media ma senza un'eccessiva rigidità della massa; altri, infine, evolvono lentamente con formazione di cristalli a densità cristallina debole o molto debole e condurranno a prodotti fisicamente instabili. Apicoltori e confezionatori hanno sempre interesse, nella misura del possibile, a selezionare, in primo luogo, i "migliori" mieli da cristallizzare, e, in seguito, a controllare, o accelerare, il processo evolutivo naturale prima di immettere la loro produzione sul mercato; di qui il consiglio di attuare le tecniche che vengono di seguito esposte. La cristallizzazione guidata La cristallizzazione guidata del miele è una tecnica semplice, senza dubbio molto vecchia e tuttavia sono ancora troppo pochi gli apicoltori che la utilizzano regolarmente. Consiste nel miscelare a un miele liquido un altro miele già cristallizzato; quest'ultimo costituisce l'innesco principale della cristallizzazione della miscela. In pratica si opera nel modo seguente. Si introduce in un miele liquido raccolto di recente o che è stato perfettamente liquefatto con un riscaldamento controllato, un miele già cristallizzato selezionato per la finezza dei cristalli naturali. L'inseminazione si fa nella proporzione del 5-10% di miele cristallizzato da distribuire nella massa liquida. Il miele liquido come anche la semenza cristallina scelta devono essere preventivamente portati alla temperatura di 25-27°C col fine di ridurre la viscosità naturale del mezzo (senza provocarne la fusione) e di poter così realizzare facilmente la miscela. Questa si effettua in un contenitore appropriato per mezzo di una agitazione lenta del miele, usando una spatola o di una mazza di legno, nel caso di una piccola quantità, o con un'apparecchiatura meccanica appositamente adattata con elica o vite senza fine, per un volume più importante. Si può anche miscelare il miele liquido alla semenza cristallina e produrre una agitazione lenta del mezzo utilizzando una pompa volumetrica classica adatta alla movimentazione dei liquidi viscosi. In questo caso si ricicla la miscela dal basso del recipiente utilizzato verso l'alto e questo senza provocare emulsione. Si agita, o si muove con la pompa, fino ad avere una ripartizione omogenea della frazione cristallizzata nella massa liquida. Si lascia riposare quindi per 1-3 ore, secondo l'importanza del volume da decantare, perché risalgano in superficie la maggior parte delle bolle introdotte con la miscelazione. Si confeziona quindi in imballaggi appropriati e si immagazzina a temperatura fresca (14°C). Una variante consiste nel depositare, in un primo tempo, questo prodotto inseminato e appena confezionato a temperatura fredda (circa 4°C) per una dozzina di ore per raffreddare più rapidamente il mezzo, bloccando nella massa le microbolle d'aria e impedendo così l'eventuale risalita di schiuma e trasferirlo poi a 14°C. In queste condizioni, se la scelta del miele inseminato è stata giudiziosa, la cristallizzazione completa del mezzo interviene nei 4-5 giorni che seguono l'inseminazione. Conviene in effetti lavorare in questa maniera solo con mieli che abbiano una buona tendenza naturale a cristallizzare. Sono i prodotti in cui la cristallizzazione spontanea interviene generalmente a temperatura normale nel mese o nei due mesi successivi alla raccolta, che hanno un contenuto di glucosio uguale o superiore a 29-30% e la cui umidità resta inferiore a 18,5% (soprattutto se il rapporto G/A è basso). La semenza cristallizzata La scelta della semenza cristallizzata che servirà da innesco è importante: deve essere fine, densa e omogenea. Questa sarà costituita, per esempio, da una frazione di un lotto precedente conservato per questo uso, ma è raccomandabile di rinnovare abbastanza spesso i ceppi per evitare un ingrossamento dei granuli (non più di 3 o 4 repliche). Si potrà utilizzare anche del miele venduto nei circuiti commerciali con la denominazione "miele spalmabile". Questi prodotti, elaborati industrialmente (vedi più avanti) sono sempre notevoli dal punto di vista della finezza dei cristalli. Si può porre tuttavia un problema a livello della legalità delle miscele da effettuare, quando si tratti per esempio di mieli di qualità uniflorale. Non si può consigliare, per esempio, di inseminare un miele di lavanda liquido con 10% di colza cristallizzato. In questo caso è sempre possibile utilizzare in un primo tempo una sorta di "lievito fisico" fabbricato a partire da una piccola quantità di miele (5-10 kg); questa prima miscela servirà, dopo cristallizzazione, a inseminare un lotto più grande. La semenza di partenza sarà allora molto diluita, escludendo ogni problema di interferenza sull'origine, eventualmente uniflorale, del prodotto finale. La pratica semplice della cristallizzazione diretta, tale come è appena stata descritta, permette certamente di ottenere dei mieli con cristallizzazione naturale molto fine (simile ai cristalli introdotti), a reticolo cristallino omogeneo, denso e compatto, ma il prodotto si solidifica abbastanza spesso in una struttura molto rigida a trama stretta, coesiva, non prelevabile a temperatura ambiente. Questi mieli duri, non necessariamente prodotti con la cristallizzazione guidata, presentano rapidamente dei difetti visivi importanti quali tracce bianche, marezzature, visibili all'esterno dei vasi, quando questi sono trasparenti, o sulla superficie. Sono degli inconvenienti che non alterano per nulla la qualità intrinseca del prodotto, ma che lo deprezzano indiscutibilmente sul piano dell'aspetto. Si può cercare di rimediare a questi problemi utilizzando dei metodi alternativi più o meno elaborati. LA MISCELA DI MIELI Prima possibilità: realizzare una miscela. E' valido per confezionare un miele millefiori da commercializzare senza particolari denominazioni. Si sceglierà in questo caso un miele ben cristallizzato ma suscettibile di diventare troppo duro, a forte tenore di glucosio (tipo colza o girasole), da miscelare a un altro miele che cristallizza piuttosto male, con tenore di glucosio piuttosto debole (tipo castagno). Il miele duro costituirà in questo caso l'elemento solido della miscela, l'altra parte verrà utilizzata allo stato liquido. La percentuale di ognuno dei costituenti resta da determinare, ma sarà al minimo del 30% dell'uno o dell'altro degli ingredienti di base. L'AGITAZIONE DISCONTINUA Un'altra pratica tecnologica, più fisica, che può accompagnare ogni inseminazione, comprese le miscele, è l'agitazione discontinua. Può essere adottata, senza investimento, da ogni apicoltore che desideri preparare delle piccole quantità di miele perfettamente cristallizzato, ma può essere adattata anche, senza costi eccessivi, alle produzioni più importanti. Il metodo consiste nel miscelare, lentamente e per il tempo più lungo possibile, il miele liquido e la semenza cristallizzata, lasciando cadere la temperatura del mezzo fino a circa 20 - 22°C. Il movimento, che può durare 1, 2 o 3 giorni, si effettua con una rotazione lenta e discontinua. Se si lavora manualmente e con la spatola ci si accontenterà di 1 o 2 ore ripartite in corte sequenze nel corso di tutta la giornata. Se si lavora con un miscelatore o con la pompa si può muovere per più tempo e utilizzare un sistema di avvio - arresto automatico della miscelazione. Così il mezzo diventa via via più denso e i cristalli si moltiplicano nella massa seguendo una progressione legata direttamente al raffreddamento ed alla agitazione. Bisognerà sorvegliare questa evoluzione e confezionare rapidamente prima che il mezzo si indurisca troppo. Questa semplice manipolazione dà dei buoni risultati con, tuttavia, una leggera possibile tendenza all'indurimento, a seconda della qualità dei mieli trattati. In queste condizioni la cristallizzazione si attua in parte nel fusto o nella vasca di preparazione e sotto l'effetto dell'agitazione, i cristalli si formano ma non si stabiliscono dei legami forti tra di loro. Nello stesso tempo, al momento del confezionamento, la cristallizzazione non è mai completa e il rendimento varia con la composizione dei mieli e le caratteristiche naturali descritte prima. La cristallizzazione si completa quindi in fase di riposo (nel vaso, ndt) e può conseguirne un sensibile indurimento della massa, sempre meno accentuato però rispetto a quello che si sarebbe prodotto con una inseminazione semplice. Aggiungiamo infine che se il miele è divenuto troppo denso al momento del confezionamento, si può senza problemi riscaldare molto leggermente il locale (25°C) per abbassare sensibilmente la viscosità del prodotto senza, tuttavia, rifonderlo. La rapidità dell'espansione dei cristalli nella massa può essere giudicata a occhio osservando il mezzo che diventa più chiaro e più luminoso mano a mano che la cristallizzazione si sviluppa; attualmente, tuttavia, si stanno studiando metodi più scientifici per seguire la cristallizzazione con l'uso di strumenti di misura del colore. AGITAZIONE SENZA INSEMINAZIONE E' possibile ugualmente, seguendo una metodologia più naturale che i puristi apprezzeranno senza dubbio, praticare questa tecnica d'agitazione discontinua senza inseminazione preventiva. In questo caso si mette il miele estratto, perfettamente decantato, filtrato e contenuto in secchi, fusti o maturatori, in condizioni ambiente normali (20°C) e si osserva da vicino l'evoluzione fisica spontanea del mezzo. A partire da quando il prodotto si intorpidisce, cioè quando inizia la formazione di cristalli, si provoca e si prolunga l'agitazione con i mezzi e nelle condizioni descritte sopra. Così il miele cristallizza più rapidamente, ma sulle proprie risorse naturali. Il vantaggio essenziale nell'utilizzare questo processo è, soprattutto, legato all'etica e alla preoccupazione, che alcuni produttori hanno, di preservare l'integrità originale del loro raccolto; ma altresì perché questo richiede più tempo e attenzione e esige una sorveglianza particolare. Tuttavia si possono produrre con questa tecnica cristallizzazioni molto fini e di bella qualità. CRISTALLIZZAZIONE IN CONTINUO Un metodo industriale permette di riprodurre meccanicamente, in sistema lineare e continuo, questa cristallizzazione accelerata del miele. Gli apparecchi utilizzati a questo fine, detti a superficie raschiata o votator, sono molto costosi e il loro uso può essere concepito unicamente su scala industriale o in grandi cooperative. Il principio è identico a quello descritto poco sopra, ma l'agitazione provocata nella massa del miele è più intensa e il raffreddamento è più efficace. Il miele, dopo l'inseminazione che si effettua nella prima sezione dell'apparecchio, è introdotto in condotta forzata, al riparo dall'aria, in un circuito tubolare refrigerato nel quale si opera una agitazione permanente. In queste condizioni la cristallizzazione del miele si sviluppa parzialmente nei pochi minuti in cui il prodotto percorre il circuito. La qualità dei mieli detti "spalmabili", ottenuti con questo metodo, è sempre notevole con, tuttavia, una certa tendenza all'indurimento della trama cristallina per le stesse ragioni di variazione di rendimento riportate prima. IMPIANTO INDUSTRIALE Una pratica industriale sperimentale per la cristallizzazione guidata del miele è stata recentemente iniziata con la nostra consulenza. Questi nuovi impianti sono stati messi in opera presso la Compagnie Gatinaise situata a Malesherbes. La ditta Guérin di Mauzée ha fornito e installato il materiale secondo uno schema tecnologico iniziato dall'INRA. Si tratta di un adattamento dei metodi di cristallizzazione guidata, descritti prima, a vasche di grande capacità. In questa nuova catena produttiva, il miele da trattare è rifuso, filtratole inseminato direttamente in queste vasche (capacità di 5 o 10 tonnellate) dotate di agitatori e costruite con una intercapedine dove può circolare alternativamente dell'acqua calda (45°C) per rifondere il miele, o dell'acqua fredda (acqua dell'acquedotto o refrigerata) per la cristallizzazione. L'agitazione centrale si articola su un asse portante due eliche (alto e basso della vasca). Il disegno di ogni elica è stato perfettamente studiato perché, durante la rotazione, il miele venga diretto dal basso verso l'alto e dall'alto verso il basso, per ognuna delle due eliche. L'agitazione qui è essenziale e il suo scopo è duplice: miscelare rapidamente la semenza cristallina al miele liquido in un primo tempo (rotazione più rapida a 30 giri al minuto circa), e provocare movimenti di convezione lenti e senza riscaldamento nella massa in un secondo tempo, per indurre la cristallizzazione (rotazione a 15 minuti circa). Il profilo della parte bassa della vasca, di forma conica, è, anche questo, appositamente studiato: favorisce questa turbolenza e facilita lo svuotamento totale del cilindro. In queste condizioni di agitazione e di raffreddamento la cristallizzazione del miele si inizia e si sviluppa qualche ora dopo l'inseminazione. Bisognerà, tuttavia, attendere 3 o 4 giorni per ottenere un rendimento corretto, in relazione soprattutto al raffreddamento, che, nelle condizioni dinamiche descritte, in base ai volumi da agitare, alla forte viscosità del prodotto ed alle limitazioni meccaniche che genera, difficilmente può essere abbassata al di sotto di 17-18°C. Le temperature per il riscaldamento e il raffreddamento dei mieli sono misurate da sonde situate nella vasca, registrate in una centralina di controllo e regolate a partire da questa centralina. Il costo di tali impianti è elevato e, come per l'esempio precedente, l'investimento può essere realizzato solo da una grossa unità produttiva. Tuttavia, la capacità del sistema è più facilmente adattabile ai volumi da trattare e il materiale serve per usi multipli (rifusione e cristallizzazione). Ma rimangono i problemi riportati prima sull'insufficienza del rendimento nella formazione dei cristalli durante l'operazione. Il materiale Guérin è distribuito per gli apicoltori dalla ditta Thomas di Fay aux Loges, che realizza impianti con capacità inferiore sulla base della stessa tecnologia. Tutte le tecnologie che abbiamo appena descritto, artigianali o industriali, si basano su una conoscenza empirica del fenomeno della cristallizzazione dei mieli. Portano alla confezione di prodotti, più o meno costanti, che verranno qualificati con la denominazione "spalmabile", ma la cui struttura e la rigidità dell'insieme possono variare. La produzione di mieli detti "cremosi", a consistenza cremosa e costante, è molto interessante, ma non può essere sviluppata in un sistema veramente continuo. Per ottenere regolarmente questo tipo di prodotto, con mieli diversi, bisognerà necessariamente rompere una trama cristallina precostituita. Si possono utilizzare per questo apparecchi della generazione degli omogeneizzatori che sono concepiti per ridurre allo stato di pasta e alla temperatura ordinaria prodotti a forte viscosità. OMOGENEIZZAZIONE L'omogeneizzatore si compone di due elementi principali: - una pompa a pistone, costituita essenzialmente da un cilindro sul quale si inserisce una vasca alimentare contenente il miele; un otturatore che si avvita all'estremità di uscita del corpo della pompa e comporta, perpendicolarmente alla filettatura, dei solchi che formano dei percorsi tortuosi. Questi solchi possono variare in numero e in profondità secondo la qualità del miele da trattare o il tipo di trattamento desiderato. Il miele è espulso ad alta pressione attraverso l'otturatore. E' così sottoposto a una serie di pressioni e decompressioni successive. L'effetto vibratorio ottenuto genera delle onde di percussione, fonte di fenomeni di cavitazione e di schiacciamento. Questi fenomeni si producono senza riscaldamento eccessivo (2 - 3°C in media), che nuocerebbe alla cristallizzazione, e al riparo dall'aria, cosa che evita una possibile ossidazione del miele. Il miele cristallizzato, inseminato o no, è leggermente riscaldato a 25 - 27°C, poi condotto verso la vasca di alimentazione dell'omogeneizzatore e trattato. Il miele così omogeneizzato, allo stato semifluido, ma non fuso, è direttamente spinto dalla pompa dell'apparecchio verso la vasca di alimentazione dell'invasettatrice. E' messo in vasi immediatamente e immagazzinato a temperatura fresca (14°C), dopo, se possibile un passaggio in camera fredda ( 4°C) durante 24 - 48 ore per ridargli un po' di consistenza. Scelta dei mieli cristallizzati Non è tuttavia raccomandabile applicare questa tecnologia a tutti i mieli cristallizzati. Si sceglieranno, di preferenza, dei prodotti il cui rapporto glucosio/acqua sia elevato (superiore a 2) e. soprattutto, che abbiano un contenuto d'acqua inferiore a 18%. C'è un punto importante sul quale vale la pena di insistere e che rende questa tecnica delicata da mettere in opera: si tratta della preparazione conveniente della partita di miele prima dell'omogeneizzazione. In effetti, nel corso del trattamento, il miele è spinto violentemente (al riparo dell'aria) in un ugello molto stretto. Per essere condotto senza problemi verso questo obiettivo è necessario che il miele cristallizzato possa già scorrere normalmente per gravità o essere pompato o prelevato allo stato di pasta. Bisognerà quindi riscaldarlo sufficientemente, senza tuttavia rifonderlo: è in questo che consiste tutta la difficoltà. In molti casi un soggiorno del miele per 24 ore - 3 giorni in camera calda, termostatata a 30 - 32°C, seguito eventualmente da un rapido impastamento manuale, sarà sufficiente. Capita talvolta, soprattutto quando la trama cristallina naturale è troppo compatta, che questa metodologia semplice si riveli insufficiente per ridurre il prodotto allo stato di pasta omogenea. Bisognerà utilizzare, in questo caso, un miscelatore dotato di un meccanismo capace di rompere questa struttura coesiva del miele, riscaldandolo leggermente. Indipendentemente dal metodo adottato, bisogna sempre controllare la temperatura del mezzo e sorvegliare che essa non superi i 27 - 28°C nella massa del miele, prima dell'omogeneizzazione. Al di sopra di questa temperatura si inizia una rifusione che sarà per forza amplificata dal passaggio attraverso l'omogeneizzatore e, in queste condizioni, il miele rifuso durante l'operazione ricristallizzerà in seguito, cosa che può produrre un irrigidimento della trama, annullando in parte l'effetto del trattamento iniziale. In più, la rifusione parziale di un miele finemente cristallizzato si tradurrà inevitabilmente, dopo confezionamento, nella risalita più o meno importante di schiuma alla superficie del vaso. Lo sforzo di investimento necessario per attrezzarsi in questo campo è modulabile in base al volume dell'attività. Sul mercato sono proposti tre tipi di apparecchi adattabili al miele. Il modello più piccolo, un otturatore a doppio ugello con portata di 120 kg all'ora, ha un prezzo abbordabile da una impresa piccola o media. Gli altri due sono disponibili in diverse versioni (da 450 a 3000 kg/ora); sono riservati alla grande azienda apistica o all'industria. "FINOMEL" Altri due metodi possono essere proposti per disgregare la trama cristallina precostituita di un miele. Il primo prevede l'impiego di un piccolo apparecchio di semplice concezione la cui denominazione commerciale è "Finomel". I blocchi di miele sono prelevati dai recipienti di immagazzinamento (fusti o secchi) e introdotti nella vasca di ricevimento che ha il fondo piatto e costituito da una griglia di acciaio inox perforato. Il miele viene ripartito nella vasca da un braccio rotante, poi è schiacciato sul fondo, sulla griglia, da una barretta di teflon denso fissata a un supporto metallico rigido; il tutto mosso da un motore situato su un telaio metallico posto sulla vasca. Il miele disgregato è raccolto in una vasca inferiore e non indurirà più. L'inconveniente principale di questa tecnica è legata al fenomeno di ossigenazione che subisce il prodotto durante l'operazione e che può determinare delle risalite importanti di schiuma, soprattutto se la cristallizzazione iniziale che viene così frantumata, aveva inizialmente incluso molta aria. Per questa ragione l'apparecchio viene proposto con una vasca di decantazione. Questa tecnica del "passaverdura" resta artigianale, ma può tuttavia essere utile in cambio di un investimento limitato. "HELIMEL" Il secondo metodo impiega un apparecchio detto "Hélimel". Il lavoro è effettuato direttamente sul miele cristallizzato nel suo contenitore originale (fusto o secchio). Il contenitore è inserito sotto un supporto e il miele è disgregato per mezzo di un dispositivo costituito da un asse centrale ruotante terminante con un elica e tre barrette laterali a raggiera, il tutto adattato alla circonferenza del contenitore e con un sistema laterale per evitare di raschiare le pareti del fusto. Questo grosso succhiello è accoppiato ad un motore che gli imprime un movimento lento che gratta e disaggrega il prodotto in superficie prima e quindi, per pressione, nella massa del miele e così fino al fondo del recipiente. La pressione è esercitata da un gruppo idraulico fissato al telaio dell'apparecchio per i grossi contenitori (300 kg) o da un dispositivo idraulico a rilascio manuale per i secchi (70 kg). Il miele duro così lavorato, a freddo, è reso pastoso con un riscaldamento molto debole e con un minimo di emulsione dal momento in cui il lavoro si effettua in profondità. Un sistema di pompa adattabile e opzionale permette l'evacuazione del miele rammollito. In ogni modo è preferibile riscaldarlo leggermente (25°C) per. confezionarlo correttamente e, eventualmente, per pomparlo nel fusto. Questa tecnica appare interessante e può essere adattata a una produzione relativamente importante. Tuttavia, se usata da sola, non offre sempre l'assicurazione della conservazione permanente di uno stato pastoso per il miele, anche se la probabilità di non indurimento della massa resta molto buono per la maggior parte dei campioni trattati in questa maniera. Se si vuole una maggiore garanzia in questo campo, il prodotto così preparato può essere facilmente immesso in un omogeneizzatore e in queste condizioni Hélimel è il mezzo ideale per evitare le manipolazioni a monte di questo processo. "Fragilità" dei mieli pastosi I mieli finemente cristallizzati e carattere normale soprattutto il miele pastoso sono molto apprezzati e questo tipo di prodotto si sta sviluppando. Per soddisfare la domanda è essenziale presentare un prodotto la cui struttura sia stabile e costante. Le tecniche di preparazione del miele che abbiamo appena descritto rispondono globalmente a questo obiettivo e, più in particolare, quelle che utilizzano la tecnica di omogeneizzazione. Ma attenzione: i mieli cremosi sono anche i più fragili se vengono esposti a temperatura ambiente superiore a quella normale, in particolare quando si superano i 25°C. In questo caso la struttura di insieme si rammollisce considerevolmente e, dopo un certo periodo di esposizione a queste difficili condizioni, il miele inizia un processo di separazione di fasi, che evidenzia una degradazione molto importante. Da qui la necessità di rispettare le raccomandazioni fatte un po' sopra relativamente alla scelta dei mieli da indirizzare a queste tecniche. Nuove opportunità commerciali Nel capitolo dei vantaggi bisogna ricordare che i mieli omogenei e costanti allo stato pastoso hanno una tenuta e una presentazione perfetta in confezione trasparente e che i fenomeni di macchie bianche alle pareti non si rivelano perché il prodotto non indurisce. Si sa che gli sbalzi termici e, soprattutto, il raffreddamento della temperatura dei locali di immagazzinamento o anche, semplicemente, la conservazione a temperatura fresca, come quella che si raccomanda per una buona conservazione del prodotto, contribuiscono fortemente all'indurimento della struttura cristallina dei mieli. Tuttavia, resi allo stato pastoso, non subiranno questi fenomeni e, messi in condizioni analoghe, conserveranno una struttura costante. Aggiungiamo, infine, che la consistenza dei mieli cremosi rende possibile il confezionamento in recipienti originali e non tradizionali per questo tipo di prodotto, ma che, tuttavia, presentano numerosi vantaggi: ci si riferisce soprattutto ai tubi e alle bustine. Fino a questo momento solo il miele di acacia poteva essere utilizzato per questo servizio e, in più, occorreva che fosse puro e, nella maggior parte dei casi, veniva anche pastorizzato. Oggi tutti i mieli cremosi stabili possono, senza problemi, occupare questa nicchia. L'interesse essenziale di confezioni di questo tipo per il miele può iscriversi in un campo di utilizzazione nuovo e moderno. Il miele è un alimento energetico che viene tuttavia usato solo molto raramente nei campi in cui si effettuano sforzi; il trasporto del vasetto di miele in tasca o anche nello zaino è poco pratico. Il tubo, invece, facilita questa utilizzazione molto razionale del miele. Un buon argomento pubblicitario può basarsi perfettamente su questa scelta. Infine non dimentichiamo i bambini. Sappiamo che il miele è consigliato nell'alimentazione infantile, in sostituzione degli zuccheri industriali di cui si fa un gran abuso in queste classi di età; tuttavia pochi bambini e adolescenti ne consumano. Il tubo può permettere, senza dubbio, di indirizzarsi meglio a queste categorie di consumatori. Il mercato del miele in tubo, che aveva già conosciuto qualche velleità in passato e che ricompare oggi con basi migliori, è ancora molto discreto e ancora troppo sconosciuto. Penso che si potrebbe sviluppare perché occupa perfettamente una nicchia commerciale trainante per una sensata promozione commerciale del prodotto dell'ape. Si può inoltre portare un ultimo argomento commerciale in favore dei mieli cremosi, confezionati in vaso, in questo caso. Ridotto allo stato di pasta il miele può essere conservato, prelevato con il cucchiaio dalla confezione e consumato senza problemi a temperatura fresca, all'uscita dal frigorifero, per esempio. E' vero che non è abituale mettere il miele al fresco; è un alimento che si considera non deperibile e, inoltre, quando è cristallizzato normalmente e esposto al freddo, si indurisce e ci saranno molte difficoltà a prelevarlo; lo stesso se è liquido, visto che la sua viscosità si troverebbe notevolmente accresciuta e si avrebbero gli stessi problemi. Invece, se si può suggerire al consumatore di conservare in frigorifero questi mieli a consistenza pastosa permanente, possono derivare agli apicoltori numerosi vantaggi. Come prima cosa, una migliore salvaguardia dei prodotti fisicamente resi più fragili dal trattamento di omogeneizzazione; in seguito, un consumo accelerato e questo per due motivi essenziali: si apre il frigo più spesso dell'armadietto delle marmellate, ma, soprattutto, questo miele fresco e morbido sarà percepito con sfumature molto più delicate, vellutate, con un sapore dolce fortemente ridotto dal freddo e, in contrasto, un bouquet aromatico più intenso e gradevole. Dovrebbe derivarne un consumo maggiore che soddisfa, nello e stesso tempo, il produttore che vende di più e il consumatore che lo apprezza maggiormente. Si può, quindi, prendere in considerazione di indicare un simile consiglio d'uso ponendolo, per esempio, su una controetichetta posta accanto al codice a barre. Nel circuito commerciale moderno si può concepire di presentare il miele solo in due strutture stabili: i prodotti perfettamente liquidi e i prodotti cristallizzati, stabili e omogenei. Entrambi possono risultare delicati per quello che riguarda la conservazione e la stabilità; per i mieli allo stato liquido, questo è quasi impossibile, salvo per periodi corti (a seconda dell'origine) o procedendo a dei riscaldamenti importanti che possono danneggiare la qualità dei prodotti; per i mieli cristallizzati, questo presenta meno difficoltà, ma si avrà sempre il più grande interesse ad applicare l'una o l'altra delle tecniche presentate in questo lavoro. Il miele è un prodotto di qualità per definizione; più di ogni altro prodotto alimentare conserva ancora un'aura d'alimento biologico e naturale che costituisce la sua ricchezza e che si deve salvaguardare. Le tecniche di cristallizzazione guidata non cambiano in niente queste qualità fondamentali del principale prodotto delle api. Una cristallizzazione guidata resta naturale al 100 %, salvo il fatto che non è spontanea, ma provocata. In queste condizioni, e rispettando in tutto e per tutto l'etica legata alla qualità originale e naturale del miele, non si può che raccomandare vivamente a tutti gli apicoltori di utilizzare i metodi fisici più efficaci per presentare dei buoni prodotti, stabili, omogenei e costanti.