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Dalla Polonia con allegria

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Dalla Polonia con allegria
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Alina Suder
di Paolo PIFFER
Dalla Polonia
con allegria
on ha aspettato che cadesse il
Muro e tantomeno che la sua
Polonia entrasse nell’Unione
Europea. Era il 1979 quando Alina Suder,
allora diciannovenne, arrivò a Roma. Sarà
stato il ponentino della capitale e quel desiderio di dolce trasgressione che fa sem-
N
brare tutto leggero, anche le scelte più impegnative. O, più probabilmente, la voglia di libertà, quella sana incoscienza che
l’adolescenza porta con sé. Comunque sia,
deve essere stato un attimo. Le porte dell’albergo si spalancarono e Alina lasciò alle spalle un passato breve per entrare nel
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mondo degli adulti. Fuggiva da un mondo che, istintivamente, non voleva diventasse il suo futuro. Quasi una premonizione, un’amarezza preventiva, quando, qualche anno dopo, venne a sapere che quel
prete conosciuto da bambina, Jerzy Popieluszko, il cappellano di Solidarnosc, era
stato sequestrato da tre agenti dei servizi
segreti, ammazzato a forza di botte e buttato nella Vistola. Troppo rigide le regole, molti i vincoli e gli appuntamenti che
quel gruppo folkloristico di Varsavia imponeva. Il vento freddo che spazzava la
pianura polacca cominciava a intiepidirsi
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ma era ancora troppo poco per una ragazza di 19 anni. Era sì riuscita a cantare davanti al Papa, il polacco Wojtyla, un’emozione forte, tantopiù per chi arrivava in
Italia da un Paese del socialismo reale. Ma
non era abbastanza. La città era perfetta,
grande, incuteva anche timore, e poteva
dare una possibilità. Allora, di immigrati,
in Italia, si cominciava appena a parlare.
Non c’era tutta l’attenzione di adesso.
Gli italiani raccontavano storie di emigrazione, la loro, più che incappare nell’
immigrazione, ancor più fuggiasca, quella degli altri. Per Alina cominciava una
grande avventura, quella della sua vita.
In Polonia non era certo stata con le mani in mano. Lì lo sport era “religione” di
Stato, lo studio idem. Una solida preparazione ginnica coltivata fin da piccola, tutta da mettere a frutto, un corpo abituato e flettersi. A sei anni aveva messo piede
per la prima volta in palestra. La ginnastica attrezzistica, il salto acrobatico, la sbarra, erano il pane quotidiano. E gli avevano portato anche qualche medaglia quando gareggiava per il mitico Legia di Varsavia. Quello che i ginnasti italiani hanno imparato solo da qualche anno, e con
splendidi risultati, nei paesi dell’Est era la
regola: applicazione, dedizione, disciplina.
Più che mai in attività dove il gesto si ripete ossessivo fino alle perfezione, che è
più una questione di testa che di gambe.
Ma per la ragazza nata a Myslenice, a cinquanta chilometri da Cracovia e che a due
anni, si trasferì con la famiglia alla periferia di Varsavia c’è stato anche il tempo di
cogliere un altro talento. Quello ottenuto
con la maturità al Gruppo scuole gastronomiche di Varsavia.
“La passione per il cibo e per lo sport volevo coltivarla, studiando e continuando a
fare attività sportiva”, dice adesso (fresca
di una laurea in dietistica), nel suo studio
nel centro di Riva del Garda: consulente in dietologia e alimentazione sportiva,
attività motorie, educazione alimentare e
cucina, personal trainer e guida di mountain bike. Tanto a dire che cibo e sport
vanno d’accordo, eccome. E che essere dei
“chiodi” non vuol dire, necessariamente,
star meglio. Gli inizi nella capitale non
sono statai affatto facili. “Bisognava arrangiarsi”, ricorda con un sorriso deciso.
Anche contorsionista, un gioco facile per
lei, abituata agli attrezzi. E poi modella
per la pubblicità, per agenzie che pubblicizzavano noti dentifrici. Ma il pensiero
cadeva sempre lì. Riuscire a mettere insie-
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me sport e cibo. L’amore gli ha fatto risalire la penisola, fino alle rive del Benaco.
Non senza prima fermarsi a Bologna dove
si è diplomata in economia e merceologia
degli alimenti all’università. E una volta
arrivata a Riva del Garda, dopo un breve
periodo come dietista all’ospedale di Rovereto, ha deciso che era ora di fare qualcosa di nuovo, che in città non si era mai
fatto: ginnastica jazz in palestra e in piscina per la terza età, “che a Riva non si praticava”, sottolinea.
Poi un ristorante, un’enoteca, il “lancio”
di una cucina senza condimenti, degli
gnocchi polacchi, di un’alimentazione a
basso contenuto calorico. “Prima di pro-
porle agli altri – afferma –– le diete le provo su di me”. Senza perdere di vista l’attività sportiva. Ha partecipato alla Marcialonga, è salita al nord per la Vasaloppet,
ha gareggiato in tante gran fondo di ciclismo e si è spinta fino a New York per la
maratona. E, nel 2003, ha corso in coppia con Remo Sbarberi la Transalp, massacrante gara di 8 tappe in mountain bike
dalla Germania a Riva del Grada, 660 km
con 20 mila metri di dislivello lungo i
sentieri sterrati.
“La sa una cosa? La cucina trentina va benissimo per una dieta. Anche perché appartiene alla grande famiglia mediterranea. Contiene carboidrati: pasta, la polen-
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ta che può sostituire la pasta, le patate, orzo. Proteine: pesce di laghi e fiumi trentini e ottima carne, latte, formaggi, uova.
Grassi di origine vegetale: olio di oliva del
Garda, tanti legumi, verdure, frutta e, in
particolare, le mele, prugne trentine e piccoli frutti di bosco”.
Alina Suder, nel poco tempo libero che gli
rimane, suona anche il sax con un gruppo
di amiche. Si rilassa dopo ore e ore nel suo
studio e a seguire atleti nelle prestazioni di
lunga durata. Era vicina a Giorgia Polese nella traversata del Garda, ha seguito la
fondista polacca Dorata Dziadkowiec e lo
spagnolo Juan Jesus Gutierrez, vincitrice
della Marcialonga e ora sta preparando la
rivana Sonia Albanese che in settembre farà il thriatlon – nuoto, corsa e ciclismo –
all’isola d’Elba insieme a Piera e Nicoletta Spagnolli.
n L’home page del sito www.lentemacontene.it di Alina Suder
Le grandi distanze la affascinano, ma anche la buona cucina. Perché sedersi a tavola, in fondo, per gustare tutto, è un piacere lungo, che ha bisogno del suo tempo per essere “digerito”. Cibo e sport, un
binomio irrinunciabile, per Alina Suder.
Tanto che, ultimamente, ha messo su pure
un club, “Lente ma contente. Slow sport”.
“Il piacere della buona tavola non è in disaccordo con l’attività sportiva. Il motto è
vivere più lentamente, per arrivare lontano. Siamo un gruppo di amiche che hanno la passione per il cibo e che fanno attività sportiva, chi più, chi meno. Vogliamo divertirci, stare bene, e insieme.
Un consiglio ai trentini. Fate attività fisica, ma in modo rilassato, senza esagerare,
secondo le possibilità del vostro corpo.
E godetevi la vita”.
Come dargli torto?
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n In questa foto e nell’immagine di pagina 42, Alina Suder è con Jerzy Popieluszko, il cappellano di Solidarnosc
che fu sequestrato e ucciso dai servizi segreti del regime polacco.
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