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LA LEGISLAZIONE SUNTUARIA. SECOLI XIII-XVI. EMILIA

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LA LEGISLAZIONE SUNTUARIA. SECOLI XIII-XVI. EMILIA
PUBBLICAZIONI DEGLI ARCHIVI DI STATO
FONTI XLI
LA LEGISLAZIONE SUNTUARIA
SECOLI XIII-XVI
EMILIA-ROMAGNA
MARIA
a cura di
GIUSEPPINA MUZZARELLI
MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI
DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI
2002
DIREZIONE GENERALE PER GLI ARCHIVI
SERVIZIO DOCUMENTAZIONE E PUBBLICAZIONI ARCHIVISTICHE
Direttore generale per gli archivi: Salvatore Italia
Direttore del Servizio: Antonio Dentoni-Litta
Comitato per le pubblicazioni: Salvatore Italia, presidente; Paola Carucci,
Antonio Dentoni-Litta, Ferruccio Ferruzzi, Cosimo Damiano Fonseca,
Guido Melis, Claudio Pavone, Leopoldo Puncuh, Isabella Ricci, Antonio
Romiti, Isidoro Soffietti, Giuseppe Talamo; Lucia Fauci Moro, segretaria.
© 2002 Ministero per i beni e le attività culturali
Direzione generale per gli archivi
ISBN 88-7125-229-2
Vendita: Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato - Libreria dello Stato
Piazza Verdi 10, 00198 Roma
Finito di stampare nel mese di aprile 2002
da CLUEB, Bologna con i tipi di
Legoprint - Lavis (TN)
SOMMARIO
Presentazione, di Antonio Dentoni-Litta
Introduzione, di Maria Giuseppina Muzzarelli
Criteri per l’edizione dei testi, di Maria Parente
Indice delle abbreviazioni
IX
XI
XXIX
XXXIII
Bologna
a cura di Maria Giuseppina Muzzarelli
INTRODUZIONE, di Maria Giuseppina Muzzarelli
INDICE DELLE FONTI
FONTI, a cura di Antonella Campanini, Paola Goretti, Maria Giuseppina
Muzzarelli, Diana Tura, Maria Venticelli, Zita Zanardi
Imola
a cura di Enrico Angiolini
INTRODUZIONE
INDICE DELLE FONTI
FONTI
263
265
273
275
Ferrara
a cura di Antonella Campanini
INTRODUZIONE, di Antonella Campanini
INDICE DELLE FONTI
FONTI, a cura di Antonella Campanini e Enrica Coser
287
289
295
297
Forlì
a cura di Elisa Tosi Brandi
INTRODUZIONE, di Elisa Tosi Brandi
INDICE DELLE FONTI
FONTI, a cura di Antonella Campanini, Enrica Coser, Elisa Tosi Brandi
Cesena
a cura di Elisa Tosi Brandi
INTRODUZIONE
INDICE DELLE FONTI
FONTI
1
3
19
47
311
313
319
323
339
341
349
351
VI
Legislazione suntuaria
Modena
a cura di Enrica Coser
INTRODUZIONE
INDICE DELLE FONTI
FONTI
APPENDICE
Carpi
a cura di Enrica Coser
INTRODUZIONE
INDICE DELLE FONTI
FONTI
Parma e Piacenza
a cura di Daniela Romagnoli
INTRODUZIONE, di Daniela Romagnoli
Parma
INDICE DELLE FONTI
FONTI, a cura di Lucilla Amenta, Giuseppina Bacchi, Fabrizia Dalcò, Adelaide Ricci
APPENDICE
Piacenza
INDICE DELLE FONTI
FONTI, a cura di Adelaide Ricci
APPENDICE
Ravenna
a cura di Enrico Angiolini
INTRODUZIONE
INDICE DELLE FONTI
FONTI
Faenza
a cura di Enrico Angiolini
INTRODUZIONE
INDICE DELLE FONTI
FONTI
369
371
381
387
419
425
427
429
431
435
437
445
449
468
473
477
486
491
493
501
503
509
511
523
527
Reggio Emilia
a cura di Antonella Campanini
INTRODUZIONE
INDICE DELLE FONTI
FONTI
555
557
569
579
Rimini
a cura di Elisa Tosi Brandi
INTRODUZIONE
637
639
Sommario
INDICE DELLE FONTI
FONTI
APPENDICE
Montefiore
INDICE DELLE FONTI
FONTI
Scorticata
INDICE DELLE FONTI
FONTI
VII
649
655
681
683
683
685
685
Romagna Toscana
a cura di Enrico Angiolini
689
Glossario
701
Indici
a cura di Rolando Dondarini e Maria Venticelli
Indice dei nomi di persona
Indice dei nomi di luogo
709
711
731
L’edizione delle fonti costituisce l’espressione di maggior contenuto scientifico
per la valorizzazione degli archivi di cui si fa carico da anni l’Amministrazione
degli Archivi di Stato.
Il volume La legislazione suntuaria a differenza di altre edizioni presenta
un’ulteriore caratteristica che aggiunge sicuramente un plusvalore all’edizione;
quella cioè di presentarsi come un repertorio di fonti relativo ad un tema peculiare. Il lettore avrà pertanto a disposizione la documentazione relativa alla normativa suntuaria che i ricercatori hanno in precedenza raccolto dopo uno scavo
non indifferente nei fondi di archivio e nei testi editi ed inediti.
Giustamente, Maria Giuseppina Muzzarelli, curatrice di questo primo volume e, direi, animatrice del progetto complessivo che prevede la pubblicazione di
altri volumi relativi ad altre regioni italiane, ha voluto che ai lavori di ricerca,
di trascrizione e di edizione, partecipassero storici ed archivisti, uniti dal comune intento di dar voce a documenti che illustrano un’epoca nelle sue diverse componenti.
Quest’opera rappresenta un’ulteriore testimonianza di come sia possibile, partendo da finalità o posizioni diverse, pervenire ad un risultato unico posto in essere in nome della ricerca e della cultura in generale.
Alla ricerca relativa a diverse aree storico-geografiche, oltre all’Emilia-Romagna, hanno partecipato, come si è detto, storici, archivisti e ricercatori che hanno
relazionato sul loro lavoro periodicamente nel corso di riunioni regionali ed in
occasione di incontri generali, nei quali si sono affrontati i problemi comuni e le
questioni di carattere generale. Una consulenza per conto del Comitato per le
pubblicazioni al cui parere per la pubblicazione era stato sottoposto il progetto è
stata data dal prof. Dino Puncuh con il quale sono stati concordati i criteri paleografici.
Ulteriore aiuto al progetto è stato infine conferito dalla circolare inviata a
X
Legislazione suntuaria
tutti gli Istituti archivistici dal prof. Salvatore Italia con la quale si comunicava
l’intenzione di accogliere nelle Pubblicazioni degli Archivi di Stato i risultati
delle ricerche, «nell’intento di valorizzare il ricco patrimonio documentario oggetto dell’indagine, ma anche in segno di riconoscimento del qualificato impegno
degli operatori oltre che del notevole interesse rivestito dal tema».
Al volume relativo all’Emilia-Romagna seguirà quello dedicato all’Umbria,
già in avanzata fase di realizzazione, e quelli relativi ad altre aree a cominciare
da quelli del centro nord ove più consistente sembra essere la documentazione relativa alle norme suntuarie.
Non è da trascurare comunque che, a giudicare dalle risposte pervenute a seguito della circolare inviata agli istituti archivistici, documentazione non trascurabile anche se quantitativamente inferiore è presente negli Archivi dell’Italia
meridionale ed in particolare in quelli di Napoli e Palermo.
Il mio auspicio, associandomi al proponimento contenuto nella prima relazione inviata da Giuseppina Muzzarelli alla Direzione Generale, è che «volume
dopo volume, l’intera penisola dovrebbe essere leggibile sub specie provisionum
contra pompas et vanitates, un’impresa tutt’altro che futile dalla quale, penso,
potremmo trarre gusto e soddisfazioni».
Antonio Dentoni-Litta
INTRODUZIONE
Alle spalle di ogni libro c’è un’idea, meglio se più d’una. Questo libro, che intende essere il capostipite di una serie dedicata regione per
regione alle leggi suntuarie, nasce dall’idea di costituire un grande catalogo, un deposito di dati, nomi, cifre capaci di parlare di oggetti e soprattutto di persone, di uomini e di donne del Medioevo e della prima
Età moderna. Fra di essi vi sono quelli che cercavano di mettere ordine
nell’universo delle apparenze e nell’ambito delle principali occasioni,
non tutte festive, di sociabilità (funerali, matrimoni e banchetti in generale) e quelli che manifestavano un gusto e una volontà che mal si conciliava con il proposito dei legislatori. In realtà si tratta di propositi diversi giacché nel tempo si assiste al cambiamento di almeno alcune delle
finalità dell’intervento suntuario. Tale intervento, come si può intuire,
non riguardava tutta la società ma solo coloro che disponevano di risorse economiche tali da poter essere investite in ricchi convivi o in abiti
che costavano a volte quanto un appezzamento di terreno di alcune tornature. Non si tratta di un discorso rivolto solo a pochi privilegiati,
giacché a riconoscere grande importanza alle apparenze, che quindi era
opportuno governare, era l’intera società di quei secoli e la regolamentazione che ne conseguì interessò anche, seppure indirettamente, chi non
aveva più del necessario giacché consentiva a tutti di interpretare il
mondo circostante. Se tutti infatti avessero accettato le regole, chiunque
avrebbe potuto capire dall’abbigliamento chi aveva di fronte. Oggi da
quelle stesse regole, raccolte, ordinate e confrontate, possiamo cogliere
diversi aspetti della società di quei secoli. Possiamo capire chi contava e
chi era ai margini ma anche quali oggetti offriva il mercato e verso quali
si orientava maggiormente il favore della gente. Possiamo vedere persistenze e modificazioni.
XII
Legislazione suntuaria
L’idea di una raccolta di leggi suntuarie1, nata nel 1996 in occasione di
un seminario organizzato ad Orte da Massimo Miglio2, si è alimentata anche della curiosità che suscitano spesso fatti e comportamenti lontani cronologicamente e mentalmente come il discorso sul disciplinamento suntuario.
Oggi questo tipo di intervento appare improponibile in quanto giudicato
un’irruzione in un settore del comportamento privato non regolabile ope legis. Queste fonti rivelano una concezione della separazione tra sfera pubblica
e sfera privata diversa da quella attuale e una forte valenza pubblica di talune
odierne espressioni della libertà individuale. L’intenzione quindi non era
quella di frugare nei cofani o di sbirciare, non invitati, nei locali nei quali si
festeggiavano nozze e si banchettava con opulenza a dispetto dell’idea ancor
dura a morire di un Medioevo della fame. Tutto il discorso delle nostre fonti
è di carattere pubblico e concerne i rapporti fra uomini e fra categorie sociali, rapporti “segnati” dalle vesti, vale a dire rappresentati emblematicamente
e vorrei dire “ufficialmente” anche da strascichi, pellicce, doti o altri elementi esteriori.
Queste vesti che “segnano” includendo, ma ne incontreremo anche altre
che “marcano” escludendo3, costituiscono un linguaggio la cui grammatica
sta scritta anche nelle pagine degli ordinamenti suntuari. In quelle stesse pagine trova espressione un discorso di distinzione necessaria (fra le categorie
sociali, fra i generi, fra uomini ed animali, fra giovani e meno giovani, fra
donne virtuose e di malaffare, fra cittadini e forestieri o fra appartenenti a
comunità diverse) e di misura altrettanto necessaria nella relazione con le cose, in una forma di critica ad un “consumismo” deregolato che si fondava su
basi etiche, politiche ed economiche. In tale critica la lotta ai vanagloriosi
condotta da moralisti quali Bernardino da Siena o Bernardino da Feltre si
saldava con le ragioni di quanti pensavano alle spese per i lussi come a “denaro morto”, come a una minaccia per il risparmio e come a un mancato investimento in settori economici ritenuti maggiormente produttivi.
È vero che il cuore del discorso riguarda la questione del lusso4, ma è anche vero che intorno a tale questione cresce una scienza e una coscienza del-
1
M.G. MUZZARELLI, Le leggi suntuarie, in Moda e società dal Medioevo al XX secolo, a cura di C.M. BELFANTI e F. GIUSBERTI, in corso di stampa negli Annali Einaudi.
2
«La legislazione suntuaria del Quattrocento nello Stato della Chiesa», seminario di formazione e ricerca dell’Ente Ottava Medievale di Orte, 23-24 novembre 1996.
3
R. JÜTTE, Stigma-Symbole. Kleidung als identitässtiftendes Merkmal bei spätmittelalterlichen und frühneuzeitlichen Randgruppen (Juden, Dirnen, Aussätzige, Bettler), in «Saeculum»,
44 (1993) (n. mon.: Zwischen Sein und Schein. Kleidung und Identität in der ständischen Gesellschaft, hrsg. von N. BULST und R. JÜTTE), pp. 65-89.
4
F. POUILLON, Lusso, in Enciclopedia Einaudi, 8, Torino 1979, pp. 584-593.
Introduzione
XIII
l’uso degli apparati esteriori a fini sociali e politici che travalica il tema delle
pompe o comunque lo intreccia con quello del privilegio e della
distinzione5. Per distinguere può bastare una piuma d’airone, come pretesero i gentiluomini milanesi di pieno Cinquecento6, se è riservata ai soli appartenenti ad una ben precisa categoria, e ciò non comporta necessariamente sprechi. Osservo del tutto parenteticamente che le piume sono avversatissime dai nostri legislatori, e in particolare quelle di airone, come si può leggere nei provvedimenti presi a Rimini nel 1573.
L’idea, si diceva, era quella di ragionare su un lungo periodo di circa quattro secoli e di aprirsi a confronti non sempre omogenei. Il nostro discorso si
arresta alla fine del XVI secolo, o subito all’inizio di quello successivo come
nel caso di Parma dove è emanata nel 1602 una “Grida contro li ciuffi” che
rappresenta emblematicamente i risvolti grotteschi di questa storia. La duchessa di Piacenza e di Parma, sensibile ai «buoni raccordi d’alcuni devoti religiosi», vieta alle donne del territorio a lei sottoposto di «portare ciuffo in testa o altra conciatura alta ad imitatione di ciuffo così in casa come fuori».
L’interruzione alla fine del Cinquecento nasce dall’intenzione di seguire le
modificazioni che hanno avuto luogo al passaggio dall’Età medievale a quella
moderna ma risente dei limiti di forze e di conoscenze del nostro gruppo costituito da medievisti. Non abbiamo potuto né voluto seguire la storia del disciplinamento fino alla fine del Settecento ma ci auguriamo che il nostro lavoro induca altri alla “continuatio moderna”.
Quanto alla disomogeneità dianzi accennata, essa nasce dalle diverse situazioni politiche di città che distano fra loro anche solo poche miglia. La
disomogeneità è la conseguenza della decisione di progettare una ricerca su
base più ampia rispetto a quella cittadina. Come perimetrare l’area della ricerca fino a comprendere, come è nei progetti, tutta l’Italia? Come è noto, la
regione è una realtà modernissima, priva di relazione con le distrettuazioni
politiche degli ultimi secoli del Medioevo e della prima Età moderna che
avrebbero suggerito accostamenti diversi; pur consapevoli di ciò si è optato,
a puri fini di praticità, per l’odierna distrettuazione regionale. Ne sono derivate esclusioni ed inclusioni non sempre convincenti ed accostamenti fra
città diversamente governate: alcune, come Ferrara e Modena, a lungo sedi
di corte ed altre, come Cesena o Bologna, che finiscono soggette alla Santa
Sede l’una nel XIV e l’altra nel XV secolo. La disomogeneità degli assetti po5
Si veda: «Cheiron», 31-32 (1999) (n. mon.: I giochi del prestigio. Modelli e pratiche della
distinzione sociale, a cura di M. BIANCHINI), in particolare l’introduzione del curatore e i
saggi di M.G. Muzzarelli e E. Morato.
6
C. DONATI, L’idea di nobiltà in Italia. Secoli XIV-XVIII, Roma-Bari 1995, pp. 128136, in particolare p. 136.
XIV
Legislazione suntuaria
litici coevi si intreccia alle modificazioni che hanno avuto luogo nella medesima città nel corso dei secoli. Tutto questo mi pare renda bene l’idea della
molteplicità e della complessità delle situazioni che trovano rappresentazione in questa raccolta di norme.
Il problema della disomogeneità torna anche a proposito della scelta delle
fonti: testi in prevalenza normativi, ma non solo, perché è vero che ci interessava il disciplinamento suntuario, ma nella sua concretezza, nella dialettica cioè che le norme instaurano con i normati in una relazione fatta di resistenze, di inseguimenti, di delazioni, di punizioni e così via. Possiamo supporre che ci fossero resistenze da parte dei produttori dei beni disciplinati,
come lascia intendere un accenno nella documentazione imolese del 1594
ad un’eventuale “irrisione” da parte degli artigiani. Possiamo anche immaginare resistenze dei disciplinati tali da rendere poco praticati i provvedimenti,
come si legge negli “Acta Consilii” di Faenza del 1553, là dove si allude alle
difficoltà incontrate nel disciplinamento votato a maggioranza (41 a favore e
32 contro) in questi termini: «nil ultra fuit processum propter difficultatem
eiusdem materie».
Un caso particolare di “resistenza” è quello delle donne cesenati che in risposta alle limitazioni del 1575 scrissero un documento di protesta nel quale
lamentavano la loro condizione di «cacciate da tutti gli uffici publici, spogliate di tutti li magistrati» nonché prive di ogni grande o piccola dignità.
Secondo le cesenati, gli ornamenti erano una necessità a «sollevamento di
tanta miseria». La loro iniziativa si inserisce in una serie di atti simili alla
quale vanno ricondotti tanto lo scritto commissionato a Bologna da Nicolosa Sanuti in polemica con le norme suntuarie volute dal cardinal Bessarione7
come anche tre orazioni viterbesi per la soppressione della legge che vietava
alle donne l’uso dell’oro e della porpora8. Sono testimonianze importanti
della consapevolezza dell’emarginazione subita dalle donne ma anche del valore compensativo e consolatorio delle apparenze. Una resistenza femminile
al disciplinamento suntuario emerge anche da una epistola del 1434 del noto francescano Alberto da Sarteano, ispiratore dei provvedimenti contro il
lusso presi a Ferrara da Niccolò III d’Este nel 1434. In essa egli registra con
7
C. KOVESI KILLERBY, ‘Heralds of a well-instructed Mind’: Nicolosa Sanuti’s Defence of
Women and their Clothes, in “Renaissance Studies”, 13 (1999), pp. 255-282. Vedere anche:
D. OWEN HUGHES, Le mode femminili e il loro controllo, in G. DUBY - M. PERROT, Storia
delle donne. Il Medioevo, a cura di C. KLAPISCH-ZUBER, Roma-Bari 1990, pp. 166-193, in
particolare pp. 183-190.
8
G. LOMBARDI, Galiane in rivolta. Una polemica umanistica sugli ornamenti femminili
nella Viterbo del Quattrocento, I, Introduzione; II, Testo e commento, Roma 1998, in particolare I.
Introduzione
XV
sconcerto la notizia dell’abolizione della legge da parte del principe che non
riusciva più a sopportare i lamenti delle donne («ut aiunt, muliebri importunitate devicto»)9.
Pur consapevoli delle trasgressioni e della opportunità di valersi anche di
altre fonti, di quelle iconografiche ad esempio, si è scelto di seguire la filiera
delle norme suntuarie, frequentemente contenute negli statuti cittadini, per
dipanare la matassa delle apparenze lungo il percorso tracciato dalle concessioni e dai divieti, ora nuovi, ora ripetuti, ma con variazioni che rivelano
modificazioni istituzionali, cambiamenti di gusto o nuove prospettive nei
mercati.
Su queste leggi si innestano altre fonti: multe, ad esempio, o denunce di
vesti possedute. Si tratta in questi ultimi casi di testi di natura diversa rispetto agli statuti ma da essi derivati o comunque strettamente collegati e fortemente attinenti al tema della regolamentazione tanto di vesti ed ornamenti
come di banchetti o funerali. Sono fonti che lasciano intravedere una voglia
di consumo e di esibizione alla quale fa da contrappunto una regolamentazione ossessiva di pesi (dei bottoni), di lunghezze (degli strascichi), di larghezza (delle maniche), di numero (delle vesti) e via precisando e definendo
colori, fogge e forme o qualità delle portate dei banchetti. Questi ultimi cadono sotto la lente dei legislatori soprattutto a partire dalla seconda metà del
XVI secolo con alcune anticipazioni, come a Parma, dove troviamo regole
sulle portate già nel 1452.
In questa raccolta si parla molto di vesti e di ornamenti, eppure non è un
libro di storia del costume. Si raccolgono e si confrontano leggi, ma non è
un testo di storia del diritto. Non è nemmeno un libro di semiologia benché
molto di quanto qui trova espressione si collochi alle origini della scienza dei
segni esteriori. Direi che l’insieme del materiale raccolto forma un testo per
la classificazione della società tramite lo strumento delle apparenze che ci
consente di compiere un viaggio nel mondo cittadino dell’ultimo Medioevo
seguendo il filo delle regole suntuarie. Ne deriva la possibilità di capire chi si
collocava all’apice della piramide sociale e chi ne era ai margini, ma anche di
cogliere le distanze fra i diversi gruppi sociali misurate in numero di gioielli
o di capi d’abbigliamento come anche di valutare la disponibilità all’accoglienza di forestieri o di quanti, come gli ebrei, erano e non erano al tempo
stesso cives. Ne deriva anche l’opportunità di capire il progetto di “ingegneria sociale” che animava i legislatori intenzionati a perseguire una redistribuzione della ricchezza a vantaggio di una rete assistenziale che ha preso forma
9
Della epistola 34 (del giugno 1434) edita in ALBERTO DA SARTEANO, Alberti a Sarteano
opera, a cura di F. HAROLDUS, Romae 1688, pp. 244-247 ne parla G. LOMBARDI, Galiane in
rivolta… cit., I, p. LXVII.
XVI
Legislazione suntuaria
proprio nel periodo di più intenso disciplinamento dei lussi. A Parma nel
1559 si stabilì che le «robbe (...) prohibite» confiscate andassero all’Ospedale
della Misericordia. Analogamente a Bologna si volle nel 1568 che le multe
venissero attribuite a luoghi pii e nel 1570 che, in caso di ricorso, il deposito
della multa e dell’oggetto contestato avesse luogo presso il Monte di pietà.
Sappiamo che a Faenza le multe applicate a chi disattendeva le proibizioni
andavano a favore del Monte Pio10. Si cercava in questo modo di incanalare
almeno parte delle risorse dei più abbienti verso i meno privilegiati.
Se è interessante seguire lo sviluppo del disciplinamento all’interno di
una sola città, ancor di più lo è la comparazione fra realtà diverse e prossime
tra loro nelle quali non sono rari i caratteri comuni anche se non mancano
elementi di diversificazione. Dalla comparazione emerge come vi siano città
regolate con zelo, Bologna ad esempio, ed altre, come Ferrara, assai meno.
Analogamente sul piano nazionale vi sono regioni nelle quali questo tipo di
materiale è abbondante, la Toscana e il Veneto sono fra queste, ed altre come
la Lombardia nelle quali risulta piuttosto scarso. Già sul finire dell’Ottocento Ettore Verga, attento studioso di queste fonti, ne raccomandava la comparazione11: è passato più di un secolo e finalmente ci accingiamo a seguire
il consiglio. Oggi possiamo valerci di un maggior numero di edizioni di statuti e, grazie al computer, possiamo sperimentare diversi montaggi, ma soprattutto disponiamo di una sensibilità più allenata a valutare i significati
delle apparenze ed a cogliere fenomeni quali il «significare per procura»12 affidato all’estetica femminile, vale a dire l’uso dei corpi delle donne come
manichini sui quali padri o mariti esponevano gli emblemi del loro privilegio. Oggi inoltre la storia materiale gode di maggiore credito e riconoscimenti e quindi, più studiata, offre un buon supporto a chi intende approfondire la conoscenza di fogge, tessuti o colori. Eppure non molti si sono
applicati negli ultimi anni allo studio delle legislazione suntuaria, forse scoraggiati dall’eccessivo zelo dei legislatori che hanno emanato centinaia di
provvedimenti per proibire ricami, cordelle o bottoni. Se fra Otto e Novecento non sono mancati studiosi che come Verga, Frati o Belgrano13 hanno
affrontato pionieristicamente la materia, successivamente si registra il vuoto
10
V. MENEGHIN, Documenti vari intorno al beato Bernardino Tomitano da Feltre, in «Studi e testi francescani», 35 (1966), pp. 181-183.
11
E. VERGA, Le leggi suntuarie milanesi, in «Archivio storico lombardo», XXV (1898),
pp. 5-79, in particolare p. 6.
12
P. PERROT, Il sopra e il sotto della borghesia. Storia dell’abbigliamento nel XIX secolo, Milano 1982 (ed. orig., Paris 1981), p. 53.
13
E. VERGA, Le leggi suntuarie… cit.; L. FRATI, La vita privata di Bologna dal secolo XIII
al XVII, Bologna 1900 (rist. anast., Bologna 1986); L.T. BELGRANO, Della vita privata dei
Genovesi. Dissertazione, Genova 1875 (rist. anast. Roma 1970).
Introduzione
XVII
o quasi14. Da un’iniziativa come la nostra penso che possa prendere le mosse
un “Rinascimento” di questi studi su base meno locale o almeno non solo
locale in vista di confronti sempre più estesi fino ad essere di raggio
europeo15.
I confronti possono riguardare tanto le politiche dei consumi come le diverse situazioni delle arti o la configurazione dei ceti cittadini, ma anche gli
usi locali: quali fogge, quali segnaletiche distintive o come si denominavano
le cose. A quest’ultimo riguardo si è giudicato utile offrire un glossario dei
termini meno comprensibili con indicazione del luogo e della data del loro
impiego. Si sa che l’agonia e la morte delle cose comincia con l’oblio del nome che le designa16, basti pensare che la denominazione stessa leggi suntuarie ai più oggi non evoca alcunché e ciò in quanto, superato il fenomeno del
disciplinamento dei lussi, la parola è diventata muta o quasi. Parole oggi dissolte o malvive compaiono frequentemente nelle nostre fonti e interrogarci
su di esse porta a individuare corrispondenza con cose note ma magari dimenticate, con oggetti o fenomeni niente affatto conosciuti oppure con
comportamenti dei quali in alcuni casi cogliamo le scaturigini. Da questo
materiale si possono dunque ricavare informazioni per la storia tanto dei
comportamenti come delle cose ma anche delle definizioni.
Quali documenti inserire e quali scarti compiere? La linea di displuvio è
costituita dal carattere direttamente o indirettamente normativo dei documenti: norme o atti derivanti da leggi o prodromici a provvedimenti legislativi e quindi provvisioni cittadine, statuti, bandi, denunce, multe. Nei fondi
appropriati le ricerche sono state esaustive, in altri casi si è proceduto per
14
Fa eccezione Rosita Levi Pisetzky, autrice di numerosi studi fra i quali segnalo: Storia
del costume in Italia, Milano 1964-1969, voll. 5 (Istituto editoriale italiano Fondazione G.
Treccani); Il costume e la moda nella società italiana, Torino 1978; Moda e costume, in Storia
d’Italia, V/1, I documenti, Torino 1973, pp. 937-979.
15
Per paesi diversi dall’Italia vedere: F.E. BALDWIN, Sumptuary Legislation and personal
Regulation in England, Baltimore 1926; L.C. EISENBART, Kleiderordnungen der deutschen
Städte zwischen 1350 und 1700. Ein Beitrag zur Kulturgeschichte des deutschen Bürgertums,
Göttingen-Berlin-Frankfurt 1962; N. BULST, Zum Problem städtischer und territorialer Kleider-, Aufwands- und Luxusgesetzgebung in Deutschland (13.-Mitte 16. Jahrhundert), in Reaissance du pouvoir législatif et genèse de l’Etat, par A. GOURON et A. RIGAUDIERE, Montpellier
1988, pp. 29-57; N.B. HARTE, Silk and Sumptuary Legislation in England, in La seta in Europa. Secc. XIII-XX, a cura di S. CAVACIOCCHI, Firenze 1993, pp. 801-816 (Atti della 24a
settimana dell’Istituto internazionale di storia economica «F. Datini»); N. BULST, Les ordinnances somptuaires en Allemagne: expression de l’ordre social urbain (XIV-XVI siècles), in Académie des Inscriptions et Belles Letteres. Comptes rendus des séances de l’anné 1993, Paris 1993,
pp. 771-783.
16
G.L. BECCARIA, I nomi del mondo. Santi, demoni, folletti e le parole perdute, Torino
2000.
XVIII
Legislazione suntuaria
sondaggi in considerazione sia dell’ampiezza della documentazione sia degli
esiti delle prove fatte. Niente cronache, niente prediche sui lussi, niente trattati sul tema, niente statuti delle arti e niente calmieri, ma con qualche eccezione suggerita dai curatori nei casi in cui – questo vale per Parma e Piacenza – il materiale, ancorché anomalo rispetto a quello normalmente cercato e
pubblicato, potesse servire ad integrare fonti scarse o avare di informazioni.
Quando però in sedi documentarie diverse da quelle usualmente controllate
si sono trovate informazioni che gettavano luce su qualche aspetto del tema
di nostro interesse ne abbiamo parlato nelle singole introduzioni concepite
per dare le informazioni necessarie sulla storia politica delle città e sulla situazione documentaria oltre che sulle emergenze più rilevanti in materia
suntuaria.
La disposizione delle province secondo l’ordine alfabetico è sembrata
inoppugnabile nella sua ovvietà. Certo si sarebbe potuto seguire un altro ordine, ad esempio quello della cronologia dei primi provvedimenti, ma tutto
sommato non ci sembrava più convincente, considerato che in molti casi
sappiamo che esistevano provvedimenti precedenti ai primi giunti fino a
noi. In alcune città i primi provvedimenti suntuari risalgono al XIII secolo
(a Reggio al 1242, a Bologna alla metà del Duecento, a Parma al 1258, a
Ferrara al 1287), in altre l’avvio è di un secolo successivo (Piacenza 1323,
Modena 1327, Rimini e Imola 1334, Carpi 1353, Forlì tra il 1359 e il
1373), mentre in alcuni casi le prime norme pervenuteci sono addirittura di
Quattrocento inoltrato (Faenza tra il 1410 e il 1413, Cesena fra il 1467 e il
1472). A Ravenna a una partenza precoce, una norma di carattere suntuario
relativa ai funerali si trova fra i materiali normativi datati tra 1199 e 1267,
segue un lungo silenzio fino allo statuto di Ostasio da Polenta (1327-1346).
Vi sono casi in cui le prime norme superstiti sono le prime emanate. In
altri casi è verosimile che non lo siano. In alcune città le prime norme suntuarie risalgono al comune popolare: questo è quanto ha avuto luogo a Bologna. Non così in altri, basti pensare che a Ferrara troviamo la prima normativa (fra il 1287 e il 1291) negli statuti di Obizzo che intervengono a regolamentare i doni dei padrini e le offerte fatte in occasione di ordinazioni e
monacazioni ma non affrontano il tema delle vesti e degli ornamenti. È vero
che la necessità di limitare tanto le spese come le esibizioni di potenza, non
solo economica, prescinde dal tipo di governo ma l’intervento non è mai
privo di significato politico. Il governo cittadino influisce molto sullo sviluppo di questo disciplinamento. Ciò spiega la carenza di norme a Ferrara
dove le esigenze della vita di corte, nella quale erano apprezzate le belle vesti
e selezionate le persone ammesse agli sfoggi, ridimensionavano l’esigenza di
un minuzioso e ossessivo regolamento diversamente da quanto accadde a
Bologna. È bene in ogni caso ricordare che il nostro ragionamento si basa
Introduzione
XIX
sull’esistente o meglio sul reperito, che potrebbe essere solo una parte della
documentazione prodotta all’epoca.
La corte è un mondo a parte governato da regole proprie, ma l’amore per
le belle vesti, da esibire e da ammirare in quello scenario, era una realtà che
tracimava dall’ambiente cortese e dilagava nelle strade e in settori più estesi
della cittadinanza tanto che nella Ferrara di metà Quattrocento, la stessa ritratta negli affreschi di palazzo Schifanoia, Borso d’Este dovette intervenire a
regolare le apparenze. Lo fece contestualmente o quasi al provvedimento
preso a Bologna dal cardinale legato Bessarione che divise per la prima volta,
ed era la prima volta non solo per Bologna, la popolazione cittadina in sei
categorie assegnando ad ognuna di esse una precisa estetica. La dettagliata
legislazione di Borso suscitò le lamentele della popolazione ferrarese tanto
che una delibera del consiglio concesse, in merito ad alcuni aspetti, una dispensatio. Proprio questa reazione, analoga a quella registratasi nel 1434 ad
opera delle donne, consente di cogliere la norma nella sua relazione reale
con la società mentre produce effetti che in qualche caso riescono a trasformarla o addirittura a cassarla.
Bologna, la cui ricchezza e varietà di materiali costituisce un unicum nell’ambito di questo volume, consente di ricostruire questa dialettica grazie ad
esempio alle multe o alle pagine di registrazione di vesti presentate nel 1401
agli appositi ufficiali per la bollatura. Sappiamo che anche a Cesena si pensò, ma nel tardo Cinquecento, di ricorrere alla registrazione di tutte le vesti
di seta possedute al tempo dell’emanazione, nel 1575, della norma che le
vietava, ma il registro con la «vera et fedel nota di tutti li loro vestimenti et
habiti di seta con il nome del drappo del quale saranno fatti et delli (…) ornamenti» non è ritrovabile. Questo genere di registrazioni costituisce una ragionevole forma di compromesso fra la rigidità della norma e la realtà spesso
sfuggente della quotidianità. A Faenza nel 1574 venne concesso alle donne
che avevano «notabil numero di vesti» di portarne solo tre che dovevano essere «date in nota» agli Anziani «dechiarando che di poi non si possi valer né
possi metter altre vesti, fintanto che le tre che saranno elette siano buone et
atte a portarsi». I legislatori spesso si mostrano consapevoli dell’esistenza di
uno iato tra norma e realtà e cercano di colmarlo anche facendo ricorso a
stratagemmi quali la “bollatura” di ciò di cui verosimilmente non ci si sarebbe privati per conformarsi a nuove norme. Per realismo a Forlì nel 1556 si
decise semplicemente che i vestiti già confezionati si potevano portare ma
per un periodo limitato. Quando a Faenza si concepì nel 1574 una nuova e
severa riforma suntuaria, il presidente di Romagna Filippo Sega osservò nella lettera di conferma dei capitoli che un ordinamento eccessivamente severo
era destinato all’inosservanza e suggerì perciò di venire a patti con la realtà
tramite la procedura della registrazione di quanto posseduto.
XX
Legislazione suntuaria
Tanto a Forlì come a Reggio, ma anche a Modena, a Ferrara e in altre città taluni provvedimenti restrittivi sono da associare all’intervento di moralisti di gran fama come Bernardino da Siena a Forlì o a Reggio Emilia Bernardino da Feltre. Le loro prediche veementi ebbero certamente una parte non
secondaria nella volontà di limitare sprechi e ostentazioni. Il ruolo di Bernardino da Feltre è esplicitamente riconosciuto da un consigliere reggiano
che nel 1489 parafrasa in consiglio i punti più salienti della predicazione per
sostenere la necessità di una provvisione contro il lusso.
L’azione combinata di moralisti e legislatori nella lotta contro pompe e
vanità registra una continuità secolare: tanto nel Duecento come nel Trecento e nei due secoli successivi nelle stanze in cui si decide una limitazione del
lusso sembrano risuonare le parole dei predicatori. Le norme degli statuti
parmigiani del 1258 paiono una diretta emanazione dei frati predicatori che
ottennero il risultato, ancorché momentaneo, di indurre le donne ad accorciare le “code” e a coprirsi il capo con un velo. In quegli stessi anni a Bologna Giovanni da Vicenza si scagliava contro l’uso femminile di porre fiori
tra i capelli e ciò a breve distanza dai primi provvedimenti suntuari17. Quando a Modena nel 1549 il consiglio cittadino avverte l’esigenza di frenare il
lusso dei modenesi, i conservatori si richiamano alla predicazione dell’agostiniano Boniforte da Pavia, l’eco della cui voce era ancora nelle loro orecchie.
Anche i consiglieri faentini all’atto di prendere provvedimenti nel 1555 «super inhonestatibus hebreorum, tam contra usuram quam mores, necnon super moderatione vestium hominum et mulierum» ricordano le parole del
domenicano che evidentemente aveva agito con frutto sulla cittadinanza e
sui suoi rappresentanti. Due anni dopo fu la volta di un francescano che impressionò grandemente pubblico e consiglieri. La cronachistica offre spesso
testimonianza dell’influenza esercitata dai predicatori o perlomeno del tentativo di esercitarla e ci riferisce, per Modena, che nel 1530 il francescano
Giovanni da Fano predicò lungamente e per più giorni contro le vanità e fece bruciare a Santa Cecilia «tuti li balci, capili morti, mascare, carte et altre
vanità che ge sono state date questa quarexima pasata; et erage tanta zente
quanta stare poteva in giesia e de fora»18.
Se un famoso e valente predicatore è spesso alle origini di provvedimenti
restrittivi, anche l’esempio delle altre città induceva a legiferare: così dichiarano i consiglieri reggiani nel 1420 come i conservatori modenesi nel 1563.
I consiglieri di Parma nel 1575 si dicono indotti ad agire anche «per seguir
17
M.G. MUZZARELLI, Gli inganni delle apparenze. Disciplina di vesti e ornamenti alla fine
del medioevo, Torino 1996, in particolare p. 138.
18
Cronaca modenese di Jacopino de’ Bianchi de Lancellotti, in Monumenti di storia patria
per le province modenesi. Serie delle Cronache, IV, III, Parma 1865, p. 44.
Introduzione
XXI
l’uso dell’altre buone cittadi che con misura et prudenza in ciò si governano». La spinta all’emulazione o forse il timore che città ben regolate sotto
questo profilo potessero essere concorrenti temibili grazie a cospicui apporti
di capitali sottratti alle spese superflue, inducono molti governi cittadini a
emanare norme suntuarie. L’inefficacia di queste ultime era sotto gli occhi di
tutti, tuttavia vuoi per inerzia vuoi per mancanza di valide alternative si continuò fino a tutto il Settecento, fra intermittenze e stanche ripetizioni, a perseguire l’obiettivo del disciplinamento dei lussi tramite questo strumento.
Se una prima fase, che corre indicativamente da metà Duecento a metà
Trecento, è caratterizzata da una sorta di invito generalizzato alla modestia,
una seconda è invece segnata dalla ricchezza e dalla varietà delle norme, dalla possibilità di sanare le trasgressioni pagando una multa e dalla definizione
di un’area esentata dai divieti. Questa seconda fase dura circa fino alla metà
del XV secolo, quando se ne avvia una nuova che prevede per ogni categoria
cittadina un’estetica appropriata. È ciò che emerge con particolare chiarezza
dalla normativa bolognese ma che trova conferma anche in altre città19.
A Bologna prende corpo alla metà del Quattrocento la suddivisione della
società cittadina in categorie dall’estetica differenziata. A Forlì cent’anni dopo si propone una modellazione più ridotta all’interno della quale ai dottori
in legge e in medicina ma soprattutto ai cavalieri sono riservate ampie concessioni. Il provvedimento assunto nel 1559 dal consiglio cittadino considerava separatamente le donne dagli uomini ed elencava scrupolosamente gli
oggetti consentiti alle une e agli altri: un anello d’oro, un ventaglio senza
collana, due cappelli ma senza piume e così via. I dottori possono vestire in
maniera «condecente et conveniente alla dignità et essere suo» e ai cavalieri è
concesso portare una spada, un pugnale, una correggia e speroni d’oro oltre
a una collana sempre d’oro al collo. Per il resto tanto per i cavalieri come per
tutti gli altri, fatta eccezione per i dottori, vi sono prescrizioni dettagliate relative a berrette, calze, scarpe e vesti.
Fin dagli anni Trenta del XIV secolo i dottori in legge e in medicina
emergono dalla legislazione suntuaria come categoria esente dalle restrizioni20. A Bologna essi sono esclusi dai divieti per la prima volta nel 1335. Gli
statuti di Modena nel 1420 dispensano dalle limitazioni le mogli di cavalie-
19
L. BERTI, I capitoli “De vestibus mulierum” del 1460, ovvero “status” personale e distinzioni sociali nell’Arezzo di metà Quattrocento, in Studi in onore di A. D’Addario, a cura di L.
BORGIA, F. DE LUCA, P. VITI, R.M. ZACCARIA, Lecce 1995, IV, pp. 1171-1214.
20
O. CAVALLAR - J. KIRSHNER, “Licentia navigandi... prosperis ventibus aflantibus”. L’esenzione dei “doctores” e delle loro mogli da norme suntuarie, in A Ennio Cortese, studi promossi
da D. MAFFEI e raccolti a cura di I. BINOCCHI, M. CARAVALE, E. CONTE, U. PETRONIO, Roma 2001, I, pp. 204-227.
XXII
Legislazione suntuaria
ri, dottori e nobili. A Parma sono regolarmente riproposte le eccezioni ai divieti per mogli, figlie e nipoti di marchesi, conti, capitani, cavalieri e avvocati. Se ciò in definitiva rappresenta una costante che a partire dal XIV secolo
vena, seppure ad intermittenza, la legislazione suntuaria, un’altra linea di
continuità è costituita dalla ferma intenzione di distinguere le donne di malaffare da quelle per bene ricorrendo a vari segni. I provvedimenti presi al riguardo dalle città variano non solo da un caso all’altro ma anche di secolo in
secolo. A Modena una grida del 1549 considera insieme meretrici ed ebrei
per proibire alle une e agli altri oro, argento, gioielli e sete, salvo poi consentire ciò agli ebrei purché indossino «un segno evidente, come sarebbe a dire
una lettera o segno nelli petti loro di color giallo o azuro». Una grida di vent’anni più tardi (1570) impone agli ebrei come segno distintivo una cordicella color arancio sugli abiti e alle meretrici di non andare mai sole per la
città ma a braccetto, a capo scoperto e portando un paio di guanti in mano.
Ravenna, che decreta nel 1475 la distanza dei postriboli dalle case degli uomini dabbene, non impone alle meretrici alcun segno eccettuativo. Neanche
gli statuti faentini del 1410-1413, che vietano peraltro alle meretrici di vivere o stazionare presso luoghi centrali o sacri, impongono loro alcun segno.
Alcuni decenni più tardi e cioè nel 1526-1527, tempo di governo pontificio,
fu invece loro imposto un segno consistente nel tenere il capo velato e nell’andare in giro con un canestro in mano. A Reggio troviamo l’imposizione
di un pannicello color del croco, cioè giallo, e chi di loro non lo avesse indossato non solo doveva pagare una multa ma poteva vedersi strappate di
dosso le vesti da parte di chiunque. Era di fatto una sorta di autorizzazione
all’aggressione di quelle non “protette” dal segno. Una linea di comportamento analoga è seguita anche a Bologna dove la normativa suntuaria esordisce proprio con indicazioni relative al modo di vestire delle meretrici e
continua ininterrottamente a legiferare su questo tema imponendo ora un
sonaglio da appendere all’estremità di un lungo cappuccio, ora pannicelli
gialli, un colore che frequentemente segnalava la marginalità. A Cesena nel
1433 è imposto infatti il segno giallo sul petto agli ebrei ai quali a Rimini
nel 1515 è fatto obbligo di indossare un berretto pure giallo, se maschi, e
una benda gialla in fronte, se femmine. Erano gialle anche a Imola le berrette imposte nel 151621.
La polifunzionalità del segno che, secondo il volere delle norme cittadine, ora indica privilegio e ora marginalità va combinata, per rappresentare la
complessità della materia, con l’atteggiamento ambivalente dei governanti
21
Sui segni distintivi imposti a prostitute ed ebrei vedere: M.G. MUZZARELLI, Guardaroba medievale. Vesti e società dal XIII al XVI secolo, Bologna 1999, pp. 287-298.
Introduzione
XXIII
preoccupati tanto di sprechi ed eccessi quanto consapevoli del prestigio che
arrecavano alla città le splendide vesti ostentate dai più ricchi. La preoccupazione li induceva a interventi disciplinatori in nome di un principio secondo
il quale «l’utile e commodo publico dover esser anteposto al privato piacere», come si legge nella “Grida d’oro, cocchi et cavalli” emanata a Ferrara e a
Modena il 5 agosto 1537, mentre all’opposto la consapevolezza della funzione positiva dei lussi invitava ad atteggiamenti concessivi. Di ciò troviamo
tracce nella norma reggiana che impone nel 1242 ai cittadini più abbienti il
possesso di almeno una veste a colori per accrescere il prestigio del comune.
Un atteggiamento analogo è nella mancata approvazione da parte di Sigismondo Pandolfo Malatesta, signore di Rimini, dei capitoli contro il lusso
ispirati da Giacomo da Monteprandone sulla base della convinzione che le
donne ornate a loro piacimento aggiungessero bellezza e prestigio alla città
così come a corte rappresentavano lo splendore e il potere del signore. Vesti
ricche e colorate inviavano messaggi di opulenza e vitalità apprezzati in tempi “calamitosi” per gli effetti che ci si augurava esse potessero suscitare. Fu
con questo spirito che a Ferrara, dove nel 1528 si attendeva l’arrivo di Renata di Francia, il duca Alfonso, che era in lutto come molti in città a causa
delle numerosissime morti determinate dalla peste, decretò l’abbandono dei
panni lugubri «che ’l numero et l’obscurità di tale habito farà parere tutta la
cittade redotta et malcontenta». Volle che tutti, per festeggiare l’arrivo illustre ma anche per rallegrare il popolo e tentare di dimenticare i danni passati, abbandonassero le gramaglie «acciò che levato questo habito ognuno possa vivere più allegramente et attendere alla conservatione di sé stesso et alla
multiplicatione delle famiglie». Dalla opposizione al disciplinamento suntuario da parte di Sigismondo Pandolfo Malatesta, che considerava le belle
vesti un elemento di bellezza e prestigio per la città, con il proclama di Alfonso d’Este si passa alla “allegria” di stato imposta con l’abbandono dei
panni del lutto all’insegna del principio che “la vita continua”.
Alla base della normazione stanno certamente tanto la difficoltà di distinguere i nobili dagli ignobili, come peraltro si dichiara nei provvedimenti
presi a Bologna nel 1474 dal cardinale Francesco Gonzaga tesi a evitare che
«nullum iam inter nobiles et ignobiles discrimen esse», quanto quella di riconoscere gli appartenenti alle diverse categorie di cittadini. Ciò però non
basta. A preoccupare era anche il fiume di denaro speso in vesti ed ornamenti e perciò sottratto ad usi più proficui.
Tutte le città appaiono allarmate dai consumi eccessivi che esauriscono
somme impiegabili in maniera diversa anche se non meglio definita. Una
precisazione è contenuta nella grida emanata a Ferrara e a Modena nel 1537
nella quale il duca Ercole dichiara di temere che le spese superflue «circa il
viver privato» si ripercuotano negativamente sul «commodo publico» sot-
XXIV
Legislazione suntuaria
traendo risorse alle necessità cittadine conseguenti alla delicata fase di «movimenti di guerre et precipue (…) grandissimi apparati et imminenti periculi del Turco». La grida può essere così sintetizzata: meno vesti e più armi da
fuoco.
A Faenza a metà del Cinquecento si dice che il lusso era «corruttore de’
costumi e cagione fortissima d’impoverimento» mentre a Cesena nel 1575 si
dichiara che la città è sommersa dalle spese inutili. Senza dubbio, si legge
nella provvigione piacentina del 1567, molti hanno contratto debiti di notevole entità fino a diventare poveri «in eorum maximum preiudicium et detrimentum ac etiam ipsorum et publici dedecus et damnum». Molti, riferisce un consigliere imolese che prese parte nel 1541 al dibattito sull’opportunità di intervenire nuovamente a disciplinamento dei lussi, a causa delle spese disordinate in vesti ed ornamenti «ad summam egestatem devenerunt et,
ut in vulgo dicitur, sono andati in ciatte». La rovina era per tanti dietro l’angolo e poteva annidarsi anche nelle pieghe di un abito costoso.
Per secoli si è legiferato su vesti, ornamenti, funerali, convivi e, ma solo
limitatamente, su lessi e arrosti con risultati certamente ridotti se non deludenti come prova anche la reiterata riproposizione di queste norme. La legislazione attesta anche questo, cioè il disincanto quando non la stanchezza
di chi si oppone a un nemico sfuggente e potente: la vanità degli uomini e
delle donne, il bisogno di affermazione sociale, la voglia di ostentare dei
privilegiati, il gusto per il piacere tattile e visivo di una veste di seta lucida e
morbida e, perché no, la forza del mercato. Si legge nel proemio alla riforma «intorno il vestire delli huomini et delle donne» fatta a Rimini nel 1573
che l’esperienza prova come «né la consideratione della perdita et danno
spirituale, né del danno temporale» frenano «l’inordinata voluntà dell’uomo». Ciò nonostante viene emanato un provvedimento fra i più articolati
che divide le donne in quattro categorie: maritate, vedove, non maritate e
donzelle. Sono consapevoli della scarsa adesione ai principi delle leggi anche i consiglieri imolesi che nel 1541 raccomandano di emanare un decreto
solo se si ha la forza di farlo osservare, altrimenti «melius est non condere
leges quam a conditis turpiter desistere». Nonostante stanchezza e disincanto gli imolesi continuarono a legiferare per impedire che chiunque potesse
vestire «cum auro» in tempi in cui si servono «di vestiti bordati d’oro anche
i guardiani di pecore e di capre». È un paradosso, si intende, come quando
a Modena nel 1538 si sostiene la necessità di limitare le doti e cioè che «sino ali carciolari ardiscono de domandare quella dota che già era honorevola
ale prime casate di Modona, cioè scuti 200». È credibile invece che molti
vestissero, come è detto sempre a Imola, «supra eorum conditionem et facultatem» o comunque liberamente, senza conformarsi a prescrizioni a tal
punto puntigliose da indicare, come in una grida emanata a Modena nel
Introduzione
XXV
1564, cosa era lecito indossare nelle diverse parti del corpo suddividendolo
in sezioni separatamente considerate. In capo una berretta della quale si
precisavano gli ornamenti, alle orecchie nessun orecchino «parendo esser
cosa barbarica l’haver le orecchie forate et portare ad esse pendenti di gioie»
(ricordiamo che nella definizione del cardinale Paleotti, l’intransigente disciplinatore dei lussi dei bolognesi di metà Cinquecento, gli orecchini erano un ornamento «stomachevole»), al collo una collana d’oro dal valore definito oppure di corallo se si trattava di una contadina, al petto nessun ornamento che fosse vietato al collo, alle braccia nessun braccialetto di materiali non concessi al collo e al petto, al dito non più di due o tre anelli, al
«traverso» nessuna cintura d’oro o d’argento e così via. Quest’uomo o questa donna fatti a pezzi e distinti per categoria erano forse un buon oggetto
per un’esercitazione retorica ma difficilmente sarebbero stati un modello
per i cittadini di Modena o di qualsiasi altra città.
Perché si arrivasse a teorizzare la libertà di vestire mancavano, a fine
Cinquecento, circa due secoli. Bisognava ancora assistere a molti sfarzi e a
molti sforzi di disciplinamento; i moralisti dovevano ancora elaborare riflessioni e i filosofi scrivere trattati22 prima che venisse formulata il 18
brumaio dell’anno II (29 ottobre 1793) nella Francia che aveva conosciuta
la rivoluzione una dichiarazione che suona così: «Nessuno potrà costringere un cittadino o una cittadina a vestirsi in maniera particolare (...) ognuno è libero di portare il vestito o la guarnizione che gli pare»23. Sono le parole che segnano il termine ad quem della storia del disciplinamento suntuario. Molti segnali annunciavano da tempo la fine di questa vicenda che
abbiamo appena cominciato a ricostruire e che, se non mi fa velo la passione per il tema, è ricca di informazioni e di spunti per nuove riflessioni e
approfondimenti. Il molto che resta da fare dovrebbe risultare assai facilitato dal nostro sforzo di raccogliere e ordinare i mattoni necessari alle costruzioni che verranno.
Intorno a questa ricerca e dunque intorno a questo libro si sono realizzate molte convergenze di ambienti e persone che hanno contribuito a vario
titolo a realizzare il progetto. Se riusciremo a mantenere questo clima di collaborazione e di fervore non dovremmo mancare l’obiettivo di ricostruire
qualche tratto della storia dell’Italia dell’ultimo Medioevo e della prima Età
moderna dall’angolazione delle leggi suntuarie. Mi piacerebbe che questa ri22
Si può vedere: La polemica sul lusso nel Settecento francese, a cura di C. BORGHERO, Torino 1974.
23
Vedere il Moniteur universel, n. 39, I Decade di brumaio, anno II (30 ottobre 1793)
citato da P. PERROT, Il sopra e il sotto … cit., p. 32.
XXVI
Legislazione suntuaria
cerca non gettasse una luce isolata in un campo di così singolare interesse
ma che all’intermittenza di qualche bagliore subentrasse una luminosità diffusa capace di rendere accessibile agli storici delle istituzioni come a quelli
della mentalità, ai cultori di storia del costume o dell’alimentazione e a
quanti in generale provano interesse per questa materia il patrimonio di informazioni vastissimo, vario e suggestivo consegnateci dalle fonti che abbiamo scelto di rendere accessibili.
Questo lavoro fa parte del programma di ricerca universitaria cofinanziata dal Ministero dell’Università e della ricerca scientifica e tecnologica “Ragione ed etica nel pensiero e nelle istituzioni tra Medioevo ed Età moderna:
politica, economica e diritto” e coordinata nazionalmente da Paolo Prodi.
L’unità locale di ricerca che fa capo al Dipartimento di Paleografia e Medievistica dell’Università di Bologna è da me coordinata scientificamente.
Ringrazio la Direzione generale per gli archivi del Ministero per i beni e
le attività culturali, e in particolare Antonio Dentoni Litta per aver seguito
e sostenuto l’intero progetto ed accettato di accogliere questo, come i volumi che seguiranno, fra le iniziative del Servizio V Documentazione e pubblicazioni archivistiche. Ringrazio gli amici e i colleghi delle Università, degli Archivi di Stato della Regione, della Sovrintendenza ai beni librari e della Soprintendenza archivistica che hanno preso parte al lavoro al di là degli
obblighi del loro ufficio. Ringrazio loro e quanti, non incardinati in alcuna
istituzione, hanno lavorato per curiosità e passione; sono loro grata per
averlo fatto con fervore. Ringrazio Leopoldo Puncuh per aver discusso con
noi i criteri di edizione. Ringrazio sentitamente Antonella Campanini, alla
quale è stato attribuito un assegno per la collaborazione ad attività di ricerca presso il Dipartimento di Paleografia e Medievistica dell’Università di
Bologna diretto da Massimo Montanari che ringrazio della fiducia in questo impegnativo lavoro. Ringrazio dunque Antonella per la costante cura
che ha portato a quest’opera dedicata al suo piccolo Paolo che è venuto
prendendo forma assieme a questo libro. Non so se un giorno sarà fra
quanti apprezzeranno il nostro lavoro, ma se avrà interesse e curiosità per
alcune matrici tanto di comportamenti attuali come di forme del nostro
pensiero forse ricaverà da questo libro utilità e gusto.
Elencare in questa sede tutti coloro che si sono prodigati per contribuire al
buon esito della ricerca è praticamente impossibile. Desideriamo però ricordare con
particolare gratitudine innanzitutto il personale degli archivi di Stato, molto disponibile alla collaborazione, segnalando in particolare Maria Rosaria Celli Giorgini,
direttrice dell’Archivio di Stato di Bologna, che ha sempre ospitato le nostre riunioni e creduto nel nostro progetto, rendendo possibile a Diana Tura di fungere da referente interna; poi il direttore Gino Badini e Luciana Bonilauri dell’Archivio di
Introduzione
XXVII
Stato di Reggio Emilia, il direttore Angelo Spaggiari, Giuseppe Trenti e Riccardo
Vaccari dell’Archivio di Stato di Modena, Giancarlo Di Blasio dell’Archivio di Stato di Piacenza, il direttore Marzio Dall’Acqua, Valentina Bocchi e Gabriele Nori
dell’Archivio di Stato di Parma, la direttrice Fiorenza Danti dell’Archivio di Stato
di Forlì – personalmente impegnatasi anche in verifiche e ricerche – e infine Irene
Cotta dell’Archivio di Stato di Firenze: senza la cortese collaborazione di quest’ultima le verifiche sugli statuti dei comuni della Romagna toscana difficilmente avrebbero potuto essere attuate, e certamente mai in tempi così ridotti.
Presso la Soprintendenza archivistica per l’Emilia-Romagna abbiamo goduto
dell’appoggio della soprintendente Euride Fregni, che ha incaricato Maria Parente
di redigere le norme e di revisionare i testi; grazie al sostegno della sovrintendente ai
beni librari Rosaria Campioni, Zita Zanardi ha potuto prendere parte a questo lavoro.
Tra il personale degli archivi storici comunali dei capoluoghi, non sempre conservati
presso gli archivi di Stato, ci hanno aiutati particolarmente Aldo Borsari di Modena,
Gilberto Zacchè di Carpi e Laura Guidi di Ferrara, alla quale va il più sentito ringraziamento per avere svolto verifiche sul materiale sino all’ultimo. Anche il personale delle
biblioteche è sempre stato cortesemente a nostra disposizione per consigli e chiarimenti:
ricordiamo in particolare Massimo Baucia, conservatore del Fondo Antico della Biblioteca comunale “Passerini Landi” di Piacenza, e Paola Del Bianco della Biblioteca “Gambalunga” di Rimini.
Ricordiamo poi la fruttuosa collaborazione con il gruppo De statutis e in particolare con Rolando Dondarini, del Comitato per gli studi e le edizioni delle fonti
normative, che ringraziamo per i preziosi suggerimenti in corso d’opera.
Anche altre persone, al di fuori delle istituzioni e del gruppo di lavoro, hanno
effettuato verifiche sul materiale o segnalato fondi o documenti. Ricordiamo in
particolare Nina Maria Liverani, ispettore archivistico onorario, incaricata personalmente da Euride Fregni, soprintendente archivistico per l’Emilia-Romagna, poi
Susanna Calandrini, Stefania Mazzotti, e, per l’area riminese, Rosita Copioli, Oreste Delucca, Gian Ludovico Masetti Zannini, Nicola Matteini e Luigi Vendramin.
A tutti questi e ad altri, eventualmente non nominati, va il mio sentito ringraziamento.
Maria Giuseppina Muzzarelli
CRITERI PER L’EDIZIONE DEI TESTI
La correttezza filologica sta alla base di tutte le trascrizioni. Lo scopo della presente edizione non è tuttavia quello di fornire un testo filologico completo, ma una base per la ricerca storica sulla legislazione suntuaria; per questo motivo i criteri di edizione adottati non sono quelli canonici e codificati
dall’Istituto storico italiano per il Medioevo e dalle opere di Alessandro Pratesi e Giampaolo Tognetti, ma presentano variazioni significative sia pure
nel rispetto più puntuale del testo originario. Tali variazioni riguardano
principalmente le note, che non sono distinte in “filologiche” (a lettere) e
“storiche” (a numeri), ma sono soltanto a numeri e comprendono le due tipologie.
Quanto alle note filologiche, il lettore troverà che sono molto ridotte rispetto ad un’edizione filologica vera e propria. Innanzitutto si è deciso di
non citare mai le correzioni apportate in origine al testo dal suo autore o trascrittore, le aggiunte in interlinea o nei margini e tantomeno le diverse lezioni seguite da editori precedenti; ovviamente il testo riproduce nel luogo
esatto aggiunte e correzioni.
Non ci si dilunga in questa sede in esemplificazioni che risultano poi evidenti dalla lettura dei testi. Quanto alle regole generali seguite, si ritiene opportuno evidenziare quanto segue.
* Riguardo a spazi e punteggiatura:
Gli spazi tra le parole sono collocati secondo l’uso comune; la punteggiatura è completamente adattata all’uso moderno.
* Riguardo all’uso delle maiuscole e minuscole:
L’uso delle maiuscole o minuscole dopo i segni di punteggiatura segue
anch’esso l’uso moderno. Si ritiene opportuno in particolare segnalare che:
all’interno del testo, la maiuscola caratterizza i nomi di persona, di famiglia
e di luogo, di religione e di popolo; per gli aggettivi riferiti al popolo, il latino richiede la maiuscola ma il volgare la minuscola (populus Romanus ma
XXX
Legislazione suntuaria
popolo romano); la maiuscola si usa solo per il nome della divinità e delle
persone sacre; tutti gli attributi che precedono tale nome richiedono la minuscola. Nel caso la divinità sia indicata solo con un vocabolo questo avrà
l’iniziale maiuscola: In nomine Domini; In nomine domini Dei; In nomine
domini Iesu Christi; interceptio Virginis; interceptio virginis Mariae; riguardo
ai termini santo (lat. sanctus) e beato (lat. beatus) si è utilizzata la maiuscola,
come di norma, se individuano un luogo oppure un’istituzione connotata
dalla persona del santo stesso o dal luogo, ma la minuscola se riferiti alla
sola persona del santo o del beato (es. ecclesia Sancti Dominici, ma regula
sancti Benedicti, terra Sancti Iohannis in Persiceto ma festo sancti Martini);
per quanto riguarda gli ordini religiosi, si è utilizzata la maiuscola soltanto
per il termine “caratterizzante” (es. fratres Predicatores e ordo fratrum Predicatorum).
* Riguardo ad apostrofi ed accenti:
Sono presenti secondo l’uso moderno soltanto nella trascrizione dei testi
in volgare.
* Riguardo all’andare a capo:
Si è deciso generalmente di rispettare il testo; la presenza di segni di paragrafo non è stata annotata in alcun modo, ma si è tradotta con il punto e a
capo.
Non si è ritenuto opportuno evidenziare in alcun modo la fine delle righe né quella delle singole carte.
* Riguardo ai segni abbreviativi:
Essi sono stati tutti sciolti, senza l’uso delle parentesi tonde per integrare
le lettere omesse. Quanto all’uso dei dittonghi latini ae ed oe, la trascrizione
“fotografa” il testo; contrariamente alla norma generale, le e caudate si sciolgono nel dittongo corrispondente; si fotografa il testo anche nel caso di c
caudata.
* Riguardo ai numerali:
Se espressi in lettere, sono stati riportati in lettere anche nella trascrizione
(es. pena decem librarum bononinorum); se espressi in cifre romane, si sono
utilizzati per la trascrizione caratteri maiuscoletti senza punteggiature (es. pena X librarum bononinorum); stesso criterio è stato seguito per le datazioni
(es. MCCCXV); i numeri arabi sono stati trascritti come tali.
* Riguardo all’uso delle parentesi:
Quelle quadre segnalano le lacune in generale (guasti meccanici e dimenticanze del redattore), tanto colmate quanto lasciate in bianco, con tre punti
in parentesi quadre sono stati segnalati anche spazi lasciati in bianco dal redattore; tre punti tra parentesi tonde indicano l’omissione di parti del testo
non pertinenti alla materia trattata.
Criteri per l’edizione dei testi
XXXI
Riguardo alle problematiche presentate dalle trascrizioni da testi a stampa
si è deciso di seguire i medesimi criteri stabiliti per i manoscritti, in modo
da realizzare il più possibile l’uniformità tra le due tipologie di fonti. Si segnala in particolare che: spazi e punteggiatura, apostrofi ed accenti seguono
l’uso moderno; la scelta tra maiuscole e minuscole segue le regole sopra delineate per i manoscritti; gli “a capo” rispettano il testo; lo scioglimento delle
abbreviazioni si uniforma alle regole per i manoscritti; si sono trasformate
comunque la j in i e utilizzate u e v secondo l’uso corrente; i numerali vengono trascritti uniformandosi alle regole delineate per i manoscritti; quanto
alle integrazioni, valgono i criteri seguiti per i manoscritti.
Ove si sia resa necessaria la collazione di più fonti, perché manoscritti recanti il medesimo testo o perché testi riproposti in tempi successivi sostanzialmente immutati, sono state riportate in nota le sole varianti significative
presentate dai testi collazionati, omettendo quelle puramente grafiche. Per
evidenziare ulteriormente il caso dei medesimi testi riproposti in tempi successivi, senza perdere la scansione cronologica, in luogo dei testi omessi perché già collazionati con i precedenti il lettore troverà comunque un’indicazione che rinvia al testo collazionato, e questo sia nell’elenco delle fonti sia
nell’edizione vera e propria. Nell’elenco delle fonti il rimando è reso più evidente da un quadratino vuoto che precede l’indicazione della fonte che ha
subito la collazione.
Un caso particolare si è poi presentato per gli statuti di Bologna: nel corso delle diverse redazioni statutarie talune rubriche hanno subìto integrazioni e varianti, ma riportare per intero il testo di queste rubriche ogni volta
avrebbe comportato un’apparente ripetitività e nel contempo fatto perdere
di vista le varianti significative. Si è individuata perciò una soluzione alternativa: nel momento della sua prima comparsa la rubrica è stata riportata
normalmente, per intero e in carattere tondo; le volte successive si è utilizzato il carattere corsivo per evidenziare le parti in comune con il testo precedente e quello tondo per contraddistinguere le novità. Una nota a piè di pagina avverte comunque sempre della scelta compiuta.
Il corsivo è utilizzato anche per ogni intervento dei curatori sia nel testo
che nelle note.
Sono state elencate in corpo minore alla fine di ciascuna introduzione
tutte le fonti consultate, con o senza profitto; l’indice che precede le trascrizioni riguarda esclusivamente le fonti trascritte.
Maria Parente
INDICE DELLE ABBREVIAZIONI
AA BO: Archivio arcivescovile di Bologna
AS BO: Archivio di Stato di Bologna
AS FE: Archivio di Stato di Ferrara
AS FI: Archivio di Stato di Firenze
AS FO: Archivio di Stato di Forlì
AS FO - SEZ. CESENA: Archivio di Stato di Forlì - Sezione di Cesena
AS MO: Archivio di Stato di Modena
AS PC: Archivio di Stato di Piacenza
AS PR: Archivio di Stato di Parma
AS RA - SEZ. FAENZA: Archivio di Stato di Ravenna - Sezione di Faenza
AS RN: Archivio di Stato di Rimini
AS ROMA: Archivio di Stato di Roma
ASC BAGNACAVALLO: Archivio storico comunale di Bagnacavallo (RA)
ASC BRISIGHELLA: Archivio storico comunale di Brisighella (RA)
ASC CARPI: Archivio storico comunale di Carpi (MO)
ASC FE: Archivio storico comunale di Ferrara
ASC FORLIMPOPOLI: Archivio storico comunale di Forlimpopoli (FC)
ASC IMOLA: Archivio storico comunale di Imola (BO)
ASC MO: Archivio storico comunale di Modena
ASC RA: Archivio storico comunale di Ravenna
ASC SANT’AGATA SUL SANTERNO: Archivio storico comunale di Sant’Agata
sul Santerno (RA)
BA FE: Biblioteca Ariostea di Ferrara
BCA BO: Biblioteca comunale dell’Archiginnasio di Bologna
BC FAENZA: Biblioteca comunale Manfrediana di Faenza (RA)
BC FO: Biblioteca comunale di Forlì
BC PC: Biblioteca comunale “Passerini Landi” di Piacenza
BC RA: Biblioteca Classense di Ravenna
BCR BO: Biblioteca della Cassa di Risparmio di Bologna
XXXIV
Legislazione suntuaria
BE MO: Biblioteca Estense di Modena
BG RN: Biblioteca Gambalunghiana di Rimini
BM CESENA: Biblioteca Malatestiana di Cesena
BM RE: Biblioteca municipale “A. Panizzi” di Reggio Emilia
BP PR: Biblioteca Palatina di Parma
BS ROMA: Biblioteca del Senato della Repubblica
BU BO: Biblioteca universitaria di Bologna
BU PV: Biblioteca universitaria di Pavia
BOLOGNA
a cura di Maria Giuseppina Muzzarelli
INTRODUZIONE
La vicenda bolognese del disciplinamento suntuario è di lunga, anzi lunghissima durata – cinque secoli e più – e prende avvio assieme alla messa in
forma della vita cittadina tramite lo strumento statutario. Non diversamente, peraltro, da quanto è accaduto altrove in Emilia-Romagna e più in generale nella penisola italica.
Le prime norme per disciplinare le apparenze compaiono infatti all’interno dei primi statuti cittadini alla metà del XIII secolo in età comunale, all’indomani del modesto scontro con Federico II del 1249 che ebbe però per
Bologna, che registrò la vittoria, un alto valore1. La città, che assurse a livello
di potenza regionale, si aprì a nuovi sviluppi e diede vita a molte iniziative
tra le quali la compilazione degli statuti, espressione della volontà di disciplinare ogni aspetto della vita cittadina, comprese le apparenze.
La ricostruzione del tentativo plurisecolare di normare modi di apparire,
banchetti e cerimonie segue in definitiva, con alcune deviazioni, il percorso
tracciato dalla filiera dei corpi statutari. Tanti sono gli statuti, più inediti che
editi, tante sono le tappe del discorso medievale e moderno, o almeno della
prima Età moderna, sul lusso disciplinato. Va detto che la maggior parte
delle norme riguarda le apparenze, numerose quelle relative ai funerali e tendenzialmente più tardive e ripetitive le poche regole dettate per i banchetti.
Per il gruppo che si è occupato della normativa bolognese, ma in particolare per Maria Venticelli, si è trattato di confrontare le norme contenute negli statuti del 1288 (non quelli precedenti nei quali una sola norma era di carattere suntuario) con quelle degli statuti del 1335, del 1352, del 1357, del
1
Per i lineamenti generali della storia di Bologna si può vedere: A. FERRI - G. ROVERSI,
Bologna nell’età medievale (1115-1506), Bologna 1978, in particolare G. FASOLI, Bologna
nell’età medievale (1115-1506), pp. 127-196; F. BOCCHI, Il Duecento, Bologna 1995, pp. 9106 (Atlante storico delle città italiane. Emilia Romagna, Bologna, II, a cura di F. BOCCHI);
R. DONDARINI, Bologna medievale nella storia delle città, Bologna 2000.
4
Legislazione suntuaria
1376, del 1389 e del 1454. In una parola, bisognava far parlare tra loro le indicazioni suntuarie di tre secoli contenute nell’intero corpo statutario bolognese: un’operazione tutt’altro che semplice. Si è presa la determinazione,
dopo non pochi esperimenti, di trascrivere per intero le norme del 1288
contenute in ben 12 rubriche e di far riferimento nel testo, con indicazioni
in nota, ma senza trascriverle, alle norme identiche contenute negli statuti
successivi. Sono state riportate invece per intero tutte le norme nuove e trascritte in corsivo quelle che, pur ricalcando le precedenti, presentavano differenze sensibili evidenziate in tondo. In questa maniera ci è sembrato che potessero risaltare sia la continuità (espressa dall’indicazione di una rubrica non
riportata in quanto appunto identica a quella precedente) sia le novità (che
emergevano dalle rubriche nuove) senza sacrificare le modificazioni delle vecchie regole introdotte nel corso del tempo dai legislatori e rese visibili dalla
modificazione del carattere. L’ordine cronologico ci è sembrato imperativo
per dar conto delle novità progressivamente emergenti: nuovi assetti politici,
nuovi protagonisti sulla scena, nuovi oggetti, nuove fogge, nuovi usi. Insomma un mondo che cambia osservato dalla specola delle norme suntuarie.
Il rispetto rigoroso del criterio cronologico ha imposto di interrompere la
continuità fra gli statuti inserendo fra l’uno e l’altro ulteriori tipologie documentarie. Questo ha consentito, tra l’altro, di cogliere le reazioni alla normativa, di vederne l’attuazione e gli esiti. Mi pare che la combinazione delle
fonti offra la possibilità di cogliere la dialettica fra le istituzioni ma anche fra
le singole persone e le istituzioni. Questo è forse il dato più vivace e realistico dell’intero discorso.
È infatti di rilievo conoscere l’evoluzione delle leggi, perché taluni comportamenti continuino ad essere normati e in quali termini, perché altri non
lo siano più e così via. Il discorso però rischierebbe di isolarsi all’interno della visione propria ai legislatori, certo non privi di contatto con la realtà, ma
pur sempre legati al loro punto di vista. Come reagivano uomini e donne,
colpiti nel loro gusto e nelle loro intenzioni, alle restrizioni suntuarie e come
cercavano le autorità politiche di far rispettare le norme? E ancora, come nasceva l’idea del disciplinamento di vesti o di cerimonie?
Se gli statuti costituiscono il filo rosso del discorso, le “derive”, vale a dire
le multe, le inquisitiones o l’elencazione delle vesti bollate rappresentano invece l’irruzione della realtà nella selva delle norme, sono l’attestazione e la
descrizione del reale versus l’indicazione astratta di quello che non si poteva
sfoggiare. Fra le diverse tipologie di fonti corre la stessa differenza che esiste
fra la grammatica di una lingua e la lingua parlata, cioè tra le regole e l’uso.
Ci si è posto il problema di quali documenti introdurre nella raccolta e
quali eventualmente scartare, ma anche di quali e quanti fondi sondare e
quali no. È vero che l’Età medievale non offre una mole eccessiva di docu-
Bologna
5
menti, eppure qualche rinuncia è parsa inevitabile: il fondo giudiziario, esteso e carente di strumenti di corredo coevi, è stato scartato senza indugi. È
innegabile l’interesse di eventuali procedimenti giudiziari nei confronti di
chi non rispettava le norme, ma senza elementi segnalatori avremmo dovuto
affrontare lo spoglio dell’intero fondo. Ovviamente disponendo di una segnalazione la fonte è stata introdotta sebbene solo come mas erraticum.
Nell’Ufficio corone ed armi deputato a diligenter et efficaciter inquirere in
materia, come si legge negli statuti del 1335, sono state individuate le inquisizioni del 1300. Un’indicazione di Ludovico Frati che nel suo La vita privata di Bologna. Dal secolo XIII al XVII pubblicato nel 19002 tratta pionieristicamente anche il tema delle vesti, dei banchetti e della loro regolamentazione, ci ha condotto alle multe del 1365-66. In particolare ci ha guidato una
sua nota relativa a 74 contravvenzioni in materia d’ornamenti femminili
contenute in un fondo dell’Archivio di Stato denominato Atti giudiziali del
podestà3. Sono iniziate le ricerche facilitate dalla disponibilità, competenza e
cortesia del personale dell’Archivio di Stato di Bologna, direttamente coinvolto nella ricerca, e della sua direttrice, Maria Rosaria Celli Giorgini che
qui ringrazio per la collaborazione intelligente e generosa. Zelo e impegno
non hanno portato a quello che la tenacia ma anche un po’ la fortuna di Antonella Campanini e di Diana Tura hanno invece raggiunto: le multe sono
state individuate tra i registri di Curia del podestà. Ufficio acque, strade e fango. Alle multe suntuarie se ne alternano alcune relative alla detenzione illecita di capre ed altre denunce di danni arrecati. Il testo, rogato da tre diversi
notai, è per noi di rilevante interesse in quanto i notai deputati all’Ufficio
descrivono diversi casi di mancato rispetto delle regole (gli ultimi statuti
suntuari erano stati emanati nel 1357) che vanno dalla denuncia di fibbie
d’argento dorato a quella di ricami o cordelle sempre di filo d’oro, da quella
di cinture d’argento smaltato a quella di cappucci proibiti. Risultano multati
coloro che sfoggiavano bottoni d’argento dorato o catenelle con smalti ma
anche chi eccedeva nel numero di invitati nei banchetti nuziali o chi non rispettava le regole che presiedevano ai funerali. L’esibizione di fibbie, ricami e
cordelle proibite sono le infrazioni più frequenti e svelano gli oggetti realmente posseduti da uomini e donne che, verosimilmente non ignari dei divieti, avevano deciso di non tenerne conto. L’ufficiale ha annotato scrupolosamente il nome della donna – le persone multate sono quasi sempre donne
– quello del marito, l’oggetto e il luogo nel quale la donna lo esibiva. La
multa applicata è costantemente di 5 lire.
2
L. FRATI, La vita privata di Bologna dal secolo XIII al XVII, Bologna 1900 (rist. anast.,
Bologna 1986).
3
Ibid., p. 35.
6
Legislazione suntuaria
C’è un’altra fonte nel nostro dossier che consente di conoscere di quali
capi fosse composto il guardaroba di alcune bolognesi e di connettere i capi
a una famiglia e in qualche caso anche al mestiere esercitato dal padre o dal
marito della donna alla quale apparteneva la veste denunciata. La fonte è il
“Registro della bollatura delle vesti” alla quale si era tenuti a rigore di legge.
Di questo registro era nota l’esistenza da tempo ma se ne erano perse le tracce. Mi piace pensare che il nostro accanito interesse per il tema abbia contribuito a materializzarlo.
La bollatura fu uno stratagemma per permettere a chi possedeva una veste non consentita dai nuovi statuti suntuari di indossarla ugualmente se dichiarata all’apposito funzionario, cioè denunciata e segnata con un simbolo
ad hoc che, essendo spesso un bollo, diede origine alla definizione di “vesti
bollate”. Già le norme senesi del 1330 introdussero la “marcatura”4 prevista
a Bologna tanto nel 1389 come appunto negli statuti del gennaio 1401. Il
registro bolognese giunto fino a noi elenca 210 capi che vennero denunciati
in due giorni, il 25 e il 26 gennaio, probabilmente sull’onda dell’effetto suscitato dall’emanazione di una nuova normativa. Il lettore vi troverà “sacchi”
– sinonimo di sopravveste altrove denominata pellanda o cioppa – di zetanino che era una stoffa leggera e preziosa di origine orientale, oppure di panno
di lana ma anche di velluto di colore nero, cremisi, bianco, o azzurro. Il capo poteva essere ricamato, arricchito da frange dorate, con maniche a mantello o ad ali, foderate di seta o di vaio. Molti presentarono un unico sacco
ma vi fu chi denunciò ben quattro vesti, alcune delle quali erano a tal punto
ornate e sontuose da suscitare l’ammirazione dell’ufficiale incaricato della
bollatura5. L’idea della denuncia e della bollatura fu di quelle che sopravvissero a lungo: ritroviamo la stessa pratica, che prova sia il realismo dei legislatori sia il loro timore di essere gabbati, tanto nel 1525 come nel 1575.
Col tempo le fogge sempre più elaborate e i numerosi oggetti resi disponibili, cinture, borse, gioielli e poi ventagli, zibellini con tanto di testa rifinita
in oro, pizzi, cocchi e carrette, ispirano sempre più numerosi divieti mentre
appare costante il disciplinamento di oro e perle. I pizzi definiti “profili fatti
in telaro overo agocchia” compaiono per la prima volta, elencati assieme ai ricami, nel 15596. Di fronte a nuove mode il legislatore si mostra in alcuni casi
4
M.A. CEPPARI RIDOLFI - P. TURRINI, Il mulino delle vanità. Lusso e cerimonie nella Siena
medievale, Siena 1996, in particolare p. 86.
5
Si può vedere: M.G. MUZZARELLI, Guardaroba medievale. Vesti e società dal XIII al XVI
secolo, Bologna 1999, in particolare pp. 133-139.
6
Sulle novità cinquecentesche vedere: P. GORETTI, La regolamentazione delle apparenze: vesti
e ornamenti nella legislazione suntuaria bolognese del XVI secolo, in “Schede Umanistiche. Rivista
semestrale dell’Archivio Umanistico Rinascimentale Bolognese”, n.s., 1996, 2, pp. 117-137.
Bologna
7
sconcertato soprattutto se, come per vesti “stratagliate” o fatte accostando tessuti e colori diversi, lo spreco era evidente non potendosi «più mai rivalere di
cosa alcuna», non essendo cioè rimodernabile o riutilizzabile il capo o il tessuto (1525, cap. 20). Realisticamente il legislatore concedeva un po’ di tempo, un paio di mesi, per togliere ornamenti o ridurre ampiezze.
Con il XVI secolo, quando la città è sottoposta, a partire dal 1506, al diretto dominio della Santa Sede, gli interventi disciplinatori diventano molto
frequenti e nel fenomeno ha ovviamente qualche parte anche l’avvento della
stampa. I bandi, emanazione del volere del legato e dei signori del reggimento, vale a dire del senato cittadino, sono infatti numerosissimi in generale e
assai abbondanti quelli di carattere suntuario: dal 1508 alla fine del secolo se
ne contano una cinquantina. Non era possibile né sensato pubblicarli tutti e
perciò Paola Goretti e Zita Zanardi hanno cercato di individuare i testi più
significativi, quelli cioè innovativi o comunque non facilmente confrontabili
con altri cronologicamente a loro prossimi per offrire solo questi ultimi. Il
lettore viene reso comunque edotto, grazie all’apparato delle note, di quali e
quanti altri testi sono disponibili e con quali varianti. Dopo il 1454 non esistono statuti ed i bandi, testi più applicativi che teorici, sono tutto quello di
cui disponiamo, o quasi, per conoscere cosa e quanto volevano disciplinare
in fatto di lussi i governanti del XVI secolo.
Se gli statuti sono come i ganci infissi in una parete rocciosa per facilitarne la scalata, il nostro breve ragionamento sull’evoluzione del disciplinamento dei lussi dovrà fondarsi su queste fonti-gancio. Il discorso si avvia fra il
1250 e il 1261 con il divieto per le donne che non esercitavano il meretricio
di indossare gonnelle o guarnacche che toccassero terra o di portare nastri
più lunghi di un braccio e mezzo. La pena, 25 lire, colpiva sia chi portava
questi capi proibiti sia chi li aveva confezionati e alla multa si combinava la
scomunica (ritroveremo nel 1474 l’aggiunta della scomunica alla pena). Caso unico, questa norma è accompagnata da una illustrazione, una forma di
“visibile parlare” che in qualche caso ha lasciato tracce negli statuti o in altri
documenti dell’epoca, che rappresenta una donna, verosimilmente una meretrice, che indossa il capo proibito.
Tra le norme emanate alla metà del XIII secolo e gli statuti del 1288 compaiono le poche righe di un’inquisizione nei confronti di una certa Francesca
sospettata di indossare una gonnella di lunghezza eccessiva. La necessaria misurazione fu impedita «propter presuram gentium que ibi erat». Ciò ci consente di cogliere la prima norma alla prova immediata di un ostacolo: la gente fa
quadrato intorno alla presunta colpevole e la verifica non può andare a buon
fine. Un esordio che possiamo considerare emblematico della distanza fra la
prescrizione teorica e la realtà ed anche della difficoltà non solo di trasformare
la norma in costume ma anche semplicemente di far rispettare la regola.
8
Legislazione suntuaria
La prima disciplina suntuaria organica è del 1288 e riguarda principalmente le cerimonie nuziali, i funerali, le vesti e gli ornamenti. Siamo, è bene
ricordarlo, a pochi anni dagli “Ordinamenti sacrati” e da quelli “sacratissimi”
che segnarono il predominio dei popolari. A Bologna come altrove le regole
estetiche e più in generale gli ordinamenti suntuari costituivano parte di un
discorso non solo morale. Si ricordi che le prime norme sono contemporanee
agli esordi dell’apostolato Mendicante capace di forti e suggestivi richiami alla penitenza. Nelle norme si coglie il disegno di spegnere in una modestia generalizzata il privilegio dei precedenti e battuti detentori del potere. I divieti
sono generali e colpiscono oro, argento e perle, una proibizione che dura sostanzialmente, seppure con varianti, fino a tutta l’Età moderna.
Le inquisizioni del 1300 toccano sia esibizioni di capi proibiti sia casi di
mancato rispetto delle norme per i funerali. Risalta il silenzio dei testimoni
escussi: nessuno aveva visto niente o sapeva qualcosa. La norma si scontra
con il muro di gomma della popolazione, disattenta o di corta memoria, che
di fatto oppone una sorda resistenza.
Gli statuti del 1335, epoca del ripristino dell’autonomia della città pur in
un quadro di sottomissione alla Chiesa, recepiscono molto di quanto decretato precedentemente ma introducono una novità di sole due righe nelle
quali si dice che sono esonerati dai divieti «milites et doctores et advocatos
iuris canonici vel civilis et uxores ac nurus et fillias cuiuslibet eorum». Comincia così una storia nella storia, prende cioè avvio la vicenda dell’eccettuazione dai divieti di una ristretta area di privilegio costituita da cavalieri e
dottori7. Chi erano costoro? I dottori in diritto o in medicina, verosimilmente poco numerosi, recavano fama e vantaggio alla città e nel nome di ciò
venivano privilegiati. Quanto ai cavalieri, erano nobili per antica e notoria
tradizione, che erano riusciti a recuperare quote di potere perduto nella fase
del comune popolare. In questi aspetti la normativa suntuaria mostra la sua
natura di strumento politico che agisce concedendo o sottraendo privilegi.
Le norme del 1357, al tempo cioè della signoria di Giovanni da Oleggio,
contengono la medesima eccettuazione che scompare successivamente negli
statuti promulgati nel 1376, l’anno della rivolta promossa dalle corporazioni
contro la Chiesa, figli del programma politico del restaurato comune all’interno del quale il potere non era più nelle mani dei rappresentanti delle società d’arti ma di quelli dei quartieri. I provvedimenti suntuari del 1389, periodo di dominio della Chiesa, reintroducono l’esonero dai divieti per mogli
7
O. CAVALLAR - J. KIRSHNER, “Licentia navigandi... prosperis ventibus aflantibus”. L’esenzione dei “doctores” e delle loro mogli da norme suntuarie, in A Ennio Cortese, studi promossi
da D. MAFFEI e raccolti a cura di I. BINOCCHI, M. CARAVALE, E. CONTE, U. PETRONIO, Roma 2001, I, pp. 204-227.
Bologna
9
e figlie di cavalieri autorizzate a portare sulle spalle una mantella foderata di
vaio o ad indossare vesti foderate con la stessa ambita pelliccia.
Gli statuti del 1352 e quelli del 1357 non presentano novità rispetto alla
normativa del 1335 a sua volta fortemente debitrice di quella del 1288. Non
fu così la normativa del 1376 che segnò un passaggio importante. Nel nostro dossier essa è preceduta da una serie di denunce di donne trovate dall’ufficiale addetto ai controlli non in regola. La città non si limitava dunque
ad emettere leggi ma predisponeva ufficiali addetti alla sorveglianza ed alla
punizione di chi non le rispettava. Il registro riporta i risultati di inquisizioni condotte fra il luglio del 1365 e il giugno successivo. Vi fu chi venne vista
con fibbie d’argento dorate «contra formam statutorum» e chi con ricami in
filo d’oro o con cordelle dorate. Troviamo attestazioni di bottoni d’argento
dorato guarniti di smalti e di catenelle pure con smalti pendenti dalle guarnacche: tutti oggetti proibiti. Gli ufficiali rilevarono anche casi di convivi
con un numero eccessivo di invitati ma nel complesso sono gli ornamenti
preziosi a prevalere nelle contestazioni che specificano, oltre al nome della
colpevole (raramente del colpevole), anche il giorno e il luogo nel quale è
stata colta in difetto. Al pagamento della multa di 5 lire è sempre tenuto un
uomo, marito o padre.
Come si è anticipato, le norme del 1376 segnano una passaggio di rilievo
sia per le novità che introducono, tanto nella rubrica relativa alle esequie come in quella che tratta di vesti ed ornamenti, sia per l’indicazione in ogni
caso di infrazione alla regola della multa corrispondente. Si tratta di una democrazia a pagamento alla quale si accompagna la mancata indicazione di
esonero dai divieti di cavalieri e dottori. In definitiva pagando cifre che variano da 29 soldi a 25 lire tutti potevano indossare tutto o quasi.
A poco più di dieci anni di distanza, nel 1389, in periodo di dominio
della Chiesa, una nuova decretazione reintroduce l’eccezione per le mogli
dei cavalieri e dei dottori che vengono autorizzate a portare una mantellina
corta foderata di vaio. Se si esclude la riproposizione dell’esonero, il contenuto della rubrica «De pena portantium ornamenta et aliis variis penis» non
differisce in maniera sostanziale dalle norme precedenti. Diverso è invece il
caso delle disposizioni suntuarie che compaiono alla fine degli statuti del
1389. È probabile che queste ultime norme non abbiano rapporto con tali
statuti, che si tratti cioè di regole dettate successivamente con aggiunte e
modifiche rispetto a quelle del 1389 ed è possibile che abbiano circolato autonomamente dagli statuti. Vi troviamo, tra l’altro, l’obbligo di «bollare sceu
stampare» vesti e ornamenti «contra formam presentium statutorum». Vesti,
cinture e anche gioielli andavano bollati e per definire peso e valore di perle
e preziosi era richiesta la collaborazione di un orefice. La delazione era prevista e premiata con un terzo della pena inflitta al colpevole.
10
Legislazione suntuaria
Le provvisioni di dieci anni dopo, cioè del 1398, preparano in definitiva
le norme del 1401 che appaiono più complete e non del tutto sovrapponibili ai provvedimenti di due anni e mezzo prima. In caso di matrimonio, per
esemplificare, mentre nel 1398 si consentiva un convivio di non più di 30
invitate, il numero di queste ultime scende a 24 nel 1401 salvo il pagamento
di 5 lire per ogni ulteriore invitata. Sono concesse due “imbandigioni” di
carne per il banchetto nuziale tanto nel 1398 come nel 1401 ma a quest’ultima data si precisa che non si possono offrire più di due pernici ed un fagiano «pro incisorio sub pena decem librarum». Gli statuti prevedono regolarmente le multe che le provvisioni invece non indicano.
Si collegano alle norme del 1401 le denunce del 24 e 25 gennaio dello stesso anno di vesti “contra legem” già a disposizione dei proprietari al momento
dell’emanazione delle nuove regole. Si tratta di denunce, già ricordate, di
splendide sopravvesti ornate di frange oppure ricamate in seta con motivi di
alberi o di animali quali leopardi o cervi ma anche di lettere, tutti espressamente vietati nella normativa del 1401. Vi si annoverano anche vesti a frappe
o divisate, fatte cioè di panni di diverso colore accostati fra loro, con maniche
ampie foderate di seta o di vaio. La moglie di Castellano, figlio di Nanni Gozzadini, presentò quattro capi. La moglie di Giovanni Boccadiferro ben cinque.
Di alcuni denuncianti è specificata la professione: chi merciaio, chi calzolaio,
chi barbiere chi orefice. Dal guardaroba di Usberto degli Usberti vennero tratti per essere denunciati tre capi che non è detto fossero femminili: un sacco di
broccato d’oro in campo rosso con ricami in seta azzurra, motivi di raggi d’oro
e di animali sempre in oro, un secondo sacco era fatto di baldacchino e rosato
ad schaias cioè a motivi di rombi accostati mentre un terzo era a onda di velluto di panni di grana, cioè rosso e di velluto bianco con cordelle dorate. La fonte è ricchissima di suggestive informazioni su tessuti, colori, fogge, ornamenti.
A questo tripudio di velluti e ori segue un lungo silenzio fino al 1453.
Nei cinquant’anni che vanno dall’affermazione di Giovanni I Bentivoglio al
dominio di Sante non vi sono tracce di legislazione suntuaria. Le provvisioni
del 1453 volute dal cardinal legato Bessarione sono subito seguite, nel 1454,
dagli statuti che ne costituiscono un calco. Questi provvedimenti presentano
una sostanziale novità non solo in relazione alla precedente normativa bolognese ma anche in senso più generale. Essa consiste nella suddivisione della
società cittadina in sei categorie ad ognuna delle quali è attribuita un’estetica
esattamente specificata. Anche altre città procederanno a una analoga partizione cittadina ma solo dopo tale data8. Le mogli e figlie dei cavalieri sono ai
8
Vedere: L. BERTI, I capitoli “De vestibus mulierum” del 1460, ovvero “status” personale e
distinzioni sociali nell’Arezzo di metà Quattrocento, in Studi in onore di A. D’Addario, a cura
di L. BORGIA, F. DE LUCA, P. VITI, R.M. ZACCARIA, Lecce 1995, IV, pp. 1171-1214.
Bologna
11
vertici della piramide cittadina con una veste cremisina, una seconda di velluto ma non cremisi, un lucco di cremisino o di panno rosato ed un’altra veste di panno rosato. La lunghezza dello strascico concesso loro è di 2/3 di
braccio. Alle donne dei dottori è accordato un numero minore di capi, uno
strascico di mezzo braccio, meno gioielli e così via fino all’ultima categoria
sociale costituita dalle donne del contado. Per chi non rispettava le regole
era prevista una multa di 10 lire e di 5 per i sarti o i ricamatori che avevano
confezionato o decorato le vesti. Questa normativa non si occupa di feste o
funerali.
Nel 1474, in pieno dominio bentivolesco, il cardinal legato Francesco
Gonzaga, dichiarandosi preoccupato per la riduzione dei patrimoni cittadini
ma forse soprattutto impensierito per la mancanza di distinzione «inter nobiles et ignobiles» emana nuovi provvedimenti suntuari simili per impostazione – estetica per categorie sociali definite – e contenuti a quelli del 1453
ma con varianti. Una di esse riguarda le donne degli ebrei che per la prima
volta cadono sotto lo sguardo del disciplinatore delle apparenze per essere da
questi suddivise in due classi (mogli e figlie di banchieri da una parte, tutte
le altre dall’altra) ed equiparate rispettivamente alle donne della quarta e della quinta categoria sociale cittadina9. Nel 1508, quando ormai Giulio II aveva conquistato la città da due anni, vennero emanati nuovi provvedimenti
che consistevano nella riedizione dei decreti del 1474 con piccole aggiunte.
Una di esse riguarda un ritrovato moderno, le «faldee overo circhi» oggetti
«reprobati et degni de biasmo» che si mettevano sotto alle vesti per enfatizzarne l’ampiezza.
Per oltre cinquant’anni, in definitiva lungo tutto il periodo bentivolesco
e più, “tiene” il modello di disciplinamento proposto dal cardinal Bessarione. Anche i provvedimenti presi nel 1514 sono sulla scia dei precedenti in
quanto contengono la stessa partizione in categorie sociali anche se introducono diversi elementi di novità. È nuova l’indicazione delle doti per categoria: sino a 2.000 lire di bolognini d’argento per cavalieri, dottori o conti, sino a 1.500 per notai, cambiatori, drappieri e così via. Ai mariti era proibito
«spendere intorno alle lor spose» più della metà della dote ricevuta. La pena
per i trasgressori è fissata in 16 ducati d’oro e in 5 lire per i sarti, i ricamatori
o gli orefici. Alla pena si somma la privazione «di ogni officio di utile et di
honore della magnifica comunità di Bologna».
Un bando del 1525 copre la distanza fra la provvisione del 1514 e quella
del 1545. Il bando si limita a ritoccare l’entità delle doti consentite ma è ne9
Sugli ebrei a Bologna vedere: Banchi ebraici a Bologna nel XV secolo, a cura di M.G.
MUZZARELLI, Bologna 1994; Verso l’epilogo di una convivenza. Gli ebrei a Bologna nel XVI secolo, a cura di M.G. MUZZARELLI, Firenze 1996.
12
Legislazione suntuaria
cessario essere prudenti giacché i valori sono espressi in moneta diversa. Se
nel 1514 ai notai o ai cambiatori era stato concesso di dare in dote alle proprie donne sino a 1.500 lire, ora il limite viene fissato alla cifra massima di
600 ducati d’oro che dovrebbe essere di poco inferiore a 1.500 lire. Ai beccai, agli stracciaioli e agli appartenenti alle arti della medesima categoria è
consentito arrivare fino a 1.000 lire di bolognini mentre dieci anni prima il
limite era 800. Gli appartenenti alle arti inferiori hanno un tetto che si
mantiene a 500 lire. Dunque solo modesti spostamenti. A chi intende ridurre guardacuori o vesti per renderli compatibili con le nuove norme vengono
concessi due mesi di tempo per i necessari adattamenti e a chi possiede vesti
già confezionate utilizzando più di 28 braccia di tessuto, purché non «stratagliate né di pezzi conmessi né frappate» (il che rende il tessuto riutilizzabile),
è consentito di continuare a portarle a patto che vengano presentate alla
cancelleria degli Anziani per essere registrate. Perdura dunque la pratica della registrazione anche se non si tratta di vera e propria bollatura come nel
1401 e come nuovamente nel 1575. Analogamente al 1514 si accenna alle
donne degli ebrei, che non sono più divise come nel 1474 in due categorie,
alle quali vengono consentite maniche di ogni sorta e di ogni colore, purché
non cremisino o morello, e tre anelli o tre verghette. Questo è l’ultimo riferimento cronologico alle ebree anche se la parte ebraica ha continuato ancora per alcuni decenni a vivere in città. Le donne di malaffare sono distinte,
esattamente come nel 1514 in “casarenghe” e meretrici del luogo pubblico e
alle due categorie sono assegnate estetiche diversificate.
La novità principale che si registra nel 1545 consiste nel superamento
della normazione per categoria (che troviamo per l’ultima volta nelle provvisioni del 27 maggio 1525) durata in definitiva poco meno di un secolo. Altri segni dei tempi mutati sono costituiti da nuovi capi ed accessori adottati
dalle persone e quindi immediatamente disciplinati. Si tratta di ventagli,
berrette piumate, menzionate direi per la prima volta, cocchi e “carrette” carichi di dorature e argentature secondo una moda evidentemente recente.
Nuovo il divieto per le donne di portar fuori casa vesti da uomo («né curti
né longhi, come seria robbe, o robboni, ciamare o altre simili veste»). Se si
reitera la colpa aumenta la pena, così che la prima volta si devono pagare 25
scudi, la seconda 50 e la terza 100 oltre alla confisca della cosa proibita, «le
quali cose perse si habbino a fendere in pezzi publicamente in piazza et poi
distribuire et donare a luochi pii». Anche la destinazione degli oggetti sequestrati in pie cause è un’invenzione del Cinquecento con alcuni modesti precedenti. Altra novità è costituita dalla regolamentazione dei banchetti. Per
«dare conveniente ordine et meta alla pessima usanza introdutta di fare li pasti et banchetti talmente sontuosi che excedono il politico et costumato vivere» si proibiscono più di tre vivande d’arrosto e tre di lesso e si precisa che
Bologna
13
fra gli arrosti una sola portata può essere «di selvaticine». Niente «pastici, né
mangiare bianco», un solo tipo di torta alla volta, niente canditi e nessuna
commistione con pesci e ostriche nei banchetti di carne. In definitiva dalla
metà del Cinquecento alla fine del secolo le regole che presiedono ai banchetti restano sostanzialmente inalterate.
Dunque il bando del 1525 divideva le donne di malaffare in “casarenghe” e meretrici del luogo pubblico. Alle prime era concesso vestire di “zambellotto”, di “bavelle”, di panni di lana e sfoggiare qualsiasi colore fuorché il
cremisi (oltre a molte altre prescrizioni). Alle seconde era fatto obbligo di
portare sulla spalla una benda gialla in luogo del sonaglio precedente ma, indossata la benda, potevano «portare veste, foggie e galle d’oro, argento, seta,
panno e drappi a suo modo e possano andare spettorate e sgolate come a loro piace». Diversa la politica nei loro riguardi adottata vent’anni più tardi:
una grida del 1545 sulle meretrici pubbliche, definite anche come cortigiane, consente loro al più una catena d’oro che fra oro e fattura non poteva
valere più di 10 scudi. Per essere ben riconoscibili dovevano portare un
drappo o un velo giallo che tuttavia, diversamente dal 1525, non era un lasciapassare per la piena libertà estetica. Norme suntuarie generali emanate
dieci anni dopo, nel 1555, vietavano alle cortigiane lo strascico e imponevano loro un berretto oppure una cintura o una banda di taffettà rosso ben visibile. Nel 1566, dopo le norme suntuarie del 1560 prive di indicazioni alle
donne di malaffare, venne emesso un bando espressamente a loro dedicato.
Esso vietava non solo vesti d’oro, d’argento o di seta ma anche l’uso di carrette o di cocchi, imponeva di occupare nelle chiese o in altri luoghi un posto inferiore e separato dalle donne oneste, impediva di vestire con abiti maschili e obbligava al segno di riconoscimento. Sul finire del secolo (1596) se
ne torna brevemente a parlare per ribadire la necessità della distinzione e anche questa volta per sottrazione anziché per addizione e cioè non più imponendo loro segni bensì impedendo «di portare sorte alcuna d’oro filato o
battuto» pena la multa di rito ma anche la perdita dell’oggetto, la frusta e
l’essere bandite. Alle meretrici era inoltre proibito farsi precedere da servi o
paggi e l’andare in cocchio o in carrozza. D’altronde già nel 1525 era loro
proibito di «menare con seco per la terra massara, si bene possano andare
con una compagna sola di simile conditione» e nel 1586 vietato di andare
per la città «con servitori inanti» pena 100 scudi e l’essere staffilate pubblicamente.
Nel 1557 segnalerei fra le novità i «tre tratti di corda» per i cuochi o i soprastanti ai convivi che non erano in grado di pagare la multa di 10 scudi
comminata a chi non rispettava le regole. È costante il divieto, per i funerali,
di suonare le campane in più di una chiesa e il disciplinamento del numero
delle regole di frati, delle compagnie spirituali e dei partecipanti alle esequie
14
Legislazione suntuaria
nonché la limitazione degli apparati, dai drappi alle pareti al numero dei ceri
e così via. La capacità di temperare per umanità l’intervento disciplinatore
affiora là dove, nelle multe del 1365-1366, a un padre addolorato per la
morte del figlio ucciso da un cavallo si decide di non aggiungere l’afflizione
di una multa per aver disatteso le norme sui funerali («Quia non est addenda aflicto aflictio»). La più ampia ed articolata provvisione per i funerali che
sia giunta fino a noi è del 1573 ad opera del cardinale Paleotti che per più
lustri – dal 1568 al 1591 – ha lasciato tracce nella nostra documentazione
del suo costante interesse per ogni forma di disciplinamento.
Confrontando due bandi, uno emanato nell’aprile del 1559 ed uno di
due anni successivo, si possono apprezzare le numerosissime somiglianze ma
anche le non esigue diversità. In entrambi ricorrono gli stessi divieti: non si
possono portare abiti con oro o argento, sono proibiti tutti i ricami come i
frastagliamenti o le “affrappature” dal busto in giù per gli abiti femminili.
Gli uomini possono “stratagliare” giubboni e cosciali ed usare e portare, si
legge nelle norme del 1561, speroni, spade, pugnali, cinture «et li ferri delli
carniroli dorati o argentati, ma senza ornamento prohibito, gioie né perle».
Due anni prima la medesima concessione era fatta non agli uomini in generale ma ai gentiluomini: una piccola/grande differenza. Forse però gli “uomini” del 1561 altri non erano che i gentiluomini del 1559 dei quali si parlava già nel 1525 e prima ancora nel 1514 quando si precisò che per gentiluomini si intendevano i cittadini per tre generazioni («propria, paterna et
de lolo insieme») che negli ultimi trent’anni non avessero esercitato alcuna
arte o che essendo cittadini solo da due generazioni avessero o avessero avuto nella loro casata uno o più dottori e cavalieri e che avessero esercitato alcuna arte negli ultimi trent’anni. Una dimostrazione dell’utilità di questa
nostra documentazione anche per la storia delle condizioni sociali.
Tornando ai bandi del 1559 e del 1561, in entrambi un vezzo di perle e
due pendenti è tutto ciò che è concesso alle spose di indossare nei primi due
anni di matrimonio. Comune era anche il divieto di portare il berretto in
capo e quand’anche concesso, solo senza piume, forse in quanto ritenute,
come i cappelli a corna e gli strascichi, ornamenti che rendevano gli uomini
somiglianti agli animali. Per le donne niente zibellini o lupi cervieri e per
uomini e donne niente cocchi o carrette dorati o argentati. Norme analoghe
emanate nel 1568 presentano un maggior numero di varianti: è concesso un
solo zibellino o un lupo cerviero semplice, divieto per uomini e donne di
portare guanti profumati di ambra o di muschio e niente orecchini per le
donne né in casa né fuori. Il bando del 1570 vieta i guanti se valgono più di
due scudi, proibisce l’accostamento di più ornamenti quali “bonegratie”, zibellini, lupi cervieri o ventagli che erano consentiti solo separatamente. In
molti casi il divieto è legato al valore: sì a cimase o frontali di qualunque ge-
Bologna
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nere purché di valore inferiore ai 25 scudi e senza gioielli o smalti. Nel giro
di pochi anni una raffica di divieti colpisce oggetti uguali ed analoghi in maniera differenziata. Una selva di regole investe il campo dell’abbigliamento e
degli ornamenti rischiando di confondere le menti dei cittadini ai quali vengono indirizzate regole su regole che si sovrappongono, si intrecciano e in
definitiva si vanificano l’un l’altra.
Anche le norme che presiedono ai banchetti presentano qualche seppur
modesta disomogeneità. Nel 1570 troviamo il divieto, per combattere la
«pessima usanza introdotta in fare pasti (...) talmente sontuosi che eccedono
le forze et politico vivere», di servire più di due portate di vivande «fra i quali non ci possi anco essere solo che una sorte di selvaticine, intendendo di
pavoni et galline d’India». Queste ultime, da alcuni bandi tuttavia identificate con i pavoni, erano i tacchini, conosciuti da poco tempo ma evidentemente subito assai apprezzati forse anche in ragione della novità da essi costituita. Fra le due portate non ci può essere che un pasticcio, una torta e
una sola sorte di “potaggi”. Niente commistione di carne e pesci o ostriche e
per chiudere il banchetto solo cotognata e una sola sorte di confetti o due al
più in caso di banchetto nuziale.
Gli orecchini proibiti nel 1568 tanto in casa come fuori, nel 1572 possono
essere indossati se si tratta di anelli con pendenti d’oro purché non valgano più
di 15 scudi. Le perle che nel 1568 erano proibite a tutti «né etiam alle orecchie», nel 1572 sono consentite alle donne purché il filo non passi la fontanella
della gola. Le norme del 1573 concedono banchetti più ricchi ma per i funerali
niente «campane a botti» in alcuna chiesa. Il bando si chiude con un breve di
Gregorio XIII in latino e in volgare, «per maggiore intelligenza di tutti», a rafforzamento dei provvedimenti presi in città per contenere le spese in vane
pompe «sendo esse richezze annoverate fra i principali commodi della città».
Al cardinale Paleotti non sfuggì di certo la confusione che vigeva sulle regole in molti casi creata da norme che confliggevano l’una con l’altra. Fu per
questo che tra le fine del 1572 e i primi giorni del 1573 emanò un corpo di
leggi fra i più completi di quelli giunti fino a noi dedicando speciale attenzione non solo alle pompe ma anche ai funerali oggetto di un provvedimento specifico. Esso è comprensivo di tredici regole seguite da una «Lista di
quello che per l’avenire s’havrà da fare» nella quale si specifica con acribia
l’entità delle elemosine consentite, in monete e in candele, al capitolo della
cattedrale, al campanaro, ai chierici e così via.
Era dalla fine degli anni Sessanta che il cardinale Gabriele Paleotti si occupava in varie sedi, non solo cioè in ambito legislativo, di vesti ed ornamenti, all’interno di un progetto di riforma morale generale che non poteva
ignorare la passione diffusa per apparati esteriori costosi e «stomachevoli»,
aggettivo usato dal cardinale per gli orecchini dei quali fu un tenace avversa-
16
Legislazione suntuaria
rio. Tanto negli Avvertimenti per celebrare il sacramento del matrimonio come
nel Discorso intorno alle Imagini sacre e profane 10 egli abbonda in raccomandazioni e divieti che riguardano fogge o acconciature regolamentate nelle
leggi coeve. In questi testi si delinea il progetto di radicare una cultura della
misura estetica a sostegno e complemento delle leggi suntuarie che stancamente ormai da secoli inseguivano le variazioni della moda e del gusto e la
inesausta volontà di uomini e donne di ornarsi e ostentare corpi e ricchezze.
Nell’ultimo quarto di secolo almeno tre bandi (del 1575, del 1582 e del
1596) risultano assai densi di regole e, sebbene composti di norme spesso ricorrenti, appaiono percorsi da differenze che lasciano trasparire resistenze,
aggiustamenti, compromessi, incertezze. Mentre è assolutamente costante il
divieto di portare drappi d’oro o d’argento, sulle perle si registrano alcune
difformità: solo un filo alle spose e per due anni dal matrimonio purché non
valga più di 300 scudi e dopo essere stato esaminato dagli stimatori (1575) e
da essi marchiato con un bollo d’oro o d’argento che non si possa levare. Lo
stesso, ma senza l’obbligo d’esame da parte degli stimatori, nel 1582. Nel
1596 invece proibizione assoluta per le perle «le quali si levano in tutto et
per tutto senza alcuna riserva». Le regole per i banchetti si ripetono invece
con una certa costanza per buona parte del Cinquecento.
Il secolo si chiude con la presa d’atto nel 1596, non solo dell’inosservanza dei bandi ma anche del continuo «andarsi trapassando ogni debito termine di vivere civile di sorte tale che ne segue offesa al signor Iddio e non poco
danno a tutta questa città». Segue una normazione che definirei tiepida con
la quale si vieta l’oro ma si concede di portare «sopra le vesti et sottane, che
siano però senza fondo d’oro, ma di sola seta, una trena d’oro che non passi
il valore di cento lire» e si tollera sulle vesti oro battuto ma niente smalto in
una continua opera di definizione e precisazione.
Ai sarti, ricamatori o orefici esecutori degli oggetti vietati è minacciata
una pena 25 scudi accompagnata da tre tratti di corda oltre all’esser «cassi e
privi delle lor compagnie». Si tratta di una dichiarazione di guerra a categorie che ricavavano grande vantaggio dalle “invenzioni” della moda e dai desideri di clienti vanagloriosi, seguita da una precisazione che ne ridimensiona
la severità: «Non intendendosi però derogato alla derogatione et dichiaratione altre volte fatta sopra gli orefici della città, sopra il portare i lor lavori così
10
G. PALEOTTI, Raccolta di varie cose, che in diversi tempi sono state ordinate da Monsign.
Illustriss. e Reverendiss. Cardinale Paleotti Vescovo di Bologna per lo buon governo della sua Città e Diocesi, Bologna, per Alessandro Benacci, 1580; ID., Discorso intorno alle Imagini sacre
et profane diviso in cinque Libri, Bologna, per Alessandro Benacci. 1582. Intorno a quest’ultimo testo vedere: P. PRODI, Il cardinale Gabriele Paleotti (1522-1597), Roma 1967, in particolare pp. 527-562: Il “Discorso intorno alle Imagini sacre e profane”.
Bologna
17
nella città come nel territorio». Ciò lascia intendere l’esistenza di una dialettica fra i legislatori e le arti con la quale queste ultime cercavano di difendere
gli interessi di chi, come gli artefici degli oggetti proibiti, rischiava la rovina
a causa delle restrizioni suntuarie.
Da questa miniera quasi inesauribile di informazioni sulle idee e i progetti dei legislatori ma anche sui gusti e i desideri di individui vissuti tra Medioevo ed Età moderna e sulle disponibilità del mercato in quei secoli ognuno ora può scegliere cosa studiare, quali oggetti o comportamenti seguire. Se
saremo capaci di interrogare efficacemente i testi, dalla piattezza dell’enunciato legislativo si staccheranno i profili di uomini e donne e dei loro comportamenti.
Maria Giuseppina Muzzarelli
L’area comitatina bolognese, caratterizzata dalla quasi totale assenza di statuti11,
non è stata per questo motivo inclusa nel campo d’indagine.
L’elenco delle fonti consultate è il seguente:
* Statuti cittadini: AS BO, Comune-Governo, Statuti, voll. I-XIV, nn. 34-47; vol.
XVII, n. 50.
* Riformagioni e provvisioni: AS BO, Comune-Governo, Riformagioni e provvigioni, Riformagioni del consiglio del popolo e della massa, nn. 126-128, 130, 132,
134, 136, 140, 143-146, 149-151, 160, 165, 170; AS BO, Comune-Governo,
Signorie viscontea, ecclesiastica e bentivolesca, Provisiones, n. 305; AS BO, Comune-Governo, Signorie viscontea, ecclesiastica, bentivolesca, Liber novarum provisionum, n. 306; AS BO, Comune-Governo, Signorie viscontea, ecclesiastica, bentivolesca, Liber novissimarum provisionum, n. 307; AS BO, Senato, Diversorum; AS
BO, Senato, Provvisioni.
* Bandi: Si rimanda a Bononia manifesta. Catalogo dei bandi, editti, costituzioni e
provvedimenti diversi, stampati nel XVI secolo per Bologna e il suo territorio, a cura
di Z. ZANARDI, Firenze, 1996 (Biblioteca di bibliografia italiana, CXLII) e a
tutti i fondi contemplati nel detto catalogo, spogliati per intero.
* Altri fondi: AS BO, Curia del Podestà, Giudici ad maleficia, Libri inquisitionum et testium, b. 8 (1286/II semestre), reg. 16; AS BO, Curia del Podestà,
11
Vedere: Territorio bolognese, a cura di R. RINALDI, in Repertorio degli statuti comunali
emiliani e romagnoli (secc. XII-XVI), a cura di A. VASINA, I, Roma 1997 (Istituto storico italiano per il Medio Evo, Fonti per la Storia dell’Italia medievale, Subsidia, 6*), pp. 89-93.
18
Legislazione suntuaria
Ufficio Corone ed Armi, b. 11 (1300-1301); AS BO, Curia del Podestà, Ufficio
acque, strade e fango, b. 23 (1364-1368), reg. segnato 334; AS BO, ComuneGoverno, Anziani Consoli, “Statuto suntuario” e “Registro della bollatura delle
vesti”, n. 336.
La ricerca e le trascrizioni sono state effettuate da Antonella Campanini (AS
BO, Comune-Governo, Signorie viscontea, ecclesiastica e bentivolesca, Provisiones, n.
305; AS BO, Senato, Diversorum; AS BO, Senato, Provvisioni, AS BO, Curia del Podestà, Giudici ad maleficia, Libri inquisitionum et testium, b. 8 (1286/II semestre),
reg. 16; AS BO, Curia del Podestà, Ufficio Corone ed Armi, b. 11 (1300-1301); AS
BO, Curia del Podestà, Ufficio acque, strade e fango, b. 23 (1364-1368), reg. segnato
334; AS BO, Comune-Governo, Anziani Consoli, “Statuto suntuario” e “Registro
della bollatura delle vesti”, n. 336), Paola Goretti e Zita Zanardi (Bandi), Maria
Giuseppina Muzzarelli (AS BO, Comune-Governo, Signorie viscontea, ecclesiastica,
bentivolesca, Liber novarum provisionum, n. 306; AS BO, Comune-Governo, Signorie
viscontea, ecclesiastica, bentivolesca, Liber novissimarum provisionum, n. 307), Diana
Tura (AS BO, Comune-Governo, Riformagioni e provvigioni, Riformagioni del consiglio del popolo e della massa, nn. 126-128, 130, 132, 134, 136, 140, 143-146, 149151, 160, 165, 170) e Maria Venticelli (Statuti cittadini).
INDICE DELLE FONTI
1250-1261
Statuti
AS BO, Comune-Governo, Statuti, vol. V, n. 38.
Ed.: Statuti di Bologna dall’anno 1245 all’anno 1267, a cura di L. FRATI, Bologna
1869.
Ne meretrices et earum receptrices maneant infra civitate et circla, quod ministrales procurent (Lib. II, Rub. 106, c. 9r)
1286, agosto 7-12
Inquisizioni
AS BO, Curia del Podestà, Giudici ad maleficia, Libri inquisitionum et testium, b. 8
(1286/II semestre), reg. 16.
Inquisizione contro una veste caudata (c. 38r)
1288
Statuti
AS BO, Comune-Governo, Statuti, vol. IX, n. 42.
Ed.: Statuti di Bologna dell’anno 1288, a cura di G. FASOLI e G. SELLA, 2 voll., Città
del Vaticano 1937-1939 (Studi e testi della Biblioteca Apostolica Vaticana, 73 e
85), I, pp. 244-253.
Tractatus de variis et extraordinariis criminibus et excessibus pertinentibus ad
specialem notarium domini potestatis deputatum super coronis et vestibus
dominarum et aliis infrascriptis (Lib. IV, Rubb. LXXXX-CI, cc. 28r-29r)
De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse (Rub. LXXXX, c. 28r)
De penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel
emxenia mittentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica (Rub. LXXXXI, c. 28r)
20
Legislazione suntuaria
De pena portantium vel mittentium donaria alicui clerico vel religiose
persone (Rub. LXXXXII, c. 28r-v)
De pena facientium maiumam seu comitem vel comitissam. Rubrica
(Rub. LXXXXIII, c. 28v)
De pena portantium vestes, caudas, coronas de perlis et frixos vel gramitas vel
fibaglas contra formam huius statuti et de pena sartorum et aurificum venientium contra formam huius statuti. Rubrica (Rub. LXXXXIIII, c. 28v)
Quod ultra XX homines non possit aliquis ducere ad aliquam desponsandam (Rub. LXXXXV, c. 28v)
Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra XX
homines (Rub. LXXXXVI, c. 28v)
Quod ultra XX homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica
(Rub. LXXXXVII, c. 28v)
Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica (Rub. LXXXXVIII, c. 28v)
De scribendis iis qui interesse debuerint desponsationi alicuius (Rub.
LXXXXVIIII, c. 28v)
De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis (Rub. C, cc. 28v-29r)
Quod cuilibet liceat accusare venientes contra predicta ordinamenta
(Rub. CI, c. 29r)
1297, ottobre 25
Riformagioni
AS BO, Comune-Governo, Riformagioni e provvigioni, Riformagioni del consiglio del
popolo e della massa, IV/4 (1297-1298), n. 146.
Riformagione relativa ai funerali (cc. 189r, 190r-v)
1300, maggio 1 - ottobre 2
Inquisizioni
AS BO, Curia del Podestà, Ufficio Corone ed Armi, b. 11 (1300-1301), registro del
podestà Pino de’ Rossi.
Inquisitio contra dominas et sponsas et quosdam alios (cc. 75r-81v)
1300, maggio 9 - giugno 4
Inquisizioni
AS BO, Curia del Podestà, Ufficio Corone ed Armi, b. 11 (1300-1301), registro del
podestà Pino de’ Rossi.
Contra heredes domine Iacope (cc. 20v-21v, 35r-36r)
Bologna
21
1304, maggio 18 e giugno 5
Riformagioni
AS BO, Comune-Governo, Riformagioni e provvigioni, Riformagioni del consiglio del
popolo e della massa, VII/2 (1304), n. 160.
Riformagione relativa al funerale di Lambertino Ramponi (cc. 96r, 98r)
Riformagione relativa a spese funerarie a carico del comune (cc. 114r, 115v)
1335
Statuti
AS BO, Comune-Governo, Statuti, vol. X, n. 43.
Incipit tractatus de variis et extraordinariis criminibus pertinentibus ad notarium domini potestatis deputatum super coronis et vestimentis dominarum
et alliis infrascriptis, et primo (Lib. VIII, Rubb. 131-140, cc. 255r-258r)
à De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse. Rubrica (Rub. 131,
c. 255r-v), vedi 1288. Statuti, De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse
De penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel
ensenia mitentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica
(Rub. 132, cc. 255v-256v)
à De pena facientium maiumam, comitem vel comitissam. Rubrica
(Rub. 133, c. 256v), vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam
seu comitem vel comitissam. Rubrica
De pena portancium ornamenta. Rubrica (Rub. 134, cc. 256v-257r)
à Quod ultra viginti homines non possit aliquis ducere ad desponsandum mulierem. Rubrica (Rub. 135, c. 257v), vedi 1288. Statuti, Quod
ultra XX homines non possit aliquis ducere ad aliquam desponsandam
à Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra
viginti homines (Rub. 136, c. 257v), vedi 1288. Statuti, Quod ex parte
mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra XX homines
à Quod ultra viginti homines non invitentur alicui disponsationi. Rubrica (Rub. 137, c. 257v), vedi 1288. Statuti, Quod ultra XX homines non
invitentur alicui desponsationi. Rubrica
à Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica (Rub. 138, c. 257v), vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica
à De nive et remollo et alliis rebus prohybitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohybitis (Rub. 139, c. 257v), vedi 1288. Statuti, De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis
De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis
predictis (Rub. 140, c. 258r)
22
Legislazione suntuaria
1352
Statuti
AS BO, Comune-Governo, Statuti, vol. XI, n. 44.
à De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse. Rubrica (Lib. VI, Rub. 128,
c. 184v), vedi 1288. Statuti, De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse
à De penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel
ensenia mictentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica
(Lib. VI, Rub. 129, cc. 184v-185v), vedi 1335. Statuti, De penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel ensenia mitentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica
à De pena facientium maiumam vel comitem vel comitissam. Rubrica (Lib.
VI, Rub. 130, c. 185v), vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam
seu comitem vel comitissam. Rubrica
De
à pena portantium ornamenta. Rubrica (Lib. VI, Rub. 131, c. 186r-v),
vedi 1335. Statuti, De pena portancium ornamenta. Rubrica
à Quod ultra viginti homines non possit aliquis ducere ad desponsandum
mulierem. Rubrica (Lib. VI, Rub. 132, c. 186v), vedi 1288. Statuti, Quod
ultra XX homines non possit aliquis ducere ad aliquam desponsandam
Quod
ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra vià
ginti homines (Lib. VI, Rub. 133, c. 186v), vedi 1288. Statuti, Quod ex
parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra XX homines
Quod
ultra viginti homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica
à
(Lib. VI, Rub. 134, cc. 186v-187r), vedi 1288. Statuti, Quod ultra XX homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica
à Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica (Lib. VI, Rub. 135, c. 187r), vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica
à De nive et remollo et aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis
et percusionibus prohibitis. Rubrica (Lib. VI, Rub. 136, c. 187r), vedi
1288. Statuti, De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore
desponsationis et percussionibus prohibitis
à De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis (Lib. VI, Rub. 137, c. 187r), vedi 1335. Statuti, De arbitrio domini
potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis
1357
Statuti
AS BO, Comune-Governo, Statuti, vol. XII, n. 45.
Tractatus de variis et extraordinariis criminibus pertinentibus ad notarium
domini potestatis deputatum super coronis et vestimentis dominarum et
aliis infrascriptis (Lib. VII, Rubb. 1-10, cc. 163r-165v)
Bologna
23
à De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse. Rubrica (Rub. 1, c.
163r-v), vedi 1288. Statuti, De pena eius qui portaverit donaria alicui
sponse
De
à penis plorantium seu se desmatantium ad exequias mortuorum vel ensenia mictentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica
(Rub. 2, cc. 163v-164r), vedi 1335. Statuti, De penis plorantium seu se
desmantantium ad exequias mortuorum vel ensenia mitentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica
à De pena facientium maiumam, comitem vel comitissam. Rubrica (Rub. 3,
c. 164v), vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam seu comitem
vel comitissam. Rubrica
à De pena portantium ornamenta. Rubrica (Rub. 4, cc. 164v-165r), vedi
1335. Statuti, De pena portancium ornamenta. Rubrica
à Quod ultra viginti homines non possit aliquis ducere ad desponsandum
mulierem. Rubrica (Rub. 5, c. 165r), vedi 1288. Statuti, Quod ultra XX
homines non possit aliquis ducere ad aliquam desponsandam
à Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra viginti homines (Rub. 6, c. 165r), vedi 1288. Statuti, Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra XX homines
à Quod ultra viginti homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica
(Rub. 7, c. 165r), vedi 1288. Statuti, Quod ultra XX homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica
Quod
nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Ruà
brica (Rub. 8, c. 165v), vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica
à De nive et remollo et aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis
et percusionibus prohibitis. Rubrica (Rub. 9, c. 165v), vedi 1288. Statuti,
De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis
à De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis (Rub. 10, c. 165v), vedi 1335. Statuti, De arbitrio domini potestatis
et eius vicarii super contentis in statutis predictis
1365, luglio - 1366, giugno
Multe
AS BO, Curia del Podestà, Ufficio acque, strade e fango, b. 23 (1364-1368), reg. segnato 334.
Multe in materia suntuaria, reg. 1 (cc. 2r-34v)
24
Legislazione suntuaria
1376
Statuti
AS BO, Comune-Governo, Statuti, vol. XIII, n. 46.
Ed.: M. VENTICELLI, Metodologie elettroniche per l’edizione di fonti. Lo Statuto del
Comune di Bologna dell’anno 1376, tesi di dottorato, Università di Bologna, Dip. di
Discipline Storiche, a.a. 1998-1999.
Incipit tractatus de variis et extraordinariis criminibus pertinentibus ad notarium super coronis et infrascriptis deputatum, et primo (Lib. V, Rubb.
121-127, cc. 257v-261r)
De pena plorantium seu desbatentium ad exequias mortuorum et mittencium enxenia et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica
(Rub. 121, cc. 257v-258v)
à De pena facientium mariam, comitem vel comitissam. Rubrica (Rub.
122, c. 258v), vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam seu
comitem vel comitissam. Rubrica
Quod ultra quinqueginta homines non possit aliquis ducere ad sponsandum mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat. Et propalacio sponsaliciorum non fiat nisi in capellis sponsi et sponse et sine
congregatione personarum. Rubrica (Rub. 123, cc. 258v-259r)
à Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit vocatus. Rubrica (Rub. 124, c. 259r), vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica
à De nive et remolo et aliis rebus prohibitis haberi tempore desponsationis et percusionibus prohibitis. Rubrica (Rub. 125, c. 259r), vedi 1288.
Statuti, De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis
De pena portantium ornamenta vetita et aliis penis variis. Rubrica (Rub.
126, cc. 259r-261r)
à De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis
predictis. Rubrica (Rub. 127, c. 261r), vedi 1335. Statuti, De arbitrio
domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis
1389
Statuti
AS BO, Comune-Governo, Statuti, vol. XIV, n. 47.
Incipit tractatus de variis et extraordinariis criminibus pertinentibus ad notarium super coronis et infrascriptis deputatum, et primo (Lib. V, Rubb.
120-126, cc. 335v-340v)
à De pena plorantium seu disbatentium ad exequias mortuorum vel mittentium exenia et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica
(Rub. 120, cc. 335v-336v), vedi 1376. Statuti, De pena plorantium seu
desbatentium ad exequias mortuorum et mittencium enxenia et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica
Bologna
25
à De pena fatientium mariam, comitem vel comitissam. Rubrica (Rub.
121, cc. 336v-337r), vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam
seu comitem vel comitissam. Rubrica
à Quod ultra quinqueginta homines non possit aliquis ducere ad sponsandum mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat.
Et quod propalacio sponsalitiorum non fiat nisi in capellis sponsi et
sponse et sine congregatione personarum. Rubrica (Rub. 122, c.
337r), vedi 1376. Statuti, Quod ultra quinqueginta homines non
possit aliquis ducere ad sponsandum mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat. Et propalacio sponsaliciorum non fiat
nisi in capellis sponsi et sponse et sine congregatione personarum.
Rubrica
à Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit vocatus. Rubrica (Rub. 123, c. 337r), vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica
à De nive et remolo et aliis rebus prohibitis haberi tempore disponsationis et percussionibus prohibitis. Rubrica (Rub. 124, c. 337r-v), vedi
1288. Statuti, De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis
De pena portantium ornamenta et aliis variis penis. Rubrica (Rub. 125,
cc. 337v-340r)
à De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis. Rubrica (Rub. 126, c. 340r-v), vedi 1335. Statuti, De
arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis
predictis
Disposizioni suntuarie (cc. 433r-436r)
1398, luglio 18
Provvisioni
AS BO, Comune-Governo, Signorie viscontea, ecclesiastica e bentivolesca, Provisiones
(1398), n. 305.
De ornamentis (cc. 13v-16r)
1401, gennaio
Statuto suntuario
AS BO, Comune-Governo, Anziani Consoli, “Statuto suntuario”, n. 336.
Provisio super ornatu mulierum anni 1401, reg. 1 (num. orig. cc. 257r263r)
26
Legislazione suntuaria
1401, gennaio
Registro della bollatura delle vesti
AS BO, Comune-Governo, Anziani Consoli, “Registro della bollatura delle vesti”,
n. 336.
Registro della bollatura delle vesti, reg. 1 (cc. 1r-8v)
1453, marzo 24
Provvisioni
AS BO, Comune-Governo, Signorie viscontea, ecclesiastica, bentivolesca, Liber novarum provisionum, n. 306.
Provisio edita super luxu et intemperantia vestimentorum ac ceterorum ornamentorum muliebrium prohibitorum (cc. 211r-215v)
1454
Statuti
AS BO, Comune-Governo, Statuti, vol. XVII, n. 50.
Ed. parziale: PHILIPPUS CAROLUS SACCUS, Statuta civilia et criminalia civitatis Bononie…, Bononiae MDCCXXXV- MDCCXXXVII.
à De pena plorantium seu desbattentium ad exequias mortuorum vel mit-
tentium […] et de modo servando in exequiis mortuorum (Lib. IV, Rub.
118, cc. 386v-388r), vedi 1376. Statuti, De pena plorantium seu desbatentium ad exequias mortuorum et mittencium enxenia et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica
à De pena fatitantium mariam, comitem vel comitissam (Lib. IV, Rub. 119,
c. 388v), vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam seu comitem
vel comitissam. Rubrica
à Quod ultra quinquaginta homines non possit aliquis ducere ad sponsandum mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat. Et quod
propalacio sponsaliciorum non fiat nisi in capellis sponsi et sponse et sine
congregatione personarum (Lib. IV, Rub. 120, cc. 388v-389r), vedi 1376.
Statuti, Quod ultra quinqueginta homines non possit aliquis ducere ad
sponsandum mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat.
Et propalacio sponsaliciorum non fiat nisi in capellis sponsi et sponse et
sine congregatione personarum. Rubrica
à Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit vocatus. Rubrica (Lib. IV, Rub. 121, c. 389r), vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica
à De nive et remolo et aliis rebus prohibitis tempore sponsationis et percussionis prohibimus (Lib. IV, Rub. 122, c. 389r), vedi 1288. Statuti, De nive
Bologna
27
vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis
à De vestimentis et ornamentis mulierum civitatis et comitatus Bononie deferendis. Rubrica (Lib. IV, Rub. 123, cc. 389r-393v), vedi 1453. Provvisioni, Provisio edita super luxu et intemperantia vestimentorum ac ceterorum
ornamentorum muliebrium prohibitorum
à De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis. Rubrica (Lib. IV, Rub. 124, cc. 393v-394r), vedi 1335. Statuti, De
arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis
1474, maggio 11, luglio 3 e novembre 14
Provvisioni
AS BO, Comune-Governo, Signorie viscontea, ecclesiastica, bentivolesca, Liber novissimarum provisionum (1471-1514), n. 307.
Provisio ornatus mulierum 1474 (cc. 61r-64r)
1508, aprile 26
Provvisioni
AS BO, Comune-Governo, Signorie viscontea, ecclesiastica, bentivolesca, Liber novissimarum provisionum (1471-1514), n. 307.
Ordo et provisio circa ornatum mulierum (cc. 213r-218v)
1508, aprile 26
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 541.
Ordo et provisio circa ornatum mulierum (cc. 1-6)
[Sottoscrittore per il legato: B. Mastinus locumtenens]
1514, aprile 6
Provvisioni
AS BO, Senato, Diversorum, 7 (1473-1584).
Ordine et provisione de la limitatione de le dote et dello ornato delle donne
MDXIIII (cc. 65r-69v)
1514, aprile 7
Bandi
BCA BO, A.V.I.VII.1/II. Vol. 12.
28
Legislazione suntuaria
Ordine et provisione de la limitatione de le dote et dello ornato delle donne
(cc. 1r-8v)
[Sottoscrittore: Cristoforo Nascimbene notaio]
1514, aprile 19
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 1 (1514-1522).
Pro ornatu mulierum observetur provisio nuper edita (c. 11v)
1514, ottobre 27
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 1 (1514-1522).
Pro ornatu mulierum (c. 16r-v)
1525, maggio 27
Bandi
BCA BO, 17. Storia civile e politica, Caps. P2, n. 3.
Provisione novissima delle doti et dello ornato delle donne reformata al tempo del reverendissimo signore monsignor Goro Gherio dignissimo vicelegato della città di Bologna et della provincia di Romagna. MDXXV. In Bologna,
per Girolamo di Benedetti, 1525 del mese di giugnio
1545, marzo 7
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 193; BC RA, 109.1 A/1.
Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le eccessive spese, così
del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di Bologna
[Sottoscrittori: Giovanni Morone legato, Antonio Bentivoglio gonfaloniere]
1545, marzo 8
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 5 (1542-1545).
à Ornato, pompe et cetera (cc. 104r-110v), vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le eccessive spese, così
del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di Bologna
Bologna
29
1545, marzo 28
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 1, cc. 188-189; AS BO, Legato, Bandi speciali, 7, cc.
114-115.
Provisione delle meretrici publiche. MDXLV
[Sottoscrittori: Giovanni Morone legato, Antonio Bentivoglio gonfaloniere]
1545, ottobre 31
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 541, cc. 29-32; AS BO, Legato, Bandi speciali, 1, cc. 5154; AS BO, Legato, Bandi speciali, 7, cc. 27-30; BC RA, 118.5.35/5.
à Provisione ultimamente reformata et stabilita sopra le eccessive spese così
del vivere come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di Bologna, vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta,
nella quale si moderano le eccessive spese, così del vivere, come del vestire,
et altre pompe che si fanno nella città et contado di Bologna
[Sottoscrittore: Giovanni Morone legato]
1553, marzo 25 e aprile 15
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 8 (1552-1554).
à Pompe et cetera (cc. 62r-66v), vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le eccessive spese, così del vivere, come
del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di Bologna
1553, marzo 25
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 541, cc. 46-49; AS BO, Legato, Bandi speciali, 1, cc.
198-201; AS BO, Legato, Bandi speciali, 6, cc. 15-18; BCA BO, 17. Storia civile e
politica. Caps. P2, n. 10; BA FE, M.85.17; BC RA, 118.5.35/19.
à Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere come del vestire, et altre
pompe, publicata in Bologna li XXV de marzo MDLIII. In Bologna per Anselmo Giaccarello, MDLIII, vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le eccessive spese, così del vivere,
come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di Bologna
[Sottoscrittori: Girolamo Sauli vicelegato, Antonio Bentivoglio gonfaloniere]
30
Legislazione suntuaria
1553, aprile 15
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 193; BC RA, 118.5.35/23.
à Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del vestire, et altre
pompe, publicata et riformata in Bologna li XV d’aprile MDLIII. In Bologna per Anselmo Giaccarello, vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione
nuovamente fatta, nella quale si moderano le eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado
di Bologna
[Sottoscrittori: Girolamo Sauli vicelegato, Antonio Bentivoglio gonfaloniere]
1554, febbraio 27
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 8 (1552-1554).
à Pompe (pp. 155-170), vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuova-
mente fatta, nella quale si moderano le eccessive spese, così del vivere,
come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di
Bologna
1555, gennaio 12 e 14
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 9 (1555-1559).
à Pompe (cc. 2v-6v), vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente
fatta, nella quale si moderano le eccessive spese, così del vivere, come del
vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di Bologna
1555, gennaio 12 e 14
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 541, cc. 41-44; AS BO, Legato, Bandi speciali, 6, cc. 2225; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12; BC RA, 118.5.35/21.
à Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del vestire, et altre
pompe, riformata et publicata in Bologna ali XII et reiterata ali XIIII di genaro MDLV, vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella
quale si moderano le eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di Bologna
[Sottoscrittori: Girolamo Sauli vicelegato, Cornelio Malvasia gonfaloniere]
Bologna
31
1555, gennaio 12 e 14 e 1556, gennaio 4-6
Provvisioni
AS BO, Senato, Diversorum, 7 (1473-1584).
à Pompe. Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere come del vestire et
altre pompe riformata et publicata in Bologna ali 12 et reiterata ali 14 di
genaro 1555. Et reiterata alli 4, 5 et 6 di genaro 1556 senza l’infrascripto
capitolo delle corteggiane (cc. 346v-350r), vedi 1545, marzo 7. Bandi,
Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le eccessive spese,
così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna
1556, gennaio 4-6
Bandi
BC RA, 109.1.A/8.
à Provisione sopra l’eccessive spese, così del vivere come del vestire, et altre
pompe, riformata et publicata in Bologna alli IIII et reiterata alli V et VI di
genaro MDLVI. Stampato in Bologna per Pelegrino Bonardo, vedi 1545,
marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di Bologna
[Sottoscrittori: Lorenzo Lenzi vicelegato, Ercole Felicini gonfaloniere]
1556, gennaio 12 e 14
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 7, cc. 219-222.
à Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del vestire, et altre
pompe, riformata et publicata in Bologna alli XII et reiterata alli XIIII di genaro MDLVI. In Bologna per Anselmo Giaccarello, vedi 1545, marzo 7.
Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le eccessive
spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella
città et contado di Bologna
[Sottoscrittori: Girolamo Sauli vicelegato, Cornelio Malvasia gonfaloniere]
1556, febbraio 28
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 9 (1555-1559).
Pompe et cetera (c. 54r-v)
32
Legislazione suntuaria
1557, marzo 24
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 9 (1555-1559).
Pompe (cc. 88r-90r)
1557, giugno 25
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 9 (1555-1559).
Pompe (cc. 101v-106v)
1557, giugno 25 e 30
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 2, cc. 46-47; AS BO, Legato, Bandi speciali, 6, cc.
39-40.
à Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere et vestire, come de cocchi,
et carrette, et funerali, riformata, et publicata in Bologna alli XXV et reiterata alli XXX di giugno MDLVII. In Bologna per Pellegrino Bonardo, vedi
1557, giugno 25. Provvisioni, Pompe
[Sottoscrittori: Tommaso Conturberi vicelegato, Giorgio Manzoli vicegonfaloniere]
1558, giugno 1
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 9 (1555-1559).
Pompe (c. 122v)
1558, luglio 5
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 1, cc. 258-261; AS BO, Legato, Bandi speciali, 2, cc.
48-51; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12; BC RA, 118.5.35/22.
à Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del vestire, et altre
pompe, riformata et publicata in Bologna alli IIII, di genaro MDLVI et reiterata
il primo giugno MDLVIII. [Publicata alli V di luglio MDLVIII]. In Bologna per
Alessandro Benazzi MDLVIII, vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le eccessive spese, così del vivere, come
del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di Bologna
[Sottoscrittori: Tommaso Conturberi vicelegato, Camillo Paleotti gonfaloniere]
Bologna
33
1559, aprile 29-30
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 2, cc. 56-59; AS BO, Legato, Bandi speciali, 6, cc.
50-53; BC RA, 109.1.A/11.
Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXIX et reiterata alli XXX
d’aprille MDLIX. In Bologna per Alessandro Benacio
[Sottoscrittori: Girolamo Melchiori governatore, Giacomo Orsi gonfaloniere]
1560, gennaio 25-26
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 10 (1559-1568).
à Pompe (cc. 12r-17v), vedi 1559, aprile 29-30. Bandi, Provisione sopra le
pompe publicata in Bologna alli XXIX et reiterata alli
In Bologna per Alessandro Benacio
XXX
d’aprille
MDLIX.
1560, gennaio 25-26
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 2, cc. 52-55; AS BO, Legato, Bandi speciali, 6, cc.
79-82; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12; BCR BO, Bandi etc. del sec. XVI, n. 1.
à Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXV di genaro, et reite-
rata alli XXVI detto MDLX. In Bologna per Alessandro Benacio, vedi 1559,
aprile 29-30. Bandi, Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli
XXIX et reiterata alli XXX d’aprille MDLIX. In Bologna per Alessandro Benacio
[Sottoscrittori: Girolamo Melchiori governatore, Bartolomeo Castelli gonfaloniere]
1560, agosto 3
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 6, cc. 75-78; AS BO, Legato, Bandi speciali, 9, cc.
105-108; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12.
à Provisione sopra le pompe reformata, et publicata alli III di agosto MDLX.
In Bologna per Alessandro Benaccio, vedi 1559, aprile 29-30. Bandi, Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXIX et reiterata alli XXX
d’aprille MDLIX. In Bologna per Alessandro Benacio
[Sottoscrittori: Piero Donato Cesi vicelegato, Alfonso Fantuzzi gonfaloniere]
1561, marzo 4
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 6, cc. 88-91, 91-94; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol.
12; BCR BO, Bandi etc. del sec. XVI.I, n. 2.
34
Legislazione suntuaria
Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561
[Sottoscrittori: Piero Donato Cesi vicelegato, Cornelio Malvasia gonfaloniere]
1563, febbraio 27-28
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 541, cc. 68-71; AS BO, Legato, Bandi speciali, 1, cc.
382-385; AS BO, Legato, Bandi speciali, 2, cc. 86-89; AS BO, Legato, Bandi
speciali, 6, cc. 65-68; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12; BC RA, 109.1.A/27.
à Provisione delle pompe, publicata in Bologna alli 27 e 28 de febraro 1563.
Stampata in Bologna, per Alessandro Benaccio, vedi 1561, marzo 4. Bandi, Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di marzo MDLXI. In
Bologna per Alessandro Benaccio 1561
[Sottoscrittori: Piero Donato Cesi vicelegato, Giovanni Maria Bolognini gonfaloniere]
1565, gennaio 30-31
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 3, cc. 11-14; AS BO, Legato, Bandi speciali, 6, cc.
104-107; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12.
à Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXX et XXXI di genaro
del MDLXV. In Bologna, per Alessandro Benaccio, vedi 1561, marzo 4.
Bandi, Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di marzo MDLXI.
In Bologna per Alessandro Benaccio 1561
[Sottoscrittori: Francesco Grassi governatore, Agostino Ercolani gonfaloniere]
1565, febbraio 5
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 10 (1559-1568).
Pompe (cc. 165r-166r)
1566, aprile 25
Bandi
AS BO, Bandi - Notificazioni, serie I, 4; AS BO, Archivio Boschi, b. 541, cc. 129132; AS BO, Legato, Bandi speciali, 9, cc. 225-228; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol.
9, op. 11; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12; BCA BO, 17. Storia civile e politica,
Caps. P2, n. 54; BCA BO, 17.E.II.38, op. 10.
à Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli
MDLXVI.
XXV di aprile del
In Bologna, per Alessandro Benaccio, vedi 1561, marzo 4. Bandi,
Bologna
35
Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561
[Sottoscrittori: Francesco Bossi governatore, Giovanni Andrea Calderini gonfaloniere]
1566, agosto 28
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 3, cc. 59-60; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12; BCA
BO, 17.E.I.1/1, cc. 80-81; BCA BO, 17.E.II.38, op. 22.
Provisione sopra le meretrici. Publicata in Bologna il dì
MDLXVI. In Bologna per Alessandro Benaccio
XXVIII
d’agosto
[Sottoscrittori: Francesco Bossi governatore, Lelio Vitali gonfaloniere]
1566, ottobre 19
Bandi
AS BO, Congregazione di gabella grossa, b. 380; AS BO, Legato, Bandi speciali, 6,
cc. 150-151; AS BO, Legato, Bandi speciali, 9, cc. 265-266; BCA BO, 17.E.II.38,
op. 29.
à Provisione sopra le meretrici. Publicata in Bologna il dì
XIX ottobre
In Bologna per Alessandro Benaccio, vedi 1566, agosto 28. Bandi, Provisione sopra le meretrici. Publicata in Bologna il dì XXVIII d’agosto
MDLXVI. In Bologna per Alessandro Benaccio
MDLXVI.
[Sottoscrittori: Francesco Bossi governatore, Giovanni Armi gonfaloniere]
1567, marzo 10-11
Bandi
AS BO, Congregazione di gabella grossa, b. 380; AS BO, Legato, Bandi speciali, 3, cc.
111-114; AS BO, Legato, Bandi speciali, 6, cc. 190-193; AS BO, Legato, Bandi speciali, 9, cc. 287-290; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 8, op. 9; BCA BO,
A.V.I.VII.1/II. vol. 9, op. 17; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12; BCA BO,
A.V.I.VII.1/II. vol. 14; BCA BO, 17. Storia civile e politica, Caps. P2, n. 61; BCA
BO, 17.E.I.1/1, cc. 96-99; BCA BO, 17.E.II.38, op. 46.
à Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli X et reiterata alli XI di
marzo MDLXVII. In Bologna, appresso Alessandro Benacci. Con licentia del
reverendo vicario episcopale et reverendo padre inquisitore, vedi 1561,
marzo 4. Bandi, Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di
marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561
[Sottoscrittori: Giovanni Battista Doria governatore, Camillo Paleotti gonfaloniere]
36
Legislazione suntuaria
1568, gennaio 19-20 (I)
Bandi
BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 1, cc. 244-247; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12.
à Rinovatione della provisione sontuaria delle pompe, e vestire, banchetti, et
altri capi. Publicata in Bologna alli XIX et reiterata alli XX di genaro
MDLXVIII. In Bologna, appresso Alessandro Benaci, vedi 1561, marzo 4.
Bandi, Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di marzo MDLXI.
In Bologna per Alessandro Benaccio 1561
[Sottoscrittori: Giovanni Battista Doria governatore, Giovanni Aldrovandi gonfaloniere]
1568, gennaio 19-20 (II)
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 9, cc. 321-324.
à Rinovatione della publicatione sontuaria delle pompe et vestir banchetti et
altri capi. Publicata in Bologna alli XIX et reiterata alli XX di genaro
MDLXVIII. In Bologna, appresso Alessandro Benacci. MDLXVIII. Con licentia delli reverendi vicario et padre inquisitore, vedi 1561, marzo 4. Bandi,
Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561
[Sottoscrittori: Giovanni Battista Doria governatore, Giovanni Aldrovandi gonfaloniere]
1568, aprile 12
Bandi
AA BO, Bibl. A25/75; AS BO, Archivio Boschi, b. 541, cc. 184-189; AS BO, Congregazione di gabella grossa, b. 380; AS BO, Legato, Bandi speciali, 6, cc. 230-235;
AS BO, Legato, Bandi speciali, 9, cc. 349-354; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 1, cc.
252-256; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12.
Provisione sopra le pompe riformata ultimamente, et publicata in Bologna,
alli XII aprile 1568. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori
[Sottoscrittori: Gabriele Paleotti vescovo, Giovanni Battista Doria governatore,
Vincenzo Campeggi gonfaloniere]
1568, aprile 29
Bandi
AA BO, Bibl. A25/75; AS BO, Archivio Boschi, b. 541, cc. 191-196; AS BO, Legato, Bandi speciali, 9, cc. 355-360; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 9, op. 21; BCA
BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12; BCA BO, 17. Storia civile e politica. Caps. P2, n. 69.
Bologna
37
à Provisione, et moderatione delle pompe, banchetti, et funerali. Nuova-
mente riformata. Publicata in Bologna alli 29 d’aprile 1568. In Bologna, appresso Alessandro Benacci. Con licenza de’ reverendi vicario
episcopale et inquisitore, vedi 1568, aprile 12. Bandi, Provisione sopra
le pompe riformata ultimamente, et publicata in Bologna, alli XII aprile
1568. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori
[Sottoscrittori: Gabriele Paleotti vescovo, Giovanni Battista Doria governatore,
Vincenzo Campeggi gonfaloniere]
1570, luglio 3 e 5
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 10, cc. 72-75; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12;
BCA BO, A.V.I.VII.1/XII, op. 3; BCA BO, 17. Storia civile e politica. Caps. P2, n.
81; BU BO, Raro C.88/34; BU BO, Raro D.50.27/7.
Provisione sopra le pompe, e vestire si delle donne come de gli huomini,
apparati di dote, et de banchetti. Publicata alli III et reiterata alli V di luglio
MDLXX
[Sottoscrittori: Alessandro Sforza legato, Gaspare Bianchi gonfaloniere]
1572, ottobre 31 - novembre 1
Bandi
BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 1, cc. 297-314; BCA BO, A.V.I.VII.1/II, vol. 12;
BCA BO, 17. Storia civile e politica. Caps. P2, n. 92.
Provisione reformata sopra le pompe, e vestire si delle donne come de gli
huomini, apparati di doti, et de banchetti. Publicata alli XXXI di ottobre et
reiterata al primo di novembre MDLXXII. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori
[Sottoscrittori: Gabriele Paleotti vescovo, Alessandro Sforza legato, Alticozzo Alticozzi vicelegato, Filippo Carlo Ghislieri gonfaloniere]
1573, gennaio 13
Bandi
AA BO, Bibl. A26/28; AA BO, Stampe. Cart. 451; AS BO, Legato, Bandi speciali,
3, cc. 263-268; BCA BO, A.V.D.I. Caps. XXVIII, n. 69; BCA BO, 17. Storia ecclesiastica bolognese. Caps. D2, n. 23; BCR BO, Bandi etc. del sec. XVI. II, n. 54; BU
BO, A.V. Caps. XIX/32.
Provisione sopra i funerali per ordine di monsignor illustrissimo et reverendissimo cardinale Paleotti vescovo di Bologna. Confirmata per breve di no-
38
Legislazione suntuaria
stro signore papa Gregorio XIII. [Bologna, 13 gennaio 1573] In Bologna per
Alessandro Benacci MDLXXIII
[Sottoscrittori: Gabriele Paleotti vescovo, Ludovico Nucci segretario, Ludovico
Ostesani notaio]
1573, gennaio 21
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 11 (1568-1590).
Pompe (c. 42r)
1574, gennaio 7-8
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 541, cc. 285-288; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol.12;
BCA BO, 17. Storia civile e politica. Caps. P2, n. 101.
à Provisione reformata sopra le pompe, e vestire così delle donne come de
gli huomini, apparati di doti, et de banchetti. Publicata alli VII et reiterrata
alli VIII di genaro MDLXXIIII. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori, vedi 1572, ottobre 31 - novembre 1. Bandi, Provisione
reformata sopra le pompe, e vestire si delle donne come de gli huomini,
apparati di doti, et de banchetti. Publicata alli XXXI di ottobre et reiterata
al primo di novembre MDLXXII. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con
licenza de’ superiori
[Sottoscrittori: Lattanzio Lattanzi governatore, Giovanni Armi gonfaloniere]
1574, febbraio 7-8 e 17
Bandi
AS BO, Congregazione di gabella grossa, b. 381; AS BO, Legato, Bandi speciali, 3, cc.
283-286; AS BO, Legato, Bandi speciali, 10, cc. 102-105.
à Provisione reformata sopra le pompe, et vestire così delle donne, come de
gli huomini apparati di doti, et de banchetti, publicata alli 7 et reiterata alli 8 di febraro MDLXXIIII. Con una nuova gionta publicata alli 17 del suddetto mese, et anno, vedi 1572, ottobre 31 - novembre 1. Bandi, Provisione reformata sopra le pompe, e vestire si delle donne come de gli huomini,
apparati di doti, et de banchetti. Publicata alli XXXI di ottobre et reiterata
al primo di novembre MDLXXII. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con
licenza de’ superiori
[Sottoscrittori: Lattanzio Lattanzi governatore, Giovanni Armi gonfaloniere]
Bologna
39
1575, aprile 6-7 e 9
Bandi
AS BO, Congregazione di gabella grossa, b. 381; AS BO, Legato, Bandi speciali, 8, cc.
22-25; AS BO, Legato, Bandi speciali, 10, cc. 153-156; BCA BO, 17. Storia civile e
politica. Caps. P2, n. 108, n. 109; BC RA, 109.1.A/64.
Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini, apparati di dote, et banchetti fatta. Et riformata dall’illustrissimo
et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazzarette governatore di Bologna, di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI di aprile, et reiterata alli VII et VIIII del medesimo MDLXXV. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori
[Sottoscrittori: Fabio Mirti Frangipani governatore, Camillo Paleotti gonfaloniere,
Giulio Cesare Giovannini cancelliere]
1575, maggio 6 e 13
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 541, cc. 301-304; AS BO, Legato, Bandi speciali, 4, cc.
12-15; AS BO, Legato, Bandi speciali, 8, cc. 32-35.
à Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini, apparati di dote, et banchetti, fatta, et riformata dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazarette governatore di
Bologna, di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI d’aprile, et
reiterata alli VII et VIIII, del medesimo 1575. Con una aggiunta, et dichiaratione fatta da nostro signor, in alcuni capi di detta provisione. Publicata
il dì VI del mese di maggio, et reiterata alli XIII detto 1575. In Bologna
per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori, vedi 1575, aprile 6-7 e
9. Bandi, Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne,
come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti fatta. Et riformata
dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazzarette
governatore di Bologna, di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI di aprile, et reiterata alli VII et VIIII del medesimo MDLXXV. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori
[Sottoscrittori: Fabio Mirti Frangipani governatore, Camillo Paleotti gonfaloniere,
Giulio Cesare Giovannini cancelliere]
1575, giugno 19 e 22
Bandi
AS BO, Bandi-Notificazioni, serie I, 4; AS BO, Legato, Bandi speciali, 10, c. 166.
Agionta alla riforma delle pompe circa il vestito de procuratori. Publicata in
40
Legislazione suntuaria
Bologna alli XIX et reiterata alli XXII di giugno MDLXXV. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori
[Sottoscrittori: Fabio Mirti Frangipani governatore, Emilio Zambeccari gonfaloniere]
1576, maggio 2-3
Bandi
AS BO, Assunteria di sanità, Bandi bolognesi sopra la peste, n. 204; AS BO, Legato,
Bandi speciali, 8, cc. 96-99; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol.12; BCA BO, 18. Belle
arti. Caps. IV, n. 50.
à Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini, apparati di dote, et banchetti, fatta, et riformata dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazarette governatore di
Bologna, di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI d’aprile, et
reiterata alli VII et VIIII del medesimo 1575. Con una aggiunta, et dichiaratione fatta da nostro signore, in alcuni capi di detta provisione. Publicata
il dì VI del mese di maggio, et reiterata alli XIII detto 1575. Et di nuovo
publicata, per ordine di nostro signore alli II et III di maggio MDLXXVI. In
Bologna per Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori, vedi 1575,
aprile 6-7 e 9. Bandi, Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così
di donne, come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti fatta. Et riformata dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di
Nazzarette governatore di Bologna, di ordine espresso di nostro signore.
Publicata alli VI di aprile, et reiterata alli VII et VIIII del medesimo MDLXXV.
In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori
[Sottoscrittori: Fabio Mirti Frangipani governatore, Emilio Zambeccari gonfaloniere, Ottavio Mirti Frangipani vicegovernatore, Angelo Maria Angelelli gonfaloniere]
1579, gennaio
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 541, cc. 340-343; AS BO, Legato, Bandi speciali, 11, cc.
52-55.
à Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli
huomini, apparati di dote et banchetti. Di espresso ordine di nostro signore con una gionta et dichiaratione fatta, da sua signoria in alcuni capi di
detta provisione altre volte publicata sino l’anno 1575 del mese di maggio,
et di ordine di monsignore illustrissimo et reverendissimo Sangiorgio governatore di Bologna. Ristampata il mese di genaro 1579. In Bologna per
Alessandro Benacci, vedi 1575, aprile 6-7 e 9. Bandi, Provisione, et ordine
sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli huomini, apparati di
dote, et banchetti fatta. Et riformata dall’illustrissimo et reverendissimo
Bologna
41
monsignore arcivescovo di Nazzarette governatore di Bologna, di ordine
espresso di nostro signore. Publicata alli VI di aprile, et reiterata alli VII et
VIIII del medesimo MDLXXV. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori
[Sottoscrittori: Fabio Mirti Frangipani governatore, Camillo Paleotti gonfaloniere,
Giulio Cesare Giovannini cancelliere, Francesco Sangiorgio governatore, Emilio
Zambeccari gonfaloniere, Annibale Bianchi gonfaloniere]
1579, marzo 29
Provvisioni
AS BO, Senato, Provvisioni, 11 (1568-1590).
Additione alla provisione delle pompe ristampata di genaro 1579 (cc. 94v95r)
1580, dicembre 23 e 30
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 542, cc. 18-21; AS BO, Legato, Bandi speciali, 4, cc.
162-165.
à Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli
huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicato alli 23 et 30
di decembre 1580. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licenza de’
superiori, vedi 1575, aprile 6-7 e 9. Bandi, Provisione, et ordine sopra le
pompe, et vestire così di donne, come de gli huomini, apparati di dote, et
banchetti fatta. Et riformata dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazzarette governatore di Bologna, di ordine espresso di
nostro signore. Publicata alli VI di aprile, et reiterata alli VII et VIIII del medesimo MDLXXV. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori
[Sottoscrittori: Erulo Eroli vicelegato, Francesco Maria Casali gonfaloniere]
1581, giugno 29-30
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 11, cc. 138-141; BCA BO, 17. Storia civile e
politica. Caps. P3, n. 5.
à Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli
huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicato alli 23 et 30
42
Legislazione suntuaria
di decembre 1580. Et reiterata alli 29 et 30 di giugno 1581. Con la nuova
gionta. In Bologna, per Alessandro Benacci, vedi 1575, aprile 6-7 e 9.
Bandi, Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti fatta. Et riformata dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazzarette governatore di Bologna, di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI di
aprile, et reiterata alli VII et VIIII del medesimo MDLXXV. In Bologna per
Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori
[Sottoscrittori: Erulo Eroli vicelegato, Ercole Marescotti gonfaloniere]
1582, dicembre 24 e 30
Bandi
AS BO, Congregazione di gabella grossa, b. 383; AS BO, Legato, Bandi speciali, 11,
cc. 163-166; BCA BO, 17. Storia civile e politica. Caps. P3, n. 3, n. 8.
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 24 et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per Alessandro Benacci
[Sottoscrittori: Erulo Eroli vicelegato, Ercole Bandini gonfaloniere]
1583, dicembre 4 e 7
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 542, cc. 111-114; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol.12;
BCA BO, 17. Storia civile e politica. Caps. P3, n. 25.
à Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli
huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor Fabio Mirto gubernator di Bologna. Publicata in Bologna alli 4 et reiterata alli 7 di decembre MDLXXXIII. In Bologna per Alessandro Benacci, vedi 1582, dicembre 24 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 24 et reiterata alli 30
di decembre MDLXXXII. In Bologna per Alessandro Benacci
[Sottoscrittori: Fabio Mirti Frangipani governatore, Cornelio Lambertini gonfaloniere]
1584, dicembre 19 e 23
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 542, cc. 152-155; BCA BO, Miscellanea bolognese, vol.
2, pp. 75-82; BCA BO, 17. E.I.1/1, pp. 176-183; BU BO, A.V.Tab.I.D.II.334/7.
Bologna
43
à Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini, apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo monsignor Giovanni Battista Castagna cardinale di San
Marcello legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 19 et reiterata alli 23
di decembre MDLXXXIIII. In Bologna per Alessandro Benacci, vedi 1582,
dicembre 24 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire
così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 24 et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII.
In Bologna per Alessandro Benacci
[Sottoscrittori: Giovanni Battista Castagna legato, Tommaso Cospi gonfaloniere]
1586, marzo 13 e 15
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 193/6; AS BO, Archivio Boschi, b. 543, cc. 62-65; BCA
BO, Miscellanea bolognese, vol. 2, pp. 157-164; BCA BO, 17. Storia civile e politica.
Caps. P3, n. 6.
à Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo monsignor Antonio Maria cardinale Salviati legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 13 et reiterata alli 15 di marzo MDLXXXVI.
In Bologna per Alessandro Benacci 1586, vedi 1582, dicembre 24 e 30.
Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come
de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo
et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in
Bologna alli 24 et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per
Alessandro Benacci
[Sottoscrittori: Antonio Maria Salviati legato, Antonio Lignani gonfaloniere]
1586, giugno 30
Bandi
AA BO, Stampe, Cart. 450; AS BO, Archivio Boschi, b. 543, cc. 81-82; BCA BO,
Bandi Malvezzi, 1500.I, p. 17; BCA BO, Bandi Merlani, I, c. 391.
Aggionta al bando delle pompe altre volte publicato. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo monsignor legato, di consenso come nelli altri bandi. Publicato in Bologna alli 30 di giugno 1586. In Bologna per Alessandro
Benacci
[Sottoscrittori: Antonio Maria Salviati legato, Ruggero Ghiselli gonfaloniere]
44
Legislazione suntuaria
1587, febbraio 22-23
Bandi
AS BO, Legato, Bandi speciali, 5, cc. 73-76; AS BO, Legato, Bandi speciali, 12,
cc.16-19; BCA BO, 17. Storia civile e politica. Caps. P3, n. 54.
à Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli huo-
mini apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo, et reverendissimo monsignor Henrico cardinale Caetano legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 22 et reiterata alli 23 di febraro MDLXXXVII. In Bologna per Alessandro Benacci, vedi 1582, dicembre 24 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le
pompe, et vestire così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato
di Bologna. Publicata in Bologna alli 24 et reiterata alli 30 di decembre
MDLXXXII. In Bologna per Alessandro Benacci
[Sottoscrittori: Enrico Caetani legato, Giovanni Galeazzo Bargellini gonfaloniere]
1588, gennaio 30-31
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 193; AS BO, Archivio Boschi, b. 544, cc. 18-21; AS BO,
Legato, Bandi speciali, 5, cc. 95-98; BCA BO, 17. Storia civile e politica. Caps. P3,
n. 64.
à Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine del molto illustre, et reverendissimo monsignor Anselmo Dandino vicelegato di Bologna. Publicata in Bologna alli 30 et reiterata alli 31 di genaro MDLXXXVIII. In Bologna per Alessandro Benacci, vedi 1582, dicembre 24 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli huomini,
apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo
signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 24 et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per Alessandro Benacci
[Sottoscrittori: Anselmo Dandini vicelegato, Cesare Fachinetti gonfaloniere]
1589, maggio 24 e 26
Bandi
AS BO, Archivio Boschi, b. 544, cc. 138-141; AS BO, Legato, Bandi speciali, 5, cc.
133-136; AS BO, Legato, Bandi speciali, 12; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12;
BCA BO, 17. Storia civile e politica. Caps. P2, n. 131; BCA BO, 17. Storia civile e
politica. Caps. P3, n. 10.
à Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo, et reverendissimo signor cardinale Mont’alto legato di Bologna, et per sua signoria
Bologna
45
illustrissima monsignor reverendissimo signor Camillo Borghese suo meritissimo vicelegato. Publicata in Bologna alli 24 et reiterata alli 26 di maggio
MDLXXXIX. In Bologna, per Alessandro Benacci, vedi 1582, dicembre 24 e
30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in
Bologna alli 24 et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per
Alessandro Benacci
[Sottoscrittori: Camillo Borghese vicelegato, Scipione Zambeccari gonfaloniere]
1591, settembre 28
Bandi
BCA BO, 17. Biografie ed elogi. Cart. Paleotti Gabriele, n. 1; BCA BO, 17. Storia
ecclesiastica bolognese. Caps. D2, n. 26; BCA BO, 17. E.I.1/3, pp. 140-149; BU
BO, A.V. Caps. XIX/33.
à Ordine et pragmatica sopra i funerali fatta per ordine dell’illustrissimo et
reverendissimo signor cardinale Paleotti all’hora vescovo di Bologna. Confermata per breve da papa Gregorio XIII santa memoria et publicata in Bologna sotto li XIII di gennaro 1573. Con la riforma hora aggiunta del presente anno 1591 da monsignor reverendissimo coadiutore di Bologna, per
ordine del sudetto illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Paleotti
arcivescovo, per causa degli abusi, introdutti dopo la publicatione della predetta pragmatica. [Bologna, 28 settembre 1591] In Bologna per Vittorio
Benacci, vedi 1573, gennaio 13. Bandi, Provisione sopra i funerali per ordine di monsignor illustrissimo et reverendissimo cardinale Paleotti vescovo
di Bologna. Confirmata per breve di nostro signore papa Gregorio XIII.
[Bologna, 13 gennaio 1573] In Bologna per Alessandro Benacci MDLXXIII
[Sottoscrittori: Alfonso Paleotti coadiutore]
1596, aprile 6 e 8
Bandi
AS BO, Bandi-Notificazioni, serie I, vol. 6; AS BO, Archivio Boschi, b. 193/34; AS
BO, Congregazione di gabella grossa, b. 387; BCA BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 12; BCA
BO, 17. Storia civile e politica. Caps. P3, n. 80.
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine espresso della santità di
nostro signore. Publicata in Bologna alli 6 et reiterata alli 8 d’aprile 1596. In
Bologna, per Vittorio Benacci
[Sottoscrittori: Annibale Rucellai vicelegato, Agostino Marsili gonfaloniere]
FONTI
1250-1261
Statuti
Ne meretrices et earum receptrices maneant infra civitate et circla, quod
ministrales procurent
Ad removendas turpitudines malarum mulierum et ganearum et civitas sit purgata omni turpitudine de contratis in quibus infra civitatem et infra circlam habitare expellantur, statuimus quod publice meretrices et earum deceptrices non debeant
manere infra fossata civitatis et circle et quod earum accusationes non recipiantur
de iniuria verborum vel etiam de offensionibus que fient eis dum vadunt ad hospitia scolariorum, nisi de rebus si que essent ablate vel de sanguine vel de livido vel
debilitatione membrorum.
Item statuimus quod non vadant amantate per civitatem vel suburbia nisi pelle
vel clamide sine taxellis afiblatis ad collum et si que contrafecerint cuilibet sit licitum eis auferre clamidem vel velum vel pellem sine pena.
Addimus huic statuto quod ulla femina vel domina vel aliqua alia persona de
civitate Bononie nisi fuerit publica meretrix non debeat portari aliquam gonellam vel guarnachiam seu guarnaçonem, pellem vel mantellum aut çuppam vel
aliud indumentum sive mantaturam quod tangat terram vel possit tangere terram ab aliqua parte, nec regoglum aliquod quod sit triplica ultra medium brachium, et si qua contrafecerit debeat ipso iure perdere dotem suam, que dos perveniat in comuni si nupta fuerit, et maritus condempnetur in L libris bononinorum, et si non fuerit nupta condempnetur mulier in XXV libris bononinorum. Et
nullus sartor vel aliqua alia persona debeat facere aliquod indumentum incidere
seu sui vel sui facere contra predictam formam, sub pena et banno XXV librarum
bononinorum quotiens contrafecerit, cuius banni medietas sit comunis et alia
accusantis, et si solvere non poterit fustigetur. Et potestas precise teneatur singulis mensibus scilicet bis in mense facere inquiri per suos familiares et maxime in
diebus festivis ire debeant inquirendo et contrafatientes denuntiare potestati. Et
potestas cum consilio comunis Bononie procuret quod dominus episcopus exco-
48
Legislazione suntuaria
municet contrafatientes et denuntiare fatiat excomunicatos unicuique presbitero
sive rectori cuiusque ecclesie civitatis Bononie quilibet in dicta excomunicatione
omnes et singulas contrafatientes, et hec additio in omnibus suis partibus sit
pretisa et pretisa debeat observari. Item statuimus quod nullus domum suam
concedat eis infra fossa civitatis et circle et qui contrafecerit solvat nomine banni
XXV libras bononinorum, medietas sit comunis et alia accusantis, et dominus
domus dictam penam solvere teneatur nec ingnorantia excusetur dum constiterit
vel per vicinos probari poterit quod dicte male mulieres in domo per VIII dies
steterint.
Addimus huic statuto quod duos homines eligi debeant […]ctis comunis per
curiales, qui sint etate a XL annorum, addimus qui iurare debeant denuntiare et accusare omnes receptatores quos in domo in quibus morarentur et morabuntur et
denuntient domino domus quod ipsas de domo expellat, qui si dominus domus
non extraet et ignorentur per sacramentum illicitos quis esset dominus domus sufitiat denuntiatio et preconiçatio facta per ipsam contratam seu capelle in qua domus
fuerit, et potestas dictam condempnationem continenter in statutis infra XV dies
postquam eis fuerit facta teneatur pretise.
Et predictam condempnationem domino domus solvi facere secundum formam
statutorum, videlicet in termino statuto de condempnatione solvenda, aut domum
diruat domui fatiat si domino domus non inveniretur cuius esset domus, et si predicti predicta non denuntiaverint et fecerint eadem pena in servitute aposita puniantur et post sit cuilibet licitum accusare.
Et specialiter circa ecclesiam Sancti Nicholai Predicatorum et Minorum fratrum
stare non sinantur, nec in parochia Sancte Marie de Baroncella et Sancti Archangeli, nec ad domum principum scilicet a beccariis supra usque ad domum domini
Çanelli quondam Calcagnili, nec in parochia Sancte Marie de Carariis, nec Sancte
Marie de Bulgaris et Sancti Damiani et Sancti de Ansaldis, nec in curia Sancti Ambrosii, nec in pertinentiis eius a V domibus iuxta curiam Sancti Ambrosii, nec a domo Bonaventure Talamatii usque Sancte Tecle per illam viam rectam, nec ad curiam comunis usque ad ecclesiam Sancte Tecle et ad domum domini Iuliani de Voscereriis, quod nec morentur nec sinantur morari, et in pertinentia Sancti Ieminiani, nec in parochia Sancte Marie Rotunde, nec in parochia Sancti Barbatiani, nec
in parochia Sancte Marie de Caritate, nec in capella Sanctorum Symonis et Iude,
nec in capella Sancti Martini de porta Nova, nec Sancti Benedicti iuxta domum
Palmiroli. Que omnia curent ministrales contratarum singulis mensibus, et provideant et teneantur ministrales in suis contratis accusare et denunciare potestati illos
qui locant domos suas publicis meretricibus sub banno XXV librarum bononinorum, et si invenerint expellant.
Et dicimus quod non debeant stare in tubatis molendinorum, et legatur in concione in omnibus capitulis supradictis, et hoc totum sit pretisum.
Bologna
49
1286, agosto 7-12
Inquisizioni
Inquisizione contro una veste caudata
Die mercurei VII intrante augusto.
Domina Francisca uxor Feudi draperii capelle Sancte Lucie accusata per Iacobum de Stanfonti nuntium comunis Bononie quod hodie per totam diem sit coram notarium domini potestatis actenus quia ipsa domina Francisca trahebat post
se caudam unius gonelle m[…]ni viridi et non permisit sibi eam mensurari et hoc
fuit die predicto.
Domina Francisca uxor Fey domini Bonacursi de capella Sancte Lucie negat se
habere caudam gonelle sue quam in dorso habebat tunc quando scripta fuit per notarium domini potestatis in die festivitatis beati sancti Dominici mayorem quam
contineatur in statutis seu ordinamentis comunis Bononie. Item dicit quod per
eam non remansit quin mensurata esset per dictum notarium domini potestatis,
sed propter tumultum gencium non potuit mensurari.
Die lune XII intrante augusto.
Dominus Petrus de Boetis capelle Sancte Lucie quia interrogatus precepta
domini potestatis et de veritate dicenda qui suo sacramento dixit quod die mercurei predicto quando domina Francisca preditta inventa fuit penes ecclesiam
Sancti Dominici per notarium domini potestatis et scripta per ipsum notarium
habere caudam gonelle sue mayorem quam contineatur in statuto comunis Bononie, quod ipsa cauda non fuit ei mensurata per dictum notarium nec per
nuncios qui secum erant et hoc propter presuram gentium que ibi erat propter
festum.
Petrus Petrizoli Tancredi capelle Sancti Mani qui interrogatus die predicto
precepta domini potestatis et de veritate dicenda qui suo sacramento dixit quod
die mercurei predicto quando domina Francisca preditta inventa fuit per notarium domini potestatis penes ecclesiam Sancti Dominici et scripta per ipsum notarium habere caudam gonelle sue mayorem quam contineatur in statuto comunis Bononie, quod ipsa cauda non fuit ei mensurata per dictum notarium nec per
nuncios qui secum erant et hoc propter presuram gentium que ibi erat propter
festum.
50
Legislazione suntuaria
1288
Statuti
Tractatus de variis et extraordinariis criminibus et excessibus pertinentibus
ad specialem notarium domini potestatis deputatum super coronis et
vestibus dominarum et aliis infrascriptis
De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse1
Prohibemus quod aliquis vel aliqua persona portare non debeat vel mittere vel
portari facere per se vel alium quocumque modo, cauxa vel ingenio alicui sponse
vel alteri persone occaxione sponse2, aliqua donaria in aliqua quantitate, re vel
specie; et quicumque contrafecerit condempnetur pro qualibet vice qua contrafecerit in vigintiquinque libris bononinorum. Item dicimus quod aliqua sponsa,
nec aliqua alia persona pro sponsa debeat recipere aliquo modo vel ingenio de
dictis donariis sub dicta pena XXV librarum bononinorum ipsi sponse vel alteri
recipienti pro ea et ei in cuius domo dicta donaria reciperentur vel ponerentur3.
Et dicimus quod ad aliquod convivium quod fieret causa sponsaliciarum vel nuptiarum non possint interesse ultra decem homines, si fieret convivium hominibus, vel decem domine, si fieret mulieribus ex utroque latere, silicet sponsi et
sponse. Et qui contrafecerit puniatur et condempnetur et ille qui fieri fecerit convivium in vigintiquinque libris bononinorum et quilibet sacramento teneatur
contrafacientes denunciare et accusare. Et sponsus non possit secum ducere nisi
tres socios ad convivium, ita quod computata persona sponsi sint quatuor ad
plus. Item dicimus quod tempore dictorum conviviorum non exibeantur nisi tria
genera ferculorum deductis fructibus. Et quod nullus mittere debeat aliquod ensenium ferculorum vel mitti possit extra domum convivii. Et qui contra predicta
fecerit, condempnetur pro quolibet et qualibet vice in centum solidis bononinorum et quilibet teneatur contrafacientes denunciare et accusare. Et predicta habeant locum in civitate Bononie et burgis. Et predicta teneatur potestas publice
facere preconiçari per civitatem Bononie et burgos in locis consuetis infra quindecim dies ab introhitu sui regiminis. Et procuret dominus potestas cum venerabili patre domino Bononiensi episcopo, quod ipse venerabilis pater proferre dignatur excomunicationis sententiam in facientes contra predicta vel aliquod predictorum. Et quod dicta excomunicationis sententia denuntietur per capellas et
1
Collazionato con:
1335. Statuti, De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse. Rubrica.
1352. Statuti, De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse. Rubrica.
1357. Statuti, De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse. Rubrica.
2
1357 omette vel … sponse.
3
ponerentur] donarentur vel portarentur 1335, 1357.
Bologna
51
ecclesias civitatis Bononie et burgorum in nativitate Domini et in pascate resurectionis Domini omni anno4.
De penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel emxenia mittentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica
Item statuimus quod nulla persona de civitate Bononie vel suburbiis ad
exequias alicuius mortui seu ad domum mortui se debeat desmantare vel plorare
clamando vel vociferendo nec sibi manus percuttere ad domum mortui vel mortue
extra domo et eundo vel reddeundo ad ecclesiam. Item quod nulla mulier que sit
coniuncta vinculo parentele mortuo vel mortue, venire debeat ad ecclesiam cum
mortuo, seu post mortuum, vel ante ea die qua sepultus fuerit mortuus vel
mortua; et si quis vel si qua contrafecerit condempnetur in XXV libris
bononinorum pro qualibet vice, et quilibet possit accusare et denuntiare et habeat
medietatem banni. Item dicimus quod pro aliquo defuncto vel defuncta
seppelliendis non pulsetur campane nisi illius ecclesie ad quam debuerit seppelliri
et illius de cuius capella fuerit mortuus vel mortua et pulsentur campane ad sogam
tantum. Item dicimus quod non debeat aliqua persona defuncta preconiçari per
civitatem. Item dicimus quod ad exequias alicuius defuncti non portetur nisi illa
crux ad cuius ecclesiam debuerit sepelliri et crux sue capelle. Item quod ad
exequias alicuius defuncti non debeant portari ultra quatuor cerei de libra quilibet
ad plus. Et quicumque contrafecerit vel fieri fecerit, si fuerit heres defuncti sive
commissarius sive executor sive alius, condempnetur pro singulis quatuor capitulis
proximis et pro qualibet vice in XXV libris bononinorum. Item quod nulla mulier
mortua portari debeat ad sepulturam cum facie discoperta et quicumque eam
deportabit vel deportari fecerit condempnetur in XXV libris bononinorum. Item
quod corpus postquam fuerit sepultum nulla persona se debeat congregare
sedendo ad domum defuncti et redditu facto ab ecclesia, incontinenti se debeant
separare nisi essent pater, frater aut filius vel alius sibi coniunctus usque in
quartum gradum vel nisi essent de vicinis eius. Et quicumque contrafecerit
condempnetur pro qualibet vice in centum solidis bononinorum. Item quod ad
corpus alicuius defuncti non debeant portari vel esse aliqua dopleria nec ultra
unum pannum sete sive pallium sive cultram. Item dicimus quod postquam
defunctus vel defuncta fuerit traditus vel tradita sepulture et homines redderint
qui affuerint dicte sepulture ad domum defuncti vel defuncte, quod omnes
mullieres que fuerunt ad exequias defuncti vel defuncte incontinenti discedere
debeant a domo defuncti vel defuncte, ita quod ibi nulle remaneant nisi fuerit
mater vel novercha vel soror vel filia vel socrus vel cognata vel filia fratris vel
sororis defuncti vel defuncte vel viduate, sub pena X librarum bononinorum pro
4
per civitatem … omni anno] singullis annis infra octo dies mensis ianuarii 1335,
1352, 1357.
52
Legislazione suntuaria
qualibet, que ultra predictas remanserit, de dote sua solvenda. Et dominus
potestas procuret quod dominus episcopus tales mulieres contrafacientes
denuntietur in pascalibus diebus in ecclesiis excomunicate esse. Prohibemus etiam
aliquos mortuos sepelliri indutos de scarleto, nisi fuerit milex vel legum aut
decretorum5 doctor, sub pena centum librarum bononinorum pro qualibet vice
filiis descendentibus vel heredibus mortui. Item quod nullus debeat arrengare ad
aliquod corpus seu ocaxione alicuius defuncti comendando defunctum vel aliqua
alia exponendo in modum arrengandi. Item quod nullus ducat secum ad aliquod
corpus defuncti ultra decem homines ad plus per se vel alium modo aliquo vel
ingenio pena et banno XXV librarum bononinorum ei qui duceret et cuilibet eunti
ad corpus ultra predictum numerum centum solidorum bononinorum pro
quolibet et qualibet vice, exceptis societatibus artium et armorum et societatibus
fraternitatum. Item quod nullus civis faciat venire aliquos comitatinos sive rusticos
pro comuni vel singulariter ad aliquod corpus seppelliendum vel plorandum sive
ad domum suam pena et banno centum librarum bononinorum cuilibet comuni,
et cuilibet venienti XXV librarum bononinorum, et successoribus defunti C
librarum bononinorum pro qualibet vice, salvo quod coniuncti vincullo parentele
usque ad quintum gradum possint venire, dummodo observent formam superius
denotatam in non plorando et palmas verberando. Item prohibemus omnibus
habere in exequiis alicuius seu sepulture ultra numerum octo sacerdotum, si
contingat defunctum seppelliri ad ecclesiam sive capellam suam. Et si contingerit
sepelliri ad aliam ecclesiam vel capellam, tunc non liceat habere ultra illos
sacerdotes vel clericos qui sunt de ecclesia ubi seppellitur et illos qui sunt de
capella seu ecclesia mortui, sub pena heredibus vel successoribus defuncti XXV
librarum bononinorum. Et quilibet possit accusare; medietas eius banni sit
accusatoris et alia comunis, et teneatur in credenciam. Et super predictis omnibus
et singullis potestas possit inquirere per se et tabellionem, quem deputaverit ad
predicta et per famam et per aspectum, per probationes, inditia et presumptiones
et quolibet alio modo quo melius fieri poterit, mittendo tabellionem personaliter,
publice et secrete ad exequias mortuorum et ad sponsas et monachos et sacerdotes
et sorrores et ad festivitates pro coronis et vestibus dominarum interdictis, qui
notarius refferrat contrafacientes et ipsos puniat potestas predictis penis. Item
quod nullus portet vel mittat aliqua exenia cruda vel cocta ad domum alicuius
mortui vel suorum ascendentium vel descendentium vel heredum, vel recipiat
antequam corpus tradatur sepulture, vel etiam post per octo dies, pena cuilibet
mittenti et cuilibet recipienti XXV libris bononinorum et predicta faciat dominus
potestas publice preconiçari infra XV dies regiminis ipsius et sit precisum.
5
aut decretorum aggiunto in margine, seguito dalla nota Ego Vinciguerra Bovixii addidi
in dicto statuto «aut decretorum» quia reformatum extitit in consilio populi tempore domini Bindi, capitanei populi Bononie.
Bologna
53
De pena portantium vel mittentium donaria alicui clerico vel religiose
persone
Ordinamus quod nulla persona parva vel magna audeat vel presumat portare vel
mittere, vel portari seu mitti facere alicui presbitero de novo faciendo, vel monacho
vel monache, vel fratri vel sorori, vel alicui religiose persone cereos vel candellas vel
fogacias vel toaglas vel aliquod aliud dare et quicumque contrafecerit condempnetur pro qualibet vice in decem libris bononinorum. Item quod nulla persona possit
vel debeat coadunationem facere personarum, vel invitare vel invitari facere aliquem vel aliquos occasione predicta. Et quicumque contrafecerit condempnetur in
XXV libris bononinorum pro qualibet vice, et potestas infra quindecim dies ab ingressu regiminis teneatur facere preconiçari predicta et super predictis et quolibet
predictorum dominus potestas habeat plenum et liberum arbitrium et super hiis
semper presit notarius specialis ipsius domini potestatis super donis sponsarum et
monachorum et sit precisum.
De pena facientium maiumam seu comitem vel comitissam.
Rubrica6
Ordinamus quod maiuma7, vel comitisse, vel comites sive ludus ipsarum fieri
non debeat in civitate Bononie vel burgis, nec temptoria sive curtine ipsius ocaxione. Et qui pateretur in domo sua vel sub porticu domus sue vel ante domum suam
fieri8, solvat nomine pene et banni centum9 solidos bononinorum. Et maiuma10 seu
comitissa vel comes XX solidos bononinorum, cuius medietas sit comunis11 et alia
accusantis. Et potestas teneatur predicta inhibere et banniri facere per civitatem Bononie de mense aprilis et maii. Ad quam condempnationem solvere teneatur pater
pro filia et ille in cuius potestate est.
6
Collazionato con:
1335. Statuti, De pena facientium maiumam, comitem vel comitissam. Rubrica.
1352. Statuti, De pena facientium maiumam vel comitem vel comitissam. Rubrica.
1357. Statuti, De pena facientium maiumam, comitem vel comitissam. Rubrica.
1376. Statuti, De pena facientium mariam, comitem vel comitissam. Rubrica.
1389. Statuti, De pena fatientium mariam, comitem vel comitissam. Rubrica.
1454. Statuti, De pena fatitantium mariam, comitem vel comitissam.
7
maiuma] marie 1376, 1389, 1454.
8
1335, 1352, 1357, 1376 aggiungono vel sue habitationis.
9
centum] quadraginta 1352, 1357, 1376, 1389, 1454.
10
maiuma] marie 1376, 1389, 1454.
11
comunis] camere Bononie 1454.
54
Legislazione suntuaria
De pena portantium vestes, caudas, coronas de perlis et frixos vel gramitas
vel fibaglas contra formam huius statuti et de pena sartorum et aurificum
venientium contra formam huius statuti. Rubrica
Statuimus quod nulla domina seu mulier in civitate Bononie, vel burgis aut comitatu Bononie, audeat vel presumat portare pelles, vel aliquod vestimentum quod
habeat caudam que trahatur vel trahi possit aliquo modo per terram, longiorem tribus quartis brachii, vel regoglum quod possit esse longius uno brachio12 sine taxellis.
Et si qua vestimenta reperientur facta actenus, reducantur ad predictam mensuram,
seu modum superius declaratum, pena et banno cuilibet contravenienti vigintiquinque librarum bononinorum et pro qualibet vice et nichilominus reducatur vestimentum ad modum predictum, et nullus civis vel forensis aut nulla audeat vel presumat
in civitate Bononie vel comitatu incidere aliquod vestimentum contra predictam
formam, pena et banno decem librarum bononinorum cuilibet qui incideret aliquod
vestimentum contra predictam formam et pro qualibet vice et quolibet vestimento.
Et quod nulla persona civitatis vel comitatus Bononie aut aliunde, audeat vel presumat aliquod vestimentum contra predictam formam incisum suere alicui civi vel comittatino, in civitate Bononie vel comittatu aut extra comittatum, pena et banno
cuilibet qui contrafecerit et pro qualibet vice et quolibet vestimento centum solidorum bononinorum. Item quod aliqua domina civitatis vel comitatus Bononie, magna vel parva, de cetero non audeat vel presumat portare aliquam coronam seu sertum compositum de perlis aut circlelum batutum de auro vel argento, aut super se
portare vel habere aliquod ornamentum de perlis, in aliqua parte persone, excepto
quam in anullo, nec bindas aliquam vel aliquas in quibus sit aurum insertum, vel
tessutum vel treceram aliquam vel redexellam in quibus sit aliquod aurum vel argentum fabricatum preterquam aurum vel argentum filatum, pena et banno XXV librarum bononinorum pro qualibet et qualibet vice qua contrafactum fuerit et amittat
coronam seu circlelum vel ornamentum de perlis. Item quod nulla persona silicet
masculus maior etatis XII annorum, vel aliqua femina maritata seu postquam fuerit
maritata, audeat vel presumat ad aliquod vestimentum habere vel portare aliquod
ornamentum de frixis seu frixum, vel gramitas vel gramitam aliquam vel aliquas, pena et banno cuilibet contrafacienti et pro qualibet vice X librarum bononinorum.
Permittimus autem et concedimus de urbanitate cuilibet domicelle non maritate
posse habere et portare frixos seu ornamentum de frixis, quorum frixorum brachium
sit et esse possit valoris duorum soldorum bononinorum et abinde infra. Abinde vero supra eis prohibemus sub pena et banno proxime dicto, pro quolibet contrafaciente, et pro qualibet vice ipso facto incurrere volumus. Preterea precipimus quod
aliqua domina magna vel parva civitatis Bononie vel comittatus non audeat vel presumat habere vel portare ad aliquod vestimentum vel aliqua vestimenta affiblaturas
12
uno brachio aggiunto sul margine sinistro corregge tribus quartis brachii. Prosegue così:
Additum fuit per reformationem propter quod ubi dicebat tribus quartis esse goglum dicant
uno brachio. Ego Vinciguerra Bovixii notarius huic officio scripsi et caçavi tribus quartis
brachii et addidi uno brachio.
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ad collum de auro vel argento, vel aliquid aliud loco affiblature, que affiblature sint
ad gonellam vel aliud vestimentum sive guarnachiam maioris valoris XX solidorum
bononinorum et ad guarnachiam maioris valoris XL solidorum bononinorum, habita
ratione prime extimationis affiblaturarum predictarum quando de novo facte fuerint. Et quod nulla persona civis vel forensis audeat vel presumat componere ad aliquod vestimentum alicuius domine civitatis Bononie vel comitatus aliquas affiblaturas maioris extimationis et precii quam superius dictum est, pena et banno cuilibet
domine seu mulieri vel femine portanti affiblaturas aliquas contra predictam formam, et pro qualibet vice, et cuilibet qui componeret aliquas affiblaturas contra predictam formam X librarum bononinorum. Et de predictis dominus potestas teneatur
per se et suum notarium ad hoc deputatum inquirere per civitatem et comitatum, et
habeat arbitrium inquirendi, puniendi et condempnandi in predictis penis quoslibet
venientes seu contrafacientes contra formam huius statuti vel alicuius capituli eiusdem non tamen possit absolvere. Et insuper teneatur potestas habere secretos denuntiatores pro qualibet capella prout sibi videbitur de melioribus civitatis et burgorum. Et dominus potestas teneatur infra quindecim dies ingressus sui regiminis predicta facere preconizari per civitatem Bononie et burgos et quod dominus potestas et
dominus capitaneus, ançiani et consules procurent cum effectu cum venerabili patre
domino Bononiensi episcopo, quod in contrafacientes contra formam huius statuti
excomunicationis sententiam proferat, et ipsam excomunicationis sententiam per
singulas capellas dignetur facere publicari et denuntiare omni anno in festo nativitatis Domini et in paschate resurretionis Domini et in festo omnium Sanctorum. Et
sit precisum in omni sui parte.
Quod ultra XX homines non possit aliquis ducere ad aliquam
desponsandam13
Ordinamus quod quicumque desponsare voluerit de cetero aliquam in suam
sponsam et uxorem vel facere desponsari alicui suo filio, nepoti vel descendenti vel
collaterali per dationem seu impositionem anuli vel consensu, eciam sine anuli impositione, non debeat secum ducere ad dictam desponsationem faciendam ultra XX homines vel permittere secum venire14, pena et banno cuilibet contrafacienti, scilicet
sponso qui secum duxerit ultra dictum numerum seu patri vel avo sponsi, vel ei qui
13
Collazionato con:
1335. Statuti, Quod ultra viginti homines non possit aliquis ducere ad desponsandum
mulierem. Rubrica.
1352. Statuti, Quod ultra viginti homines non possit aliquis ducere ad desponsandum
mulierem. Rubrica.
1357. Statuti, Quod ultra viginti homines non possit aliquis ducere ad desponsandum
mulierem. Rubrica.
14
1335, 1352, 1357 aggiungono absque licentia domini potestatis quam concedere possit considerata conditione personarum.
56
Legislazione suntuaria
fuerit principalis ratione alicuius proximitatis vel vicinantie vel parentele ad dictam
desponsationem faciendam vel fieri faciendam, centum solidorum bononinorum pro
quolibet quem secum duxerit, vel venire permiserit, ultra predictum numerum15.
Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra
XX homines16
Statuimus quod nulla mulier que se voluerit17 deponsari facere18, nec aliquis qui
voluerit de cetero aliquam suam filliam, neptem, sororem sive propinquam vel vicinam facere desponsare, tempore dicte deponsationis faciende, debeat habere in dicta
domo deponsationis vel extra iuxta dictam domum ultra numerum XX hominum19
sub pena et banno C solidorum bononinorum pro quolibet quem habuerit ultra dictum numerum in ipsa domo vel extra iuxta dictam domum20, nec habere in domo in
qua fiet desponsatio ultra decem dominas, sub pena et banno predictis.
Quod ultra XX homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica21
Ordinamus quod nullus vel nulla ex parte sponsi vel sponse debeat invitare homines qui intersint vel debeant interesse deponsationibus faciendis uni vel pluribus
ultra predictum numerum22, sub pena et banno C solidorum bononinorum pro
quolibet quem invitaverit ultra numerum predictum23.
15
1335, 1352, 1357 aggiungono et sine licentia predicta.
Collazionato con:
1335. Statuti, Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra viginti homines.
1352. Statuti, Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra viginti homines.
1357. Statuti, Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra viginti homines.
17
se voluerit] debuerit 1335, 1352, 1357.
18
1335, 1352, 1357 omettono facere.
19
1335, 1352, 1357 aggiungono absque licencia domini potestatis quam concedere possit de maiori numero, considerata condictione personarum.
20
1335, 1352, 1357 aggiungono sine licentia predicta.
21
Collazionato con:
1335. Statuti, Quod ultra viginti homines non invitentur alicui disponsationi. Rubrica.
1352. Statuti, Quod ultra viginti homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica.
1357. Statuti, Quod ultra viginti homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica.
22
1335, 1352, 1357 aggiungono absque licencia domini potestatis quam concedere possit secundum conditionem personarum.
23
1335, 1357 aggiungono et sine licentia predicta.
16
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Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica24
Statuimus quod nullus de cetero ire vel accedere debeat vel esse ad aliquam desponsationem faciendam, nisi fuerit invitatus per ipsum sponsum vel sponsam, vel
eius speciales nuntios, vel patrem vel matrem25 vel alium vel aliam qui sit principalis, vel ad quem videatur principaliter pertinere ipsa desponsatio, ratione alicuius
affinitatis vel parentele vel proximitatis vel vicinantie, sub pena et banno cuilibet
contrafacienti C26 solidorum bononinorum.
De scribendis iis qui interesse debuerint desponsationi alicuius
Ordinamus quod nullus parvus vel magnus ire debeat ad desponsationem
alicuius sponse, vel pro parte sponsi vel pro parte sponse, ultra numerum XX
hominum predictum. Et qui contrafecerit puniatur et condempnetur in centum
solidis bononinorum pro quolibet et qualibet vice. Et quod quilibet sponsus vel
sponsa vel eius pater, frater, soror, avus vel avia vel propinquus aut affinis sponsi
vel sponse teneatur scribere et scribi facere et in scripturam publicam reducere
nomina et cognomina omnium illorum X X hominum, quos ad dictam
desponsationem invitaverit faciendam et secum ducere voluerit, antequam ad ipsa
sponsalia procedatur. Et dare nomina illorum quos secum ducere voluerit ad ipsa
sponsalia facienda ministrali sue capelle, silicet de capella unde fuerit sponsus et de
capella unde fuerit sponsa, infra tercium diem a die desponsationis sub pena et
banno centum solidorum pro quolibet sponso et qualibet sponsa et pro qualibet
vice qua contrafecerit.
24
Collazionato con:
1335. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica.
1352. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica.
1357. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus. Rubrica.
1376. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit vocatus. Rubrica.
1389. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit vocatus. Rubrica.
1454. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit vocatus. Rubrica.
25
1376 omette vel matrem.
26
C] viginti 1376, 1389, 1454.
58
Legislazione suntuaria
De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis
et percussionibus prohibitis27
Statuimus quod nullus de cetero qui iverit vel fuerit vel intererit alicui desponsationi faciende debeat prohycere tempore dicte desponsationis ante vel post, nivem vel remolum vel rasuram cartarum vel segaturam ligni vel garnadellos vel ruschum28 vel putredinem29 aliquam vel aliquod aliud30 quacumque de causa, vel percutere aliquem cum manibus vel alio modo, sub pena et banno cuilibet contrafacienti et qualibet vice C solidorum31 bononinorum.
Quod cuilibet liceat accusare venientes contra predicta ordinamenta
Ordinamus quod quilibet teneatur, possit et debeat accusare et denuntiare omnes et quoslibet qui fecerint contra predicta ordinamenta et statuta vel aliquod predictorum ordinamentorum loquentium de sponsis et habeat medietatem banni et
accusans in credentiam teneatur. Et nichilominus dominus potestas possit, teneatur
et debeat de predictis omnibus et singulis inquirere et inquisitionem facere. Et si
invenerit aliquos facere contra aliquem de predictis ordinamentis vel capitulis, teneatur quemlibet eorum punire et condempnare in penis predictis, salvo statuto loquente de tondolo et tormento.
27
Collazionato con:
1335. Statuti, De nive et remollo et alliis rebus prohybitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohybitis.
1352. Statuti, De nive et remollo et aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis
et percusionibus prohibitis. Rubrica.
1357. Statuti, De nive et remollo et aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis
et percusionibus prohibitis. Rubrica.
1376. Statuti, De nive et remolo et aliis rebus prohibitis haberi tempore desponsationis
et percusionibus prohibitis. Rubrica.
1389. Statuti, De nive et remolo et aliis rebus prohibitis haberi tempore disponsationis
et percussionibus prohibitis. Rubrica.
1454. Statuti, De nive et remolo et aliis rebus prohibitis tempore sponsationis et percussionis prohibimus. Rubrica.
28
1352, 1357, 1376, 1389, 1454 omettono vel ruschum.
29
putredinem] pulverem 1335, 1352, 1357, 1376] de pulvere in 1389, 1454.
30
1335, 1352, 1357, 1376, 1389, 1454 aggiungono turpe vel dampnoxum.
31
C solidorum] decem librarum 1335, 1352, 1357] quinque librarum 1376, 1389,
1454.
Bologna
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1297, ottobre 25
Riformagioni
Riformagione relativa ai funerali
Item quid placet conscilio et masse populi providere et facere super infrascripta
propoxitione seu posta, cuius tenor talis est. Cum inhonestum sit luctus tempore
crapulari et convivia facere et inutilles ex hoc expense sequantur et inhoneste consuetudines inutilesque expense sint radicitus extirpande, quid placet conscilio et
masse populi quod si contingat aliquam personam mori in civitate Bononie, burgis
vel subburbiis nulla persona, masculus vel femina, que non sit familiaris defunte
persone seu que non habitaverit cum persona defunta in eadem domo tempore
mortis audeat vel presummat in die mortis et die antecedenti vel postea usque ad
octo dies comedere, exenia mittere seu stare ad comedendum cum heredibus seu
propinquioribus defunte persone in domo defunte persone vel alibi ubicunque exceptis ascendentibus et descendentibus in infinitum defunte persone seu suorum
heredum ac eciam fratribus et sororibus et primis et secundis consanguineis ex
utroque parente defunte persone vel suorum heredum et socero et socra, genero et
nuru ac eciam cognatis et cognatas predictorum defunte persone seu suorum heredum, intelligendo cognatos maritos sororum defunti et maritos sororum heredum
defunti, item fratres uxoris defunti et uxores heredum defunti, et intelligendo cognatos sorores uxoris defunti et uxores fratrum defunti, ac eciam exceptis duobus
proximioribus vicinis ex qualibet parte domus habitationis defunti et duobus vicinis existentibus ex oppoxito domus habitationis defunti, et quod dicti proximiores
et heredes defunti non recipiant aliqua exenia nec recipi paciantur, nec admittant
vel recipiant aliquam personam ad comedendum secum dicto tempore exceptis personis superius exceptatis, et quod nullus masculus vadat ad induendum uxorem defunti aliquibus vestibus vel sit quando et ubi induatur, nec eciam vadat ad ducendum uxorem defunti seu aliquam dominam supra corpus defunti seu sit vel stet ubi
dicte domine ducantur supra corpus, et quod supra corpus vel circha corpus non
ponantur aliqui doplerii in domo vel extra, in ecclesia vel extra in aliquo loco, set
solummodo cerei secundum formam statutorum, et quod non dentur due candele
alicui clericho, fratri vel sacerdoti seu ecclesiastice persone vel alii pro eis set una sola, et quod occaxione mortis alicuius sepulture vel obsequiorum non fiat nisi unicha coadunatio hominum, scilicet ea hora qua debet portari corpus ad ecclesiam et
aliis horis in die mortis defunti et die antecedenti mortem eius et sequentibus diebus post mortem defunti omnis cesset congregatio et adunatio hominum et quod
ad accipiendum corpus de domo et portandum extra non intrent aliqui homines
nisi illi qui debent corpus portare et quod nulla persona occaxione mortis alicuius
faciat vel portet de novo nigras vestes, capucium sive capillinam excepta uxore defunti et quod incontinenti corpore defunti tradito sepulture vel iuxta sepulturam
poxito omnes et singule persone que sociaverunt corpus de domo ad sepulturam separent se et revertantur ad proprias domos, habitationes vel locha absque eo quod
consocient heredes vel proximiores defunti dum revertuntur ad domum, et quod
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Legislazione suntuaria
heredes seu proximiores defunti tunc possint et debeant sociari solum per predictas
personas exceptatas que possunt comedere cum eisdem et per decem proximiores
vicinos, pena et banno cuilibet facienti contra predicta vel aliquo predictorum et
quociens fuerit contrafactum vigintiquinque librarum bononinorum, de quibus
omnibus et singulis dominus potestas et sua familia teneatur et debeat inquirere et
inquiri facere ad suum arbitrium et voluntatem et contrafacientes dicta pena punire, et quod ministrales contractarum teneantur contrafacientes denunctiare domino
potestati vel sue familie et specialiter notario ad hoc deputato, pena et banno cuilibet ministrali qui non denunctiaverit decem librarum bononinorum, et quod dominus potestas faciat observari statutum quod est in quarto libro sub rubricha «De
penis plorantium».
Item placuit quasi toti conscilio facto partito per dictum dominum Iacobum de
sedendo ad levandum et postmodum ad scrutinium cum fabis albis et nigris datis,
restitutis et numeratis ut supra dictum est placuit ponentibus fabas albas qui fuerunt ducentioctuagintaquinque quod posta sive propoxitio que loquitur de mortuis que incipit «Cum inhonestum sit luctus tempore crapulari et convivia facere et
inutilles ex hoc expense sequantur et inhoneste consuetudines inutilesque expense
sint radicitus extirpande, quid placet conscilio et masse populi quod si contingat
aliquam personam mori in civitate Bononie, burbis vel subburbiis nulla persona,
masculus vel femina, que non sit familiaris deffunte persone seu que non habitaverit cum persona deffunta in eadem domo tempore mortis audeat vel presummat in
die mortis et die antecedenti vel postea usque ad octo dies comedere, exenia mittere seu stare ad comedendum cum heredibus seu propinquioribus defunte persone
in domo deffunte persone vel alibi ubicunque exceptis ascendentibus et descendentibus in infinitum deffunte persone seu suorum heredum ac eciam fratribus et sororibus et primis» et cetera auctoritate presentis conscilii firma sit, valeat et teneat
et habeat plenum robur et effectui demandetur in omnibus et per omnia prout
scripta est et lecta fuit in presenti conscilio cum illis additionibus quas dominus
Schanabicus de Bannixiis legum doctor voluerit addere et quod ipse dominus Scanabicus possit presentibus propositioni sive poste addere secundum quod ei videbitur expedire et quod ipse addictiones per dictum dominum Scanabicum faciende
possint per me Albertum notarium scribi et poni in dicta propositione seu posta sine pena non obstantibus aliquibus statutis, ordinibus et cetera, illi qui poxuerunt
fabas nigras in contrarium viginti numero extiterunt.
1300, maggio 1 - ottobre 2
Inquisizioni
Inquisitio contra dominas et sponsas et quosdam alios
Hec est inquisitio que fit et fieri intenditur ex officio nobilis et sapientis militis
domini Pini condam domini Stoldi de Rubeis de Florencia honorabilis potestatis
civitatis Bononie et eius familie et Cenni notarii et scribe ipsius ad hec deputati se-
Bologna
61
cundum formam infrascriptorum statutorum, ordinum seu provisionum, videlicet
statuti, ordinis vel provisionis posite in statuto comunis sub rubrica «Ordo de vestimentis et ornamentis dominarum» et secundum formam ordinis et statuti que sunt
in quarto libro statutorum comunis Bononie loquentium de vestibus dominarum
et de caudis et reliquis frixiis et coronis, ghirlandis, fribaglis, perlis, gemmis, sponsis
et sponsabus, quorum unum est sub rubrica «De pena dominarum portantium vestes, coronas de perlis et frixiis vel gramitas vel fibraglas contra formam huius statuti et de pena sartorum et aurificum venientium contra formam huius statuti» et
aliud est sub rubrica «De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse» et aliud est
sub rubrica «Quod ultra viginti homines non possit aliquis ducere ad aliquam disponsandam» et aliud est sub rubrica «Quod ex parte mulieris que debuerit disponsari non habeantur ultra viginti homines» et aliud est sub rubrica «Quod ultra viginti homines non invitentur alicui desponsationi» et aliud est sub rubrica «Quod
nullus ad desponsationem accedat nisi fuerit invitatus» et aliud est sub rubrica «De
scribendis hiis qui debuerint interesse desponsationi» et aliud est sub rubrica «De
nive vel remulo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis» infrascriptis diebus festivis per civitatem Bononie et ecclesias
dicte civitatis secundum formam dictorum statutorum, ordinamentorum et provisionum contra omnes et singulas personas que contra predicta vel aliquod predictorum facerent vel fecissent in aliqua parte dictorum statutorum, ordinum et provisionum vel alicuius eorum.
Hii sunt testes examminati die dominico kalendarum maii super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Francischi de Bononia.
Albertus Iacomini cappelle Sancti Ysaie testis iuratus de veritate dicenda, examminatus super dicta inquisitione diligenter, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Michelinus Michelis cappelle Sancti Leonardi testis iuratus de veritate dicenda, examminatus super dicta inquisitione sibi lecta, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Bencivennis Albertini cappelle Sancte Lucie testis iuratus dicere veritatem, die
predicta ante dictam ecclesiam examminatus super dicta inquisitione sibi lecta, dixit se inde nichil scire.
Semprebene domini Alberti cappelle Sancti Andree testis iuratus dicere veritatem, die predicta ad ecclesiam Sancti Dominici de Bononia examminatus super
dicta inquisitione sibi lecta, dixit se nichil inde scire.
Ventura Iohannis cappelle Sancti Bartoli testis iuratus dicere veritatem, die predicta ad ecclesiam Sancti Dominici predicti examminatus super dicta inquisitione
sibi lecta, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Die dominica octava maii.
Iannellus Dondidei cappelle Sancti Iorii testis iuratus dicere veritatem, ad ecclesiam Sancti Petri de Bononia examminatus super dicta inquisitione sibi vulgariçata,
dixit se nichil scire de contentis in ea.
Bectinus ser Iacomi Spiglati cappelle Sancti Georgii testis iuratus dicere veritatem, ad dictam ecclesiam examinatus super dicta inquisitione ei exposita, dixit se
nichil scire de contentis in ea.
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Legislazione suntuaria
Gherardus Pagani cappelle Sancti Ambrosii testis iuratus de veritate dicenda, ad
ecclesiam Sancti Bartoli in palatio examminatus super dicta inquisitione ei exposita, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Gilius Bolongnipti cappelle Sancti Benedicti testis iuratus de veritate dicenda,
ad dictam ecclesiam examminatus super dicta inquisitione eidem vulgariçata, dixit
se nichil scire de contentis in ea.
Die dominica quintadecima maii.
Pierus Gherardi cappelle Sancti Alberti testis iuratus dicere veritatem, examminatus super dicta inquisitione sibi vulgariçata ad ecclesiam Sancti Martini de Avisa,
dixit se nichil scire de contentis in ea.
Iohannes Bolongnipti cappelle Sancti Alberti testis iuratus dicere veritatem,
examminatus dicta die super dicta inquisitione sibi exposita ad ecclesiam Sancti
Martini predicti, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Rambaldus domini Ramberti cappelle Sancti Andree testis iuratus dicere veritatem, die predicta ante ecclesiam Sancti Petri et examminatus super dicta inquisitione sibi lecta, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Balduccius Ilderini cappelle predicte testis iuratus de veritate dicenda super dicta inquisitione et examminatus super ea sibi lecta ad dictam ecclesiam dicta die, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Bictinus ser Iacobi cappelle Sancti Iorii testis iuratus dicere veritatem super dicta inquisitione, examminatus super ea diligenter ad ecclesiam predictam dicta die,
dixit se nicchil scire de contentis in ea.
Die nonodecimo maii ad festum Assensionis ad ecclesiam Sancti Michaellis de
Bosco.
Barthalomeus Iohannis cappelle Sancti Michaellis testis iuratus ad dictam ecclesiam super dicta inquisitione, examminatus super ea, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Michele Thommasi cappelle Sancti Viti testis iuratus dicere veritatem ad dictam
ecclesiam, examminatus ad dictam ecclesiam dicta die super dicta inquisitione, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Die dominica vigesimasecunda maii.
Iacominus ser Raynerii cappelle Sancti Ysaie testis iuratus dicere veritatem,
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Iohannis sive monasterium suum, iuratus dixit se nichil scire de contentis in ea.
Pierus Stefani dicte cappelle Sancti Ysaie testis iuratus dicere veritatem, ante
dictam ecclesiam dicti Sancti Iohannis dicta die super dicta inquisitione examminatus, dixit se nicchil scire de contentis in ea.
Grimaldus Arloccini cappelle Sancti Ysaie testis iuratus dicere veritatem, dicta
die ad dictam ecclesiam examminatus super dicta inquisitione, dixit se nichil scire
de contentis in ea.
Stefanus Bonacursi cappelle Sancti Ysaie testis iuratus dicere veritatem, dicta die
ad dictam ecclesiam examminatus super dicta inquisitione, dixit se inde nil scire.
Die dominico vigesimonono maii.
Bertus Peçini cappelle Sancte Marie maioris testis iuratus dicere veritatem,
Bologna
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examminatus ad dictam ecclesiam Sancte Marie super dicta inquisitione, dixit se nil
scire de contentis in ea.
Bonaventura Gilioli cappelle predicte testis iuratus dicere veritatem, ad dictam ecclesiam examminatus super dicta inquisitione, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Salustius Gherardi cappelle Sancti Felicis testis iuratus dicere veritatem, examminatus dicta die ad ecclesiam Sancti Francisci super dicta inquisitione, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Orsellus Iacobini cappelle Sancti Braxii testis iuratus dicere veritatem dicta die
ad dictam ecclesiam Sancti Francisci, et examminatus super dicta inquisitione, dixit
se nichil scire de contentis in ea.
Die kalendarum iunii ad festum Sancti Proculi.
Iohannes Alberti cappelle predicte testis iuratus dicere veritatem super dicta inquisitione et examminatus super ea, dixit se inde nichil scire.
Iacomus Albertini cappelle Sancte Christine testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione, dixit se inde nichil scire.
Die dominico quinto iunii.
Ugolinus Iacomini cappelle Sancti Thomasi testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Martini de Avisa, dixit se
nicchil scire de contentis in ea.
Thomasinus Petri cappelle Sancti Bartoli testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Martini predicti, dixit se inde
nichil scire.
Guilielmus Iohannis cappelle Sancti Bartoli testis iuratus dicere veritatem et
examminatus dicta die ad ecclesiam Sancti Bartoli super dicta inquisitione, dixit se
inde nichil scire.
Colus fratris Prosperini dicte cappelle testis iuratus dicere veritatem et examinatus dicta die ad dictam ecclesiam super dicta inquisitione, dixit se inde nichil scire.
Die dominico duodecimo iunii.
Niccolaus Amidei cappelle Sancti Iuliani testis iuratus dicere veritatem et examminatus ad ecclesiam Servorum sancte Marie super dicta inquisitione, dixit se inde
nichil scire.
Lapus domini Iuntini notarii cappelle Sancti Braxii testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ante dictam ecclesiam Servorum sancte Marie, dixit se inde nichil scire.
Gregorius ser Iohannis cappelle Sancte Marie maioris testis iuratus dicere veritatem ad dictam ecclesiam Sancte Marie maioris et ibidem examinatus super dicta inquisitione, dixit se inde nichil scire.
Gilius Aldibrandini de Argellata dicte cappelle testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ante dictam ecclesiam Sancte Marie maioris,
dixit se nichil scire de contentis in ea.
Die dominica nonadecima iunii.
Balduccius Alderini cappelle Sancti Salvatoris testis iuratus dicere veritatem et
examminatus ad ecclesiam Sancti Petri super dicta inquisitione, dixit se nicchil scire
de contentis in ea.
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Legislazione suntuaria
Michele domini Petriçoli cappelle Sancti Thome testis iuratus dicere veritatem
et examminatus ad ecclesiam Sancti Petri super dicta inquisitione, dixit se nicchil
scire de contentis in ea.
Franciscus Borghesini cappelle Sancti Lunardi testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Domini die predicta, dixit se inde nichil scire.
Iacomus Malanecti cappelle Sancti Iohannis in Monte testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione dicta die ad dictam ecclesiam, dixit
se inde nichil scire.
Die dominico vigesimosexto iunii.
Dinadamus de Gogiadinis cappelle Sancti Michaellis de Lebroseto testis iuratus
dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Bartoli porte Ravennatis, dixit se nicchil scire de contentis in ea.
Iacominus Albertini cappelle Sancti Thome testis iuratus dicere veritatem et
examminatus ad ecclesiam Sancti Bartoli super dicta inquisitione, dixit se nichil
scire de contentis in ea.
Bertone fratris Iohannis cappelle Sancti Thome testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione dicta die ad ecclesiam Sancti Thome, dixit se
nil scire de contentis in ea.
Thomasinus Iacomini cappelle Sancti Thomasi testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Thome, dixit quod nichil
scit de contentis in ea.
Die vigesimonono iunii ad festum sancti Petri.
Dominus Petriççolus Michelis cappelle Sancti Thome testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam, dixit se nil scire de contentis in ea.
Santus domini Antonii cappelle Sancti Iosep testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam, dixit se nicchil scire de
contentis in ea.
Die dominico tertio iulii.
Semprebene ser Alberti cappelle Sancti Andree testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Dominici, dixit se nichil
scire de contentis in ea.
Ventura Iohannis cappelle Sancti Proculi testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Dominici, dixit se nichil scire
de contentis in ea.
Michele Thommasini cappelle Sancti Viti testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Bartoli, dixit se nichil
scire de contentis in ea.
Gualmaccus Foscararii cappelle Sancte Marie de Carrariis testis iuratus dicere
veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Bartoli predictam, dixit se nichil inde scire.
Die dominico decimo iulii.
Ugolinus Martini cappelle Sancti Ysaie testis iuratus dicere veritatem et exam-
Bologna
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minatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam, dixit se nicchil scire de contentis in ea.
Gilius Bolongnicti capelle Sancti Benedicti testis iuratus dicere et examminatus
super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Bartoli in palatio, dixit se nichil scire
de contentis in ea.
Gherardus Pagani cappelle Sancti Ambrosii testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam Sancti Bartoli, dixit se
nicchil scire de contentis in ea.
Iannellus Dondidii cappelle Sancti Iorii testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Petri dicta die, dixit se nichil
scire de contentis in ea.
Bectinus ser Iacobi Spiglati cappelle Sancti Georgii testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam Sancti Petri, dixit
se nichil scire de contentis in ea.
Die dominico septimodecimo iulii.
Sopramare condam Iacobini cappelle Sancti Siri testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Francisci, dixit se nichil
scire de contentis in ea.
Orsellus Iacobini cappelle Sancti Brasii testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Francisci, dixit se nichil scire
de contentis in ea.
Bonaventura Gilioli cappelle Sancte Marie maioris testis iuratus dicere veritatem
ad ecclesiam Sancte Marie predicte et examminatus super dicta inquisitione, dixit
se nichil scire de contentis in ea.
Petrus Peçini cappelle predicte testis iuratus dicere veritatem ad dictam ecclesiam et examminatus dicta die super dicta inquisitione, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Die vigesimosecundo iulii.
Iacobus Vandi cappelle Sancte Marie Matalene testis iuratus dicere veritatem et
examminatus ad ecclesiam et dicta die ad festum sancte Marie predicte super dicta
inquisitione, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Benvenutus Galdentis cappelle predicte testis iuratus dicere veritatem et examminatus dicta die ad dictam ecclesiam, respondit et dixit se nichil scire de contentis
in ea.
Die dominico vigesimoquarto iulii.
Balduccius Alderini cappelle Sancti Petri testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Petri, dixit se nichil scire de
contentis in ea.
Rambaldus domini Ramberti cappelle Sancti Andree testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Petri, dixit se inde
nichil scire.
Iamboninus Martini cappelle Sancti Sirii testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Columbani, dixit se nichil scire de contentis in ea.
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Legislazione suntuaria
Bonsostengna Iacobi cappelle Sancti Georgii testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Columbani dicta die, dixit se nichil scire inde.
Die lune kalendarum augusti.
Iacobus domini Pieri cappelle Sancte Marie maioris testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Petri, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Iohannes Vandini cappelle Sancti Petri testis iuratus dicere veritatem et examminatus ante dictam ecclesiam super dicta inquisitione, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Bertholomeus Marchesini cappelle Sancte Cecilie testis iuratus dicere veritatem
et examminatus super dicta inquisitione dicta die ad ecclesiam Sancti Martini de
Avisa, dixit quod nichil inde scit.
Guido Alberti Alberti cappelle Sancte Marie de Mascarella testis iuratus dicere
veritatem et examminatus super dicta inquisitione dicta die ad ecclesiam predictam
Sancti Martini, dixit nichil inde se scire.
Nome domini Niccolay cappelle Sancti Fabiani testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione die quinto augusti ad ecclesiam et festum
sancti Dominici, dixit se nil scire inde.
Filippus Bulgari cappelle Sancti Martini de Aposa testis testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione dicta die ad dictam ecclesiam et festum sancti Dominici, dixit quod nichil scit de contentis in ea.
Die dominico septimo augusti.
Iohannes Bonafedis cappelle Sancti Bartoli testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Bartoli, dixit se nicchil
scire de contentis in ea.
Iohannes Biscontini cappelle Sancte Marie de Turrionibus testis iuratus dicere
veritatem et examinatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Bartoli, dixit
se nichil scire de contentis in ea.
Michele Pieri de Argellata testis cappelle Sancte Marie maioris testis iuratus dicere veritatem et examminatus ante ecclesiam dicte Sancte Marie die predicta, dixit
quod inde nichil scit.
Masoptus ser Pieri Mussolini cappelle predicte testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam die dominico septimo
augusti predicto, dixit se inde nichil scire.
Die dominico quartodecimo augusti.
Iohannellus Dondidii cappelle Sancti Iorii testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Petri, dixit se nichil scire
de contentis in dicta inquisitione.
Masus ser Vandini cappelle Sancte Cecilie testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Petri dicta die, dixit se
nichil scire de contentis in ea.
Inghilerius Petri cappelle Sancti Georgii testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Ypoliti dicta die, dixit se nichil
scire de contentis in ea.
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Petrus Iuliani cappelle Sancti Georgii testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione dicta die ad ecclesiam Sancti Ypoliti, dixit se inde nichil scire.
Die lune quintodecimo augusti festivitatis beate Marie.
Gandus domini Iacobi cappelle Sancti Stefani testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Martini de Avisa, dixit se
inde nichil scire.
Salvestrus Corvolini cappelle Sancti Stefani testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione dicta die ad ecclesiam Sancti Martini predicti, dixit quod nichil inde scit.
Die dominico vigesimoprimo augusti.
Monte Guidacchini cappelle Sancti Ysaie testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Dominici, dixit se inde
nichil scire.
Gerardus Çambrasii cappelle Sancti Donati testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Dominici, dixit quod nichil scit de contentis in ea.
Dielay Falecaççe cappelle Sancti Michaellis testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancte Marie Matalene, dixit se
inde nichil scire.
Pierus Iohannini cappelle Sancte Marie predicte testis iuratus dicere veritatem et
examinatus super dicta inquisitione dicta die ad ecclesiam predictam, dixit se inde
nichil scire.
Die vigesimoquarto augusti in festivitate sancti Bartoli.
Niccolaus Bonaiunte cappelle Sancti Sismondi testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Bartoli porte Ravenatis,
dixit se inde nichil scire.
Iulianus Dentacani cappelle Sancti Bartoli testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione dicta die ad dictam ecclesiam, dixit se nichil
scire de contentis in ea.
Die dominico vigesimooctavo augusti.
Iohannes Bonaiuti cappelle Sancti Sismondi testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam dicti Sancti Bartoli, dixit se inde
nichil scire.
Magister Gerardinus magistri Ugoli cappelle Sancti Christofari testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Bartoli
predictam, dixit se inde nichil scire.
Anno Domini millesimo trecentesimo, inditione tertiadecima, die predicta.
Misinus domini Prinçevalli cappelle Sancti Petri testis iuratus dicere veritatem et
examminatus die dominico vigesimooctavo augusti ad ecclesiam Sancti Petri super
dicta inquisitione sibi lecta, dixit se inde nichil scire.
Geremia Castelli cappelle Sancte Marie de Castello testis iuratus suprascripta
die dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam,
dixit se inde nichil scire.
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Legislazione suntuaria
Die dominico quarto septembris.
Guido Ramondi cappelle Sancte Marie maioris testis iuratus dicere veritatem
et examminatus ad ecclesiam Sancti Petri super dicta inquisitione, dixit se inde nichil scire.
Iannolinus Ugolini cappelle Sancti Andree testis iuratus dicere veritatem ad ecclesiam Sancti Petri super dicta inquisitione et examminatus super ea, dixit se inde
nichil scire.
Iacominus Guerrecti de cappella Sancti Laurençii testis iuratus dicere veritatem
et examminatus dicta die ad ecclesiam Sancte Marie maioris super dicta inquisitione et contentis in ea, respondit et dixit se nichil scire de contentis in ea.
Antonius ser Iacomini de cappella Sancti Laurençii testis iuratus dicere veritatem et examminatus ad dictam ecclesiam Sancte Marie super dicta inquisitione, respondit et dixit se inde nichil scire.
Die festivitatis beate Marie de mense septembris.
Guilielmus Benvenuti cappelle Sancti Stefani testis iuratus dicere veritatem et
examminatus ante ecclesiam Servorum beate Marie super dicta inquisitione, dixit
se nichil scire de contentis in ea.
Righeptus Albertini cappelle Sancti Brasii testis iuratus dicere veritatem et
examminatus dicta die ad dictam ecclesiam Servorum beate Marie virginis super
dicta inquisitione, dixit se inde nichil scire.
Die dominico undecimo septembris.
Ugolinus Boniçi de cappella Sancti Ysaie testis iuratus dicere veritatem et examminatus dicta die ad ecclesiam Sancti Francisci super dicta inquisitione, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Laurentius Bertini de cappella Sancte Marie de Caritade testis iuratus dicere veritatem et examminatus ante ecclesiam predictam Sancti Francisci, dixit se inde
nicchil scire.
Bertuccius Iacomini de cappella Sancti Columbani testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Fabiani, dixit se
nicchil scire de contentis in ea.
Bernardinus Benvenuti de cappella Sancti Columbani testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Fabiani, dixit se
nichil scire de contentis in ea.
Die dominico octavodecimo septembris.
Tebaldinus Iohannis cappelle Sancti Stefani testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Stefani, dixit se inde nichil scire.
Iohannes Gherardi cappelle Sancti Brasii testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Stefani, dixit se nichil scire de
contentis in ea.
Guglelmus Aldibrandini cappelle Sancti Iohannis in Monte testis iuratus dicere
veritatem et examminatus super predicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Iohannis
predicti, dixit se nichil scire de contentis in ea.
Ugolinus Aldobrandini cappelle Sancti Iohannis predicti testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam, dixit se inde
nichil scire.
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Die dominico vigesimoquinto septembris.
Petrobonus condam domini Petri de cappella Sancti Martini de Aposa testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti
Martini predicti, dixit se nichil inde scire.
Thommasius ser Guidi de cappella predicta testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam Sancti Martini de Aposa, dixit nichil scire de contentis in ea.
Duccius Martelli cappelle Sancti Stefani testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Stefani predictam, dixit inde
nicchil scire.
Francesschus Iannocti cappelle Sancte Tecchie testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam Sancti Stefani, dixit se
inde nichil scire.
Die dominico secundo octubris.
Bonnatinus Gherardi cappelle Sancti Prosperi testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Francisci, dixit se inde
nichil scire.
Iohannes Raymondini cappelle Sancti Martini testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Francisci, dixit quod inde
nichil scit.
Franceschus Michelis cappelle Sancti Martini de Apoxa testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad dictam ecclesiam Sancti Francisci, dixit se inde nicchil scire.
Thomas Useppi cappelle Sancti Michaellis de Albaris testis iuratus dicere veritatem et examminatus super dicta inquisitione ad ecclesiam Sancti Martini predictam, dixit se inde nichil scire.
Lippus Branchipti cappelle Sancti Stefani testis iuratus dicere veritatem et
examminatus super dicta inquisitione ad predictam ecclesiam Sancti Martini, dixit
se inde nichil scire.
1300, maggio 9 - giugno 4
Inquisizioni
Contra heredes domine Iacope
Die nono maii.
Hec est inquisitio que fit ex officio dicti domini potestatis et sue curie contra
heredes, comissarios et executores infrascripte domine Iacope defunte super eo
quod dicitur quod campane ecclesie Sancte Marie maioris et campane ecclesie
Sancti Petri maioris ecclesie civitatis Bononie die predicta pulsate fuerunt ad martellum pro corpore domine Iacope uxoris domini Bactagluççi de Bactagluççis defunte contra formam statutorum.
Die predicta.
70
Legislazione suntuaria
Guido Baldicciotus cappelle Sancti Useppi testis iuratus de veritate dicenda, receptus, examminatus et diligenter interrogatus super dicta inquisitione, respondit
et dixit quod campane ecclesie Sancti Petri predicte dicta die pulsate fuerunt ad
martellum, sed nescit pro cuius corpore.
Iacobus Laçarini qui moratur in ecclesia Sancti Petri predicta testis iuratus de
veritate dicenda, receptus, examminatus et diligenter interrogatus super dicta inquisitione sibi lecta, respondit et dixit quod campane ecclesie Sancti Petri predicti
dicta die pulsate fuerunt ad martellum et quod nescit pro corpore cuius defunti.
Die predicta.
Ugolinus Melegoctus cappelle Sancte Marie maioris testis iuratus dicere veritatem, receptus, examminatus et diligenter interrogatus super dicta inquisitione, respondit et dixit quod pro corpore ipsius domine Iacope defunte pulsate fuerunt die
predicta campane ecclesie Sancte Marie maioris ad martellum, ad quam ecclesiam
Sancte Marie debet seppelliri corpus ipsius domine Iacobe, et nescit si campane ecclesie Sancti Petri maioris pulsate fuerunt ad martellum.
Die predicta.
Minus domini Rolandini de Divisa testis iuratus de veritate dicenda, receptus,
examminatus et diligenter interrogatus super dicta inquisitione, dixit quod credit
quod campane ecclesie Sancte Marie maioris pulsate fuerunt die predicta pro dicto
corpore ad martellum et idem credit de campanis ecclesie Sancti Petri maioris quod
pulsate fuerint ad martellum.
Iohannes Cambii cappelle Sancti Andree de Plateris testis iuratus de veritate dicenda, receptus, examminatus et diligenter interrogatus super dicta inquisitione,
respondit et dixit quod corpus predicte domine Iacope defunte sepellietur ad dictam ecclesiam Sancte Marie maioris et quod campane ipsius ecclesie pulsate fuerunt dicta die ad martellum, sed nescit pro quo corpore et nescit si pulsate fuerunt
campane ecclesie Sancti Petri.
Die predicta.
Ranerius ser Iacopini de Argellata testis iuratus de veritate dicenda, super dicta
inquisitione et super ea receptus et examminatus et interrogatus, dixit quod dictum
corpus debet sepelliri ad ecclesiam dicte Sancte Marie maioris et credit quod campane ipsius ecclesie fuerint pulsate ad sogam.
Die predicta.
Antonius Vitalis cappelle Sante Marie maioris testis iuratus de veritate dicenda,
receptus, examminatus et diligenter interrogatus super dicta inquisitione, respondit
et dixit quod campane dicte ecclesie Sancte Marie maioris dicta die pulsate fuerunt
cum martello pro dicto corpore dicte domine Iacobe defunte.
Die predicta.
Ceccus ser Çaccarie cappelle dicte ecclesie Sancte Marie maioris iuratus dicere
veritatem, receptus, examminatus et diligenter interrogatus super dicta inquisitione
sibi lecta et exposita, respondit et dixit campane ecclesie dicte Sancte Marie maioris
pulsate fuerunt ad martellum dicta die pro corpore predicte domine Iacobe defunte.
Die predicta.
Dinus quondam Çaccarie testis iuratus de veritate dicenda, super dicta inquisitione examminatus et diligenter interrogatus super dicta inquisitione, respondit et
Bologna
71
dixit quod campane ecclesie Sancti Petri maioris suprascripti die predicta pulsate
fuerunt ad martellum, sed nescit pro quo corpore.
Bonianinus Aderardi testis iuratus de veritate dicenda, receptus et interrogatus
super dicta inquisitione, respondit et dixit quod campane Sancti Petri predicti dicta
die pulsate fuerunt ad martellum, sed nescit pro quo corpore.
Die vigesimo maii.
Bactagluççius domini Petroboni de Bactagluççis cappelle Sancte Marie maioris
iuratus de veritate dicenda coram vicario suprascripto, examminatus et interrogatus
ad bancum malleficiorum in palatio veteri super dicta inquisitione et contentis in
ea, dixit et confessus fuit quod ipse est heres suprascripte domine Iacobe olim uxoris sue et quod corpus eius sepultum fuit ad ecclesiam Sancte Marie maioris tempore in dicta inquisitione contento, et dixit quod ipse non fecit pulsari campanas ipsius ecclesie Sancte Marie maioris et quod donnus Pace frater eius naturalis est canonicus dicte ecclesie Sancte Marie et nescit si pulsari fecit ipsas campanas, et quod
ipse nescit nec credit quod pulsate fuerint ad martellum.
Qui Bactagluççius promisit stare mandatis dicti domini potestatis et sue curie
seu solvere omnem condemnationem que eo fieret occasione predicta.
Iacobus domini Ugolini Alberti cappelle Sancte Marie maioris fideiussorem pro
eo et cetera approbatus per Lombardum approbatorem dicti comunis.
Die vigesimoprimo maii.
Dicto Bactagluççio datus et assignatus fuit terminus quactor dierum ad omnem
suam defensionem faciendam de predictis.
Die vigesimooctavo maii.
Dicto Bactagluççio presenti et petenti data est secunda dilatio dierum trium ad
suam defensionem faciendam de predictis.
Die vigesimooctavo maii.
Intendit probare Bactagluççius filius domini Petroboni de Bactagluççis ad sui
defensionem super eo quod inquisitum est contra eum per dictum dominum potestatem et eius curiam ipsum fecisse sive fieri fecisse pulsari campanas ad martellum tempore mortis domine Iacobe condam uxoris dicti Bactagluççi.
Im primis quod domina Alpexana filia domini Iohannis Cambii est uxor domini Petroboni de Bactagluççis et eam retinuit pro sua uxore iam sunt triginta anni et
ultra ornatam indumentis ut alii cives tenent uxores eorum.
Item quod Bactagluççius predictus est filius predicti domini Petroboni et predicte domine Alpexane et quod natus fuit ex predictis.
Item quod predictus dominus Petrobonus et dicta domina Alpexana retinuerunt dictum Bactagluçium pro eorum filio toto tempore vite dicti Bactagluççi ut
alii tenent suos filios pro filiis, vocando eum suum filium et ipse vocando eum
suum patrem.
Item quod de predictis omnibus et singulis est publica vox et fama.
Porrecta fuit dicta intentio dicto vicario ad bancum pallatii veteris dicta die.
Die trigesimo maii.
Retulit Petrus Iohannis numptius comunis citasse et invenisse et pignorasse dominum Robacontem de Pançonibus, dominum Cambium domini Ugolini Osberti,
72
Legislazione suntuaria
dominum Nigrino Petri de Galleria, dominum Raynerium Iacobini de Argellata,
testes quos producit dictus Bactagluççius super dicta intentione ut dicta die compareant coram dicto vicario ad perhibendum testimonium super ipsa intentione et ad
iurandum ipsam attestationem bene et legaliter perhibere et cetera.
Dicta die.
Predicti testes coram dicto vicario presente dicto Bactagluççio iuraverunt corporaliter ad sancta Dei evangelia tacto libro eorum attestatione bene et legaliter facere
et cetera.
Die secundo iunii.
Dominus Nigrus Petri testis predictus iuratus ut superius, contra receptus, examminatus et diligenter interrogatus super primo articulo dicte intentionis, respondit
et dixit quod domina Alpesana filia domini Iohannis Cambii est uxor domini Petroboni de Bactagluççis et eam retinuit pro sua uxore iam sunt triginta anni et ultra ornatam indumentis et aliis ornamentis ut alii cives tenent uxores eorum. Interrogatus
quomodo scit, respondit visu quia iam stetit cum eo.
Item interrogatus super secundo articulo dicte intentionis, respondit et dixit quod
Bactagluççius predictus est filius predicti domini Petroboni et predicte domine Alpexane et quod natus fuit ex eis. Interrogatus quomodo scit, respondit quia ita censetur
et habetur per homines contrate ipsius et per cognoscentes eum et quia ita tenetur ab
omnibus personis et quia erat in domo in qua natus fuit dictus Bactagluççius.
Item interrogatus super tertio articulo dicte intentionis, respondit et dixit quod
predictus dominus Petrobonus et dicta domina Alpexana retinuerunt dictum Bactagluççium pro eorum filio toto tempore vite dicti Bactagluççi ut alii tenent suos filios pro filiis, vocando eum suum filium et ipse vocando eum suum patrem. Interrogatus quomodo scit, respondit visu et auditu.
Item interrogatus super ultimo articulo dicte intentionis, respondit et dixit
quod de predictis omnibus et singulis est publica vox et fama. Interrogatus quomodo scit, respondit auditu, et dixit quod non testificatur hodio, amore, pretio vel
precibus et quod non spectat ad eum de predictis dampnum vel lucrum.
Die predicta.
Ranerius domini Iacopini de Argellata testis iuratus ut superius, contra examminatus et interrogatus super primo articulo dicte intentionis, respondit et dixit quod
domina Alpexana filia domini Iohannis Cambii est uxor domini Petroboni de Bactagluçis et eam retinuit pro sua uxore iam sunt triginta anni et ultra ornatam indumentis et aliis ornamentis ut alii cives tenent uxores eorum. Interrogatus quomodo
scit, respondit visu et quia eorum vicinus est.
Item interrogatus super secundo articulo dicte intentionis, respondit et dixit
quod Bactagluççius predictus est filius predicti domini Petroboni et predicte domine Alpesane et quod natus fuit ex predictis. Interrogatus quomodo scit, respondit
quia sic retinetur et dicitur ob omnibus eorum cognoscentibus.
Item interrogatus super tertio articulo dicte intentionis, respondit et dixit quod
predictus dominus Petrobonus et dicta domina Alpexana retinuerunt dictum Bactagluççium pro eorum filio toto tempore vite dicti Bactagluççi ut alii tenent suos filios pro filiis, vocando eum suum filium et ipse vocando eum suum patrem. Interrogatus quomodo scit, respondit visu et auditu.
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Item interrogatus super ultimo articulo dicte intentionis, respondit quod de
predictis omnibus et singulis est publica vox et fama. Interrogatus quomodo scit,
dixit quia publice dicitur, et dixit quod non testificatur hodio et cetera.
Die predicta.
Dominus Cambius domini Ugolini Osberti testis iuratus ut superius, contra receptus et examminatus super primo articulo dicte intentionis sibi lecte, respondit et
dixit quod domina Alpesana filia domini Iohannis Cambii est uxor domini Petroboni de Bactagluçis et retinuit pro sua uxore iam sunt triginta anni et ultra ornatam
indumentis et aliis ornamentis ut alii cives tenent uxores eorum. Interrogatus quomodo scit, respondit visu et quia vidit eam desponsari.
Item interrogatus super secundo articulo dicte intentionis, respondit et dixit
quod dictus Bactagluççius est filius predicti domini Petroboni et predicte domine
Alpexane et quod natus fuit ex predictis. Interrogatus quomodo scit, respondit quia
sic reputatur et nominatur ab omnibus qui eum cognoscunt.
Item interrogatus super tertio articulo dicte intentionis, respondit et dixit quod
predictus dominus Petrobonus et dicta domina Alpexana retinuerunt dictum Bactagluccium pro eorum filio toto tempore vite dicti Bactagluçi ut alii tenent suos filios pro filiis, vocando eum suum filium et ipse vocando eum suum patrem. Interrogatus quomodo scit, respondit visu et auditu.
Item interrogatus super ultimo articulo dicte intentionis, respondit et dixit
quod de predictis omnibus et singulis est publica vox et fama. Interrogatus quomodo scit, dixit auditu, et dixit quod non testificatur hodio et cetera.
Die quarto iunii.
Dominus vicarius ad bancum malleficiorum in palatio veteri presente et petente
dicto Bactagluçio pronumptiavit testes predictos et testes super inquisitione contra
Bactagluççium facta receptos et eorum dicta et totum dictum processum fore aperta, lecta et publicata.
1304, maggio 18 e giugno 5
Riformagioni
Riformagione relativa al funerale di Lambertino Ramponi
In primis quid placet dicto consilio providere super infrascripta posta seu petitio
cuius tenor talis est. Cum dominus Lanbertinus Ranponus doctor legum sit mortuus, suplicatur vobis domino capitaneo, ançianis et consulibus populi Bononie
quod vobis placeat proponere in consilio populi et in eo facere reformationem
quod non obstante statuto quod loquitur sepulturis et obsequiis mortuorum civium civitatis Bononie possit super sepulturam ipsius domini Lanbertini expendi
ad voluntatem filiorum ipsius, et quod domini potestas et capitaneus possint personaliter cum earum familiis sine pena ire ad osequia ipsius, et quod cera in ceriis,
dupleriis et candelis et aliis rebus vetitis per statuta comunis possint esse ad voluntatem heredum ad hoc ut honorifice possit sepeliri non obstantibus aliquibus statutis et cetera.
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Legislazione suntuaria
In reformatione cuius consilii facto partito per dictum dominum capitaneum
de sedendo ad levandum et etiam ad scrutinium cum fabis albis et nigris datis hominibus dicti consilii per banitores comunis et populi Bononie et restitutis per eos
fratribus Heremitanis Sancti Iacobi strate Sancti Donati et numeratis per duos ex
ançianis et consulibus populi Bononie in presentia dictorum fratrum et dicti consilii placuit ponentibus fabas albas qui fuerunt numero trecentiduodecim quod suprascripta posta que incipit «Cum dominus Lanbertinus Ranponus doctor leguum
sit mortuus» et cetera sit firma, valeat et teneat in omnibus et per omnia prout
scripta est et lecta fuit in presenti consilio non obstantibus aliquibus statutis, ordinibus, provisionibus et reformationibus comunis et populi Bononie, nigre in contrarium fuerunt decem et octo.
Riformagione relativa a spese funerarie a carico del comune
Item quid placet dicto conscilio providere et firmare. Cum hoc sit quod per
quindecim sapientes pro quolibet quarterio eletti per ançianos et consules presentes
fuerit deliberatum, provisum et firmatum quod per dominos potestatem, capitaneum, ançianos et consules populi Bononie et per comune Bononie honorificeretur
et honor fieret corpori et sepulture domini Lamfranchi de Rangonibus qui de hoc
seculo transmigravit et quod expensis dicti comunis eius corpus honorificetur et sepiliatur et quod super ipsa sepultura exspendantur centum libras bononinorum de
pecunia et avere comunis Bononie, quid placet dicto conscilio providere et firmare
quod dominus Bonbolongnus de Pegolottis generalis depositarius averis comunis et
pecunie Bononie possit, teneatur et debeat dare et solvere et solutionem facere sine
suo preiuditio et gravamine de omni pecunia et avere dicti comunis que est vel erit
penes eum quacumque de causa fratri Mattheo de Saliceto centum libras bononinorum expensas iam in sepultura dicti domini Lamfranchi secundum formam provixionis et deliberationis et firmationis dictorum ançianorum et consulum et sapientum, quas quidem centum libras bononinorum dictus frater Mattheus de Saliceto dicta de causa dicto comuni mutuaverat non obstantibus aliquibus statutis et
cetera.
Item facto partito per dictum dominum capitaneum eodem modo ut supra de
sedendo ad levandum et ad scruptinium cum fabis albis et nigris placuit ponentibus fabas albas qui fuerunt numero ducentitrigintaotto quod posta seu prepositio
superius scripta que incipit «Item quid placet dicto conscilio providere et firmare.
Cum hoc scit quod per quindecim sapientes pro quolibet quarterio elettos per ançianos et consules presentes fuerit deliberatum, provisum et firmatum quod per dominos potestatem, capitaneum, ançianos et consules populi Bononie et per comune
Bononie honorificetur et honor fieret corpori et sepulture domini Lanfranchi de
Rangonibus» et cetera sit firma, valeat et teneat et effectui demandetur in omnibus
et per omnia ut superius in ea continetur et quod dictus frater Mattheus de Saliceto
dicta occasione aliqua ratione vel causa non possit sindicari, agravari, inquietari,
Bologna
75
molestari nec condempnari per aliquos officiales comunis vel populi Bononie, illi
vero qui posuerunt fabas nigras in contrarium fuerunt numero LXIII.
1335
Statuti
Incipit tractatus de variis et extraordinariis criminibus pertinentibus ad notarium domini potestatis deputatum super coronis et vestimentis dominarum et alliis infrascriptis, et primo
De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse. Rubrica32
De penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel ensenia mitentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica33
Item statuimus quod nulla persona de civitate Bononie vel burgis34 ad exequias alicuius persone mortue ad domum persone mortue debeat desmantare vel plorare clamando vel vociferendo nec sibi manus percutere ad domum mortui vel mortue vel eundo vel
reddeundo ad ecclesiam. Item quod nulla mulier que sit coniuncta vincullo parentele
mortuo vel mortue, venire debeat extra domum nec ad ecclesiam cum mortuo, seu post
mortuum, vel ante quod sepultus fuerit mortuus vel mortua quando portabitur et si
quis vel si qua contrafecerit condempnetur in XXV libris bononinorum pro qualibet vice
et quilibet possit accusare et denuntiare et habeat medietatem banni. Item quod ad funus alicuius defuncti non debeant portari nisi ultra quam quatuor cerei de libra quilibet ad plus et candelle necessarie et tres cruces ad plus. Et si contrafactum fuerit,
qui fuerit heres eius condempnetur in vigintiquinque libris bononinorum. Item
quod nulla mullier mortua portari debeat ad sepulturam cum facie discuperta et quicumque eam portaverit condempnetur in XXV 35 libris bononinorum. Item quod, post-
32
Vedi 1288. Statuti, De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse.
Collazionato con:
1352. Statuti, De penis plorantium seu desmantantium ad exequias mortuorum vel ensenia mictentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica.
1357. Statuti, De penis plorantium seu se desmatantium ad exequias mortuorum vel ensenia mictentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica.
In corsivo le parti in comune con 1288. Statuti, De penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel emxenia mittentium et de modo servando in exequiis
mortuorum. Rubrica.
34
burgis] suburbiis 1352.
35
XXV] tribus 1352, 1357.
33
76
Legislazione suntuaria
quam fuerit sepultum corpus, nulla persona se debeat congregare sedendo ad domum defuncti et redditu facto ab ecclesia, incontinenti se debeant separare, nisi essent pater, frater aut fillius vel allius sibi coniunctus usque in quartum gradum, vel nisi esset de vicinis eius. Et quicumque contrafecerit condempnetur pro qualibet vice in centum solidis
bononinorum. Item quod ad corpus alicuius non debeant portari aliqua dlopleria vel
teneri in domo aut in ecclesia acensa sub eadem pena36.
Item dicimus quod postquam defunctus vel defuncta traditus vel tradita fuerit
sepulture et homines qui adfuerint sepulture redierint ad domum in qua morabatur
defunctus vel defuncta, quod omnes mullieres que fuerunt ad exequias defuncti vel
defuncte incontinenti discedere debeant a domo defuncti vel defuncte, ita quod nulle ibi
remaneant, nisi fuerit mater vel novercha vel soror vel fillia vel socrus vel cognata vel
fillia fratris vel sororis defuncti vel defuncte vel viduate, sub pena decem librarum
bononinorum pro qualibet, que ultra predictas remanserit, de dote sua solvenda. Et
dominus potestas procuret quod cum domino eppiscopo quod tales mullieres
contrafacientes denuntientur in paschalibus diebus in ecclesiis excomunicate.
Prohibemus etiam quemlibet mortuum sepeliri vestitum de scarleto, sub pena centum37
librarum bononinorum pro qualibet vice heredibus mortui. Item quod nullus debeat
arengare ad aliquod corpus seu ocaxione alicuius defuncti comendando defunctum vel
aliqua allia exponendo in modum arengandi. Item quod nullus ducat secum ad aliquod
corpus defuncti ultra octo homines ad plus per se vel allium, modo aliquo vel ingenio,
computata persona ducentis, pena et banno vigintiquinque38 librarum bononinorum
ei qui duceret et cuilibet qui duceretur ad corpus ultra dictum numerum centum39
solidorum bononinorum pro quolibet et qualibet vice, exceptis societatibus artium et
armorum 40 et societatibus fraternitatum. Item quod nullus civis faciat venire
comitatinos aliquos seu rustichos pro comuni vel singullariter ad aliquod corpus
seppelliendum vel plorandum sive ad domum suam, pena et banno centum41 librarum
bononinorum cuilibet comuni, et cuilibet venienti vigintiquinque 42 librarum
bononinorum, et successoribus defunti centum43 librarum bononinorum. Salvo quod
coniuncti vincullo parentele usque ad quartum gradum possint venire. Item
prohybemus omnibus habere in exequiis seu sepultura allicuius ultra numerum viginti
clericorum inter religiossos et secullares vel religiossos tantum vel seculares tantum,
36
1352, 1357 aggiungono Item dicimus quod nullum funus seu cadaver possit sociari,
nisi usque ad hostium vel ianuam ecclesie ubi sepeliri debet et, cum ibi fuerit, incontinenti
astantes et sociantes recedant et portantes intrent ecclesiam et ibi stare quousque corpus traditum fuerit sepulture et hoc sub pena cuilibet contrafacienti quinque librarum bononinorum.
37
centum] vigintiquinque 1352, 1357.
38
vigintiquinque] quinque 1352, 1357.
39
centum] viginti 1352, 1357.
40
1352, 1357 omettono artium et armorum.
41
centum] vigintiquinque 1352, 1357.
42
vigintiquinque] quinque 1352, 1357.
43
centum] vigintiquinque 1352, 1357.
Bologna
77
si contingat defunctum sepelliri ad ecclesiam sive capellam suam. Et si contingerit
sepeliri ad alliam ecclesiam vel capellam, tunc ultra dictum numerum viginti, liceat
habere illos sacerdotes vel religioxos vel cllericos qui sunt de ecclesia ubi sepelietur et
illos qui sunt de capella seu ecclesia mortui, sub pena heredibus vel successoribus
defuncti vigintiquinque librarum bononinorum. Et quilibet possit accusare et
denunciare, medietas cuius banni sit accusatoris et allia comunis, et teneatur in
credenciam denunciator. Et super predictis omnibus et singullis dominus potestas possit
et teneatur inquirere per se vel per tabellionem quem deputaverit ad predicta et per
famam et per aspectum, per probationes, inditia et presumptiones et quolibet allio modo
quo mellius fieri poterit, mitendo tabellionem personaliter, publice et secrete ad exequias
mortuorum, qui notarius refferat contrafacientes et ipsos puniat potestas predictis penis.
Item quod nullus portet vel mitat aliqua exenia cruda vel cocta ad domum olim alicuius mortui vel suorum assendentium vel dessendentium vel heredum nec ad alliam
domum in fraudem, vel recipiat antequam corpus tradatur sepulture, vel etiam post
per octo dies.
Nec etiam possit esse in prandio vel in cena cum sucessoribus vel aliquibus assendentibus vel descendentibus persone defunte infra terminum decem dierum, exceptis agnatis vel cognatis defunte persone proximis usque ad sestum gradum incluxive; et etiam exceptis vicinis, de quibus, inter omnes, possint esse numero sex et
non ultra qualibet vice, excepta famillia defuncti, pena cuilibet mitenti et cuilibet
recipienti et cuilibet existenti in prandio vel in cena contra predictam formam, vigintiquinque44 librarum bononinorum. Et predicta et quodlibet predictorum faciat
dominus potestas publice preconiçari infra quindecim dies ab introytu regiminis
ipsius potestatis; et eos, quos repererit contrafacientes, punire in penis predictis teneatur, sub pena centum librarum bononinorum. Salvo quod predicta non inteligantur in exequiis millitum vel doctorum vel advocatorum iuris civillis vel canonici
vel doctorum medicine vel uxorum eorum, vel patrum45 vel matrum ipsorum vel
alicuius eorum. Addicientes quod ad exequias alicuius civis vel habitatoris civitatis
Bononie vel ad ecclesias pro ipsius exequiis, ire non debeant dominus potestas vel
dominus capitaneus populli Bononie vel alicuius eorum familie vel ançiani et consulles populli Bononie, durantibus eorum officiis, nisi esset eppiscopus Bononie vel
allius eppiscopus vel maior prelatus seu baro; nec tunc nisi hoc firmatum fuerit per
dominum capitaneum, ançianos et consulles populli Bononie qui pro tempore fuerint46, sub pena contrafacientibus quingentarum librarum bononinorum pro quolibet et qualibet vice.
44
vigintiquinque] quinque 1352, 1357.
patrum] parentum 1357.
46
dominum … fuerint] dominum capitaneum et locum tenentem domini nostri 1352]
prefatum dominum nostrum 1357.
45
78
Legislazione suntuaria
De pena facientium maiumam, comitem vel comitissam. Rubrica47
De pena portancium ornamenta. Rubrica48
Volentes obviare vanitatibus mundi, ex quibus hominum corda ad interiorem
labem, et inhonesta plerumque flectuntur, et ne etiam hominum burse per intolerabilles et inmoderatas vacuentur expenssas, hac editali lege in perpetuum valitura
mandamus, quod nulla persona, cuiuscumque status aut conditionis existat, possit
vel debeat de ceptero portare ad aliquod vestimentum vel in capite aliquod ornamentum de auro vel de argento, videlicet frixos, chanellas, flubetas, cordellas, botonçellos aut margaritas sive perlas, nacharas, smaltum, coralium, ambras, cristallos,
çemas aut aliquos lapides preciossos vel aliquod aliud ornamentum de auro vel de
argento cuiuscumque generis, speciei, qualitatis aut forme existat49, salvo quam maspillos de auro vel de argento, quos ei liceat portare ad colum et ad manichas pro
aflubatura, ponderis trium50 unciarum et non ultra pro qualibet veste. Possint tamen mulieres quecumque portare centuram de auro vel argento, precii et extimationis decem librarum bononinorum et non ultra51; et bursam de seta seu siricho,
valoris et extimationis quadraginta solidorum52 bononinorum, vel ab inde infra,
in qua tamen non sit aurum vel argentum sutum vel contestum53, et si qua predictarum personarum contrafecerit, puniatur pro qualibet et qualibet vice, in vigintiquinque54 libris bononinorum. Et quod nulla mulier maior quadraginta annorum55 cuiuscumque status et condictionis existat, de cetero posit vel debeat
portare de die56 caputeum extra domum, patentem caputeum discopertum, seu
capilinam discopertam in capite57, pena cuilibet que contrafecerit, pro qualibet vice, vigintiquinque58 librarum bononinorum. Et quod nulla persona, cuiuscumque
47
Vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam seu comitem vel comitissam. Ru-
brica.
48
Collazionato con:
1352. Statuti, De pena portantium ornamenta. Rubrica.
1357. Statuti, De pena portantium ornamenta. Rubrica.
49
1352, 1357 aggiungono sive ipsi vestimento a latere exteriori super ponere vel suere
varium vel armelinum.
50
trium] quinque 1352, 1357.
51
precii … et non ultra] ponderis quindecim unciarum ad plus 1352, 1357.
52
quadraginta solidorum] trium librarum 1352, 1357.
53
1352, 1357 omettono in qua … contestum.
54
vigintiquinque] quinque 1357.
55
1352, 1357 omettono maior quadraginta annorum.
56
1352, 1357 omettono de die.
57
1352, 1357 aggiungono vel treceriam de auro.
58
vigintiquinque] quinque 1352, 1357.
Bologna
79
status et conditionis existat, de cetero possit vel debeat portare aliquod vestimentum ad intaglum sutum de panis diversorum collorum, excepto quam de medietate per longum equaliter. Et quod aliquod vestimentum alicuius predictorum
non habeat aliquam imaginem vel figuram, seu literas aut cordellas sutas seu contestas de auro. Et quod nulla persona audeat vel presumat portare in dorso vestem
de veluto samito, vel camucato, pena decem59 librarum bononinorum cuilibet
contrafacienti, et pro qualibet vice. Et quod in quolibet predictorum casuum, ubi
dicte mullieres penas ex facto huiusmodi incurerint, teneatur pater pro fillia, avus
pro nepte in potestate existentibus non nuptis, et maritus pro uxore60, ita quod
dimidiam eius quod solverit ipse maritus pro dicta eius uxore61, ipso facto de dote
ipsius lucretur62, et frater pro sorore in domo secum habitante et non nupta, ad
quas penas solvendas predicti et quilibet predictorum quociens contrafactum fuerit, per dominum potestatem civitatis Bononie realiter et personaliter compellantur. Preterea statuentes quod nullus63 aurifex64, civis vel forenssis, in civitate vel
comitatu Bononie de cetero audeat vel presummat aliquod predictorum ornamentorum super ponere alicui vestimento alicuius predictarum personarum. Et
quod nullus sartor vel sartris in civitate vel comitatu Bononie de ceptero audeat
vel presummat aliquod ex vestimentis predictis incidere vel suere, aut aliquem
pannum ad aliquam ex formis ut supra prohibitis, reducere, facere vel construere,
pena cuilibet contrafacienti et pro qualibet vice decem65 librarum bononinorum.
Et quod potestas presens et futurus, seu eius notarius officio coronarum66, teneatur et debeat de predictis dilligenter et efficaciter inquirere67. Et etiam mictere
qualibet festivitate solempni unum ex militibus suis, sive sociis, vel plures, si sibi
videbitur et necessarium fuerit per civitatem Bononie, et specialiter ad eccllesiam
seu eccllesias ubi tale festum cellebrabitur, pro executione omnium predictorum68.
Et contra predicta vel aliquod predictorum facientes punire et condempnare iuxta
penas prescriptas. Ab hiis omnibus excipimus milites et doctores et advocatos iuris canonici vel civilis69 et uxores ac nurus et fillias70 cuiuslibet eorum, salvo quod
non possint dicte uxores portare caputeum vel capilinam patentem, nisi ut supra
59
decem] quinque 1352, 1357.
1352, 1357 aggiungono et nurum in eius familia existente.
61
1352, 1357 aggiungono sive socer pro nuru.
62
lucretur] deducatur 1352, 1357.
63
1352, 1357 aggiungono merçarius vel.
64
1352, 1357 aggiungono aut sartor.
65
decem] quinque 1352, 1357.
66
1352, 1357 omettono officio coronarum.
67
1352, 1357 aggiungono seu inquiri facere.
68
1352, 1357 aggiungono quorum inventioni et relationi credatur et stetur nisi contrarium probaretur.
69
1352, 1357 aggiungono et doctorum medicine.
70
1352, 1357 aggiungono non nuptas.
60
80
Legislazione suntuaria
dictum est71. Additientes quod predicta que de vestibus dicta sunt, non vendicent
sibi locum in vestibus iam factis, quibus supradicte persone uti possint72, usque
ad annum73 a die publicationis presentium statutorum, quas quelibet ex dictis
personis teneatur in scriptis dare vel dari facere notario coronarum74 infra quindecim dies a die proclamationis fiende, allias eis uti non valeant quoquo modo, de
quibus teneatur dictus notarius75 facere unum librum. Quam proclamationem de
omnibus et singullis in presenti statuto contentis, teneatur fieri facere dominus
potestas pressens facta publicatione predicta et qui pro tempore fuerit singullis
duobus mensibus sui regiminis, pena quingentarum librarum bononinorum, inminente dicto domino potestati, non observanti predicta vel aliquod predictorum, eidem tempore sui syndicatus auferenda.
Quod ultra viginti homines non possit aliquis ducere ad desponsandum
mulierem. Rubrica76
Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra viginti
homines77
Quod ultra viginti homines non invitentur alicui disponsationi. Rubrica78
Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica79
71
salvo quod … ut supra dictum est] que possint impune portare maspillos et alia ornamenta de auro vel argento ponderis unciarum vigintiquinque et non ultra pro qualibet veste
et centuram de auro vel argento ponderis unciarum vigintiquinque et non ultra, nec non
varium et ermelinum a latere exteriori vestibus suis pro sue libito voluntatis non obstantibus
supradictis 1352, 1357.
72
1352, 1357 aggiungono sine ornamentis supra prohibitis.
73
annum] quinquenium 1352, 1357.
74
notario coronarum] officiali ad hec deputato 1352, 1357.
75
notarius] officiales 1352, 1357.
76
Vedi 1288. Statuti, Quod ultra XX homines non possit aliquis ducere ad aliquam desponsandam.
77
Vedi 1288. Statuti, Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra XX homines.
78
Vedi 1288. Statuti, Quod ultra XX homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica.
79
Vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica.
Bologna
81
De nive et remollo et alliis rebus prohybitis habere tempore desponsationis
et percussionibus prohybitis80
De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis
predictis81
Preterea dicimus quod ministrales capellarum civitatis Bononie et burgorum
teneantur in scriptis denunciare domino potestati seu eius vicario, omnes et singullos
qui in eorum capellis delinquerent vel facerent contra precedentia statuta, posita sub
rubrica generali que incipit «Incipit tractatus de variis et extraordinariis criminibus
pertinentibus ad notarium domini potestatis vel aliquem eorum» vel in aliquibus
capitullis in eis contentis, infra quinque dies a die qua contrafactum fuerit et ad
noticiam pervenerit vel verisimille sit potuisse pervenire, prout et sicud tenentur
malleficia allia que necessitate sui officii denunciare tenentur, sub pena centum
solidorum82 pro qualibet vice inter ipsos ministralles83 dividenda, ut in statutis de
denunciatione ipsorum malleficiorum continetur. Super quibus denunciationibus ipse
dominus potestas seu eius vicarius teneatur inquirere, etiam non servata forma statuti
de inquisitionibus loquentis; tam per se ipsum quam per notarium domini potestatis
officio coronarum84 et etiam de predictis inquirere sine denunciatione vel accusatione,
eundo85 per contratas et capellas prout expedire videretur et eius invenctioni et
relationi credatur et stetur et pro plena probatione habeatur. Et contra delinquentes
procedatur comparentes vel non, etiam non servata forma statuti de procesibus fiendis
in criminalibus et etiam ad denunciationem seu notifficationem cuiuscumque86.
80 Vedi 1288. Statuti, De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis.
81 Collazionato con:
1352. Statuti, De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis.
1357. Statuti, De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis.
1376. Statuti, De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis. Rubrica.
1389. Statuti, De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis. Rubrica.
1454. Statuti, De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis. Rubrica.
82 centum solidorum] quinque librarum 1389, 1454.
83 ministralles] equaliter solvenda et 1376, 1389, 1454.
84 1352, 1357, 1376, 1389, 1454 omettono officio coronarum.
85 eundo] omni die 1376, 1389, 1454.
86 1376, 1389, 1454 aggiungono Et teneantur dicti ministrales denunciare dicto domino
potestati vel notario vel officiali eius ad hoc deputato vel deputando omnes sponsos et sponsas et diem sponsaliciorum et disponsationis antequam disponsentur et etiam defuntas personas antequam fiant exequie, sub pena cuilibet ministrali quinque librarum bononinorum et
si plures fuerint ministrales in capela ipsa pena predicta inter omnes ipsos pro rata dividatur.
82
Legislazione suntuaria
1352
Statuti
De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse. Rubrica87
De penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel ensenia mictentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica88
De pena facientium maiumam vel comitem vel comitissam. Rubrica89
De pena portantium ornamenta. Rubrica90
Quod ultra viginti homines non possit aliquis ducere ad desponsandum
mulierem. Rubrica91
Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra viginti
homines92
Quod ultra viginti homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica93
Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica94
87
Vedi 1288. Statuti, De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse.
Vedi 1335. Statuti, De penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel ensenia mitentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica.
89 Vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam seu comitem vel comitissam. Rubrica.
90 Vedi 1335. Statuti, De pena portancium ornamenta. Rubrica.
91 Vedi 1288. Statuti, Quod ultra XX homines non possit aliquis ducere ad aliquam desponsandam.
92 Vedi 1288. Statuti, Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra XX homines.
93 Vedi 1288. Statuti, Quod ultra XX homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica.
94 Vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica.
88
Bologna
83
De nive et remollo et aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et
percusionibus prohibitis. Rubrica95
De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis
predictis96
1357
Statuti
Tractatus de variis et extraordinariis criminibus pertinentibus ad notarium
domini potestatis deputatum super coronis et vestimentis dominarum et
aliis infrascriptis
De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse. Rubrica97
De penis plorantium seu se desmatantium ad exequias mortuorum vel
ensenia mictentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica98
De pena facientium maiumam, comitem vel comitissam. Rubrica99
De pena portantium ornamenta. Rubrica100
Quod ultra viginti homines non possit aliquis ducere ad desponsandum
mulierem. Rubrica101
95
Vedi 1288. Statuti, De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis.
96
Vedi 1335. Statuti, De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis.
97
Vedi 1288. Statuti, De pena eius qui portaverit donaria alicui sponse.
98
Vedi 1335. Statuti, De penis plorantium seu se desmantantium ad exequias mortuorum vel ensenia mitentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica.
99
Vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam seu comitem vel comitissam. Rubrica.
100
Vedi 1335. Statuti, De pena portancium ornamenta. Rubrica.
101
Vedi 1288. Statuti, Quod ultra XX homines non possit aliquis ducere ad aliquam desponsandam.
84
Legislazione suntuaria
Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur ultra viginti
homines102
Quod ultra viginti homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica103
Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica104
De nive et remollo et aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et
percusionibus prohibitis. Rubrica105
De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis
predictis106
1365, luglio - 1366, giugno
Multe
Multe in materia suntuaria
In Christi nomine, amen. Anno a nativitate eiusdem millesimo trecentessimo
sexagesimo quinto, indictione tercia. Invenziones facte ac eciam acuse recepte per
me Luchinum condam ser Petri de Panevinis de Cremona notarium deputatum
per magnificum militem dominum Rossum de Riccis de Florenzia honorabilem
potestatem civitatis et districtus Bononie pro Sancta Romana Ecclesia ad officium
corenarum et vinearum diebus menssibus infrascriptis, videlicet tempore sanctissimi in Christo patris et domini nostri domini Urbani divina providencia pape quinti, die primo menssis iullii et cetera.
Die dominico tredecimo iullii.
102
Vedi 1288. Statuti, Quod ex parte mulieris que debuerit desponsari non habeantur
ultra XX homines.
103
Vedi 1288. Statuti, Quod ultra XX homines non invitentur alicui desponsationi. Rubrica.
104
Vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica.
105
Vedi 1288. Statuti, De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis.
106
Vedi 1335. Statuti, De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis.
Bologna
85
Nicolaus Manzolini capelle Sancte Malgarite sive Sancti Archangeli. Inventa fuit
uxor ipsius per me Luchinum de Cremona notarium et officialem infrascriptum
una cum Panza nunzio comunis Bononie cum zertis afublaturis de ariento deaurato
contra formam statutorum comunis Bononie, cui Nicolao statutus fuit terminus ad
omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in libras quinque bononinorum107.
Die eodem.
Bartolomeus merzarius capelle Sancte Marie maioris, eo quia inventa fuit uxor
ipsius Bartolomei cum afublaturis deauratis contra formam statutorum comunis
Bononie per me officialem suprascriptum una cum Panza suprascripto nunzio comunis Bononie, cui Bartolomeo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem
suam defensionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus
libras quinque bononinorum.
Die eodem.
Colus de Recevutis capelle Sancti Nicolay Sancti Felicis, eo quia inventa fuit
uxor dicti Coli cum afublaturis de ariento deaurato per notarium et officialem suprascriptum una cum Panza nunzio comunis Bononie, cui Colo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse
nec aliquis pro eo, condempnatus in libras quinque bononinorum.
Die dominico decimotercio iullii.
Iohannes ser Decii capelle Sancti Fabiani. Inventa fuit uxor ipsius cum afublaturis de ariento deaurato contra formam statutorum comunis Bononie per me officialem suprascriptum una cum Panza nunzio dicti comunis, cui Iohanni statutus fuit
terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit
ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in libras quinque bononinorum.
(…)
Die menssis suprascripto108.
Petrus Nicole de Albergatis capelle Sancte Chatarine de Seragozia. Inventa fuit
uxor ipsius cum afublaturis de ariento deaurato per me Luchinum officialem suprascriptum contra formam statutorum comunis Bononie et per nunzios suprascriptos, cui Petro statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam deffenssionem
faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
(…)
Die vigesimoquinto iullii.
107
Cassato con righe. Nel margine interno: De mandato domini legati vero lecta fuit condempnatio dicti Nicolay ut retulit canzelerius suprascripti domini, quam relationem fecit
mihi notario coram domino potestati dominum Iohannem de Regio militem et sozium dicti domini potestatis die ultimo iullii, presente domino Iohanni de Carmignano et dominum
Tramontanum de Lefusinis iudicem malleficiorum suprascripti domini potestatis et de
mandato dicti domini potestatis canzelata per me notarium suprascriptum ea die et cetera.
108
Si tratta del 17 luglio.
86
Legislazione suntuaria
Petrus aurifex capelle Sancti Martini, cuius uxor inventa fuit per me notarium
et officialem suprascriptum una cum Dominico nunzio comunis ad officium corenarum et vinearum cum zertis afublaturis sive cuculgis contra formam statutorum
comunis Bononie, cui Petro statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam
defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in
libras quinque bononinorum.
(…)
Die III augusti.
Nerius de Cazeptis speziallis capelle Sancti Iohannis in Monte, cuius uxor inventa fuit per me officialem suprascriptum, presentes nunzios ad officium comunis deputatos cum frexios deauratos contra formam statutorum comunis Bononie, cui Neri statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et
nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in libris quinque bononinorum.
Die eodem.
Gabriellus Bartolomei Arighi capelle Sancte Marie porte Ravenatis. Inventa fuit
domina Misina uxor ipsius per me notarium et officialem suprascriptum una cum
numptiis predictis cum cuculgis de ariento deaurato ad manicas contra formam statutorum comunis Bononie, cui Gabriello statutus fuit terminus trium dierum ad
omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die V augusti.
Franzischus Mathioli becharius capelle Sancti Thome de Brayna. Inventa fuit
domina Malgarita uxor ipsius per me notarium et officialem suprascriptum una
cum nunziis comunis ad dictum officium deputatis cum frixios sive cordellas deauratos contra formam statutorum comunis Bononie, cui Franzischo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse
nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum libras quinque
bononinorum.
Die V augusti.
Christofalus Zontini capelle Sancti Georgii de Pozali, cuius inventa fuit uxor ipsius per me officialem antedictum una cum nunziis meis cum cordellis deauratis
contra formam statutorum comunis Bononie, cui Christofalo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse
nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum libras quinque
bononinorum.
Die eodem.
Maginnardus de Chansaldis strazarolus capelle Sancti Thome de Brayna, cuius
uxor inventa fuit per me officialem una cum nunziis predictis cum trezerina de seta
et de auro insimul laborati, videlicet inbisolati, contra formam statutorum comunis
Bononie, cui Maginardo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defensionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam dicti statuti libras quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Betinus de Panzonibus capelle Sancti Syrii, cuius inventa fuit uxor ipsius cum
cuculgis deauratis contra formam statutorum comunis Bononie, cui Betino statutus
Bologna
87
fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, inventa fuit per me officialem una cum nunziis comunis
suprascriptis, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Maxolinus de Lanceis capelle Sancti Columbani notarius domini episcopi Bononiensis. Inventa fuit domina Bartolomea uxor ipsius cum frixios deauratos sive cordellas contra formam statutorum comunis Bononie per me officialem suprascriptum
una cum nunziis suprascriptis, cui Maxolino statutus fuit terminus trium dierum ad
omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum libras quinque bononinorum.
(…)
Die XVII augusti.
Augustinus de Barzelinis capelle Sancti Sigismondi, cuius inventa fuit uxor ipsius
cum botonis de ariento deaurato cum smaltis contra formam statutorum comunis
Bononie per me officialem suprascriptum et nunziis suprascriptis, cui Augustino statutus terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam
fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum libras
quinque bononinorum.
Die dominico XXIIII augusti.
Merchione de Bernardino Bereta pischator capelle Sancti Tomaxii de Brayna,
cuius inventa fuit domina Alena uxor ipsius cum botonis de ariento deaurato cum
smaltis contra formam statutorum comunis Bononie per me officialem et nunzii
suprascripti, cui Merchione statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam
defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Chechus strazarolus capelle Sancte Marie Magdalene, cuius inventa fuit domina
Lucia uxor ipsius cum una chadenella cum smaltis ad unam guarnaziam contra formam statutorum comunis Bononie per me officialem et nunzii suprascripti, cui
Checho statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Chixinellus magister lignaminis capelle Sancti Proculi. Inventa domina Iacoba
uxor ipsius cum una chadenella cum smaltis contra formam statutorum comunis
Bononie per me officialem una cum nunzii suprascripti, cui Chixinello statutus fuit
terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit
ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum libras quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Iohannes Manfredini mulinarius capelle Sancti Iulliani. Inventa domina Iacoba
uxor ipsius cum una chadenella cum smaltis contra formam statutorum comunis
Bononie per officialem una cum nunzii suprascripti, cui Iohanni statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse
88
Legislazione suntuaria
nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum libras quinque
bononinorum.
Die XXVII augusti.
Torus Sandri de Vezo habitator dicte terre inventus super palatio veteris comunis Bononie cum canellis de ariento ad clamidem contra formam statutorum comunis Bononie per officialem et nunzii suprascripti, cui Toro statutus fuit terminus
trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec
aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum libras quinque bononinorum.
(…)
Die VIII setembris.
Iacobus Bonoxonus habitator castri Sancti Iohannis in Persiceto. Inventa fuit
domina Iohana uxor ipsius in dicto castro cum una chadenella arienti deaurati contra formam statutorum comunis Bononie, cui Iacobo statutus fuit terminus sex
dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nulam fecit ipse nec aliquis
pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Dominicus de Chasis habitator castri Sancti Iohannis in Persiceto. Inventa fuit
domina Anthonia uxor ipsius in dicto castro cum cordellis deauratis contra formam
statutorum comunis Bononie per me officialem et nunzium dicti officii, cui Dominico statutus fuit terminus trium dierum vel sex ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die VIII setembris.
Iohannes de Casis habitator castri Sancti Iohannis in Persiceto. Inventa fuit domina Bartolomea uxor ipsius in dicto castro cum cordellis deauratis contra formam
statutorum comunis Bononie per officialem et nunzii suprascripti, cui Iohanni statutus fuit terminus sex dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam
fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Domina Agnesia uxor Petri habitator chastri Sancti Iohannis in Persiceto, inventa in dicto castro per officialem et nunzii suprascripti cum una chadenella de ariento
deaurato contra formam statutorum comunis Bononie, cui Petro sive eius uxori statutus fuit terminus sex dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam
fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Iacobus Donati habitator castri Sancti Iohannis in Persiceto. Inventa domina
Malgarita uxor ipsius in dicto castro per officialem et nunzii suprascripti cum una
chadenella cum smaltis de ariento deaurato contra formam statutorum comunis
Bononie, cui Iacobo statutus fuit terminus sex dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Bartolomeus de Magnanis habitator castri Sancti Iohannis in Persiceto. Inventa
fuit domina Malgarita uxor ipsius in dicto castro per officialem et nunzii supra-
Bologna
89
scripti cum cordellis deauratis contra formam statutorum comunis Bononie, cui
Bartolomeo statutus fuit terminus sex dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nulam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die VIII setembris.
Boatinus de Boatis habitator castri Sancti Iohannis in Persiceto. Inventa domina
Iohana uxor ipsius in dicto castro per officialem et nunzii suprascripti cum frixios
sive cordellas deauratos contra formam statutorum comunis Bononie, cui Boatino
statutus fuit terminus sex dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
(…)
Die XIIII setembris.
Andreas Iuliani Canbii capelle Sancti Leonardi inventus super trivigio porte Ravenatis per officialem et nunzii suprascripti cum botonis de ariento cum smaltis ad
clamidem contra formam statutorum comunis Bononie, cui Andrea statutus fuit
terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit
ipse nec aliquis pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
(…)
Die V otubris.
Dominus Thadeus de Azoguidis militis capelle Sancti […]109 habebat in convivio quod fecit dicta die ad nupzias in quo filiam sororem nuxerunt decem dominas
contra formam statutorum comunis Bononie, facta inventione per ser Iohannem
de Montechatinno notarium et officialem dicti domini potestatis et relacionem factam per dictum ser Iohannem mihi Luchino notario et officiali antedictum, cui domino Tadeo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam
statutorum in libras vigintiquinque bononinorum.
(…)
Die XIII otubris.
Magister Valdesera domini Guillielmi de Confortis capelle Sancti Laurencii porte Sterii inventus in domo ipsius ad nupzias suas quam faciebat in domo sua quinque dominas habere in dicto convivio ultra formam statutorum comunis Bononie,
videlicet habuit in totum quindecim dominas, per me officialem suprascriptum,
cui magistro suprascripto statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam deffensionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum libras vigintiquinque bononinorum.
Die XIII octubris.
Bertolinus Simonis de Ture de Regio hospes capelle Sancti Michaelis de Limbroseto inventus in palacio comunis veteris Bononie per me officialem antedictum cum
canonzellis ad clamidem de ariento, cui Bertolino statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro
eo, condempnatus secundum formam statutorum libras quinque bononinorum.
109
Manca il nome della cappella.
90
Legislazione suntuaria
(…)
Die XVIII otubris.
Iohannes Muzolini qui solebat esse supra custodiis et habitat in burgo Lamarum
capelle Sancti Laurentii porte Sterii. Inventa domina Malgarita uxor ipsius cum frixios de auro ad unam cottam per dictum officialem contra formam statutorum, cui
Iohanni statutus terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam
et nulam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum in libras quinque bononinorum.
(…)
Die primo novembris.
Christofalus de Osmeris forenssis de Papia qui habitat in Bononia circha per
unum annum ut confessus fuit capelle Sancte Lucie. Inventa fuit uxor ipsius per
me officialem cum frixios, smaltos, varium contra formam statutorum comunis
Bononie, cui Christofalo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in libras quinque bononinorum.
Pro quo fidem ser Ugolinus condam Landi capelle Sancte Lucie predicte promisit et cetera respondit et cetera approbata per Maxolinum approbatorem comunis.
Die II novembris.
Franzeschinus quondam Mini de Pisa habitator civitatis Bononie capelle Sancti
Proculi apud Asandrinum Çiponerium dicte capelle inventus per officialem cum
maspillis de ariento cum smaltis ad clamidem contra formam statutorum comunis
Bononie, cui Franzischo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum in libras quinque bononinorum.
Pro quo fidem ser Simon Iohannis capelle Sancti Proculi promisit et cetera respondit et cetera.
Die VIII novembris.
Petrus condam ser Menghi de Crevalchorio inventus super palacio veteris comunis Bononie per me officialem suprascriptum cum maspillos et frixios, videlicet
cordellas de ariento, ad guneam ipsius contra formam statutorum comunis Bononie, cui Petro statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem
faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam dicti statuti in libras quinque bononinorum.
Pro quo fidem Anbrosius condam Petri de Capiziis notarius capelle Sancti Martini de Aposa promisit et cetera respondit et cetera.
Die XI novembris.
Ser Masius Bianchetus capelle Sancti Donati prope dictam ecclesiam apud sartor. Inventa fuit noria ipsius, videlicet uxor Franzischi eius nati, cum maspillis de
ariento deaurato cum smalto super hostium domus sue per me officialem, cui ser
Masio statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam statutorum in libras quinque bononinorum.
(…)
Bologna
91
Die XVI novembris.
Nicolaus condam magistri Marchixini de Mutina hospes et habitator capelle
Sancti Nicolay de Alberis de Bononia ad osspicium Angelli, cuius inventa fuit uxor
ipsius super hostium domus sue cum una chadenella de ariento deaurato contra
formam statutorum per dictum officialem et cetera, cui Nicolao statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse
nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam dicti statuti libras quinque
bononinorum.
Pro quo fidem ser Bonbolognius de Abate capelle Sancti Bartoli porte Ravenatis
promisit et cetera respondit et cetera aprobata et cetera.
Die suprascripto.
Paulus de Romanziis capelle Sancti Zervassii de Bononia, cuius inventa fuit domina Zoana uxor ipsius cum cuculgis de ariento deaurato ad manichas super selegatam fratrum Minorum per dictum officialem contra formam statutorum, cui
Paulo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam dicti
statuti libras quinque bononinorum.
Die dominico XVI novembris.
Guilistanus de Bechadellis capelle Sancti Dominici de Bononia et ministrallis
dicte capelle dicti menssis, constituendo se principallem personaliter per se et soziis
suis ministralibus coram me officiale in eo et super eo quia dictus Guilistanus conduxit ad domum suam filiam domini Thomaxii de Ghixileriis per suam uxorem et
nichil denunziavit mihi officiali predicto antequam ipse Guillistanus conduxerit
predictam uxorem, qui Guilistanus non observavit preceptum seu cridam factam ex
parte domini potestatis iam pluribus diebus elapssis facta per banditorem publicum
comunis Bononie et cetera, videlicet quod nullus debeat sponssare nec sponsari facere nec conducere nec conduci facere aliquam sponssam nisi prius denuncietur
predicto officiali ante predictam disponssationem danti et recipienti, sub pena in
statutis contenta et plus et minus ad voluntatem dicti domini potestatis et cetera,
pro eo condempnatus libras duas bononinorum, cui Guilistano statutus fuit terminus trium dierum ad suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis
pro eo.
Die XXI novembris.
Ser Calorius condam Iohannis de Castagnolo notarius capelle Sancte Cicilie inventus super palacio comunis Bononie per dictum officialem cum maspillis de
ariento cum smaltis ad clamidem contra formam statutorum comunis Bononie, cui
ser Calorio statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus secundum formam
statuti predicti libras quinque.
(…)
Die primo decembris.
Bertolomeus Coluzini de la Seta capelle Sancte Marie de Claviga porte Sancti
Proculi inventus fuit per officialem suprascriptum in palacio veteris comunis Bononie cum maspillis de ariento cum smalto ad clamidem contra formam statutorum
92
Legislazione suntuaria
comunis Bononie, cui Bertolomeo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem
suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in libras quinque bononinorum.
Die VIIII menssis decembris.
Meliadus condam Guilmuzii de Guastavilanis de Bononia et nunc habitator
castri Sancti Iohannis in Persiceto comitatus Bononie inventus fuit cum frixiis sive
cordellis de ariento ad caputeum per dictum officialem contra formam statutorum
comunis Bononie, cui Meliadus statutus fuit terminus trium dierum ad omnem
suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in libras quinque.
Pro quo fidem Azo filio et emanzipatus ser Contri de Guastavilanis capelle
Sancti Isaye porte Sterii promisit et cetera respondit et cetera ut aparet predictam
emanzipacionem per instromentum factum per Bondominicum condam Iohannis
de Cento notarium capelle Sancti Laurencii et stipulatum MCCCLXIII, indictione
prima, die XVIII menssis augusti et cetera per me officialem visa et lecta et cetera.
Die XII decembris.
Anthoniolus de Bentevoliis capelle Sancte Cicilie de Bononia inventus fuit cum
cordellis de ariento ad clamidem per officialem suprascriptum contra formam statutorum comunis Bononie, cui Anthoniollo statuitus fuit terminus trium dierum
ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit legiptimam ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in libras quinque bononinorum.
Die sabati XIII decembris.
Lippus Baroni qui habitat ad Laygunam comitatus Bononie inventus fuit per
officialem suprascriptum cum frixio sive cordella de ariento ad caputeum contra
formam statutorum comunis Bononie, cui Lippo statutus fuit terminus illa die et
sequenti ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis
pro eo, condempnatus libras quinque bononinorum.
Die eodem.
Ansoysius de Lolyano habitator dicti loci comitatus Bononie inventus fuit per
dictum officialem cum cordellis de ariento ad Sanctam Luciam contra formam statutorum comunis Bononie, cui Ansoysio statutus fuit terminus illa die et sequenti
ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo,
condempnatus in libras quinque bononinorum.
(…)
Die XIII decembris.
Ser Mengholus condam Isolani capelle Sancti Michaellis de Linbroseto, cuius
inventa fuit domina Alegne uxor Iohannis filius dicti ser Mengholi cum cuculgiis
de ariento deaurato ad manicas contra formam statutorum comunis Bononie per
me officialem una cum nunzio suprascripto, cui ser Mengholo statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit legiptimam ipse nec aliquis pro eo.
Die XIIII decembris.
Dominus Reganus filius domini Guidi de Lambertinis ambo milites capelle
Sancti Chataldi de Lanbertinis de Bononia, eo quia inventa fuit per dictum officia-
Bologna
93
lem uxor ipsius Regani in ecclesia Sancti Petri maioris de Bononia cum uno caputeo in capite contra formam statutorum comunis Bononie, cui domino Regano statutus fuit terminus trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo.
(S.T.) Ego Luchinus condam ser Petri de Panevinis de Cremona publicus imperiali auctoritate notarius hiis omnibus interfui et propria mea manu scribere rogatus scripsi et ad execucionem mandavi cum deliberatione totius curie predicti domini potestatis, salvo quam predictus Mengolus et dominus Reganus, et propria
manu circumdationem et signum meum consuetum apposui et cetera. Carte decimanona signate.
In nomine Domini, amen. Anno Domini millesimo CCCLXVI, indictione IIII. Invenciones facte ac eciam acuse recepte per me Bertolomeum Vayrolium de Ast notarium et officialem ad officium corenarum et vinearum deputatum per magnificum
et potentem millitem dominum Rossum de Riciis de Florentia honorabillem potestatem civitatis et distritus Bononie pro Sancta Romana Ecclesia diebus et menssibus infrascriptis, videlicet tempore sanctissimo in Christo patris domini nostri domini Urbani divina providencia pape quinto, die primo menssis ianuarii.
Die XXI menssis decembris.
Iohannes Berti Ferandi capelle Sancti Petri maioris de Bononia, eo quia inventus fuit in ecclesia Sancti Petri maioris per dominum Luchinum olim officialem ad
officium coronarum et vinearum, quod ipse portabat ad clamidem cordellas argenteas aut cabanum contra formam statutorum comunis Bononie, cui Berto pro fillio
statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam deffensionem faciendam et
nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in libris quinque bononinorum.
Die XIII menssis ianuarii.
Boniffacius condam Vandullini de Blanchis capelle Sancti Stephani inventus
fuit per me Bertolomeum Vayrolium notarium et officialem super palatio comunis
Bononie, quod ipse portabat ad clamidem canellas argenteas contra formam statutorum comunis Bononie, cui Boniffacio statutum fuit terminum trium dierum ad
omnem suam deffenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, et
vigore ut esset nobis clarum si supradicte erant canelle, citavimus et requirimus infrascriptos homines ad testimoniandum, in primo110:
Domenichus Francissci capelle Sancti Thome de Brayna testis iuratus dato sibi
sacramento per me Bertolomeum supradictum si predicte quod portabat Boniffacium suprascriptum erant canelle iuravit quod erant canelle.
Mannus Horeboni capelle Sancti Thome de Mercato testis dato sibi sacramentum per me officialem supradictum si predicte quod portabat Boniffacium supradictum erant canelle iuravit quod erant canelle.
Lencius Berna[r]di capelle Sanctorum Simonis et Iude testis dato sibi sacramentum per me officialem supradictum si predicte erant canelle iuravit quod erant canelle.
110
Nel margine destro è aggiunto: condempnatus in libris quinque bononinorum.
94
Legislazione suntuaria
Die XIII menssis ianuarii.
Anthoniollus Minocii ministrallis capelle Sancte Lucie porta Sancti Proculli,
contra quem procedimus in eo quod non denunciavit nobis quandam sponsam que
fiebat et fecit in domo Domenici condam Nanis de Vizano capelle Sancte Lucie, et
hoc est contra formam statutorum comunis Bononie et contra bannum domini potestatis, cui statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem
faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in libris duabus
bononinorum.
Die XVII menssis ianuarii.
Domina Tedora uxor domini Geronimi domini Iohannis Andree capelle Sancti
Proculii, inventum fuit per me officialem suprascriptum veniendi ab ecclesia Sancti
Anthonii quod ipsa portabat unum capucium in capite discopertum contra formam statutorum comunis Bononie, cui domina Tedora statutum fuit terminum
trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipsa nec
aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
Die XVIII menssis ianuarii.
Domina Novella uxor domini Iohannis de Lignano capelle Sancti Proculii, inventum fuit per me officialem supradictum quod ipsa portabat et tenebat in capite
unum capucium discopertum contra formam statutorum comunis Bononie, cui
domina Novella statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea, condampnata in libris quinque bononinorum.
Die XXIX menssis ianuarii.
[…]111 uxor Ricardini de Loglano de castro Planorii, inventum fuit per me officialem supradictum apud hospitalem Vite quod ipsa portabat ad unam robam vayrum rebocatum cum fibietis argenteis contra formam statutorum comunis Bononie, cui domina […]112 statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris
quinque bononinorum.
Die XXIX menssis ianuarii.
Domina Francesscina uxor Nicholai Rogerii capelle Sancti Andree de Ansaldis,
inventum fuit per me officialem supradictum apud hospitalem Vite comunis Bononie quod ipsa portabat ad unam vestem vayrum rebocatum cum fibietis argenteis
contra formam statutorum comunis Bononie, cui domina Francesscina statutum
fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam
fecit ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
Die XXIX menssis ianuarii.
Domina Francisscina uxor magistri Fabiani capelle Sancti Antolini, inventum
fuit per me officialem suprascriptum quod ipsa portabat per civitatem Bononie et
in platea comunis unam coronam perllarum et unam botonaduram perllarum con-
111
112
Spazio bianco nel testo.
Spazio bianco nel testo.
Bologna
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tra formam statutorum comunis Bononie, cui domina Francisscina statutum fuit
terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit
ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris quinque.
Die XXXI menssis ianuarii.
Domina Lipa uxor Henrici de Taurellis capelle Sancti Martini de Sanctis, inventum fuit per me officialem supradictum quod ipsa portabat ad unam vestem vayrum rebocatum contra formam statutorum comunis Bononie et erat apud postam
domini Guidonis de Lambertinis, cui domina Lipa statutum fuit terminum trium
dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipsa nec aliquis
pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum113.
Die XXXI menssis ianuarii.
Domina Tomaxia uxor domini Egani de Lanbertinis capelle Sancti Cataldi, inventum fuit per me officialem supradictum apud eius domus quod ipsa portabat ad
unam vestem unam botenaduram perllarum et unum capucium in capite contra
formam statutorum comunis Bononie, cui domina Tomaxia statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam deffensionem faciendam et nullam fecit ipsa
nec aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
(…)
Die primo menssis fiebruarii.
Domina Agnixina uxor Vuillielmi de Loglano de castro Planorii, inventum fuit
per me officialem suprascriptum quod ipsa portabat in capite unam coronam perllarum per mercatum medei contra formam statutorum comunis Bononie, cui domina Agnixina statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit legiptimam ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in
libris quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Bertus Ferandus capelle Sancti Petri maioris, inventus fuit per me officialem suprascriptum quod ipse portabat ad clamidem botonos ysmatos et cordellas de argento contra formam statutorum comunis Bononie, cui Bertus statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse
nec aliquis pro eo, condempnatus in libris quinque bononinorum.
Die II menssis fibruarii.
Domina Paula uxor Petri Domineçone capelle Sancti Fabiani, inventum fuit per
me officialem suprascriptum quod ipsa portabat in dorsum veniendo ab ecclesia
Sancte Marie de Mascarella unam robam de medietate per lungum que una pars
erat de camucato contra formam statutorum comunis Bononie, cui domina Paula
statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam
nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
Die XI menssis fibruarii.
113
Cassato con righe e seguito dalla scritta in caratteri più piccoli Cancellatum fuit de mandato domini potestatis, presentibus domino Baudo de Figudis vicario domini potestatis, domino Iohanne de Carmignano de civitate Bellonie et domino Andrea omnibus iudicibus
domini potestatis.
96
Legislazione suntuaria
Domina Biatrixia uxor domini Tadei de Acivillis capelle Sancti Nicholai de Arberiis, inventum fuit per me officialem suprascriptum quod ipsa portabat in capite
unam coronam perllarum per civitatem Bononie contra formam statutorum comunis Bononie, cui domina Biatrixia statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam deffenssionem faciendam et nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
Die ut supra.
Domina Agnixina uxor Vuillielmi de Loglano, inventum fuit per me officialem
suprascriptum quod ipsa portabat in capite per civitatem Bononie unum capuceum
de velluto contra formam statutorum comunis Bononie, cui domine Agnixine statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et
nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
Die ut supra.
Domina Iohanna fillia domini Tadei de Açivillis, inventum fuit per me officialem suprascriptum quod ipsa portabat in capite per civitatem Bononie unam coronam de perllis contra formam statutorum comunis Bononie, cui domine Iohanne
statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam
nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
(…)
Die XV menssis fiebruarii.
Domina Liardina uxor Bartolomei de Cacanimissis, inventum fuit per me officialem suprascriptum quod ipsa habebat in ecclesia Sancti Petri maioris unam robam sparata et abotenata de botonis de argento ponderis ultra formam statutorum
comunis Bononie, cui domine Liardine statutum fuit terminum trium dierum ad
omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
Die XVII fibruarii.
Domina Biatri[xia] uxor Bertolomei condam domini Pauli de Liaçariis, inventum fuit per me officialem suprascriptum quod ipsa portabat per civitatem Bononie unam centuram de argento ysmatato et robam unam frexata cum frexiis de auro
et argento contra formam statutorum comunis Bononie, cui domine Biatrixie statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et
nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
Die XXIII menssis fibruarii.
Domina Margarita Simonis Aldrovandini capelle Sancte Marie maioris, inventum fuit per me officialem suprascriptum quod ipsa tenebat in capite unam capellinam ante domus dicti Simonis contra formam statutorum comunis Bononie, cui
domine Margarite statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris
quinque bononinorum.
Die XXIIII menssis fibruarii.
Iohannem de Ferra habitator civitatis Bononie capelle Sancti Giminiani, inventum fuit per me officialem suprascriptum quod ipsa portabat ad unam clamidem et
ad scalcham canellas et frexiis de argento contra formam statutorum comunis Bo-
Bologna
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nonie, cui Iohanni statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipse nec aliquis pro eo, condempnatus in libris
quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Domina Pinna uxor domini Guidonis de Lambertinis capelle Sancti Cataldi, inventum fuit per me officialem suprascriptum quod ipsa portabat in capite unam
capellinam veniendo ab ecclesia Sancte Marie in Monte contra formam statutorum
comunis Bononie, cui domine Pine statutum fuit terminum trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
Die suprascripto.
Domina Tomaxia uxor domini Egani domini Guidonis de Lambertinis capelle
[Sancti] Cataldi, inventum fuit per me officialem suprascriptum quod ipsa portabat
in capite unum capucium veniendo ab ecclesia Sancte Marie in Monte contra formam statutorum comunis Bononie, cui domine Tomaxie statutum fuit terminum
trium dierum ad omnem suam defenssionem faciendam et nullam fecit ipsa nec
aliquis pro ea, condempnata in libris quinque bononinorum.
(S.T.) Ego Bertolomeus Alberti de Vaytoliis de Ast notarius publicus hiis omnibus interfui et manu mea propria scripsi et circundationem et signum meum consuetum apossui. Carte XXIIII signate.
In nomine Domini, amen. Hic est liber seu quaternus in se continens omnes et
singulas inventiones, relationes, accusationes et denumptiationes, terminos dilatos,
excusationes, defenssiones et quamplures varias et diversas scripturas ad officium
coronarum et danorum datorum ac etiam caprarum pertinentes et spettantes factus, editus et compositus tempore regiminis et potestarie magnifici et potentis militis domini Rossi de Ricciis de Florentia honorabilis potestatis civitatis Bononie
eiusque comitatus, fortie et districtus pro Sancta Romana Ecclesia, et scriptus et
publicatus per me Iohannem condam Martini ser Vannis de Montecatino notarium
et nunc notarium et officialem predicti domini potestatis per ipsum dominum potestatem ad officium prelibatum specialiter deputatum, sub anno Domini ab eius
nativitatis millesimo trecentesimo sexagesimo sexto, indictione quarta, tempore
pontificatus sanctissimi in Christo patris et domini nostri domini Urbani divina
providentia pape quinti, die et mense infrascriptis, et cetera.
Die XII menssis martii.
Hec sunt quedam inquisitiones que fiunt et fieri intendunt per nobilem militem dominum Rossum potestatem civitatis Bononie et me Iohannem notarium infrascriptum contra infrascriptos homines et personas pro infrascriptis malleficiis et
culpis per eos et eorum dominas et bestias comissis et perpetratis et ex inventione
mei Iohannis predicti et infrascriptorum famulorum et cetera.
Die XII mensis martii.
Dominum Eganum filium domini Guidonis de Lambertinis, contra quem processum est in eo et super eo quod uxor eius inventa fuit per me Iohannem notarium
infrascriptum ad festum sancti Gregorii portare in capite unum caputeum contra
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Legislazione suntuaria
formam statutorum comunis Bononie, cui domine ad eius domum datus et assignatus fuit terminus per Dominicum de Medicis numptium mei notarii trium dierum
ad omnem eius defensionem de predictis faciendam et nulam fecit et cetera.
Cionem Abatini de Florentia capelle Sancti Stefani vel Sancte Marie porte Ravenatis, contra quem processum est in eo et super eo quod uxor eius inventa fuit per
me Iohannem notarium infrascriptum una cum Dominico de Medicis numptio ad
festum sancti Gregorii portare in capite unam ghirlandam sive frenelium de perlis
contra formam statutorum comunis Bononie, cui uxori dicti Cionis incontinenti
per dictum Dominichum ex parte mei notarii infrascripti datus et assignatus fuit
terminus trium dierum ad omnem eius defensionem faciendam de supradictis et
nullam fecit et cetera.
Margheritam famulam sive conchubinam domini Iohannis de Confortis capelle
Sancti Columbani, contra quam processum est in eo et super eo quod dicta concubina seu eius fantescha inventa fuit per me Iohannem notarium infrascriptum ante
hostium eius domus una cum Dominico de Medicis habere in capite unum frigium
de auro contra formam statutorum comunis Bononie, propter quod predicto domino Iohanni de Confortis datus et assignatus fuit terminus trium dierum ad omnem eius defensionem faciendam de predictis per me Iohannem notarium infrascriptum in palatio comunis Bononie et nullam fecit et cetera.
(…)
Die VI aprilis.
Masum Bianchetti contra quem processum est in eo et super eo quod nurus
dicti Masii inventa fuit per me Iohannem notarium infrascriptum per civitatem
Bononie portare in dorso unam vestem de cambucato contra formam statutorum
et ordinum comunis Bononie, cui domine incontinenti datus et assignatus fuit terminus III dierum ad omnem eius defensionem faciendam de predictis et nullam fecit et cetera.
(…)
Die XXIII aprilis.
(…)
Nicholaum Antonii de Çamponibus de Cultellinis capelle Sancte Marie maioris
contra quem per modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod ipse
Nicholaus inventus fuit per me notarium infrascriptum portare per civitatem Bononie unam abotonaturam de argento ultra pondus quinque unciarum contra formam statutorum comunis Bononie, cui datus et assignatus fuit terminus III dierum
ad omnem eius defensionem faciendam de predictis et nullam legiptimam fecit et
cetera.
(…)
Die XXVII aprilis.
Bernardum de Lombardis capelle Sancte Marie porte Ravennatis contra quem
per viam et modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod uxor dicti
Bernardi inventa fuit per me Iohannem notarium infrascriptum una cum Dominico de Medicis numptio comunis Bononie portare in dorso per civitatem Bononie
unam guarnacham veluti rubei et unam tunicam velluti viridis contra formam sta-
Bologna
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tutorum comunis Bononie, cui Bernardo datus fuit terminus III dierum ad omnem
eius defensionem faciendam de predictis et nullam fecit et cetera.
Die XXVII aprilis.
Ambrosium spetialem de Tencha capelle Sancti Marini contra quem per viam et
modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod ipse Ambroxius est ministralis predicte capelle et ratus sui officii tenetur et debet denumptiare et in scritis
dare omnes expensas que fiunt in eius capella infra certum terminum notario coronarum secundum formam cride que in actis civilibus domini potestatis continetur
et quia una sponsa fatta fuit in sua capella et non denumptiavit ipsam nec in scritis
reduxit mihi notario infrascripto prout tenebatur et debet citatus et requisitus fuit
per Dominicum de Medicis numptium comunis Bononie coram me notario infrascripto ad se excusandum et defendendum a dicta inquisitione et contentis in ea et
cetera. Comparuit dictus Ambroxius coram me notario infrascripto dicta die, cui
datus fuit terminus III dierum ad omnem eius defensionem faciendam de predictis
et nulla fecit legiptimam et cetera.
(…)
Die XIIII may.
Hec sunt quedam inquisitiones que fiunt et cetera.
Dominum Taddeum de Aççoguidis contra quem per viam et modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod uxor predicti domini Taddei inventa
fuit per me Iohannem notarium infrascriptum una cum Dominico de Medicis
numptio ad festum Assensionis quod fit ad ecclesiam Sancti Antonii portare in capite unum cerchiellum perlarum contra formam statutorum comunis Bononie, cui
domine incontinenti datus et assignatus fuit terminus per predictum Dominicum
numptium quod sequenti die omnem eius defenssionem de predictis faceret et nullam fecit et cetera.
Dominum Iohannem de Lignano capelle Sancti Proculi contra quem per viam
et modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod uxor dicti domini Iohannis inventa fuit per me notarium infrascriptum ad ecclesiam Sancti Antonii habere in capite unum caputeum contra formam statutorum comunis Bononie, cui
domine datus fuit terminus III dierum ad omnem eius defensionem faciendam de
predictis et nulam fecit et cetera.
Dominum Ieronimum condam domini Iohannis Andree contra quem per viam
et per modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod uxor predicti domini Ieronimi inventa fuit per me Iohannem notarium infrascriptum una cum predicto Dominico ad festum sancti Antonii die Ascensionis cum una guarnacha velluti rubei contra formam statutorum comunis Bononie, cui domine et ad dictam
domini Iohannis de Lignano datus et assignatus fuit terminus III dierum per predictum Dominicum numptium ad omnem eius defensionem faciendam de predictis
et nullam fecit legiptimam et cetera.
(…)
Die XXIIII may.
Magistrum Francischum de Granellis contra quem per viam et modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod ipsius magistri Francisci inventam fuit
100
Legislazione suntuaria
uxorem extra domum cum uno caputeo in capite descopertum contra formam statutorum comunis Bononie per me Iohannem notarium infrascriptum una cum Dominico de Medicis numptio, cui domine statutus et incontinenti datus et assignatus
fuit terminus trium dierum ad omnem eius defensionem faciendam de predictis et
nullam fecit legiptimam et cetera.
(…)
Die primo iunii.
Dominum Antolinum filium domini Ormanni de Spettine contra quem per
viam et modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod uxorem dicti
domini Antolini et filiam Mengoli de Ogellano inventam fuit per me Iohannem
notarium infrascriptum ire per civitatem Bononie cum una guarnachia velluti de
medio coloris bruni et açurrini contra formam statutorum comunis Bononie, cui
domine assignatus fuit terminus trium dierum ad omnem eius defensionem faciendam de predictis et nullam fecit ipsa nec aliquis pro ea et cetera.
(…)
Die X iunii.
Dominam Aldam que manet in domo uxoris domini Catalani de Sala posita in
contrata Vivarii capelle Sancti Stefani contra quam per viam et modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod ipsa domina Alda inventa fuit per me Iohannem notarium infrascriptum extra domum habere et tenere in capite unam capellinam descopertam contra formam statutorum comunis Bononie, cui domine
datus et statutus fuit terminus trium dierum ad omnem eius defensionem faciendam de predictis et nullam fecit ipsa nel aliquis pro ea et cetera.
(…)
Die X iunii.
Bettinum de Trievi114 capelle Sancti Donati contra quem per viam et modum
inquisitionis processum est in eo et super eo quod ipse Bettinus habuit ad exequias eius filii dum portabatur ad ecclesiam Sancti Donati ad sepelliendum vigintiotto clericos ultra numerum per formam statutorum sibi limitatum contra formam statutorum comunis Bononie et hoc inventum fuerit per me Iohannem no-
114
Capoverso cassato con righe. Nel margine interno: Non condempnatus quia habuit decretum a domino nostro legato ut infra aparet in presenti foleo, tenor cuius decreti talis est.
R.p.v. suplicatur parte vestri servitoris et factoris paramentorum vestrorum et vestre capellanie Bittini condam Iohannis de Trevi drapperii civis Bononie de capella Sancti Donati quatenus mandare dignemini ac comictere domino potestati Bononie quod contra eum non
procedatur nec etiam condempnetur ex eo quod cum quidam Bartolomeus eius filius infortunate ab equo occiderit defuntus portaretur ad sepulturam de presenti mense iunii ad ipsius exequias interfuerunt fratres servorum beate Marie virginis ultra numerum presbiterorum ordinatorum et in statutis comunis Bononie comprensum que ordinati fuerunt per vicinos ipsius Bittini credentes dictos fratres posse ivisse et nescio dicti Bettini. Responsio domini: Quia non est addenda aflicto aflictio concessum quod liberetur suplicans ulterius non
molestetur nec condepnetur. Concessum Bononie V kalendas iulii, pontificatus et cetera anno quarto.
Bologna
101
tarium infrascriptum una cum Dominico de Medicis numptio comunis Bononie,
qui Dominicus dictum Betinum delinquentem de dicto delicto mihi denuntiavit
et accusavit, cui Bettino datus et assignatus fuit terminus III dierum ad omnem
eius defensionem faciendam de predictis et nullam fecit, nixi quod ipse dixit predictos clericos ad dictas exequias habuisse et non credebat esse nec facere contra
formam statutorum et id quod fecit ignoravit et sine malitia ab ipso processit et
non malitiose.
Dominum Taddeum de Açoguidis contra quem per viam et modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod uxorem predicti domini Taddei inventa
fuit per me Iohannem notarium infrascriptum ire ad ecclesiam Marie cum una corona cum perlis in capite contra formam statutorum comunis Bononie, cui domine
datus et assignatus fuit terminus trium dierum ad omnem eius defensionem faciendam de predictis per Dominicum de Medicis numptium et cetera et nullam fecit
legiptimam et cetera.
Luchinum Savium contra quem per viam et modum inquisitionis processum
est in eo et super eo quod uxorem predicti Luchini inventam fuit per me Iohannem notarium infrascriptum ad festum Marie ire cum una guarnachia cum cordellis de auro circundata contra formam statutorum comunis Bononie, cui domine datus et assignatus fuit terminus III dierum per Dominicum de Medicis
numptium ad omnem eius defensionem faciendam de predictis et nullam fecit legiptimam et cetera.
Dominum Catalanum de Sala contra quem per viam et modum inquisitionis
processum est in eo et super eo quod ipsius domini Catalani uxorem inventam
fuit per me Iohannem notarium infrascriptum ire ad eclesiam Marie cum una
guarnachia de veluto viridi contra formam statutorum comunis Bononie, cui
domine datus et assignatus fuit terminus III dierum per me notarium infrascriptum ad omnem eius defensionem faciendam de predictis et nullam fecit legiptimam et cetera.
(…)
Die XXI iunii.
Dominum Iohannem de Lignano capelle Sancti Proculi contra quem per viam
et modum inquisitionis processum est in eo et super eo quod ipsius domini Iohannis inventam fuit uxorem extra domum cum uno caputeo in capite per me Iohannem notarium infrascriptum contra formam statutorum comunis Bononie, cui domine datus et assignatus fuit terminus III dierum ad omnem eius defensionem faciendam de predictis per me Iohannem notarium infrascriptum et nullam fecit et
cetera.
(S.T.) Ego Iohannes quondam Martini ser Vannis de Montecatino imperiali
auctoritate notarius iudexque ordinarius et officialis predicti domini potestatis ipsius mandato scripsi et publicavi fideliter et circundavi cartas undecim.
102
Legislazione suntuaria
1376
Statuti
Incipit tractatus de variis et extraordinariis criminibus pertinentibus
ad notarium super coronis et infrascriptis deputatum, et primo
De pena plorantium seu desbatentium ad exequias mortuorum et mittencium enxenia et de modo servando in exequiis mortuorum.
Rubrica115
Statuimus quod nulla persona de civitate Bononie vel burgis ad exequias alicuius
persone mortue debeat se desbatere vel plorare clamando vel vocificando nec sibi manus percutere ad domum mortui vel mortue, vel eundo vel reddeundo ad ecclesiam.
Item quod nulla mulier que sit coniuncta vinculo parentele mortuo vel mortue, venire
debeat extra domum vel ad ecclesiam cum mortuo, seu post mortuum, vel antequam
fuerit sepultus mortuus vel mortua, quando portabitur et si qua contrafecerit condemnetur in decem libris bononinorum pro qualibet vice, et quilibet possit accusare et denuntiare et habeat medietatem banni. Item dicimus quod ad funus alicuius non debeant haberi vel portari quatuor116 dupleria cerea et candele necessarie et quinque
cruces tantum. Et si contrafactum fuerit, heres defunte persone puniatur de facto
in vigintiquinque libris bononinorum et similem penam incurant gestores heredis
in exequiis predictis. Item quod nulla mulier mortua portari debeat ad sepulturam
cum facie discuperta et quicumque eam portaverit condemnetur in viginti solidis bononinorum. Item quod postquam sepultum fuerit corpus, nulla persona se debeat congregare sedendo ad domum defuncti, set reditu facto ab ecclesia incontinenti se debeant seperare nisi esset pater, frater aut filius vel alius sibi coniunctus usque ad quartum gradum, vel nisi esset de vicinis eius. Et quicumque contrafecerit condempnetur pro qualibet vice in viginti solidis bononinorum.
Item dicimus quod nullum funus seu cadaver possit sociari, nisi usque ad hostium
vel ianuam ecclesie ubi sepeliri debet et, cum ibi fuerit, incontinenti astantes et sociantes
recedant et portantes intrent ecclesiam et ibi stent quousque corpus traditum fuerit sepulture et hoc sub pena cuilibet contrafacienti viginti solidorum bononinorum117. Et si
115
Collazionato con:
1389. Statuti, De pena plorantium seu disbatentium ad exequias mortuorum vel mittentium exenia et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica.
1454. Statuti, De pena plorantium seu desbattentium ad exequias mortuorum vel mittentium […] et de modo servando in exequiis mortuorum.
In corsivo le parti in comune con 1335. Statuti, De penis plorantium seu desmantantium
ad exequias mortuorum vel ensenia mitentium et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica.
116
quatuor] octo 1454.
117
Item dicimus quod nullum funus … bononinorum aggiunto dal 1352.
Bologna
103
intraverint ecclesiam, statim et sine mora per eamdem vel aliam portam ecclesie
exire debeant.
Item dicimus quod postquam defunctus vel defuncta traditus vel tradita fuerit sepulture et homines qui affuerint sepulture redierint ad domum in qua morabatur defunctus vel defuncta, quod omnes mulieres que fuerunt ad exequias defuncti vel defuncte incontinenti disedere debeant a domo defuncti vel defuncte, ita quod nulle remaneant ibi,
nisi fuerit mater vel noverca vel soror vel filia vel socrus vel cognata vel filia fratris vel
sororis vel coniuncte usque ad quartum gradum defuncti vel defuncte vel viduate, sub
pena viginti solidorum bononinorum pro qualibet, que ultra predicta remanserit, de
dote sua solvenda. Item quod nullus debeat arengare ad aliquod corpus seu ocasione alicuius defuncti comendando defunctum vel aliqua alia exponendo in modum arengandi
nisi fuerit milex vel doctor118 mortuus. Item quod nullus ducat secum ad aliquod corpus defuncti ultra decem homines ad plus per se vel alium modo aliquo vel ingenio,
computata persona conducentis, pena et banno quinque librarum bononinorum ei qui
duceret, et cuilibet qui duceretur ad corpus ultra dictum numerum viginti solidorum
bononinorum pro quolibet et qualibet vice, exceptis societatibus artium et societatibus
fraternitatum119. Item quod nullus civis faciat venire comitatinos aliquos seu rusticos
pro comuni et singulariter ad aliquod corpus seppeliendum vel plorandum sive ad domum suam, pena et banno vigintiquinque librarum bononinorum cuilibet comuni, et
cuilibet venienti quinque librarum bononinorum, et successoribus defunti vigintiquinque librarum bononinorum pro qualibet vice. Salvo quod coniuncti vinculo parentele
usque ad quartum gradum possint venire. Et super predictis omnibus et singulis dominus potestas possit et teneatur inquirere per se vel per tabellionem vel per quem deputaverit ad predicta et per famam et per aspectum, per probationes, inditia et presumptiones et quolibet alio modo quo melius fieri poterit, mittendo tabellionem personaliter,
publice et secrete ad exequias mortuorum; qui notarius referat contrafacientes et ipsos
puniat potestas predictis penis.
Prohibemus etiam quemlibet mortuum indui vel vestiri de scarlato vel de panno
francigeno vel alio extimationis ultra treginta solidorum bononinorum pro quolibet
brachio, sub pena vigintiquinque librarum bononinorum heredi defunte persone
de facto auferenda et eius gestori per dominum potestatem Bononie vel alium ex
officialibus ipsius domini potestatis.
Item quod nullus portet vel mittat aliqua exenia cruda vel cocta ad domum olim
alicuius mortui vel suorum ascendentium vel descendentium vel heredum nec ad aliam
domum in fraudem recipiat antequam corpus tradatur sepulture, vel etiam post per octo
dies. Nec etiam possit esse in prandio vel in cena cum sucessoribus vel aliquibus assendentibus vel descendentibus persone defunte infra terminum decem dierum, exceptis
agnatis vel cognatis defunte persone proximis usque ad sestum gradum incluxive; et
etiam exceptis vicinis de quibus, inter omnes, possint esse numero sex et non ultra qualibet vice, excepta famillia defuncti, pena cuilibet mittenti et cuilibet recipienti et cuilibet
118
119
1454 aggiunge vel alius vir insignis.
1454 aggiunge et battutorum.
104
Legislazione suntuaria
existenti in prandio vel in cena contra predictam formam quadraginta solidorum bononinorum. Et predicta et quodlibet predictorum faciat dominus potestas publice preconizari infra mensem a die introytus regiminis ipsius potestatis et eos, quos repererit contrafacientes, punire in penis predictis teneatur, sub pena centum librarum bononinorum. Addicientes quod ad exequias alicuius civis vel habitatoris civitatis Bononie vel ad
ecclesias pro ipsis exequiis, ire non debeant dominus potestas vel dominus capitaneus populi vel alicuius eorum familie vel anciani 120 Bononie, durantibus eorum officiis121, nisi
esset episcopus Bononiensis vel alius episcopus vel maior prelatus seu baro vel unus ex
ancianis qui mortuus fuerit, nec tunc nisi hoc firmatum fuerit per dominos122 ancianos
Bononie, sub pena contrafacientibus centum librarum bononinorum pro quolibet et
qualibet vice.
Item quod nulli liceat comodare, locare, concedere vel recipere aliquos pannos
vel palia in domo vel extra domum alicuius defunti pro eius exequiis nisi unum palium tantum sive panum et duo origleria ad plus sub pena trium librarum bononinorum cuilibet danti et recipienti pro quolibet et qualibet vice. Item quod nulla
mulier cuiuscumque conditionis existat audeat vel presumat portare velum aliquod
de lino subtile vel trafilatum in capite in domo vel extra domum, sub pena quadraginta solidorum bononinorum pro quolibet et qualibet vice, voleselam tamen portare possint impune, set de sirico tantum. Item quod nulla mulier possit portare
pro aliquo defunto velum ultra octo dies, sub pena predicta, salvo quam pro omnibus ascendentibus et descendentibus et colateralibus usque ad terminum predictum
inclusive et etiam pro socero seu genero et nuru portare possint usque ad mensem
et non ultra a die obitus defunti sine aliqua pena. Nec possit aliqua mulier portare
velum cum capitibus pendentibus supra pectus, nisi eundo et redeundo ab exequiis
sub pena viginti solidorum bononinorum. Vidue autem portare possint velum
cuiuscumque generis quomodocumque voluerint extimationis quinque librarum
bononinorum tantum et non ultra sub pena predicta pro qualibet et qualibet vice.
Item cum aliquis moritur non possit per heredem vel successorem ipsius dari, concedi vel numerari usori defunti vel alteri pro ea recipienti, pro roba et velis et aliis
necessariis, ultra quantitatem seu extimationem quadraginta123 librarum bononinorum ad plus, sub pena vigintiquinque librarum bononinorum tam danti quam recipienti etiam si per defuntum relictum fuerit in sua ultima voluntate sub pena predicta. De quibus diligenter inquirere teneatur dominus potestas per se et notarium
et officialem suum deputatum ad officium coronarum et stratarum et contrafacientes punire et condemnare in penis predictis, salvo semper in omnibus et singulis
predictis statutis.
120
1454 aggiunge et consulles populli.
1454 omette vel … officiis.
122
1454 aggiunge capitaneum.
123
quadraginta] sexaginta 1454.
121
Bologna
105
De pena facientium mariam, comitem vel comitissam. Rubrica124
Quod ultra quinqueginta homines non possit aliquis ducere ad sponsandum
mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat. Et propalacio
sponsaliciorum non fiat nisi in capellis sponsi et sponse et sine
congregatione personarum. Rubrica125
Ordinamus quod quicumque desponsare voluerit aliquam in suam sponsam vel uxorem vel facere desponsari alicui suo filio, nepoti vel descendenti vel colaterali per dationem seu impositionem anulli vel consensu, etiam sine anulli impositione, non debeat secum ducere ad dictam desponsationem faciendam126 ultra quinqueginta127 homines vel
permitere secum venire, pena et banno cuilibet contrafacienti, scilicet sponso qui secum
duxerit vel habuerit ultra dictum numerum seu patri vel avo sponsi, vel ei qui fuerit
principalis ratione alicuius proximitatis vel vicinantie vel parentele ad dictam desponsationem faciendam vel fieri faciendam, viginti128 solidorum bononinorum pro quolibet
quem secum duxerit, vel venire permiserit vel secum habuerit ultra dictum numerum.
Et idem observetur ex parte sponse in omnibus et singulis suprascriptis quatenus melius possit adattari. Prohibemus etiam aliquem accedere ad disponsandum
aliquam mulierem eques, set tantum pedes, cum tota sua comitiva predicta accedere ad ipsam disponsationem teneatur, sub pena vigintiquinque librarum pro quolibet sponso et qualibet vice et cuilibet accedenti eques ad ipsam disponsationem
quinque librarum bononinorum, que pene de facto auferantur. Adicientes quod
pro parte sponsi vel sponse non possit fieri propalatio aliquorum sponsalium vel
sponsorum unius vel plurium nisi dumtaxat in capela sponsi et capela sponse in
quibus capelis per presbiterum fiat propalatio predicta et ob id nulla fiat congregatio personarum, sub pena vigintiquinque librarum bononinorum cuilibet sponso et
cuilibet sponse de facto auferenda.
124
Vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam seu comitem vel comitissam. Ru-
brica.
125
Collazionato con:
1389. Statuti, Quod ultra quinqueginta homines non possit aliquis ducere ad sponsandum mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat. Et quod propalacio sponsalitiorum non fiat nisi in capellis sponsi et sponse et sine congregatione personarum. Rubrica.
1454. Statuti, Quod ultra quinquaginta homines non possit aliquis ducere ad sponsandum mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat. Et quod propalacio sponsaliciorum non fiat nisi in capellis sponsi et sponse et sine congregatione personarum.
In corsivo la parte in comune con 1288. Statuti, Quod ultra XX homines non possit aliquis ducere ad aliquam desponsandam.
126
1454 aggiunge vel fieri faciendam viginti solidos bononinorum pro quolibet quem secum duxerit vel venire permiserit vel secum habuerit ultra dictum numerum.
127
quinqueginta] viginti 1454.
128
viginti] centum 1454.
106
Legislazione suntuaria
Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit vocatus.
Rubrica129
De nive et remolo et aliis rebus prohibitis haberi tempore desponsationis et
percusionibus prohibitis. Rubrica130
De pena portantium ornamenta vetita et aliis penis variis. Rubrica
Volentes obviare vanitatibus mulierum ac etiam sumptuosis et inordinatis expensis, statuerunt quod aliqua mulier cuiuscumque conditionis et status existat non
possit portare sub figura vel forma alicuius ornamenti ad aliquod vestimentum in
dorsum vel in capite, aliquas perlas, nacharas, gemas seu aliquos lapides preciosos,
nec ad ipsum vestimentum vel in capite sub dicta figura vel forma aurum vel argentum, deauratum vel non, smaltatum vel non, ultra pondus ipsorum auri vel argenti
prohibiti ut supra deferi duodecim unciarum ad plus pro quibuscumque ornamentis vestium et capitis, sub pena trium librarum bononinorum pro qualibet vice qua
fuerit contrafactum.
Nec liceat alicui mulieri cuiuscumque conditionis et status existat portare et deferre triçerias aliquas auri vel argenti in capite vel infra spatulas modo aliquo; liceat
tamen cuilibet domine nupte vel non portare et defere in capite unam cordelam
seu duplonem de auro vel argento ponderis unius uncie ad plus, pena cuilibet contrafacienti trium librarum bononinorum pro qualibet vice.
Item non possint portare vel supra se habere aliquam bursam de auro vel argento seu sirico maioris precii librarum quinque bononinorum, sub pena viginti solidorum bononinorum pro quolibet et vice qualibet qua fuerit contrafactum.
Item non possint portare in digitis ultra tres anullos quos portare possint cum
gemis, perlis et aliis lapidibus preciosis vel sine, sub pena viginti solidorum bononinorum pro quolibet anullo quem plus haberet seu portaret vice qualibet.
Item non possint portare aliquam centuram de auro vel argento deaurato vel
non, que sit maioris ponderis viginti unciarum, cum smaltis vel sine, in qua centura non possint esse affise vel clavate alique gemme, perle vel lapides aliqui preciosi,
computatis in dicto pondere tessuto, smaltis et omnibus unitis et affissis dicte centure, sub pena trium librarum bononinorum pro quolibet et qualibet vice.
Item non possint portare aliquas vestes de veluto samitto, tartarino, camucato vel
baldachino, in quo camuchato vel baldachino sit contestum aurum vel argentum,
129
Vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica.
130
Vedi 1288. Statuti, De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis.
Bologna
107
nec de alio quovis panno contesto cum auro vel argento, sub pena trium librarum
bononinorum pro qualibet deferente et vice qualibet qua fuerit contrafactum.
Liceat tamen portare vestes non prohibitas deferi foderatas de pano sirici et taffetadi sive de pano sirici cuiuscumque maneriei non prohibite, dummodo non sit
relevatum vel contestum cum auro vel argento.
Nec liceat alicui mulieri portare caputeum vel capelinam in capite discopertam
seu discopertum in totum excepto quam si mulier aliqua habuerit et portaverit
vestes in forma mulieris in eius dorsum, quod tunc et eo casu liceat sibi portare
caputeum absque gaibano; cui caputeo habere liceat maspilos argenti deauratos
ponderis duarum unciarum ad plus computandos in dictis duodecim unciis portari permissis in qua forma sibi placuerit.
Nec liceat sibi aliud aurum vel argentum habere ad dictum caputeum nec talem
caputeum modo aliquo portare possit ad gotas, sub pena viginti solidorum bononinorum vice qualibet qua fuerit contrafactum, nisi fuerit mulier maior quadraginta
annorum, cui liceat portare ad gotas sine gabano.
Liceat tamen cuilibet mulieri portare vel deferre gabanum de pannis non prohibitis ex forma presentis statuti, dummodo non sit perfilatum nec apertum in aliqua
sui parte.
Nec liceat alicui mulieri portare vel defere in dorso aliquem vilanum alicuius
forme vel mantelum vel mantelinam ad formam hominis nec centuram aliquam
alicuius forme portare cintam supra aliquem gabanum, sub pena quadraginta solidorum bononinorum pro qualibet vice qua fuerit contrafactum.
Item non possint portare aliquam vestem super qua sint alique ymagines vel figure vel alique littere recamate sirici seu maspili recamati de auro vel argento, sub
pena trium librarum bononinorum vice qualibet qua fuerit contrafactum.
Liceat autem cuilibet mulieri, cuiuscumque status et conditionis existat, vestes
quascumque de pano scarlati et de pano nuvelato habere et etiam de quolibet genere pani lane, gentilis vel non, dummodo in eo non sint aliqua laboreria sirici vel alia
ornamenta prohibita ex forma presentis nostri statuti.
Prohibentes etiam quod aliqua mulier non possit habere aliquod perfilum ad
aliquam vestem quod excedat mediam pançiam de vario seu varota, pena trium librarum bononinorum pro qualibet et vice qualibet qua fuerit contrafactum.
Item non possint portare aliquam vestem ad intaglium de panis diversorum colorum, sub pena trium librarum bononinorum vice qualibet qua fuerit contrafactum, nisi dicte vestes essent ad medietatem per longum seu ad circulos vel schisones vel fectas, quo casu defere liceat et non aliter, sub pena trium librarum bononinorum pro qualibet et qualibet vice.
Item non possint portare aliquas vestes foderatas seu perfilatas de armelino modo aliquo, sub pena quadraginta solidorum bononinorum pro qualibet deferente et
vice qualibet.
Item non possint portare maneghotos ad aliquas vestes suas quovis modo latitudinis ultra trium unciarum ad mensuram comunis Bononie. Nec defere liceat maneghotos retagliatos vel randelatos modo aliquo; liceat tamen tales vestes et maneghotos non prohibitos portare et defere foderatos et perfilatos de vario vel varota,
108
Legislazione suntuaria
dummodo aliquod perfilum non excedat mediam varotam vel panzam. Et hoc sub
pena viginti solidorum bononinorum pro qualibet et vice qualibet.
Declarantes quod liceat cuilibet mulieri cuiuscumque conditionis et status existat portare et defere in dorsum quascumque vestes non prohibitas orlatas de una
cordela aurea vel argentea, dummodo cordele, quas apponi contigerit in vestibus
noviter fiendis, non excedant pondus quatuor unciarum ad plus pro ornatu ipsius
vestis, sub pena et ad penam trium librarum bononinorum pro qualibet et vice
qualibet qua fuerit contrafactum. Et idem servetur in vestibus veteribus et iam factis, sub pena predicta, quas aliter deferi prohibemus. Adhicientes et declarantes
quod presens statutum non se estendat ad uxores, nurus, filias, neptes non nuptas
in eadem familia habitantes aliquorum officialium provisionatorum stipendiariorum forensium vel aliorum forensium, qui non sint seu essent habitatores continui
civitatis Bononie per spacium unius anni. Et in quolibet casuum predictorum, ubi
dicte mulieres penas ex facto huiusmodi incurerent, teneatur pater pro filia, avus
pro nepte in potestate existentibus non nuptis et maritus pro uxore sive socer pro
nuru et ipso facto de dote ipsius mulieris deducatur et frater pro sorore in domo
sue habitationis existente et non nupta, ad quas penas solvendas predicti et quilibet
predictorum per dominum potestatem civitatis Bononie nec non dominum capitaneum populi, qui pro tempore fuerint, realiter et personaliter compellantur. Quam
proclamationem de omnibus et singulis in presenti statuto contentis teneantur fieri
facere prefati domini potestas et capitaneus, qui per tempora fuerint, ab introytu
eorum officii infra mensem, ut omnibus sepe deveniat ad noticiam et ne contentorum in presenti statuto nullus valeat ingnoranciam pretendere et hoc sub pena centum librarum bononinorum ab eisdem dominis potestate et capitaneo et quolibet
eorum tempore eorum sindicatus auferenda per sindicum vel sindicos qui predictos
sindicare debuerint. Qui sindicus seu sindici teneantur et debeant tempore dicti
sindicatus legitime et solemniter inquirere ex officio suo etiam nullo instante vel
petente utrum prefati domini potestas et capitaneus et eorum officiales ad predicta
specialiter deputati fuerint negligentes vel remissi in eorum officiis, rimando et solemniter inquirendo de facientibus contra formam presentis statuti et contentorum
in eo et si reperiretur ipsos vel aliquem eorum fuisse negligentes et remissos puniat
et condemnet in centum libris bononinorum applicandis comuni Bononie et de
eorum salario retinendis tempore sindicatus per officiales comunis Bononie.
Preterea statuerunt quod nullus merçarius vel aurifex, sartor vel subtrix seu aliqua quevis persona cuiuscumque status, sexus et conditionis existat, audeat vel
presumat aliquod ex vestimentis predictis incidere, suere aut aliquem pannum ad
aliquam ex formis supra prohibitis reducere vel facere, sub pena quinque librarum
bononinorum cuilibet contrafacienti et vice qualibet. Et quod predicti dominus
potestas et capitaneus presentes et qui pro tempore erunt teneantur deputare
unum notarium et officialem discretum pro quolibet eorum, qui teneantur et debeant de predictis omnibus et singulis diligenter et efficaciter inquirere et inquiri
facere ac etiam mittere ipsos officiales maxime diebus festivis et solemnibus ad ecclesias et specialiter ad ecclesiam ubi festum singulare vel solemne fieret, seu sacerdos aliquis novelus misam primam celebraret pro executione omnium predicto-
Bologna
109
rum. Necnon ire teneantur dicti notarii et officiales ad domos cuiuslibet sponsi et
sponse tempore nuciarum et diligenter inquirere de contrafacientibus contra formam presentis statuti, quorum officialium relationi stetur et credatur. Iniungentes
ac exprese mandantes universsis et singulis sponsis, quos et quas contigerit de cetero matrimonio coniungi et copulari, quod ante disponsationem per eos faciendam
notificare et intimare debeant ministralibus capelarum, in quibus eos vel eas habitare contingerit matrimonium et disponsationem, quod et quam facere intendunt,
per unum diem ante disponsationem vel nucias, qua notificatione facta, teneatur
dictus ministralis notificare et intimare tale matrimonium et nucias prefatis domino potestati, capitaneo vel eius officialibus ad hec deputatis, ut de eis ignoranciam
pretendere non valeant et eorum officiales destinare possint, teneantur et debeant
ad domum sponsi et sponse rimandi et inquirendi causa de contrafacientibus contra formam presentis statuti.
Item providere volentes sumptibus ordinatis tenore presentium, statuerunt
quod nemini civi forensi, incole vel habitatori civitatis Bononie, etiam occasione
alicuius matrimonii celebrati, contracti, facti vel fiendi, liceat quolibet etiam tempore sponsalium, nuciarum et matrimonii contrahendi vel in alio quocumque convivio dominarum, habere ultra viginti dominas, in his dominabus etiam in eadem
domo et familia existentibus computatis, tam ex parte sponsi quam sponse, quibus
dominabus in convivio parando more comensali liceat unicuique civi providere in
dictis nuciis vel conviviis de duabus impandionibus et non ultra, super quibus stetur relationi officialium deputatorum ad hec vel alterius eorum, nisi contrarium
probaretur. Inhibentes exprese quod nemini liceat ex parte sponsi vel sponse aliqua
ensenia facere de pannis, iocalibus et ornamentis vel alia re, salvo quod liceat sponso donare sponse res reportandas per eam in domum sponsi. Nec etiam liceat ex
parte sponsi vel sponse tempore convivii nupcialis aliqua ensenia comestibilia publice vel occulte mitere cuicumque persone. Contrafacientes autem penam ipso facto incidant et incidisse inteligantur librarum quinque bononinorum pro quolibet et
qualibet vice ab eisdem de facto auferenda et comuni Bononie applicanda.
Item providere cupientes vanitatibus mulierum, que nedum in vita tempore sponsalium et nuciarum, set etiam nitebantur et nituntur tempore mortis et exequiarum in
eis habundare non modicum, statuerunt quod nulli mulieri, vidue vel viduande de aliquo cive Bononie, incola vel habitatore, qui beneficio civilitatis gaudere debeat, liceat
etiam tempore exequiarum habere vel portare vestes lugubres vel viduales foderatas de
vario vel varota, armelino, dossis de vario, squiratulis vel marturelis aut velos in capite
et pro ornatu capitis ipsius mulieris vidue habere vel portare maioris precii ad plus decem librarum bononinorum, etiam pretestu cuiuscumque relicti facti, quod ultra summam predictam occasione predicta volumus non valere, sub pena et ad penam vigintiquinque librarum bononinorum cuilibet partium predictarum, etiam tam danti quam
recipienti, ipso facto auferenda et exigenda et comuni Bononie applicanda.
Item providere volentes ut predicta statuta ut perpetuum et plenum sortiri possint effectum, providerunt quod nullus civis vel forensis dicere, proponere vel arengare vel consulere possit, audeat vel presumat contra contenta in hoc statuto, vel
aliqua contenta in ipso statuto, vel propter quod possit derogari aliquibus contentis
110
Legislazione suntuaria
in hoc statuto. Et quilibet qui contrafecerit in predictis ipso facto incidat in penam
centum librarum bononinorum comuni Bononie applicandam et exigendam per
prefatos dominos potestatem et capitaneum vel alterum eorum.
Preterea statuerunt quod quilibet possit accusare, denunciare et notificare quascumque personas delinquentes contra predicta statuta vel aliquod predictorum publice, palam et secrete pro libito ipsorum denunciare volentium domino potestati
et eius curie ac domino capitaneo populi et eius curie, qui teneantur in secreto per
dictos officiales, si voluerint et habeant et habere debeant tales denunciatores medietatem pene que exigeretur ex tali denunciatione.
Item statuerunt quod prefati dominus potestas et capitaneus et quilibet eorum possint, teneantur et debeant inquirere eorum mero officio contra omnes et quoscumque
delinquentes et facientes contra formam presentis statuti et omnium contentorum in
eo ac etiam ad denunciationem cuiuscumque denunciare volentis et quocumque modo procedatur, et habeant et habere debeant de condemnationibus fiendis per eos exigendis tempore eorum officii solidos duos bononinorum pro qualibet libra.
Inhibentes officialibus predictorum dominorum potestatis et capitanei quod in
exercendo eorum officium arrestare non possint vel debeant quovis modo, ratione
vel causa, aliquam mulierem vel cum eis loqui, set cauto et honesto modo investigare nomen et prenomen ipsius mulieris, demum eius officium exercere possit in
puniendo et condemnando secundum formam presentis statuti.
Item statuerunt quod omnes et singuli patres familias vel sic et pro talibus habiti, in quorum domibus propriis vel conductis de cetero contigerit aliquas nuptias,
sponsalia et convivia fieri tempore ipsarum nuciarum, sponsalium et convivii, teneantur officialibus predictis aditum, accessum et ingressum prestare in domo eorum habitationis ratione officii ipsius officialis exercendi de contrafacientibus contra formam presentis statuti, sub pena decem librarum bononinorum cuilibet contrafacienti comuni Bononie applicanda ut supra. Decernentes et per presentes declarantes ex nunc prout ex tunc predicta omnia et singula suprascripta vires et robur habere ac observari debere in omnibus et per omnia ut superius continetur.
De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis
predictis. Rubrica131
1389
Statuti
Incipit tractatus de variis et extraordinariis criminibus pertinentibus ad
notarium super coronis et infrascriptis deputatum, et primo
131
Vedi 1335. Statuti, De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis.
Bologna
111
De pena plorantium seu disbatentium ad exequias mortuorum vel
mittentium exenia et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica132
De pena fatientium mariam, comitem vel comitissam. Rubrica133
Quod ultra quinqueginta homines non possit aliquis ducere ad sponsandum
mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat. Et quod
propalacio sponsalitiorum non fiat nisi in capellis sponsi et sponse et sine
congregatione personarum. Rubrica134
Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit vocatus. Rubrica135
De nive et remolo et aliis rebus prohibitis haberi tempore disponsationis et
percussionibus prohibitis. Rubrica136
De pena portantium ornamenta et aliis variis penis. Rubrica137
Volentes obviare vanitatibus mulierum ac etiam sumptuosis et inordinatis expensis
et fatuitatibus et stultitiis plurimorum hominum uxores habentium, statuerunt
quod aliqua mulier cuiuscumque conditionis et status existat non possit portare sub figura vel forma alicuius ornamenti ad aliquod vestimentum in dorsum vel in capite, aliquas perlas, nacharas, gemas seu aliquos lapides preciosos, nec ad ipsum vestimentum vel
132
Vedi 1376. Statuti, De pena plorantium seu desbatentium ad exequias mortuorum et
mittencium enxenia et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica.
133
Vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam seu comitem vel comitissam. Rubrica.
134
Vedi 1376. Statuti, Quod ultra quinqueginta homines non possit aliquis ducere ad
sponsandum mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat. Et propalacio
sponsaliciorum non fiat nisi in capellis sponsi et sponse et sine congregatione personarum.
Rubrica.
135
Vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica.
136
Vedi 1288. Statuti, De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis.
137
In corsivo le parti in comune con 1376. Statuti, De pena portantium ornamenta vetita
et aliis penis variis. Rubrica.
112
Legislazione suntuaria
in capite sub dicta figura vel forma aurum vel argentum deauratum vel non, smaltatum vel non, ultra pondus ipsorum auri vel argenti prohibiti ut supra deferi, duodecim
unciarum ad plus pro quibuscumque ornamentis vestium de dorso sub pena quinque
librarum bononinorum pro qualibet vice qua fuerit contrafactum dividenda et applicanda ut infra.
Nec liceat alicui mulieri cuiuscumque conditionis et status existat portare et deferre
triçerias aliquas in cordellis auri vel argenti in capite vel infra spatulas modo aliquo;
liceat tamen cuilibet domine nupte vel non portare et defere in capite unam cordelam
seu duplonem de auro vel argento ponderis unius uncie ad plus, pena cuilibet contrafacienti quinque librarum bononinorum pro qualibet vice, cuius pene medietas comuni
Bononie applicetur et quarta pars ipsius pene potestati Bononie et reliqua quarta
pars notario coronarum applicetur. Et quod dictum est de domino potestate et eius
notario, idem dicimus de domino capitaneo et eius notario.
Item non possint portare vel supra se habere aliquam bursam de auro vel argento seu
sirico maioris precii librarum quinque bononinorum, sub pena quinque librarum bononinorum pro quolibet et vice qualibet qua fuerit contrafactum dividenda et applicanda ut supra.
Item non possint portare in digitis ultra quattuor anullos quos portare possint cum
gemis, perlis et aliis lapidibus preciosis vel sine, sub pena quinque librarum bononinorum pro quolibet anullo quem plus haberet seu portaret vice qualibet, que pena debeat
dividi et applicari ut supra.
Item non possint portare aliquam centuram de auro vel argento deaurato vel non,
que sit maioris ponderis viginti unciarum, cum smaltis vel sine, in qua centura non
possint esse affise vel clavate alique gemme, perle vel lapides aliqui preciosi, computatis
in dicto pondere tessuto, smaltis et omnibus unitis et affissis dicte centure, sub pena
quinque librarum bononinorum pro quolibet et qualibet vice, que pena debeat dividi
et applicari ut supra.
Item non possint portare aliquas vestes de veluto samitto, tartarino, camucato vel
baldachino in quo camuchato vel baldachino sit contestum aurum vel argentum, nec de
alio quovis panno contesto cum auro vel argento nec de dalmasco deaurato vel non
deaurato, sub pena quinque librarum bononinorum pro qualibet deferente et vice qualibet qua fuerit contrafactum dividenda et applicanda ut supra.
Liceat tamen portare vestes non proibitas deferi foderatas de pano sirici et taffetadi
sive de pano sirici cuiuscumque manieriei non prohibite, dummodo non sit relevatum
vel contestum cum auro vel argento.
Nec liceat alicui mulieri portare caputeum vel capelinam in capite discopertam seu discopertum in totum excepto quam si mulier aliqua habuerit et portaverit vestes in forma
mulieris in eius dorsum, quod tunc et eo casu liceat sibi portare caputeum absque gaibano,
cui caputeo habere liceat maspilos argenti deauratos ponderis duarum unciarum ad plus
computandos in dictis duodecim unciis portari permissis in qua forma sibi placuerit, sub
pena quinque librarum bononinorum dividenda et applicanda ut supra.
Nec liceat sibi aliud aurum vel argentum habere ad dictum caputeum nec talem caputeum modo aliquo portare possit ad gotas, sub pena viginti solidorum bononinorum
vice qualibet qua fuerit contrafactum nisi fuerit mulier maior quadraginta annorum,
cui liceat portare ad gotas sine gabano.
Bologna
113
Liceat tamen cuilibet mulieri portare vel deferre gabanum de pannis non prohibitis
ex forma presentis statuti, dummodo non sit perfilatum nec apertum in aliqua sui parte, sub pena pro qualibet vice librarum quinque bononinorum dividenda et applicanda ut supra.
Nec liceat alicui mulieri portare vel defferre in dorsum aliquam mantelinam
curtam alicuius forme vel maneriei, sub pena librarum quinque bononinorum dividenda et applicanda ut supra, set portare eisdem liceat mantellum lungum duntamen non sit foderatus varo vel varota, nisi sit uxor militis vel doctoris.
Item non possint portare aliquam vestem super qua sint alique ymagines vel figure
vel alique littere recamate sirici seu maspili recamati de auro vel argento, sub pena
quinque librarum bononinorum vice qualibet qua fuerit contrafactum dividenda et
applicanda ut supra.
Liceat autem cuilibet mulieri cuiuscumque status et conditionis existat vestes
quascumque de pano scarlati et de pano nuvelato habere et etiam de quolibet genere
pani lane gentilis vel non, dummodo in eo non sint alia ornamenta prohibita ex forma
presentis nostri statuti. Prohibentes etiam quod aliqua mulier non possit habere aliquod
perfilum ad aliquam vestem quod excedat medium pançiam de vario seu varota, pena
quinque librarum bononinorum pro qualibet et vice qualibet qua fuerit contrafactum
dividenda et applicanda ut supra, nisi sit uxor doctoris decretorum vel legum vel
alicuius militis.
Item non possint portare aliquam vestem ad intaglium de panis diversorum colorum
nec colaretam vel gurgirolam recamatam vel modo aliquo laboratam sirico vel argento, sub pena quinque librarum bononinorum vice qualibet qua fuerit contrafactum
dividenda et applicanda ut supra, nisi dicte vestes essent ad medietatem per longum
seu ad circulos vel schisones vel ad animam vel falçonem vel fictas, quo casu defere liceat et non aliter, sub pena qua supra pro qualibet et qualibet vice dividenda et applicanda ut supra.
Item non possint portare aliquas vestes foderatas seu perfilatas de armelino modo aliquo, sub pena quinque librarum bononinorum pro qualibet differente et vice qualibet
dividenda et applicanda ut supra.
Item non possint portare manighotos ad aliquas vestes suas quovis modo latitudinis
ultra trium unciarum ad mensuram comunis Bononie. Liceat tamen tales vestes et maneghotos non prohibitos portare et defere foderatos et perfilatos de vario vel varota, dummodo aliquod perfilum non excedat mediam varotam vel panzam. Et hoc sub pena
quinque librarum bononinorum pro qualibet et vice qualibet dividenda et applicanda
ut supra.
Declarantes quod liceat cuilibet mulieri cuiuscumque conditionis et status existat portare et defere in dorsum quascumque vestes non prohibitas orlatas de una cordela aurea
vel argentea, dummodo cordele, quas apponi contigerit in vestibus fiendis non excedant
pondus quatuor unciarum ad plus pro ornatu ipsius vestis, sub pena et ad penam quinque librarum bononinorum pro qualibet et vice qualibet qua fuerit contrafactum dividenda et applicanda ut supra. Et idem servetur in vestibus veteribus et iam factis, sub
pena predicta dividenda et applicanda ut supra, quas aliter deferi prohibemus. Ab hiis
excipimus vestes de dalmasco iam factas, quas portare liceat a die publicationis pre-
114
Legislazione suntuaria
sentium statutorum usque ad decennium. Adhicientes et declarantes quod presens statutum non se estendat ad uxores, nurus, filias, neptes non nuptas in eadem familia habitantes aliquorum officialium provisionatorum stipendiariorum forensium vel aliorum forensium qui non sint seu essent habitatores continui civitatis Bononie per spacium unius
anni. Et in quolibet casuum predictorum, ubi dicte mulieres penas ex facto huiusmodi
incurerent, teneatur pater pro filia, avus pro nepte in potestate existentibus non nuptis et
maritus pro uxore sive socer pro nuru et ipso facto de dote ipsius mulieris deducatur et
frater pro sorore in domo sue habitationis existente et non nupta, ad quas penas solvendas
predicti et quilibet predictorum per dominum potestatem civitatis Bononie nec non dominum capitaneum populi, qui pro tempore fuerint realiter et personaliter compellantur.
Quam proclamationem de omnibus et singulis in presenti statuto contentis teneantur fieri facere prefati domini potestas et capitaneus, qui per tempora fuerint, ab introytu eorum officii infra mensem, ut omnibus sepe deveniat ad noticiam et ne contentorum in
presenti statuto nullus valeat ingnoranciam pretendere et hoc sub pena centum librarum
bononinorum ab eisdem dominis potestate et capitaneo et quolibet eorum tempore eorum
sindicatus auferenda per sindicum vel sindicos qui predictos sindicare debuerint. Qui sindicus seu sindici teneantur et debeant tempore dicti sindicatus legitime et solemniter inquirere ex officio suo etiam nullo instante vel petente utrum prefati domini potestas et capitaneus et eorum officiales ad predicta specialiter deputati fuerint negligentes vel remissi
in eorum officiis, rimando et solemniter inquirendo de facientibus contra formam presentis statuti et contentorum in eo et si reperiretur ipsos vel aliquem eorum fuisse negligentes
et remissos puniat et condemnet in centum libris bononinorum applicandis comuni Bononie et de eorum salario retinendis tempore sindicatus per officiales comunis Bononie.
Preterea statuerunt quod nullus merçarius vel aurifex, sartor vel subtrix seu aliqua quevis
persona cuiuscumque status, sexus et conditionis existat, audeat vel presumat aliquod ex
vestimentis predictis incidere, suere aut aliquem pannum ad aliquam ex formis supra
prohibitis reducere vel facere, sub pena quinque librarum bononinorum cuilibet contrafacienti et vice qualibet. Et quod predicti dominus potestas et capitaneus presentes et qui
pro tempore erunt teneantur deputare unum notarium et officialem discretum pro quolibet eorum, qui teneantur et debeant de predictis omnibus et singulis diligenter et efficaciter inquirere et inquiri facere ac etiam mittere ipsos officiales maxime diebus festivis et
solemnibus ad ecclesias et specialiter ad ecclesiam ubi festum singulare vel solemne fieret,
seu sacerdos aliquis novelus misam primam celebraret pro executione omnium predictorum. Necnon ire teneantur dicti notarii et officiales ad domos cuiuslibet sponsi et sponse
tempore nuciarum et diligenter inquirere de contrafacientibus contra formam presentis
statuti, quorum officialium relationi stetur et credatur. Iniungentes ac exprese mandantes
universsis et singulis sponsis, quos et quas contigerit de cetero matrimonio coniungi et copulari, quod ante disponsationem per eos faciendam notificare et intimare debeant ministralibus capelarum in quibus eos vel eas habitare contingerit matrimonium et disponsationem quod et quam facere intendunt, per unum diem ante disponsationem vel nucias,
qua notificatione facta, teneatur dictus ministralis notificare et intimare tale matrimonium et nucias prefatis domino potestati capitaneo vel eius officialibus ad hec deputatis,
ut de eis ignoranciam pretendere non valeant et eorum officiales destinare possint, teneantur et debeant ad domum sponsi et sponse rimandi et inquirendi causa de contrafacientibus contra formam presentis statuti.
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Item providere volentes sumptibus inordinatis tenore presentium, statuerunt quod
nemini civi forensi, incole vel habitatori civitatis Bononie etiam occasione alicuius matrimonii celebrati, contracti, facti vel fiendi liceat quolibet etiam tempore sponsalium,
nuciarum et matrimonii contrahendi vel in alio quocumque convivio dominarum, habere ultra treginta dominas in his dominabus etiam in eadem domo et familia existentibus computatis, tam ex parte sponsi quam sponse, quibus dominabus in convivio
parando more comensali liceat unicuique civi providere in dictis nuciis vel conviviis de
duabus impandionibus et non ultra, super quibus stetur relationi officialium deputatorum ad hoc vel alterius eorum, nisi contrarium probaretur. Inhibentes exprese quod nemini liceat ex parte sponsi vel sponse aliqua ensenia facere de pannis, iocalibus et ornamentis vel alia re, salvo quod liceat sponso donare sponse res reportandas per eam in domum sponsi. Nec etiam liceat ex parte sponsi vel sponse tempore convivii nupcialis aliqua ensenia comestibilia publice vel occulte mitere cuicumque persone. Contrafacientes
autem penam ipso facto incidant et incidisse inteligantur librarum quinque bononinorum pro quolibet et qualibet vice ab eisdem de facto auferenda et comuni Bononie applicanda.
Item providere cupientes vanitatibus mulierum, que nedum in vita tempore sponsalium et nuciarum, set etiam nitebantur et nituntur tempore mortis et exequiarum in eis
habundare non modicum, statuerunt quod nulli mulieri, vidue vel viduande de aliquo
cive Bononie, incola vel habitatore qui beneficio civilitatis gaudere debeat, liceat etiam
tempore exequiarum habere vel portare vestes lugubres vel viduales foderatas de vario vel
varota, armelino, dossis de vario, squiratulis vel marturelis aut velos in capite et pro ornatu capitis ipsius mulieris vidue habere vel portare maioris precii ad plus decem librarum bononinorum etiam pretestu cuiuscumque relicti facti cuilibet ultra summam predictam occasione predicta volumus non valere, sub pena et ad penam vigintiquinque librarum bononinorum cuilibet partium predictarum, etiam tam danti quam recipienti,
ipso facto auferenda et exigenda et comuni Bononie applicanda, ab hiis excipimus uxores militum et doctorum iuris canonici et civilis.
Nolumus etiam quod alicui mulieri liceat propter obitum alicuius ex parentibus
vel fratris deffere velos et vestes seu aparatus lugubres ultra duos menses a die mortis talis parentis vel fratris; propter obitum vero sororis vel alterius persone quam
suprascriptarum vel mariti, ultra unum mensem a die mortis, et intelligatur deffere
propter obitum, nisi probetur aliud, sub pena quadraginta solidorum bononinorum quod solvatur de dote sua.
Item providere volentes ut predicta statuta ut perpetuum et plenum sortiri possint effectum, providerunt quod nullus civis vel forensis dicere, proponere vel arengare vel consulere possit, audeat vel presumat contra contenta in hoc statuto vel aliqua contenta in
ipso statuto vel propter quod possit derogari aliquibus contentis in hoc statuto. Et quilibet qui contrafecerit in predictis ipso facto incidat in penam centum librarum bononinorum comuni Bononie applicandam et exigendam per prefatos dominos potestatem et
capitaneum vel alterum eorum.
Preterea statuerunt quod quilibet possit accusare, denunciare et notificare quascumque personas delinquentes contra predicta statuta vel aliquod predictorum publice, palam et secrete pro libito ipsorum denunciare volentium domino potestati et eius curie ac
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Legislazione suntuaria
domino capitaneo populi et eius curie, qui teneantur in secreto per dictos officiales, si
voluerint et habeant et habere debeant tales denunciatores medietatem pene que exigeretur ex tali denunciatione.
Item statuerunt quod prefati dominus potestas et capitaneus et quilibet eorum possint, teneantur et debeant inquirere eorum mero officio contra omnes et quoscumque delinquentes et facientes contra formam presentis statuti et omnium contentorum in eo ac
etiam ad denunciationem cuiuscumque denunciare volentis et quocumque modo procedatur, et habeant et habere debeant de condemnationibus fiendis per eos exigendis tempore eorum officii solidos duos bononinorum pro qualibet libra.
Inhibentes officialibus predictorum dominorum potestatis et capitanei quod in exercendo eorum officium arrestare non possint vel debeant quovis modo, ratione vel causa,
aliquam mulierem vel cum eis loqui, set cauto et honesto modo investigare nomen et
prenomen ipsius mulieris, demum eius officium exercere possit in puniendo et condemnando secundum formam presentis statuti.
Item statuerunt quod omnes et singuli patres familias vel sic et pro talibus habiti, in
quorum domibus propriis vel conductis de cetero contigerit aliquas nuptias, sponsalia et
convivia fieri tempore ipsarum nuciarum, sponsalium et convivii, teneantur officialibus
predictis aditum, accessum et ingressum prestare in domo eorum habitationis ratione officii ipsius officialis exercendi de contrafacientibus contra formam presentis statuti, sub
pena decem librarum bononinorum cuilibet contrafacienti comuni Bononie applicanda
ut supra. Decernentes et per presentes declarantes ex nunc prout ex tunc predicta omnia
et singula suprascripta vires et robur habere ac observari debere in omnibus et per omnia ut superius continetur.
Et ad obviandum fraudibus et novis inventionibus mulierum circa vestes sumptuosas quas asidue satagunt reperire, statuimus quod magnifici domini antiani una
cum collegiis possint circa vestes et ornamenta mulierum in non dispositis in presenti statuto et penas apponere contrafatientibus et prout eisdem placuerit disponere.
De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis
predictis. Rubrica138
Disposizioni suntuarie
Volentes obviare vanitatibus mulierum ac etiam sumptuosis et inordinatis expensis et fatuitatibus et stultitiis mulierum et plurimorum hominum uxores habentium, statuerunt quod nulla mulier cuiuscunque conditionis et status existat possit
portare sub figura vel forma alicuius ornamenti ad aliquod vestimentum in dorso
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Vedi 1335. Statuti, De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis.
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vel supra capud vel ad colum vel trecerias sceu triçias vel in aliqua parte sue persone
aliquas gemas sceu aliquos lapides preciosos, perlas, nacharas, aurum vel argentum
deauratum vel non, smaltatum vel non, nec aliquam coronetam, çoglietum, grilandam vel fraschatam de auro vel argento nisi modo et forma infrascriptis videlicet,
quod portent in capite quascunque cordellas aureas et argenteas cuiuscunque ponderis, videlicet in treceriis et cordella de capite et ultra perlas valoris et extimationis
treginta librarum bononinorum et non ultra nec alia iochalia vel ornamenta.
Item non possint portare vel supra habere in dorso vel aliqua parte sue persone
aurum vel argentum smaltatum vel non, auratum vel non, salvo quod possint portare argentum smaltatum vel non, deauratum vel non in maspiliis, cuculiis, fiobetis
sceu aliis aflobaturis vel abotonaturis sceu ornamentis ipsarum vestium usque ad
pondus sexdecim untiarum pro qualibet veste et non ultra. In hiis non computatis
aliquibus cordellis deauratis vel non deauratis, que tamen excedere non possint
pondus octo untiarum.
Item possint portare unam centuriam de argento deaurato vel non deaurato,
smaltato vel non smaltato, duntamen pondus ipsius centure deferende tessuto et
omnibus eidem suttis vel affixis computatis non excedat pondus viginti untiarum
nec eidem sint claudate sive clavate aliqui perle, geme vel lapides pretiosi.
Item non possint portare vel supra se habere aliquam bursam de auro vel argento maioris pretii quinque librarum bononinorum vel in qua sint alique perle anese
vel in ea laborate.
Item non possint portare in dicitis ultra tres annullos quos portare possint cum
gemis, perlis et aliis lapidibus preciosis vel sine.
Item non possint portare aliquas vestes de veluto affigurato de aliquibus figuris sirici, auri vel argenti sceu brocato de auro vel argento aut de tartarino sceu getanino, camucato vel baldachino, in quo camucato vel baldachino sit contestum aurum vel argentum vel quod habeat saldam nec alio quovis pano contesto cum auro vel argento
nec de dalmascho deaurato vel non deaurato nisi ut infra describitur, nec portare gabanum extra pani non prohibiti profillatum latiori profillo quam sit latitudo unius untie.
Nec etiam liceat alicui mulieri portare vel defferre in dorsum dum incedat pedes
aliquam mantelinam curtam que non atingat ad genua alicuius forme vel maneriei,
set portare eisdem liceat mantellum longum duntamen non sit foderatus varo vel
varota, nisi sit uxor militis vel doctoris.
Item non possint portare aliquam vestem, collaretum vel gurgirolam super qua
vel quo sint alique ymagines vel figure vel alique litere recamate de auro, argento
vel sirico sceu aliqui maspili recamati ut supra de sirico aut auro vel argento, nisi essent veteres ut infra dicetur.
Item non possint portare aliquas vestes in quibus sint pelles armelini vel in parte
sutas vel non suttas ipsis vestibus de subtus vel de super, nisi sit uxor vel filia non
nupta militis vel doctoris ut supra proxime.
Item non possint portare manigotos ad aliquas suas vestes quovis modo latitudinis maioris mensure trium untiarum ad mensuram comunis Bononie, foderatos vel
non foderatos. Liceat tamen cuilibet mulieri cuiuscunque status et conditionis existat portare et deferre in dorsum quascunque vestes non prohibitas ornatas de cor-
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della aurea vel argentea dummodo cordelle, quas apponi contigerit, non excedat
pondus octo untiarum ad plus. Ac etiam possint portare panos de pano lane vel de
sirico iam factos tempore publicationis presentis statuti, duntamen in eis non sit
contestum aurum vel argentum et sit etiam sine perlis, non obstante quod in vel
super dictas vestes essent cordelle de auro vel argento sutte eidem ultra pondus quatuor untiarum vel essent in aliqua parte earum recamate. Que vestes ut supra facte
cum cordellis sceu recamatoris portari possint usque ad octo annos solum a die
proclamationis fiende de predictis pro parte domini potestatis Bononie. Ita tamen
quod ipse vestes veteres portande ut supra et que permisse sunt portari dentur et
porigantur in scriptis coram domino potestate Bononie vel alio per ipsum deputando infra decem dies a die cride fiende et bullentur et bullate reperiantur bulla ordinanda per magnificos dominos nostros dominos antianos, de quibus vestibus porigendis fieri debeat unus liber in forma publica deputandus ad camaram actorum
populi et comunis Bononie.
Item etiam vestes de dalmascho vel dalmaschino iam factas quas portare liceat a
die publicationis presentis statuti usque ad decennium dummodo in eis non sit
contestum aurum vel argentum.
Adhitientes et declarantes quod presens statutum non se extendat ad uxores, nurrus, filias, neptes non nuptas in eadem familia habitantes aliquorum offitialium,
provisionatorum, stipendiariorum forensium vel aliorum forensium, qui non sint vel
fuerint sceu essent incolle et habitatores continui civitatis Bononie per spatium quatuor annorum, dummodo tales uxores, nurrus et filie aut neptes sint etiam forenses.
Et in quolibet casuum predictorum ubi dicte mulieres penas ex facto huiusmodi
incurrerent teneatur pater pro filia, avus et patruus pro nepote in potestate vel secum in familia existente non nuptis et maritus pro uxore sive socer pro nurru et ipso facto de dote ipsius mulieris deducantur et frater pro sorore in domo sue habitationis existente et non nupta.
Ad quas penas solvendas predicti et quilibet predictorum per dominum potestatem civitatis Bononie, dominum capitaneum populi vel alterum eorum qui per
tempora fuerint realiter et personaliter compellantur, de quibus omnibus fieri debeat proclamatio per civitatem Bononie et super triviis consuetis ex parte domini
potestatis et domini capitanei. Quam proclamationem de omnibus et singulis in
presenti statuto contentis teneantur fieri facere prefati domini potestas et capitaneus et qui per tempora fuerint ab introitu eorum offitii infra mensem et in kalendas mensis ianuarii et in octava pasce Resurectionis annis singulis ut omnibus sepe
deveniat ad notitiam et ut contentorum in presenti statuto nullus valeat ingnorantiam pretendere, et hoc sub pena centum librarum bononinorum ab eisdem domino potestate et capitaneo et quolibet eorum tempore eorum sindicatus aufferenda
per sindicum vel sindicos, qui predictos sindicare debuerint. Qui sindicus sceu sindici teneantur et debeant tempore dicti sindicatus legiptime et solemniter inquirere
etiam nullo instante vel petente utrum prefati domini potestas et capitaneus et eorum offitiales ad predicta solemniter deputati fuerint negligentes vel remissi in eorum offitiis rimando et solenniter inquirendo de fatientibus contra formam presentis statuti et contentorum in eo. Et si reperiretur ipsos vel aliquem eorum fuisse ne-
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gligentes et remissos, puniantur et condamnentur in centum libris bononinorum
applicandis communi Bononie et de eorum salario retinendis tempore sindicatus
predicti per offitiales comunis Bononie.
Preterea statuerunt quod nullus, cuiuscunque status et sexus vel conditionis existat, audeat vel presumat aliquod ex vestimentis predictis incidere, suere aut aliquem
panum ad aliquam ex formis supra prohibitis reducere vel facere aut res supra prohibitas apponere sceu applicare vel aliquas coronas, fraschatas vel figuras aut ymagines liliorum, avium, animalium, arborum vel erbarum aut coronellas, giglielos vel
iocalia facere nec facta palam tenere, sub pena quinque librarum bononinorum cuilibet contrafatienti et vice qualibet dividenda et applicanda ut infra.
Et quod prefatus dominus potestas et capitaneus presentes et qui pro tempore
erunt et quilibet eorum teneantur et debeant deputare unum notarium et offitialem discretum pro quolibet eorum qui teneantur et debeant de predictis omnibus
et singulis dilligenter inquirere et inquiri facere. Ac etiam mittere ipsos offitiales
maxime diebus festivis et solemnibus ad ecclesias et specialiter ad ecclesiam ubi festum singulare vel solenne fieret sceu sacerdos aliquis novellus missam primam cellebraret pro executione omnium predictorum, duntamen non possit neque valeat
vigore sui offitii aliquam intrare ecclesiam.
Item ne teneantur dicti notarii et offitiales ad domum cuiuscunque sponsi et
sponse tempore nuptiarum et dilligenter inquirere contra formam presentis statuti
vel contentorum in eo. Quorum offitialium relationi stetur et credatur duntamen
non intrent domum sceu domos alicuius civis vel habitatoris civitatis Bononie.
Item providere volentes sumtibus inordinatis tenore presentium, statuerunt
quod nemini civi, incole, forensi vel habitatori civitatis Bononie etiam occasione
alicuius matrimonii celebrati, contracti, facti vel fiendi, liceat tempore sponsalium,
nutiarum et matrimonii contrahendi vel in aliquo quocunque convivio dominarum
habere ultra treginta dominas. In hiis dominabus etiam in eadem familia et domo
existentibus computatis tam ex parte sponsi quam sponse nisi esset dies qua domine vadunt pro reducenda sponsa ad domum patris vel matris vel parentum ipsius
sponse, quo casu euntes pro sponsa non debeant numerari. Quibus dominabus in
convivio parando in ora comensali liceat unicuique civi providere in dictis nutiis
vel conviviis de duabus impendionibus et non ultra, super quibus stetur rellationi
offitialium ad hoc deputatorum vel alterius eorum nisi contrarium probaretur. Prohibentes tamen cuicunque offitiali quod non intrent aliquam domum aliquorum
civium civitatis Bononie vel forensium habitantium in dicta civitate.
Inhibentes expresse quod nemini liceat ex parte sponsi vel sponse aliqua emsenia facere de pannis, iocalibus et ornamentis et alia re. Salvo quod liceat sponso donare sponse res reportandas per eam in domum sponsi nec etiam liceat ex parte
sponsi vel sponse tempore convivii nuptialis aliqua emxenia comestibillia publice
vel oculte mittere alicui persone. Contrafatientes autem penam ipso facto incidant
et incidisse intelligantur libras quinque bononinorum pro quolibet et qualibet vice,
ab eisdem de facto auferenda et applicanda ut infra.
Item providere cupientes vanitatibus mulierum que nedum in vita tempore
sponsalium et nuptiarum sed etiam nittebantur et nittuntur tempore mortis et exe-
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quiarum in eis habundare non modicum. Statuerunt quod nulli mulieri vidue vel
viduande de aliquo cive Bononie, incola vel habitatore, qui benefitio civilitatis gaudere debeat, liceat etiam tempore exequiarum vel postea habere vel portare vestes
lugubres vel viduales maioris extimationis quatraginta librarum bononinorum nec
etiam aliquas vestes foderatas de varo vel armelino, dossis de varo, squiratollis vel
martorelis aut etiam habere vellos in capite et pro ornatu capitis ipsius mulieris vidue vel portare maioris pretii pro ipsis velis ad plus decem librarum bononinorum
etiam sub pretestu cuiuscumque relicti facti ultra summam predictam occasionibus
predictis vel aliqua earum. Que legata sceu relicta volumus ipso iure non valere nec
heres ea prestare sceu dare possit sub infrascripta pena nec ad ea prestanda heres
quolibet cogi possit nec ipsa mulier cui reliqueretur recipere possit vel audeat quoquomodo, sub pena et ad penam vigintiquinque librarum bononinorum cuilibet
partium predictarum etiam tam danti quam recipienti ipso facto exigenda et applicanda ut supra.
Volumus tamen quod nulli mulieri liceat portare vellos vel vellum terçarolum
vel terçarolos, orditum sceu textum orditos sceu textos in totum vel in partem de lino, nisi duntaxat pro morte mariti et tunc valoris decem librarum bononinorum ad
plus ut supra. Sub dicta pena auferenda et applicanda et exigenda ut infra proxime.
Possint tamen mulieres portare panisellos et velloselas modo consueto absque velis
lini pendentibus supra pectus. Nulli etiam mulieri liceat portare vestes lugubres simul cum vellis etiam sibi permissis in habitu lugubri, nisi modo, tempore et forma
infrascripta videlicet, quod possint dictas vestes et velos, qui tamen non sint de lino
ut supra portare pro morte parentum suorum aut parentum mariti usque ad tres
menses ad plus et pro morte fratris et sororis aut consanguineorum carnalium
utriusque sexus tam mariti quam ipsarum mulierum usque ad duos menses. Pro
morte vero aliarum personarum possint portare per unum mensem ad plus, sub pena et ad penam vigintiquinque librarum bononinorum pro qualibet et qualibet vice
exigenda et applicanda ut infra. Vestes tamen licet facte fuerint pro luctu possint
portare sine velis quantum eis placuerint.
Et ne sub pretestu veterorum panorum vel centurarum et minoris ponderis perlarum et centurarum predictarum mullieres prosiliant ad aliqua portanda contra
formam presentium statutorum et ut ipse vestes valeat discerni.
Ordinamus quod per magnificos dominos antianos elligatur et deputetur unus
offitialis qui bullare sceu stampare debeat vestes veteres que sunt contra formam
presentium statutorum et permissas defferi usque ad tempus secundum formam ipsorum statutorum limitatam et quod nulla mulier deferre possit seu supra se habere
aliquas de dictis vestibus veteribus permissis, nisi solum usque ad tempus ut supra
vel infra nec aliquod reale de perlis sceu cum perlis vel aliquam centuram permissam, nisi primo sit stampata sceu bulata dicta bulla sceu stampa deputanda dicto
offitiali, sub pena quinque librarum bononinorum pro qualibet vice qua fuerit contrafactum et quod non possit tale repertum contra formam presentium statutorum
amplius deferri. Statuimus etiam quod dictus offitialis teneatur et debeat bullare
sceu stampare eas vestes, centuras et etiam iocalia taliter quod ipsis iocalibus nichil
addi possint quin expresse videatur et cognoscatur quotiens fuerit requisitus. Et ad
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taxandum pondus et extimationem iocalium et perlarum sit presens massarius
campsorum et aurificum cum sacramento vel deputati per dictos massarios videlicet, unus pro quolibet cum sacramento et habeant predicti cives et extimatores et
habere debeant pro qualibet stampitura seu bullatura denarios sex tantum, non tamen aliquam centuram vel iocale perlarum contra formam predictorum statutorum
factam et factum stampare vel bullare, sub pena quinqueginta librarum bononinorum pro qualibet vice qua fuerit contrafactum. Et de predictis vestibus, centuris et
iocalibus que bullantur sceu stampantur fiat unus [liber] in quo per ordinem scribantur predicta et cuius sunt ponendo nomen, prenomen et capellam taliter quod
persona cuius erit sciri et cognosci possit et res stampanda sceu bullanda.
Item voluerunt et statuerunt quod non aliqua domina cuiuscunque conditionis
et status existat que de cetero possit nec debeat in dorso aliquam vestem de panno
divisato de seta laborato nisi fuerint stampate et facte ut supra.
Item statuerunt et ordinaverunt quod liceat cuicunque persone cuiuscunque
status et conditionis si contingat aliquem mori habere ad corpus sceu exequia octo
funalia sceu dupleria et non ultra. Salvo quod predicta non intelligantur si fuerit
millex vel doctor cui et quibus liceat habere viginti et non ultra.
Insuper volentes ut predicta statuta perpetuum et plenum sortiri possint effectum providerunt quod nullus civis vel forensis dicere, proponere vel arengare vel
consulere possit, audeat vel presumat contra contenta in hoc statuto vel aliqua contenta in ipso vel propter quod derogari possit aliquibus contentis in hoc statuto et
quilibet qui contrafecerit in predictis, ipso facto incidat in penam centum librarum
bononinorum communi Bononie applicandam et exigendam de facto per prefatos
dominum potestatem et capitaneum vel alterum eorum.
Preterea statuerunt quod quilibet possit accusare, denuntiare vel notifficare quascunque personas delinquentes contra predicta vel aliquod predictorum publice, palam et secrete pro libito ipsorum denuntiare volentium domino potestati et eius curie et domino capitaneo populi et eius curie, cuius denuntiatoris dicto cum sacramento credatur cum dicto et sacramento duorum testium fidedignorum et habeant
et habere debeant tales denuntiatores tertiam partem pene que exigetur de tali denuntiatione.
Item statuerunt quod prefati domini potestas et capitaneus et quilibet ipsorum
possint, teneantur et debeant inquirere eorum mero offitio contra omnes et singulos delinquentes et fatientes contra formam presentis statuti et omnium contentorum in eo. Ac etiam ad denuntiationem cuiuscunque denuntiare volentis et quocunque modo procedatur sumarie de plano simpliciter et de facto sine strepitu et
figura iuditii et veritate reperta possit condennare omni iuris et statutorum solenniter et substantialiter. Et habeant et habere debeant dicti potestas et capitaneus qui
condennationes fecerint de condennationibus fiendis per eos et exigendis tempore
eorum offitii de predictis vel aliquo predictorum tertiam partem condennationis
que exigetur de predictis. Inhibentes offitialibus, nuntiis et famulis et notariis ad
hoc deputandis predictorum dominorum potestatis et capitanei quod in exercendo
eorum offitium camuffatos, travestitos vel solos non debeant incedere, set semper
secum habere debeant unum nuntium portantem in capite cappellinam discoper-
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Legislazione suntuaria
tam secundum quod portare debent ex forma statuorum et arestare non possint
quovis modo, ratione vel causa aliquam mulierem vel cum eis loqui, set cauto et
honesto modo investigare nomen et prenomen ipsius mulieris demum eius offitium exercere possit in puniendo et condennando secundum formam presentis statuti. Qui offitialis deputandus habeat de qualibet inventione quam fecerit terciam
partem condennationis fiende si exacta fuerit condennatio tempore eius offitii,
quam terciam partem depositarius disco Ursii deputatus debeat servare et conservare usquequo finitum sit offitium, quo finito et finito sindicatu eius de condennatione in qua nullus denuntiator fuerit depositarius ad dischum Ursii predictus ad
petitionem ipsius offitialis compellatur per sindicos realiter et personaliter de facto
ad solvendum dictam terciam partem dicto offitiali, de qua parte potestas vel capitaneus nichil possint habere directo vel obliqum. Cui notario potestas sceu capitaneus teneatur ultra predictam terciam partem dare debitum et concedens salarium
arbitrio sindicorum ad quod solvendum compellatur tempore sindicatus non obstante aliqua promissione vel pacto inter eos habito.
1398, luglio 18
Provvisioni
De ornamentis
I. In Christi nomine, amen. Anno nativitatis eiusdem millesimo trecentesimo
nonagesimo octavo, inditione sesta, die decimo octavo mensis iulii, tempore pontificatus domini Bonifacii divina providentia pape noni. Volentes inmoderatis sumptibus vestibus et ornamentis mulierum salubriter obviare, quos nec etiam mariti interdum valent suportare, desiderantesque quod res publica bonis et honestis moribus poleat et maxime Deo placentibus, statuerunt quod nulla mulier cuiuscumque
condicionis et status existat possit alicuius ornatus causa portare vel super se habere
aliquas gemas sceu aliquos lapides preciosos, perlas, nacaras, aurum vel argentum
deauratum vel smaltatum vel non, nec aliquam coronetam, zoglielum, ghirandam
vel frascatam de auro vel argento sceu perlis nixi ut infra continetur. Liceat tamen
eis supra capud portare unam unciam cum dimidia argenti aut auri filati quocumque modo vellint et nusto et non nusto, cum siricho vel alia re non prohibita. Liceat autem dominabus etatis quadraginta annorum et ultra portare trecias tam
deauratas quam non deauratas modo consueto.
II. Item non possint portare et super se ornatus causa habere aureum vel argentum, salvo quod possint portare argentum tam deauratum quam non vel smaltatum in et super ornamentis usque ad pondus duodecim untiarum et non ultra, in
hiis vero computatis aliquibus cordellis deauratis vel non deauratis, quas portare et
super se ornatus causa habere possunt usque ad pondus sex untiarum et non ultra
et prout eis placuerit ut infra.
III. Item quod possint portare ultra predictas duodecim untias et sex untias in
cordellis unam centuram vel tesutum de argento deaurato vel non deaurato, smal-
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tato vel non smaltato, dum tamen pondus argenti et auri smaltati ipsarum centure
et tesuti defferendum tesuto et omnibus eidem sutis vel afixis computatis non excedat pondus decem untiarum, nec eidem sint claudate vel cavate aut afixe alique
perle vel lapides preciosi.
IIII. Item non possint portare aliquod perfilum maioris latitudinis sceu altitudinis pancie in gabano vel sacho observetur capitulum in et super hoc descriptum.
V. Item non possint portare in digitis ultra tres anulos, quos portare possint
cum gemis, perlis et aliis lapidibus preciosis vel non.
VI. Item non possint portare aliquas vestes de veluto afigurato vel cum pilo lungo quovis modo sceu brochato de auro vel argento aut de aliquo panno de lana vel
de siricho vel nusto cuntesto de auro vel argento vel qui habeat saldam, nec aliquas
vestes ad torlos, undas, mandolas, saglias, gradas, schaiones et similes nixi ut infra
describitur, nec portare gabanum sceu sachum perfilatum ad collum vel ad pedes
latiori perfilo quam sit latitudo unius uncie, manice autem cuiuscumque vestis non
possint esse latiores uno brachio et tercio mensurando circhum circha, et non possint esse longiores quam sit brachium cum manu mulieris vestem deferentis, salvo
quam ad pannos veteres et iam factos dum tamen sint bolati.
VII. Item non possint portare sceu vestitam habere aliquam vestem in aliqua sui
parte rechamatam, nel aliquos botones sceu maspilos rechamatos, nixi essent vestes
veteres ut infra dicetur et bulatas ut supra, nec etiam deffere ad collum vel ad petus
nec ad brachia aliquem zoglielum nec aliquam divixiam vel collarinum alicuius precii.
VIII. Item non possint portare aliquas vestes foderatas de aliquibus pellibus, videlicet armelini, varii et dosubus varii, squiralatorum, varotarum et martirelorum
in totum vel pro parte sute vel non sute ipsis vestibus de suptus vel de super nec alterius generis foderationis eiusdem vel maioris valoris, salvo quod liceat eis portare
de dictis pellibus, excepto et armelino pro vistis manicharum vel perfilis sceu filitis,
predicta autem huius capituli non se extendant ad mulieres et dominas cuiuscumque conditionis etatis quadraginta annorum et abinde supra, de qua etate stetur sacramento ipsarum, nec ad uxores vel filias non nuptas militum vel doctorum iuris
civilis vel canonici, medicine sceu phisice.
VIIII. Item non possint portare manigotos ad aliquas suas vestes quovis modo
latitudinis maioris mensure trium untiarum ad mensuram comunis Bononie
foderatas vel non foderatas. Item quod possint portare vestes iam factas tempore
proclamationis facte, non obstante quod sint prohibite ex forma presentium
capitulorum, dum tamen manice que essent latiores vel longiores quam supra
reducantur atque bulentur ad formam permissam de qua supra continetur, et dum
tamen in eis non sint perle vel aliquod argentum ultra pondus argenti supra
permissum, non computatis in hiis recamaturis vel cordellis, que vestes ut supra
facte portari possint usque ad octo annos solum a die proclamationis facte et fiende
de predictis pro parte domini potestatis Bononie et capitanei, ita tamen quod ipse
vestes veteres que ut supra permisse sunt portari dentur et porigantur in scriptis
coram domino potestate et capitaneo vel alio eorum officiali deputando infra
terminum cride et bulentur et bulate reperiantur bulla ordinata per magnificos
dominos nostros antianos, de quibus vestibus porigendis fieri debeat unus liber in
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Legislazione suntuaria
forma publica deputandus ad cameram actorum comunis et populi Bononie, in
quo scribi debeat qualitas panni et nomen persone mulieris et eius viri si est nupta
allias eius patris, et capela in qua habitat et sic quod cognosci possit et sciri tam
mulier cuius est vestis quam vir sive eius pater, et alia mulier quam in dicto libro
descripta portare sceu induere et indutam habere sceu portari vel inducta haberi
possit per aliquam mulierem, sub pena cuilibet contrafacienti in aliquo
predictorum tam in presenti capitullo quam precedentium vice qualibet librarum
quinque bononinorum, que pena et etiam infrascripte aplicentur et dividantur ut
infra in ultimo capitullo continetur, et hoc in vestibus aliis quam brochatis, auro
vel argento, et earum delatione quas portare non permittuntur nixi quantum per
statuta compilata per sexdecim officiales tunc super reformatione status in
millesimo trecentesimo nonagesimo quarto, que statuta quoad dictas vestes et eas
deferentes firma permaneant.
X. Adicientes et declarantes quod presens statutum non se extendat ad uxores,
nurus, filias, neptes non nuptas in eadem familia habitantes aliquorum officialium
provisionatorum, stipendiariorum forensium vel aliorum forensium non incolarum
sceu habitatorum civitatis Bononie minori spatio quinque annorum, dummodo tales uxores, nurus vel filie aut neptes sint etiam forenses.
XI. Item in quolibet casuum predictorum ubi dicte mulieres penas in facto huiusmodi incurerent, teneatur pater pro filia, avus et patruus pro nepte secum in familia existentibus sceu habitantibus non nuptis, et maritus pro uxore sive socer pro
nuru, et ipso facto de dote ipsius mulieris deducantur, et frater pro sorore in domo
sue habitationis et non nupta. Aditientes quod si tamen semel in unaquaque die
qua mulier aliqua contrafecisse predictis fuerit inventa penam predictam dicatur incurisse. Et ut mariti diligentiores existant providerunt quod pro unaquaque vice
qua uxore alicuius fuerit inventa contrafecisse predictis extimum mariti augeatur in
libris vigintiquinque bononinorum.
XII. Preterea statuerunt quod nullus cuiuscumque status, masculus vel femina,
vel condicionis existat, audeat vel presumat aliquod ex vestimentis predictis superius prohibitis incidere, suere aut aliquem pannum ad aliquam ex formis supra prohibitis reducere vel facere aut res supra prohibitas ei apponere sceu applicare, sub
pena cuilibet sartori et cuicumque alteri masculo vel femine qui in predictis contrafecerit decem librarum bononinorum. Similiter statuerunt et providerunt ne aliquis
possit aliquas coronas, fraschatas, sagliotas vel figuras sceu imagines liliorum,
avium, animalium, arborum vel erbarum et coronelas facere nec factas palam tenere
sub pena quinque librarum bononinorum cuilibet contrafacienti et vice qualibet
dividenda et aplicanda ut supra, nixi facerent vel fecissent ad petitionem alicuius
forensis extra comitatum portare volentis vel nixi facerent vel fecissent pro aliquo
masculo portare pro se volente.
XIII. Et quod prefati dominus potestas et capitaneus presentes et qui pro tempore erunt et quilibet eorum teneantur et debeant deputare unum ex notariis suis discretum pro quolibet eorum qui teneantur et debeant de predictis omnibus et singullis diligenter et efficaciter inquirere et inquiri facere ac etiam mittere ipsos officiales maxime diebus festivis et solennibus ad ecclesias et specialiter ad ecclesiam
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ubi festum singulare et solenne fieret sceu sacerdos aliquis novus missam primam
celebraret pro executione omnium predictorum, dum tamen non possint neque valeant in aliqua ecclesia ipsum officium exercere.
XIIII. Item ire teneantur dicti notarii et officiales ad domos cuiuscumque sponsi
et sponse tempore nuptiarum et diligenter inquirere de facientibus contra formam
presentis statuti vel contentorum in eo, quorum officialium relaptioni stetur et credatur dum tamen non intrent domum sceu domos alicuius civis vel habitatoris civitatis Bononie pro predicto officio exercendo.
Item providere volentes sumptibus inordinatis tenore presentium statuerunt
quod nemini civi, incole, forensi vel habitatori civitatis Bononie etiam occaxione
alicuius matrimonii celebrati, contracti, facti vel fiendi liceat quolibet tempore
sponsalium, nuptiarum vel matrimonii contrahendi vel in aliquo quocumque convivio habere ultra treginta dominas, in hiis dominabus etiam in eadem domo et familia existentibus computatis tam ex parte sponsi quam sponse, nixi esset dies qua
domine vadunt ad reducendam sponsam ad domum patris vel matris vel parentum
ipsius sponse, quo casu euntes pro sponsa non debeant numerari, quibus dominabus in convivio sceu prandio more comensali liceat unicuique civi providere in dictis nuptiis vel convittiis de duabus imbandisonibus carnium et non ultra, super
quibus stetur relationi officialium ad hoc deputatorum vel alterius eorum nixi contrarium probaretur, prohibentes tamen cuicumque officiali quod non intrent domum aliquorum civium civitatis Bononie vel forensium habitancium in dicta civitate pro dicto eorum officio exercendo.
Inhibentes expresse quod nemini liceat ex parte sponsi vel sponse aliqua ensenia
facere de pannis, iocalibus et ornamentis et alia re, salvo quod liceat sponso donare
sponse res repportandas per eam in domo sponsi, nec etiam liceat ex parte sponsi
vel sponse tempore convii nuptialis aliqua ensenia comestibilia publice vel oculte
mittere alicui persone nixi eis qui sponsam duxerint ad domum sponsi, nam tunc
possit sponsus ensenium aliquod mittere sed non teneatur. Contrafacientes autem
in penam ipso facto incidant et incidisse intelligantur unius bononini auri pro quolibet ensenio et qualibet vice ab eisdem de facto auferenda et aplicanda ut infra.
Item providere cupientes inmoderatis sumptibus viduarum et que fiunt tempore
viduitatis ipsarum, statuerunt quod nulli mulieri vidue vel viduande de aliquo cive
Bononie incola vel habitante qui beneficio civilitatis gaudere debeat, liceat etiam
tempore exequiarum vel postea, habere vel portare vestes lugubres vel viduales
maioris exstimacionis quinquaginta librarum bononinorum, nec etiam aliquas vestes foderatas de vario vel armelino, dossis de vario, squiratollis vel martorellis aut
etiam habere velos in capite et pro ornatu capitis ipsius mulieris vidue, vel portare,
maioris precii pro ipsis velis ad plus maioris exstimationis decem librarum bononinorum, etiam pretestu cuiuscumque relicti facti ultra sumam predictam occaxionibus predictis vel aliqua earum, que legata sceu relicta esse[n]t ultra quantitatem
predictam, et ex predicta causa volumus ipso iure non valere in quantitate excedente sumam dictarum decem librarum bononinorum et dictarum quinquaginta librarum bononinorum, nec heres ea prestare sceu dare possit sub infrascripta pena, nec
ad ea prestanda heres ipse quomodolibet cogi possit, nec ipsa mulier cui relinquere-
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Legislazione suntuaria
tur recipere possit vel audeat quoquo modo sub pena et ad penam quinque librarum bononinorum cuilibet partium predictarum, etiam tam danti quam recipienti
ipso facto auferenda et exigenda ac aplicanda ut infra. Ipsam tamen mulierem ita
demum in penam incidere providerunt si heres ipsi mulieri prothestatus fuerit et
presens statutum eidem ostendiderit.
Item statuerunt et ordinaverunt quod liceat cuicumque persone cuiuscumque
condicionis et status existat si contingat aliquem mori habere ad corpus sceu exequias octo funeralia sceu dupleria et non ultra, salvo quod predicta non intelligantur si fuerit miles vel doctor, cui et quibus liceat habere viginti et non ultra, nixi
otempta licentia a dominis antianis et dominis de collegiis.
Insuper, volentes ut predicta statuta perpetuum et plenum sortiri possint effectum, providerunt quod nullus civis vel forensis dicere, proponere vel arengare aut
consulere possit contra contempta in presenti statuto vel aliqua contempta in ipso
vel propter quod derogari possit aliquibus contentis in hoc statuto, et quilibet qui
contrafecerit in predictis ipso facto incidat in penam vigintiquinque librarum bononinorum comuni Bononie aplicandam et exigendam de facto per prefatos dominum potestatem et capitaneum vel alterum ipsorum.
Preterea statuerunt quod quilibet possit acuxare, denuntiare et notificare quascumque personas delinquentes contra predicta vel aliquod predictorum publice,
palam et secrete pro libito ipsorum denuntiare volentium domino potestati Bononie et eius curie, cuius denuntiantis dicto cum sacramento credatur et cum dicto et
sacramento unius testis fidedigni, et habeant et habere debeant tres tales denuntiatores terciam partem pene que exigetur de tali denuntiatione.
Item statuerunt quod prefati dominus potestas et capitaneus et quilibet eorum
possint, teneantur et debeant inquirere eorum mero officio contra omnes et quoscumque delinquentes et facientes contra formam presentis statuti vel contentorum in
eo, ac etiam ad denuntiationem cuiuscumque denuntiare volentis et quocumque modo procedatur sumarie, simpliciter et de plano, sine strepitu et figura iudicii, et veritate reperta possint condemnare omni iuris et statutorum solemnitate et substancialitate obmissa, et habeant et habere debeant dicti potestas sceu capitaneus qui condemnationes fecerint de condemnationibus fiendis per eos et exigendis tempore eorum
officii de predictis terciam partem dicte pene per eos vel alterum eorum exigende dividendam inter ipsum potestatem vel capitaneum et notarium qui inventor fuerit ubi
ex inventione condemnatio sequatur, alias si sine inventione condemnatio sequeretur
tunc tota illa tercia pars pene sit ipsius potestatis vel capitanei condemnationem facientis. Inhibentes officialibus, nuntiis, famulis et notariis ad hoc deputandis predictorum dominorum potestatis et capitanei quod in exercendo eorum officium camufati, transvestiti vel soli non debeant incedere, sed semper habere secum debeant unum
nuntium portantem in capite capelinam discopertam secundum quod portare debent
ex forma statutorum. Et arestare non possint quovis modo, ratione vel causa aliquam
mulierem vel cum eis loqui, sed cauto et honesto modo investigare nomen et pronomen ipsius mulieris demum eius officium exercere possint in puniendo et condemnando secundum formam presentis statuti et cetera.
Et ne turbetur divinum officium vel predicationes prohibuerunt ne dicti officiales intrent eclesiis nec alia loca religiosa pro inventionibus faciendis et ne aliquod
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aliud inconveniens eveniat similiter prohibuerunt ne intrent domos privatarum
personarum.
Ad quas penas predicti et quilibet predictorum per dominum potestatem civitatis Bononie et dominum capitaneum populi vel alterum eorum qui per tempora
fuerint realiter et personaliter compelantur, et sindicus sceu scindici dictorum domini potestatis et capitanei teneantur et debeant tempore dicti sindicatus legiptime
et solenniter inquirere etiam nullo instante vel petente utrum prefati dominus potestas et capitaneus et eorum officiales ad predicta specialiter deputati fuerint negligentes et remissi in eorum officiis rimando et solenniter inquirendo de facientibus
contra formam presentis statuti et contentorum in eo. Et si reperiretur ipsos vel aliquem ipsorum fuisse negligentes et remissos puniantur et condemnentur in centum libris bononinorum aplicandis comuni Bononie et de eorum salario retinendis
tempore sindicatus predicti per officiales comunis Bononie.
Et ut predictorum notitia habeatur providerunt quod dominus potestas vel
capitaneus debeat in locis publicis et consuetis facere publice proclamari sono tube ut
est moris et omnia et singula capitula huius statuti vulgariter legi per unum ex suis
notariis et exponi ipsi banitori et per banitorem alta voce dici. Et postea in principio
regiminis uniuscuiusque eorum ille qui preerit debeat facere proclamari in locis
consuetis generaliter quod omnes quiuscumque condicionis et status existant de
vestibus et ornamentis mulierum disposita et ordinata debeant observare et in aliquo
non contravenire sub pena in statuto contenta. Scientes quod dilligens discusio et
inquisicio fiet de predictis et repertus culpabilis inremisibiliter punietur. Et ut quilibet
possit faciliter examinare et videre dictum statutum in qualibet sui parte providerunt
et statuerunt quod notarius deputatus ad provisorem iusta portam Ravenatem debeat
tenere continuo unam copiam quam cuilibet hostendere possit et ad hanc copiam
tenendam dominus potestas et dominus capitaneus eos compellant remediis
opportunis.
1401, gennaio
Statuto suntuario
Provisio super ornatu mulierum anni 1401
In Christi nomine, amen. Eiusdem nativitatis anno millesimo quatricentesimo
primo, inditione nona, die penultima mensis ianuarii, tempore pontificatus domini
Bonifacii divina providentia pape noni. Quia decet quoslibet rem publicam gubernantes subdittos suos conservare locupletes et eorum utilitates et comoda promovere curamque et diligentiam adhibere possetenus ut per ambitiosas, inutiles et immoderatas expensas suas non dissipent facultates, ideo sapientes et discreti viri domini Thomas de Sancto Iohanne et Nicolaus de Aççoguidis legum doctores, Iohannes de Monterinzoli, Iacobus Plevalis et Matheus Fucii notarii et procuratores, Bartolomeus Bolognini de Seta, Laurentius de Mattaselanis, Zannus de Malviciis et
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Legislazione suntuaria
Georgius de Bonsignoribus mercatores, omnes cives Bononienses, statutarii et officiales ad statuta comunis Bononie revidenda, corrigenda et de novo etiam ut expediens eis videbitur compilanda legitime electi et deputati etiam auctoritate generalis
consilii sexcentorum populi et comunis Bononie ut supra in generali titulo statutorum plenius continetur.
Volentes immoderatis sumptibus, vestibus et ornamentis mulierum salubriter
obviare, quos nec etiam interdum mariti valent supportare, desiderantesque quod
res publica bonis et honestis moribus poleat et maxime Deo placentibus, statuerunt
quod nulla mulier cuiuscumque conditionis et status existat possit alicuius ornatus
causa portare vel super se habere aliquas zemmas seu aliquos lapides preciosos, perlas, nacharas, aurum vel argentum deauratum vel smaltatum vel non, nec aliquam
coronetam, zugliellum, ghirlandam vel frascatam de auro vel de argento seu perlis,
nisi ut infra continetur. Liceat tamen eis supra capud portare tres untias argenti aut
auri filati quocumque modo velint et mixti et non mixti, cum sirico vel alia re non
prohibita. Possint tamen portare tretias tam deauratas quam non deauratas modo
consueto.
Item non possint portare super se vel ornatus causa habere aurum vel argentum,
salvo quam possint portare argentum tam deauratum quam non, vel smaltatum, in
et super vestibus seu ornamentis usque ad pondus duodecim unciarum et non ultra, in hiis non computatis aliquibus cordellis deauratis vel non deauratis quas portare et super se ornatus causa habere possint usque ad pondus sex unciarum et non
ultra et prout eis placuerit ut infra, ita tamen quod super aliqua veste veluti vel sirici alicuius maneriei de novo fienda habere et deferre non possint ultra duas uncias
argenti deaurati vel non deaurati affixi dictis vestibus, sub pena ammissionis ipsius
argenti prohibiti et decem librarum bononinorum.
Item quod possint portare ultra predictas duodecim uncias et sex uncias in cordellis ut supra unam centuram vel tessutum seu cintolam de argento deaurato vel
non deaurato, smaltato vel non smaltato, dum tamen pondus argenti, auri et smalti
centure, tessuti vel cintole deferendum cum omnibus eidem sutis vel affixis non excedat quindecim uncias, nec eidem centure, tessuto vel cintole sint vel esse possint
claudate vel chiavate aut affixe alique perle vel lapides preciosi, sub pena ammissionis centure, tessuti et cuiuscumque alterius cintole prohibite ut supra portari.
Item non possint portare aliquod perfilum maioris latitudinis seu altitudinis
pancie vari vel varotte ad aliquam vestem sub pena quinque librarum bononinorum, ita tamen quod ad aliquem gambanum vel saccum portare non possint aliquod perfilum pellis alicuius animalis silvestris.
Item non possint portare in digitis ultra tres annulos quos portare possint cum
zemmis, perlis et aliis lapidibus preciosis vel non, prout eis placuerit. Et si fuerit reperta portare in digitis ultra dictos tres annulos incidat penam librarum decem bononinorum pro quolibet alio annulo et ammissionis annuli ultra numerum predictum.
Item non possint portare aliquam vestem de veluto affigurato vel cum pilo longo
vel levato non polito quovismodo nec aliquam vestem de brochato de auro vel de argento aut de pano lane vel sirici contesto et misto auro vel argento, sub pena ammissionis vestis prohibite et librarum decem bononinorum. Nec possint portare gabanum seu sachum perfilatum ad collum latiori perfilo quam sit latitudo unius uncie,
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sub pena librarum quinque bononinorum. Manice autem cuiuscumque vestis non
possint esse latiores in aliqua sua parte duobus brachiis mensurando circumcirca, et
non possint esse longiores quam sit brachium cum manu mulieris vestem deferrentis.
Manichas autem ad formam manteghelli portare possint, ita tamen quod talis manica
in aliqua parte non sit latior vel longior quam de aliis manicis supra proxime dictum
est, sub pena decem librarum bononinorum. Manice tamen vestium uxorum, nuruum et filiarum militum seu doctorum iuris civilis, canonici vel medicine esse possint latitudinis duorum brachiorum cum dimidio mensurando circumcirca ut supra.
Item non possint portare seu vestitam habere aliquam vestem in aliqua sui parte
recamatam nec aliquos bottones seu maspillos rechamatos nisi essent vestes veteres
descriptas et bullatas ut infra dicetur. Nec etiam deferre ad collum, ad pectus vel ad
brachia nec in aliqua parte persone aliquem zugliellum vel aliquam divisam vel collarium alicuius precii vel generis sub pena ammissionis talis rei prohibite portari ut
supra et decem librarum bononinorum.
Item non possint portare aliquas vestes foderatas de aliquibus pellibus, videlicet
armelini, varii et dossibus varii, squiratullorum, varottarum et martirellorum vel alterius animalis silvestris in totum vel pro parte sute vel non sute ipsis vestibus de
subtus vel de super sub pena ammissionis ipsius vestis et decem librarum bononinorum. Salvo quod liceat eis portare de pellibus dossorum varii, squiratullorum,
varottarum et martirellorum non tamen armelini pro vistis manicarum vel perfilis
seu filitis. Viste enim manicarum esse non possint ultra quam sint tres dossi varorum in longitudine sub pena librarum decem bononinorum139.
Item non possint portare aliquos maneghettos sub manicis longiores quam sint
brachia mulieris deferrentis sub pena librarum quinque bononinorum, qui tamen
maneghetti non possint esse de pano auri vel argenti vel in quo aurum vel argentum sint contextum et mistum140.
Item non possint portare manigottos ad aliquas suas vestes quovismodo latitudinis maioris mensure trium unciarum, foderatos vel non foderatos, sub pena librarum quinque bononinorum141.
Item non possint portare gabanum vel vestem aliquam que sit circa pedes maioris latitudinis decem brachiorum, sub pena perditionis dicte vestis, nec etiam possint portare aliquas vestes novas factas ad turlos, scaglias, undas vel ad intaglios vel
ad aliam formam seu figuram novam, quam ad formam et fogiam que hucusque
fuerit comuniter, publice et palam facta et portata per civitatem Bononie per dominas huius civitatis seu magnam partem earum, sub pena decem librarum bononinorum et perditionis talis vestis. Nove autem vestes inteliguntur que facte fuerint
post XXV presentis mensis ianuarii, nec etiam vestes veteres ex forma huius capituli
prohibitas portare possint nisi descripte fuerint et bullate ut infra142.
139
Nel margine destro del paragrafo De foderibus.
Nel margine destro del paragrafo De manigittis.
141
Nel margine destro del paragrafo De manigottis.
142
Nel margine destro del paragrafo De latitudine vestium.
140
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Item non possint portare ad manicas vel ad aliquam partem vestis aliquam frangiam de sirico vel de auro vel de aliquo filo preterquam de lino vel de lana.
Item non possint portare aliquam vestem que sit longior quam sit domina cum
planellis, possint tamen non obstantibus supra dispositis portare vestes factas per
totam vigesimam quartam diem presentis mensis ianuarii non obstante quod sint
prohibite ex forma presentis ordinamenti, exceptis tamen diebus quatragesime, quibus diebus et etiam ad nuptias aliquas seu festum nuptiale tales vestes factas alias
prohibitas portare non possint, sub pena ammissionis talis vestis, dumtamen manice talium vestium factarum que essent latiores vel longiores quam supra dictum sit
reducantur ad formam permissam de qua supra continetur, et dumtamen in eis vel
super eis aut super aliqua veste non sint perle vel aliquod aurum vel argentum ultra
pondus supra permissum, non computatis in ipso pondere recamaturis vel cordellis
vel auro contesto et misto ut supra. Que vestes ut supra facte et reducte portari possint et non aliter sub pena predicta, et si deferrerentur contra formam predictam
inteligantur esse prohibite, ita tamen quod ipse vestes veteres que ut supra permisse
sunt portari et que si nove fierent prohibite sunt portari ut supra dari debeant in
scriptis modo et forma deputandis per dominos antianos presentes infra terminum
per ipsos dominos antianos statuendum et bullari bulla ordinanda per dictos dominos antianos. De quibus vestibus factis fieri debeat unus liber in forma publica qui
debeat deponi ad cameram actorum comunis et populi Bononie, in quo scribi debeant qualitas pani et vestis et nomen persone, mulieris et eius viri si est nupta,
alias eius patris, et capella in qua habitat sic quod cognosci possit et sciri tam mulier cuius est vestis quam viri seu eius pater.
Item non possint portare aliquam vestem super alios panos de dorso earum que
sint sine manicis vel que non habeant manicas longas saltem quantum est longitudo brachii domine ipsam vestem deferentis. Declarantes insuper quod si qua vestis
vetus ad usum domine seu mulieris de pano lane vel sirici facta reperiretur que haberet seu super qua affixa, suta vel anexa esset aliqua quantitas argenti deaurati vel
non, seu cordellarum auri ultra pondus supra ordinatum seu que esset recamata
alio recamo quam de perlis, talis vestis deferri possit impune si ipsa vestis ex sui inspetione vel per probationes que legitime fierent facta esse reperiretur a tribus annis
proxime retroactis retro. Et idem inteligatur de mantellis et cappis ad usum mulierum veteribus per totam XXV diem huius mensis ianuarii factis, foderatis de vario,
varottis vel dossibus varii vel alia pelle qui et que impune deferri possint quamvis
vestes in hoc capitulo descripte non fuerint bullate vel date in scriptis. Uxores autem et matres militum vel doctorum vidue vel uxorate ut supra mantellos et cappas
etiam in futurum fiendas et fiendos foderatos et foderatas de varotta, varo vel dossibus vari aut alia pelle quam armelino impune deferre possint etiam si non sint bullate vel aliqualiter scripte. Decernentes insuper quod alicui mulieri tempore nuptiarum vel postea quandocumque fieri non possint nec habere ultra quam duas vestes
de sirico non tamen prohibitas ex forma presentis ordinamenti, sub pena ammissionis vestis prohibite et decem librarum bononinorum.
Item non possint portare aliquos paternoster vel aliquid aliud loco paternoster,
quorum seu cuius extimatio et valor in totum excedat sumam quindecim librarum
bononinorum sub pena ammissionis eorum.
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Item non possint de cetero portare in pedibus aliquos subtulares nec aliquas planellas cum punctis longioribus media uncia vel que sint picte, intagliate vel recamate seu sbuciate in totum vel pro parte aut que sint de aliquo corio quam de corio
nigro vel albo. Nec etiam deferre possint aliquas caligas solatas vel scofones solatos
nec contisatos in aliqua forma sub pena cuilibet contrafacienti librarum quinque
bononinorum pro qualibet vice. Et eandem seu similem penam incurrat quilibet
calzolarius qui aliquod de supra prohibitis fecerit. Et ad obviandum fraudibus que
comitti possent per dominas providerunt quod si aliqua domina de cetero per aliquem ex officialibus deputandis ad predicta inventa fuerit aliquam vestem prohibitam deferre et seu inductam esse de aliqua veste prohibita seu deferre pro ornatu
sue persone aliquod ex supra prohibitis et talis domina mutaverit sibi nomen vel
mariti, talis domina incidat pro qualibet vice penam librarum decem bononinorum
et quod per dominum potestatem seu capitaneum populi seu per aliquem alium officialem condemnatio aliqua occaxione aliquorum contentorum in presenti ordinamento fieri non possit de contrafaciente in aliquo casuum predictorum nisi ante
condemnationem ex parte talis officialis domina vel persona condenanda et eius
maritus et seu alius quilibet qui ad condemnationem seu solutionem condemnationis fiende teneretur ex forma huius ordinamenti citentur semel inventi et bis non
inventi ad eorum defensionem faciendam cum assignatione termini trium dierum.
Et si domina citata vel alius citatus ut supra comparuerit per se vel alium et allegaverit dominam citatam non esse illam que per officialem inventa et scripta fuisset
tunc am sit illa et eadem domina vel non, stetur declarationi officialis predicti,
prius revisa per talem officialem qui inventionem fecisset domina ut supra citata ad
petitionem comparentis in aliqua ecclesia civitatis Bononie vel in domo habitationis talis domine citate, et si contrafecerit non valeat condemnatio ipso iure.
Item quia in mobiliis, scrineis, chofanis et chofanellis que fiunt pro sponssis expense immoderate et excessive fiunt et occurrunt, quibus obviare volentes providerunt quod expensa que pro parte vel ex latere sponse fieret in scrineis seu coffanis et
coffanello ac mobiliis et aliis que in coffanello ponuntur in totum excedere non
possit summam centum librarum bononinorum. Ita tamen quod aliqui scrinei vel
coffani qui pro parte vel ex latere sponse mitterentur ad domum sponsi non possint
fieri vel esse tarsiati nec aliqua quantitas auri fini vel argenti deaurati possit eis affigi, annetti vel imponi sub pena contrafacienti ammissionis scrineorum et coffanorum, et cuilibet magistro lignaminis scrinea predicta seu chofanos facienti contra
formam predictam librarum decem bononinorum pro quolibet scrineo vel chofano.
Chofanellus autem cuiuslibet sponse possit esse deauratus et pictus, ita tamen quod
expensa ipsius chofanelli et scrineorum seu chofanorum et omnium mobiliarum ut
supra excedere non possint dictam summam librarum centum bononinorum.
Item in quolibet casuum predictorum ubi dicte mulieres in facto huiusmodi penas incurrerent teneatur patre pro filia, avus et patruus pro nepte non nuptis secum
in domo et familia habitantibus, et maritus pro uxore sive socer pro nuru in eadem
domo et familia habitantibus, et ipso facto de dote ipsius mulieris que nupta esset
deducantur, et frater maior vigintiquinque annis pro sorore non nupta in familia et
domo ipsius fratris habitante. Additientes quod semel tantum in unaquaque die
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Legislazione suntuaria
qua mulier aliqua contrafecisse predictis fuerit inventa penam predictam dicatur incurrisse. Et ut mariti diligentiores existant providerunt quod pro unaquaque vice
qua uxor alicuius fuerit inventa contrafecisse predictis extimum mariti in comuni
Bononie ipso iure augeatur et auctum esse inteligatur in libris centum bononinorum. Et dominus potestas vel capitaneus et quilibet alius qui de predictis cognoverit hoc in condenatione exprimere teneatur et facere et curare ita et taliter quod in
libro extimorum predicta additio extimi scribatur.
Preterea statuerunt quod nullus cuiuscumque status, masculus vel femina, cuiuscumque conditionis existat, audeat vel presumat aliquod ex vestimentis predictis
superius prohibitis incidere, suere aut aliquem panum ad aliquam ex feminis supra
prohibitis reducere vel facere aut res supra prohibitas ei apponere seu applicare, sub
pena cuilibet sartori et cuicumque alteri masculo vel femine qui in predictis contrafecerit decem librarum bononinorum. Et similiter statuerunt et providerunt quod
nullus possit aliquas coronas, frascatas, sagliottas vel figuras seu ymagines liliorum,
avium, animalium, arborum vel herbarum, vel coronellas prohibitas facere nec factas palam tenere, suendas, ponendas vel affigendas ad vestes alicuius mulieris vel
pro aliqua muliere contra formam presentis ordinamenti, sub pena vigintiquinque
librarum bononinorum cuilibet contrafacienti. Et quod prefati domini potestas et
capitaneus presentes et qui pro tempore erunt teneantur et debeant deputare unum
vel plures ex officialibus suis discretum pro quolibet eorum, qui teneantur et debeant de predictis omnibus et singulis prohibitis diligenter et eficatiter inquirere et
inquiri facere ac etiam mittere ipsos officiales, maxime diebus solemnibus et festivis
ad ecclesias et spetialiter ad ecclesiam ubi festum singulare et solemne fieret seu sacerdos novus missam primam celebraret pro executione omnium predictorum,
dumtamen non possint neque valeant in aliqua ecclesia aliquid dicere vel facere
propter quod divinum officium possit impediri vel turbari. Possint tamen quilibet
denuntiare et accusare portantes predicta vel aliquod predictorum etiam in ecclesia.
Item ire teneantur dicti officiales ad domos et in domibus cuiuscumque sponsi et
sponse tempore nuptiarum et diligenter inquirere de facientibus contra formam
presentis statuti vel contentorum in eo, quorum officialium relationi stetur et credatur. Et quod nullus audeat vel presumat prohibere aliqui dictorum officialium
accessum et introytum talium domorum, sub pena vigintiquinque librarum bononinorum, ad quam penam caput domus in qua talis prohibitio fieret teneatur et in
ea condenari possit et ab eo exigi.
Item statuerunt quod nemini civi, incole, forensi vel habitatori civitatis Bononie, etiam occasione alicuius matrimonii celebrati, contracti, facti vel de cetero
fiendi liceat tempore sponsalium, nuptiarum vel matrimonii contrahendi vel alio
tempore vel in aliquo quocumque convivio habere ultra vigintiquatuor dominas
non habitantes in familia et domo convivium celebrantis sub pena quinque librarum bononinorum pro qualibet domina quam ultra numerum predictum in domo
reperiretur habere, ad quam penam teneatur pater familias domus in qua convivium tale fieret. Et quod alique domine ire vel mitti non possint modo aliquo tempore nuptiarum vel post ad domum sponsi seu in qua fuisset sponsa ad reducendum sponsam ad domum patris vel matris vel parentum ipsius sponse seu alterius
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in cuius domo fuerit seu fuisset sponsa ipsa disponsata, sub pena cuilibet domine
contra formam predictam eunti et cuicumque dominas mittenti contra formam
predictam pro qualibet domina librarum quinque bononinorum, nec etiam sponsa
aliqua de domo sponsi ad domum patris vel matris seu alterius in cuius domo fuisset disponsata reduci vel ire possit eques. Et idem servetur quando ipsa sponsa de
domo patris vel matris vel alterius ut supra revertitur ad domum sponsi, non inteligendo de prima vice qua post disponsationem sponse ipsa sponsa conducitur ad
domum sponsi, qua prima vice ipsa sponsa eques et pedes accedere et conduci possit ad domum sponsi prout sponso placuerit, sub pena decem librarum bononinorum, quam penam sponsus incurrat et ab eo exigi debeat. Declarantes quod in convivio aliquo nuptiarum vel aliquo alio convivio quod fieret dominabus dari non
possint plusquam due impandiones, sub pena decem librarum bononinorum pro
qualibet impandione. Et quod ad aliquod convivium dominarum non possint dari
in aliqua dictarum impandionum de perdicibus vel fasianis plusquam due perdices
vel unus fasianus pro incisorio quolibet sub pena decem librarum bononinorum,
ad quam penam teneatur capud domus in qua convivium tale fieret et in ea debeat
condenari et ab eo exigi que ultra daretur, super quibus stetur relationi cuiuscumque officialis ad hoc deputati. Inhibentes expresse quod nemini liceat ex parte
sponsi vel sponse aliqua ensenia facere de panis, iocalibus et ornamentis vel alia re,
salvo quod liceat sponso donare sponse iocalia et res non prohibitas ex forma huius
ordinamenti reportandas per eam in domo sponsi. Nec etiam liceat ex parte sponsi
vel sponse tempore convivii nuptialis aliqua ensenia comestibilia publice vel occulte
mittere alicui persone nisi eis qui sponsam duxerint ad domum sponsi vel ei qui dixerit verba matrimonialia vel de cuius domo sponsa fuerit extracta et capellano vel
fornario, nam hiis possit sponsus ensenium mittere, sed non teneatur nisi ei qui dixerit verba matrimonii ut supra. Contrafacientes autem ipso facto penam incidant
et incidisse inteligantur duorum bononinorum auri pro quolibet ensenio et qualibet vice ab eisdem de facto auferrenda et applicanda ut infra.
Item providere cupientes immoderatis sumptibus viduarum et que fiunt tempore viduitatis earum, statuerunt quod nulli mulieri vidue vel viduande de aliquo cive
Bononie, incola vel habitante, qui beneficio civilitatis gaudere debeat tempore exequiarum vel postea liceat habere vel portare vestes lugubres vel viduales maioris extimationis quinquaginta librarum bononinorum computatis foderibus, nec etiam
habere velos in capite et pro ornatu capitis ipsius mulieris vidue maioris extimationis quindecim librarum bononinorum sub pena ammissionis talium vestium et velorum, nec a predictis penis valeant excusari etiam pretextu cuiuscumque relicti facti ultra summam predictam occasionibus predictis vel aliqua earum, que legata seu
relicta que essent ultra quantitatem predictam et ex predicta causa volumus non valere ipso iure in quantitate excedente summam dictarum quindecim librarum bononinorum et dictarum quinquaginta librarum bononinorum, nec heres ea prestare
teneatur ultra quantitates predictas. Verum quia plerumque occurrit quod viri uxorati moriuntur nullo condito testamento relictis uxoribus et heredes ab intestato talis morientis aliquando recusant uxorem morientis vestire et velare tempore funeris
morientis vestibus et velis lugubribus, pro tanto providerunt quod si deinceps ali-
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Legislazione suntuaria
quis civis vel habitator civitatis Bononie habens extimum seu extimatus ad extima
comunis et civitatis Bononie in quantitate trecentarum librarum bononinorum vel
abinde supra decesserit intestatus relicta uxore, quod heres talis morientis ad vestiendum et velandum ipsam uxorem tempore funeris talis morientis teneatur arbitrio boni viri, considerata faculate hereditatis et conditione dicti morientis, dum tamen expensa in talibus vestibus et velis fienda in casu predicto excedere non possit
quantitatem librarum vigintiquinque bononinorum si ex moriente filii successerint,
nisi ipse moriens ante sui obitum in presentia duorum vel plurium testium dixerit
eius uxorem non debere vestiri vel velari, quo casu vestiri vel velari expensis morientis non debeat.
Item statuerunt et ordinaverunt quod si contingat aliquem mori ad corpus seu
funus ipsius esse non possint ultra octo dupleria, salvo quod predicta non inteligantur si fuerit miles vel doctor, in cuius funere possint haberi viginti dupleria et
non ultra.
Insuper ut predicta ordinamenta perpetuum et plenum sortiri possint efectum,
providerunt quod nullus civis vel forensis dicere, proponere vel arrengare aut consulere possit contra contenta in presenti ordinamento vel aliqua contenta in ipso
vel propter quod derogari possit aliquibus contentis in hoc statuto. Et quilibet qui
contrafecerit in predictis ipso facto incidat in penam vigintiquinque librarum bononinorum comuni Bononie applicandam et exigendam de facto per prefatos dominum potestatem et capitaneum vel alterum ipsorum. Preterea statuerunt quod
quilibet possit accusare, denuntiare et notificare quascumque personas delinquentes
et vestes seu iocalia ut supra prohibitas et prohibita portantes et quoscumque facientes contra predicta vel aliquod predictorum publice, palam vel secrete domino
potestati Bononie aut domino capitaneo, et habeant et habere debeant tales denuntiantes tertiam partem pene que exigetur de tali denuntiatione.
Item statuerunt quod prefati dominus potestas et capitaneus et quilibet eorum
possint, teneantur et debeant inquirere eorum mero officio contra omnes et quoscumque delinquentes et facientes contra formam presentis statuti vel contentorum
in eo vel aliqua eius parte, ac etiam ad denuntiationem cuiuscumque denuntiare volentis et quocumque modo procedatur sumarie, simpliciter et de plano, sine strepitu
et figura iudicii, et veritate reperta possint condemnare omni alia iuris et statutorum
solemnitate obmissa, preterquam in presenti ordinamento descripta et tradita. Et habeant et habere debeant dicti potestas et eorum officiales ad hoc deputati qui condemnationes fecerint de condemnationibus fiendis per eos et exigendis tempore eorum officii eis exactis terciam partem, et reliquas duas partes habeat comune Bononie nisi esset denuntiator, qui habere debeat terciam partem condemnationis et exactionis pene fiende. Inhibentes officiali, numptiis et famullis et notariis ad hoc deputandis predictorum dominorum potestatis et capitanei quod in exercendo eorum officium camuffati, transvestiti vel soli non debeant incedere, sed semper secum habere debeant unum nuntium. Et arrestare non possint quovismodo ratione vel causa
aliquam mulierem, officialis tamen ea inventa cum ea honesto modo publice loqui
possit et de eius nomine eam interogare, et si eius nomen officiali dicere denegaret
ipse officialis investigare possit nomen et pronomen ipsius mulieris, et habito nomi-
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ne mulieris et eius nomine et prenomine et cognomine citetur mulier et eius maritus
et pater et socer et frater si habet tales vel aliquem talium qui tenentur ut supra pro
ipsa muliere ad penam et etiam ipse talis qui pro muliere ut supra tenetur et predicta
citatio fiat bis, nisi ipse talis vel alius pro eo in prima citatione comparuerit, quibus
citationibus factis ei qui pro muliere tenetur ut supra mandetur quod vestes et iocalia portata et inventa contra formam presentis ordinamenti debeat presentare, qui si
fuerit negligens seu contumas condemnetur in extimatione pannorum et iocalium
prohibitorum et inventorum. Quam extimationem officialis qui de predictis condemnationem fecerit declarare in condemnatione teneatur, quam tamen extimationem et declarationem facere non possit ipse talis officialis in condemnatione fienda
in maiori quantitate quinquaginta librarum bononinorum. Demum dictus officialis
eius officium exercere possit in condemnando et puniendo secundum formam presentis ordinamenti. Ad quas penas solvendas supra et impositas predicti et quilibet
predictorum et infrascriptorum per dominum potestatem civitatis Bononie et dominum capitaneum populi vel alterum eorum qui per tempora fuerint realiter et personaliter incontinenti elapsis decem diebus a die condemnationis compellantur, facta
sibi remissione quinte partis si solverit infra decem dies. Et ille qui talem condemnationem exegerit etiam si non fuerit ille qui condemnaverit sed fuerit eius successor
vel alius officialis condemnante negligente vel eius officio functo seu finito habeat
partem dicte condemnationis quam habere debebat his qui condemnationem fecit.
Item statuerunt quod quilibet dictorum officialium debeat sollicite de predictis
inquirere et repertas et denuntiatas culpabiles condemnare et suum officialem mittere ad loca ad que fuerit requisitus et condemnationes exigere et nulli ignoscere, sub
pena centum bononinorum auri ab ipso officiali negligente vel remisso exigenda
tempore sui sindicatus, et sindicus seu sindici dictorum domini potestatis et capitanei teneantur et debeant tempore sindicatus talis officialis legitime et solemniter inquirere etiam nullo instante vel petente utrum dicti domini potestas et capitaneus et
eorum officiales ad predicta spetialiter deputati fuerint negligentes vel remissi in eorum officiis rimando et solemniter inquirendo de facientibus contra formam presentis statuti et contentorum in eo et inventiones ad efectum non perducendo. Et si reperiretur ipsos vel aliquem ipsorum fuisse negligentes vel remissos, puniantur et
condemnentur in pena predicta centum bononinorum auri applicanda comuni Bononie. Et quilibet possit accusare et denuntiare dictum officialem de predictis et
quolibet predictorum tempore sui sindicatus et habeat quartam partem condemnationis fiende cum exacta fuerit. Et iniungimus sindico comunis Bononie qui pro
tempore sindicatui talium officialium fuerit ut in petitione quam fecerit et porexerit
sindicis contra tales officiales teneatur de predictis facere spetiale capitulum, quod si
fecerit et eo vel propter illud secuta fuerit condemnatio habeat quartam partem condemnationis predicte condemnatione exacta. Et ne dicti officiales vel aliquis eorum
de predictis vel aliquo predictorum possint ygnorantiam pretendere, statuerunt et
ordinaverunt quod notarii ad cameram actorum deputati vel unus eorum pro omnibus teneantur presentibus dominis potestati et capitaneo et cuilibet eorum infra
quindecim dies postquam fuerint presentia ordinamenta ad cameram actorum posita et novis et futuris rectoribus predictis et cuilibet eorum infra decem dies ab in-
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Legislazione suntuaria
troytu eorum officii dare et presentare unam copiam presentium ordinamentorum
in bambace et eis et cuilibet eorum dicere quod debeant presentia ordinamenta facere observari, de qua presentatione fieri faciant publicum instrumentum, sub pena vigintiquinque librarum bononinorum notariis dicte camere.
Item providerunt et statuerunt quod condemnati vel condemnate ex vel pro aliquo ex suprascriptis supra prohibitis non possint appellare vel reclamare vel supplicare vel de nullitate dicere in principio, medio vel fine processus vel post condemnationem, sed predictis vel aliquo predictorum non obstantibus fiat condemnatio
et exactio ut supra.
Additientes quod presens ordinamentum vestium et aliorum portari vel haberi
prohibitorum ut supra non se extendat ad uxores vel nurus aut ad filias vel sorores
vel neptes non nuptas aliquorum officialium provisionatorum, stipendiariorum forensium vel aliorum forensium non incolarum seu habitatorum civitatis Bononie
minori spatio quinque annorum, nec ad ipsas tales forenses, que vestes et ornamenta deferre et habere possint impune non obstantibus prohibitionibus supradictis,
dummodo tales uxores, nurus vel filie aut neptes sint etiam forenses ut supra.
Ut autem predictorum notitia habeatur, providerunt quod presentes domini potestas vel capitaneus ad cuius notitiam fuerint per superstitem vel notarios camere
actorum hec ordinamenta deducta ut supra et eorum in officio successores debeant
in locis publicis et consuetis per alterum ex bannitoribus comunis Bononie facere
publice proclamari et efectum huius o[r]dinamenti vulgariter legi in proclamatione
fienda in locis consuetis per civitatem Bononie, et quod omnes cuiuscumque conditionis et status existant omnia et singula supra disposita et ordinata debeant observare et in aliquo non contravenire, sub pena et penis in hoc ordinamento contentis. Salvo tamen quod dictum est de forensibus et eorum uxoribus, nurubus, filiis, sororibus et neptibus, et similiter salvis et exceptatis in presenti ordinamento
dispositis et declaratis. Scientes quod diligens discussio et inquisitio fiet de predictis, et reperti culpabiles punientur secundum formam presentis ordinamenti. Non
obstantibus in predictis vel aliquo predictorum aliquibus statutis, provisionibus vel
ordinamentis comunis Bononie de vestibus mulierum et aliis supradispositis, disponentibus seu aliquibus aliis contra vel aliter disponentibus, quibus omnibus expresse et spetialiter derogatum esse voluerunt, et presens ordinamentum debere decreverunt et mandaverunt ceteris prevalere et pro statuto comunis Bononie debere ab
omnibus efficaciter et inviolabiliter observari atque censeri et statuti vires et robur
plenius obtinere.
(S.T.) Ego Manentinus Blanchi Manentis olim domini Bagarotti publicus imperiali et comunis Bononie auctoritate notarius et nunc notarius pro comuni Bononie
suprascriptorum dominorum statutariorum et officialium predictis omnibus interfui et ea statuta de ornamentis et aliis sub precedenti titulo comprehensa omnia de
predictorum officialium mandato scripsi et publicavi et ea incipere habere vires voluerunt et mandaverunt ipsi statutarii et officiales die ultima ianuarii millesimi quatricentesimi primi, inditione nona, qua die deposita et consignata fuere ad cameram actorum populi et comunis Bononie suprascripti, signumque meum apposui
consuetum in robur et testimonium omnium premissorum.
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137
1401, gennaio
Registro della bollatura delle vesti
In Christi nomine, amen. In hoc libro cartarum septuagintaquatuor scultarum
bulla comunis Bononie continentur et descripte sunt omnes et singule vestes et
ornamenta hinc retro facta, suta et iam portata omnium et singularum
infrascriptarum dominarum et mulierum infrascriptorum civium et habitantium in
civitate Bononie porectarum et productarum per infrascriptos homines et personas
coram et presentibus fratribus de sigillo presentium magnificorum dominorum
dominorum antianorum populli et comunis Bononie et per ipsos fratres bullate bulla
eis ordinata secundum formam statutorum super hoc disponentium et cride pro
parte regiminum civitatis Bononie emanate sub annis Domini millesimo
quadringentesimo primo, inditione VIIII, diebus et mensibus infrascriptis, et scripte
per me Gandulfum Nicolai de Fantutiis notarium et nunc notarium dictorum
dominorum antianorum et cetera.
1.
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Die vigesimo quinto mensis ianuarii.
Domina Chaterina uxor Iacobi filii Pauli de Bonfigliis presentavit unam vestem silicet sacum zetalini avelutati albi affigurati, que fuit bullata bulla ordinata, que domina Chaterina moratur in capella Sancti Zervasii.
Domina Camilla filia olim domini Eghani de Lambertinis et uxor olim Andree Bartholomei Bolognini capelle Sancti Stephani presentavit unum saccum
zetalini crimisini brochati a brochis magnis de auro, que fuit bullata bulla predicta, cum uno fileto frangie a collo.
Domina Camilla predicta presentavit unum saccum panni lane viridis scuri
recamatum ad acum de auro fino cum avibus, zervis et arboribus in recamatura, que bulata fuit bulla predicta.
Domina Billia uxor Bartolomei Bolognini presentavit unum saccum zetalini
crimisini brochati a brochis magnis de auro cum certis avibus de sirico intermistis, que fuit bulata bulla predicta.
Domina Lutia uxor Thomi Blasii de Calcina capelle Sancti Felicis presentavit
unum sachum zetalini avelutato nigri, que fuit bullata bulla qua supra.
Domina Iacoba uxor Iacobi filii Blasii de Calcina capelle Sancti Felicis presentavit unam vestem zetanini avelutata nigri, que fuit bullata bulla qua supra.
Die XXV ianuarii.
Iohannes Bolognini de Sirico capelle Sancte Marie Roverse presentavit unum
saccum panni lane albi recamatum de sirico cum arboribus, animalibus et aliis
literis cum bandelis iuxta pedes, que fuit bullata bulla predicta usitata, que vestis est ad usum Misine sue filie domicelle.
Iohannes predictus presentavit unam aliam vestem panni albi mediam recamatam ut supra et aliam mediam non recamatam, que est deputata usui Philippe sue filie domicelle, que fuit bullata bulla predicta.
Iohannes predictus presentavit unam vestem a turlo afrapatam divisati et panni rubei usui Misine sue filie, que fuit bulata ut supra.
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Legislazione suntuaria
10. Domina Iacoba uxor Baldesarre de Bove presentavit unam vestem seu sachum
veluti affigurati in campo nigro cum listis rubeis per traversum cum una frangia a collo, que est capelle Sancti Martini de Aposa.
11. Item unam cottam panni de auro in campo vermiglio cum duobus maneghotis affrapatis cum radiis aureatis.
12. Item unum sachum medium de panno celestino et alium dimidium dalmasche azuri ad schaiones, cum panno celestino, cum manicis a mantighello et
cum frangia a collo.
13. Item unum sachum veluti nigri foderatum baldinella azurra cum manghis foderatis dossorum varii, cum dossis de varo circha collum, presentatum per dominam Bartolomeam Ludoyci Bertucini.
14. Domina Doratea uxor Mixini de Arengheria presentavit unum gabanum getani aveludati de grana, cum manighis larghis foderatis dossiis varii, cum frangia
iuxta collum aureata.
15. Item unum sachum veluti viridis cum manighis larghis foderatis panciis varii,
cum francia viridi deaureata circha collum.
16. Item unum sachum a scaglis sive scaglionibus divixati azurri et panni rubei.
17. Domina Francisscha uxor Baxigli de Arengheria presentavit unum sachum a
turlis divixati viridis et panni rubei.
18. Domina Antonia uxor Iohannis de Planorio presentavit unum sachum a turlis
panni paonacii et viridis cum maspillis argenti a latere anteriori.
Dicta die.
19. Domina Nicoloxa uxor Andree Guilielmi de Bove presentavit unum sachum
a turlis chamuchati azurri et virmigli et panni rubei cum frangia rubea circha
collum.
20. Domina Gexia uxor Bartholomei de Gomburutis presentavit unam vestem
seu sachum veluti carmesini figurato, cum pilo rufato, cum frangia grane
deaurata, que fuit bullata ut supra, et est capelle Sancti Marini.
21. Item unum sachum de panno deaurato zetalini grane cum leopardis ac zervis
aureis ac certis filis et arboribus sirico intermistis.
22. Domina Isota uxor Iacobi Cari de Caro mercatoris sirici capelle Sancte Marie
Roverse presentavit unum sacum a schagliis panni lane et dalmaschi zelesti et
albi, que fuit bullata bulla ordinata.
23. Domina Chaterina uxor Gerardini de Cavaglii presentavit unum saccum zetalini carmesini aveludatum, capelle Sancti Blasii.
24. Domina Yxabetta uxor Zeorzii de Ghisileriis presentavit unum saccum medium divisati et medium ad turlum cum dalmascho, capelle Sancti Fabiani.
25. Item predicta presentavit unum sacum ad scaias fatum veluti de azuro et veluti de grana afrapatum.
26. Domina Iohanna uxor Petri filii Henrici de Felixinis presentavit unum sacum
veluti a pilo carmesini de grana, capelle Sancti Salvatoris, que fuit bulata ut
supra.
27. Domina Chaterina filia Iohannis Franchini capelle Sancti Stephani presentavit unum saccum a turlo cum fasiis rubeis de panno et zambeloto cum certis
frapis insertis.
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28. Domina Iohanna uxor Iohannis de Boccadeferris capelle Sancti Zervasii presentavit unum saccum veluti carmesini grane affigurati et pilosi, que fuit bullata bulla predicta.
29. Item unam vestem seu sacum panni de auro in zetalino grane cum figuris et
arboribus aureis intertestis, que fuit bulata ut supra.
30. Item unum saccum carmesini albi affigurati et pilosi cum arboribus et certis
figuris aveludatis in compassibus, qui ut supra bulatus fuit.
31. Item unum sacum veluti viridis cum duabus manicis foderatis de varo, qui
fuit bullatus ut supra.
32. Item unum sacum factum ad undas cum panno virgato et rubeo cum stellis
argenteis super ipsum.
33. Domina Lippa uxor domini Nicolai de Azoguidis capelle Sancti Nicolai de
Albaris presentavit unum sacum panni de auro in panno sirici avibus circumtesto de grana, que fuit bulata ut supra, cum manicis foderatis de varota.
34. Item unum sacum panni lane album recamatum arboribus pluribus deauratis
filo aureo cum duabus alis et calamis apertis, rosa quadam in medio cum botoncinis de sirico in fine cuiuslibet broche de sirico.
35. Domina uxor Marchi Zuntini capelle Sancti […]143 presentavit unam vestem
beretina et azura factam ad scagliones.
Die vigesimo sexto ianuarii.
36. Domina Malgarita uxor Petri Martelli capelle Sancti Salvatoris presentavit
unum sachum a schaglis albis et rubeis cum frangiis circha ipsas scaglias.
37. Item unum sachum beretini cum manighis larghis.
38. Domina Mathea filliastra Ture Petri Boni capelle Sancte Marie Magdalene
presentavit unum gabanum.
39. Domina Biatrixia Alberti de Griffonibus presentavit unum sachum brochati
aureati in campo vermiglio.
40. Domina Elixia uxor Iohannis de Grifonibus presentavit unum sachum brochati auri in campo albo.
41. Domina Gunda uxor Iohannis de Tachonibus presentavit unum sachum panni
viridis rechamatum a collo et circhum circha a foleis et alliis aureis et de seta.
42. Domina Fixia uxor domini Iohannis de Campsaldis presentavit unam vestem
panni dalmasschi alesandrini cum maspillis argenti et cordellis auri.
43. Item unam vestem mediam dalmaschi et mediam panni rubei cum manigottis
rechamatis cum cordellis auri desuper ipsam vestem.
44. Domina Caterina Iacobi strazaroli capelle Sancti Georgii presentavit unum
sachum coloris monachini cum manighis ad mantegellum.
45. Item unum sachum veluti nigri cum manighi[s] foderatis de doxiis cum frangia azurra apud collum.
46. Domina Donina uxor Castelani filii Nannis de Gozadinis presentavit unum
sacum veluti azuri recamatum ab alicornis intermediatis quadam arbore au-
143
Spazio bianco nel testo.
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Legislazione suntuaria
reas, capelle Sancti Micaelis de Lebroxeto, que bulata fuit ut supra, cum certis
maspillis de perlis.
Domina Clara uxor Gabionis Nannis de Gozadinis presentavit unum sacum
panni auri de sirico rubeo seu grane laboratum cum mastinis et floribus aureis.
Domina Antonia uxor Antonii barberii capelle Sancti Prosperi presentavit
unum sacum rubei et celestri factum ad undas afrapatum, qui fuit bullatus ut
supra.
Domina Lixia uxor Iohannis olim Iacobi de Griffonibus presentavit unum
saccum veluti azuri a schaiis cum camuchato intermisto cum frangiis et torzigliolis aureis, capelle Sancti Salvatoris.
Domina Iacoba uxor domini Iohannis de Castro Sancti Petri capelle Sancte
Marie maioris presentavit unum saccum panni aurei cum frangia iuxta collum
foderatum armelinis albis.
Item presentavit unum saccum veluti azuri factum ad schaias cum chamucato
sirici et auri, frangia a collo rubea, foderatum de dossis de vario.
Domina Iacoba uxor Mini Augustini aurificis capelle Sancti Zervasii presentavit unum sacum veluti de grana cum dossiis de varo ad manicas, qui bulatus
fuit ut supra.
Item unum sacum veluti de nigro cum panciis varii ad manicas, qui fuit bulatus ut supra.
Domina Donina uxor Castelani filii Nannis de Gozadinis presentavit unum
sacum divisati azurini cum frappis auratis ac dossis ad manicas.
Item unum sacum de panno moneghino cum manighis froderatis squiratolis.
Item unum sacum veluti azuri vergati cum manicis fodratis dossiis de varo.
Item unum sacum rosati cum frangia a collo schietum.
Domina Adola fillia Iohannis de Sancto Georgio et uxor futura domini Antonii de Loglano presentavit unum sachum brochati auri in cremixi cum manighis foderatis doxiorum varii.
Item unum sachum veluti cramixi a pilo longo cum manighis foderatis de
varota.
Domina Malgarita de Guidottis uxor futura Iohannis de Bentevoglis presentavit unum gabanum veluti nigri brochati de auro cum manighis a menteghello.
Domina Lucia uxor Gerardi de Passipoveris presentavit unum sachum a schaglis rosati et panni paonacii cum frangiis a collo.
Item unum sachum panni nigri et camuchati recamatum cum maspillis argenti a latere anteriori.
Domina Sibilla fillia Baldini dicte capelle presentavit unum sachum panni
azurri cum frangia a collo.
Domina Iacoba uxor Iohannis Francisci lanaroli capelle Sancti Felicis presentavit unum sacum veluti alexandrini foderatum in manicis de dossiis cum
frangia a collo.
Item unum saccum de scarlato cum manicis foderatis de sirico ac una frangia
ad collum.
Domina Lena uxor Pauli Paulini presentavit unum sacum zetalini aveludati
cum frangia et manicis de dosso, capelle Sancti Yoxep.
Bologna
141
67. Item unum sacum veluti de nigro cum manicis foderatis de dossiis afrapatis
de panno ornato stellis argenteis deauratis et cum frangia a collo.
68. Item unum sacum panni moneghini cum manicis ad manteghelum et cum
frangia sirizi azuri.
69. Item unum sacum panni nigri cum frangia a collo nigra deaurata, cum manicis foderatis sirico et cum stellis argenteis super frappas manicarum.
70. Domina Migliore uxor Iacobi Luchini capelle Sancti Felicis presentavit unum
saccum medium de rosato et medium de baldachino cum maspilis argenteis
deauratis ex parte anteriori et frangia rubea ad collum144.
72. Item unum sacum dalmaschi viridis cum manicis largis foderatis vario.
73. Domina Iacoba Cambii capelle Sancti Marini seu Bartholi presentavit unum
saccum veluti nigri cum frangia ad collum.
74. Domina Iohanna uxor Francisci de Ludovixiis presentavit unum sacum panni
viridis rechamatum cum literis aureis et duobus leonibus, que est capelle
Sancti Bartholi.
75. Item unum saccum de albo rechamatum de sirico et auro ad burselitos.
76. Item unum saccum medium de panno laneo azuro et medium zetalini afigurati cum manicis ad mantechelum.
77. Domina Zanna uxor Petri Dominici merzarii presentavit unam cottam panni
roseati cum tribus cordelis iuxta pedes ac perfilo de vario, cum maspilis fili argentei ac duobus manegotis afrapatis et aliquo filo aureo intermistis, capelle
Sancti Yoxep.
78. Domina Bitina Iacobi Antonini de la Turre capelle Sancti Thome de Mercato
presentavit unum saccum veluti nigri cum frangia nigra ad collum de sirico.
79. Item unum saccum rosati coloris cum una frangia vermeglia.
80. Domina Thomasia uxor Petri de Pizano capelle Sancte Marie maioris presentavit unum sacum panni nigri recchamatum auro.
81. Domina Cilla uxor Musotti de Malvitiis capelle Sancti Sismondi presentavit
unum saccum zetalini brochati auro.
82. Domina Bartholomea Anthonini de Castro Sancti Petri presentavit unum sacum factum ad undas de veluto scarlato atque rosato.
83. Domina Iacoba uxor Berthi Quarti capelle Sancte Lutie presentavit unum sacum de nigro et rubeo ad turlos.
84. Item unum sacum de rubeo et beretino ad turlos afrapatum deputatum usui
Madalene filie sue.
85. Domina Francisca uxor Iohannis Ieronimi calegarii capelle Sancti Thome de
Mercato presentavit unum saccum veluti carmisini aveludati cum frangia ad
collum aureata et de sirico grane.
86. Domina Lucia Petri de Bisellis presentavit unum vestitum a fettis.
87. Domina Chaterina uxor Dominici Iohannis sartoris capelle Sancte Marie de
Turlionibus presentavit unum sacum paonatii et nigri factum ad schaias et ad
turlos, bulatum ut supra.
144
Nella numerazione è omesso il 71.
142
Legislazione suntuaria
88. Domina Lutia uxor Petri de Ursellis capelle Sancti Iuliani presentavit unum
vestitum maspilatum maspilis argenteis ad manicas et anteriori parte a summo deorsum factum ad turlos coloris mischii et paonatii cum cordelitis auri
torlatis.
89. Domina Guasparina uxor Blasii de la Cura capelle Sancti Felicis presentavit
unum sacum panni baldachini cum manicis fodratis dosiis de varo.
90. Domina Fixia uxor olim Iacobi Betutii presentavit unum sacum rechamatum
ad bronginos cum arboribus super panno viridi arandelatum cum filis aureis
iuxta pedes.
91. Domina Lucia uxor Gerardi de Pasipoveris capelle Sancte Marie de Carariis
presentavit unum saccum ad schaias rosati et paonacii cum frangia ad collum.
92. Item unum saccum de nigro et de camuchato rechamatum cum maspilis argenteis qui est ad usum Sibille filie Baldini de Passipoveris.
93. Domina Andriucia uxor Pasii de Mezavachis presentavit unum sacum panni
prohibitum.
94. Domina Elena uxor Iohannis Franceschini de Malvasia presentavit unum saccum ad scaias nigras et rubeas, capelle Sancti Iohannis in Monte.
95. Domina Iacoba uxor Ugolini de Chazanimicis capelle Sancti Thome de Mercato presentavit unum saccum divisati albi et azurli factum ad turlos.
96. Domina Bartholomea uxor Iohannis magistri Lentii piliparii veteris capelle
Sancte Caterine de Saragotia presentavit unum sacum veluti de grana cum
frangia ad collum cum manicis foderatis dossis varii.
97. Nicolaus Andree de Crespelano capelle Sancti Yxaie presentavit unum sacum dalmaschi et rosati factum ad schaias afrapatum qui fuit olim Casandre sue uxoris.
98. Dominus Gozadinus de Gozadinis presentavit unum sacum veluti cremisini
avelutati cum manicis foderatis dossis varii.
99. Item unum alium sacum veluti magliati de auro cum manicis larghis.
100. Item unum sacum rosati cum frangis circa collum et manicas.
101. Domina Lucia uxor Pauli Marchixini presentavit unum gabanum a coppis
panni rubei et divixati azurri.
102. Item presentavit unum gabanum panni viridis ad turlos.
103. Item unum gabanum.
104. Domina Francisscha uxor Iohannis Ieronimi presentavit unum sachum veluti
de grana cum manighis ad mantegellum cum frangia ad collum.
105. Item presentavit unum sachum panni albi cum frangia circha collum cum foglittis argenti aureatis ad manighas.
106. Domina Caterina uxor Bartolomei de Sibaldinis presentavit unum gabanum
brochati auri cum maspillis de perlis.
107. Item sachum a turlis albis et paonacii.
108. Domina Lucia uxor Sibaldini de Sibaldinis presentavit unum gabanum brochati auri cum una manicha veluti nigri rechamata a perlis.
109. Domina Lixaphile uxor Tome Andree Iuliani Cambii presentavit unum gabanum a turlis veluti vergati et dalmaschi viridis et scarlatti.
110. Domina Bartholomea uxor Iacobi de Doctore capelle Sancti Bartoli porte Ra-
Bologna
111.
112.
113.
114.
115.
116.
117.
118.
119.
120.
121.
122.
123.
124.
125.
126.
127.
128.
129.
143
venatis presentavit unum saccum veluti nigri cum varota ad manichas et cum
franzia nigra aureata.
Item unum sacum roxiati cum dosiis varii ad manicas et cum frangia rubea
auri ad collum.
Item unum sacum a mantighellis et ad scaias divisati rubei et paonacii cum
certis randelinis aureis deputatum ad usum Thonie uxoris filii dicti Iacobi.
Item unum sacum veluti carmesini cum dosiis de vario ad manichas, frangia
rubea, ad usum dicte domine Bartolomee.
Item unum sacum veluti zetalini rubei affigurati cum frangia rubea ad collum
et cum varota ad manicas.
Domina Antonia uxor magistri Iohannis medici capelle Sancti Vitalis presentavit unum sacum carmesini et cum dossiis ad manichas.
Item unum sacum panni de auro cum manicis foderatis de varota.
Domina Bartholutia uxor Zeorzii de Sanguinis capelle Sancte Marie maioris
presentavit unum sacum veluti carmesini cum manicis foderatis dossiis et
cum frangia aureata ad collum.
Domina Zanna uxor Blaxii de Bastis capelle Sancti Micaelis de Lebroseto presentavit unum sacum scarlati cum maspillis argenteis deauratis, cum manicis
frodatis de varota.
Item unum sacum monighini foderatura cuius manicarum est de dosiis de vario.
Domina Antonia uxor Montini de Cultris presentavit unum sacum cramesini
cum manicis foderatis dossiis de varo.
Item unum sacum veluti de nigro foderatum ad manicas de varota, de capella
Sancti Proculi.
Nicolaus Aymerici pro domina Mina sua uxore capelle Sancti Antolini presentavit unam cottam de veluto grane maspilatam maspillis argenteis a latere
anteriori et per manicas cum una cordella aurea iuxta pedes ac perfilo varote
ac duobus manegotis recamatis et perfilatis et foderatis varota.
Domina Margarita uxor Perdoni pelacani capelle Sancte Marie porte Ravenatis presentavit unum sacum ad turlos de panno rubeo et nigro cum frapis incisis super ipsum.
Item unum sacum ad schisas pro dimidia et pro alia dimidia de divisato cum
cordeletis ad schisas.
Domina Adala uxor domini Antonii de Loiano capelle Sancti Proculi presentavit unum sacum rosati cum franzia ad collum.
Domina Lutia uxor Pauli Marchesini capelle Sancti Martini de Apposa presentavit unum sacum zetalini aveludati cum una frangia ad collum.
Domina Selvagia Andree de Sesaniti capelle Sancti Marci presentavit unum
saccum de scarlato et veluto azurro factum ad schaias.
Masius Calorii de Ottobonis presentavit unum saccum de divisato de sirico
ad turlos.
Domina Bitisia filia Benvenuti capelle Sancti Nicolai de Albaris presentavit
unum saccum moneghini cum foliis argenteis deauratis.
144
Legislazione suntuaria
130. Item unum saccum ad turlos zambeloti verghati et moneghini ad usum dicte
domine Bitisie deputatum.
131. Domina Lena uxor domini Antonii Cosole Frontis capelle Sancti Micaelis
de Lebroseto presentavit unum sacum drapi de auro cum manicis de varota.
132. Item unum sacum panni divisati ad intaglios cum panno grane ad turlos cum
trifogliis.
133. Domina Bartholomea uxor Andree de Talentis capelle Sancte Marie porte
Ravenatis presentavit unum sacum ad turlos panni scarlati et baldachini.
134. Item unam cottam panni divisati et paonacii cum cordelitis aureis et cum maspillis argenteis ante et ad manicas.
135. Domina Ursolina uxor Bartholomei Zenzanini capelle Sancte Marie de Mascarella presentavit unum sacum paonatii foderatum in manicis de varota cum
frangia ad collum de sirico rubeo.
136. Andreas de Talentis presentavit pro sua filia unum sacum ad schaias scarlati et
azuri.
137. Domina Francisca uxor Christophori de Canonicis presentavit unum saccum
ad turlos scarlati et viridis, capelle Sancti Martini de Apposa.
138. Item unum sacum veluti grane cum una frangia ad collum.
139. Domina Chaterina uxor Petri Nicolai de Quarto capelle Sancte Marie de Turlionibus presentavit unum sacum ad turlos albi et divisati.
140. Domina Bartholomea uxor Iacobi aurificis capelle Sancti Iuliani presentavit
unam cottam scarlati abotonatam maspilis argenteis.
141. Domina Francisca uxor Bernardi de Rege speciarii capelle Sancti Mamme presentavit unum sacum veluti grane cum manicis foderatis dossis varii cum
frangia fili aurei et sirici.
142. Item unum sacum veluti nigri cum manicis foderatis dossiis ac frangia aureata.
143. Domina Bartholomea uxor Palmerii fabri capelle Sancti Blasii presentavit
unam cottam dalmaschi afigurati cum frisis et maspilis albis argenteis.
144. Domina Chaterina Vitalis mercharii capelle Sancti Micaelis de Lebroseto presentavit unum sacum ad schaiones veluti et scarlati cum cordellis aureis.
145. Domina Bartholomea uxor Rainerii filii Lippi de Castro Sancti Petri capelle
Sancti Proculi presentavit unum sacum veluti de nigro cum manicis largis.
146. Item unum sacum scarlati et divisati ad schaias ad eius usum.
147. Domina Lippa uxor Iacobi Salvolini capelle Sancti Blasii presentavit unam
cottam veluti azuri vergati et de panno azurino cuperto de figuretis argenti
deaurati et cum cordela circum circha desuptus, maspilata maspillis argenteis
et cum cordellis ad colarinam.
148. Domina Antonia uxor Masii filii Iacobi de Doctore capelle Sancti Bartoli presentavit unum sacum baldachini cum una frangia sirici rubei.
149. Domina Zanna uxor Nicolai magistri Blasii de Bastis capelle Sancti Micaelis
de Lebroseto presentavit unum sacum veluti cremesini foderatum de dosiis de
vario ad manicas.
Bologna
145
150. Domina Iacoba uxor Antonii de Ghisileriis145 capelle Sancti Sirri presentavit
unum saccum aureatum panni auri brasati ad aurum cum manicis foderatis
de varota.
151. Item unum saccum ad turlos ad schaias rubei et zelestri afrapatum.
152. Item unum sacum rubei et zelestri ad turlos.
153. Domina Chaterina filia Bonvixini capelle Sancte Marie maioris presentavit
unum sacum ad turlos viridis panni et azuri pilotatum.
154. Domina Oliana uxor Melchionis de Bambace capelle Sancti […]146 presentavit unum saccum ad schaias panni nigri et zambeloti implotati.
155. Domina Masina uxor Iacobi de Cazanimicis capelle Sancte Marie maioris presentavit unam guarnazam de scarlato maspilatam maspillis argenteis rotondis
cum uno friso auri ac uno perfilo unius panzie varote et duabus manicis brunis cum duabus cordelis circum circa et maspilis antedictis.
156. Domina Antonia uxor Nicolai de Cazanimicis presentavit unum sacum paonacii et azuri ad turlos afrapatum.
157. Item unum sacum divisati azuri et manicis nigris cum argento superius cum
una frangia rubea.
158. Domina Christina uxor Palmerii Gulielmi presentavit unum sacum ad schaias
azuri et rubei.
159. Domina Cilla uxor Blasii Iohannis de Feraria capelle Sancte Marie maioris
presentavit unum sacum paonatii cum frangia ad collum.
160. Domina Madalena filia que fuit domini Francisci de Capellis presentavit
unum saccum veluti alesandrini rechamatum ad cervos auri et arbores.
161. Item unum alium sacum panni viridis rechamatum a rosariis et roxis aureis.
162. Domina Gexia uxor Bartholomei Bonfantis capelle Sancte Marie de Madalena strate Sancti Donati presentavit unum saccum veluti prohibitum.
163. Item unum saccum de scarlato prohibitum.
164. Domina Gexia uxor Iohannis de Colona capelle Sancti Blasii presentavit
unam cottam dalmaschi cum maspilis argenteis que est prohibita.
165. Domina Donina uxor Petri de Nobilibus capelle Sancti Leonardi presentavit
unum sacum ad turlos de rubeo et paonacio.
166. Domina Belda uxor Nobilis de Nobilibus capelle Sancti Vitalis presentavit
unum saccum ad schaias de divisato et rubeo.
167. Domina Bertolucia uxor Fabiani capelle Sancti Leonardi presentavit unum sacum veluti de grana cum frangia sirici aureati.
168. Item predicta unum sacum dalmasci cum frangia viridi deaurata.
169. Item predicta unum saccum coloris cardenaleschi cum frangia rubea de siricho.
170. Domina Honesta uxor Iacobi de Barbiano capelle Sancti Bartoli in Palazo
presentavit unum sacum veluti de nigro cum frangia aurea ad collum.
171. Item predicta unum saccum chamuchati cum frangia viridi prohibita.
145
146
Domina … Ghisileriis corretto su Domina Mona uxor magistri Fabrutii de Argenta.
Spazio bianco nel testo.
146
Legislazione suntuaria
172. Domina Mathea uxor Iacobi de Saliceto capelle Sancti Martini de Apposa
presentavit unum saccum panni cupi cum manicis foderatis dossiis varii.
173. Domina Francisca uxor Guaspari de Buchis presentavit unum sacum panni
auri, capelle Sancti Nicolai de Albaris.
174. Domina Clara uxor Bartholomei de Mazolis capelle Sancti Donati presentavit
unum saccum panni de auro in campo veluti.
175. Item predicta unum saccum panni ad turlos albi et nigri rechamatum.
176. Item predictus unum saccum veluti vermiglii cum pilo lungo.
177. Domina Ursina uxor Rodulfi de Lambertinis capelle Sancti Bartholi in Palazo
presentavit unum saccum veluti viridis cum frangia ad collum prohibitum.
178. Item predicta unum saccum ad schaias paonatii et cupi.
179. Item predicta unum sacum veluti carmesini cum frangia prohibita.
180. Item predicta unum sacum ad schaias rubeum et paonatium scurum cum
frangia prohibita.
181. Domina Margarita uxor Petri fabri presentavit unum saccum veluti charmesini cum manichis foderatis dossiis varii, capelle Sancti Micaelis de Lebroseto.
182. Domina Fixia uxor Francisci fabri presentavit unum saccum veluti grane cum
manicis foderatis dossiis varii, dicte capelle.
183. Domina Lutia uxor Mathei de Controlis presentavit unum sacum veluti de grana cum manicis foderatis de varota, capelle Sancti Christophori de Saragotia.
184. Domina Margarita uxor Iacobi de Ghisileriis capelle Sancti Fabiani presentavit unum saccum ad ondas rubei et violati cum frangia ad collum.
185. Item unum saccum ad undas veluti nigri et scarlati cum argento super ipsum.
186. Domina Chaterina uxor Rainaldi calzolarii capelle Sancte Margarite presentavit unum saccum veluti nigri cum frangia ad collum et cum manicis foderatis
dossiis varii.
187. Item predicta unum saccum rosati cum frangia ad collum prohibita.
188. Domina Bona uxor Lazarini Freschi becarii capelle Sancti Archangeli presentavit unum saccum veluti charmesini cum frangia ad collum prohibita.
189. Item predicta unum saccum coloris cardenaleschi cum frangia ad collum prohibita.
190. Domina Anthonia uxor Stasii capelle Sancti Vitalis presentavit unum saccum
veluti de grana cum frangia ad collum prohibita.
191. Domina Francisca uxor Guaspari de Buchis capelle Sancti Nicolai de Albaris
presentavit unum saccum antiquum rechamatum ad radios auri.
192. Domina Masina uxor Zeorgii de Paltroneriis capelle Sancti Micaelis de Lebroseto presentavit unum saccum veluti nigri cum frangia ad collum prohibita et
cum manicis foderatis de varota.
193. Item unum sacum panni auri cum frangia et manicis foderatis dosiis prohibitis.
194. Item unum gabanum panni paonatii cum stellis aureis et cum frangia ad collum prohibita.
195. Item unum saccum ad turlos nuvolati et viridis prohibitum.
196. Item unum sacum ad turlos de nigro et divisato azuro et scuro.
197. Domina Francischa uxor Nicolai de Sellis capelle Sancti Senexii presentavit
unum sacum veluti chermesini cum dossiis et franzia ad collum.
Bologna
147
198. Item unum aliud rosiati grane foderatum dossiis cum frangia ad collum prohibita.
199. Domina Iacoba uxor Iacobi de Boccadecanibus capelle Sancti Petri Marcelini
presentavit unum sacum zelestrinum et viridem pro dimidia, pro alia dimidia
ad schixas virides et zelestes.
200. Domina Elena uxor domini Antonii Cosole Frontis capelle Sancti Micaelis de
Lebroxeto presentavit unum sacum sive vestem ad turlos cum rosis rubeis de
veluto grane et dalmaschi azuri ab uno latere.
201. Domina Antonia de Fantuciis capelle Sancti Micaelis de Lebroseto presentavit
duas vestes ad turlos cum folietis argenteis super ipsas deputatas usui Manotie
et Miate suarum filiarum.
202. Domina Francisca uxor Iacobi de Sanutis notarii dominorum defenssorum artium et libertatis civitatis Bononie presentavit ex diletione quam gerit dicte
sue uxori sibi gratiam faciendo unam vestem turlizatam ad undas de veluto
grane cum foliis auratis ac scarlato misto cum veluto in dictis undis, qui licentiam habet navigandi in dicta veste et per dictas undas prosperis ventis aflantibus.
203. Hosbertus de Hosbertis capelle Sancte Marie maioris presentavit unum sacum
brochati de auro in campo grane cum laboreriis sirici azuri, cum radiis auri et
animalibus aureis.
204. Item unum sacum de baldachino et rosato factum ad schaias cum X unciis argenti.
205. Item unum sacum veluti de grana et panni albi factum ad undas cum V unciis
cordelarum aurearum.
206. Domina Doratea uxor Misini de Arengheria capelle Sancte Marie maioris presentavit unum sacum veluti nigri cum manicis foderatis dossiis varii frapatis
radiis aureatis et cum frangia deaurata de sirico ad collum.
207. Item unum sacum de biretino cum manicis ad mantichelum cum frangia
deaurata de sirico ad collum.
208. Item unum sacum cardenaleschi cum frangia aurata ad collum.
209. Domina Anna uxor Bartholomei filii Nicolai de Boniohaninis capelle Sancti
Martini de Aposa presentavit unum sacum viridis coloris lanei cum uno breve
a literis aureis, cum uno leone aureo super qualibet manicha.
210. Domina Paresina uxor Alberthi filii Nicolai de Boniohaninis capelle Sancti
Martini de Aposa presentavit unam vestem ad turlos de rosato laneo et paonacio.
211. Iacoba filia Berthi de Albaris capelle Sancti Columbani presentavit unum saccum ad turlos scarlati et panni sirici aschacati factum ad undas.
148
Legislazione suntuaria
1453, marzo 24
Provvisioni
Provisio edita super luxu et intemperantia vestimentorum ac ceterorum
ornamentorum muliebrium prohibitorum147
Provisio pro hornatu virorum et mulierum et comitatinorum habitantium
in comitatu Bononie148
BESSARION miseratione divina episcopus Tusculanus, Sanctae Romanae Ecclesiae cardinalis, apostolicae sedis legatus in civitate Bononiae exarchatuque Ravennate et provintiae Romandiolae et cetera in temporalibus vicarius generalis.
Ad perpetuam rei memoriam. Memores quod de nobis commisso grege quem
regendum et moderandum sumpsimus rationem sumus reddituri, nec solum eo
modo quo seculares principes solent, sed tanto magis quanto animae nobiliores
praestantioresque sunt quam corpora, iugi sollicitudine penitus rimamur et excogitamus ut universa civitas Bononiae eiusque ager, comitatus et districtus signanter
inter caetera nobis a sede apostolica commissus, ab erroribus deviis ad rectam semitam normamque honeste et recte vivendi, quantum cum favore divino possumus
traducatur.
Cum igitur inter caetera multa quae bonos mores corrumpere solent, nobis
praecipua visa fuerint luxus et intemperantia vestimentorum ac caeterorum ornamentorum muliebrium quae maximorum malorum ac scelerum causa et quasi seminarium semper fuere, cum nulla res publica tam recte tamque bonis moribus instituta sit quae si hoc morbo inficiatur non facile corrumpatur, labefectetur et corruat, convertendos ad hunc populum nostrum paterno affectu oculos existimavimus quod non solum utilitati et commodo eius, verum etiam saluti animarum suarum consulendum, animadvertentes igitur optimates, nobiles atque ignobiles et
universum populum Bononiae ac comitatinos omnes adeo prolapsos in hanc pompam et luxum vestitus, ornamentorum, iocalium et rerum preciosarum ut exinde
civitas ipsa et comitatus maximum suscipiat detrimentum, nec ullum discrimen
nec ulla praerogativa inter nobilem atque ignobilem, inter bonis artibus praeditum
147
Collazionato con:
1454. Statuti, De vestimentis et ornamentis mulierum civitatis et comitatus Bononie
deferendis. Rubrica.
148
Provisio … in comitatu Bononie] Insuper attendentes laudabiliter et sancte fuisse et
esse statutum et provisum super vestimentis et ornamentis mulierum civitatis et comitatus
Bononie deferendis per reverendissimum in Christo patrem dominum Bessarionem Sacrosancte Romane Ecclesie cardinalem et legatum in civitate Bononie de presentia, consensu et
voluntate magnificorum spectabilium dominorum sedecim reformatorum et quamplurium
nobilium, mercatorum et artificum civitatis Bononie per ipsorum specialem provisionem
tenoris qui sequitur hac forma, videlicet 1454.
Bologna
149
et mechanicum presertimque inter eorum uxores appareat, et propterea multos
parare vi, fraude et scelere opes in quibus felicitatem existimant ex qua iusti ordinis
perturbatione nova consilia commutandarum rerum paulatim serpunt et omne mali genus quasi morbo et contagione quadam civitates invadit, corrumpit, frangit atque effeminat, attendentes praeterea quod dominus noster Iesus Christus in sacris
suis evangeliis omnem mollitiem et superfluitatem in vestimentis damnat, insequitur, detestatur, et Petrus apostolus mulierum ornatum non extrinsecus capillaturam
aut comam aut circundationem auri aut indumenti vestimentorumque cultum, sed
hominem cordis absconditum et incorruptibilitatem quieti et modesti spiritus,
quod est in conspectu Dei locuples earumque erga viros subiectionem et obedientiam esse vult. Sic enim ait et sanctae mulieres sperantes in Deo ornabant se subiecte propriis viris. Nam cum secundum Paulum apostolum caput mulieris sit vir, decet eas hoc solo ornatu ornari, hac gemma decorari: subiectione scilicet erga viros et
virtutibus eorum, ne si cultum exteriorem querant, diffidere de virtutibus virorum
videantur.
Unde etiam sacri canones omnem luxum vestium abhorrent et insectantur, dicentes quod necesse est eas mulieres ornamenta cordis et decorem animi perdidisse quae
auro, monilibus et margaritis se ornant, talem enim cultum impudicis mulieribus
convenire earumque insignia sericum, aurum et purpuram esse dicunt. Matronas vero et virgines pudicitia et castitate insignes esse. In qua sententia gentiles etiam et philosophi priscique legum latores fuere hanc ornamentorum superfluitatem tanquam
bonis moribus contrariam et rebus publicis damnosam resecantes qui nulli portare
auream vestem vel anulum aureum licere voluerunt nisi esset meretrix, nulli plusquam unam pedisequam post se habere permiserunt nisi esset ebria. Et enim quemadmodum ex se vestes calere non possunt, sed quem a natura calorem accipiunt
conservantes ita calefaciunt corpora. Sic illum ornatum vestimenta possunt afferre
quem ab induto receperint. Qui si virtuosus est omni ornatu praeditus erit etiam vilissimis vestibus opertus. Si vitiosus, eius deformitatem et vitia non modo aliquis vestimentorum cultus celare non potest, sed publicat, manifestat, auget, crescit et magis
nocet. Iuxta illud Horatianum, Eutrapolus cuicunque nocere volebat vestimenta dabat preciosa. Beatus enim iam cum pulchris tunicis sumet nova consilia et spes dormiet in lucem, scorto postponet honestum officium mimos alienos pascet.
Hinc est quod nos tanquam pii et misericordes, quaerentesque non solum commodum civium nostrorum, verum etiam salutem animarum ipsorum, matura consideratione his succurrendum erroribus et moderationi consulendum existimavimus, in qua praecipue consistit humanae societatis conservatio.
Et propterea auctoritate qua fungimur apostolica, de praesentia, consensu et voluntate magnificorum dominorum antianorum civitatis Bononiae ac dominorum
de collegio et spectabilium dominorum sedecim reformatorum et quamplurium
nobilium, mercatorum et artificum dicte civitatis Bononiae ad praesentiam nostram ex causa praedicta specialiter vocatorum.
Ad laudem et reverentiam omnipotentis Dei, Patris et Filii et Spiritus Sancti ac
gloriosae virginis matris Mariae et gloriosi episcopi et confessoris beati Petronii venerabilis patris et protectoris huius almae civitatis Bononiae et ad salutare commo-
150
Legislazione suntuaria
dum civium et incolarum civitatis, guardiae et comitatus predictae et ad salutem
animarum eorum statuimus, decernimus et firmamus.
I. Quod primo nulla sponsa, uxor vel filia cuiuscunque civis vel habitatoris in
civitate Bononie, guardia, comitatu vel districtu et cuiuscunque status vel condictionis existat possit portare supra se aliquem drapum auro vel argento contextum
nec superius nec subtus pro fodera, nec aliquas alias vestes ornatus causa, nec aliqua
alia ornamenta nisi modo, forma et cum qualitatibus infrascriptis, videlicet.
II. Secundo quod sponsa, uxor vel filia militum possint habere et portare unam
vestem crimisini dumtaxat et aliam de quocunque veluto preterquam de cremesino,
unum auchum de cremesino vel de panno roxato. Item aliam vestem de panno roxato, quarum due solum sint cum manicis apertis, videlicet illa de cremesino et alia
quam magis vellent, neque sint foderate de gibellinis vel armellinis. Caudam non
habeant in aliqua earum veste nisi duorum tertiorum brachii ad plus. Item habere
possint manicas de cremesino, unum guardacorium de panno sirici. De panno autem lane cum manicis non apertis faciant quotquot volunt. Item unum çogliellum
in fronte et aliud in pectore, anulos sex et verghetas sex, unam filciam de corallis,
balcios de quocunque drapo volunt, dummodo non habeant perlas neque lapides
preciosos et quod omnino nullas perlas portent in capite, texuta de quacunque condictione volunt preterquam de perlis.
III. Tertio quod sponsa, uxor vel filia doctorum possint habere et portare unam
vestem de veluto cremesino dumtaxat vel de alio veluto alterius coloris cum manicis
apertis non foderatis de armellinis nec gibellinis neque marturibus, aliam de panno
grane cum manicis apertis, dum tamen alique earum vestes non habeant caudam
ultra mensuram medii brachii, unum auchum de veluto non cremesino et unum
guardacorium siricum, manicas de veluto cremesino, unum çogliellum vel unam
collanam, anulos quatuor et verghetas quatuor, unam filciam de corallis decem unciarum, balcios de quocunque drapo volunt preterquam de auro, dummodo non
habeant perlas, texuta de quocunque volunt exceptis perlis.
IIII. Nobilium qui a treginta annis citra vel non fecerunt aliquam artem manualem vel si fecerunt et faciunt neque fecerunt neque faciunt nisi quatuor artes infrascriptas immediate dicendas et infra hoc tempus treginta annorum habuerunt in
domo sua militem vel doctorem, item illorum qui sunt de societate notariorum,
campsorum, draperiorum et artis sirici dummodo draperii quidem et artis sirici
non faciant artem manibus propriis, campsores vero sint patroni et magistri. Omnes autem omnium istarum quatuor artium homines sint cives origine propria, paterna et avita vel saltem duabus ex eis. Horum omnium habentium istas condictiones sponse, uxores et filie possint portare omnia que de uxoribus doctorum dicta
sunt, preterquam auchum siricum, nisi dictum auchum de cremesino vel alio drapo
habere velint loco dicte vestis de cremesino.
V. Omnium autem exceptorum in quatuor superioribus artibus ac beccariorum,
spetiariorum, lanarolorum, straçarolorum, merçariorum, bambasariorum et aurificum sponse, uxores et filie possint habere unam dumtaxat vestem de veluto que
non sit coloris cremesini nec morelli cum manicis apertis foderatis de dossiis vel
panciis varri sine griso aut taffetato non cremesino cum uno tertio brachii de cau-
Bologna
151
da. Aliam vestem de panno de grana non cremesino cum manicis non apertis, anulos duos, verghetas quatuor, unam filciam de corallis sex unciarum, manicas de veluto non cremesino nec morello, texuta sine auro et sine perlis.
VI. Unicuique civium suprascriptorum liceat facere rechamatum super una veste
predictarum dumtaxat, dumtamen non excedat valorem in militibus ducatorum
tregintaquinque, doctoribus et nobilibus et aliis equiperatis ut supra doctoribus vigintiquinque, illis de septem artibus ducatorum duodecim.
VII. Magistrorum lignaminis, calçolariorum, salarolorum, muratorum, fabrorum, pellipariorum, sartorum, barberiorum, cartolariorum, pellacanorum, piscatorum, cimatorum, rechamatorum et tinctorum et quatuor artium et aliorum inferiorum seu viliorum ministeriorum et artium ac etiam aliorum non existentium de
nobilibus suprascriptis et non exercentium artem aliquam et etiam aliorum non
comprehensorum in supra vel infrascriptis capitulis sponse, uxores et filie possint
portare unam vestem panni roxati non cremesini vel panni morelli cum manicis
apertis foderatam panciis de varro cum griso vel taffetato de grana et non alio drapo cum cauda tertii unius brachii, manicas de roxato vel morello ut supra, anulos
duos et verghetas duas et texutum sine auro contextum.
VIII. Comitatinorum nulla mulier habitatrix civitatis, guardie vel comitatus Bononie, que publice pro comitatina habeatur et que sit filia, sponsa vel uxor alicuius
qui non habeatur pro cive et qui exerceat opera rusticalia audeat, possit vel presumat habere vel portare supra se aliquam vestem aut aliquod aliud ornamentum de
sirico cuiuscunque valoris vel condictionis, pannum grane alicuius coloris nec aliquos friçios auri, vel texuta de cremesino vel contexta auro vel argento, nec aliquam
quantitatem argenti in maspillis vel fulcimento texutorum vel in aliis que sit in totum maioris ponderis octo unciarum, concedentes eis illos suos friçios qui non excedant valorem trium librarum pro qualibet veste.
VIIII. Item declaramus quod in his que supra licita vel prohibita sunt filiabus vel
uxoribus seu sponsis predictorum attendi et considerari debeat hoc modo, videlicet
quod antequam sint sponse vel nupte attendi et considerari debeat qualitas et condicio earum patris, et an fuerit vel sit miles vel doctor seu de non exercentibus vel
exercentibus supraspecificatas artes vel non. Postea vero quam sponse vel nupte fuerint, attendi debeat qualitas et condicio sponsi vel mariti ut supra de patre dictum
est, sive pater vel maritus vivens vel mortuus sit.
X. Item statuimus super omnia quod ex nunc et in futurum non excedendo regulas suprascriptas nullus maritorum possit exponere supra suam sponsam vel uxorem maiorem quantitatem quam sit medietas dotis illius, intelligendo dotem usque
ad mille libras bononinorum, et de mille libris et ulterius pro quolibet centenario
viginti libras plus. Hoc autem non intelligatur de comitatinis et similiter de habitatoribus civitatis, quorum dos non excedit centum libras bononinorum.
XI. Item volumus quod ab regulis suprascriptis et moderatione vestium excepte
sint omnes domicelle et uxores civium que sint forenses, non cives, filie aliquorum
dominorum alicuius civitatis que veniant ad civitatem hanc ad maritos cum quibuscunque et qualibuscunque vestibus suis.
Sub pena maritis, sponsis et uxoribus, patribus et filiabus librarum decem bononinorum si ipse vel earum aliqua in predictis vel eorum aliquo contrafecerint, ac
152
Legislazione suntuaria
etiam sartoribus et rechamatoribus in aliquo contrafacientibus librarum quinque
totiens quotiens aliquis vel aliqua ipsarum contrafecerit, dummodo pro qualibet vice unica pene predicte solutio seu exactio sufficiat facta a marito uxore vel sponsa
pro ipsis ambobus et similiter una a patre vel filia pro ambobus.
Concedimus tamen mulieribus supradictis loco vestium eis ut supra concessarum habere viliores si dictas suprascriptas habere noluerint, servatis tamen in eis
aliis modificationibus suprascriptis.
Que statuta ut firmiorem observantiam sortiantur preter indictas et supranarratas penas temporales harum serie et prefata apostolica auctoritate omnes et singulos
utriusque sexus qui omnia et singula in dictis nostris statutis et provisionibus contenta non observaverint infra terminum sex dierum proxime futurorum si cives fuerint et intra civitatem Bononie habitaverint, quorum duos pro primo, duos pro secundo et duos pro ultimo et peremptorio termino assignamus. Si vero sint comitatini aut in comitatu, guardia et districtu predictis habitantes infra terminum quindecim dierum postquam ad eorum notitiam pervenerit, quorum quinque pro primo, quinque pro secundo et quinque pro tertio et peremptorio termino assignamus, sive parentes fuerint, sive mariti seu quivis alii hortantes vel cum possint non
prohibentes ipso facto excommunicationis penam incidisse decernimus et firmamus, de qua a nemine nobis inferiore possint absolvi.
Mandantes venerabili viro domino .. vicario episcopi Bononiensis quatenus
hanc nostram excommunicationem et hoc nostrum decretum per omnes et singulas
ecclesias tam civitatis quam comitatus Bononiae faciat publicari et rectoribus illarum expresse committat quod observationem predictorum populis et parochianis
suis suadeant sub interminatione pene divini iudicii et ultionis.
Datum Bononiae in palatio nostrae residentiae, anno nativitatis domini nostri
Iesu Christi millesimo quadringentesimo quinquagesimo tertio, indictione prima,
die vigesimoquarto mensis martii, pontificatus sanctissimi in Christo patris et domini nostri domini Nicolai divina providentia pape quinti anno septimo.
Et in predictorum omnium et singulorum fidem, robur et testimonium presentes nostras litteras seu presens publicum dictarum litterarum nostrarum et statutorum et ordinamentorum nostrorum predictorum instrumentum fieri per Albertum
de Parisiis, Iacobum Gulielmi et Cesarem de Pançachiis cives notarios publicos Bononienses et per eos subscrivi et publicari et nostri consueti sigilli munimine roborari, illudque seu illas in camera actorum populi et comunis Bononiae deponi et
perpetuo conservari iussimus et mandavimus ad perpetuam memoriam et validitatem omnium et singulorum premissorum. Presentibus omnibus et singulis infrascriptis egregiis viris Baptista Ludovici de Maçolis, Bartholomeo Laurentii de Cospis, Michaele Frigirini de Sancto Venantio, Bartholomeo Cesaris de Pançachiis,
Hieronimo Antonii de Canonicis, Iohanne Gasparis de Luporis et aliis quam plurimis testibus ad predicta vocatis, adhibitis et rogatis149.
149
Seguono le sottoscrizioni notarili. 1454 sostituisce Et in predictorum omnium … adhibitis et rogatis con Volentes dictam provisionem tamquam sanctam et laudabilem suum debitum perpetuum consequi et obtinere effectum et observantiam perpetuam, statuimus et
ordinamus provisionem predictam observari debere in civitate, guardia et comitatu Bononie
Bologna
153
1454
Statuti
De pena plorantium seu desbattentium ad exequias mortuorum vel
mittentium […]150 et de modo servando in exequiis mortuorum151
De pena fatitantium mariam, comitem vel comitissam152
Quod ultra quinquaginta homines non possit aliquis ducere ad sponsandum
mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat. Et quod
propalacio sponsaliciorum non fiat nisi in capellis sponsi et sponse et sine
congregatione personarum153
Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit vocatus.
Rubrica154
De nive et remolo et aliis rebus prohibitis tempore sponsationis
et percussionis prohibimus155
modo et forma superius in ea descriptis. Et mandamus, declaramus et providemus magnificos dominos antianos et honorabiles dominos de collegio teneri et obligatos esse sub vinculo iuramenti per eos in principio eorum officii solemniter prestandi ad faciendum et observandum taliter et cum effectu quod dicta provisio et presens nostrum statutum inviolabiliter ab omnibus observetur et observari facere teneatur.
150
Spazio bianco nel testo.
151
Vedi 1376. Statuti, De pena plorantium seu desbatentium ad exequias mortuorum et
mittencium enxenia et de modo servando in exequiis mortuorum. Rubrica.
152
Vedi 1288. Statuti, De pena facientium maiumam seu comitem vel comitissam. Rubrica.
153
Vedi 1376. Statuti, Quod ultra quinqueginta homines non possit aliquis ducere ad
sponsandum mulierem et quod ad desponsationem nullus eques accedat. Et propalacio
sponsaliciorum non fiat nisi in capellis sponsi et sponse et sine congregatione personarum.
Rubrica.
154
Vedi 1288. Statuti, Quod nullus ad desponsationem alicuius vadat, nisi fuerit invitatus.
Rubrica.
155
Vedi 1288. Statuti, De nive vel remolo vel aliis rebus prohibitis habere tempore desponsationis et percussionibus prohibitis.
154
Legislazione suntuaria
De vestimentis et ornamentis mulierum civitatis et comitatus
Bononie deferendis. Rubrica156
De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis
predictis. Rubrica157
1474, maggio 11, luglio 3 e novembre 14
Provvisioni
Provisio ornatus mulierum 1474
Benedictus Mastinus iuris utriusque doctor et comes reverendissimi in Christo
patris et domini domini Francisci de Gonzaga miseratione divina Sancte Marie Nove diaconi cardinalis Mantuani in civitate Bononie eiusque comitatu et districtu et
exharcatu Ravenne ac provintia Romandiole et cetera apostolice sedis legati locumtenens. Ad perpetuam rei memoriam, cogitantes alias saluberrimam latam fuisse legem in civitate et comitatu Bononie que nimios ac superfluos mulierum ornatus
moderaretur, que, licet abrogata nunquam fuerit, permissione tamen ac indulgentia
quadam factum est ut mulieres ipse in priorem luxum prolapse fuerint eique plura
insuper adiecisse videantur, ita ut sumptibus modus nullus existat hanc muliebrem
mollitiem et ornamentorum superfluitatem cum sacre littere insequantur, damnent
et detestentur astipulari sane eis probe videntur graves philosophorum sententie
suadentes matronas hec ornamenta missa facere que luxurie instrumenta sunt et
existimare vera ornamenta in pudicitiam ipsam esse locata. Accedunt ad hec patrimoniorum consumptiones que magnum civitati et comitatui detrimentum afferunt, ne illud pretereamus quod hec labes tam omnium promiscue mentes invasit,
ut nullum iam inter nobiles et ignobiles discrimen esse appareat quod sane ut invidiosum est, ita minus tolerabile esse videtur. Nos vero quibus una cum aliis magistratibus cura regiminis huius civitatis demandata est, predicta considerantes, memores etiam quod de huius civitatis administratione rationem Deo reddituri sumus, honori simul et utilitati civitatis ipsius atque comitatus consulere volentes ornamentaque ipsa muliebria ad regulam et ordinem quendam redigere cum consilio
et diligenti examinatione magnificorum dominorum … antianorum consulum et
… vexilliferi iusitie populi et communis Bononie ac magnificorum dominorum sedecim reformatorum status libertatis civitatis Bononie et cetera re ipsa in consulta-
156
Vedi 1453. Provvisioni, Provisio edita super luxu et intemperantia vestimentorum ac
ceterorum ornamentorum muliebrium prohibitorum.
157
Vedi 1335. Statuti, De arbitrio domini potestatis et eius vicarii super contentis in statutis predictis.
Bologna
155
tionem sepius adducta cum voluntate et consensu eorum, hanc legem novam tulimus ac promulgavimus priore abolita per quam et ornamentis ipsis et sumptibus
eorum modus adhibetur et personarum condicionis ratio habetur, quam quia nos
et prefati magnifici domini saluberrimam esse censemus. Ideo eam ab omnibus servandam esse decrevimus sub penis in ea contentis quam infra describi ac materno
sermone exprimi iussimus ut eius notitia clarior omnibus fiat quamque publicari
mandavimus et in camera actorum populi et communis Bononie deponi ibique
servari ad perpetuam memoriam et validitatem omnium et singulorum in ea contentorum, videlicet.
In primis che li cavalieri non possano spendere nello ornato, veste et omne altra
cosa atorno la soa sposa o mogliere oltra li tri quarti della dota et li docturi et gentilhomini li quali qui apresso se dechiarirano et quilli exercitano le quatro prime arte, zoè nodari, cambiaduri, drappieri et arte de seta non possano spendere più che li
dui terci della dota. Tutti li altri inferiori non possano spendere più della mità della
dote, la quale dote quando la fusse fino alla summa de milledosento lire et da lì in
zoso se possa spendere como è dicto, et essendo de magiore summa da lì in suso se
possa spendere oltra le dicte rate et parte lire vinte per centonaro de quello più fusse la dote et niente più se possa spendere.
Item che le donne, spose et figliole di cavalieri fim che le sonno in podestà del
padre et delli soi possano portare brocato d’oro et de argento in vestimente, auchi
et guardacori et maniche como a loro piase, pure che tale brocato non portino in
fodera de maniche, le quale maniche non possano etiam essere foderate de martori
né de gebellini, et possano portare tri ornamenti de zoglie, zoè zogliello da spalla,
zogliello da testa et vezolo da collo de perle o voleno una collana de perle in loco de
una delle dicte cose, sì che elegendo dicte zoglie non possano più portare dicta collana et elegendo dicta collana debbano lassare una de dicte zoglie et quella che lassarano non possano più portare, et possano portare veste de drappo de seta de omne colore et omne altra cosa menore de quelle sonno dicte ma mazore non. Possano
etiam portare texuti de brocato d’oro. Possano ancora portare chiavacori, cordelle
d’oro, collari et recami che in tutto non excedano la valuta de ducati trentacinque
d’oro, sempre intendendo che non se possa spendere delle dote più che de sopra sia
determinato.
Item che le donne, figliole et spose de docturi et gentilhomini non possano portare veste, auchi, fodere né guardacori de brocato d’oro né de argento, né possano
portare se non uno zogliello da spalla et uno da trezza o voleno uno vezolo de perle
in loco de uno de dicti zoglielli, sì che electo una volta l’uno non possano più portare l’altro. Possano etiam portare maniche de brocato d’oro et de argento et texuto
de brocato d’oro. Possano etiam portare veste, auchi, maniche et guardacori de cremesino et de altro drappo et panno et possano portare chiavacori, cordelle d’oro,
collari et recami che in tutto non excedano la valuta de ducati vintecinque, pure
che non exceda in tutto la spesa la limitatione della dota antedicta. Et possano portare et usare le cose menore de queste ma le mazore non. Maneghe non possano
portare foderate de brocato d’oro né de argento como è dicto né de martori né de
gebelini.
156
Legislazione suntuaria
Item che li gentilhomini se intendano essere quilli che per origine propria, paterna et de lolo inseme siano citadini de Bologna et che da trenta anni in qua mai
per alcuno tempo loro proprii non habiano exercitato alcuna arte, overo che havendo doe solamente delle predicte origine non habiando mai exercitato arte alcuna da
trenta anni in qua como è dicto et habiano havuto o habiano de presente docturi o
cavalieri uno o più della casada soa. Ma quilli che non haverano una delle condicione predicte siano et se intendano essere nel grado qui apresso dechiarito.
Item che le donne, figliole et spose di nodari, cambiaduri, drappieri et de quilli
de l’arte della seta, li quali siano delle tre origine antedicte, zoè propria, paterna et
de lolo inseme, et de quilli che non hano le condicioni delli gentilhomini predicti,
li quali cadeno in questo grado possano portare uno paro de maniche de brocato
d’oro o de argento, sì che electo uno drappo non possano più portare l’altro, et possano portare texuto de brocato d’oro, uno solo zogliello o collana de perle o uno vezolo de perle, pure che non habiano né possano usare se non una delle cose antedicte, et quella electa non possano più usare l’altre. Et possano havere veste de
drappo de seta de omne colore et maniche, auchi et guardacori per lo simile pure
che non siano foderate de brocato d’oro né de argento né de martori né de gebelini.
Ma quando li predicti non fusseno delle tre origine antedicte ma de qualcheuna
meno, le dicte loro donne, figliole o spose debbano observare quanto nel capitolo
proximo subsequente serà scripto et ordinato, intendendose sempre dove è permesso el più et le mazore cose essere permesse le menore. Possano etiam portare chiavacori, cordelle d’oro, collari et recami che in tutto non excedano la valuta de ducati
vinti, mesurate però alla limitatione della dota como de sopra.
Item che le donne, spose et figliole de quilli che exercitano le altre arte oltra le
quatro predicte, zoè becari, spetiali, lanaroli, strazaroli, merzari, mercadanti da ferro
et simili, bambasari, orevesi, salaroli, bisilieri et de quilli che in le quatro prime arte
non fusseno de tre origine antedicte, zoè propria, de patre et de lolo inseme, possano portare una vesta sola de cremesino a maniche strecte ma non a maniche aperte
et de altro drappo et panno a maniche aperte. Ma non possano portare brocato d’oro né de argento in alcuno modo. Possano bene havere et portare texuto de brocato
et uno zogliello da testa solamente o vole uno vezolo de perle, pure che non possano portare se non uno et electo el zogliello o vezolo predicti non possano più usare
l’altro, et che o l’uno o l’altro non exceda la valuta de ducati trenta et quisti siano
de tre origine como de sopra, altramente se intendano compresi in lo capitolo et
grado proximo sequente, et dove è concesso el più et più pretiose cose se intenda
ancora essere concesso le menore et più vile ma più non. Possano etiamdio portare
chiavacori, cordelle d’oro, collari et recami che in tutto non excedano la valuta de
ducati quindese, sempre remanendo ferma la limitatione delle dote.
Item che le donne, figliole et spose delli mestri de legname, calzolari, muraduri, fabri, pelizari, sarti, barbieri, cartholari, pelacani, pescaduri, cimaduri, tincturi,
recamaduri et de simile et menore arte et etiam de quilli che fusseno delle altre arte inferiori overo qui non descripte possano portare uno paro et più de maniche
de seta et de cremesino morello et non de altro cremesino. Ma non possano havere
né portare vestimente, guardacori né auchi de seta de alcuno colore, né vestimente
Bologna
157
de grana né de altro panno a maniche aperte, né recami, né texuti de brocato d’oro né de argento, né perle né zoglie de alcuna facta, né cose mazore de queste, menore sì. Possano bem portare chiavacore, cordelle d’oro et collari, pure che in tutto
non excedano la valuta de ducati diese, sempre servando però la metà soprascripta
delle dote.
Et se alcuno de essi citadini fusse nato o nascesse per l’avenire fuora de Bologna
o del Bolognese per tempo de peste o de altro caso inopinato, non se intenda essere
minuita né lesa la soa civilità né de soi descendenti.
Item che le donne, figliole et spose delli forastieri habitanti in questa cità da
quaranta anni in qua et che per l’avenire li venesseno ad habitare possano elegere
quale condictione voleno seguire, o quella del grado haveano dicti soi homini in la
loro patria o quella segondo l’arte fano al presente et farano dicti loro homini in
questa cità, et quale de quelle doe haverano electe se debbano governare nel vestire
et altre cose sopradicte segondo la presente provisione. Ma le donne, figliole et spose de forastieri habitanti in questa cità da quaranti anni in là servino la provisione
segondo che nelli altri capituli grado per grado se contene.
Item che le donne, figliole et spose delli figlioli de fameglia debbano seguire la
condicione et grado delli patri de dicti figlioli de fameglia fino che stano in soa podestà, salvo se tali figlioli de fameglia non havesseno magiore grado di patri, nel
quale caso possano seguire la condicione de tale grado. Ma se fusseno figlioli de cavalieri et loro non fusseno cavalieri, debbano servare la condicione del grado delli
gentilhomini sempre non excedando la limitatione della dota soprascripta.
Item che le donne che già sonno maritate nel vestire et altre cose soprascripte,
quanto a l’uso et portare solo debbano servare la presente provisione segondo li gradi antedicti. Ma non siano tenute servare la limitatione delle dote.
Item che le donne non havesseno dato et per l’avenire non desseno dote siano tenute servare la presente provisione segondo li gradi soprascripti solo quanto allo habito et uso delle veste et altre cose concesse, ma non quanto alla quantità della spesa.
Item che le donne, spose et figliole delli capitanei et squadreri delle gente d’arme della communità de Bologna servino l’ordine primo delli gentilhomini. Ma essendo de menore grado o contestabili et inferiori servino el grado delle arte descripte nel capitolo di merzari et strazaroli.
Item che alli contadini del contado de Bologna sia licito spendere in le soe spose
et donne fino alla summa de lire quaranta de bolognini et non più, salvo che quilli
exercitasseno una delle vintequatro arte collegiate et non fesseno arte rusticale possano spendere solo la mità della dota et non più in lo ornamento de dicte loro donne et spose, le quale donne et spose non possano portare brocato d’oro in veste né
in texuti né in chiavacori né in alcuna altra cosa, né veluto de alcuna rasone, né vestimente né guardacore né cotte de grana. Maisi che le donne de quilli che exercitasseno arte rusticale possano portare solo le maniche de grana et quelle de chi exercitasse alcuna delle arte soprascripte non possano portare cosa alcuna de grana excepto che le cotte et uno paro de maniche de dalmasco, pure che non siano de cremesino né de morello, le quale donne cussì delli contadini et exercitanti alcuna delle dicte arte como exercitanti arte rusticale non possano portare freso d’oro delli
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Legislazione suntuaria
quali la valuta exceda lire tre de bolognini, né possano portare in bottoni, in fornimenti de texuti et simile altre cose più che el peso de octo unce de argento in tutto.
Dechiarando che la presente provisione, regole et ordeni et altre cose che se contengono in essa non se intenda per le dongelle et mogliere de citadini, le quale fusseno forastiere figliole de alcuni signuri de cità et venesseno a marito a Bologna, alle
quale sia licito havere et portare zascuna soa vestimenta et zoglie de qualunqua condicione se siano.
Item se statuisse et ordena che li mariti, spose, mogliere, patri et figliole se loro
o alcuno de loro contrafarano in le predicte cose voluntariamente et non sforzate
cadano in pena de lire diese de bolognini. Et li sarti, recamaduri, varotari, orevesi
che contrafesseno alle predicte cose scientemente in fare dicte veste, recami et altre
cose prohibite cadano in pena de lire cinque de bolognini, le quale pene tante volte
a tutti li soprascripti serano facte pagare quante volte per loro o alcuno de loro serà
contrafacto, pure che per zascuna volta se contrafesse uno pagamento solo delle pene predicte basti facto dal marito o mogliere overo sposa per tutti loro. Et similemente basti che uno pagamento della pena sia facto dal patre o dalla figliola per
tutti loro.
Et azoché la presente provisione habia più ferma observanza oltra le dicte pene
pecuniarie, messer lo locotenente per tenore della presente per auctorità del suo officio dechiara et ordena che tutti et zascaduno cussì maschi como femene, li quali
cussì nel spendere delle dote oltra la limitatione facta, como nel vestire et portare
zoglie, le sopradicte cose o alcuna de quelle se contengono nella presente provisione
non observarano et non haverano mandato ad executione fra el termine de sei dì
proximi a venire se elli serano citadini et habitanti dentro alla cità de Bologna, di
quali sei dì, dui per lo primo, dui per lo secundo et li altri dui per lo ultimo et peremptorio termine se assignano. Et se fusseno contadini et habitanti in lo contado
et guardia de Bologna infra el termine de quindese dì doppo che a loro notitia serà
pervenuto la presente provisione, delli quali quindese dì, cinque per lo primo, cinque per lo secundo et li altri cinque per lo terzo et peremptorio termine se assignano, o siano patre o matre, overo mariti o qualunqua altro confortasse a contravenire
alla presente provisione, o veramente possendo non lo prohibisse, ipso facto cadano
in pena de excommunicatione, la quale solo se extenda et habia effecto quanto allo
preiudicio delle anime et non quanto alli damni et nullità delli iudicii, lite, carte et
testamenti o altre scripture, acti et etiam altre simile cose occurrente, le quale però
se intendano valere non obstante tale excommunicatione. Ma chi serà excommunicato haverà la maledictione da Dio, non poterà intrare in ghiesia et intrandoli serà
cazato fuora, et serà privato de omne gratia et sacramento spirituale, dalla quale excommunicatione chi contrafarà non possa essere absolto se non dallo reverendissimo monsignore legato overo suo locotenente, la quale absolutione per modo alcuno non se possa fare se prima tale contrafaciente non haverà cum effecto pagato la
pena pecuniaria allo depositario della camera tante volte quante in quella fusse incorso. Et facendose dicta absolutione altramente ipso iure sia nulla. Et per executione delle predicte cose se deputa lo officio delli honorevoli signuri de collegio della
cità de Bologna, li quali possano et siano tenuti sopra le predicte cose sotto pena de
Bologna
159
periurio fare debita inquisitione et fare pagare le pene a chi contrafesse como è dicto de sopra. Et sia licito a zascuno denunzare chi contrafarà et serà tenuto secreto se
a lui piaserà che ’l se trovi essere vero quello che lui dirà. Delle quale pene rescosse
per dicti signuri de collegio, la terza parte debba essere sua et l’altra terza parte dello
denuntiatore et l’altra terza parte della camera, et non li essendo denuntiatore la
mità sia delli prefati signuri de collegio et l’altra mità della camera. Dechiarandose
che contra tali contrafacienti non possa essere inquisito per alcuno officiale del
commune de Bologna se non o per messer lo podestà della cità de Bologna o per li
prefati honorevoli signuri de collegio.
Insuper se notifica como è commesso allo venerabile messer lo vicario del vescovo de Bologna che questa excommunicatione, decreto et provisione debba fare publicare per tutte et zascadune ghiesie cussì della cità como del contà et guardia de
Bologna et comandare expressamente alli recturi de dicte ghiesie vogliano et debbano suadere et confortare li soi populi et parrochiani alla observatione della presente
provisione cum protestatione della vendecta et divino iudicio.
Ultimo se determina et statuisse che le donne, spose et figliole delli hebrei habitante de presente in la cità de Bologna et che publicamente tengono bancho et che
per l’avenire venerano ad habitare in dicta cità et tenerano bancho et di soi compagni possano solamente portare uno guardacore de veluto non cremesino né morello. Nessuna vesta de veluto de qualunqua colore possano portare. Possano bem portare veste et guardacori de panno de qualunqua colore de grana che non sia cremesino né de rosato cum maniche strecte et non aperte. Non possano etiam portare
zoglielli né perle, né texuti de brocato d’oro né de argento né cum perle, né maniche de veluto rosso né morello né de altro panno cum oro overo argento. Possano
bene portare maniche de veluto de altro colore como a loro piaserà et tre annelle et
tre verghette. Ma le donne, spose et figliole delli hebrei predicti che non tenesseno
bancho como de sopra debbano seguire la condicione delle arte infime de sopra descripte. Ma non possano portare veste de panno de grana excepto guardacori che
non siano de rosato. Possano bem portare maniche de omne veluto excepto che de
cremesino et de morello. Possano etiam portare doe annelle et doe verghette. Sotto
pena a chi contrafarà de lire vintecinque de bolognini per qualunqua volta contrafarà da pagare et distribuire como de sopra se contene. Datum Bononie in palatio
residentie nostre sub sigillo reverendissimi domini legati die undecimo mensis maii
MCCCCLXXIIII.
Suprascripta omnia processerunt de voluntate magnificorum dominorum antianorum ac sedecim reformatorum status libertatis civitatis Bononie. Datum ut supra.
A. Parisius cancellarius mandato firmavi.
Alexander Arrivabenus.
A. Parisius cancellarius.
Benedictus Mastinus Bononie et cetera locumtenens.
Considerando nui et li magnifici et possenti signuri signuri … antiani consuli et
confaloniero de iustitia et li magnifici signuri sedese reformaturi del stato della libertà della cità de Bologna havere facto cussì degna et necessaria provisione sopra lo
160
Legislazione suntuaria
ornato delle donne, la quale intendemo per omne modo se observi per lo bene et
utile della dicta cità et suo contado, et essere alcuni li quali contrafanno alla dicta
provisione dandose ad intendere non errare producendo alcuni decreti de civilità,
per li quali dicono de rasone potere godere el beneficio della civilità come se propriamente fusseno citadini per origine propria, de padre et de lolo, la quale cosa
non è né fu de voluntà et intentione nostra né delli prefati magnifici signuri quando fecemo dicta provisione. Et pertanto de voluntà et consentimento delli prefati
magnifici signuri, volendo chiarire in ciò la mente et intentione nostra azò che la se
intenda et zascaduno se guardi da errare et contrafare alla predicta provisione, per
tenore della presente dechiaremo che, quando dicta provisione se fe, la voluntà et
intentione nostra fo et è che quanto solamente ad essa provisione nel facto della civilità non dovesse né debba valere né zovare decreto né privilegio alcuno, ma solo
tale civilità se debba intendere secundo la lettera como in essa provisione se contiene, zoè che quanto alle tre origine, lui, el padre et el lolo, et quanto alle doe, zoè
che delli tri de loro li dui siano nati nella cità de Bologna como sta scripto et notado nella dicta provisione, la quale non se possa et non se debia intendere in alcuna
soa parte se non tanto quanto per quella è statuito, disposto et ordinato et zascaduno nel facto della dicta provisione se governi secundo li gradi et condicioni sue.
Ancora considerando multi per volere excedere li termini della condicione soa,
benché facino et exercitano alcuna arte bassa farse mettere et descrivere nelle compagnie de più alte et degne arte, le quale però poco o niente exercitano ma solo fano questo per fraudare et contrafare alla provisione cum qualche iusto colore, il che
tuto è contra la mente et voluntà nostra et delli prefati magnifici signuri, volendo a
ciò provedere et fare che ogni homo stia contento della sorte soa, dechiaremo per la
presente che la intentione nostra fu et è et cussì deliberemo che quanto alla dicta
provisione dello ornato quilli debbano stare et subzasere alla regola et condicione
de quella arte la quale faceano, fano et farano per lo avenire per la mazore parte del
tempo et dove hanno et haveranno magiore cavedale bemché se habino facto et facino mettere et scrivere nelle compagnie delle altre arte. Et perché multi nelle predicte cose hanno contrafacto non credendo errare, dechiaremo che per lo passato
non siano incursi in pena alcuna, ma per lo avenire volemo, statuimo et comandemo che omne persona debba observare la dicta provisione nelle predicte cose secondo el tenore et dechiaratione della presente sotto le pene se contengono nella sopradicta provisione, la quale intendemo che per omne modo se debia cum effecto perpetuamente observare. Datum Bononie in palatio residentie nostre sub sigillo reverendissimi domini legati die tertio iulii MCCCCLXXquarto.
Que omnia suprascripta processerunt de voluntate magnificorum dominorum
antianorum populi et comunis Bononie ac sedecim reformatorum status libertatis
civitatis Bononie. Datum ut supra.
Alexander Arrivabenus.
A. Parisius cancellarius mandato firmavi.
A. Parisius cancellarius.
Benedictus Mastinus Bononie et cetera locumtenens.
Bologna
161
Perché nella provisione alli dì passati facta circa l’ornato delle donne dove se tracta
della pena delli contrafacienti a quella vi sonno fra l’altre queste parole, zoè che li
mariti, spose, mogliere, padri et figliole, se loro o alcuno de loro contrafarano nelle
predicte cose voluntariamente et non sforzate, cadano in pena de lire diese de
bolognini et cetera, et per questo multi padri et mariti lassino transcorrere le soe
figliole et mogliere et forsi a ciò molte volte le persuadeno dandose ad intendere
poterse defendere dallo incorso della dicta pena cum dire che non hanno contrafacto
voluntariamente ma che le dicte soe figliole et mugliere hanno transgresse la provisione
contra loro voluntà, el che tutto se comprehende essere facto malitiosamente et in
fraude della dicta provisione, cum zò sia che como se debbe credere dicte figliole et
mogliere essendo sotto lo imperio et podestà delli soi patri et mariti non fariano cosa
alcuna contra loro voluntà quando li facesseno li debiti recordi et li desseno le
conveniente admonitioni como debbeno fare, volendo nui a tale malitia et fraude
provedere, intendendo che dicta provisione ad omne modo realemente et cum effecto
et senza cavilatione se observi cum voluntà et consentimento delli magnifici signuri …
antiani consuli et confaloniero de iustitia del populo et commune della cità de
Bologna et etiamdio delli magnifici signori … sedese reformaturi del stato della libertà
della dicta cità, provedemo, ordinemo et statuimo che da mo inanti, contrafacendo
dicte figliole et mogliere alla dicta provisione, li padri et mariti loro siano tenuti per
elle pagare la dicta pena nella quale se intendano essere incursi o habbino dicte figliole
et mugliere contrafacto alla provisione cum soa voluntà o contra. Et cussì venendo el
caso serano constricti dicti padri et mariti per li deputati a zò a pagare la dicta pena per
le dicte soe figliole et mugliere, le quale per l’avenire per alcuno modo contrafarano
alla dicta provisione. Et questo medesemo se intende et serà mandato ad effecto contra
qualunqua havesse in suo governo sue cusine, necce, sorelle overo altre sue parenti, o
veramente altre donne le quale contrafesseno alla dicta provisione, li quali serano
constricti a pagare dicta pena sì como è dicto di sopra del padre per la figliola et del
marito per la mogliere. Datum Bononie sub sigillo reverendissimi domini legati die
quartodecimo mensis novembris MCCCCLXXquarto.
Suprascripta provisionis additio processit de voluntate magnificorum dominorum antianorum populi et comunis Bononie ac etiam magnificorum dominorum
sedecim reformatorum status libertatis civitatis Bononie. Datum ut supra.
Alexander Arrivabenus.
A. Parisius cancellarius.
A. Parisius cancellarius mandato firmavi.
1508, aprile 26
Provvisioni
Ordo et provisio circa ornatum mulierum
L. de Fusco episcopus Brugnatensis Bononie et cetera gubernator
Considerantes una cum magnificis ac potentibus dominis dominis antianis consulibus et vexillifero iusticie populi et comunis Bononie et magnificis dominis qua-
162
Legislazione suntuaria
draginta consiliariis status libertatis civitatis eiusdem salubrem et commendabilem
provisionem circa ornatum mulierum de anno 1474 editam per tunc magnifica regimina Bononie et quandam declarationem eidem provisioni de eodem anno adiectam circa illos contra quos exigenda est pena pecuniaria si contingat fieri ullam
transgressionem a nonnullis annis citra exolere quodamodo cepisse in damnum et
dedecus publicum et privatum, et cognoscentes utile ac necessarium admodum esse
providere ut provisio ipsa cum illius additione prenarrata de cetero observetur, et ut
eidem provisioni ac declarationi infrascripte additiones fiant hac lege perpetuo valitura, de consensu et voluntate prefatorum magnificorum dominorum antianorum
ac vexilliferi iusticie nec non magnificorum dominorum quadraginta, statuimus ac
decernimus ut predicta provisio una cum declaratione antedicta et etiam additiones
infrascripte quas per presentem nostram constitutionem vim legis habere volumus
de cetero ad omnibus plene observentur cum effectu in omnibus et per omnia
prout in illis continetur. Quas additiones annecti fecimus dicte priori provisioni et
declarationi editis de dicto anno 1474 et quam quidem provisionem et declarationem una cum additionibus nostris vulgari sermone infra notari et describi fecimus
ad omnium clariorem intelligentiam. Quarum tenores de verbo ad verbum sequuntur hoc modo, videlicet.
Segue Ordo et provisio circa ornatum mulierum, che corrisponde perfettamente
alla provvisione dell’11 maggio 1474, sottoscrizioni escluse, esclusa l’aggiunta del 3 luglio ma compresa quella del 14 novembre.
Anchora hanno deliberato, statuito et ordinato che oltra le parte che se contengono in la soprascripta provisione se debiano etiamdio observare le infrascripte additioni novamente factoli per le sue signorie, et prima che nessuna donna de qualunque conditione voglia essere o sia presuma portare faldee overo circhi né altre
foggie de simile sorte de sotto né de sopra a guardacori né ad altri capi de panni,
ma debbia usare le portadure et le vestimente senza tale faldee et habiti reprobati et
degni de biasmo, li quali per niente possono essere laudati da chi vole vivere civilmente et cum la debita modestia et temperantia como è conveniente et debito.
Item che donna alcuna non possa portare a li guardacori né etiamdio a le altre
sue veste le code, le quale como superflue et detestande et onerose debiano dismettere et tralaxare ad omne modo como quelle che sono incommode, damnose et da
non comportare.
Non possano anchora portare larghe le maniche de le camise, ma le debbiano
fare misurate in forma che in ciascuno paro non sia più de doe braza et mezo de tela et siano assettate al brazo et non pendente. Et per lo simile non possano portare a
li guardacori maniche de drappo né de panno ne le quali sia più de due braza et
mezo de drappo et uno brazo et mezo a quelle de panno de lana.
Et non possano portare a le veste et guardacori in balce né in filetti se non uno
brazo et mezo de drappo in tutto et non più oltra.
Item che le donne non possano portare brette, cinti d’oro né de argento, né pugnali.
Et perché in la provisione vecchia se fa mentione de le collane overo vezzi di
perle, el se dichiarisse che dove è dicto de perle se intenda etiam le collane d’oro, in
Bologna
163
modo che o siano di perle o siano d’oro dicte collane possa essere electo una de esse
collane per una zoglia.
Le quale provisione inseme cum le additioni sopradicte voleno che cominciano
ad havere effecto a mezo el mese de magio proximo advenire, al qual tempo chi serà
trovato contrafare a le predicte cose o ad alcuna de epse incorrerà ne la pena descripta ne la prima provisione. Et etiamdio incorrerà in pena de libre vinticinque de
bolognini per la transgressione de le presente additioni, la quale pena serà facta pagare de facto a chi serà trovato in fallo et se rescoderà et se applicarà nel modo et
forma et contra de quilli che è chiarito et ordinato per la dicta prima provisione che
fu facta del dicto anno 1474.
Et che li magistrati et officiali tutti del commune de Bologna possano essere iudici et executori de dicte provisione, et chi de loro la exequirà habbia la terza parte
de la pena pecuniaria de le executioni quali haverà facto.
Dechiarando nientedimeno che le vestimente che pendesseno in terra a la mesura de mezo piede ch’è uncie sei et non più no siano prohibite né comprese in el numero de le vestimente da la coda et de quelle che sono vedate per casone de epsa
coda. Ma siano permesse et concesse purché non excedano in longheza la predicta
mesura de mezo piede, et se possano portare impune, et non se possa né debbia
molestare persona alchuna che usarà habito de la predicta mesura non excedente la
metà del dicto mezo piede overo sei uncie.
Statuendo etiamdio et ordinando che ne le mobilie de le spose circa li panni
cussì d’oro, de argento et de seta como de lino et de lana et circa li apparati,
scrigni overo forcieri et altre simile cose non se possa spendere se non tanta
quantità de denari quanto seria la terza parte de quelle dote che non passano la
summa de milleducento lire de bolognini. Ma se le dote fusseno de magiore
summa de dicte mille e ducento lire de bolognini, se possa oltra la quantità overo
rata de la predicta terza parte spendere in dicte mobilie, apparati et altre cose
predicte libre vinti de bolognini per ciascuno centonaro et non più, sotto quelle
pene che se contengono in la dicta provisione facta del predicto anno 1474 et ne
la presente provisione de le additione supracripte. Non obstante alcuna cosa che
disponesse in contrario.
Datum Bononie die XXVI mensis aprilis MDVIII
L. de Fusco episcopus Bononie gubernator.
Albertus Albergatus vexillifer iustitie.
Suprascripta provisio et omnia et singula in ea contenta processerunt de consensu et voluntate magnificorum dominorum quadraginta consiliariorum status libertatis civitatis Bononie. Datum ut supra.
Bernardus Fasaninus.
Bonifacius.
164
Legislazione suntuaria
1508, aprile 26
Bandi
Ordo et provisio circa ornatum mulierum
Si tratta dell’edizione a stampa della provvisione precedente.
Manca l’incipit da L. de Fusco a hoc modo, videlicet.
L’incipit della provvisione del 1474, da Benedictus Mastinus a in ea contentorum, videlicet è sostituito da: Considerando el reverendissimo monsignore gubernatore et li magnifici et possenti signori signori antiani consuli et confaloniero de iustitia del popolo et comune della cità de Bologna, et etiandio li magnifici signori
quaranta consiglieri del stato de la libertà della dicta cità, la salutifera provisione de
lo ornato delle donne facta de l’anno 1474 et una dechiaratione factali di poi circa
quelli contra de li quali se habia ad exigere la pena pecuniaria essere stata posta in
desuetudine in modo che da molti anni in qua non si è observata, il che è stato
cum preiudicio et damno universale de questa cità et cum non poco detrimento
delli subditi, et cognoscendo essere necessario ritornarla in observantia, hano deliberato che epsa provisione et dechiaratione sia da ciascuno per lo advenire punctualmente observata nel modo et forma che per quella e provisto et ordinato, el tenore delle quale provisione et dechiaratione e lo infrascripto cioè. Ordo et provisio
circa ornatum mulierum.
Manca la sottoscrizione dell’11 maggio 1474 da Suprascripta omnia processerunt
a A. Parisius cancellarius.
Manca, come nella provvisione del 1508, l’aggiunta del 3 luglio 1474.
Manca la sottoscrizione del 14 novembre 1474 da Suprascripta provisionis additio
processit a A. Parisius cancellarius mandato firmavi.
Manca la sottoscrizione del 26 aprile 1508 da L. de Fusco episcopus a Bonifacius.
1514, aprile 6
Provvisioni
Ordine et provisione de la limitatione de le dote et dello ornato delle donne
MDXIIII158
Considerando el reverendissimo in Christo patre et signore monsignore governatore et li magnifici et possenti signori signori anciani consuli et confaloniero de
giustitia del populo et commune della città de Bologna et etiamdio li magnifici signori quaranta reformatori del stato della libertà della dicta città de quanto detri-
158
Nel margine sinistro: Approbata per S.E. Factum die 22 aprilis 1514 et fuit registrata
in archivo.
Bologna
165
mento, incommodo et damno sia el sumptuoso et excessivo ornato de le donne che
si è tracto in usanza in questa città dal tempo che fu abrogata la provisione altre
volte sopra ciò fatta. Il che ha generato tanta confusione che non si provedendo seria et è cagione de consumare molti cittadini et subditi di questa città in le substantie loro: unde ne segue non picola iactura et dispendio publico di essa città, et volendo le loro signorie rimediare a tanta abusione hanno reformato la presente laudabile et degna provisione così circa el moderare de le dote come etiam del ornato
et pompe delle donne con la limitatione delle spese che condecentemente potranno
accadere a tale bisogno et hanno statuito et deliberato et cossì voleno et comandano
che debbia essere da ciaschuno per lo advenire inviolabilmente observata nel modo
et forma che in essa se contiene, il tenore de la quale provisione et limitatione seguita come qui di sotto se contiene.
Im prima che li cavalieri, doctori o conti che sono gentilhomini bolognesi et li
altri veri gentilhomeni de Bologna possano dare in dote alle sue donne da maritare
insino alla somma de lire due millia de bolognini de argento et non più.
Item che li notari, cambiatori, drappieri et quelli dell’arte della seta cittadini bolognesi per origine propria, paterna et de lolo et li doctori che non hanno le tre origine delli gentilhomini possano dare sino alla somma de lire mille et cinquecento
de bolognini et non più. Se mancaranno de alcuna de queste tre origine, possano
dare libre mille de bolognini et non più.
Se seranno forestieri habitanti in Bologna et che qui habbiano el domicilio, possano dare sino alla summa de libre ottocento de bolognini et non più.
Item che li beccari, speciali, lanaroli, strazaroli, merzari, mercadanti da ferro et
simili, bombasari, aurifici, salaroli et bisilieri se seranno de le tre origine predicte
possano dare fino alla somma de lire ottocento de bolognini et non più. Se mancaranno de alcuna de tale origine possano dare libre seicento de bolognini et non più.
Se seranno forestieri come è dicto possano dare fino alla summa de libre cinquecento de bolognini et non più.
Item che li mestri de ligname, calzolari, muratori, fabri, pellizari, sarti, barbieri,
cartolari, pellacani, pescatori, cimatori, tintori, recamatori et de simili et minori arti
et inferiore alle preditte qui non descritte li quali siano delle tre origine predicte insieme possano dare insino alla summa de libre cinquecento de bolognini et non
più. Se mancaranno de alcuna delle dicte origine non possano dare più de lire trecento de bolognini.
Item che in le mobilie delle spose circa li panni cossì d’oro, d’argento et de seta
come de lino et de lana et circa li apparati, scrigni overo forcieri et altre simili cose
non se possa spendere dal canto delli suoi de qualuncha dignità, grado o conditione
se siano più de quanto sia el terzo de la dota che serà data o promessa159 sotto pena
a qualunche excedesse in dare le dote o mobilie oltra la limitatione predicta de pagare altrotanto quanto serà lo excesso overo quello sopra più che haverà dato in la
159
dote.
Nel margine sinistro: Apparati delle spose non eccedano il valore della terza parte della
166
Legislazione suntuaria
dote o speso ne le mobilie; in la qual pena cada ancora il sposo o el padre s’el fosse
sotto la podestà del patre se accettarà quel più ch’è prohibito a dare sì de la dote come de le mobilie. Et tale pene per la mità debbano applicarsi alla camera de Bologna, per l’altra mità alla fabrica de messer San Petronio. Et siano tenuti et debbano
li notari che fusseno rogati de tali contracti denonciarli incontinenti al magnifico
signor confaloniero de iustitia che serà per lo tempo. Et non li denunciando siano
et se intendano ipso facto essere privi della compagnia di notari et de la autorità de
fare contracti o instrumenti et più cadano in pena de ducati diece d’oro da applicarsi per la terza parte alla camera predicta, per la terza parte allo exequutore et per
l’altra terza parte allo acusatore, il quale piacendo a lui serà tenuto secreto.
Item che li sposi o vero mariti di qualuncha condictione, grado o dignità se siano non possano spendere intorno alle lor spose più de quanto sia la mitade de la
dote che riceverà, servandosi però la dechiaratione et ordine infrascritto dello ornato delle donne a grado per grado. Et quando accadesse ch’a una sposa fusse stato
lassato dal padre o da altri delli suoi heredità o legati che excedesseno la mità della
dote secundo la sua condictione, non possa essa sposa spendere dal canto suo in le
mobilie et apparati se non secondo el grado et conditione predicta, et per lo simile
el sposo non possa spendere se non quanto comporta la sua conditione in l’ornato
de la sposa sua, zoè solamente quanto sia la mità de la dote secundo la limitatione
soprascripta.
Item che le donne, spose et figliole de cavalieri fino che le sono in podestà del
patre o de li suoi possano portare brocato d’oro et de argento in vestimenti et maniche come a lor piace, purché tal brocato non portino in fodra de maniche, et possano portare dui ornamenti de zoglie, intendendosi sempre che uno vecio de perle o
una golana d’oro sia per una gioglia, et poscia ch’haveranno elletto una volta le gioglie che vorranno portare più non le possano cambiare in altra sorte de gioglie. Possano portare veste de drappo de seta de ogni colore et ogni altra cosa minore ma
maggiore non, sempre intendendosi che non si possa spendere oltra la limitatione
di sopra chiarita, sì dal canto del sposo come dal canto della donna o de li suoi.
Item che le donne, figliole et spose de doctori et gentilhomeni non possano portare vestimenti d’alcuna sorte de brocato d’oro né d’argento né fodre de dicti brocati, né possano portare se non due gioglie intendendosi come è ditto che uno vezzo
de perle o una golana d’oro sia per una gioglia, et quello che elegieranno una volta
non le possano più mutare. Ma possano portare maniche de brocato d’oro et de argento et cinture de brocato d’oro. Possano etiam portare vestimenti de cremesino et
de altro drappo o panno et altri ornamenti minori pure che in tutto la spesa non
exceda la limitatione antidetta.
Item che li gentilhomini se intendano essere quelli che per origine propria, paterna et de lolo insieme siano cittadini de Bologna et che da trenta anni in qua mai per
alcuno tempo loro proprii non habbiano exercitato alcuna arte, overo che havendo
due solamente delle predicte origine habbiano havuto o habbiano de presenti doctori o cavallieri uno o più de la casata sua et non habbiano però mai exercitato arte alcuna da trenta anni in qua come è dicto. Ma quelli che non haveranno le predicte
conditione se comprehendano nel grado del seguente capitulo. Dechiarandossi non-
Bologna
167
dimeno che li figlioli de gentilhomeni qualificati come di sopra non se intendano
perdere la nobilità se bene li padri loro per freno della gioventù gli havesseno fatto o
facesseno exercitare per alcuno tempo alcuna honesta arte o mercantia, ma se intendano restare ne la nobilità delli lor padri et avi et de li altri suoi maggiori.
Item che le donne, fiole et spose de notari, cambiatori, drappieri et de quelli de
l’arte de la seta, li quali siano de le tre origine antedicte insieme et de quelli che non
hano le qualità de li gentilhomeni predicti li quali sono comprehesi in questo grado, possano portare uno paro de maniche de brocato d’oro o d’argento sì che ellecto uno drappo non possano più portare l’altro. Et possano portare tessuto de brocato d’oro, una sola gioglia o vezzo de perle o collana d’oro, purché non habbiano né
possano usare se non una delle gioglie antedicte et quella electa non possano più
usare le altre, et possano havere veste de drappo de seta d’ogni colore et maniche et
guardacori per lo simile, purché non siano foderate de brocato d’oro né de argento.
Ma quando li predicti non fusseno delle tre origine antedicte ma de qualchuna meno, le dicte lor donne, figliole o spose debbano observare quanto nel capitulo qui
appresso serà scritto et ordinato, intendendo sempre che dove è permesso el più et
le maggiori cose siano anchora permesso le menori, mesurando però il tutto alla limitatione de la dota como di sopra.
Item che le donne, figliole et spose de quelli che exercitano le altre arte oltra le
quattro predicte, zoè bechari, speciali, merzari, lanaroli, strazaroli, mercadanti da
ferro et simili, bambasari, aurifici, salaroli, bisilieri et de quelli delle quattro prime
arte che non fusseno delle tre origine antedicte, zoè propria, de padre et de lolo insiemme possano portare una vesta sola de seta pure che non sia de cremesino et le
altre veste de panno, ma non possano portare brocato d’oro né d’argento in alcun
modo. Possano bene portare tessuto de brocato et una gioglia sola o vezzo di perle o
collana d’oro, et una gioglia electa non possano mutarla, et che quella non exceda
la valuta de ducati trenta, et questi siano de le tre origine como di sopra. Ma se li
predicti mancaranno de alchuna de le dicte origini se intendano compresi in lo capitulo del grado proximo seguente et dove è concesso el più et più preciose cose se
intendano anchora essere concesse le menori et più vile, sempre remanendo ferma
la limitatione de la dota. Et per obviare alli fraudi se dechiara che le gioglie che portarano le donne secondo li gradi o siano comprate o tolte impresto o a pisone o per
altro modo se intendano per quanto pigliarà la loro extima doversi computare in
quella summa che serà licita a spendere, attenta la condictione de la persona, in
modo che se intenda doversi spendere nel resto del ornato de le donne sì dal canto
del sposo o marito come dal canto delli suoi tanto meno de la somma concessa
quanto serà il valore et stima de le gioglie antedicte. Alle quale gioglie etiam che le
fusseno false o contrafacte se darà la extima come se elle fusseno vere et bone gioglie et non fincte.
Item che le donne, figliole et spose delli maestri de ligname, calzolari, muratori,
fabri, pellizari, sarti, barbieri, cartolari, pellacani, piscatori, cimatori, tinctori, recamatori et de simili et minori arti et etiam de quelli che fusseno de le altre arte inferiore o vero qui non descritte possano portare un paro o più de maniche de seta et
de cremesino morello et non altro cremesino, ma non possano portare né havere
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Legislazione suntuaria
vestimenti de seta de alcuno colore, né recami, né tessuti de brocato d’oro né d’argento, né perle, né gioglie de alcuna fatta, né cose maggiore de queste, ma menori
sì. Et possano portare vestimenti de grana et de altro panno, sempre servando però
la spesa de li ornamenti predicti et altri menori de quelli la mità de le dote sopradicte, dechiarando che se alchuno cittadino fosse nato o nascesse per lo advenire fora de Bologna o de Bolognese per tempo de peste o per altro caso inopinato non se
intenda essere diminuita né lesa per alchuno modo la sua civilità né de li suoi descendenti.
Item che le donne, figliole et spose de li forastieri habitanti in Bologna da quaranta anni in qua et che per lo advenire gli venisseno ad habitare posseno elegiere
quale conditione voleno seguire, o quella del grado ch’haveano con li suoi in la lor
patria o quella secondo l’arte fanno al presente et faranno dicti suoi in questa città,
et quale de quelle due haveranno eletto se debbano governare nel vestire et altre cose sopradicte secondo la presente provisione. Ma le donne, fiole et spose160 de forastieri habitanti in questa città da quaranta anni in là servino la provisione secondo
che nelli altri capituli a grado per grado se contiene.
Item che le donne, figliole et spose de li figlioli de fameglia debbano seguire la
condictione et li gradi delli patri de dicti fioli de fameglia fin che stanno in sua podestà, salvo se tali figlioli de fameglia non havesseno maggiore grado delli padri, nel
quale caso possano seguire la condictione de tale grado. Ma se fusseno figlioli de cavalieri et loro non fusseno cavalieri debbano servare la condictione del grado delli
gentilhomini sempre servando la limitatione sopradicta delle dote.
Item che le donne che già sono maritate nel vestire et altre cose sopradicte,
quanto allo uso et portare solamente debbano servare la provisione presente secondo li gradi antedicti, ma non siano tenute servarla secondo la limitatione delle dote.
Item che le donne che non havesseno dato et per lo advenire non desseno dote
siano tenute servare la presente provisione secundo li gradi sopradicti solo quanto
allo habito et uso de le veste et altre cose concesse, ma non quanto alla quantità
della spesa.
Item che le donne, spose et figliole delli capitanei et squadreri delle gente d’arme della comunità de Bologna servino l’ordine primo de li gentilhomeni. Ma essendo de minore grado o contestabili et inferiori servino el grado delle arte descritte
nel capitulo de merzari et strazaroli.
Item che alli contatini del contato de Bologna sia licito spendere in le sue spose
et donne fino in la summa de lire quaranta de bolognini et non più, salvo che quelli che exercitasseno una delle vintequattro arte collegiate et non facesseno arte rusticale possano spendere solo la mità de la dota et non più in ornamento de dicte loro
donne o spose, le quale donne o spose non possano portare brocato d’oro in veste,
né in tessuti, né in chiavacori, né in balze, né in filletti, né in alcuna altra cosa, né
velluti de alcuna rasone. Maisì che le donne de quelli che exercitasseno arte rusticale possano portare solo le maniche de grana et quelle de chi exercitasse alcuna delle
160
Nel testo, erroneamente, spese (!).
Bologna
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arte soprascritte non possano portare alcuna cosa de grana excetto che le cotte et
uno paro de maniche de damasco o raso pure che non siano de cremesino né de
morello cremesino. Le quale donne cussì de li contatini exercitanti alcuna de le dicte arte come de li exercitanti arte rusticale non possano portare fregio d’oro de che
la valuta exceda libre tre de bolognini, né possano portare in bottoni, in fornimenti
de tessuti et simile altre cose più che el peso de octo uncie d’argento in tutto.
Se dechiara che la presente provisione, regole et ordini che se contengono in essa non se intenda per le dongielle et mogliere de cittatini, le quale fusseno forastiere
figliole de alcuni signori de cittade o de castelle et venissono a marito a Bologna, alle quale sia licito havere et portare ciascuna sua vestimenta et gioglie de qualunche
valore o qualità se siano.
Item perché se habbia ad servare modestia et honestate nelle foggie et portature
delle donne, le quale quanto sono più nobile et da bene tanto più se gli conviene
usare habiti et portamenti costumati et honesti lasciando gli habiti et le foggie lascive et reprobate alle femine triste et impudiche, acciò che cum questo meggio le cative siano conosciute dalle donne da bene, per la presente provisione se è deliberato, statuito et ordinato che donna alchuna de qualunche conditione o grado se sia
presuma né gli sia licito portare faldee né altre simile foggie sotto li panni, né berette, né pugnaletti, cose a loro non conveniente, et non possano portare alli guardacori o altre sue veste le code più longhe che sia la misura de un mezzo piede de comune in terra. Né ancora possano portare né porre in un paro de maniche de camisa più de quattro brazza de tela de che qualità se sia, et non possano portare né porre alle veste o guardacori di seta o de lana imbalze, fillitti o altre galle più de due
brazza de brocato o tela o panno d’oro né più de due brazza de drappo o velluto o
raso di seta in tutto et non più oltra.
Item che li mariti, spose et mogliere, padri et figliole se loro o alchuno di loro
contrafacciano in le predicte cose cadano in pena de ducati sedeci d’oro, et li sarti,
recamatori, varotari, aurifici che contrafacciano alle predicte cose scientemente in
fare dicte veste, recami et altre cose prohibite cadano in pena de libre cinque de bolognini, le quale pene tante volte a tutti li soprascritti seranno facte pagare quante
volte per loro o alchuno di loro serà contrafatto, purché per ciaschuna volta che se
contrafacesse uno pagamento solo delle pene predicte basti facto dal marito o mogliere o vero sposa o padre di essa per tutti loro, la quale pena se habbia a dividere
in quattro parte et se applichi per una parte alla fabrica de messer San Petronio, per
un’altra parte alla camera del comun de Bologna, per la terza parte alli honorabili
signori di collegio facendone loro la debita exequutione o ad altri officiali che la facessono, et l’altra quarta parte allo accusatore, et mancando lo accusatore la parte
ch’a lui tocaria sia della camera antedicta. Così venendo il caso li padri et mariti
delle donne contrafacienti possano essere constretti a pagare la pena per le dicte sue
figliole, mogliere o spose, la qual pena possa similmente exequirsi contra a qualunche havesse in suo governo sue cusine, nezze, sorelle o altri parenti over altre donne
che non observasseno la provisione. Et oltra la pena pecuniaria tutti li soprascritti
respective serano privati di ogni officio di utile et di honore della magnifica communità de Bologna. Dalli quali officii debbano essere strazati quando serano extrac-
170
Legislazione suntuaria
ti se a quel tempo se trovaranno non havere satisfatto alla pena pecuniaria antedicta, et più non possano né debbiano essere auditi in iudicio né da alcuno iudice o
magistrato a suo beneficio, et qualunqua acti in qualunque causa fusseno fatti ad
loro instantia o favore siano nulli et invallidi et di nessuno vigore o momento finché non haveranno satisfatto come di sopra.
Et per executione delle predicte cose se deputa l’officio delli honorabili signori
di collegio antedicti, li quali possano et debbiano et siano tenuti sotto pena de periurio fare la debita inquisitione et fare pagare le pene a chi contrafacesse, et sia licito a ciascuno denunciare chi contrafarà, et serà tenuto secreto se a lui piacerà et
guadagnarà la parte sua pure che se trovi esser vero quello che lui dirà. Avisando
ciaschuno che seranno specialmente deputati et salariati alchuni officiali secreti homeni legali et da bene et divisi per li quarteri de la città, li quali per virtù de loro
officio habbiano ad inquirere diligentemente et stare con li occhi aperti et bene advertire chi contrafacesse in alchuno modo, et alle denuncie loro serà creduto con el
suo iuramento et contra a chi serà accusato per loro o alchun di loro serà exequita
incontinenti la pena senza altro processo o citatione. Dechiarandose nondimeno
che contra tali contrafacienti non possa essere inquisito per alchuno officiale del comune de Bologna se non per messer lo podestà de la città de Bologna o per li prefati honorabili signori di collegio et in contado per li capitanei, podestà et vicarii
dentro alle loro iurisdictione.
Item se determina et statuisse che le donne, spose et figliole delli hebrei habitanti al presente o per lo advenire in la città de Bologna generalmente non possano
portare vestimenti de drappo d’oro né de argento, né de seta, né oro né gioglie de
alcuna rasone; possano bene portare maniche de ogni sorte, velluto, rasi et damaschi di ogni colore excetto cremesino o morello in cremesino et tre anelle o tre verghette, sotto la pena pecuniaria antedicta de applicare come di sopra.
Item che le femine dishoneste, impudiche che tengano cativa vita, cioè le casarenghe, non possano portare vestimenti, guardacori né maniche de drappo né de alchuna sorte di seta né de zambellotti né di grana et non possano portare balce né
filletti d’oro né de argento né di seta alle lor veste, né alli guardacori possano portare maniche larghe né etiamdio la coda, ma debbano essere tutti li loro vestimenti
tondi a terra et equali che non siano più longhi di drieto che dinanzi. Et non gli sia
licito anchora menare con seco per la terra massara alcuna né compagna in loco de
massara sotto pena de libre sei de bolognini, et sotto pena alle massare o compagne
de vinticinque stafillate che li serano date incontinenti alla rhenghiera del palazzo
de messer lo potestà publicamente et de stare dieci dì in pregione.
Et che le meretrice del loco publico et quelle che se reducano in l’androna dalle
oche siano obligate et debbano portare in su la spalla uno sonaglio da falcone apparente et che se possa ben vedere da ciaschuno et che non sia chiuso ma possa sonare, sotto pena de lire tre de bolognini a qualunche femina delle predicte che serà ritrovata senza tale sonaglio o che lo havesse o tenesse coperto et non potesse sonare.
In le quale pene tutte le predicte femine caschino tante volte quante serano ritrovate in fallo da applicare per la terza parte alla camara de Bologna et per l’altra allo officiale che exequirà et per l’altra terza parte allo acusatore. Et si concede et dà piena
Bologna
171
licentia alle femine predicte del loco publico che possano portare veste, foggie et
galle d’oro, argento, seta et panno a suo modo, et possano andare spectorate et sgolate come a lor piace et secundo la sua voluntà senza pena alchuna.
Le quale provisioni se ordina et statuisse che comenciano havere effetto la domenica de la spina che serà la octava de Pasqua de resurectione adì XXIII del presente mese de aprile. Et comenciando da quel dì che serà ritrovato contrafare alle predicte cose o ad alcuna di esse incorrerà nelle pene scripte di sopra che de fatto gli
seranno fatte pagare et se applicaranno nel modo et forma che si è stabilito et ordinato. Datum Bononie die 6 aprilis MDXIIII.
1514, aprile 7
Bandi
Ordine et provisione de la limitatione de le dote et dello ornato delle donne
Si tratta dell’edizione a stampa della provvisione precedente.
Manca il quarto paragrafo da Item che li beccari, speciali, lanaroli a libre cinquecento de bolognini et non più.
Al termine della provvisione, il bando aggiunge: Datum Bononie die VII mensis
aprilis MDXIIII et publicatum eodem die ad arengheriam feream palacii residentiae
magnificorum dominorum antianorum.
Per Christophorum Nascimbenes comunis Bononiae.
In Bologna, in la bottegha di mastro Benedetto de Hectore libraro.
1514, aprile 19
Provvisioni
Pro ornatu mulierum observetur provisio nuper edita
Havendo il reverendissimo monsignore gubernatore et li magnifici et possenti
signori signori antiani consuli et confallonieri de iustitia dil popolo et comune della
cità di Bologna et li magnifici signori quaranta reformatori del stato della libertà
della dicta cità promulgato, stabilito et ordinato la utilissima et saluberima lege et
provisione delle dote et dello ornato delle donne della cità et contato di Bologna et
per tutti li subditi alla iurisdictione di questa magnifica communità, et essendosi
publicata dicta provisione fim adì […]161 del presente mese cum dichiaratione facta
che essa provisione et lege debbia incominciare ad havere suo debito effecto dallo
octavo giorno della Pasca de resurectione proxima passata che serà domenica proxi-
161
Spazio bianco nel testo.
172
Legislazione suntuaria
ma a venire adì 23 del mese presente, nel qual giorno se intende che incominci ad
essere observata essa provisione, per parte del prefato reverendissimo monsignore
gubernatore et magnifici signori antedicti accioché persona alcuna possa per verummodo pretendere de ignorantia né allegare excusatione alcuna se fa bandire,
notificare et di novo ricordare come loro ferma intentione, proposito et deliberatione è che la legge et provisione antedicta delle dote et ornato delle donne sì nella città come per il contato sia da tutti li subditi di qualunque conditione intieramente
observata in tutto et per tutto et nel modo et forma che sta stabilito et ordinato per
essa provisione et sotto a quelle pene cussì peccuniarie come personale che se conteneno in essa, le quale pene senza exceptione o differentia di persone serano intieramente exequite contra a qualunque havesse prosumptione di contrafare per alcuno
modo in alcuna parte della dicta provisione et delli capitoli in essa descripti et ordinati, incominciando el dì predicto della octava di pasca alias la domenica della spina proxima a venire inclusive et da lì inanci in perpetuo, in modo che ’l termine
dato in la publicatione de dicta provisione sia et se intenda essere finito per tutto
sabato proximo a venire. Et perché ciascuno possa meglio intendere et considerare
quanto habiano ad observare per vigore de dicta provisione se notifica come la sie
facta stampare et vendesi publicamente a chi ne vole alla botega de maestro Benedecto libraro.
1514, ottobre 27
Provvisioni
Pro ornatu mulierum
Essendo intentione del reverendissimo monsignore gubernatore et delli magnifici et possenti signori signori antiani consuli et confalloniero de iustitia et cetera et
etiandio delli magnifici signori quaranta et cetera che la laudabile provisione del ornato delle donne facta del mese de aprile del anno presente sia inviolabilmente observata, et che li honorabili signori de collegio como executori de quella debiano
constrengere ciascuno a fare suo debito et observare le conditione specificate et expresse in essa provisione et punire li contrafacienti facendoli pagare la pena sì como
per lo iuramento datoli sono debitori de fare, pertanto per parte delle loro signorie
el se fa bandire et notificare a tutti et a ciascuna persona de qualunque stado, grado
et conditione se sia como per lo advenire per li prefati honorabili signori de collegio
se farà diligente inquisitione per intendere se alcuno se ritrovarà contrafare a dicta
provisione et chi serà trovato in fallo serà condemnato et punito nel modo et forma
che vole et dispone essa provisione, et per questo ciascuno se guardi de non contrafare perocché como è decto senza fare più altra crida se farà pagare la pena a chi serà trovato in fallo.
Bologna
173
1525, maggio 27
Bandi
Provisione novissima delle doti et dello ornato delle donne reformata al
tempo del reverendissimo signore monsignor Goro Gherio dignissimo
vicelegato della città di Bologna et della provincia di Romagna. MDXXV.
In Bologna, per Girolamo di Benedetti, 1525 del mese di giugnio
Considerando il reverendissimo in Christo padre e signore monsignore monsignor Goro Gherio episcopo di Fano et vicelegato dignissimo e li magnifici et possenti signori signori antiani consoli et confaloniero di giustitia del popolo et commune della città di Bologna et etiandio li magnifici signori quaranta reformatori
del stato della libertà della detta città le provvisioni che altre volte si sono fatte in
moderare li superflui ornamenti delle donne e le gran doti che si danno loro per le
male influentie e conditioni de tempi essere ite in desuetudine e non si osservare, et
conoscendo per vera isperientia di quanto incommodo e danno sia tale abusione in
questa città come potissima cagione di consumare molti cittadini e sudditi di quella
con non picciola iattura e dispendio universale, hanno deliberato le lor signorie per
ogni modo rimediare a così fatto disordine e hanno riformata e rinovata la presente
laudabile e degna provisione, così circa il moderare le doti come etiandio l’ornato e
pompe delle donne con la limitatione delle spese che condecevolmente possano accadere d’intorno a quelle che di novo si maritano. Et hanno statuito e deliberato e
così voleno e commandano che ella debbia essere per lo avenire da ciascuno inviolabilmente osservata nel modo e forma che in essa è ordinato. Al tenore della quale
provisione e limitatione seguita come qui dappresso per capitoli distintamente si
contiene.
Capitolo primo
Im prima che li cavallieri, dottori o conti che habbiano giurisdittione delle lor
contee, gentilhomini di Bologna, e gli altri gentilhomini bolognesi li quali per lo
avenire voranno maritare sue donne, possano darle in dota fin alla somma di ducati
mille d’oro e non più.
Capitolo secondo
Item che li notari, cambiatori, drappieri e quelli dell’arte della seta cittadini bolognesi per origine propria, paterna e di rolo, e li dottori che non hanno le tre origini
delli gentilhomini, possano dare fin alla somma di ducati seicento d’oro e non più.
Se mancaranno di alcuna di queste tre origini, possano dare ducati quattro cento d’oro e non più.
Se seranno forestieri habitanti in Bologna e che qui habbiano il domicilio, possano dare fin alla somma di ducati trecento e non più.
Ma in questa limitatione non si comprendano li dottori forestieri famosi e di
eminente scientia, né gli condottieri di gente d’arme, né altri gentilhuomini o mercatanti esterni dimoranti in Bologna, li quali rimangano in arbitrio loro di restituire alle sue donne la dota quanta a essi piacerà.
174
Legislazione suntuaria
Capitolo terzo
Item che li beccari, strazzaroli, speciali, lanaroli, merzari, mercatanti da ferro e
simili, bombasari, orefici, salaroli e bisellieri, se seranno delle tre origini predette,
possano dare fin alla somma di libre mille di bolognini e non più.
Se mancaranno di alcuna di tali origini, possano dare libre ottocento della detta
moneta e non più.
Se seranno forestieri, come è detto, possano dare fin alla somma di libre cinquecento di bolognini e non più.
Capitolo quarto
Item che li maestri di legname, calzolari, muratori, fabri, pellizzari, sarti, barbieri, cartolari, pelacani, piscatori, cimatori, tintori, ricamatori e simili e minori arti e
inferiori alle predette qui non descritte, li quali siano delle tre origini insieme, possano dare fin alla somma di libre cinquecento di bolognini e non più.
Se mancaranno di alcuna di dette origini, non possano dare più di libre trecento
di bolognini.
Item che in le mobilie nuptiali delle spose circa li panni così di oro, di argento o
di seta, come di lino o di lana e circa li apparati, scrigni overo forcieri e altre simili
cose, non si possa spendere dal canto delli suoi di qualunque dignitade, grado o
conditione si siano più di quanto sia il terzo della dota che serà data o promessa.
Sotto pena a qualunque eccedesse in dare dote o mobilie oltre la limitatione predetta di pagare altrettanto quanto serà lo eccesso, overo quello fra più che havrà dato
in la dota o speso in le mobilie, in la qual pena cada anchora il sposo o suo padre,
sel fosse sotto la podestà del padre, se accettarà quel più che prohibito a darsi, così
della dota come delle mobilie. Et tal pene per la terza parte debbiano applicarsi alla
camera di Bologna, per l’altra terza parte alla fabrica di messer San Petronio e per
l’altra terza parte allo accusatore. Et siano tenuti li notari che fossino rogati di tali
contratti a denontiarli incontinenti al reverendissimo monsignore vicelegato e magnifico signore confaloniero di giustitia che serà per il tempo. Et non li denontiando siano e si intendano ipso fatto essere privi della compagnia de notari e della auttorità di fare contratti e instrumenti, et più cadano in pena di ducati diece d’oro da
applicarsi per la terza parte alla camera predetta, per l’altra terza parte allo essequutore e per lo resto allo accusatore, il quale piacendo a lui serà tenuto secreto.
Et per obviare alle malitie che commettere si potrebbono in fraude delle predette limitationi delle dote, si dechiara che qualunque in qual grado esser si voglia delli
compresi in li precedenti capitoli e etiam li contadini, delli quali si dirà al capitolo
XVII, desse o per via di donatione o di lassi o per altro indiretto modo oltra la dota
limitata alla sua conditione, quel sopra più immediate sia applicato per la terza parte alla camera di Bologna, per l’altra terza parte allo accusatore e per lo resto allo essequutore.
Et siano tenuti li notari che di tali contratti fosseno rogati denontiarli incontenenti alli prefati reverendissimo monsignore vicelegato e confaloniero di giustitia,
sotto pena di privatione dello officio e di ducati vinticinque d’oro al notaro per
ogni volta che havesse mancato. Et in la medesima pena pecuniaria cadano qualun-
Bologna
175
que altri che ne fesseno scritti privati et per libri regolati di voluntà de contrahenti,
non li denontiando, come di sopra, et nondimeno simili donationi promissioni o
lassi insieme con li instrumenti contratti o scritti privati che indi se ne trahessero o
libri, come fraudanti la presente saluberrima provisione, siano nulli, invalidi e di
nessun vigore né possano far fede in giudicio. Et più volte il prefato reverendissimo
monsignor che tali li contrahenti come notari o altri scribenti e testimonii, oltra le
pene respective dette di sopra, incorrano in la pena di excommunicatione dalla
quale non possano essere absoluti se non dal sommo pontifice eccetto che in articolo di morte.
Et non di meno siano anchor tenuti e obligati li contrahenti sì dal canto del
sposo come della sposa, poi che seranno d’accordo insieme della convenuta e promessa, se fra tre dì prossimi seguenti immediate dopo lo accordo fatto non si farà
tra essi lo instrumento della dota, andare infra li detti tre dì a denontiare la conventione fatta al soprastante del registro nel palazzo de notari o al suo compagno, sotto
pena di ducati vinticinque d’oro da pagarsi la mitade per ciascuna delle parti, ma
fatta che sia tale denontia nel termine o dall’una parte o dall’altra basti e non si incorra in pena alcuna.
Debbiano anchora li notari che seranno rogati delli instrumenti delle doti o
promesse o pagare fra tre dì dopo la rogatione andare medesimamente al prefato soprastante al registro e allui o al suo compagno manifestare la somma della dota pagata o promessa. Et da lì a duo mesi prossimi seguenti presentarli il contratto in
forma autentica, sotto pena di ducati vintecinque d’oro per ogni volta che ’l notaro
mancasse di osservare quanto di sopra, e di essere sospeso dallo officio del notariato
per uno anno. Et li prefati soprastante o compagno debbiano tenere un libro da
parte dove scrivano e facciano chiara mentione di tutte le denontie predette.
Capitolo sesto
Item che li sposi overo mariti delli gradi compresi nel primo capitolo e nell’ultima parte del secondo non possano spendere intorno alle sue spose più di quanto
sia la mitade della dota che riceveranno, servandosi perciò la dechiaratione e ordine infrascritto dell’ornato de le donne a grado per grado. Et tutti li altri di qualunque grado, conditione o arte essere si vogliano non possano spendere più del terzo
della dota.
Et quando accadesse che a una sposa fosse stato lassato dal padre defunto o da
altri delli suoi heredità o legati che eccedesseno la metà della dota secondo la sua
conditione, non possa essa sposa spendere dal canto suo in mobile e apparati se non
secondo il suo grado e conditione.
Et per lo simile il sposo non possa spendere se non quanto comporta la conditione sua in lo ornato della sua sposa: cioè solamente quanto sia la mitade o il terzo della dota secondo le conditioni distinte di sopra nel principio del presente capitolo.
Capitolo settimo
Item che le donne, spose e figliole de cavallieri o conti che hanno iurisdittione e
di dottori e gentilhomini fin che sono in podestà del padre o delli suoi possano
portare broccato d’oro e di argento in vestimenti e maniche come alloro piace, pur
che tale broccato non portino in fodre di maniche né di veste, e possano portare
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Legislazione suntuaria
duo ornamenti di gioie. Intendendosi sempre che un vezzo di perle o una collana
d’oro sia per una gioia. Nondimeno si concede che al vezzo o alla collana possano
havere uno pendente o una crocietta. Ma poi che una volta haveranno eletto le
gioie che voranno portare più non le possano cambiare in altra sorte di gioie.
Possano etiam portare veste di drappo di seta di ogni colore e ogni altra cosa
minore, ma maggiore no, sempre intendendosi che non si possa spendere oltra le
limitationi di sopra chiarite sì del canto dal sposo, come dal canto della donna e
delli suoi.
Capitolo ottavo
Item che li gentilhuomini si intendano essere quelli che per origine propria, paterna e di lolo insieme siano cittadini di Bologna, et che da trenta anni in qua mai
per alcun tempo essi proprii non habbiano essercitato alcuna arte, overo che havendo due solamente delle predette origini habbiano de presenti dottori o cavallieri o
conti uno o più della casa sua, non habbiano perciò mai essercitato arte alcuna da
trenta anni in qua come è detto. Ma quelli che non haveranno le predette conditioni si comprendano nel grado del seguente capitolo. Dechiarandosi non di meno
che li figlioli de gentilhomini qualificati come di sopra non si intendano perdere la
nobilità, se bene li padri loro o altri suoi maggiori per freno della gioventù gli havesseno fatto o facesseno essercitare per alcun tempo qualche honesta arte, o mercantia, ma si intendano restare nella nobilità delli loro padri e avi e degli altri suoi
maggiori.
Capitolo nono
Item che le donne, figliole e spose de notari, cambiatori, drappieri e di quelli
dell’arte della seta, li quali siano delle tre origini antidette insieme, et di quelli
gentilhuomini che non hanno le qualitati del prossimo precedente capitolo, li
quali sono compresi in questo grado, possano portare un paro di maniche di
broccato d’oro e di argento, sì che eletto un drappo non possano più portare l’altro. Et possano portare tessuto di broccato d’oro, una sola gioia, o vezzo di perle,
o collana d’oro senza altro pendente. Et non habbiano né possano usare se non
una delle gioie antidette, et quella eletta più non possano usare le altre. Et possano havere veste di drappo di seta di ogni colore e maniche e guardacori per lo simile, purché non siano fodrate di broccato d’oro né di argento. Ma quando li
predetti non fosseno delle tre origini, ma di qualchuna meno, le loro donne figliuole o spose debbiano osservare quanto nel prossimo seguente capitolo serà descritto. Intendendosi sempre che dove è permesso il più e le maggiori cose siano
anchora permesse le minori, misurando non di meno il tutto alla limitatione della dota come di sopra.
Capitolo decimo
Item che le donne, figliuole e spose di quelli che essercitano le altre arti oltra le
quattro predette, cioè beccari, strazzaroli, speciali, lanaroli, merzari, mercatanti da
ferro e simili, bombasari, orefici, salaroli, bisellieri et di quelli delle quattro prime
arti, che non fosseno delle tre origini, cioè propria e di padre e di lolo insieme, possano portare una vesta sola di seta purché non sia di cremesino, né tinta in cremesi-
Bologna
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no, et le altre veste di panno. Ma non possano portare broccato d’oro né di argento
in alcun modo. Possano ben portare tessuto di broccato e una gioia sola, o vezzo di
perle, o collana d’oro senza altro pendente, e una gioia eletta non possano mutarla.
Et questi siano delle tre origini come di sopra. Ma se li mancarà alcuna di queste tre
origini si intendano compresi in lo capitolo e grado prossimo seguente, e dove è
concesso il più e più pretiose cose si intendano anchora essere concesse le minori e
più vili, sempre fermo restando la limitatione della dota.
Capitolo undecimo
Per obviare alle fraudi si dechiara che le gioie che portaranno le donne secondo li
gradi, o siano comprate o tolte in presto, o a pigione, o per altro modo si intendano, per quanto pigliarà la loro stima doversi computare in quella somma che serà licita a spendersi, attenta la conditione della persona, in modo che si intenda doversi
spendere nel resto dell’ornato sì dal canto del sposo o marito della donna come dal
canto delli suoi tanto meno della somma concessa quanto sarà il valore e stima delle
gioie antidette; alle quali gioie anchora che fossino false o contrafatte si darà non di
meno la stima come se fossino bone e vere gioie e non finte né cattive.
Capitolo 12
Item che le donne, figliuole e spose delli maestri di legname, calzolari, muratori,
fabri, pellizzari, sarti, barbieri, cartolari, pelacani, tintori, recamatori, cimatori, piscatori e di simili e minori arti e etiam di quelli che fosseno delle altre arti inferiori,
over qui non descritte, possano portare un paro o più di maniche di seta e di cremesi morello e non altro cremesi, ma non possano portare né havere vestimenti di
seta di alcuno colore, né ricami, né tessuti di broccato d’oro, né di argento, né perle, né gioie di alcuna fatta, né cose maggiori di queste ma minori. Et possano portare vestimenti di grana e di altro panno. Servando però sempre in la spesa delli ornamenti predetti la limitatione e metà delle dote.
Dechiarando che se alcuno cittadino fosse nato o nascesse per lo avenire fora di
Bologna o vil bolognese per tempo di peste, o di altro caso inopinato, non si intenda perciò essere diminuita né lesa per alcuno modo la sua civiltà né delli suoi discendenti.
Capitolo 13
Item che le donne, figliuole e spose delli forestieri habitanti in Bologna da quaranta anni in qua e che per lo avenire gli venessino ad habitare, possano eleggere
quale conditione vogliono seguire: o quella del grado che havevono così li suoi nella
loro patria, o quella secondo l’arte che fanno al presente e faranno detti suoi in questa città. Et quale di quelle due haveranno eletta si debbiano governare nel vestire e
nelle altre cose secondo la presente provisione. Ma le donne, figliuole o spose de forestieri habitanti in questa città da quaranta anni in là servino la provisione secondo
che nelli capitoli di essa a grado per grado si contiene.
Capitolo 14
Item che le donne che già sono maritate nel vestire e altre cose soprascritte
quanto allo uso e portare solamente debbano servare la presente provisione secondo
li gradi antidetti. Ma non siano tenute di servarla secondo la limitatione della dota.
178
Legislazione suntuaria
Capitolo 15
Item che le donne che non havesseno dato o non desseno per lo avenire dota
siano tenute servare la presente provisione secondo li gradi soprascritti solo quanto
allo habito e uso delle veste e altre cose concesse, ma non quanto alla quantità de
la spesa.
Capitolo 16
Item che le donne, spose e figliole delli capitani e quadrieri delle genti d’arme
della communità di Bologna e delli dottori eccellentissimi e de gentilihuomini, se
serano forestieri, restino in libertà loro così circa l’ornato come circa le dote, delle
quali è disposto nell’ultima parte del secondo capitolo. Ma essendo di minore
grado o contestabili e inferiori, debbiano il grado delle arti descritte nel decimo
capitolo.
Capitolo 17
Item che li contadini del contado di Bologna che habitasseno dentro dalla città
possano dare di dota fin alla somma di libre trecento; li habitanti nelle castelle del
contado possano dare fin a libre ducento. Li altri contadini fora de le castelle libre
cento di dota e non più. Alli quali contadini del contado in genere sia licito spendere in le sue spose e donne fin alla somma di libre quaranta di bolognini e non
più. Salvo che quelli che essercitasseno una delle 24 arti collegiate e non facesseno
arte rusticale possano spendere solo la mitade della dota e non più in ornamento di
dette loro donne o spose, non passando però la dota libre ducento, altramente non
gli sia licito spendere più del terzo della dota. Le quali donne e spose de contadini
non possano portare broccato d’oro né in veste, né in tessuti, né in chiavacori, né in
balze, né in filetti, né in alcuna altra cosa, né velluti di alcuna ragione, eccetto che
in tessuti. Sì bene le donne di quelli che essercitasseno arte rusticale possano portare solo le maniche di grana. Et quelle di che essercitasse alcuna delle arti soprascritte possano portare guardacore di grana e non altro di grana e un paro di maniche di
damasco o raso pur che non siano di cremisi né di morello in cremesi. Le quali
donne di contadini così essercitanti alcuna delle dette arti, come le arti rusticali,
non possano portare fregio d’oro che passi di valuta libre tre di bolognini, né possano portare in bottoni in fornimenti di tessuti e altre simili cose più che il peso di
otto oncie di argento in tutto.
Capitolo 18
Per rimovere ogni dubio si dechiara che le mogliere de cittadini le quali fosseno
forestiere figliuole di signori di città o di castelle et venisseno a marito a Bologna,
debbiano nello ornato loro seguire la norma e regola delli gradi et condittioni delli
mariti, né si possa spendere intorno a quelle più che sia la mitade di quella somma
che dar potrebbe il marito in dota, o il terzo, secondo le distintioni delle conditioni
et gradi predetti divisati per la presente provisione.
Capitolo 19
Sia prohibito a portare o porre in uno par di maniche di camicia più di quatro
braccia di tela di che qualità si sia, et non si possa portare né porre alle veste o guar-
Bologna
179
dacori di seta o di lana in balze, filetti o altre galle più di duo braccia di drappo o
velluto o raso di seta in tutto et non più oltra.
Capitolo 20
Et perché si ritrova in questi tempi essersi introdutta una vana et detestabile abusione circa la veste et habiti delle donne con stratagliarli e lavorarli con varii disegni
e foggie sì per mano di ricamatori come etiandio di sarti, e alcuni altri habiti farsi di
diversi colori e pezzi; oltra di questo essere venuta un’altra foggia di veste quali chiamano sottane fatte di seta e di panni rosati e di altre sorti recamate e galleggiate con
gran spesa, li quali habiti oltra che non si convengono a donne honeste e savie che
anzi a vane e lascive si converrebbono, sono anchora di molto dispendio e per la
maggior parte da non potersene più mai rivalere di cosa alcuna; per tanto, essendo
per ogni modo da provedere per la publica utilitade a tale abusione, per la presente
provisione e legge si prohibisce e commanda che per lo avenire più non si facciano
simili vestimenti stratagliati, né recamati, né etiamdio di più pezzi o colori, né sottane di seta o di panno lavorate a recami, ma si debbiano fare li vestimenti tanto da
portare di sopra quanto di sotto di un solo colore e di una sorte panno o seta, intieri
e senza tagli o pezzi comessi o frappe, né metter si possa per galleggiare li detti vestimenti e habiti oltra alla quantità di dua braccia di broccato, drappo o raso come di
sopra è diffinito e quello adattare per lungo o per traverso come più piacerà senza
altri disegni né recami, ne li quali vestimenti e habiti non si possa mettere niente
più di braccia venti otto di velluto, raso o damasco, e siano comprese e computate
in questa quantità le balze o filetti che andaranno a detti vestimenti insieme con le
maniche, sì che in tutto possino essere braccia venti otto e non più. Et le sottane si
possano usare di qualunque sorte panno, ma non di seta né broccato, e siano schiette e senza galle o ornamento alcuno.
Capitolo 21
Ben si concede e tolera che li guardacori, veste e habiti predetti che si trovano
fatti fin a qui, li quali hanno ad essere prohibiti per la presente provisione anchora
per duo mesi proximi a venire, licitamente si possano usare e portare senza incorso
di pena alcuna, et questo per dar spatio da poterli adattare e accomodare alla legge,
ma passato il detto tempo di duo mesi non sia più licito ad usarli né portarli sotto
quelle pene che nella presente provisione sono specificate.
Capitolo 22
Si consente anchora e si tolera che gli altri habiti e veste che si trovano fatte fin
al dì presente con più di braccia ventotto di robba, ma che non sono stratagliate, né
di pezzi conmessi, né frappate, né in altro prohibite per la presente provisione, si
possano usare e portare licitamente etiam oltre li duo mesi quanto si vuole, con
conditione non di meno che fra un mese proximo avenire siano presentati alla cancellaria delli magnifici signori antiani, dove per mano delli notari delle reformationi
delli presenti magnifici signori serano scritti e signati secondo che a detti notari serà
ordinato; li quali per sua fatica debbiano havere uno bolognino per capo di vesta e
non più. Et questo ad effetto che sotto questo colore non se ne habbiano a fare delle altre in fraude della presente provisione.
180
Legislazione suntuaria
Capitolo 23
Item che li mariti, spose o mogliere, padri e figliole, se da loro o da alcun di loro
serà contrafatta in le predette cose, cadano in pena di ducati 25 d’oro. Et li sarti, ricamatori, varotari, orefici, che contrafacesseno alle cose predette scientemente in fare dette veste, ricami e altre cose prohibite, cadano in pena a volte tutti li soprascritti seranno fatte pagare quante volte per loro o alcuno di loro serà contrafatto.
Nondimeno si dichiara che con un pagamento solo si intenda esser satisfatto alla
pena, il quale pagamento basti si facia dal marito o mogliere o vero dalla sposa o
padre di essa per tutti loro. La qual pena si habbia a dividere in quattro parti e applicarsi per una parte alla fabrica di messer San Petronio, per un’altra alla camera di
Bologna, per un altro quarto a qualunque magistrato o officiale che ne farà la debita essecutione e l’altra quarta parte allo accusatore, ma mancando lo accusatore la
sua parte sia della camera. Così, venendo il caso, li padri o mariti delle donne contrafacienti possano essere constretti a pagare la pena per le figliole o mogliere o spose. La quale pena possa similmente exequirli contra a qualunque havesse in suo governo sue cusine, nezze, sorelle o altre parenti overo altre donne che non osservasseno la provisione.
Et oltra la pena peccuniaria tutti li soprascritti respective siano privi di ogni officio da utile e da honore della magnifica communità di Bologna, dalli quali officii
debbiano essere strazzati, quando seranno tratti, se a quel tempo si ritroverà che
non habbiano satisfatto alla pena pecuniaria antidetta.
Et per essecutione delle predette ordinationi tutti li giudici e officiali ordinarii
del commune di Bologna possano farne la debita inquisitione o essecutione, che da
un giudice o magistrato serà prima incominciata non possa essere intercetta né impediata da un altro e sia luogo alla preventione. Et sia licito a ciascuno denontiare
che contrafarà e serà tenuto segreto e guadagnarà la parte sua pur che la denonza si
possa verificare. Avisando ciascuno che seranno specialmente deputati e salariati alcuni officiali segreti, huomeni leali e da bene, divisi per quartieri, li quali anderano
per la città investigando e cercando diligentemente, e staranno con gli occhi aperti,
per ritrovare chi contrafesse per alcun modo; alle denontie delli quali sarà creduto
con il suo giuramento e contra a chi serrà accusato per loro o per alcuno di loro serà esseguita incontenenti la pena senza altra citazione o processo.
Capitolo 24
Item si determina e statuisce che le donne, spose o figliole delli hebrei habitanti
al presente o che habitaranno per lo avenire in la città di Bologna generalmente
non possano portare vestimenti di drappo d’oro, né di argento, né di seta, né oro,
né gioie di alcuna ragione. Possano bene portare maniche di ogni sorte veluto, rasi
e damaschi di ogni colore, eccetto di cremisino, e tre anelle e tre verghette, sotto la
pena pecuniaria antidetta da applicarsi come di sopra.
Capitolo 25
Item che le femine dishoneste e impudiche che tengono cattiva vita, cioè le casarenghe, non possano portare veste di drappo d’oro, né di argento, né di seta, né
di raso, né damasco, né cinture d’oro, né di argento o cremesino. Ma sì bene possa-
Bologna
181
no vestire di zambellotto, di bavelle e di panni di lana e di ogni altra sorte da seta in
fuora, e possano portare ogni colore che alloro piacerà, eccetto che cremisi, e possano gallezzare li vestimenti con drappo e seta di ogni sorte, eccetto che di oro, argento o cremesino, e possano mettere in ditte gale, cioè in balze, perfili, ozelli, divise o
altre lor fantasie, fin alla misura di dua braccia di detti drappi o seta in tutto o no
poi. Et in capo non possano portare drappi né velli di seta, né di bombace, né di filadini greggi, né crespi, né sia lor licito anchora menare con seco per la terra massara, sì bene possano andare con una compagna sola di simile conditione, sotto pena
alle contrafacienti per ogni volta di libre sei di bolognini, et alle massare che fosseno ritrovate accompagnarle di staffilate vintecinque che le serano date incontenenti
alla renghiera del palazzo del magnifico podestà publicamente e di stare anchora
diece dì in pregione.
Capitolo 26
Item che le meretrici del luogo publico e quelle che si riducono in la via dalla
Caselvatica e sul fossato siano obbligate e debbiano portar in su la spalla una benda
gialla longa due braccia e larga un quarto in luogo del sonaglio che altre volte portavano, e sì che tal benda si possa ben vedere da ciascuno, sotto pena di libre tre di
bolognini a qualunque femina delle predette serà ritrovata senza tal benda, o che la
havesse e tenesse coperta. In le quali pene tutte le predette femine così casarenghe
come altre meretrici caschino tante volte quante seranno ritrovate in fallo, da applicarsi per la terza parte alla camera di Bologna, per lo altro terzo allo officiale che essequirà, e il resto sia dello accusatore. Concedendosi alle dette meretrici del luogo
publico e de gli altri dui luoghi predetti piena licentia che possano portare veste,
foggie e galle di oro, argento, seta, panno e drappi a suo modo e possano andare
spettorate e sgolate come a loro piace e a voler suo senza pena alcuna. Ma con la
benda predetta.
Ultimo si notifica a ciascuna persona che con ogni rigore si faranno osservare gli
ordini della presente provisione e qualunque serà ritrovato contrafare alle predette
cose o ad alcuna di esse incorrerà ne le pene soprascritte, le quali di fatto seranno
essequite tante volte quante si contrafarà senza alcuna remissione o rispetto di persona, e si applicaranno nel modo e forma che si è statuito e ordinato. Datum Bononie die XXVII mensis maii 1525.
MDXXV. Die primo mensis iunii publicata fuit presens provisio ad arrengheriam
ferream palatii residentie reverendissimi domini vicelegati ac magnificorum dominorum antianorum per Ioannem Baptistam Scalabrinum tubicinem e preconem
publicum communis Bononiae.
Impresso in Bologna per maestro Girolomo di Benedetti dell’anno 1525 del
mese di giugnio.
182
Legislazione suntuaria
1545, marzo 7
Bandi
Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le eccessive spese, così
del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna162
Essendo precipua cura di quelli a quali è commesso il governo delle cittadi et
delle republiche havere sempre dinanzi agl’occhi prima il rispetto et honore dell’onnipotente et eterno Iddio, secundariamente il bene, utile et commodo delli popoli
et sudditi loro, et perciò considerando maturamente il reverendissimo et illustrissimo monsignor il cardinale Morone legato et insieme li magnifici signori del reggi-
162
Collazionato con:
1545, marzo 8. Provvisioni, Ornato, pompe et cetera.
1545, ottobre 31. Bandi, Provisione ultimamente reformata et stabilita sopra le eccessive
spese così del vivere come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di
Bologna.
1553, marzo 25 e aprile 15. Provvisioni, Pompe et cetera.
1553, marzo 25. Bandi, Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere come del vestire, et altre pompe, publicata in Bologna li XXV de marzo MDLIII. In Bologna per Anselmo
Giaccarello, MDLIII.
1553, aprile 15. Bandi, Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del vestire, et altre pompe, publicata et riformata in Bologna li XV d’aprile MDLIII. In Bologna per
Anselmo Giaccarello.
1554, febbraio 27. Provvisioni, Pompe.
1555, gennaio 12 e 14. Provvisioni, Pompe.
1555, gennaio 12 e 14. Bandi, Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del
vestire, et altre pompe, riformata et publicata in Bologna ali XII et reiterata ali XIIII di genaro
MDLV.
1555, gennaio 12 e 14 e 1556, gennaio 4-6. Provvisioni, Pompe. Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere come del vestire et altre pompe riformata et publicata in Bologna
ali 12 et reiterata ali 14 di genaro 1555. Et reiterata alli 4, 5 et 6 di genaro 1556 senza l’infrascripto capitolo delle corteggiane.
1556, gennaio 4-6. Bandi, Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere come del vestire, et altre pompe, riformata et publicata in Bologna alli IIII et reiterata alli V et VI di genaro MDLVI. Stampato in Bologna per Pelegrino Bonardo.
1556, gennaio 12 e 14. Bandi, Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del
vestire, et altre pompe, riformata et publicata in Bologna alli XII et reiterata alli XIIII di genaro MDLVI. In Bologna per Anselmo Giaccarello.
1558, luglio 5. Bandi, Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del vestire,
et altre pompe, riformata et publicata in Bologna alli IIII, di genaro MDLVI et reiterata il primo giugno MDLVIII. [Publicata alli V di luglio MDLVIII]. In Bologna per Alessandro Benazzi
MDLVIII.
Bologna
183
mento della città di Bologna163 il gran danno et ruina publica che da un tempo in
qua con poco honore anchora et riverenza del signor Dio si conosce manifestamente soprastare a detta città per la pessima introduttione et abuso delli superflui ornamenti et eccessive spese così delle donne come degli huomini, hanno ad honore
principalmente di sua maiestà divina et consequentemente a beneficio et utilità
universale di questa città deliberato et statuito la infrascritta utilissima et santissima
reformatione con gli ordini et modi che qui di sotto si diranno. Li quali vogliono et
intendeno sue signorie che habbino forza di legge perpetua et che inviolabilmente
et intieramente siano osservati così nella città come nel contado et distretto di Bologna164.
Del vestire165
Prima si ordina, commanda, et prohibisse che nissuno, né huomo né donna, sia
di qual si voglia età, grado et conditione, possa portare habito o vestimento alcuno
di qualunque sorte, etiam di tela, d’oro, d’argento, di veluto cremesino, di veluto
alto et basso o vero altramente contesto o lavorato con oro o con argento et seda
cremesina166 o ricami di qualunque sorte167. Né sopra di esse veste usare o portare
ornamento alcuno d’oro o d’argento intiero o spezzato, né etiandio nelle birette, né
anchora perle né gioie, le quali si prohibiscono anchora nelle scoffie da donna168,
163
li magnifici signori del reggimento della città di Bologna] li magnifici signori li signori antiani consoli et gonfaloniero di iusticia del popolo et comune della città di Bologna
et li magnifici et illustrissimi signori quaranta riformatori del stato della libertà di detta città
1545, marzo 8. Provvisioni] li magnifici et excellentissimi signori signori anciani consoli, et
confaloniere di iustitia del popolo, et commune di Bologna, et li magnifici et illustri signori
quaranta reformatori del stato della libertà di detta città 1545, ottobre 31. Bandi] li magnifici et eccelsi signori signori antiani consoli et gonfaloniero di iusticia del popolo et comune
di Bologna, et li magnifici signori gonfalonieri di popolo et honorabili massari delle arti et
etiam li magnifici et illustrissimi signori quaranta riformatori et cetera 1553, marzo 25 e
aprile 15. Provvisioni; 1553, marzo 25. Bandi; dal 1555, Bandi e Provvisioni. Dal 1553 a
Giovanni Morone, legato, si sostituisce Girolamo Sauli, vicelegato; in 1558, luglio 5. Bandi, si
trova Tommaso Conturberi, vicelegato.
164
1553, aprile 15. Bandi e 1554, febbraio 27. Provvisioni sostituiscono con: Essendosi a
giorni passati (1554, febbraio 27. Provvisioni: l’anno passato) publicata in questa città la provisione sontuaria, così del vivere, come del vestire, et altre pompe eccessive, la quale ha d’havere forza di legge perpetua da servarsi inviolabilmente da qualunque persona indeferentemente così nella città, come nel contà et distretto di Bologna, et acciò che nissuno si possa
escusare di non havere havuta noticia, è parso al reverendissimo monsignor l’arcivescovo
Sauli dignissimo vicelegato, col consenso et volontà di tutti li magistrati della detta città,
farla di novo publicare, con maggior dechiaratione, et qualunche additione a più chiara intelligenza di ciascuno nel modo infrascritto cioè.
165
I titoli sono aggiunti dal 1553.
166
et seda cremesina manca dal 1553.
167
Dal 1553 si aggiunge Né etiamdio copetti et camise di tela di lino, rensa, né altra sorte di drappamenti lavorati come di sopra.
168
Dal 1553 si aggiunge né in qual altro ornamento in capo.
184
Legislazione suntuaria
consentendosi però che dette scoffie si possano portare d’oro o d’argento, ma non
battuto, né con altro ornamento. Né portare vestimento o habito alcuno fratagliato
o frappato dal busto in giuso, quanto sia per le donne. Agli huomini si consente il
frattagliare come li piacerà giupponi169 et cossali170, ma senza ornamento alcuno,
come di sopra171. Si consente anchora il potere listare et stratagliare le liste solamente come si vorrà, purché siano senza alcun ricamo et ornamento172 prohibito di sopra. Et in dette liste per ciascun vestimento, così da huomo come da donna, non
possano essere più di braccia quattro di drappamento in tutto173.
Si prohibisce similmente che non si possano portare così per huomini come
per donne collane né corone, né cinture, né manigli overo brazzali, di gioie, di
perle, di smalto, o di fila d’oro o d’argento174, né anchora di pasta d’ambra et
muschio o vero profumi, né perle o gioie nell’orecchie, né guanti ricamati né profumati d’ambra o muschio175, le quali cose tutte per la presente provisione si bandiscono.
Anchora per levare via ogni superflua spesa et accostarsi in alcuni ornamenti alla
civile honestà et condecentia si ordina et commanda che intorno alli gibellini et
ventagli non possino fare teste, manighi né ornamento alcuno d’oro, d’argento, di
perle, o gioie, ma si tollera che se gli possa portare attaccata solamente una cathena
d’oro che non passi però il valore di scuti XV sino in XX et non più176.
Sia lecito però alle donne mentre seranno spose et per dui anni anchora in poi
che seranno state col marito portare un vezzo di perle et dui pendenti et la cathena
d’oro, la quale non passi la valuta di scuti cinquanta, computata la fattura, et che
169
1554, febbraio 27. Provvisioni aggiunge colletti.
giupponi et cossali] giupponi, cosali et sagli dal 1555.
171 1553, marzo 25 e aprile 15. Provvisioni cancella alcuno come di sopra e sostituisce nel
margine sinistro di ricami né d’oro o argento o altro prohibito come di sopra. La correzione è
accolta dalle altre fonti a partire dal 1554.
172 senza alcun ricamo et ornamento] senza alcun ricamo fatto per mano di ricamatori et
con li profili fatti in telaro et senza ornamento 1545, marzo 8. Provvisioni e 1545, ottobre
31. Bandi] senza alcun ricamo et senza li profili fatti in tellaro et senza ornamento dal 1553.
173 Dal 1555 si aggiunge Dechiarando che, passato il presente anno 1555, non si permetteranno più gli sagli frattagliati, il che si consente hora per quelli che li trovino con prohibitione che di nuovo non se possano frattagliare.
174 o di fila d’oro o d’argento] d’oro o d’argento, né battuto né filato da 1545, ottobre
31. Bandi.
175
Dal 1553 si omette né guanti ricamati né profumati d’ambra o muschio.
176
Anchora per levare via … et non più] Eccetto che si permette che chi vorrà possa
portare alli gibellini le teste d’oro con la cathena d’oro et alli ventagli li manichi d’oro con la
cathena d’oro, ma però senza perle o gioie di sorte alcuna. Eshortandosi nondimeno qualunque gentildonna a contentarsi più tosto del ordine primo che di usare questa nuova licentia 1545, ottobre 31. Bandi] Eccetto che si permette che chi vorrà possa portare alli gibellini le teste d’oro con la cathena d’oro et alli ventagli li manichi d’oro con la cathena d’oro,
ma però senza perle o gioie di sorte alcuna dal 1553.
170
Bologna
185
sia senza smalto, ma passato il tempo sopradetto si consente sol che possano portare
la detta cathena al collo et non altro177.
Sia lecito anchora agli huomini poter portare una cathena al collo di valuta solamente di scuti cinquanta, come di sopra et non di maggior somma.
Oltra di ciò non essendo punto conveniente né honesta cosa, che le donne usino in publico, né si mostrino in altri habiti che in quelli, che alla loro modestia si
ricercano come pare che da un tempo in qua si sia per loro introdutto, se li prohibisce il potere portare fuor di casa in publico, veste alcuna, né habiti da huomo né
curti né longhi, come seria robbe, o robboni, ciamare, o altre simili veste, così foderate, come sfoderate, né birette. Si consente però che la notte per loro utilità possano portare birette o capelli, che però siano senza piuma, et altro ornamento prohibito come di sopra178.
Et perché intanto si vede essere cresciuto il lusso, overo lascivia delle carette, et cocchi, che si fanno fuor di misura superbi et di molto oro ornati, per la
presente ordinatione si prohibisse et vieta che detti cocchi et carette non si
possino fare né li fatti usare con ornamento alcuno d’oro, né doratura, né argentatura intorno a quelli in modo alcuno, eccetto li pomi over testate 179 et
palle di esse carette et cocchi180, che possano essere dorate overo argentate honestamente, et le coperte di esse carette et cocchi non possino essere di seta, né
con ricami di alcuna sorte, et molto manco d’oro et d’argento. Et così ancho li
fornimenti de li cavalli et cavalle de detti cocchi et carette, consentendosi però
che si possano dette coperte ornare con liste di drappamento, pur che non si
ecceda la somma di quattro braccia et che non siano de lavori et drappamenti
prohibiti.
177
1553, marzo 25 e aprile 15. Provvisioni e Bandi aggiungono la quale cattena possi essere d’ogni lunghezza et foggia purché non passi la detta valuta di scuti 50. 1554 accoglie l’aggiunta. Dal 1555 la normativa cambia: la cathena d’oro … la detta cathena al collo et non
altro] una o più cathene d’oro di qual si voglia lunghezza et foggia, purché l’una o tutte insieme non passino la valuta di scuti 50 d’oro computata la fattura et che siano senza smalto,
ma passato il tempo sopradetto si consente solo che possano portare le dette cattene al collo
et non altro.
178 Oltra di ciò non essendo … prohibito come di sopra] Si consente contra lo ordine
della crida già publicata che le donne possino portare robbe, robboni et ciamare, senza però
li ricami et ornamenti prohibiti come di sopra, et le fodre d’esse non possano essere di gibellini né lupi cervieri, et non possano portare birette se non la notte et in villa senza piuma,
però così in biretti come nelli capelli et altro ornamento prohibito come di sopra 1545,
marzo 8. Provvisioni e 1545, ottobre 31. Bandi] Non sia lecito alle donne di usare nelli loro
robboni o ciamare gibellini, ne lupi cervieri, et non possano portare birette, se non la notte
et in villa, senza piuma però così in birette, come in capelli, et altro ornamento prohibito
come di sopra dal 1553.
179 Dal 1553 si omette over testate.
180 Dal 1553 si aggiunge et le arme, imprese, et cimieri.
186
Legislazione suntuaria
Et anchora si prohibisce che li fornimenti et selle de le cavalcature non siano né
possano essere lavorate con oro di alcuna sorte né riccami, excetto le borchie181 che
si possano dorare182.
Sotto pena a chi serà trovato contrafare in alcuna parte de la presente reformatione et ordinatione per la prima volta di scuti XXV, et per la seconda volta di scuti
cinquanta, et per la terza volta di scuti cento di oro, et di perdere sempre li vestimenti o altre cose prohibite. Le quali cose perse si habbino a fendere in pezzi, publicamente in piazza, et poi distribuire et donare a’ luochi pii183. Alla qual pena siano tenuti li padri per li figlioli et figliole, li mariti per le mogli, li fratelli per le sorelle, quando però siano sotto la loro cura, governo et podestà, o altri che habbia libero governo et podestà di chi contrafacesse. Dechiarando che con uno pagamento
solo fatto da qualunque di loro s’intenda essere satisfatto alla pena.
Et sotto pena alli sarti, riccamatori, orefici et altri artifici, che lavorassero o fabricassero alcuna de le sopra dette cose prohibite, di lire XXV184 di bolognini per ciascuna volta185.
Delli banchetti186
Appresso per dare conveniente ordine et meta alla pessima usanza introdutta di
fare li pasti et banchetti talmente sontuosi che excedeno il politico et costumato vi-
181
Dal 1553 si aggiunge staffe, fibbie, et chiodi.
1545, marzo 8. Provvisioni, 1545, ottobre 31. Bandi e 1553, marzo 25 e aprile 15, Provvisioni e Bandi aggiungono Si consente però che si possano usare et portare per li gentilhomini
speroni dorati, spade et pugnali con li guarnimenti et puntali dorati, ma non cinture né correggie né altro dorato né argentato, o fatto con alcun ricamo et ornamento prohibito di sopra
(dal 1553 ma non cinture … o fatto] e le cinture o correggie (1558, luglio 5. Bandi aggiunge et
li carniroli) con li ferri argentati o dorati, ma non fatti). Dal 1554 si aggiunge Li quali chiodi
dorati si possano portare solamente nelli arzoni dinanzi delle selle fornite di veluto et non in
altra parte delli fornimenti, et nelle sele armate si tollera che si possano portare le viti dorate et
un freggietto solo dorato d’intorno la armatura delle sele di largheza di un dito et non più.
Solo nel 1555 si aggiunge il seguente paragrafo: Et che le corteggiane non possano portare
vesti con la coda, et siano tenute portare per la città o una beretta in capo o una cintola o
banda di taffetato rosso dinanzi sopra li altri panni larga un quarto di brazzo, la quale banda
penda giuso alla lunghezza d’essi panni in modo che la sia vista.
183
per la prima volta … luochi pii] ogni volta lire 25 1553, marzo 25 e aprile 15. Provvisioni e Bandi, 1555, gennaio 12 e 14. Provvisioni e Bandi e 1556, gennaio 12 e 14. Bandi]
ogni volta di lire X 1554, febbraio 27. Provvisioni.
184
XXV] X 1554, febbraio 27. Provvisioni.
185
Dal 1553 si aggiunge Si declara che le contadine possano portare li cintorini con li
passetti et fibbie d’argento sopra dorate secondo il solito con le fette di veluto purché non
sia di broccato d’oro né d’argento né cremescino et inoltre li coralli senza ornamento alcuno
d’oro, prohibendoli expressamente il potere portare colane d’oro né qualsivoglia altra cosa
d’oro al collo. Dal 1555 si prosegue Si dechiara anchora che li scolari forastieri et parimente
tutti li altri forastieri che al presente si trovino in questa città o per l’avenire verranno si tollerano in quelli habiti che a loro piacerà.
186
I titoli sono aggiunti dal 1553.
182
Bologna
187
vere, per li quali anchora viene offesa la maiestà di Dio, etiam con danno et incommodo delle fameglie, per le grandi et superflue spese che si fanno, si ordina et commanda che nissuno possa fare portare in tavola né usare ne li conviti, anchora che facesse banchetto, etiam per causa di nozze, o per altra causa, più di tre vivande d’arosto et tre di alesso, fra le quali di arosto si consente ne possa essere una sola di selvaticine et non più, ma non di pavoni, li quali si bandiscono in tutto et per tutto nelli
pasti187, né si possano dare pastici, né mangiare bianco, né lavori di pasta di sorte alcuna, né più che di una sol sorte di torta per una volta sola, né canditi di sorte alcuna, né si possano dare nelli banchetti da carne, vivande di pesce, né ostreghe.
Sotto pena alli contrafacienti di scuti cinquanta et alli cuoqui et alli soprastanti
agli ordini de li conviti et banchetti che contravenessero di scuti188 XXV189, o veramente non potendo pagare tal pena pecuniaria di tre tratti di corda, da darseli publicamente in piazza.
Sia lecito ad ogni uno accusare li contrafacienti et chi accusarà serà tenuto secreto se a lui parerà, et se li crederà con il detto però d’un testimonio degno di fede, et
guadagnarà un terzo della pena pecuniaria, de la quale un altro terzo serà del iudice
et il resto s’applicarà alla camera di Bologna190. Et li gargioni accusanti li loro maestri, oltra la parte della condennatione a loro spettante, se fossero accordati con essi
maestri, se intendano havere compito ogni suo accordo et debbano havere il suo salario senza contradittione alcuna.
Delle esequie funerali191
Et perché è necessario provedere anchora alle eccessive et superflue spese delle
essequie funebri, si ordina et commanda che non si possa tore192 più di una regola
de frati, et una compagnia spirituale, et venti preti, et non più di venti torze in tutto, et si dia una torzetta al capellano193, una al prior della compagnia con le soe
candele ordinarie194. Et sia prohibito il fare sonare campana a longo in più chiese
che in una sola, et non si possa fare sonare a botte in chiesa alcuna, et facendosi le
187
ma non di pavoni … nelli pasti] intendendosi fra le salvaticine pavoni o galline d’India dal 1553.
188
scuti] lire 1553, marzo 25. Bandi.
189
XXV] X d’oro dal 1555.
190
Sia lecito ad ogni uno … alla camera di Bologna] Sia lecito ad ogniuno accusare li
contrafacienti et chi accusarà serà tenuto secreto, se a lui parerà, et guadagnarà la metà della
pena pecuniaria, della quale l’altra metà sia applicata a luoghi pii, con dechiaratione che si
crederà all’accusatore solo, secondo che parerà al prefato monsignor vicelegato 1553, marzo
25 e aprile 15. Provvisioni e Bandi e 1554, febbraio 27. Provvisioni] Sia licito ad ognuno accusare li contrafacienti, et chi accusarà sarà tenuto secreto, se a lui parerà, et guadagnarà la
metà della pena pecuniaria, della quale l’altra metà sia applicata a luoghi pii, con dechiaratione che si crederà all’accusatore solo, secondo che parerà allo officio infrascritto dal 1555.
191
I titoli sono aggiunti dal 1553.
192
Dal 1555 si aggiunge oltra li putti di San Bartholomeo.
193
1545, marzo 8. Provvisioni e 1545, ottobre 31. Bandi aggiungono una al priore dei frati.
194
Dal 1555 si aggiunge et a detti putti quella limosina che parerà a ciascuno.
188
Legislazione suntuaria
esequie overo settime, et qualunque altro officio da morte, non si possa accendere
più che quattro torze in tutto195, né affigere arme con candele accese per le ghiese o
in altro luoco per la città196, sotto pena di scuti197 cinquanta d’applicarsi come di
sopra. Ne la quale pena incorrano parimente quelli frati, o preti che sonassero campane contra la presente ordinatione.
Li giudici sopra le esecutioni tutte et osservanza della presente reformatione, decreto et provisione siano et se intendano essere tutti li maggistrati, tribunali et officiali del commune di Bologna, alli quali si dà piena auttorità et facultà di potere fare di ciò inquisitione et fare pagare le pene alli contrafacienti, et distribuirle et dividerle come di sopra.
Dechiarando che fra detti iudici sia luogo alla preventione, et che fra dieci giorni dopo la denuntia o vero accusatione fatta legittimamente dinanti da loro debbiano havere fatta la debita esecutione senza indugio et eccettione alcuna.
Et dechiarando et commandando che ad alcun di detti giudici et esecutori non
sia lecito a modo alcuno fare gratia, né in tutto, né in parte198.
Et acciò che nissuno si possa excusare di non potere osservare così di presenti li
predetti ordini, si dichiara che il presente bando et reformatione habbi d’havere
luogo et vigore subito passato il giorno della domenica delle Palme prossima a venire. Dopo il qual tempo nissuno poi serà più excusato, ritrovandosi havere contrafatto, anzi ciascuno contrafaciente incorrerà nelle pene sopradette et serà irremisibilmente punito199.
Dechiarando però che se persona alcuna forastiere venirà in questa città, si
tollerarà in quelli habiti vestiti et ornati che li piacerà per duo200 mesi solamente
195
Dal 1553 si omette non si possa accendere più che quattro torze in tutto.
Dal 1553 si aggiunge né attaccare cassoni overo depositi coperti di drappo alle muraglie delle chiese.
197
scuti] lire dal 1553.
198
siano et se intendano essere tutti li maggistrati … né in tutto, né in parte] siano et
s’intendano essere il novo ufficio fattosi sopra questa provisione, qual ufficio consta et constarà d’ogni magistrato, cioè dui delli illustrissimi signori antiani, dui delli signori tribuni,
dui delli honorabili massari et dui del magnifico reggimento, al quale ufficio si dà piena auttorità et facoltà di potere fare di ciò inquisitione et fare pagare le pene alli contrafacienti et
distribuirli et di dividerli come di sopra. Dechiarando et commandando che al detto ufficio
non sia licito a modo alcuno fare gratia né in tutto né in parte dal 1555.
199
Et acciò che nissuno … serà irremisibilmente punito] Et perché nella publicatione già
fatta a dì passati della presente ordinatione et bando fu dato tempo quello dovere havere luogo incontinenti passata la domenica delle Palme, qual serà dimane, si ricorda ad ogni homo
che passato detto giorno cominzarà la inviolabile osservatione del bando et ordine prefato et
ritrovandosi alcuno contrafaciente serà irremissibilmente punito nelle pene nelle quali serà
incorso, sì che ciascuno si guardi non essere primo a dare essempio ad altri, ma si disponga
ognun d’osservarla voluntieri per conservatione et beneficio di questa patria et di lor stessi
1545, marzo 8. Provvisioni. Le altre fonti omettono l’intero paragrafo.
200
duo] tre 1554, febbraio 27. Provvisioni.
196
Bologna
189
dal dì che intrarà in questa città, ma passato detto termine, se intenda sottoposta
a questi ordini et obligata osservarli, et contravenendo incorra nelle pene
predette201.
Et per conclusione di tutto, si notifica a tutt’huomo che la presente reformatione et ogni parte di essa serà intieramente et inviolabilmente osservata et essequita
contra qualunque contrafaciente202 senza eccetione et remissione alcuna203.
MDXLV, indictione III, die VII martii publicata fuit et cetera ad arengheream feream magnificorum dominorum antianorum Bononiae per Ludovicum Pectinarium bannitorem et preconem publicum communis Bononiae204.
201
Dechiarando però … nelle pene predette] Dechiarando che le donne forastiere maritate nella detta città s’intendano sottoposte alle presenti leggi, et così gli huomini forastieri
pigliando donna bolognese dal 1555.
202
Dal 1553 si aggiunge da hoggi in poi.
203
1553, marzo 25 e aprile 15. Provvisioni e Bandi aggiungono cominciando dalla domenica proxima di Pasca di resurrettione che serà alli dui del mese seguente.
204
MDXLV … communis Bononiae] Ioannes cardinalis Moronus legatus. Antonius Bentivolus vixillifer iustitie. Publicata fuit ad arengheriam feream magnificorum dominorum
antianorum Bononie per Ludovicum Pictinarium banitorem et preconem publicum comunis Bononie die 8 martii 45.
Fu reiterata nel supraditto luoco adì 25 marzo 1545 per Ludovico Pettinaro con le soprascritte annotationi et additioni notate nelli margini 1545, marzo 8. Provvisioni] Publicata
alli 25 di marzo del LIII alla renghiera del signor podestà per Ludovico Pettinaro precone publico nel modo che si trova registrata et con quelle cancellature. Ma alli XV d’aprile del detto
anno fu reformata et publicata nel modo che appare per le postile annotate nel medesimo
luoco per il sudetto Lodovico, con un proemio come qui da basso. Essendosi a giorni passati
publicata in questa città la provisione sontuaria così del vivere come del vestire et altre pompe eccessive, la quale ha da havere forza di legge perpetua da servarsi inviolabilmente da
qualunque persona indifferentemente così nella città come nel contà e distretto di Bologna,
et acciò che nessuno si possa escusare di non havere havuta notitia, è parso al reverendissimo
monsignor l’arcivescovo Sauli dignissimo vicelegato col consenso e volontà di tutti li magistrati della detta città farla di novo publicare con maggiore dechiaratione et qualche additione a più chiara intelligenza di esse nel modo infrascritto. Hieronimus vicelegatus 1553,
marzo 25 e aprile 15. Provvisioni] Publicata ad arengheriam pretoriam per Ludovicum Pectinarium publicum preconem comunis Bononie die 27 februarii 1554 1554, febbraio 27.
Provvisioni] Publicata alla ringhiera del magnifico podestà di Bologna per Lodovico Pettinaro bandittore publico et reiterata nel medesimo luoco et per l’istesso trombetta la prima volta fu alli XII di ienuario et l’altra volta alli 14 del detto mese del 1555 1555, gennaio 12 e 14.
Provvisioni. 1545, ottobre 31. Bandi reca in fine la nota manoscritta: Reiterata in sostanza alli
XXI ottobre 1549.
190
Legislazione suntuaria
1545, marzo 8
Provvisioni
Ornato, pompe et cetera205
1545, marzo 28
Bandi
Provisione delle meretrici publiche. MDXLV
Havendo il reverendissimo et illustrissimo monsignor legato et li magnifici signori del reggimento della città di Bologna dato principio alla riformatione di molte cose pertinenti all’honesto et politico vivere di essa città, corrigendo et limitando
alcune superfluità et male usanze introdotte così circa il vestire delle persone, come
del pasteggiare et altri infiniti abusi, è parso alle loro signorie essere non solo ispediente ma molto necessario provedere anchora che le publiche meretrici sieno riconosciute fra le donne da bene, et al loro habito et vestire sia posta conveniente meta. Onde per ordine et commissione del prefato reverendissimo et illustrissimo
monsignor legato, di volontà et consentimento delli magnifici et eccelsi signori signori antiani consoli et confaloniero di iustitia del popolo et commune della città
di Bologna et delli prefati magnifici signori quaranta del reggimento si vieta et expressamente prohibisce a tutte le publiche meretrici o vero cortigiane in questa città
di poter portare indosso, così di sotto come di sopra, vestimenti o calciamenti di
sorte alcuna d’oro, d’argento, né di seta, così nel continente di essi vestimenti o calciamenti, come in liste, ricami o altri addobbi d’essi.
Né sia loro etiamdio lecito portare al collo, alle braccia, alle orecchie o alla centura sorte alcuna di collane, cathene o simili ornamenti dove siano oro, argento,
perle et gioie, misture d’ambra, muschio, profumi o altri simili odori, né anchora
guanti ricamati, o profumati.
Si consente però che possino portare al collo una cathena d’oro, pur che fra l’oro et la fattura non ecceda la valuta di scudi dieci in tutto.
Et acciò siano riconosciute fra le donne di honesta vita, si ordina et commanda
che debbano portare in capo un drappo o velo di colore gialo et non di altro colore.
Sotto pena a chi contrafarà in parte alcuna al presente bando et per ciascuna
volta di lire venticinque di bolognini et di perdere le vesti et altri guarnimenti che
usassero o portassero sopra di sé contra la forma del presente bando. La quale pena
si applicarà per la terza parte allo accusatore et il resto alla camera di Bologna. Et si
starà al giuramento dello accusatore col detto di un testimonio degno di fede.
Notificando et dechiarando che si farà diligente inquisitione et rigorosa esecutione contra quelle che seranno trovate in fallo.
205
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
Bologna
191
La sopradetta grida fu publicata alli ventiotto marzo MDXLV alla renghiera del
palazzo del podestà per Giovanni Lepra publico trombetta.
1545, ottobre 31
Bandi
Provisione ultimamente reformata et stabilita sopra le eccessive spese così del
vivere come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et contado di
Bologna206
1553, marzo 25 e aprile 15
Provvisioni
Pompe et cetera207
1553, marzo 25
Bandi
Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere come del vestire, et altre
pompe, publicata in Bologna li XXV de marzo MDLIII. In Bologna per
Anselmo Giaccarello, MDLIII208
1553, aprile 15
Bandi
Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del vestire, et altre
pompe, publicata et riformata in Bologna li XV d’aprile MDLIII. In Bologna
per Anselmo Giaccarello209
206
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
207
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
208
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
209
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
192
Legislazione suntuaria
1554, febbraio 27
Provvisioni
Pompe210
1555, gennaio 12 e 14
Provvisioni
Pompe211
1555, gennaio 12 e 14
Bandi
Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del vestire, et altre
pompe, riformata et publicata in Bologna ali XII et reiterata ali XIIII di genaro
MDLV212
1555, gennaio 12 e 14 e 1556, gennaio 4-6
Provvisioni
Pompe. Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere come del vestire et
altre pompe riformata et publicata in Bologna ali 12 et reiterata ali 14 di
genaro 1555. Et reiterata alli 4, 5 et 6 di genaro 1556 senza l’infrascripto
capitolo delle corteggiane213
210
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
211
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
212
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
213
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
Bologna
193
1556, gennaio 4-6
Bandi
Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere come del vestire, et altre
pompe, riformata et publicata in Bologna alli IIII et reiterata alli V et VI di
genaro MDLVI. Stampato in Bologna per Pelegrino Bonardo214
1556, gennaio 12 e 14
Bandi
Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del vestire, et altre
pompe, riformata et publicata in Bologna alli XII et reiterata alli XIIII di
genaro MDLVI. In Bologna per Anselmo Giaccarello215
1556, febbraio 28
Provvisioni
Pompe et cetera
Accioché si conosca maggiormente che egli è di mente et intentione ferma del
reverendissimo vicelegato et di tutti li magistrati di questa città che la provisione
publicata alli giorni passati sopra le pompe sia intieramente osservata per beneficio
publico di questa città et popolo, per parte di sua signoria reverendissima di voluntà et consenso delli magnifici et eccelsi signori li signori antiani consoli et gonfalonieri di iustitia et delli illustri signori quaranta reformatori del stato della libertà
della città di Bologna, si notifica come la detta provisione sendo parsa a nostra signoria utile et beneficiosa è stata da sua beneditione mediante l’auttorità et intercessione del reverendissimo et illustrissimo legato non solo approvata et confermata
per suo breve speciale sotto data in Roma alli XIIII del presente mese di febraro, ma
anco ordinato che la sia indifferentemente da ciascuno osservata et come più appieno si contiene in detto breve registrato nella cancelleria della magnifica comunità di
Bologna.
Publicata die 28 februarii 1556 ad arengheriam pretoriam per publicum preconem comunis Bononie presentibus Ludovico de Guainis et Ludovico Posterla.
214
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
215
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
194
Legislazione suntuaria
1557, marzo 24
Provvisioni
Pompe
Anchora che più volte dalli superiori di questa città si sia posto ordine et meta
alle eccessive spese così del vivere come del vestire et altre pompe, nondimeno per
molti et varii accidenti et occupationi che sono occorse giornalmente non si è havuto per il passato così ben l’occhio alli contrafacienti et transgressori di tali provisioni né contra essi si è proceduto alla essecutione delle pene come meritavano, pensando pur che questi tali per l’honorabile Iddio principalmente et per la riverenza
che deveno alli sudetti suoi superiori s’havessero da correggere da sé medesimi et
osservare tali provisioni come santissime et salutifere che sono a questo popolo, ma
vedendosi che non solo non si corregono, ma che continuano in eccedere, causando di fare cascare molti altri nel medesimo errore et disordine col male essempio,
dal ché ne nasce la ruina di molte famiglie et per consequentia della città, né volendo il reverendissimo monsignore il vescovo di Fermo vicelegato di Bologna tolerare
in modo alcuno questo gran danno et ruina publica che per tale causa si vede soprastare a detta città, ma con tutti li remedii opportuni a ciò provedere, però sua signoria reverendissima di consenso et volontà delli magnifici et eccelsi signori signori antiani et cetera et delli illustri signori quaranta et cetera intima, notifica, ordina
et commanda ad ogni et qualunque persona di qualunque sesso, età, stato, grado et
condittione si sia che dal fine del presente mese di marzo in poi non ardisca né presuma per qual si voglia modo né sotto quale di voglia ragione, causa o colore per
diretto o per indiretto contravenire in alcuna parte alla provisione fatta et reformata
ultimamente di sua signoria reverendissima et delli magistrati d’essa città sopra dette eccessive spese et altre pompe publicata in questa città sotto dì quattro di gennaio 1556 et reiterata il detto mese approbata etiamdio per partito del magnifico et
illustre reggimento et che è più confirmata per breve di nostra signoria ma si notifica a ciascuno come di sopra che quella ad unguem in tutto et per tutto si ha da osservare et fare osservare per gli iudici et ufficiali et sotto quelle pene et preiuditii
che in essa provisione si contengono d’applicarsi come in essa, declarando inoltra
che non sia nessuno come di sopra tanto presontuoso et temerario che presuma di
contravenire sotto pretesto di dire che non sia in osservanza o per non essere stato
punito per il passato, perché sua signoria reverendissima declara di consenso come
di sopra detta provisione essere in viridi observantia et che ciascuno contrafaciente
serà punito et gastigato severamente senza rispetto alcuno, non ostante qualunque
cosa che potesse dire et allegare in contrario, et sua signoria reverendissima procedendo unitamente per sua liberalità rimette a qualunque ogni pena et condannatione in che fosse incorso per havere contravenuto per il passato, purché per l’avenire
si disponga et risolva ad ogni modo di ubbidire et osservare detta provisione, se non
vorrà essere gastigato et punito severamente, come serà in effetto qualunque che
contravenirà come di sopra.
L[aurentius Lentii] Firmanus vicelegatus.
Bologna
195
Publicato il soprascritto proclama alli XXIIII di marzo alla renghiera del magnifico podestà di Bologna per Lodovico banditore, presenti et cetera Antonio dalle Teste et Giovanbattista dalla Testa sì come ha rifferto esso banditore.
1557, giugno 25
Provvisioni
Pompe216
Per tenere viva et fissa nella memoria217 volgarmente chiamata la provisione delle pompe che a honore d’Iddio massimamente et beneficio universale et particolare
di questa città fu fatta et publicata per li magistrati di detta città l’anno prossimamente passato sotto dì IIII gennaro et confirmata per breve da nostro signore, il reverendissimo signore il signor Thomaso Conturberio vescovo d’Atri et di Civita di
Penne et vicelegato della città di Bologna, di consenso et volontà delli magnifici signori antiani consuli et gonfaloniero et delli magnifici et illustri quaranta reformatori del stato et libertà di detta città, intima, notifica et comanda ad ogni et qualunque persona di che età, stato, grado o sesso si sia che dalla fine del presente di giugno in poi non ardisca o presumi in modo alcuno o per quale si voglia causa o sotto
quale si voglia pretesto overo escusatione che le fosse dell’osservanza218 stata per il
passato o vero della impunità delli delinquenti contravenire in parte alcuna di essa
provisione, sotto le pene et con quelle obligationi et modi che si contengono in essa, il sumario della quale è quello qui di sotto, et prima:
che indifferentemente tutti gli huomini et le donne non possano usare né portare sorte alcuna di habito o vestimento d’oro, d’argento, di veluto cremesino, di veluto alto et basso, overo altramente contesto o lavorato con oro, con argento et con
ricami di qualunque sorte.
Né etiam sopra le vesti et habiti loro usare o portare ornamento alcuno d’oro o
d’argento intiero o spezzato in quale si voglia modo, né perle né gioie, comprendendo sotto nome d’habito et di vestito camisce et coppetti così di lino come di
rensa, et qualunque altra sorte di drappamento et le schoffie, birette et ogni altro
conciero overo ornamento di capo o di dosso così da homo come da donna.
Li habiti et vestimenti di quali huomini et donne non possino essere frattagliati
o frappati dalla cintura in giuso in modo alcuno eccetto che le liste di essi habiti,
quali si possino frattagliare a sua volontà, et eccetto li cosali degli homini et li sagli
216
Collazionato con:
1557, giugno 25 e 30. Bandi, Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere et vestire,
come de cocchi, et carrette, et funerali, riformata, et publicata in Bologna alli XXV et reiterata alli XXX di giugno MDLVII. In Bologna per Pellegrino Bonardo.
217
1557, giugno 25 e 30. Bandi aggiunge di ogn’huomo la legge sontuaria.
218
osservanza] inosservanza 1557, giugno 25 e 30. Bandi.
196
Legislazione suntuaria
loro però fatti sino a questa hora, quali sagli si tollerano solamente per questo anno
1557, con dechiaratione che in dette liste per ciascuno vestimento così da homo
come da donna non possino essere più di quattro brazza di drappamento in tutto.
Né si possa etiam così per gli huomini come per le donne portare collane né corone, né cinture né manigli overo brazzali di gioie, di perle, di smalto d’oro, d’argento né battuto né filato, né anchor di pasta d’ambra et muschio o di profumi.
Et similmente si prohibisce il portare alle orecchie et in qualunque altro luoco
della persona perle, gioie di sorte alcuna, eccetto che alle donne mentre che stanno
spose et per dui anni dopo che seranno state a casa del marito si consente il portare
uno vezzo di perle et due pendenti et una o più catene d’oro di quale si voglia lunghezza et foggia, purché l’una o tutte insieme non eccedano la valuta di scuti cinquanta, computata la fattura, et che siano senza smalto, et passato li detti dui anni
si consente alle dette donne il portare solo le dette catene al collo et non altro, dichiarando che possino in ogni tempo così mentre che seranno spose come quando
seranno col marito portare alli gibellini le teste d’oro et li ventagli con li manichi
d’oro con la cathena d’oro et le schuffie lor d’oro over d’argento purché esse schoffie non siano d’oro o d’argento batutto, prohibendo però espressamente alle dette
donne usare nelle loro rubbe o ciamare gibillini né lupi cervieri, né portare birete di
giorno per la città, né in quelli havere piuma o altro ornamento prohibito219.
Si consente medesimamente a gli homini il portare una cattena al collo di valuta
solamente di scuti 50 et non più, et portare speroni, spade et pugnali con li loro guarnimenti et pontali dorati et le cinture et carniroli con li ferri dorati o inargentati, ma
senza ricamo et altro ornamento prohibito, et le selle et fornimenti delle cavalcature
lor non siano né possino essere lavorate con oro d’alcuna sorte né con recami eccetto
le borchie, staffe, fibbie et chiodi che si possino dorare, li quali chiodi così dorati si
possino portare solamente nelli arzoni dinanzi alle sele coperte di velluto et non in altra parte delli fornimenti, et nelle selle armate si tollerano le viti dorate et uno freggietto colorato intorno all’armatura delle sele di larghezza d’uno ditto et non più.
Si prohibisce anchor il fare et usare con ornamento alcuno d’oro cocchii o carrette né quelli e quelle dorate né argentate in modo alcuno, eccetto li pomi et palle
d’esse carrette o cocchii et l’armi impresse et cimieri in quelli o quelle essistenti, et
le coperte d’esse carrette o cocchii non possino essere d’oro, d’argento o di seta né
con riccami d’alcuna sorte, né etiam li fornimenti delli cavalli et cavalle di detti
cocchii et carrette, consentendosi però che dette coperte si possino ornare con liste
di drappamento, purché non si ecceda la somma di quattro brazza et non siano di
lavori et drappamenti prohibiti.
Alli contadini si prohibisce il portare collane d’oro né quale si voglia altra cosa
d’oro al collo et similmente li cinturini, le fette di quali siano di brocato d’oro, d’argento overo di cremesino.
Sotto pena a chi serà trovato contrafare in alcuna parte della presente ordinatione per ogni volta di lire XXV di bolognini, de la quale pena siano tenuti li padri per
219
hibito.
1557, giugno 25 e 30. Bandi omette né in quelli havere piuma o altro ornamento pro-
Bologna
197
li figlioli et figliole, li mariti per le moglie, li fratelli per le sorelle quando però siano
sotto la loro cura et governo, o altri che habbia libero arbitrio et podestà di chi contrafacesse, et pagata da qualunque di loro una volta la pena s’intenda essere satisfatto a bastanza. Et sotto la medesima pena alli sarti, riccamatori, orefici et altri artefici che lavorassero o fabricassero alcuna delle sopraditte cose prohibite, dichiarando
che ogni forastiero o forastiera maritata in questa città è sottoposto a questa legge et
non altri forastieri che non vi havranno moglie o marito.
Delli banchetti
Non sia lecito né si debba per quale si voglia persona fare portare in tavola né usare nelli conviti anchora che facesse banchetto per quale si voglia causa etiam di nozze
più di tre vivande d’arrosto et tre d’alesso, fra le quali d’arrosto si consente che ne
possa essere una sola di salvaticine et non più, intendendosi fra le selvaticine pavoni o
galline d’India, né si possano fare pastici, né mangiare bianco né lavori di pasta di
sorte alcuna, né più d’una sorte di torta per una volta sola, né canditi di sorte alcuna,
né si possano dare nelli banchetti da carne vivande di pesce né di ostreghe, sotto pena
alli contrafacienti di scuti 50 et alli coqui et soprastanti agli ordini delli conviti et
banchetti che contravenissero di scuti X, overo non potendo pagare tal pena pecuniaria di tre tratti di corda, della quale pena pecuniaria la metà sia applicata a luoghi pii
et l’altra metà all’accusatore, a quali solo si crederà parendo bene all’ufficio sopra ciò
deputato et serà tenuto segreto, et al garzone accusante il suo maestro oltra la parte a
lui spettante della pena se fosse accordato con esso maestro s’intenda havere compito
ogni suo accordo et debba havere il suo salario senza contradittione alcuna.
Delli funerali
Non si possa torre oltra li putti di San Bartholomeo più d’una regola di frati et
una compagnia spirituale et XX preti et XX torze in tutto et non più, né si possa fare
sonare campana a lungo in più d’una chiesa et a botte in alcuna chiesa, et nel fare le
essequie et qualunque altro ufficio da morti non si possa affigere arme con candele
accese per le chiese né in altro luoco per la città, né attaccare cassoni overo depositi
coperti di drappo alle muraglie delle chiese, sotto pena di lire cinquanta di bolognini d’applicarsi come di sopra, nella quale pena incorreranno parimente quelli frati o
preti che sonassero campane contra l’ordine sudetto.
Declarando che li iudici ordinarii di questa provisione serano come sono sempre
stati li dui deputati per tempo d’ogni magistrato, cioè dui delli eccelsi signori antiani,
dui delli magnifici signori tribuni, dui delli honorabili massari dell’arti et dui del magnifico reggimento, quali tutti insieme o la maggiore parte di loro hanno piena auttorità et facultà di potere fare di ciò inquisitione et fare pagare le pene alli contrafacienti
et distribuirle come è detto, senza potere fare gratia ad alcuno in tutto né in parte, et
fandola possino essere astretti dal vicelegato a pagare del loro senza altra remissione,
non essequendo essi deputati possi il vicelegato220 procedere essecutione.
Tho[maxius Contuberius] vicelegatus.
220
vicelegato] signor signor reverendissimo 1557, giugno 25 e 30. Bandi.
198
Legislazione suntuaria
Publicato in Bologna alla renghiera del magnifico podestà per Lodovico Pettinari trombetta lì 25 giugno 1557, presenti Alessandro Beroaldi et Virgilio Pacchioni.
1557, giugno 25 e 30
Bandi
Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere et vestire, come de
cocchi, et carrette, et funerali, riformata, et publicata in Bologna alli XXV
et reiterata alli XXX di giugno MDLVII. In Bologna per Pellegrino
Bonardo221
1558, giugno 1
Provvisioni
Pompe
Adì primo di giugno del 1558 fu publicato alla renghiera del magnifico podestà
di Bologna il bando altre volte fatto, stampato et publicato per conto delle pompe
et cetera per Ludovico trombetta et banditore et cetera et fu due volte ciò la matina
et la sera dopo il suono delle trombe et di musici.
1558, luglio 5
Bandi
Provisione sopra l’eccessive spese così del vivere, come del vestire, et altre
pompe, riformata et publicata in Bologna alli IIII, di genaro MDLVI, et
reiterata il primo giugno MDLVIII. [Publicata alli V di luglio MDLVIII]. In
Bologna per Alessandro Benazzi MDLVIII222
221
Vedi 1557, giugno 25. Provvisioni, Pompe.
Vedi 1545, marzo 7. Bandi, Provisione nuovamente fatta, nella quale si moderano le
eccessive spese, così del vivere, come del vestire, et altre pompe che si fanno nella città et
contado di Bologna.
222
Bologna
199
1559, aprile 29-30
Bandi
Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXIX et reiterata alli XXX
d’aprille MDLIX. In Bologna per Alessandro Benacio223
Provisione santissima sopra le pompe della città di Bologna, la qual il reverendissimo signor governatore di volontà et consenso delli magnifici et eccelsi signori signori antiani consoli et confaloniere di iustitia et delli magnifici confalonieri di popolo et honorevoli massari delle arti et degli illustri signori quaranta del reggimento
di detta città, ad honore del signor Dio et per beneficio et utile universale d’essa città et popolo vuole, ordina et commanda conforme alla mente di sua beatitudine apparente per breve apostolico che come legge perpetua sia intieramente et inviolabilmente osservata da ogni persona indifferentemente, di quale si voglia età, grado, sesso, et conditione, così nella città come nel contado et distretto di Bologna224.
223
Collazionato con:
1560, gennaio 25-26. Provvisioni, Pompe.
1560, gennaio 25-26. Bandi, Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXV di
genaro, et reiterata alli XXVI detto MDLX. In Bologna per Alessandro Benacio.
1560, agosto 3. Bandi, Provisione sopra le pompe reformata, et publicata alli III di agosto
MDLX. In Bologna per Alessandro Benaccio.
224
Provisione santissima sopra le pompe … distretto di Bologna] Essendosi più volte et
ultimamente l’anno passato del mese d’aprile per il reverendissimo monsignore Geronimo
Melchiorio vescovo di Macerata et governatore di Bologna rinovata con consenso et volontà
di tutti li magistrati della città la santissima provisione sopra la moderatione delle pompe et
altre eccessive spese confirmata per breve apostolico apparente et che come legge perpetua
havesse da essere intieramente et inviolabilmente osservata da ogni persona indiferentemente
di quale si voglia grado, sesso et condittione così nella città come suo contado et distretto, et
intendendo hora sua signoria reverendissima che molti hanno contravenuto et sono stati
inobedienti abusando detta legge promettendosi troppo della benignità de supperiori et massimi per il tempo della prossima sede vacante, contra li quali innobedienti anchor che potesse sua signoria reverendissima et li iudici sopra ciò deputati senza fare altra nova mentione
essequire le pene che in detto bando sono statuite, nondimeno a maggior avertimento di ciascuno et per levare via ogni causa d’escusatione, desiderando che tutti quelli che sino qui sono incorsi in tale abuso s’emendino, altrimente come incorregibili sieno severissimamente et
senza eccetione di persone puniti come si è concluso et stabilito fra sua signoria reverendissima et il magnifico reggimento, fa per il presente publico bando di consenso et voluntà delli
magnifici et eccelsi signori signori antiani consoli et gonfaloniero di iustitia et delli magnifici
signori gonfalonieri di popolo et honorabili massari delle arti et delli illustri signori quaranta
del reggimento di detta città rinovare la detta santissima provisione, la quale passato che serà
sabbato prossimo che serà alli 27 del presente mese di genaro vuole et commanda sua signoria reverendissima che sia di ciascuno come di sopra intieramente osservata et essequita in
tutte le parti, la quale è l’infrascritta, cioè 1560, gennaio 25-26. Provvisioni.
200
Legislazione suntuaria
Del vestire
Che non si possa fare né portare habito o vestimento alcuno d’oro, né d’argento,
né ancho di tela d’oro né d’argento, né di veluto cremesino, né di veluto alto et basso, o vero contesto o lavorato con oro o argento, né anco coppetti, camise, calce o
calcette di sorte alcuna lavorate d’oro o d’argento.
Né sopra habito o vestimento alcuno mettere né portare oro o argento battuto o
filato né intiero o spezzato né tampoco nelle birette o in altro ornamento in capo.
Le scoffie si possano portare d’oro o d’argento filato ma non battuto né con altro ornamento.
Si prohibiscono totalmente tutti li ricami et profili fatti o in telaro o con agocchia in disegni di qualonque sorte225, così in vestimenti, cossali, giupponi, coperte
et fornimenti di cocchi et carrette come generalmente in ogn’altra cosa.
Si prohibisce alle donne il portare vestimenti et habiti stratagliati o frappati dal
busto in giuso.
Et similmente le sottane o altri vestimenti di sotto con la coda.
Agli huomini si concede il stratagliare come li piacerà li giupponi et li cossali solamente, li quali cossali non si possano foderare se non d’una sorte sola di seta, cioè
di tafetà o d’ormesino226.
Volendosi listare vestimento o habito alcuno o vero coperte di cocchi o di carrette o d’altro non si possa mettere nelle liste più di brazza 4227 di drappamento in
tutto, le quale liste si possano solamente stratagliare.
Si prohibisce espressamente il portare gioie né perle in modo alcuno et massime
nelle orecchie né in altro ornamento del capo, né collane, corone, cinture, manigli
o brazzaletti d’oro o d’argento battuto né filato, né di smalto né di pasta d’ambra et
muschio o profumi228.
Eccettuando le spose, alle quali etiam per dui anni doppo che seranno state col
marito sia lecito portare un vezzo di perle et dui pendenti.
Sia lecito alle dette spose et alle donne maritate nella città portare una o più catene d’oro schietto pure che l’una o tutte insieme non passano la valuta di scudi 50,
computata la fattura, et sia anco lecito loro portare alli gibellini et ventaglii le teste
et manichi d’oro con la catena d’oro229.
Gli huomini possano portare al collo una catena sola d’oro di precio di scudi 50
come di sopra.
225
1560, agosto 3. Bandi aggiunge (et gli disegni s’intendano lavorieri fatti a figure, opera, fogliami et revolti et non in altro modo).
226
1560, agosto 3. Bandi aggiunge et in detti cossali non si gli possa mettere se non 4
brazza di robba, senza la fodra però.
227
4] sei 1560, agosto 3. Bandi.
228
1560, agosto 3. Bandi aggiunge concedendo però alle donne il poter portare un filo di
perle al collo ogni volta però che non ecceda il numero di cinquanta perle, et possino portare anchora li brazalletti d’oro, la valuta de quali non passi il valore di scudi trenta.
229
1560, agosto 3. Bandi aggiunge senza perle et gioie.
Bologna
201
Si prohibisce alle donne il portare roboni o ciamarre foderate di gibelini o di lupi cervieri, et parimenti il portare le birette in capo di giorno per la città eccetto in
villa, ma però sempre senza piuma etiam nelli capelli230.
Non si possano fare né fatti usare cocchi o carrette dorati o argentati eccetto che
li pomi, palle, arme, imprese e cimieri possano essere dorati o argentati, ma honestamente, et che non siano foderati dentro di sorte alcuna di seta né con oro o argento, et le coperte loro et delli cavalli et cavalle et loro fornimenti non siano di seta né foderate di seta, né con oro o argento.
Che li fornimenti et selle delle cavalcature non siano lavorate con oro o argento
d’alcuna sorte, eccetto le borchie, staffe et fibbie che possino essere dorate o argentate, et anco li chiodi, ma dinanzi solamente nell’arzone delle selle, et nelle selle armate si possano portare le viti dorate et un freggietto solo dorato d’intorno l’armatura di larghezza di un dito et non più.
Si consente alli gentilhuomini di usare et portare speroni, spade, pugnali, cinture o correggie et li ferri delli carniroli dorati o argentati, ma senza ornamento
prohibito.
Alle contadine si concede di portare li centurini con li passeti et fibbie d’argento
sopra dorati secondo il solito et con le fette di veluto pure che non siano di brocato
d’oro, né d’argento o di cremesino, et anco li coragli, ma però senza alcun ornamento d’oro, prohibendole il portare collane o altra cosa d’oro al collo.
Sotto pena a chi serà trovato contrafare in alcuna parte della presente provisione per la prima volta di lire XXV, per la seconda del doppio, per la terza della
pena triplicata et di perdere tutte le robbe et ornamenti per li quali havesse contrafatto, alla qual pena siano tenuti li padri per li figliuoli et figliuole, li mariti
per le moglie, li fratelli per le sorelle quando però siano sotto la loro cura et potestà, o altri che habbia libero arbitrio et governo di chi contrafacesse, dechiarando che con un pagamento solo fatto da ciascuno delli detti s’intende essere
satisfatto alla pena.
Et sotto pena alli sarti, ricamatori, orefici et altri artefici che lavorassero o fabricassero alcuna de le cose prohibite nella presente provisione di lire vinticinque per
ciascuno et ciascuna volta.
Non intendendo compresi nella presente provisione li scolari forestieri né gli altri forestieri che al presente sono o verranno in questa città, quali si tollerano et tolleraranno in quegli habiti che a loro piacerà.
Si dichiara che le donne forestiere maritate nella detta città siano et s’intendano
sottoposte alla presente legge et provisione, et parimenti gli huomini forestieri pigliando donne bolognese231.
Delli banchetti
Che nessuno possa fare portare in tavola né usare nelli conviti anchora che facesse banchetto o per nozze o per altra causa più di tre vivande d’arosto et tre d’al-
230
231
1560, agosto 3. Bandi omette ma però sempre … nelli capelli.
1560, gennaio 25-26. Provvisioni omette da Et sotto pena alli sarti.
202
Legislazione suntuaria
lesso, fra le quali d’arosto si consente ne possa essere una sola di selvaticine et non
più, intendendo fra le salvaticine li pavoni et galline d’India, né si possano dare pastizzi, né mangiare bianco né lavori di pasta di sorte alcuna, né più d’una sorte di
torta per una volta sola, né canditi di alcuna sorte, et nelli banchetti da carne non si
possino dare vivande di pesce né ostreghe.
Sotto pena per ciascuno et ciascuna volta che si contrafacesse di scudi cinquanta
d’oro et alli cocqui et soprastanti agli ordini delli conviti et banchetti per ciascuno
et ciascuna volta che contravenesse di scuti dieci d’oro, overo non potendo pagare
tale pena di tre tratti di corda da darseli publicamente in piazza.
Sia lecito ad ognuno accusare chi contrafarà in parte alcuna alla presente provisione, et chi accusarà sarà tenuto secreto se a lui parerà et guadagnerà il terzo della
pena pecuniaria, et l’altro terzo s’applicherà a luoghi pii et il resto allo essecutore.
Declarando che si crederà all’accusatore solo.
Et li garzoni che accusassero li loro maestri oltra la parte della pena a loro promessa come di sopra se fossero accordati o obligati con essi maestri s’intendano havere compito ogni suo accordo et essere sciolti da ogni obligatione et debbano havere il suo salario senza diminutione et eccettione alcuna.
Delle essequie funerali
Che per seppelire li defonti non si possa torre oltra gli orfani di San Bartholomeo232 più d’una regola di frati et una compagnia spirituale et XX preti, né si possa
accendere più di venti torze in tutto, et si dia una torzetta al capellano, una al priore della compagnia con le candele ordinarie, et alli detti orfani quella lemosina che
parerà a ciascuno.
Et sia prohibito di fare sonare campana a longo in più chiese che in una sola et
non si possa fare sonare a botti in alcuna chiesa.
Et facendosi l’essequie overo settime o qualunque altro officio per morti non si
possano né debbano affigere arme né candele accese per le chiese o in altro luogo
per la città, né attaccare cassoni overo depositi coperti di veluto alle muraglie delle
chiese, sotto pena di lire cinquanta per ciascuno et ciascuna volta che contrafacesse
d’applicarsi come di sopra, nella qual pena incorreranno parimenti quelli frati o preti della chiesa dove si sonassero le campane contra la presente ordinatione.
Li iudici sopra le essecutioni tutte et osservanza della presente utilissima provisione siano et se intendano essere ciascuno magistrato et ciascuno officiale della città, alli quali magistrati et officiali si dà piena auttorità et facoltà di potere fare di ciò
inquisitione et essigere le pene dalli contrafacienti et distribuirle come di sopra, dechiarando però che ad alcuno di detti magistrati et officiali non sia lecito assolvere
né fare gratia in tutto né in parte.
Et per conclusione stabile et ferma del tutto si notifica ad ogni persona come di
sopra che la presente provisione et ogni parte di essa serà osservata et essequita da
hoggi in poi contra qualunque contrafaciente senza eccetione et remissione alcuna.
232
1560, agosto 3. Bandi aggiunge et le putte del Barachano et Castità et li putti della
Madalena.
Bologna
203
1560, gennaio 25-26
Provvisioni
Pompe233
1560, gennaio 25-26
Bandi
Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXV di genaro, et reiterata alli XXVI detto MDLX. In Bologna per Alessandro Benacio234
1560, agosto 3
Bandi
Provisione sopra le pompe reformata, et publicata alli III di agosto MDLX. In
Bologna per Alessandro Benaccio235
1561, marzo 4
Bandi
Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561236
233
Vedi 1559, aprile 29-30. Bandi, Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli
et reiterata alli XXX d’aprille MDLIX. In Bologna per Alessandro Benacio.
234
Vedi 1559, aprile 29-30. Bandi, Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli
XXIX et reiterata alli XXX d’aprille MDLIX. In Bologna per Alessandro Benacio.
235
Vedi 1559, aprile 29-30. Bandi, Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli
XXIX et reiterata alli XXX d’aprille MDLIX. In Bologna per Alessandro Benacio.
236
Collazionato con:
1563, febbraio 27-28. Bandi, Provisione delle pompe, publicata in Bologna alli 27 e 28
de febraro 1563. Stampata in Bologna, per Alessandro Benaccio.
1565, gennaio 30-31. Bandi, Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXX et
XXXI di genaro del MDLXV. In Bologna, per Alessandro Benaccio.
1566, aprile 25. Bandi, Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXV di aprile del MDLXVI. In Bologna, per Alessandro Benaccio.
1567, marzo 10-11. Bandi, Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli X et reiterata alli XI di marzo MDLXVII. In Bologna, appresso Alessandro Benacci. Con licentia del
reverendo vicario episscopale et reverendo padre inquisitore.
XXIX
204
Legislazione suntuaria
Essendosi più volte per li superiori et magistrati di questa città rinovata la provisione et moderatione delle pompe et altre eccessive spese del vivere et vestire, confermata per breve apostolico, con intentione che come legge perpetua havesse da essere intiera et inviolabilmente osservata da ogni et qualonque persona di qual si voglia grado, conditione e sesso così nella città come suo contado et distretto, et intendendo hora monsignor reverendissimo il signor Pier Donato Cesi vescovo di
Narni vicelegato di Bologna che molti hanno contravenuto et sono stati inobedienti abbusando detta legge, promettendosi troppo della benignità di superiori, accioché per l’avvenire non si habbia da incorrere più in tale errore sua signoria reverendissima per il presente bando, di consenso et volontà delli magnifici et eccelsi signori li signori antiani consoli et confaloniere di giustitia et delli magnifici signori
confaloniero de popolo, honorevoli massari delle arti, et delli illustri signori quaranta reformatori del stato et libertà di detta città, vuole et commanda che detta
legge quale serà qui appresso sia in tutto et per tutto osservata da ogni uno. Ammonendo che si procederà nell’avenire contra li prevaricatori et inobedienti irremissibilmente et senza riguardo alcuno da hoggi in poi237.
1568, gennaio 19-20 (I). Bandi, Rinovatione della provisione sontuaria delle pompe, e
vestire, banchetti, et altri capi. Publicata in Bologna alli XIX et reiterata alli XX di genaro
MDLXVIII. In Bologna, appresso Alessandro Benaci.
1568, gennaio 19-20 (II). Bandi, Rinovatione della publicatione sontuaria delle pompe
et vestir banchetti et altri capi. Publicata in Bologna alli XIX et reiterata alli XX di genaro
MDLXVIII. In Bologna, appresso Alessandro Benacci. MDLXVIII. Con licentia delli reverendi
vicario et padre inquisitore.
237
Essendosi più volte … da hoggi in poi] Non essendo cosa più perniciosa alle repubbliche et alla città che le eccessive spese che si fanno nelle superfluità del vivere et vestire
senza bisogno e necessità, non si contentando molti di quello che ragionevolmente dovrebbono, di onde ne nasce l’offesa al signor Iddio, il danno delle famiglie et la ruina delle case,
e molti altri inconvenienti, et volendo il reverendissimo monsignor il signor Giovanni Battista Doria, prothonotario apostolico et della reverenda camera apostolica, chierico et governator di Bologna, con ogni vigilantia provedere a tanto disordine, et che in questo tempo
del felicissimo pontificato di papa Pio V debba ciascuno conforme alla santa mente di sua
beatitudine vivere moderatamente et politicamente et non prodigamente, sì come fin qui si
è conosciuto che questa città promettendosi troppo della benignità de’ superiori essere incorsa in questo disordine, et accioché per l’avenire non si caschi più in tal errore, sua signoria reverendissima per il presente publico bando, di consenso et volontà delli magnifici et
eccelsi signori li signori antiani consoli et confalonier di giustitia et delli magnifici signori
confalonieri di popolo et honorevoli massari delle arti, et de gli illustri signori quaranta reformatori dello stato et libertà di detta città, vuole et commanda per legge perpetua che in
tutto et per tutto sia osservato da ciascuno, indifferentemente di qual si voglia stato, grado,
preminentia et sesso si sia, tanto nella città come suo contado, la qui appresso provisioni,
cioè 1567, marzo 10-11. Bandi] Intendendo l’illustrissimo et reverendissimo monsignor governator di Bologna che alcuni troppo licentiosi ardiscono d’abusare et contravenire in alcune parti alla laudabile et bene ordinata provisione sontuaria delle pompe et banchetti fatta
et stabilita da sua signoria reverendissima per il politico vivere di detta città con universal
consenso di tutti li magistrati et regimento l’anno 1567, publicata alli X et reiterata alli XI di
Bologna
205
Del vestire
Che non si possa fare né portare habito o vestimento alcuno d’oro, né d’argento, né anco di tela d’oro, né di argento, né di velluto alto e basso, overo contesto o
lavorato con oro o argento. Né anco drappi da testa, copetti, camise, calce o calcete
di sorte alcuna con fila d’oro o d’argento né lavorate con quelle, o bono o falso che
fusse in qualunque di sopradetti modi.
Né sopra habito o vestimento alcuno mettere né porre oro o argento battuto o
filato, né intiero o spezzato, né tanpoco nelle birette o altro ornamento da capo et
in capo le scoffie si possano portare d’oro o d’argento filato, ma non battuto, né
con altro ornamento.
Si prohibiscono totalmente tutti i riccami et profili fatti in telaro o vero agocchia in disegno di qualonque sorte, cioè a figure, opere, fogliami et rivolti, così in
vestimenti, cappe, sagli, cossali, giupponi, coperte et fornimenti da cocchi, carrette238 et cavalli, come generalmente in qualunque altra cosa per vestire et ornamento
degli huomini et delle donne239.
Si prohibisse alle donne il portare vestimenti et habiti stratagliati o frappati dal
busto in giuso.
Et similmente le sottane o altri vestimenti di sotto con la coda240.
marzo, pigliandosi quei tali più sigurtà della benignità de superiori che non conviene mostrando poca obedienza, col far danno a se stessi et al prossimo col mal essempio, et non volendo sua signoria reverendissima per mantenimento del honore et authorità sua più tollerare
per l’avenire tali contrafacienti, contra li quali intende di venire alla esecutione delle pene
senza rispetto et eccettione di persona contenuta in detta provisione, et acciò che ogn’uno sia
consapevole della effettuale deliberatione di sua signoria reverendissima in questa parte, in
virtù del presente publico bando, di consenso et volontà di tutti li detti magnifici magistrati
et regimento ordina, notifica et commanda ad ogni et qualunque persona di l’uno et l’altro
sesso compresa nella sopranominata provisione delle pompe et eccessive spese, che dalla publicatione del presente in poi debbano in tutto et per tutto ogni parte et capitolo contenuta
in essa osservare et a quella non contravenire in parte alcuna etiam minima che fosse, sotto
quelle pene et preiuditii che in essa provisione si contiene, d’applicarsi come in quella ne suffragarà alli inobedienti qual si voglia licenza o toleranza, tanto a bocca quanto in scritto da
qual si voglia che havesse auttorità (se ce ne fossero) quali tutti sua signoria reverendissima
per l’auttorità sua revoca et annulla, et vuole et commanda che la sovradetta provisione si osservi indiferentemente da ciascuno sin tanto che altro per altre nove provisioni che presto si
publicheranno sarà maturamente deliberato. La provisione della quale di sopra si fa mentione
da osservarsi da ciascuno indiferentemente di qual si voglia stato, grado, preminentia, et sesso
si sia tanto nella città come suo contado è la qui appresso cioè 1568, gennaio 19-20. Bandi.
238
Dal 1567 si aggiunge carrozze.
239
Dal 1567 si aggiunge non s’intendendo però compresi certi intagli che si cavano l’uno
dall’altro d’una balza, quali si tolerano, purché non si ecceda il numero delle brazza de’
drappamenti che qui di sotto sarà espresso, et che non siano profilati né fatti per mano di
recamatori in telaro.
240
1566, aprile 25. Bandi aggiunge ch’ecceda un quarto d’un braccio; dal 1567 si aggiunge che non sia di più lunghezza d’un terzo di brazzo.
206
Legislazione suntuaria
Agli huomini si concede il strattagliare come li piace i giupponi et li cossali, solamente i quali cossali non si possano foderare se non d’una sorte seta, cioè de taffettà, o di armesino, o de raso, et ne quali cossali non se li possa mettere più di tre
braccia241 de robba solamente senza la fodra.
Et volendosi listare vestimento o habito alcuno, o vero coperte di cocchi, di carrette, o de altro, non si possa mettere nelle liste più di braccia quattro di drappamento in tutto, le quale liste si possano solamente stratagliare242.
Si prohibisse espressamente il portare gioe né perle in modo alcuno243, né etiam
alle orecchie né in altro ornamento del capo244. Né etiam collane, corone, cinture,
manigli, bracciali d’oro, d’argento battuto o filato, né etiam di smalto, di pasta de
ambra, di muschio, o profumi.
Eccettuando le spose, alle quale si permette per quel tempo che staranno spose
et per li primi dui anni sequenti che staranno col marito il portare duo pendenti.
Et di più si permette ad esse spose et alle altre donne maritate in Bologna portare al collo un filo scempio di perle, purché non passi la fontanella della gola245.
Item si concede ad esse spose et donne il portare al collo una o più catene d’oro,
purché l’una o tutte insieme non passano la valluta di scudi cinquanta computata la
fattura.
Item il portare li brazzaletti d’oro, la valuta de quali con la fattura non eccede
scudi trenta.
Item alli gibellini et ventagli le teste et manichi d’oro con la catena d’oro al simile con espressa prohibitione: che in niuna delle sopradette cose, catene, bracciali,
manichi o vero teste da gibellini, si possa portare in modo alcuno perle né gioie.
Si prohibisse etiam alle donne il portare robboni o ciamare de gibellini o di lupi
cervieri. Et parimenti il portare la biretta in capo di giorno per la città, e portandola
di notte overo in villa sia senza piuma et altri ornamenti prohibiti, la quale piuma
et ornamenti s’intendano anchora prohibiti nelli capelli per le donne, in tutti i luoghi et in tutti i tempi246.
Non si possano fare né fatti usare cocchi o carrette247 dorati o argentati, eccetto
che li pomi, palle, arme, imprese et cimieri, quali possano essere dorati o argentati,
ma honestamente. Et che non siano foderati dentro di sorte alcuna di seta, né con
oro o argento, et le coperte loro et delli cavalli et cavalle et loro fornimenti non siano di seta, né foderate di seta, né con oro o argento o con recami248.
241
Dal 1567 si aggiunge in quattro al più.
Dal 1567 si aggiunge et intagliare come di sopra.
243 Dal 1567 si aggiunge né al collo.
244 Dal 1567 si aggiunge o della persona.
245 Et di più si permette … la fontanella della gola] In oltre si permette a dette spose poter portare un filo scempio di perle al collo che non passi la fontanella della gola, per quattro anni continui dipoi che si faranno accompagnare col marito dal 1567.
246 Dal 1567 si omette Et parimenti il portare … in tutti i tempi.
247 Dal 1567 si aggiunge o carrozze.
248 Dal 1567 si aggiunge Né si possa nella città condurre detti cocchi, carrette o carrozze,
se non con doi cavalli o cavalle solamente, et non più per volta.
242
Bologna
207
Li huomini possono portare al collo una catena sola di oro di pretio al più di
cinquanta scudi computando la fattura come di sopra249.
Item possano usare et portare speroni, spade, pugnali, cinture o vero correggie,
et li ferri delli carniroli dorati o argentati, ma senza ornamento prohibito, gioie né
perle; che li fornimenti et selle delle cavalcature non siano lavorate con oro o argento d’alcuna sorte, eccetto le borchie, staffe et fibbie, che possano essere dorate o argentate et anco li chiodi, ma solamente dinanzi nell’arzone della sella et nelle selle
armate si possano portare le viti dorate et uno freggieto solo dorato d’intorno l’armatura di larghezza di un deto et non più.
Alle contadine si concede portare li centurini con li passetti et fibbie d’argento sopra dorati, secondo il solito, et con le fette di velluto, purché non siano
di brocato d’oro né di argento. Et anco li coralli, ma però senza alcuno ornamento d’oro. Prohibendoli espressamente il portare collana o altra cosa d’oro al
collo.
Sotto pena a chi sarà trovato contrafare in alcuna parte della presente provisione
per la prima volta di scudi vinticinque250 d’oro, per la seconda del doppio, et per la
terza della pena triplicata et di perdere tutte le robbe et ornamenti per li quali havesse contrafatto251, alla qual pena siano tenuti li padri per li figlioli et figliuole, li
mariti per le mogli, li fratelli per le sorelle, quando fussero sotto la loro cura et potestà, o altri chi habbia libero arbitrio et governo di chi contrafacesse. Dechiarando
che con un pagamento solo fatto da ciascuno delli detti s’intende essere satisfatto
alla pena252.
Et sotto pena alli sarti, ricamatori, orefici et altri artefici che lavorassero o fabricassero alcuna delle cose prohibite nella presente provisione di lire vinticinque per
ciascuno et ciascuna volta253.
Non intendendo compresi nella presente provisione li scolari forestieri, né gli altri forestieri che al presente sono o verranno in questa città, quali si tolleranno et
tolleraranno in quelli habiti che a loro piacerà.
Si dechiara che le donne forestiere maritate nella detta città siano et s’intendano
sottoposte alla presente legge et provisione, et parimenti gli huomini forastieri pigliando donne bolognese254.
Delli banchetti
249
Dal 1567 si omette Li huomini … come di sopra.
vinticinque] cinque dal 1567.
251
Dal 1567 si aggiunge e tante volte quanto dipoi contrafacesse incorra il contrafaciente
detta pena triplicata et perdita delle robbe come di sopra.
252
Dal 1567 si aggiunge Né possa alcuno che contrafacesse essere audito per iscusarsi o
dimandare remissione o gratia, se prima effettualmente non havrà depositato presso il giudice che farà l’essecutione in dinari contanti la pena pecuniaria, che sarà incorso.
253
lire venticinque … ciascuna volta] scudi diece la prima volta, la seconda de scudi
venti, et la terza triplicata per ciascuno, et ciascuna volta contrafacessero dal 1567.
254
Dal 1567 si aggiunge e tenendo casa aperta in Bologna.
250
208
Legislazione suntuaria
Che nissuno possa fare portare in tavola né usare nelli conviti, anchora che facesse banchetto o per nozze o per altra causa, più di tre255 vivande d’arosto et tre di
alesso, fra le quali d’arosto si consente ad esserne una sola di selvaticine et non più,
intendendo fra le salvaticine i pavoni et galline d’India256. Né si possano dare pastizzi257, né mangiare bianco, né lavori di pasta di sorte alcuna, né più d’una258 sorte
torta, per una volta sola, né canditi di alcuna sorte259. Et nelli banchetti da carne
non si possano dare vivande di pesce né ostreghe.
Sotto pena per ciascuno et per ciascuna volta che si contrafarà di scudi cinquanta260 d’oro et alli cocqui et soprastanti alli ordini delli conviti et banchetti per ciascuno et ciascuna volta che contrafaranno di scudi dieci261 d’oro, overo, non potendo pagarli, di tre tratti di corda da darseli publicamente in piazza.
Sia lecito ad ognuno accusar i trasgressori della presente provisione, et l’accusante
serà tenuto secreto parendoli, et guadagnarà il terzo della pena pecuniaria, et l’altro terzo si applicarà a luoghi pii, et il resto al magistrato overo iudice che farà l’essecutione.
Et li garzoni che accusassero li lor maestri, oltre della parte della pena a loro
promessa come di sopra, se fussero accordati o obligati ad essi maestri, s’intendano
havere compito ogni loro accordo et essere sciolti da ogni obligatione et debbano
havere il loro salario, senza diminutione et eccettione alcuna.
Di funerali262
Che per sepelire i defonti non si possa torre, oltra gli orfani di San Bartholomeo
della Maddalena263 et oltre le putte del Baracano et Castità, più d’una regola di frati, una compagnia spirituale et vinti preti. Né si possano accendere più di XX torze
in tutto, et si dia una torzetta al capellano et una al priore della compagnia, con
espressa prohibitione che alli altri non si possa dare né torza, né torzetta, né candellotto, ma solo le candellette picciole ordinarie, et alli detti orfani o putte quella elemosina che parerà a ciascuno.
Sia prohibito il fare sonare campane a lungo in più chiese che in una sola. Né si
possa fare sonare a botti in alcuna di quelle. Et facendosi l’essequie, overo settime o
qualunque altro officio per morti, non si possano fare catafalchi, affigere armi, né
candele, overo torze accese per le chiese o in altro luogo della città, né attaccare cassoni overo depositi coperti di velluto alle muraglie delle chiese. Sotto pena di scudi
vinticinque d’oro per ciascono et ciascuna volta che contrafarà d’applicarsi come di
255
tre] quattro dal 1567.
pavoni et galline d’India] pavoni nostrani dal 1567.
257
Né si possano dare pastizzi] Né si possa dare che una sorte di pastizzi dal 1567.
258
una] due dal 1567.
259
Dal 1567 si aggiunge eccettuando cottognate, et confetti ordinarii.
260
cinquanta] 25 dal 1567.
261
dieci] cinque dal 1567.
262
1566, aprile 25. Bandi omette da Di funerali alla fine; dal 1567 si omette da Di funerali a contra l’ordine predetto, conservando così il paragrafo sui giudici.
263
1565, gennaio 30-31. Bandi aggiunge li poveri dell’hospitale di mendicanti.
256
Bologna
209
sopra. Nella quale pena incorreranno parimenti li frati et preti di quella chiesa dove
si sonassero le campane, facessero li catafalchi, accendessero le candele o affigesser
le armi contra l’ordine predetto.
Li giudici sopra l’essecutioni sopradette in universale et sopra la osservanza della
presente utilissima provisione siano et s’intendano essere ciascuno magistrato et ciascuno officiale della città264. Alli quali magistrati et officiali si dà piena autorità et
facoltà di potere fare di ciò inquisitione, et essigere le pene dalli contrafacienti, et
distribuirle come di sopra. Dechiarando però che ad alcuno de detti magistrati et
officiali non sia lecito assolvere, né fare gratia in tutte né in parte, sotto qual si voglia colore o pretesto.
1563, febbraio 27-28
Bandi
Provisione delle pompe, publicata in Bologna alli 27 e 28 de febraro 1563.
Stampata in Bologna, per Alessandro Benaccio265
1565, gennaio 30-31
Bandi
Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXX et XXXI di genaro
del MDLXV. In Bologna, per Alessandro Benaccio266
1565, febbraio 5
Provvisioni
Pompe
Perché spese volte la moderatione del rigore della legge induce l’inviolabile osservanza, desiderando il reverendissimo et molto illustre monsignore il signor Francesco
Crasso prothonotario apostolico et governatore di Bologna, di consenso et volontà
delli magnifici et eccelsi signori li signori antiani consoli et gonfalonieri di iustitia et
delli magnifici signori gonfalonieri di popolo honorevoli massari dell’arti et delli illustri signori quaranta reformatori del stato et libertà di detta città, in un medesimo
264
1568, gennaio 19-20. Bandi aggiunge et nel contado li suoi officiali.
Vedi 1561, marzo 4. Bandi, Provisione delle pompe publicata in Bologna li
marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561.
266
Vedi 1561, marzo 4. Bandi, Provisione delle pompe publicata in Bologna li
marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561.
265
IIII
di
IIII
di
210
Legislazione suntuaria
tempo stabilire dopo l’infrascritto termine il bando delle pompe liberarese da una incredibile molestia che tutto il giorno riceve da molti che vengono a chiedere licenza et
indurre allegrezza et consolatione a questo popolo, con il presente publico bando dichiara che durante questi giorni di carnevale per sin al primo giorno di quaresima
esclusivamente sia lecito ad ogni persona di quale si sia stato o condittione servirsi et
usare vestimenti, gioie et tutti gli altri ornamenti così delle persone come dei cochii
fatti per suo servigio, nonostante la prohibitione puoco innanzi fatta, avisando che
dal primo giorno di quaresima in poi il bando delle pompe fatto alli giorni passati
s’intenda essere nel suo primo vigore et s’osservi inviolabilmente, et questa dechiaratione non havrà più luoco, et di più in questo mezo sotto la pena del detto bando
non sia lecito a persona alcuna di quale si voglia stato o condittione fare di nuovo vestimento o altro ornamento prohibito in detto bando, et facendosi caschi nella medesima pena gli artefici d’essi che li patroni come più amplamente si contiene in detto
bando già publicato, et per la presente dechiaratione non pur vuole sua signoria reverendissima che s’intenda derogato in parte alcuna al bando delli banchetti et funerali,
ma vuole che per questo presente sia quello con maggiore auttorità confirmato.
Franciscus Crassus gubernator.
Die 5 feb. 1565
Publicata alla renghiera del signor podestà per Gabriel Ronchi banditore publico, presenti messer Costanzo Malvasia et messer Cornelio Sap.
1566, aprile 25
Bandi
Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli XXV di aprile del
MDLXVI. In Bologna, per Alessandro Benaccio267
1566, agosto 28
Bandi
Provisione sopra le meretrici. Publicata in Bologna il dì XXVIII d’agosto
MDLXVI. In Bologna per Alessandro Benaccio268
Essendosi fatta la pragmatica sopra il vestire et habiti delle donne honeste, et
sendo conveniente dalle pudiche divisare le impudiche e di mala vita, acciò che sie-
267
Vedi 1561, marzo 4. Bandi, Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di
marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561.
268
Collazionato con:
1566, ottobre 19. Bandi, Provisione sopra le meretrici. Publicata in Bologna il dì XIX ottobre MDLXVI. In Bologna per Alessandro Benaccio.
Bologna
211
no conosciute le donne da bene dalle meretrici, è parso al reverendissimo monsignore il signor Francesco Bossio, prothonotario apostolico governatore di Bologna,
di stabilire et fermare la presente ordinatione.
Imperò inherendo alli statuti antichi et alle provisioni altre volte fatte da alcuni
illustrissimi legati di questa città, sua signoria reverendissima di volontà et consenso
delli magnifici et eccelsi signori signori antiani consoli et confaloniere di giustitia et
delli illustri signori quaranta del reggimento di Bologna statuisce et commanda che
dette meretrici o cortegiane non possino portare né usare drappi né vesti d’oro o
d’argento o di seta.
Né ricami di qual si voglia sorte, né vesti o sotto vesti di scarlatto. Né cinte, cinture, copetti o altra cosa d’oro, né gioe o perle di sorte alcuna, etiam che le sopradette cose fussero false o finte.
Non habbiano d’andare per la città suso carrette o cocchi, ancora che fussero da
vettura.
Quando si trovaranno nelle chiese o in qualonque altri luoghi, debbano stare in
luoco inferiore et separate dalle donne honeste.
Non ardiscano da tempo né hora alcuna andare vestite con habiti d’huomo per
la città o fuori.
Et per segno della loro impudicitia debbano portare sopra il drappo in capo la
beretta o il capello, con piuma o senza piuma269.
Assignato che li sarà il luoco in ciascuno dei quattro quartieri della città, non
possino habitare fuori dei confini d’esso.
Nissun hosto, taverniero o altra persona nella città ardisca d’alloggiare in casa
sua alcuna meretrice o ruffiana, eccetto che per conto di passaggio possano essere
alloggiate per una notte sola et per un pasto solamente.
Sotto pena in ciascuno delli soprascritti casi et per ogni volta che sarà contrafatto da esse meretrici o cortegiane di scudi venticinque e della perdita delle robbe con
le quali fussero trovate contrafare, et in oltra d’essere frustate o staffilate publicamente. Et da gli hosti, tavernieri o cocchieri di tre strappate di corda et della perdita delli cocchi o carrette quando fussero suoi270.
269
la beretta … senza piuma] la beretta bianca, che non sia di seta 1566, ottobre 19.
Bandi.
270
Sotto pena … fussero suoi] Et in questo caso gli hosti, et tavernieri non possino pretendere alcuna sorte d’ignoranza ogni volta che le meretrici et ruffiane sieno trovate nelle case loro, ma siano tenuti ancora per li garzoni quando bene le conducessero senza loro saputa. Et parimenti nissuna d’esse meretrici o ruffiane possa andare all’hosterie o taverne a dormire, né quivi fermarsi sotto alcun pretesto, sotto pena in ciascuno delli soprascritti casi et
per ogni volta che sarà contrafatto da esse meretrici o cortegiane di scudi XXV, over d’essere
frustate o staffilate publicamente. Et se contraverranno in alcuno delli soprascritti casi o
robbe prohibite, oltra le altre pene, perdan ancora tutte le medesme robbe con le quali fussero trovate contrafare. Et gli hosti o tavernieri et loro garzoni o li cocchieri incorrino la pena di XXV scudi o di tre strappate di corda et della perdita delli cocchi o carrette quando fussero suoi 1566, ottobre 19. Bandi.
212
Legislazione suntuaria
Dechiarando sua signoria reverendissima che tutte le pene pecuniarie sudette
nelle quali incorreranno li transgressori sieno et ex nunc s’intendano applicate al
monastero delle suore convertite, eccetto la quarta parte, che havrà da essere dell’accusatore over essecutore.
Ordina et vuole sua signoria reverendissima che ogni magistrato et ufficiale della città possa et debba punire et condennare li contrafacienti in tutti li sudetti casi
et eccessi, così ad instanza d’altri come ex officio.
1566, ottobre 19
Bandi
Provisione sopra le meretrici. Publicata in Bologna il dì XIX ottobre MDLXVI.
In Bologna per Alessandro Benaccio271
1567, marzo 10-11
Bandi
Provisione sopra le pompe publicata in Bologna alli X et reiterata alli XI di
marzo MDLXVII. In Bologna, appresso Alessandro Benacci. Con licentia del
reverendo vicario episscopale et reverendo padre inquisitore272
1568, gennaio 19-20 (I)
Bandi
Rinovatione della provisione sontuaria delle pompe, e vestire, banchetti, et
altri capi. Publicata in Bologna alli XIX et reiterata alli XX di genaro
MDLXVIII. In Bologna, appresso Alessandro Benaci273
271
Vedi 1566, agosto 28. Bandi, Provisione sopra le meretrici. Publicata in Bologna il dì
d’agosto MDLXVI. In Bologna per Alessandro Benaccio.
272
Vedi 1561, marzo 4. Bandi, Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di
marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561.
273
Vedi 1561, marzo 4. Bandi, Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di
marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561.
XXVIII
Bologna
213
1568, gennaio 19-20 (II)
Bandi
Rinovatione della publicatione sontuaria delle pompe et vestir banchetti et
altri capi. Publicata in Bologna alli XIX et reiterata alli XX di genaro
MDLXVIII. In Bologna, appresso Alessandro Benacci. MDLXVIII. Con licentia
delli reverendi vicario et padre inquisitore274
1568, aprile 12
Bandi
Provisione sopra le pompe riformata ultimamente, et publicata in Bologna,
alli XII aprile 1568. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con licenza de’
superiori275
Havendo deliberato l’illustrissimo et reverendissimo monsignor cardinale Paleotti vescovo e l’illustrissimo monsignore prothonotario Doria chierico della reverenda camera apostolica et governator di Bologna, con participatione et conseglio
dell’illustre reggimento, riformare le pompe et eccessive spese, in tal modo che debba essere omninamente et indifferentemente osservare, per honor principalmente
del signor Dio et ancora per beneficio della città et popolo di Bologna et per introdurre in essa un politico et honesto vivere, et così, doppo molti discorsi et ragionamenti sopra ciò maturamente havuti, si è formata la presente santissima et utilissima provisione del tenore come qui di sotto, la quale vogliono et commandano loro
signorie illustrissime e reverendissime col consenso e volontà delli magnifici et eccelsi signori signori antiani consoli et confaloniere di giustitia, et delli magnifici signori confalonieri di popolo, et honorevoli massari delle arti, et de gl’illustri signori
quaranta reformatori dello stato della libertà di detta città, che da qualunque persona dell’uno et l’altro sesso, di che stato, grado, dignità, preeminenza et conditione
voglia essere o sia, e tanto terriera quanto forastiera o distrettuale, et così ecclesiastica come secolare, sia et debba essere intieramente et inviolabilmente osservata, essequita et effettuata in ogni parte et capitolo in essa contenuto, onde si prohibiscono
et vietano tutte l’infrascritte cose, cioè. Et prima
Del vestire
274
Vedi 1561, marzo 4. Bandi, Provisione delle pompe publicata in Bologna li IIII di
marzo MDLXI. In Bologna per Alessandro Benaccio 1561.
275
Collazionato con:
1568, aprile 29. Bandi, Provisione, et moderatione delle pompe, banchetti, et funerali.
Nuovamente riformata. Publicata in Bologna alli 29 d’aprile 1568. In Bologna, appresso
Alessandro Benacci. Con licenza de’ reverendi vicario episcopale et inquisitore.
214
Legislazione suntuaria
Che non si possa fare né portare habito o vestimento alcuno d’oro, né d’argento, né manco di tele d’oro, né d’argento, né di velluto rosso cremesino, né di velluto alto et basso, overo contesto o lavorato con oro o argento. Né anco drappi da testa, coppetti, camise, calce o calcette di sorte alcuna con fila d’oro o d’argento, né
lavorate con quelle, o buono o falso che fosse in qualunque de’ sopradetti modi.
Né sopra habito o vestimento alcuno mettere né portare oro o argento battuto o
filato, né intiero o spezzato, né tampoco nelle birette o capelli o altro ornamento da
capo, né buono né falso, o qual si voglia altra cosa sopradorata o argentata, o altra
cosa che ad oro o argento si assimigliasse.
Si prohibiscono ancora il portare spaghetti, fettuzze o cordelle con fila d’oro o
d’argento, tanto buono come falso, per rivolgere intorno le trezze et capelli, eccettuando che le scoffie in capo si possano portare d’oro o d’argento filato, ma non
battuto, né con altro ornamento276.
Si prohibiscono totalmente tutti i riccami et profili fatti in telaro overo agocchia
in disegno di qualunque sorte, cioè a figure, opere, fogliami et rivolti, così in vestimenti, cappe, sagli, cossali, giupponi coperti, fornimenti da cocchi, carrette, carrozze et cavalli, come generalmente in qualunque altra cosa per vestire et ornamenti
degli huomini et delle donne; non s’intendendo però compresi certi intagli che si
cavano l’uno dall’altro d’una balza, quale si tollerano pur che non si ecceda il numero delle braccia di drappamenti che qui di sotto sarà espresso, et che non siano
profilati né fatti per mano di ricamatori in telaro.
Si prohibisce alle donne il portare vestimenti et habiti stratagliati o frappati dal
busto in giuso, et similmente le sottane o altri vestimenti di sotto che strascinino in
terra più lunghezza d’un terzo di braccio.
A gli huomini si concede il stratagliar come le piace giupponi et cossali solamente, i quali cossali non si possano foderare se non d’una sorte seda, cioè di taffetà o d’ormesino o di raso277, et ne i quali cossali non se li possa mettere più di tre
braccia in quattro al più di robba solamente senza la fodra; et volendosi listare vestimento o habito alcuno da huomo278 non si possa poner nelle liste più di tre279
braccia di drappamento, et nelle coperte de cochii, di carette o di carozze et coperte
de cavalli più di braccia cinque in sei di drappamento in tutto, le quali liste si possano solamente strattagliare et cavare l’una de l’altra280 et intagliare come di sopra.
Si prohibisce a tutte le donne che dopo il primo anno poi che saranno sposate
non possino portar veste alcuna di sopra di qual si voglia sorte di seta, eccetto d’ormesino et taffetà, nel qual anno però le dette spose possino portare le dette veste di sopra
d’ogni sorte di seta, eccetto che di veluto rosso cremesino, come si è detto di sopra.
276
1568, aprile 29. Bandi aggiunge o in luogo di quelle spaghetti, fetuzze o cordelle con
fila d’oro o d’argento, tanto buono come falso, per rivolgere intorno le trezze et capegli.
277
1568, aprile 29. Bandi aggiunge et essendo di lana di sopra si possano etiam foderare
di velluto.
278
1568, aprile 29. Bandi aggiunge o donna.
279
tre] quattro 1568, aprile 29. Bandi.
280
1568, aprile 29. Bandi omette et cavare l’una de l’altra.
Bologna
215
Et si permette ancora che dette veste di sopra, così delle spose come d’altre donne, possino essere guarnite del medemo colore della veste pur che la guarnitione, se
sarà di seta, non passi quattro braccia, nè sia di materia o foggia prohibita in questo
bando.
Si prohibisce che nelle veste di sotto delle donne siano di drappi di seta o di
qual si voglia altra sorte, non si possa mettere nelle liste più di quattro braccia di
drappamenti, né mettervi ricami o altra cosa prohibita come di sopra.
Si prohibiscono ancora ogni sorte et qualità de lavori di vetro o altra cosa simile,
o buona o falsa che si sia, che non si possa portare al capo, al collo, alle braccia, o
per cintura, o per altro uso della persona281.
Si prohibiscono ancora a tutte le donne il poter portare et usare sbernie, mantelletti, cappotti o altre cose simili, eccetto però uno ferraiuolo, over mantello di panno o rascia nero schietto282 senza guarnimento alcuno, che lo possano usare alli
tempi per difendersi dall’acqua et freddo.
Si prohibisce che nelli acconzi che si daranno per le spose non si possa dare cosa
alcuna di tela bianca o d’altra cosa lavorata d’oro o d’argento, et che li lavori di filo
o di seta non possano eccedere la larghezza di tre dita283, et che per uno mese prima
che si diano o si mandino a casa del sposo si debba di tutto quello che si vorrà darvi
o mandarvi dar notitia destinta alli iudici284 della presente legge, in arbitrio de’ quali sarà il potere sminuire o alterare285 tutto quello che secondo il loro giudicio li
parrà conveniente alla qualità et stato di essi sposi.
Si prohibiscono ancora che non si possano fare né far fare286 casse, forcieri o coffani, piccoli o grandi o mezzani, coperti di veluto, o dorati, o argentati così sopra il
legno come sopra ferro o rame, né quelli dare alle spose o usare in modo alcuno287.
Che nissuna donna possa portare biretta o capello di sorte alcuna in chiesa, fuori di chiesa poi non si possano portare se non di color negro288 et senza medaglie,
pennachii, piumette et altro ornamento d’oro o d’argento, perle et gioie289.
Si prohibisce ancora alle donne il poter portare in un medesimo tempo se non
un solo gibellino, overo la buona gratia, o un lupo cerviero semplice et senza ornamento di sorte alcuna prohibito come si dirà da basso290.
281
1568, aprile 29. Bandi omette da Si prohibisce a tutte le donne che dopo il primo anno sino a o per altro uso della persona.
282
di panno o rascia nero schietto] di lana schietto 1568, aprile 29. Bandi.
283
di tre dita] d’un ottavo di braccio dalle teste 1568, aprile 29. Bandi.
284
iudici] essecutori 1568, aprile 29. Bandi.
285
1568, aprile 29. Bandi omette o alterare.
286
1568, aprile 29. Bandi omette né far fare.
287
1568, aprile 29. Bandi aggiunge et le casse permesse, insieme con l’ancona et specchio, non possano né debbano eccedere la valuta di scudi ottanta in tutto. Annullando in
questa parte il statuto overo provisione che dispone che li mobili et apparati delle spose sieno di valore del terzo della dota; al quale statuto et provisione si deroga per la presente.
288
se non di color negro] d’ogni colore 1568, aprile 29. Bandi.
289
1568, aprile 29. Bandi aggiunge buone o finte o false.
290
come si dirà da basso] come di sopra 1568, aprile 29. Bandi.
216
Legislazione suntuaria
Si prohibisce a gli huomini il foderare tutta la cappa, tabarro, capotto, ferraiuolo, di velluto o altra sorte di lavor di seta, ma al più si possa foderare il terzo di essa,
eccetto che di taffetà leggiero si possi foderar tutta.
Che nissuna donna per la città a piede possa havere con lei più d’un servitore o
altra qualità di persone innanti che l’accompagni et servi.
Si prohibisce et vieta tanto agli huomini quanto alle donne l’usare et portare
guanti profumati di ambra o muschio291.
Si prohibisce ancora alle donne il portare rubboni o ciamarre con fodre di gibellini, di lupi cervieri, martori et armellini.
Non si possano fare o fatti usare cocchi, carrette o carrozze indorati o inargentati, eccetto che i pomi, arme, imprese et cimieri, i quali possano essere indorati o
inargentati ma honestamente, et che non sieno foderati dentro di sorte alcuna di
seda, né con oro o argento, et le coperte loro et dei cavalli et cavalle et loro fornimenti non siano di seda, né foderati di seda, né con oro o argento o con ricami, né
si possa nella città condurre detti cocchi, carrette o carrozze se non con dui cavalli o
cavalle solamente et non più per volta.
Si prohibisce espressamente a ciascuno indiferentemente il poter portare et usare gioie né perle in modo alcuno, né etiam alle orecchie né in altro ornamento del
capo292, né etiam collane, corone, cinture, manigli, bracciali d’oro, d’argento battuto o filato, né ancora di smalto, di pasta d’ambra, di muschio o profumi.
Eccettuando le spose, alle quali si permette per quel tempo che staranno spose et per lo primo anno293 che staranno col marito il portar due gioie secondo il
solito294.
Et di più si permette ad esse spose et ad altre donne maritate in Bologna il portare al collo un vezzo et filo scempio di perle, pur che non passi la fontanella della
gola o circa, et che non ecceda il prezzo di trecento scudi d’oro, il qual vezzo prima
che si ponga in uso habbi da essere presentato alli giudici della presente legge et da
quelli preso in nota et con conseglio di periti stimato et approvato, altrimenti senza
detta stima et approvatione s’intende prohibito295.
291
1568, aprile 29. Bandi omette da Si prohibisce a gli huomini il foderare tutta la cappa
sino a guanti profumati di ambra o muschio.
292
1568, aprile 29. Bandi aggiunge o della persona, né buone, né finte o false.
293
et per lo primo anno] per li primi due anni seguenti 1568, aprile 29. Bandi.
294
1568, aprile 29. Bandi aggiunge ma non alle orecchie.
295
Et di più si permette ad esse spose … s’intende prohibito] Et in oltre si permette a
dette spose poter portare un filo scempio di perle al collo che non passi la fontanella della
gola per cinque anni continui dapoi che si saranno sposate, et ad altre donne si tolerarà per
un anno solo dalla publicatione della presente provisione poter portare un simil filo di perle
et non più oltra. Et passato il detto anno le spose solamente alle quali sarà permesso per il
tempo di cinque anni continui dal giorno dello sponsalitio, come di sopra, non possano
portare vezzo che eccedi la valuta di trecento scudi d’oro, il qual vezzo prima si ponga in uso
all’hora habbi da essere presentato a gli essecutori della presente legge et da quelli presi in
nota et con conseglio de’ periti stimato et approvato, altramente senza detta stima e approvatione s’intenda prohibito 1568, aprile 29. Bandi.
Bologna
217
Item si concede a dette spose et donne il portare al collo una o più catene d’oro, pur che l’una o tutte insieme non passano la valuta di scudi cinquanta, computata la fattura, con dichiaratione espressa però che chi portarà il vezzo et filo di
perle in un medesimo tempo non possa portar catene o collane d’oro, et così per
il contrario chi portarà catene o collane d’oro non possa portare il vezzo et filo di
perle.
Item il portare li bracciali d’oro, la valuta de’ quali con la fattura non ecceda
scudi trenta.
Item alli gibellini et ventagli le teste et manichi d’oro, con la catena d’oro al simile, con espressa prohibitione che in alcuna delle sopradette catene, bracciali, manichi, overo teste di gibellini si possa portare in modo alcuno perle, né gioie, né altra cosa simile, vera o falsa.
Si prohibisce alle donne il portare all’orecchie perle, gioie, pendenti, smalto o
altra cosa simile, falsa o vera che si sia, et così in casa come fuor di casa.
Gli huomini possano usare et portare speroni, spade, pugnali, cinture over correggie et li ferri delli carniroli dorati o argentati, ma senza ornamento prohibito,
gioie né perle296.
Che li fornimenti et selle delle cavalcature non siano lavorate con oro o argento
d’alcuna sorte, eccetto le borchie, staffe et fibbie che possano esser dorate o argentate et anco i chiodi, ma solamente dinanzi nello arzone della sella297, et nelle selle armate si possano portare le viti dorate et un fregetto solo dorato d’intorno l’armatura di larghezza d’un dito e non più.
Alle contadine si concede portare i centurini con i passetti e fibbie d’argento sopradorati secondo il solito et con le fette di velluto, pur che non siano di broccato
d’oro o d’argento o velluto cremesino rosso298, et anco i coralli, ma però senza ornamento alcuno d’oro, prohibendoli espressamente il portare collane o altra cosa d’oro al collo, né vera né falsa299.
Sotto pena chi sarà trovato contrafare in alcuna parte della presente provisione
per la prima volta di scudi cinque d’oro, per la seconda del doppio et per la terza
della pena triplicata et di perdere tutte le robbe et ornamenti per li quali havesse
contrafatto, et tante volte quante di poi contrafacesse incorra il contrafaciente in
detta pena triplicata et perdita delle robbe come di sopra, alla qual pena siano tenuti i padri per li figliuoli et figliuole, li mariti per le mogli, li fratelli per le sorelle
quando fossero sotto la loro cura et podestà o altro c’habbia libero arbitrio et governo di chi contrafacesse, dichiarando che con uno pagamento solo fatto da ciascuno
delli detti s’intende di essere sodisfatto alla pena. Né possa alcuno che contrafacesse
essere audito per iscusarsi o dimandare remissione o gratia, se prima effettualmente
296
1568, aprile 29. Bandi aggiunge buone, false o finte.
ma solamente dinanzi nello arzone della sella] nella sella 1568, aprile 29. Bandi.
298
1568, aprile 29. Bandi omette o velluto cremesino rosso.
299
1568, aprile 29. Bandi aggiunge intendendosi di quelle contadine che veramente e effettualmente lavorano in terra.
297
218
Legislazione suntuaria
non havrà depositato presso il giudice300 che farà l’esecutione in danari contanti la
pena pecuniaria che sarà incorso; sotto pena alli sarti, recamatori, orefici et altri artefici che lavorassero o fabricassero alcuna delle cose prohibite della presente provisione di scudi diece per la prima volta, la seconda di scudi vinti et di tre tratti di
corda, la terza volta la pena pecuniaria triplicata et la corda per ciascuno et ciascuna
volta contrafacessero.
Non intendendo compresi nella presente provisione li scolari forastieri, né gli altri forastieri che al presente sono o verranno in questa città, quali si tollerano et tolleraranno in quelli habiti che a’ loro piacerà.
Si dichiara che le donne forestiere maritate nella detta città siano et s’intendano
sottoposte alla presente legge et provisione, et parimenti gl’huomini forastieri pigliando donne bolognese et tenendo casa aperta et domicilio in Bologna.
Delli banchetti
Che nessuno possa fare portare in tavola né usare nelli conviti, ancor che facesse
banchetti o per nozze o per altra causa, più di tre vivande d’arosto et tre di alesso, et
fra quelle d’arosto ha da esserne una sola di salvaticine et non più, intendendo fra le
salvaticine i pavoni nostrani o d’India. Né si possa dare più d’una sorte de pasticci,
né in modo alcuno mangiar bianco, né lavoro di pasta di sorte alcuna, né più di dui
sorti torta, né canditi d’alcuna sorte, eccettuando cottognate et confetti ordinarii,
quali si consentino solo nei banchetti di nozze et non in altri banchetti. Et nelli
banchetti da carne non si possano dare vivande di pesce né ostreghe.
Sotto pena per ciascuna volta che si contrafarà di scudi vinticinque d’oro. Et alli
cuochi et soprastanti alli ordini delli conviti et banchetti per ciascuno et ciascuna
volta che contrafaranno di scudi cinque d’oro, overo non potendo pagarli di tre
tratti di corda da darsegli publicamente in piazza.
Sia lecito ad ognuno accusare i trasgressori della presente provisione, et l’accusatore sarà tenuto secreto parendogli et guadagnarà il terzo della pena pecuniaria, et
l’altro terzo s’applicherà a’ luoghi pii et il resto a’ ministri dell’impresa o arbitrio
delli predetti illustrissimi cardinale et governatore, quali lo faranno depositare nel
Monte della pietà.
Et i garzoni che accusassero i loro maestri, oltra la parte della pena pecuniaria a
loro promessa come di sopra, se fossero accordati o ubligati ad essi maestri, s’intendano haver compito ogni loro accordo et essere sciolti da ogni loro obligo e debbano havere il loro salario senza diminutione et eccettione alcuna.
Che ogni cosa prohibita et compresa nella presente provisione s’intenda prohibita et compresa così in casa come fuori di casa, et così nella città come nella diocesi et
contado, et così per gli huomini come per le donne non eccettuati come di sopra301.
300
il giudice] li essecutori 1568, aprile 29. Bandi.
1568, aprile 29. Bandi inserisce qui i capitoli Delle sepolture et funerali: Per ovviare a
gli abusi et alle immoderate spese che nelle sepolture funerali et nelle esequie de’ morti si
fanno siano osservati gl’infrascritti capitoli. 1. Per morte d’alcuna persona di qual si voglia
conditione o grado non si sonino campane a botti in alcuna chiesa. 2. Non si sonino l’Ave
301
Bologna
219
Che alli giudici et esecutori della presente santissima provisione non sia lecito
assolvere né far gratia in tutto o in parte ad alcuno contrafaciente302.
1568, aprile 29
Bandi
Provisione, et moderatione delle pompe, banchetti, et funerali. Nuovamente
riformata. Publicata in Bologna alli 29 d’aprile 1568. In Bologna, appresso
Alessandro Benacci. Con licenza de’ reverendi vicario episcopale et
inquisitore303
Marie in altro luogo che nelle parochie, per dar segno che alcun sia morto, se non per quelli
che fossero morti con dignità ecclesiastica o con canonicato ancora in chiesa collegiate, overo in magistrato. 3. Nel portare i morti alla sepoltura non si suonino campane a lungo in altre chiese che nella chiesa parochiale et in quella dove s’havrà esso morto a sepelire, oltra però quella della chiesa catedrale et di San Petronio quando alcuno di capitoli di quelle chiese
fosse invitato all’officio della sepoltura. 4. Oltra gli orfani et le orfane, li mendicanti, frati
della Nonciata et altri monasterii di frati che non hanno in commune non s’inviti né si pigli
a funerali se non una compagnia spirituale di battuti, una regola di frati et venti preti al più,
oltra il capitolo della chiesa catedrale o di San Petronio quando sarà invitato. 5. Non si dia
se non una torcetta al capellano et una al priore della compagnia o regola, et oltra quelle che
delli predetti capitoli si danno non si dia ad altri né torza, né torzetta, né candelotto, ma solo le candelette picciole ordinarie, a gli orfani et alle orfane et monasterii si possa dare quella
limosina che parerà a ciascuno. 6. Non si accendano più di venti torze in tutto, oltra quelle
de’ capitoli predetti. 7. Nelle essequie o qualonque altro ufficio per morti non si faccia catafalco, non affigano più di quatro arme al più del morto che si levino dopo ’l giorno dell’ufficio o anniversario, né si accendano torze né candele, se non a gli altari et al letto mortorio,
al quale non si accendano più di quatro torze. 8. Non si facciano depositi, o si attacchino
cassoni né col corpo del morto, né vuoti alle muraglie delle chiese.
302
Che alli giudici … ad alcuno contrafaciente] Sotto pena a chi contrafarà in ciascuna
delle sudette cose di scudi XXV ogni volta d’applicarsi a luoghi pii ad arbitrio di sua signoria
illustrissima. Gli essecutori della presente utilissima et santissima provisione siano et s’intendano essere monsignor vicario del predetto monsignor illustrissimo et reverendissimo cardinal vescovo, il magnifico signor auditore del Torrone et uno auditore del predetto monsignor
reverendissimo governatore insieme congiontamente et non divisamente: de’ quali tre, almeno due di loro congiontamente et concordemente possano et debbano per l’autorità a loro
unitamente concessa per la presente provisione punire li transgressori et contrafacienti et essigere le pene et distribuirle come di sopra sommariamente et senza processo. Dechiarando
però che ad alcuni di detti essecutori né a tutti insieme sia lecito assolvere né far gratia in
tutto o in parte ad alcuno, sotto qual si voglia colore et pretesto 1568, aprile 29. Bandi.
303
Vedi 1568, aprile 12. Bandi, Provisione sopra le pompe riformata ultimamente, et
publicata in Bologna, alli XII aprile 1568. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con licenza
de’ superiori.
220
Legislazione suntuaria
1570, luglio 3 e 5
Bandi
Provisione sopra le pompe, e vestire si delle donne come de gli huomini,
apparati di dote, et de banchetti. Publicata alli III et reiterata alli V di luglio
MDLXX
Sapendo l’illustrissimo et reverendissimo signor il signor Alessandro cardinale
Sforza, legato meritissimo di Bologna, Romagna et essarcato di Ravenna, esser state
da alcuni anni in qua publicate in questa città molte gride per provedere a gli inconvenienti et eccessive spese così del vivere come del vestire, et intendendo che mai,
overo per poco tempo, sono state fin qui osservate con offesa della maestà divina,
poca reputatione delli superiori e grave danno di questo publico et de particolari insieme, et volendo havere principal cura sempre all’honore et rispetto dell’onnipotente Iddio e poi al beneficio et utile di questo popolo, acciò che li particolari non usino
male le sostanze loro sì come si è fatto fin qui per l’introdutione de superflui ornamenti et spese, perciò sua signoria illustrissima et reverendissima, di consenso et volontà delli magnifici et eccelsi signori signori antiani consoli, et illustre signor confaloniero di giustitia, et de gli illustri signori quaranta, ha determinata la sequente utilissima provisione e reforma delle pompe, la qual intende e vole che habbia forza di
perpetua legge e sia inviolabile et intieramente da ciascuno osservata.
Del vestire
Prima prohibisce a qualunque persona di che stato o conditione si sia, così maschio come femina, il portare et usare in sorte alcuna d’habito lungo o corto, né in
berette o capelli, oro, argento battuto, tirato o filato, buono o falso che si sia, né tela d’oro o d’argento, né broccato, gioie o pietre pretiose buone o finte di qual si voglia sorte, o paste di profumo; né anco si possi usar ricami grandi né piccoli fatti o
con dissegni trapuntati in tellaro overo ad agocchia di qual si sia sorte.
Similmente si prohibisce alle donne di portare habito alcuno tagliato trapuntato
dal busto in giù, overo fodrato di qual si sia sorte di seta o drappi.
Si prohibisce anco alle donne il portar cappotti o altra sorte d’habito corto sopra
le vesti che sia di seta, o fodrato di seta, overo ricamato.
Si prohibisce pure alle donne che non possano portare le pellicie o robbe fodrate
di gibellini o lupi cervieri.
Item si prohibisce che le donne non possano in un medemo tempo portare bonegratie, gebellini, o lupi cervieri, o ventagli, ma uno solo ornamento di questi per
volta, ordinando che le bonegratie non siano ricamate, né in modo alcuno habbino
in esse oro, argento o gioie di qual si sia sorte. Et medesimamente si dichiara che
nelle teste di gibellini, manichi di ventaglio, ancor che fossero d’oro, o nelle catene
a quali saranno attaccate non ci si possa havere o portare gioie di qual si sia sorte o
vero smalti.
Item che non si possi portare cimossie o frontali di qual si sia sorte, che sia di
valore di più di venticinque scudi in tutto, senza però che sia gioia o smalto alcuno.
Bologna
221
Item che non si possino portare medaglie di valore di più di doi scudi.
Item che non possino portare gioia o altra cosa legata in oro o argento che passi
il valore di scudi dieci, computatosi l’oro, l’argento et la fattura d’essi.
Item si prohibisce che nissuna persona possi portare legatura di testa o ornamento alcuno d’oro o d’argento tirato o battuto, né gioie di sorte alcuna in essa, et gli ornamenti all’orecchie non si possano portare che siano di valuta di più di dieci scudi.
Item che non possano portare catene di valore in tutto di più di cento scudi e
senza anco smalto o gioia alcuna.
Et medesimamente che nell’avvenire le donne non possino portare più d’un filo
di perle, anco che fosser spose, di valuta al più di trecento scudi, eccettuando però
quelle ch’al presente si trovano haverlo che sia suo proprio di maggior valuta, alle
quali non si prohibisce che non lo possino portare per sé proprie, ma sì bene che
non possi essere usato da altre persone etiandio dalle proprie figliuole ancor doppo
la morte delle madri. Ordinando che tutte siano obligate notificarle infra termino
di otto giorni al capo notaro del Torrone, altrimente non si gli admetterà che l’havessero avanti la presente provisione. Et questo sotto pena della perdita delle perle.
Item che nessuna donna possa portare più di dui anelli per volta et che ’l valore
d’essi non possa passare infra tutti dui cinquanta scudi.
Et medesimamente non possino portare guanti di sorte alcuna di valore più di
dui scudi.
Et inoltre generalmente si prohibisce alle donne vezzi di coralli, bottoni, agate,
granate o altra sorte di pietre preciose che passino il valore di cento scudi.
Ordinando che a nessuna persona a un medesimo tempo sia licito portare catene, perle o vezzi d’altra sorte di cose, ancor che non passassero il valore di quanto è
di sopra detto, ma solo li si concede che si porti uno di detti ornamenti per volta.
Item espressamente si comanda che nissuna persona di qual si sia condittione
possa havere o portare coperte da cocchi, carrette o carozze o di loro cavalli di veluto, raso o qual si sia drappo, né anco fodrate di qual si sia seta, né in modo alcuno
riccamate né trinzate, né portare frange o fiocchi di qual si sia seta, ma solamente
gli si concede che possano listare o bandare di veluto o di altro drappo, pur che non
passi in tutto brazza sei di drappo. Commandandosi che non sia licito a persona da
questa in poi far fare cocchi tutti dorati, né quelli che da questa in poi si farano
usare, concedendosi solamente che le balle de’ cocchi, carrette o carozze si possano
dorare, o l’arme o l’insegne che si facessero in essi.
E di più espressamente si vieta che nessuna persona di qual si sia conditione
possi nella detta città usare più d’un paro di cavalli o cavalle ai cocchi, carrette o carozze per volta.
Et inoltre si prohibisce a gl’huomini di qual si siano stato o conditione che non
possano portare habiti di qual si sia sorte che siano riccamati di qual si sia cosa, né
in modo alcuno trinzati né frappati, eccetto che non fussero giubboni o cosciali,
quali se concede che si possino trinzare, vetando però che li cossali non si possino
fodrare di tela d’oro, né d’argento, né di broccato.
Item medesimamente si prohibisce che alcuno huomo possa portare habiti di
qual si siano sorte di tela d’oro, d’argento o di broccato, né in detti habiti lunghi o
corti di quale si sia qualità portarli lavori d’oro et d’argento battuto, tirato o filato.
222
Legislazione suntuaria
Item che nissuno huomo possa portare medaglia d’oro o d’argento di valore più
dui di scudi, né catena di valore più di dieci.
Item che nessuno huomo di qual si sia conditione possa usare gualdrappe tutte di veluto o di qual si sia altro drappo, né in modo alcuno riccamate, né in ornamenti di cavalli o armatura portare gioie di qual si siano sorte, né oro né argento battuto, ma solo si concede che honestamente possano havere dorate o argentate le borchie di chiodi, fibbie e staffe di tali fornimenti da cavalli et nelle
selle armate haverci solo un frigietto dorato d’intorno di larghezza d’un deto et
non più.
Et per provedere anco all’immoderate spese che si sogliano fare in dare li mobili
alle spose, le quale cose sono di nessuna o poca utilità a gl’huomini et di molto incommodo di chi le marita, però si ordina che per la dote di mille scudi non si possa
dare di apparato in tutto più del valore di centocinquanta scudi.
Per dote di dua milla scudi gli apparati non possano passare il valore di scudi
trecento.
Et per dote di tre milla scudi tali apparati non possano ascendere al valore di
più di quattrocentocinquanta scudi.
Et per la dote di quattro mila scudi, gli apparati siano solamente di seicento,
et così da quel in su quanto si sia la dote gli apparati non possano passare il valore delli sudetti seicento scudi, nelli quali apparati si dichiara che vi si intendano comprese tutte le vesti così di seta come di lana et de lini, con lavori o senza,
e qualunque altra sorte di abilliamenti et massime casse, ancona e specchio,
espressamente vetando che dette cose, cioè casse, specchio et ancona, non si
debbano fare ornate di veluto o d’altro drappo, né con lavori d’oro o d’argento
battuto, né con sorte alcuna di gioie, sotto pena a chi contrafarà in parte alcuna
della presente provisione per la prima volta di scudi cinque d’oro, per la seconda
del doppio et per la terza della pena triplicata e perdita di tutte le robbe et ornamenti con li quali si fosse contrafatto. Et nella medesima pena triplicata et perdita di robbe incorrerà ciascuna volta che oltre le tre contrafacesse, d’applicarsi
tal pene e perdita di robba per un terzo alla camera, un terzo a luoghi pii di dechiararsi da sua signoria illustrissima e l’altro terzo egualmente all’accusatore che
sarà tenuto secreto et essecutore che effettualmente farà l’essecutione di commissione de superiori.
Dechiarando che per le sudette pene seranno tenuti li padri per li figliuoli o figliuole, li mariti per le mogli, li fratelli per le sorelle, o altri ch’habbia governo di
chi contrafarà. Con dichiaratione però che un pagamento solo fatto dalli sopranominati per ciascuno de cotrafacienti et ciascuna volta basta et s’intenda sodisfatta la
pena, né possa alcuno che cotrafacesse o altri per lui essere in modo alcuno audito
né inteso in fare escusatione alcuna, né adimandare remissione o gratia di pena, se
prima effettualmente non havrà depositata la pena et cose con le quali si sia cotrafatto in caso della perdita di esse a presso il Monte della pietà o il capo notaro del
Torrone. Commandando medesimamente alli sarti, ricamatori et altri artefici che
non lavorino o fabrichino alcuna delle cose prohibite nella presente provisione, sotto pena di scudi dieci la prima volta, la seconda volta di scudi venti et la terza sarà
Bologna
223
la pena pecuniaria triplicata, d’applicarsi tal pena come di sopra. Et inoltre se gli
darà subito in publico tre tratti di corda. Notificando anco che nella presente provisione non si intendano compresi li scolari forastieri o altri forastieri che al presente
sono o verrano in questa città, a quali si tollera et tollerarassi portare et usare quelli
habiti che a loro piaceranno.
Dichiarando che le donne forastiere maritate in detta città siano et s’intendano
sottoposte alla presente legge e provisione. Et il medesimo s’intenda de gli huomini
forastieri che hanno preso o pigliarono per moglie donna bolognese, tenendo però
casa aperta, o che havranno domicilio in Bologna.
Delli banchetti
Appresso, per dare conveniente ordine e meta alla pessima usanza introdutta in
fare pasti o banchetti per nozze o per qual sia altra cosa talmente sontuosi che eccedono le forze et politico vivere, et perciò viene ancora offesa la divina maestà con
grave danno et incommodo delle famiglie, però sua signoria illustrissima con il
consenso come di sopra ordina e commanda che nessuna persona di qual si sia essere, stato, conditione possa fare portare né usare nelli conviti et banchetti che facesse
per quale si sia causa più di due portate di vivande, fra quali non ci possi anco essere solo che una sorte di salvaticine, intendendo di pavoni et galline d’India per salvaticine, et infra le dette portate non ci possa essere se non un pastizzo, una torta et
una sola sorte di potaggi. Et inoltre si prohibisce che fra le vivande di carne non ci
possa essere alcuna sorte di pescie o ostrighe.
Et per confettione si ordina che non si possa essere se non cotognata et una
sola sorte di confetti minuti, eccetto che nelli conviti o banchetti di nozze, che
si tollerarà che vi siano de più dui sorte di confetti grossi, sotto pena per ciascuna volta che si contrafarà per detti conviti et banchetti alli padroni che li faranno fare di scudi venticinque d’oro d’applicarsi come di sopra, et alli cuochi e soprastanti agli ordini di tal conviti e banchetti di scudi cinque d’applicarsi come
di sopra. Et inoltre d’altre pene ancora corporali da imponersi ad arbitrio di sua
signoria illustrissima.
Et de più si dechiara che le cose prohibite et comprese nella presente prohibitione si intendano prohibite così in casa come fuori, et tanto nella città come nel contado di essa.
Notificando che ciascuno sarà admesso ad accusare gli transgressori della presente provisione, et saranno tenuti secreti, et oltre le portioni delle pene applicate
come di sopra li si farà altra honesta recognitione, et contra gli inobedienti si procederà senza rispetto di persona alcuna.
Datum Bononiae die 30 iunii 1570.
224
Legislazione suntuaria
1572, ottobre 31 - novembre 1
Bandi
Provisione reformata sopra le pompe, e vestire si delle donne come de gli
huomini, apparati di doti, et de banchetti. Publicata alli XXXI di ottobre et
reiterata al primo di novembre MDLXXII. In Bologna, per Alessandro
Benacci. Con licenza de’ superiori304
Sendoci in alcune parti necessariamente riformata la provisione delle pompe
publicata a dì passati, acciò alcuno non possa pretendere ignoranza, è stato giudicato non sol bene ma necessario di nuovo publicarla con le dette aggionte et riformationi, et però, havendo deliberato l’illustrissimo signor Alessandro cardinal Sforza legato di Bologna, con participatione et consenso delli magnifici signori signori
antiani consoli et confaloniere di giustitia et de li illustri signori quaranta del regimento di Bologna, riformare la provisione delle pompe, per honore principalmente del signor Dio et per beneficio della città et popolo di Bologna, et però doppo
molti discorsi sopra ciò havuti si è formata la presente santissima et utilissima provisione, la quale commanda sua signoria illustrissima sia inviolabilmente et indifferentemente osservata sotto le pene infrascritte.
Prima si ordina, commanda et prohibisce a qualunque persona di che stato o
conditione si sia, così maschio come femina, il portare et usare in sorte alcuna d’habito o vestimento lungo o curto, né in birette o capelli, oro, argento battuto, tirato
o filato, buono o falso che si sia, né tela d’oro o d’argento, né brocato, gioie o pietre
pretiose, buone o finte di qual si voglia sorte, o paste di profumi, né anco si possi
usare recami grandi né piccoli fatti o con disegno trapontati in telaro overo d’agocchia di qual si sia sorte.
Similmente si prohibisce alle donne di portare habito alcuno tagliato, piccato o
trapontato dal busto in gioso, eccetto però le rubbe et sottane d’ormesino et
taffettà305, che si concede potersi tagliare, piccare et frappare come li pare.
Si prohibisce anco alle donne che non possano portare pellizze, rubbe, capotti o
feraioli, né alcun’altra si sia cosa foderata di gibellini o lupi cervieri.
Item si prohibisce che le donne non possano portare ne le buone gratie o manizze
oro, argento, recami, perle, né cosa alcuna altra prohibita come di sopra, il che si dechiara ancora intendersi per li gibellini, lupi cervieri et ventagli, alli quali però si conce-
304
Collazionato con:
1574, gennaio 7-8. Bandi, Provisione reformata sopra le pompe, e vestire così delle donne come de gli huomini, apparati di doti, et de banchetti. Publicata alli VII et reiterrata alli
VIII di genaro MDLXXIIII. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori.
1574, febbraio 7-8 e 17. Bandi, Provisione reformata sopra le pompe, et vestire così delle
donne, come de gli huomini apparati di doti, et de banchetti, publicata alli 7 et reiterata alli
8 di febraro MDLXXIIII. Con una nuova gionta publicata alli 17 del suddetto mese, et anno.
305 1574, gennaio 7-8. Bandi aggiunge teletta, et tabì.
Bologna
225
de che si possa portare le teste et manichi respettivamente d’oro et le catene a quali seranno attaccate pur similmente d’oro, senza però gioie o pietre pretiose come di sopra.
Item si prohibisce espressamente alle donne portare frontali, centure, collane
overo ordini di gioie, perle, oro, pietre pretiose o altra cosa prohibita.
Se li concede però il portare anelli con li pendenti d’oro alle orecchie, pur che
non passino il valore di scudi quindeci.
Si concede alle donne il poter portar un filo di perle solo, ma che306 non passi la
fontanella della gola, et chi non potrà o non vorrà portare il vezzo di perle come di sopra se li concede il portare una collana che non passi però il valore di scudi cinquanta,
ma in un medesimo tempo si prohibisce il portare il vezzo et la collana et similmente se
li concede il portare dui o più annelli al dito et dui brazzali d’oro, nelli quali però non
sia cosa alcuna prohibita. Concedendo ancora alle spose che oltre le cose dette di sopra
possano portare, per dui anni continui cominciando dal dì che seranno sposate et seguendo fino in fine, due pendenti, uno dei quali possi essere croce et non più oltre.
Item espressamente si commanda che nissuna persona di qual si sia conditione
o preeminentia possa havere o portare coperte da cocchio, carette, o carozze o di loro cavalli, di veluto, raso, damasco o qual sorte di drappo si sia, né anco foderate di
qual si sia seta, né in modo alcuno ricamate, né trinzate, ma sollamente se gli concede che le possano listare o bandare di veluto o d’altro drappo307. Commandandosi che non sia lecito a persona alcuna usare cocchi, carrette o carozze dorate né argentate in alcuna lor parte, eccetto che ne le palle, arme o insegne che in essi seranno, quali si tollera si possano dorare et argentare honestamente.
Et di più si commanda et vieta che nissuna persona di qual si voglia conditione
et sesso possi nella deta città usare a cocchi, carette o carozze più d’un par de cavalli
o cavalle per volta308.
Inoltre si prohibisce a gli huomini di qual si sia stato o conditione che non possano portare habiti o vestimenti di qual si sia sorte che siano recamati, né che in essi in modo alcuno sia cosa alcuna prohibita come di sopra.
Item che nissun huomo di qual si sia conditione, titolo o preminentia possi usare
né portare gualdrappe tutte di veluto o di qual si sia altro drappo, né in modo alcuno
recamate, né in ornamenti de cavalli o armatura portare gioie di qual si sia sorte, né
oro né argento battuto, ma solo si concede che honestamente possano havere et portare dorate o argentate le borchie, li chiovi, fibbie et staffe de tali fornimenti de cavalli,
et nelle selle armate haverci solo un fregietto dorato di larghezza d’un dito et non più.
306
1574, gennaio 7-8. Bandi aggiunge effettualmente in giro.
1574, gennaio 7-8. Bandi aggiunge pur che non eccedano il numero di braccia cinque
per ciascuna.
308
1574, gennaio 7-8. Bandi aggiunge Ne le veste da donna tanto di sopra quanto di sotto non si possa ponere in balze più di cinque braccia di drappamento et che le balze non
possano essere foderate d’alcuna sorte seda, né sopra quelle esservi alcuna cosa prohibita. In
alcuna sorte de vestimenti da huomini, così di sotto come di sopra, non vi si possa ponere
in balze della qualità et conditione come di sopra più di braccia tre, con la prohibitione come di sopra, prohibendo etiam espressamente il potere mettere nelle calce alla marinara o
alla savoina (che dicono) più di braccia sei di drappamento.
307
226
Legislazione suntuaria
Et per provedere anco alle immoderate spese che si sogliono fare in dare li mobili alle spose, le quali cose sono di nissuna o poca utilità a gli huomini ma di molto incommodo di chi le marita, però si ordina che per la dote di mille scudi non si possi dare di
apparato in tutto più del valore di centocinquanta scudi, per dote di dua milla scudi gli
apparati non possono passare il valore di trecento scudi, et per dote di tre milla scudi tali
apparati non possano ascendere al valore di più di quattrocentocinquanta scudi, et per
la dote di quattro milla scudi gli apparati siano solamente di seicento scudi. Et così da
quello in suso quanto si sia la dote gli apparati non possono passare il valore delli sudetti
seicento scudi, li quali apparati si dechiara che siano comprese tutte le vesti, così di seta
come di lana, con lavori o senza, et biancherie et qualunque altra sorte de abbigliamenti
et massime casse, ancone et specchi; espressamente vietando che dette cose, cioè casse,
specchi et ancone, non si debbano fare ornate di veluto o d’altro drappo, né con lavori
d’oro o d’argento battuto, né con sorte alcuna di gioie.
Sotto pena a chi contrafarà in parte alcuna della presente provisione per la prima
volta di scudi cinquanta, per la seconda del doppio et per la terza della pena triplicata
et perdita di tutte le robbe e ornamenti con li quali si fosse contrafatto, et nella medesima pena triplicata et perdita di robbe incorrerà ciascuna volta che oltra le tre contrafacesse alla presente provisione. Et tali pene et perdita di robbe si applicaranno per un
terzo alla camera, un terzo a luoghi pii da dichiararsi da sua signoria illustrissima et
l’altro terzo egualmente all’essecutore et accusatore che serà tenuto secreto.
Dechiarando che per le suddette pene seranno tenuti li padri per li figliuoli o figliuole, li mariti per le moglie, li fratelli per le sorelle o altro che habbia governo di
chi contrafarà. Et per le spose che non hanno padri né fratelli o mariti sieno obbligati
quei tali che le havranno sotto la cura et custodia loro et che le terranno in casa, così
maschii come femine. Con dechiaratione però che un pagamento solo fatto dalli sopranominati per ciascuno de contrafacienti et ciascuna volta basti et s’intenda satisfatta la pena, né possa alcuno che contrafacesse o altri per lui esser in modo alcuno audito né inteso in fare escusatione alcuna, né dimandare remissione o gratia di pena, se
prima effettualmente non havrà depositato la pena et cose con le quali si sia contrafatto, in caso della perdita di esse, appresso il sacro Monte di pietà. Commandando
medesimamente alli sarti, recamatori et altri artefici che non lavorino o fabrichino alcuna delle cose prohibite nella presente provisione. Sotto pena di scudi diece per la
prima volta, la seconda volta di scudi vinti, la terza serà la pena pecuniaria triplicata,
d’applicarsi tal pena come di sopra. Et in oltre se li darà subito in publico tre tratti di
corda309. Notificando anco che nella presente provisione non s’intendono compresi
scolari forestieri o altri forestieri che al presente sono o verranno in questa città, a
quali si tolera e tolerarassi portare et usare quegli habiti che a loro piaceranno.
309
Sotto pena di scudi diece … tre tratti di corda] Sotto pena, per la prima volta, al patrone della bottega di scudi venticinque et di tre tratti di corda, et alli garzoni che lavorasseno in tali lavori et che non denontiassero il patrone di scudi diece d’oro et di tre tratti di
corda, et alli altri garzoni che non lo denontiassero sapendolo di tre tratti di corda, la seconda volta di detta corda e la pena pecuniaria dupplicata, la terza volta detta corda et la pena
pecuniaria triplicata d’applicarsi come di sopra 1574, gennaio 7-8 Bandi.
Bologna
227
Dechiarando che le donne forestieri, maritate in detta città, sieno et se intendano sottoposte alla presente legge et provisione. Et il medesimo s’intenda de gli huomini forestieri che hanno preso o pigliaranno per moglie donna bolognese, tenendo
però casa aperta, o che havranno domicilio in Bologna310.
Alle donne che habitano in contado et castella si concede il portare li centorini
con li passetti et fibbie d’argento sopradorati di veluto, purché non siano di brocato
de oro, né d’argento o di cremesino, et anco li corali solamente al collo, ma però
senza alcuno ornamento d’oro, prohibendoli il portare collane o altra cosa d’oro al
collo et in testa et anco il portar habiti di sorte alcuna di seta et gli habiti di panno
et di saglia listati di veluto, sotto la pena come di sopra.
Delli banchetti
Si ordina et commanda che nissuna persona di qual si sia essere, stato, conditione
o preeminentia possa usare né far portare nelli conviti et banchetti che facesse per
qual si sia causa più di due portate de vivande, fra quali non ci possa esser solo che
due sorte di selvaticine311, et in tutto non possino esser più di sei arosti et sei alessi312.
Et infra le dette portate non ci possa essere se non due313 sorte de pastizzi, due sorte di
torta et due sorte de potaggii314. Et inoltre si prohibisce che fra le vivande da carne
non ci possa essere alcuna sorte di pesce315. Et per confettioni si ordina che non ci
possa essere se non cottognata et una sola sorte di confetti minuti. Eccetto che nelli
conviti et banchetti di nozze, che si tollera che vi sieno di più due sorte di confetti
grossi. Sotto pena per ciascuna volta che si contrafarà per detti conviti et banchetti di
scudi vinticinque316 alli patroni d’applicarsi come di sopra, et di più altre pene ancora
corporali da imponere ad arbitrio di sua signoria illustrissima alli cuoghi et soprastanti a gli ordini di tali conviti et banchetti, et anco di scudi vinticinque d’applicarsi et
imponersi come di sopra317.
Si dechiara et chiarisce che le cose prohibite et comprese nella presente prohibitione s’intendano prohibite così in casa come fuori, et tanto nella città come nel
contado di essa. Notificando che ciascuno serà admesso d’accusare li trasgressori
310
1574, gennaio 7-8. Bandi aggiunge Si dichiara anchora che tutti li habiti, così da donna come da huomo, fatti fin qui si possano portare per tre anni continui soli et non più oltre come si trovano di presenti, pur che siano conformi alla grida passata.
311 1574, gennaio 7-8. Bandi aggiunge cioè una sola volatile et una quadrupede.
312 sei arosti et sei alessi] quattro arosti, et dui alessi 1574, gennaio 7-8. Bandi.
313 due] una 1574, gennaio 7-8. Bandi.
314
1574, gennaio 7-8. Bandi aggiunge rimettendo all’arbitrio di ciascuno che non volesse
dare alessi il potere supplire in quel cambio con dui altri arosti, purché non si passi il numero delle salvaticine come di sopra.
315
1574, gennaio 7-8. Bandi aggiunge et ostreghe.
316 vinticinque] cinquanta 1574, gennaio 7-8. Bandi.
317 et di più altre pene … come di sopra] alli cuoghi et soprastanti a gli ordini di tali
conviti et banchetti di tre tratti di corda e anco di scudi vinticinque d’applicarsi et imponersi come di sopra, et se saranno di quelli del palazzo di tre tratti di corda et della privatione
dell’offitio et di detta pena pecuniaria 1574, gennaio 7-8. Bandi.
228
Legislazione suntuaria
della presente provisione et seranno tenuti secreti. Et oltra le portioni delle pene applicate come di sopra, se li farà altra honesta recognitione, e contra gli inobedienti
si procederà senza rispetto di persona alcuna.
Per parere dell’illustrissimo et reverendissimo signor legato et dell’illustre regimento di Bologna, si son deputati quattro gentil’huomini di detto regimento che
sieno con sua signoria illustrissimo con chi serà al governo di questa città in vigilare
che tal provisione tanto utile se habbi da osservare, li quali due giorni della settimana, che seranno il lune et venerdì doppo vespero, ancora che fossero festivi, si riduranno in palazzo nella camera del scalco di signori antiani, acciò, se alcuni amorevoli della città volessero, del che si pregano, parlare con detti deputati o con parte
di essi in secreto, possano essere ascultati et ricevere police et piacendoli serano tenuti secretissimi. Et le pene che si caveranno de contrafacienti saranno distribuite
secondo il bando318.
Seguita la provisione di funerali319
Per obviare alli abusi et immoderate spese che nelle sepolture et nell’esequie de
morti si fanno, ha ordinato monsignor illustrissimo et reverendissimo cardinale Paleotti vescovo di Bologna che sieno osservati gli infrascritti capitoli.
Primo, che per morte di qual si voglia persona di che grado o conditione si sia
non si sonino campane a botti in alcuna chiesa, né per la sepoltura né per l’essequie.
Secondo, che non si possi sonare Ave Maria per dare segno che alcuno sia mor-
318
Per parere dell’illustrissimo … secondo il bando] Et per assicurarsi sua signoria reverendissima che la presente grida sia inviolabilmente osservata, darà carico a chi più li piacerà
di osservare li contrafacienti et riferirlo a lei, acciò possa dare loro il debito castigo, oltre che
vuole li deputati da lei habbino auttorità innanzi la relatione di levare il pegno a chi contrafarà 1574, gennaio 7-8. Bandi. 1574, febbraio 7-8 e 17. Bandi reca una nuova gionta publicata
alli 17 del suddetto mese et anno: Conciò sia che nella grida delle pompe publicata alli 7 et
reiterata alli 8 del passato non si faccia special mentione delle donne forestiere maritate a forestieri habitante in questa città, talché par essere in loro libertà di potere usare quella sorte
d’habiti et ornamenti che più loro piace, et essendoci hora espresso ordine di nostro signore
ch’elle habbino da soggiacere alla suddetta grida et provisione come le proprie bolognese,
monsignor reverendissimo governatore di Bologna inherendo a detto ordine dechiara, con
participatione delli magistrati et reggimento d’essa città, che tutte le donne forestiere habitante al presente et che verranno ad habitare in questa città, o che tengono o terranno fermo domicilio in essa, et così maritate a terrieri come a forestieri, siano sottoposte et s’intendono
subiacere in tutto et per tutto alla provisione et grida sopradetta et alle pene contenute in essa. Inoltre, accioché non possi giustamente suffragare alcuna sorte di scuse a chi pretendesse
non havere passato col vezzo la fontanella della golla perché la quantità delle perle non potesse in effetto fare maggior giro che del contorno del collo, se bene lo facesse maggiore et più
basso con la longhezza dei lazzi delle cordelle, fettuzze o altro, si dechiara che in alcun modo
né con quantità di perle né con longhezza di detti lazzi possano i vezzi passare il giro del collo
sino alla fontanella della golla, sotto le pene contenute nella sopradetta grida.
319
La provisione di funerali è presente esclusivamente nell’esemplare con collocazione BCA
BO, A.V.I.VII.1/II. vol. 1, cc. 297-314 di 1572, ottobre 31 - novembre 1. Bandi.
Bologna
229
to, overo la campana a longo per portare alla sepoltura, eccetto che nella parocchia
del morto et nella chiesa dove il defonto si ha da sepelire et nella chiesa cathedrale
overo di San Petronio, quando alcuni de consortii o capitoli di dette chiese sono invitati ad accompagnare il morto.
Terzo, nel portare il defonto alla sepoltura non si possi pigliare se non una compagnia spirituale de battuti, una regola de frati, dove si ha il morto a sepelire, uno
consortio o della chiesa cathedrale overo di San Petronio, et similmente uno delli capitoli di dette chiese quando il morto si ha da sepelire in alcuna d’esse.
Quarto, si permette ancora che possano essere invitati orfani, orfane et altri poveri et una regola di quei frati che niente veramente hanno in commune, oltra la
compagnia del Santissimo Sacramento.
Quinto, quando nissuno de consortii serà invitato potrà il rettore della parocchia chiamare dieci preti al più, ma andandovi consortio bastarà egli solo in loro
compagnia.
Sesto, per quelli che seranno defonti in dignità ecclesiastica, overo magistrato, o
che siano dottori di collegio, si permette anco che oltre gli ordini sopradetti possa
esser invitato uno delli dui capitoli di San Pietro o San Petronio.
Settimo, a tutti li sopradetti capitoli, consortii, regole de frati, battudi et altri invitati, le torze, candelotti et candele che s’havranno da dare sieno di cera gialla et nel numero et modo ordinato et prescritto a parte da sua signoria illustrissima. Ma alli orfani, orfane, poveri, hospitali et monasterii si possa dare quella elemosina che parerà a ciascuno.
Ottavo, non si portino li morti alla sepoltura se non di giorno et non per la
piazza grande, se non li defonti in magistrato, ma per la via più retta et breve dalla
casa del defonto alla chiesa dove si havrà da sepelire.
Nono, non possino gli heredi mandare alcuno vestito con habito lugubre ad accompagnare il morto o stare intorno al mortorio all’essequie, eccetto però per dottori,
per li quali si permette di potere vestire quattro solamente che portino li libri dietro.
Decimo, non si affighino insegne et arme alcune del morto per chiese né in altro luogo, né si faccia catafalco, ma solo si possi sopra una tavola coperta di negro
ponere il mortorio, dove non si possino affigere più di quatro arme del morto, et
alli magistrati solamente otto, che si levino poi subito dopo l’officio o anniversario,
né si accendino candele se non alli altari, et al letto mortorio non si possino accendere più di quatro torze et per magistrati et altri in dignità solamente otto.
Undecimo, non si facino depositi o si attachino cassoni col corpo del morto né
vuoti alle muraglie delle chiese et altrove.
Duodecimo, li forestieri non s’intendano compresi ne gli ordini sopradetti.
Decimoterzo, non si faccino sermoni funebri in chiesa senza licenza di sua signoria illustrissima.
Sotto pena in tutte le sopradette cose alli preti, frati et altre persone ecclesiastiche
che contrafaranno di sospensione a divinis, et alli capi di fameglia et altri soprastanti
del morto dell’ingresso della chiesa per tre mesi, et alli beccamorti et altri di scudi vinticinqui d’applicarsi a luoghi pii et altre pene ad arbitrio di sua signoria illustrissima.
Breve sanctissimi domini nostri Gregorii papae
tae provisionis pomparum et funeralium
XIII
confirmatorium suprascrip-
230
Legislazione suntuaria
Ad futuram rei memoriam. Iustum maxime et aequum censemus ut ea quae ad
urbium nobis subiectarum et precipue patriae nostrae Bononiae, cuius periucunda
nobis est recordatio, publicam utilitatem et commodum statuta sunt, per nos approbentur, et apostolica auctoritate confirmentur. Accepimus nuper dilectum filium nostrum Alexandrum tituli Sanctae Mariae in Via praesbiterum cardinalem Sfortiam
nuncupatum, tunc civitatis Bononiensis apostolicae sedis de latere legatum, una
cum dilectis filiis antianis consulibus et vexillifero iustitiae ac magistratu quadraginta
virorum reformatorum status libertatis eiusdem civitatis per publice propositum de
mense octobris proxime elapsi edictum sub quibusdam poenis, ne civitas praedicta
in virorum ac mulierum ornatu conviviisque faciendis ingenti sumptu exhauriretur,
dilectum vero filium nostrum Gabrielem tituli Sanctorum Ioannis et Pauli et praesbiterum cardinalem Paleotum vocatum, Bononiensis Ecclesiae praesulem, simili de
causa motum et ad parcendum maxime gravibus expensis quae in pompa funeris
ducenda mortuorumque exequiis celebrandis in eadem civitate fiebant, aliqua constituisse et ordinasse prout im eorum edictis et super illis confectis publicis scripturis
latius explicatur. Nos igitur ne civitatum nostrarum opes parum utiliter et inanibus
pompis consumantur, cum illae inter praecipue civitatum commoda enumerentur,
providere volentes ac dictorum edictorum seu statutorum seriem ac si de verbo ad
verbum praesentibus insererentur pro sufficienter expressis habentes, motu proprio
et ex certa scientia omnia et singula in dictis edictis et statutis, etiam quo ad poenas
per contrafacientes ipso facto incurrendas contenta, apostolica auctoritate approbamus et confirmamus illisque perpetuae et inviolabilis firmitatis, tanquam ad publicam utilitatem editis, robur adiicimus, supplentes omnes et singulos iuris et facti defectus, si qui forsan intervenerint in eisdem. Mandantes omnibus et singulis pro
tempore sedis apostolicae de latere legatis, vicelegatis, et gubernatoribus caeterisque
ad quos spectat ut edicta praedicta et in eis contenta quaecunque praesentium nostrarum literarum maxime auctoritate suffulti ab omnibus cuiuscunque dignitatis,
gradus, et nobilitatis existentibus omnino observari faciant. Decernentes praesentes
literas et in eis contenta quaecunque nullo unquam tempore de surreptionis vel
obreptionis vitio aut intentionis vel alio quavis defectu notari, redargui vel impugnari, sed semper validas et efficaces exixtere suosque plenarios effectus sortiri, sicque
per quoscunque iudices et commissarios ac Sanctae Romanae Ecclesiae cardinales,
necnon causarum palatii apostolici auditores, sublata eis eorum cuilibet quavis aliter
iudicandi et interpretandi facultate, iudicari et diffiniri debere ac irritum et inane
quicquid secus super his a quoquam quavis auctoritate scienter vel ignoranter contigerit attentari, contrariis quibuscunque non obstantibus.
Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub annulo piscatoris, die VII ianuarii
MDLXXIII, pontificatus nostri anno primo.
Il medesimo breve tradotto in volgare per maggior intelligenza di tutti
A futura memoria. Giudichiamo esser molto giusto et honesto che da noi siano
approvate et confirmate con autorità apostolica quelle cose che sono statuite ad utilità publica delle città a noi suddite et specialmente della nostra patria di Bologna, la
cui rimembranza ci è molto gioconda. Però, havendo inteso esser stato fatto del mese di ottobre prossimo passato dal diletto figliuolo nostro Alessandro cardinale Sfor-
Bologna
231
za legato della città di Bologna, insieme con li diletti figliuoli antiani consoli et confaloniere di giustitia et col magistrato di quaranta reformatori del stato della libertà
di detta città uno editto publico, sotto certe pene, acciò la città non si consumasse
nelle spese dell’ornato degli huomini et delle donne et delli convivii, et il diletto figliuolo nostro Gabriele cardinale Paleotti vescovo di Bologna, mosso da simil causa
et per sparagnare le spese delli funerali et essequie haver parimente ordinate alcune
cose, come più latamente appare ne gli editti et scritture publiche sopraciò fatte, volendo noi provedere che le ricchezze della nostra città non si consumino inutilmente
in vane pompe, sendo esse richezze annoverate fra i principali commodi della città,
havuto persufficientemente espresso la serie et tenore delli prefatti editti et statuti,
come se di parola in parola fossero inseriti nel presente breve, di nostro motu proprio et certa scientia et con autorità apostolica approviamo et confirmiamo ogni et
ciascuna cosa contenuta in detti statuti et editti, etiam quanto alle pene da incorrersi
de facto da chi contrafarà, aggiongendo ad essi statuti et editti forza di perpetua et
inviolabil firmezza come fatti a publica utilità, supplendo ogni et ciascun diffetto così di ragione come di fatto, se per sorte ve ne fosse intravenuto alcuno. Commettendo a tutti et ciascuno, legato, vicelegato o governatore per il tempo et a chiunque altro spetta che debbano fare osservare totalmente i prefatti editti et le cose in essi contenute da qualunque di qual si voglia dignità, grado et nobiltà. Ordinando che il
presente breve et qualunque cosa in esso contenuta non possa esser mai per alcun
tempo notata, ripresa o impugnata di vitio di surreptione o obreptione, né di diffetto d’intentione o di qualunque altra cosa, ma sempre dovere esser valido et efficace,
et ottenere i suoi pieni effetti; et così per qualunque iudice, commissario, cardinale,
auditori del sacro palazzo doversi giudicare et diffinire, levata loro l’auttorità et facoltà di altrimenti giudicare et interpretare. Dechiarando irrito et vano tutto quello che
altrimenti sopra ciò da qualunque di qual si voglia autorità scientemente o ignorantemente sarà attentato. Non ostante qualunque cosa in contrario.
Dato in Roma appresso San Pietro sotto l’annello piscatorio alli VII genaro 1573
l’anno primo del nostro pontificato.
1573, gennaio 13
Bandi
Provisione sopra i funerali per ordine di monsignor illustrissimo et
reverendissimo cardinale Paleotti vescovo di Bologna. Confirmata per breve
di nostro signore papa Gregorio XIII. [Bologna, 13 gennaio 1573] In
Bologna per Alessandro Benacci MDLXXIII320
320
Collazionato con:
1591, settembre 28. Bandi, Ordine et pragmatica sopra i funerali fatta per ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Paleotti all’hora vescovo di Bologna. Confermata per breve da papa Gregorio XIII santa memoria et publicata in Bologna sotto li XIII di
232
Legislazione suntuaria
Per obviare alli abusi et immoderate spese che nelle sepolture et nell’esequie de
morti si fanno, ha ordinato monsignor illustrissimo et reverendissimo cardinale Paleotti vescovo di Bologna che sieno osservati gli infrascritti capitoli.
Primo321, che per morte di qual si voglia persona di che grado o conditione si sia
non si sonino campane a botti in alcuna chiesa, né per la sepoltura né per l’essequie.
Secondo, che non si possi sonare Ave Maria per dare segno che alcuno sia morto, overo la campana a longo per portare alla sepoltura, eccetto che nella parocchia
del morto et nella chiesa dove il defonto si ha da sepelire, et nella chiesa cathedrale
overo di San Petronio, quando alcuni de consortii o capitoli di dette chiese sono invitati ad accompagnare il morto.
Terzo, nel portare il defonto alla sepoltura non si possi pigliare se non una compagnia spirituale de battuti, una regola de frati dove si ha il morto a sepelire, uno
consortio, o della chiesa cathedrale overo di San Petronio, et similmente uno delli
capitoli di dette chiese quando il morto si ha da sepelire in alcuna d’esse.
Quarto, si permette ancora che possano essere invitati orfani, orfane et altri poveri et una regola di quei frati che niente veramente hanno in commune, oltra la
compagnia del Santissimo Sacramento.
Quinto, quando nissuno de consortii serà invitato, potrà il rettore della parocchia chiamare dieci322 preti al più, ma andandovi consortio bastarà egli solo in loro
compagnia323.
Sesto, per quelli che seranno defonti in dignità ecclesiastica overo magistrato, o
che siano dottori di collegio, si permette anco che oltre gli ordini sopradetti possa
esser invitato uno delli dui capitoli di San Pietro, o San Petronio.
Settimo, a tutti li sopradetti capitoli, consortii, regole de frati, battudi et altri
invitati, le torze, candelotti et candele che s’havranno da dare sieno di cera gialla et
nel numero et modo ordinato et prescritto a parte da sua signoria illustrissima. Ma
alli orfani, orfane, poveri, hospitali et monasterii si possa dare quella elemosina che
parerà a ciascuno.
Ottavo, non si portino li morti alla sepoltura se non di giorno et non per la
piazza grande, se non li defonti in magistrato, ma per la via più retta et breve dalla
casa del defonto alla chiesa dove si havrà da sepelire324.
Nono, non possino gli heredi mandare alcuno vestito con habito lugubre ad accompagnare il morto, o stare intorno al mortorio all’essequie, eccetto però per dot-
gennaro 1573. Con la riforma hora aggiunta del presente anno 1591 da monsignor reverendissimo coadiutore di Bologna, per ordine del sudetto illustrissimo et reverendissimo signor
cardinale Paleotti arcivescovo, per causa degli abusi, introdutti dopo la publicatione della
predetta pragmatica. [Bologna, 28 settembre 1591] In Bologna per Vittorio Benacci.
321
1591, settembre 28. Bandi non numera i paragrafi.
322
dieci] due 1591, settembre 28. Bandi.
323
basterà egli solo in loro compagnia] potrà invitare quattro altri preti seco 1591, settembre 28. Bandi.
324
1591, settembre 28. Bandi aggiunge Né si possono accendere più di venti torze in tutto oltre quelle de capitoli di San Pietro o di San Petronio, quando saranno invitati.
Bologna
233
tori, per li quali si permette di potere vestire quattro solamente che portino li libri
dietro.
Decimo, non si affighino insegne et arme alcune del morto per chiese né in altro luogo, né si faccia catafalco, ma solo si possi sopra una tavola coperta di negro
ponere il mortorio, dove non si possino affigere più di quatro arme del morto et alli
magistrati solamente otto, che si levino poi subito dopo l’officio o anniversario, né
si accendino candele se non alli altari, et al letto mortorio non si possino accendere
più di quatro torze et per magistrati et altri in dignità solamente otto.
Undecimo, non si facino depositi o si attachino cassoni col corpo del morto né
vuoti alle muraglie delle chiese et altrove.
Duodecimo, li forestieri non s’intendano compresi ne gli ordini sopradetti.
Decimoterzo, non si faccino sermoni funebri in chiesa senza licenza di sua signoria illustrissima.
Lista di quello che per l’avenire s’havrà da dare per li funerali.
Al capitolo della cattedrale si dia per elemosina lire quindeci et a ciascuno canonico una torza de lir tre al più et tre mazzoli di candele.
Alli mansionarii et capellani soliti della chiesa insieme lir cinque et a ciascuno
mansionario una torza di lire una e meza et doi mazzoli et a ciascuno capellano uno
candelotto d’onze dieci et uno mazzolo et al prevosto doi mazzoli.
Alli chierici per ciascuno un mazzolo.
Al campanaro per l’Ave Maria et longa un scudo d’oro et ventiquattro
candele325.
Alla sacristia una torza de lir una e meza et quaranta candele.
Alla croce del capitolo una torza di lir tre, a quella de mansionarii una torza de
lir una e meza.
Per li responsi candele ventiquattro.
Al capitolo de i canonici di San Petronio lir dodici et a ciascuno canonico una
torza di lir tre al più et tre mazzoli di candele.
Alli mansionarri et capellani insieme lir quattro et a ciascuno mansionario una
torza di lir una e mezza et doi mazzoli et a ciascuno capellano un candelotto di onze diece et uno mazzolo.
Alli chierici un mazzolo per ciascuno.
Al campanaro per l’Ave Maria et longa un scudo d’oro et vintiquattro candele326.
Alla sacristia una torza de lir una e meza et vintiquattro candele.
Alla croce del capitulo una torza di lir tre.
A quella de mansionarii una de lir una e meza.
325
uno scudo d’oro et ventiquattro candele] quattro lire e mezo sonando la campana
grossa, et sonando la picciola lir due, et regaglia solita 1591, settembre 28. Bandi.
326
un scudo d’oro et vintiquattro candele] quattro lire e mezo sonando la campana grossa, et due sonando la picciola, con le solite candele 1591, settembre 28. Bandi.
234
Legislazione suntuaria
Per li reponsi 24 candele.
Al consortio di San Pietro, quando va senza il capitolo, lir cinque et a ciascuno
di detto consortio un mazzolo et al prevosto doi mazzoli.
A ciascun chierico un mazzolo.
Per la campana solamente lir dua.
Alla sacristia candele quaranta.
Alla croce candele venti.
Per li responsi candele vintiquattro.
Al consortio di San Petronio lir quattro, con li soliti capellani della chiesa, il resto come a quello di San Pietro.
Il parochiano con li preti invitati da lui habbia la solita elemosina de danari et a
ciascuno prete si dia un mazzolo, et al parochiano una torzetta o vero candelotto,
sesanta candele et soldi327 dodeci per la campana.
Alla compagnia del Sacramento una torza o vero candelotto che tocchi alla
compagnia, soldi sette all’invitatore et dui mazzoli a quello che porta la croce.
Frati conventuali per la loro regola lir due et una torza o vero candelotto, venti
candele per la sacristia, venti per la croce et quaranta per responsi et hebdomadario
et uno mazzolo per frate che accompagni il morto.
Per sonare l’Ave Maria et longa, per la campana si paghi il terzo manco del solito proportionatamente in ciascuna chiesa, eccettuando quelle dove si suole dare solamente soldi dodeci, a quali si dia il medemo.
A frati poveri che non hanno in commune uno mazzolo per ciascuno che accompagnerà il morto et tutta quella elemosina per il monasterio che li sarà data in
danari, grano, farina o altro.
Et quando il morto si portasse alla loro chiesa, possino havere il medesmo che si
dà a frati conventuali.
Alli battuti a ciascuno un mazzolo. Per il palio candele quaranta et niente altro.
All’invitatore soldi sette.
Alla croce una torzetta o vero candelotto.
Al portatore della croce et alli portatori del morto, qual non siano più de otto,
venti candele per ciascuno.
Al prete, guardiano, priore, sacristia, doi intonatori, doi mazzoli per ciascuno. Il
medesmo alli cantori, se si pigliarano.
Santo Bartholomeo, Maddalena, Mendicanti: Questi tre luoghi pii solamente
327
soldi] bolognini 1591, settembre 28. Bandi.
Bologna
235
possino portare la croce et havere un candelotto per la croce et venti candele et tutta l’altra elemosina che li sarà data.
Gli altri luoghi pii, hospitali et monasterii di suore povere che fossero invitati
non ereghino stendardo o croce, ma possino havere tutta quella elemosina che li serà donata.
Li mazzoli delle candele sieno d’otto candele ordinarie per ciascuno328.
Capitoli da osservarsi dalli deputati sopra i funerali
Primo, gli eletti per quartieri habbino la cura di far sepellire quelli che mancarano
nel lor quartiero, et bisognandoli aiuto si servino degli altri deputati alli altri quartieri.
Quando occurrerà sepellire qualche corpo, gli deputati sopra ciò non deliberaranno cosa alcuna né andarano alla casa del defunto senza la presentia del curato,
con parer del quale determinaranno quanto serà necessario.
Ciascuno di loro habbia presso di sé queste ordinationi sopra funerali, né consiglino, dicano o faccino cosa contra dette ordinationi.
Habbia ciascun di lor un catalogo de loghi pii della città a quali si suol far elemosina, acciò lo possano mostrare alli parenti del morto, quali elegeranno quei luoghi che ad essi parerà, et si vieta che detti deputati in nessun modo possono proporre per sé o per altri direttamente o indirettamente né questo né quel loco pio, et
non possano per detta causa ricevere presenti né elemosine o regaglia alcuna da luoghi pii. Sotto le infrascritte pene, et d’esser privi dell’officio, et se tali deputati saranno negligenti in fare l’officio loro li curati facciano ricorso a monsignor vescovo329, che gli provederà d’altri in loco loro.
Avertiscano che la destributione delle elemosine non si faccia nelle chiese, per
vietare strepiti et tumulti che si sogliono fare, ma si faccia alla casa del defunto nel
passare che si fa dinanzi ad essa quando si va a levare il corpo di casa o in altro luogo, purché si fuge la confusione et indecenza, declarando però che tutti gli invitati
accompagnino il corpo sino alla sepoltura.
Si ordina se per qualche accidente fosse necessario nelle chiese ove si sepelirano i
corpi parlar de distributione alcuna, che di questo in nessun modo se ne tratti in
chiesa, ma in sacristia o nel chiostro o nella casa canonicale.
Che li deputati per lor mercede non possino prendere se non quello li serà dato
secondo il consueto, né si possino pigliare per sé torze né candele, né darne ad alcun altro fuor dell’ordine.
Che nessuno de deputati s’habbia da interporre in lavare morti et aprire sepolture, né possino participare de guadagno alcuno con quelli che hanno tal cura.
Se serà data cura ad alcuni d’essi deputati di levar la cera dalle speciarie o magagini, siano obligati di tenere bona cura et farne lista a partita per partita, et finite le
328
1591, settembre 28. Bandi aggiunge cioè della qualità contenuta nella pragmatica, che
non passi due quattrini per candela.
329
vescovo] arcivescovo 1591, settembre 28. Bandi.
236
Legislazione suntuaria
esequie dar conto a parenti del morto così delle limosine distribuite di grano, pane
et altre come della cera levata dalla speciaria et restituita, descrivendo il numero
delle torze et il peso de ogni cosa330.
Siano diligenti i deputati di procurare che tutte le persone chiamate alle esequie
sieno in ordine all’hora determinata et che nissuna compagnia o regula si facci
aspettar, et si raccordino che nel sepelire i poveri ancora essi usino carità et lo faccino gratis o con minor spesa che si può.
Sotto pena in tutte le sopradette cose alli preti, frati et altre persone ecclesiastiche
che contrafaranno di sospensione a divinis, et alli capi di famiglia et altri soprastanti
del morto dell’ingresso della chiesa per tre mesi, et alli beccamorti et altri di scudi vinticinqui d’applicarsi a luoghi pii et altre pene ad arbitrio di sua signoria illustrissima331.
1573, gennaio 21
Provvisioni
Pompe
Volendo monsignore reverendissimo il signor Lattantio Lattantii prothonotario
apostolico et della magnifica città di Bologna et suo contà et distretto dignissimo
governatore, con consenso delli magnifici et eccelsi signori li signori antiani consoli
et confaloniere di iustitia et delli illustri signori quaranta del reggimento di Bologna, provedere circa l’osservatione del bando altre volte fatto per li suoi precessori
circa le pompe et vestire sì degli huomini come delle donne et apparati di doti et
banchetti, acciò che qual si voglia persona sotto qual si voglia pretesto non possa
escusarsi per il presente publico bando di ordine di nostra signoria come appare per
il breve sopra ciò et anco di espresso ordine fatto a bocca da sua santità a sua signoria reverendissima ordina, statuisce et commanda che detto bando altre volte publicato sotto li 16 et reiterato li 18 di ottobre 1572 prossimo passato sotto le pene che
in esso si contengono sia inviolabilmente osservato, notificando che contra trasgressori si procederà irremissibilmente.
Lact. protonotarius apostolicus et gubernator
Annibal Blancus vexillifer iustitie
Die 21 ianuarii 1573 suprascripta provisio publicata fuit ad arengheriam per Ludovicum Rivalem publicum bannitorem, presentibus quibuscumque testibus et presertim
domino Antonio Dulutio et domino Alberto de Medici prout ipse preco retulit.
330
1591, settembre 28. Bandi aggiunge Et volendo gli heredi delli defonti servirsi d’alcuno suo confidente nel comprare et distribuire le cere, elemosine et altro, non si possano detti deputati intromettere in detta distributione e compra; stando però sempre ferma la pragmatica nelle sue parti.
331
Segue il testo latino del breve di Gregorio XIII, datato 7 gennaio 1573, sopra le pompe e i
funerali.
Bologna
237
1574, gennaio 7-8
Bandi
Provisione reformata sopra le pompe, e vestire così delle donne come de gli
huomini, apparati di doti, et de banchetti. Publicata alli VII et reiterrata alli
VIII di genaro MDLXXIIII. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con licenza
de’ superiori332
1574, febbraio 7-8 e 17
Bandi
Provisione reformata sopra le pompe, et vestire così delle donne, come de gli
huomini apparati di doti, et de banchetti, publicata alli 7 et reiterata alli 8
di febraro MDLXXIIII. Con una nuova gionta publicata alli 17 del suddetto
mese, et anno333
1575, aprile 6-7 e 9
Bandi
Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini, apparati di dote, et banchetti fatta. Et riformata dall’illustrissimo
et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazzarette governatore di
Bologna, di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI di aprile, et
reiterata alli VII et VIIII del medesimo MDLXXV. In Bologna per Alessandro
Benacci. Con licentia de’ superiori334
332 Vedi 1572, ottobre 31 - novembre 1. Bandi, Provisione reformata sopra le pompe, e
vestire si delle donne come de gli huomini, apparati di doti, et de banchetti. Publicata alli
XXXI di ottobre et reiterata al primo di novembre MDLXXII. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori.
333 Vedi 1572, ottobre 31 - novembre 1. Bandi, Provisione reformata sopra le pompe, e
vestire si delle donne come de gli huomini, apparati di doti, et de banchetti. Publicata alli
XXXI di ottobre et reiterata al primo di novembre MDLXXII. In Bologna, per Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori.
334 Collazionato con:
1575, maggio 6 e 13. Bandi, Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti, fatta, et riformata dall’illustrissimo
et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazarette governatore di Bologna, di ordine
espresso di nostro signore. Publicata alli VI d’aprile, et reiterata alli VII et VIIII, del medesimo
1575. Con una aggiunta, et dichiaratione fatta da nostro signor, in alcuni capi di detta provisione. Publicata il dì VI del mese di maggio, et reiterata alli XIII detto 1575. In Bologna per
Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori.
238
Legislazione suntuaria
335
In esecutione della volontà et ordine di nostro signore circa la moderatione et
riformatione de le eccessive pompe di questa città di Bologna, havendo riguardo all’honore di Dio et al decoro et utile de popoli, con participatione et consenso delli
magnifici signori signori antiani consoli et confallonieri di giustitia et delli illustri
signori quaranta di regimento di Bologna, dopo molti discorsi sopra ciò havuti et
maturamente deliberati et con participatione di monsignor illustrissimo et reverendissimo cardinale Paleotto vescovo di Bologna, si è conclusa et formata la presente
giusta, santa et utile provisione, la quale commandiamo a doversi inviolabilmente
et indifferentemente osservare, sotto le pene infrascritte336.
1576, maggio 2-3. Bandi, Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne,
come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti, fatta, et riformata dall’illustrissimo et
reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazarette governatore di Bologna, di ordine
espresso di nostro signore. Publicata alli VI d’aprile, et reiterata alli VII et VIIII del medesimo
1575. Con una aggiunta, et dichiaratione fatta da nostro signore, in alcuni capi di detta
provisione. Publicata il dì VI del mese di maggio, et reiterata alli XIII detto 1575. Et di nuovo publicata, per ordine di nostro signore alli II et III di maggio MDLXXVI. In Bologna per
Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori.
1579, gennaio. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di espresso ordine di nostro signore con
una gionta et dichiaratione fatta, da sua signoria in alcuni capi di detta provisione altre volte
publicata sino l’anno 1575 del mese di maggio, et di ordine di monsignore illustrissimo et
reverendissimo Sangiorgio governatore di Bologna. Ristampata il mese di genaro 1579. In
Bologna per Alessandro Benacci.
1580, dicembre 23 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di
donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicato alli 23 et 30 di decembre
1580. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori.
1581, giugno 29-30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne
come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicato alli 23 et 30 di decembre 1580. Et reiterata alli 29 et 30 di giugno 1581. Con la nuova gionta. In Bologna, per Alessandro Benacci.
335
1576, maggio 2-3. Bandi aggiunge all’inizio Il molto illustrissimo et reverendissimo
monsignor Ottavio Mirto vescovo di Caiazzo, progovernatore di Bologna, havendo havuto
ordine da nostro signore di dovere rinovare et fare osservare la riforma altra volta fatta et publicata sopra le pompe, per tanto in esecutione della bona et santa mente di sua beatitudine,
col consenso anco delli magnifici signori antiani consoli et confaloniero di giustitia et delli
illustri signori quaranta, innovando et publicando di nuovo la detta provisione ordina et comanda a doversi osservare inviolabilmente, sotto le pene contenute in esse, alle quali si procederà senza alcuna remissione. Il tenore della quale provisione, è questo cioè.
336
In esecutione della volontà … sotto le pene infrascritte] Volendo l’illustrissimo et reverendissimo signor Pietro Donato cardinale Cesi legato de latere della città di Bologna provedere alle eccessive et superflue spese che si fanno in detta città così del vestire come del viver et altro, havendo riguardo all’honore di Dio et al decoro et utile de popoli, con participatione et consenso delli magnifici signori signori antiani consoli et confaloniero di giustitia, et delli illustri signori quaranta di regimento di Bologna, inherendo ancora alli altri bandi sopra ciò publicati et d’ordine di nostro signore, ordina etiam commanda espressamente
la presente infrascritta provisione doversi inviolabilmente osservare sotto le infrascritte pene
etc. 1580, dicembre 23 e 30. Bandi.
Bologna
239
Prima prohibemo a qualunque persona, di che stato o conditione si sia, così
huomo come donne, il portare et usare in sorte alcuna di habito o vestimento lungo o curto né in berette o cappelli oro, argento battuto, tirato o filato, bono o falso
che si sia, né tela d’oro o d’argento, né broccato, gioie o pietre pretiose bone o finte
di qual si voglia sorte, o paste di profumi, né anco si possa usare ricami grandi né
piccoli, fatti o con disegni trapontati overo d’agucchia di qual si sia sorte.
Item prohibemo che le donne non possano portare nelle bonegratie o manizze
oro, argento, recami, perle, né cosa altra prohibita come di sopra, il che si dichiara
ancora intendersi per li lupi cervieri, zibellini et ventagli, alli quali però si concede
che si possa portare le teste e maniche respettivamente d’oro, et le catene a qual sarrano attaccati pur similmente d’oro, senza però gioie o pietre pretiose come di sopra.
Item prohibemo espressamente alle donne il portare frontali, centure, collane
overo ordini o altro ornato di gioie, perle, oro, argento, pietre pretiose o altra cosa
prohibita, prohibendo ogni sorte di pietra pretiosa nelle orecchie, et ogni altra cosa
che ecceda la valuta de quindeci scudi.
Dichiarando che dette cose prohibite se intendano essere prohibite così fuori di
casa come in casa in apparati di donne di parto o altre feste domestiche et in qual si
voglia altro modo337. Si concede alle spose di poter portare un filo di perle solo, che
non ecceda però il valore di scudi trecento, et chi non potrà overo non vorà portare
il vezzo di perle come di sopra o di minor prezzo se li concede il portare una collana
sola, o una corona, o altra cosa di qualunque materia sia fuori che di perle, et non
ecceda il valore di scudi cinquanta, ma in un medesimo tempo se li prohibisce il
portare il vezzo et la collana, et similmente se li concede il portare uno o al più doi
annelli in dito con gioie, quali tutti doi insieme non passino il valsente de scudi cento, et anco doi bracciali d’oro, nelli quali però non sia smalto o altra cosa prohibita.
Et più che possano portare un pendente o al più doi, per la testa uno et l’altro
per il petto, nelli quali, se saranno gioie, non possano in tutto eccedere il valore de
scudi ducento, dechiarando che li pendenti suddetti si possano portare solamente
per doi anni dal dì del sponsalitio et non più oltre, li anelli, collane et bracciali a loro beneplacito et le perle per anni doi dal dì del sponsalitio338.
Et acciò non se possa commettere fraude nel valore del vezzo di perle, anelli et
pendenti, ordiniamo che per l’avenire nissuna persona possi usarli tanto de comprati quanto da comprarsi di nuovo, se prima non li portarà a mostrare alli deputati a
questo effetto di stimarli et, trovandoli non eccedere il valore sopradetto, l’haveranno li detti deputati da bollare li detti vezzi et pendenti nelli capi di essi con un bol-
337
Dichiarando che dette cose … qual si voglia altro modo] Dechiarando che dette cose
prohibite se intendano esser prohibite in apparati di donne di parto o altre feste domestiche,
consentendo però che le vesti fatte sin al dì della publicazione del presente bando, se ben
contra la presente legge, si possino usar in casa privatamente ma in occasione de banchetti o
altre simil conversatione 1580, dicembre 23 e 30. Bandi.
338
1580, dicembre 23 e 30. Bandi aggiunge concedendo alle donne un velo in testa con
tant’oro che in tutto non passi di spesa tre scudi.
240
Legislazione suntuaria
lo d’oro o di argento, che non si possa levare, et alli anelli far qualche altro segno
che siano conosciuti dalli altri, senza il quale bollo et segno non sia lecito di portarli
in modo alcuno, sotto pena di scudi cinquanta et più et meno secondo la qualità
del caso et delle persone ad arbitrio nostro con la perdita delle robbe, et la medesima stima si debba fare delle altre cose concesse non usandole altrimente, sotto la
sudetta pena, et ordinamo alli sudetti stimatori a dover tenere annotamento particolare delle cose et stime che faranno339.
Ordiniamo che le donne non possano portare di sopra veste di alcuna sorte di
seta, eccetto che di armesino et taffetà la estate, né di altro colore, né anco quelle di
lana o di altra materia che di bianco, leonato, berrettino, pavonazzo o nero, et che
dette vesti se possano guarnire con una fascia o banda che non passi la larghezza di
tre deti, la quale anco si possa compartire in riccetti o fascette, però della medesima
materia che sarà la veste et dello istesso colore et queste tutte si possano piccare e
trinciare, eccetto quelle di panno o di rascia340.
Concedendo che le vesti, che di presente si hanno di qualunque sorte seta, colore341, pur che non siano di materia o di ornamento prohibito nella riforma vecchia
si possano portare per sottane a beneplacito de chi le ha. Dechiarando che quelle se
haveranno da fare di novo per l’avvenire non si possano balzare se non nella forma
detta di sopra.
Item che non possano portare pelliccie, rubbe, né alcuna altra sorte di habito
foderata de zibellini o lupi cervieri, se li prohibisce il portare cappotti et berette,
non possano nelli cappelli né in qualunque altro modo portare piume342.
339
Et acciò non se possa commettere fraude … stime che faranno è omesso in 1580, dicembre 23 e 30. Bandi.
340
1579, gennaio. Bandi aggiunge né possano portar veste di sopra de dui o più colori,
anchor che fossero di detti colori espressi et tolerati di sopra.
Ordiniamo che le donne … di panno o di rascia] Ordiniamo che le donne non possano
portare di sopra veste di alcuna sorte di seta, eccetto che de armesino et taffetà la estate, et
velo pur che non sia con oro o argento, et similmente rubbe o manto fatte a maglia di seta o
di bavella, ma senza oro o argento, come di sopra, pur che non passi 10 scudi di valuta, che
altrimente cascaranno nelle pene infrascritte tanto chi le portarà quanto chi le havrà fatto, et
il sarto che le havrà messe insieme, et che dette vesti si possano guarnire con una fascia o
banda che non passi la larghezza di tre deti, la quale anco si possa compartire in ricetti o fascette, pur che non sia di materia prohibita, o di rizzoli o trine di seta, pur che non si passi
la valuta di 4 scudi per veste dello istesso colore della veste, et queste tutte si possano piccare
et trinciare, eccetto quelle di panno o di rascia, né possano portar veste di sopra de dui, o
più colori 1580, dicembre 23 e 30.
341
1580, dicembre 23 e 30. Bandi omette colore.
342
1580, dicembre 23 e 30. Bandi aggiunge Item che non possano portare pellicie, rubbe,
né alcuna altra sorte di habito foderate de zibellini, o lupi cervieri; se li prohibisce il portare
berette, concedendosi i capelli; purché non siano de materia, o ornamento prohibito, et li
cappoti ferraioli di panno, o rascia o altra materia non prohibita et che non sieno guarniti
d’ornamento prohibito, che li possano portar di giorno, per la pioggia, et altri mali tempi,
et la notte anco per il sereno.
Bologna
241
Si concede però alle spose di poter farsi anco di novo et portare le vesti anco
quelli di sopra di ogni sorte di drappo di seta però non con altro ornamento che del
medesimo drappo o di altro del medesimo colore che non ecceda braccia cinque di
drappo, et questo se li concede per tre anni dal dì del sponsalitio et non più oltra.
Inoltre prohibemo agli huomini di qual si sia stato o conditione che non possano portare habiti di qual sia sorte che siano ricamati, né che in essi in modo alcuno
sia alcuna cosa prohibita come di sopra, et che in detti vestimenti non possano portare guarnimento alcuno di larghezza maggiore di tre deti e non sia de materia prohibita, et non possano portare cappe o feraioli di sorte alcuna di seta, concedendoseli però di poterli foderare di velluto, ormesino o taffetà.
Item che nessuno huomo di qual si sia conditione, titolo o preminenza possa
usare né portare qualdrappe di velluto o di qual sia altro drappo né in modo alcuno
ricamate, né in ornamenti di cavalli o armature portare gioie di qual sia sorte, né
oro, né argento battuto, ma solo si concede che honestamente possano havere et
portare dorate le borchie, li chiodi, fibbie et staffe di tali fornimenti de cavalli, et
nelle selle armate averci solo un frigetto dorato di larghezza di un deto et non più.
Item espressamente commandiamo che nessuna persona di qual sia conditione
o preminenza possa havere o portare coverte di cocchio, carrette o carozze o di cavalli loro di velluto, raso, damasco o qual sorte di drappo sia, né anco foderate di
qual se sia seta, né in modo alcuno ricamate né trinciate, ma solamente se gli concede che si possano listare o bandare di velluto o di alcuno drappo, pur che non eccedano il numero de braccia cinque per ciascuna.
Commandiamo che non sia lecito a persona alcuna usare cocchi, carrette o carrozze dorate né argentate in alcuna lor parte eccetto che nelle balle, armi o insegne
che essi faranno, qual si tollera che si possano dorare et argentare honestamente.
Et di più commandiamo che nessuna persona di qual si voglia conditione o sesso in detta città possa usare a cocchi, carrette o carrozze più d’un paro di cavalli o
cavalle per volta.
Et per provedere anco alle immoderate spese che si sogliono fare in dare li mobili alle spose, le quali sono di nissuna o poca utilità a gli huomini ma di molto incommodo di chi le marita, però ordiniamo che per la dote de mille scudi non si
possa dare d’apparato in tutto più del valore di centocinquanta scudi, per dote de
due milia scudi li apparati non possano passare il valore di 300 scudi, et per dote di
tre milia non possano passare il valore di 450, et per dote di quattro milia siano solamente de 600, et così da quello in suso quanto se sia le dote, li apparati non possano passare il valore dei suddetti 600 scudi.
Dechiarando che in detti apparati siano compresi tutte le veste così di seta come
di lana con lavoro o senza, et biancheria, et qualunque altra sorte de abigliamento
et massime casse, specchi et ancone non si debbano far ornare di velluto o d’altro
drappo, né con lavoro di oro o di argento battuto, né con sorte alcuna di gioie.
Item che detta tassa et moderatione d’apparati non si possa eccedere né alterare
in modo alcuno sotto pretesto di cose donate da parenti et amici, li quali dichiaramo doversi connumerare et stimare insieme con l’altre nella valuta et estima come
di sopra, sotto pena a chi contrafarà in parte alcuna della presente provisione per la
prima volta di scudi cinquanta d’oro et della perdita di quel che si eccederà del cor-
242
Legislazione suntuaria
po nel quale sarrà fatto lo eccesso, per la seconda volta del doppio, et per la terza
volta della pena triplicata, et successivamente da accrescere et moltiplicare la pena
sempre per quante volte si contrafarà alla presente provisione; et tale pene si applicaranno un terzo alla camera, un terzo alli luoghi pii da dichiararsi da noi et l’altro
allo esecutore et l’accusatore, et sarà tenuto secreto.
Dechiarando che per le sudette pene saranno tenuti li padri per li figliuoli o
figliuole, gli mariti per le moglie, li fratelli per le sorelle o altro così huomo come
donna che habbia cura o governo di chi contrafarà. Dechiarando però che un pagamento solo fatto dalli sopranominati per ciascuno de contrafacienti per ciascuna volta basti et s’intende satisfatta la pena, né possa alcuno che contrafacesse o
altri per lui essere in modo alcuno udito né inteso in fare escusatione alcuna et né
meno sia permesso di fare remissione o gratia della pena senza ordine di nostro
signore.
Comandiamo medesimamente alli sarti, recamatori et altri artefici che non lavorino alcuna delle cose prohibite nella presente provisione et che debbano dar nota particolare al commissario343 o in cancellaria di tutte le sottane di donne che per
l’avenire tagliarono prima di metter mano a lavorarle, sotto pena per la prima volta
al patrone della bottega di 25 scudi et di tre tratti di corda, et alli garzoni chi lavorassero in tal lavori et che non denontiassero il patrone et il lavoro di scudi dieci
d’oro et di tre tratti di corda, et la seconda volta di detta et la pena pecuniaria duplicata, et successivamente di accrescersi et multiplicarsi la pena pecuniaria per
quante volte sarà contrafatto d’applicarsi come di sopra.
Notificando anco che nella presente provisione non s’intendano compresi li scolari forastieri che al presente sonno o veranno in questa città, a quali si tollera et
tollerarassi il portare et usar per sempre quelli habiti che a loro piaceranno, et alli
forastieri non scolari per sei mesi et non più dopo il primo arrivo nella città, le quali vesti però de scolari et forastieri non possano i sarti lavorare se prima non saranno
denuntiate al commissario deputato sopra l’osservanza della presente riforma, sotto
le medesime pene.
Dechiarando che tutte le donne forastiere habitanti di presente et che veranno
ad habitare in questa città o chi tengono o teranno fermo domicilio in essa, così
maritate a terrieri come a forastieri, se intendano comprese et debbano obedire in
tutto et per tutto alla provisione et crida sopradetta, et contrafacendo incorrano
nelle pene contenute in essa.
Alle donne che habitano in contado et castelli si concede il portare centorini
con li passetti et fibbie sopra dorati di velluto, pur che non siano di broccato d’oro
né di argento o di cremisino, et anco li coralli solamente al collo, ma però senza ornamento alcuno di oro, prohibendoli il portare collane o altra cosa al collo et in testa et anco di portare habiti di sorte alcuna di seta, et li habiti di panno o di sargia
listati di velluto sotto la pena come di sopra.
343
1580, dicembre 23 e 30. Bandi aggiunge sopra ciò deputato.
Bologna
243
Et per ovviare alle spese eccessive che si fanno nelli banchetti, ordiniamo et
commandiamo che nessuna persona di qual si sia essere, stato, conditione o preminenza possa usare né far portare nelli conviti et banchetti che facesse per qual
si sia causa più di due portate di vivande, fra quali ci possa essere solo due sorte
di salvaticine, cioè una sola volatile e una quadrupede, et in tutto non possano
essere più di tre arrosti et tre allessi, et fra le dette portate non ci possa essere
sorte alcuna de pastici, una sorte di torta344 et due sorte di potaggi, rimettendo
all’arbitrio di ciascuno che non volesse dare lessi il poter supplire in quel scambio con due altri rosti, pur che non si passi il numero delle salvaticine come di
sopra.
Et in oltre prohibemo che fra le vivande di carne non ci possa essere alcuna sorte di pesce et ostreghe, et per confettioni si ordina che non ci possa essere se non
cotognata345 et una sola sorte di confetti minuti, eccetto che nelli banchetti et conviti di nozze, che si tollera ci siano di più di due sorte di confetti grossi, sotto pena
per ciascuna volta a chi contrafarà per detti conviti et banchetti di scudi vinticinqui
alli patroni d’applicarsi come di sopra, alli cuochi et soprastanti alli ordini di tali
conviti et banchetti di tre tratti di corda et anco di scudi vinticinqui d’applicarsi come di sopra, et se saranno quelli di palazzo di tre tratti di corda et della privatione
dello ufficio oltre detta pena pecuniaria.
Dechiariamo che tutte le cose prohibite et comprese nella presente prohibitione
si intendano prohibiti così in casa come fuori, et tanto nella città come nel contado
di essa346.
Notificando che ciascuno sarà ammesso di accusare li trasgressori della presente provisione, et li accusatori saranno tenuti secreti, et oltre la portione delle pene
applicate come di sopra se li farà altra honesta recognitione, et contra li inobedienti si procederà senza remissione o rispetto di persona alcuna, et per assicurarsi che la presente grida sia inviolabilmente osservata daremo carico a chi più ci
piacerà di osservare li contrafacienti et disturbatori, acciò si possa lor dare il debito castigo.
Et per le veste di donne da portarsi di sopra che di presente non si trovano haversi conforme alla qualità ordinata nel bando se gli concede termine de quindeci
giorni a doverle fare et portare.
344
et fra le dette portate … sorte di torta] et fra le dette portate si concede una sorte de
pastizzi, pur che non sia di salvaticine, et due sorti di torta 1580, dicembre 23 e 30. Bandi.
345
1580, dicembre 23 e 30. Bandi aggiunge o altra cosa simile.
346
1580, dicembre 23 e 30. Bandi aggiunge riservata l’eccettione di vestimenti fatti come
di sopra.
244
Legislazione suntuaria
1575, maggio 6 e 13
Bandi
Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de
gli huomini, apparati di dote, et banchetti, fatta, et riformata
dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazarette
governatore di Bologna, di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli
VI d’aprile, et reiterata alli VII et VIIII, del medesimo 1575. Con una
aggiunta, et dichiaratione fatta da nostro signor, in alcuni capi di detta
provisione. Publicata il dì VI del mese di maggio, et reiterata alli XIII detto
1575. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori347
Al testo del bando del 6-7 e 9 aprile 1575, al quale si rimanda, segue la Aggiunta
et dichiaratione ultimamente fatta da nostro signore in alcuni capi del bando sopra la riforma delle pompe, con ordine di sua santità di doversi osservare inviolabilmente.
Che alle artegiane, alle serve, a fanciulli et donzelle sia permesso di poter
portare le vesti etiam di sopra d’ogni colore, pur che non siano di materia prohibita.
Che i ricami s’intendano esser prohibiti tanto quelli fatti in telaro come senza
telaro.
Che zigri, o bernuzzo, o altra sorte di lavoro di lana solito tenersi con orditura
di seta si possa usare.
Si concede il poter usare bracciali d’oro con le chiavette smaltate e similmente i
bottoni delle corone, pendenti da orecchie et anelli che di presente si trovan fatti
con qualche cosa di smalto, ma non se ne possa far di novo con smalto.
Che gli anelli, collane et vezzi si debbano stimare et signar tutti conforme al
bando.
Che i christalli siano prohibiti in ogni sorte d’ornamento348.
347
Vedi 1575, aprile 6-7 e 9. Bandi, Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire
così di donne, come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti fatta. Et riformata
dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazzarette governatore di
Bologna, di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI di aprile, et reiterata alli
VII et VIIII del medesimo MDLXXV. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’
superiori.
348
L’aggiunta è accolta nelle redazioni successive del bando; dal 1579 si precisa alla fine: et
per maggiore dichiaratione di detti christalli si chiarisce comprendersi nella prohibitione di
detti christalli ancora li margaritini.
Bologna
245
1575, giugno 19 e 22
Bandi
Agionta alla riforma delle pompe circa il vestito de procuratori. Publicata in
Bologna alli XIX et reiterata alli XXII di giugno MDLXXV. In Bologna per
Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori
Aggionta di espresso ordine di nostro signore circa il vestire di procuratori, cioè
che i procuratori debbano usare per loro habito di sopra rubboni o feraioli a loro
elettione sotto il ginocchio, che non sianno di materia di seta, ben vi possano havere di dentro o di fuora una lista di ormesino o di altra sorte di seta non prohibita.
Possano poi negli altri habiti usare tutte materie et lavori non prohibiti nel bando,
incorrendo chi contrafarrà nelle pene espresse in detto bando.
1576, maggio 2-3
Bandi
Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini, apparati di dote, et banchetti, fatta, et riformata dall’illustrissimo
et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazarette governatore di
Bologna, di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI d’aprile, et
reiterata alli VII et VIIII del medesimo 1575. Con una aggiunta, et
dichiaratione fatta da nostro signore, in alcuni capi di detta provisione.
Publicata il dì VI del mese di maggio, et reiterata alli XIII detto 1575. Et di
nuovo publicata, per ordine di nostro signore alli II et III di maggio
MDLXXVI. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licenza de’ superiori349
1579, gennaio
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli
huomini, apparati di dote et banchetti. Di espresso ordine di nostro signore
con una gionta et dichiaratione fatta, da sua signoria in alcuni capi di detta
349
Vedi 1575, aprile 6-7 e 9. Bandi, Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così
di donne, come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti fatta. Et riformata dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazzarette governatore di Bologna,
di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI di aprile, et reiterata alli VII et VIIII del
medesimo MDLXXV. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori.
246
Legislazione suntuaria
provisione altre volte publicata sino l’anno 1575 del mese di maggio, et di
ordine di monsignore illustrissimo et reverendissimo Sangiorgio governatore
di Bologna. Ristampata il mese di genaro 1579. In Bologna per Alessandro
Benacci350
1579, marzo 29
Provvisioni
Additione alla provvisione delle pompe ristampata di genaro 1579
Il reverendissimo et molto illustre monsignore nostro signor Francesco Sangiorgi governatore di Bologna, col consenso et volontà delli magnifici signori antiani et
illustre signor confaloniere di giustizia et delli illustri signori quaranta del reggimento di essa città, ordina et declara essere lecito impune agli orefici di detta città
prima il potere smaltare le anelle che si portano in dito, le chiavette de brazzali, li
pendenti da orecchie, purché non eccedino col detto smalto il valore di 15 scudi. Li
bottoni et tramezzini da corone similmente possano smaltare le teste de gibellini,
cioè occhi et denti, et portarsi da ciascuno detti lavori senza incorso di pena alcuna.
Similmente possino le contadine senza incorso di pena portare et usare nelli coralli,
bottoni, croci et razzetti d’argento sopra dorati, non ostante qual si voglia cosa in
contrario. In quorum fidem et cetera.
Datum Bononie die 29 martii 1579.
Franciscus Sangiorgius gubernator.
Caesar Malvasia vexillifer iustitie.
1580, dicembre 23 e 30
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli
huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicato alli 23 et 30
di decembre 1580. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licenza de’
superiori351
350 Vedi 1575, aprile 6-7 e 9. Bandi, Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così
di donne, come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti fatta. Et riformata dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazzarette governatore di Bologna,
di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI di aprile, et reiterata alli VII et VIIII del
medesimo MDLXXV. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori.
351 Vedi 1575, aprile 6-7 e 9. Bandi, Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così
di donne, come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti fatta. Et riformata dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazzarette governatore di Bologna,
Bologna
247
1581, giugno 29-30
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli
huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et
reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicato alli 23 et
30 di decembre 1580. Et reiterata alli 29 et 30 di giugno 1581. Con la
nuova gionta. In Bologna, per Alessandro Benacci352
1582, dicembre 24 e 30
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli
huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli
24 et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per Alessandro
Benacci353
di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI di aprile, et reiterata alli VII et VIIII del
medesimo MDLXXV. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori.
352
Vedi 1575, aprile 6-7 e 9. Bandi, Provisione, et ordine sopra le pompe, et vestire così
di donne, come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti fatta. Et riformata dall’illustrissimo et reverendissimo monsignore arcivescovo di Nazzarette governatore di Bologna,
di ordine espresso di nostro signore. Publicata alli VI di aprile, et reiterata alli VII et VIIII del
medesimo MDLXXV. In Bologna per Alessandro Benacci. Con licentia de’ superiori.
353
Collazionato con:
1583, dicembre 4 e 7. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor Fabio Mirto gubernator di Bologna. Publicata in Bologna alli 4 et reiterata alli 7 di decembre MDLXXXIII. In Bologna per Alessandro Benacci.
1584, dicembre 19 e 23. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di
donne, come de gli huomini, apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et
reverendissimo monsignor Giovanni Battista Castagna cardinale di San Marcello legato di
Bologna. Publicata in Bologna alli 19 et reiterata alli 23 di decembre MDLXXXIIII. In Bologna per Alessandro Benacci.
1586, marzo 13 e 15. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne,
come de gli huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo monsignor Antonio Maria cardinale Salviati legato di Bologna. Publicata in Bologna alli
13 et reiterata alli 15 di marzo MDLXXXVI. In Bologna per Alessandro Benacci 1586.
1587, febbraio 22-23. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo, et reverendissimo monsignor Henrico cardinale Caetano legato di Bologna. Publicata in Bologna
alli 22 et reiterata alli 23 di febraro MDLXXXVII. In Bologna per Alessandro Benacci.
248
Legislazione suntuaria
Volendo l’illustrissimo et reverendissimo monsignore il signor cardinale Cesi dignissimo legato di Bologna rimediare a qualche abuso e transgressione fatta in alcuna parte della provisione et pragmatica delle pompe altre volte fatta et publicata, havendo in ciò riguardo a l’honor di Dio et al decoro et utile della città et popolo di essa, con voler et consenso de gli illustri et eccelsi signori signori antiani consoli, et signor confalloniero di giustitia, et illustri signori quaranta del reggimento, inherendo
agli altri bandi sopra ciò come s’è detto fatti et publicati, etiam di commissione nuovamente da nostro signore espressa, ordina et commanda la presente infrascritta provisione doversi in ciascuno de gli infrascritti capi inviolabilmente osservare da ogni
sorte et conditione di persone dell’uno et l’altro sesso, sotto le infrascritte pene354.
Et prima355 si prohibisce ad ogni et qualonque persona di qual si sia stato o conditione, così huomo come donna, come di sopra il portar et usar in356 sort’alcuna
d’habiti o vestimenti, né in berette o capelli oro o argento battuto, tirato o filato,
buono o falso che si sia357, né tela d’oro né d’argento, o broccato, gioie o pietre pretiose buone o finte, né christalli o malgaritini358, né tampoco paste di profumi di
qual si voglia sorte; né anco si possi usar in detti vestimenti lunghi o curti alcuna
sorte di ricami grandi o piccioli fatti o con disegni trapuntati overo di agucchia di
1588, gennaio 30-31. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine del molto illustre, et reverendissimo monsignor Anselmo Dandino vicelegato di Bologna. Publicata in Bologna alli
30 et reiterata alli 31 di genaro MDLXXXVIII. In Bologna per Alessandro Benacci.
1589, maggio 24 e 26. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo, et reverendissimo signor cardinale Mont’alto legato di Bologna, et per sua signoria illustrissima
monsignor reverendissimo signor Camillo Borghese suo meritissimo vicelegato. Publicata in
Bologna alli 24 et reiterata alli 26 di maggio MDLXXXIX. In Bologna, per Alessandro Benacci.
354
Volendo l’illustrissimo … sotto le infrascritte pene] Se bene altre volte etiam d’ordine
particolare di nostro signore è stato publicato il bando per la osservanza della pragmatica
delle pompe, nondimeno per obviare a gli abusi, che si intendono essere trascorsi contra
detta pragmatica, et per proveder, che per l’avvenire debba essere inviolabilmente osservata
ha voluto l’illustrissimo et reverendissimo monsignor Giovanni Battista Castagna cardinale
di San Marcello legato apostolico di novo confirmarla, et renovarla come per il presente
bando conferma et renova, con consenso de gl’illustri signori antiani, confaloniero di giustitia, et illustri signori quaranta del regimento ordina et commanda la presente infrascritta
provisione doversi in ciascun de gli infrascritti capi inviolabilmente osservare da ogni sorte
et conditione di persona dell’uno et l’altro sesso sotto le infrascritte pene 1584, dicembre 19
e 23. Bandi.
355
1589, maggio 24 e 26. Bandi aggiunge rivocando et annullando qualunque licenza o
toleranza concessa sopra ciò da sua signoria illustrissima, o da altro che si sia.
356
1587, febbraio 22-23. Bandi aggiunge la città, né fuori nel territorio.
357
1587, febbraio 22-23. Bandi aggiunge né piume, né pennacchi, né aironi veri o finti,
né toso o berò et parimente fiocchi o qualonque altra cosa simile, tanto nel capo quanto nel
petto, così alli huomini come alle donne.
358
1584, dicembre 19 e 23. Bandi, 1586, marzo 13 e 15. Bandi e 1587, febbraio 22-23.
Bandi omettono né christalli o malgaritini.
Bologna
249
qual si voglia sorte, in telaro o fuori di telaro359. Le quali cose tutte come di sopra
prohibite ne’ vestimenti s’intendano anco prohibite il ponerle nelle buone gratie,
manizze, gibellini et lupi cervieri et anco ventagli et altre cose simili, concedendosi
però il portar le teste et manichi rispettivamente con le catene insieme a’ quali saranno attaccati d’oro, ma senza gioie, perle o altra cosa prohibita come di sopra.
Item se le prohibisce il portar frontali, centure et qual si sia altro ornamento con
gioie, perle, pietre pretiose, d’oro o d’argento né di altra materia, o cose prohibite come di sopra; prohibendo spetialmente il portar all’orecchie qualonque sorte d’ornamenti ch’ecceda il valore di quindeci scudi in tutto. Dichiarandosi che dette cose s’intendano prohibite etiam in apparato di donne di parto o di altre feste domestiche.
Si concede però alle spose il portar un filo di perle che non passi la valuta et
prezzo di scudi trecento360, con una collana overo corona o altra cosa di qualonque
materia si sia, fuori che di perle et gioie, che però non ecceda il valore di scudi cinquanta361; et parimente se le concede il portar uno overo duo annelli in deto con
gioie, che fra ambiduo non passino il valore di dugento scudi, et anco duo bracciali
d’oro362, ne’ quali non siano gioie, perle o altra cosa prohibita com’è detto; né tampoco si possino smaltare in alcuna parte di essi, salvo che nelle chiavette, sì com’anco si concede il portar smaltati li sudetti annelli, bottoni delle corone, collane et
pendenti da orecchie. Et possono anco portar dette spose un pendente over duo al
più, cioè uno sopra il capo et l’altro nel petto, ne’ quali, se vi saranno gioie, non
possino ecceder il valor et prezzo di scudi dugento in tutto fra ambiduo, quali possino parimente esser smaltati, come di sopra. Dichiarando ch’essi pendenti et il vezzo di perle non si possino portare salvo che per duo anni solamente dal giorno del
sponsalitio, ma li annelli, collane, bracciali et ordini overo bande fatte di seta con
qualch’oro o argento o senza363, pur che la valuta del tutto di esse bande over ordini
non passi la somma di scudi sei del prezzo, si possino da tutte e ciascuna portar a
beneplacito loro, et parimente un velo in capo con oro et argento overo senza, che
non passi il valore di scudi tre in tutto364.
Item non sia lecito ad alcuna donna poner o far ponere sopra qual si voglia suo
vestimento o habito così di sopra come di sotto per ornamento di essi più di braccia cinque365 di drappi di seta per ciascuno, la qual quantità si possi compartire in
quanti parti le piacerà, et sopra essi ornamenti di tai drappi non si possino riporre
rizzoli né cordelle o altri simili lavori di seta che passi il prezzo et valore di scudi
359
1584, dicembre 19 e 23. Bandi, 1586, marzo 13 e 15. Bandi e 1587, febbraio 22-23.
Bandi aggiungono declarando che i veluti rizzi tagliati come disegno non si intenda ricame.
360
trecento] 500 1588, gennaio 30-31. Bandi.
361
cinquanta] cento 1588, gennaio 30-31. Bandi.
362
1584, dicembre 19 e 23. Bandi aggiunge smaltati.
363
1584, dicembre 19 e 23. Bandi aggiunge con christallini.
364
1587, febbraio 22-23. Bandi aggiunge Alle quali donne si permette ancora che quando andranno a nozze possino portar per quel giorno un vezzo di perle d’un filo solo, che
non ecceda il prezzo sudetto delli trecento scudi.
365
cinque] sei 1588, gennaio 30-31. Bandi.
250
Legislazione suntuaria
quattro; ma sopra tutto non si possino far né poner in ricami né in disegni trapuntati o di qual si voglia sorte in telaro o fuori di telaro come di sopra; sia nondimeno
concesso ad esse donne trinzar ogni loro vestimento et habito, eccettuati però quelli
di veluto, raso, damasco, teletta di seta nominato vulgarmente canevetto, né tampoco quelli di panno o di rascia366.
Item non possino portar pelliccie, rubbe né alcuna altra sorte di habiti foderati di
gibellini né lupi cervieri, prohibendole anco il portar berette, ma solo se le concede li
capelli, pur che non siano di materia o ornamento prohibito, et le siano anco concessi li cappotti o feraioli di panno o di rascia et di tabì, etiam foderati di drappi di
seta come più le piacerà, ma non già mai delle due sorti di pelli prohibite come di
sopra; quali anco non si possino guernire se non di tanti o altri lavori di seta non
prohibiti che non passino la valuta et spesa di dui scudi in tutto, et li possino portar
di giorno per la pioggia et altri mali tempi, et anco la notte per il sereno367.
A gli huomini poi di qual si voglia stato o conditione parimente si prohibisce il
poner sopra i loro habiti et vestimenti più di cinque braccia di drappi di seta, quali
si possino compartire com’è detto in quante parti più li piacerà; et ponendo sopra
essi ornamenti, rizzi, cordelle o altri lavori di seta non prohibiti non possino ecceder la valuta et prezzo di scudi quattro in tutto, senza però ricami o disegni368 come
s’è di sopra espresso ne’ vestimenti et habiti delle donne. Et a chi più piace far fare
et poner li detti guernimenti di dentro de loro habiti o foderarli totalmente di essi
drappi di seta, massime cappe, cappotti et feraioli, lo possino fare, ma in tal caso
non li sia in modo alcuno lecito guernirli di fuori, se non semplicemente l’orlo, di
materia (com’è detto) non prohibita369.
Item nissun huomo di qual si voglia conditione, titolo o priminenza possa usare
né portare gualdrappe a loro cavalcature di veluto né d’altro drappo di seta, né in
alcun modo ricamate; si possino nondimeno guernire di fuori, come si è detto di
366
1584, dicembre 19 e 23. Bandi omette da eccettuati però quelli di veluto.
Dal 1586 si aggiunge Item si prohibisce espressamente alle donne di qual si voglia stato,
grado o conditione che dopo la publicatione della presente provisione non ardischino in
modo alcuno farsi fare né lavorare alcuna sorte d’habiti e vestimenti con ornamento di christallini e malgaritini o di qual si sia altra materia di vetri. Ma però si concede che gli habiti
et vestimenti già fatti con tale ornamenti innanti la predetta provisione si possino portare et
usare sin che siano consumati (Ma però si concede … sin che siano consumati] Prohibendosi espressamente che fra termine di dieci giorni dalla publicatione della presente non si
possino usar né portar veste né panni se ben vecchi et già fatti ornati di vetri sudetti et malgarittini 1588, gennaio 30-31. Bandi).
367
1584, dicembre 19 e 23. Bandi omette da et li possino portar.
368
o disegni] con prohibirli, et concederli anco li christallini e malgaritini in tutto et per
tutto nel modo e forma 1586, marzo 13 e 15. Bandi, 1587, febbraio 22-23. Bandi, 1588,
gennaio 30-31. Bandi.
369
1586, marzo 13 e 15. Bandi, 1587, febbraio 22-23. Bandi e 1588, gennaio 30-31.
Bandi aggiungono vietandoli anco che non possino portar gollane d’oro o di qual si voglia altra materia al collo, sopra li panni né sotto, rispetto a gli huomini.
Bologna
251
sopra circa gli habiti et vestimenti. Et negli ornamenti de’ cavalli o in armature non
si possino portar gioie, oro, né argento, né qual si voglia altra cosa prohibita come
di sopra; se li concede che honestamente possano haver et portar dorate le borchie,
chiodi, fibie, staffe et altri ornamenti di essi cavalli, et nelle selle armate o ferrate sia
lecito haverci solo un fregietto d’oro di larghezza d’un deto et non più.
Item si prohibisce et commanda espressamente che nissuna persona di qual si
voglia stato, conditione, titolo o preminenza come di sopra possi havere o portare a
loro cocchii, carrette o carrozze et loro cavalli coperte di veluto, raso, damasco o di
qual si sia altro drappo di seta, né in modo alcuno ricamate, né trinzate; ma solamente se li concede che le possino listare o bandare di veluto o di altri drappi sudetti, pur che non si ecceda la quantità di cinque braccia per ciascuno di essi cocchii, carrette o carrozze computati li cavalli. Concedendosi però a chi più gli piacerà di potere addobbar di dentro le dette coperte da cocchio, carrette et carrozze di
seta370, pur che in tal caso non faccino alcuno guernimento di fuori di esse. Prohibendosi espressamente a tutti come di sopra il poter usar cocchii, carrette o carrozze
dorate né argentate in parte alcuna eccetto che le palle, arme o insegne, quali si
possino dorare et argentare honestamente371. Di più non si possi usar a li predetti
cocchii, carrette o carrozze più di un paro di cavalli o cavalle per volta372.
Et per proveder anco alle immoderate spese che si sogliono fare in dar li mobili
alle spose, le quali sono di nissuna o poca utilità alle case ma sì bene di molto incommodo et spesa a chi le marita, si ordina et commanda come di sopra che per le
doti di mille scudi non si possa dar d’apparato più di centocinquanta scudi di valore, et per dote di due milla scudi gli apparati non possino passar il valore di 300
scudi, et di tre milla il valore di 450, et per dote di 4000 siano gli apparati solamente di 600, et da quello in su, sia quanto si vogli la dote, gli apparati non possino passar il valore di detti scudi seicento. Dichiarando che in detti apparati si comprendino tutte le vesti così di seta come di lana, con lavoro o senza, biancheria et
qualonque altra sorte di mobili, et massime casse, ancone et specchi, le quali non si
possano né debbano in modo alcuno ornare di veluto o altro drappo di seta, né con
lavoro d’oro o d’argento battuto373, né con gioie o altre cose prohibite come di so-
370
1588, gennaio 30-31. Bandi aggiunge insieme con li tamarazzi et sedie.
1588, gennaio 30-31. Bandi aggiunge Dichiarando però che le già fatte si possino
adoprare nonostante detta provisione.
372
Dal 1584 si aggiunge per la città.
Dal 1587 si aggiunge un paragrafo: Che le donne meretrici non possino andare in carrozza o in cocchio per la città passeggiando et non possino né debbano andare per la città con
servitori inanti, sotto pena a gli huomini di 50 scudi et della perdita della robba, et alle dette meretrici di cento scudi, et d’essere staffillate publicamente, et della perdita de cavalli et
cocchi o carrozze sopra quali andassero, né si possino escusare sotto pretesto che non fossero
suoi, né meno li patroni di detti cavalli et carozze o cocchi possino havere attione contra
dette meretrici, ma ipso iure et facto s’intendano perdute et applicate con la pena nel modo
et forma come nel presente bando.
373
Dal 1584 si omette o d’argento battuto.
371
252
Legislazione suntuaria
pra374. Et che la detta tassa et moderatione d’apparati non si possa in modo alcuno
eccedere né alterare sotto pretesto di cose donate da parenti o amici, quali ex nunc
si dichiara doversi comprender et estimare insieme con l’altre nel prezzo et valuta
come di sopra.
Sotto pena a chi contrafarà in parte alcuna della presente provisione per la prima
volta di scudi cinquanta d’oro et della perdita di quello si eccederà o suo valore, et per
la seconda volta del doppio, et la terza volta della pena triplicata, et succissivamente
accrescendo et moltiplicando la detta pena sempre quante volte sarà contrafatto alla
presente provisione. Quali pene si habbino d’applicar per un terzo alla camera, un
terzo a luoghi pii, et l’altro all’accusatore et essecutore per mettà, qual accusatore sarà
tenuto secreto375. Dichiarando che per le sudette pene saranno tenuti li padri per li figliuoli o figliuole, li mariti per le moglie, et li fratelli per le sorelle o altro così huomo
come donna respettivamente che habbi cura o governo di chi contrafarà, et che un
solo pagamento fatto dalli contrafacienti o altro per essi per ciascuna volta basti et
s’intenda satisfatta la pena. Sì come all’incontro non possa alcuno che contrafacesse e
altri per lui essere in modo alcuno udito né admesso a far escusatione, né tampoco sia
permesso il far remissione o gratia di esse pene senza ordine di nostro signore.
Inoltre si prohibisce et commanda espressamente a li sarti, recamatori et altri artefici che non possino lavorare o far lavorare alcuna delle sopradette cose prohibite, sotto
pena per la prima volta alli padroni delle botteghe di scudi venticinque et di tre tratti
di corda, et s’intendano sub ipso facto et siano senz’altro cassi delle loro compagnie, et
alli gargioni che lavorassero dette cose prohibite come di sopra et non denontiassero
essi padroni et tali lavori prohibiti di scudi dieci et di tre tratti di corda, et la seconda
volta di detta pena corporali et della pecuniaria dupplicata, successivamente d’accrescersi et multiplicare quante volte sarà contrafatto, d’applicarsi pro ratta come di sopra.
Non intendendosi però derogato all’ordinatione et dichiaracione altre volte fatta sopra
gli orefici della città et sopra il portar i loro lavori così nella città come per il territorio.
Notificandosi che nella presente provisione non siano né s’intendano mai compresi li scholari forestieri che al presente si trovano o che verranno in questa città, a’
quali si tolera et tolererassi il portare et usar quelli habiti che ad essi piacerà, et anco
alli forestieri non scholari per sei mesi ma non più dopo il primo arrivo nella città376. Quali però habiti et vestimenti di scholari et altri forestieri predetti non possi-
374
Dal 1584 si aggiunge tollerandosi che gli specchii et ancone si possino cornisare di argento battuto.
375
Quali pene si habbino … sarà tenuto secreto] Quali pene si habbino d’applicare per
un terzo alla camera di Bologna, un terzo a luoghi pii, l’altro terzo al commissario 1584, dicembre 19 e 23. Bandi, 1586, marzo 13 e 15. Bandi, 1587, febbraio 22-23. Bandi, 1588,
gennaio 30-31. Bandi] Quali pene si habbino da applicare per tre quarti alla camera, et il resto all’accusatore 1589, maggio 24 e 26.
376
Notificandosi … nella città] Notificandosi che nella presente provisione non siano
né si intendano mai compresi li scolari et altri forastieri che al presente si trovano o veranno in questa città, a quali si tolera et tolerarassi portare et usare quelli habiti che ad essi
piacerà dal 1584.
Bologna
253
no da sudetti artefici esser lavorati se prima da detti artefici non saranno denontiati
al comissario deputato o da deputarsi sopra l’osservanza di questa presente riforma,
sotto le medeme pene dette di sopra.
Dichiarando anchora che tutte le donne forestiere habitanti di presente o che
verranno ad habitare in questa città, o che tengono o terranno fermo domicilio in
essa, così maritate a terrieri come a forestieri, s’intendano comprese et debbano
obedir in tutto et per tutto alla provisione et riforma predetta et infrascritta, et contrafacendo incorrano nelle medeme pene in essa contenute.
Alle donne habitanti nelli castelli et borghi del territorio se le concede il portare
una collana d’oro o d’argento, pur che non passi il valor et prezzo di scudi venticinque d’oro, et ciascun’altra del contado et territorio predetto se le concedono li centorini et coralli, le quali non possino portar alcuna sorte di habiti di seta soto pena
come di sopra377.
Et per obviare all’eccessive spese che si fanno ne i banchetti, si ordina et commanda che nissuna persona di qual si voglia stato o conditione come di sopra non
possa usare né fare portar in qual si sia convito o banchetto che si facesse per qualonque causa più di due portate di vivande, fra le quali possa essere due sorti di
vivande salvaticine, cioè una sola volatile et l’altra quadrupede, et in tutto non
possano esser più di tre arosti et tre alessi, et fra le dette portate si concede una
sorte di pastizzi, pur che non sia di salvaticine, et due sorti di torta et due sorti di
potaggi, rimettendo all’arbitrio di ciascuno che non volesse dar alessi il poter supplire in quel scambio con due altri arosti, pur che non passi il numero delle vivande selvaticine come di sopra. Prohibendosi espressamente che fra le vivande di
carne non vi possa esser’alcuna sorte di pesce né ostreghe. Ma per confettioni s’ordina che non si possi usare se non cotognata o altra cosa simile, et una sola sorte
di confetti minuti378, eccetto però nelli banchetti et conviti di nozze, ne’ quali si
tolera che di più vi siano due sorti di confetti grossi, sotto pena a chi contrafarà di
scudi 25 per ciascuna volta rispetto alli padroni d’applicarsi come di sopra, et alli
cuochi et soprastanti a gli ordini di tali conviti scudi dieci et tre tratti di corda, et
se staranno al servitio del palazzo della detta pena corporale et privatione delli lor
officio379.
Dichiarandosi che tutte le cose prohibite come di sopra s’intendano prohibite
così in casa come fuori, et tanto sul territorio quanto nella città.
Notificando che ciascuno sarà admesso ad accusar li transgressori della presente
provisione, et gli accusatori saranno tenuti secreti, a quali oltre la portione delle pene applicate come di sopra se li farà altra honesta recognitione, et contra gl’innobedienti si procederà senza remissione o rispetto di persona alcuna380.
377
Dal 1584 si omette da Alle donne habitanti.
Dal 1587 si omette minuti.
379
1588, gennaio 30-31. Bandi e 1589, maggio 24 e 26. Bandi aggiungono eccetto però
in occasione d’alloggiar prencipi, et signori.
380
Dal 1584 si omette da Notificando che ciascuno sarà admesso.
378
254
Legislazione suntuaria
All’essecutore over comissario sopra ciò deputato o da deputarsi, oltra quello
ch’egli giustamente riscoterà dalli contrafacienti, se gli donarà di quello della camera di Bologna lire dieci per ogni essecutione che farà o farà fare circa le transgressioni di questa presente provisione et pragmatica381.
Datum Bononiae die 23 decembris 1582.
1583, dicembre 4 e 7
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli
huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et
reverendissimo signor Fabio Mirto gubernator di Bologna. Publicata in
Bologna alli 4 et reiterata alli 7 di decembre MDLXXXIII. In Bologna per
Alessandro Benacci382
1584, dicembre 19 e 23
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini, apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et
reverendissimo monsignor Giovanni Battista Castagna cardinale di San
Marcello legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 19 et reiterata alli 23
di decembre MDLXXXIIII. In Bologna per
Alessandro Benacci383
381
1588, gennaio 30-31. Bandi e 1589, maggio 24 e 26. Bandi omettono da All’essecutore
over comissario.
382
Vedi 1582, dicembre 24 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire
così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 24
et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per Alessandro Benacci.
383
Vedi 1582, dicembre 24 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire
così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 24
et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per Alessandro Benacci.
Bologna
255
1586, marzo 13 e 15
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et
reverendissimo monsignor Antonio Maria cardinale Salviati legato di
Bologna. Publicata in Bologna alli 13 et reiterata alli 15 di marzo MDLXXXVI.
In Bologna per Alessandro Benacci 1586384
1586, giugno 30
Bandi
Aggionta al bando delle pompe altre volte publicato. Di ordine
dell’illustrissimo et reverendissimo monsignor legato, di consenso come nelli
altri bandi. Publicato in Bologna alli 30 di giugno 1586. In Bologna per
Alessandro Benacci
Che non si possino portare le penne nelle berrette, chiamate aironi, ne i capelli
o in qual si voglia altro modo nella città né fuori nel territorio per qual si voglia
persona.
Che non si possino portar gollane d’oro o di qual si voglia altra materia al collo
sopra li panni né sotto, rispetto a gli huomini.
Che le donne meretrici non possino andare in carozza o in cocchio per la città passeggiando et non possino né debbano andar per la città con servitori inanti, sotto pena a gli huomini di 50 scudi et della perdita della robba, et alle dette
meretrici di cento scudi et d’esser staffillate publicamente, et della perdita de cavalli et cocchi o carrozze sopra quali andassero, né si possino escusare sotto pretesto che non fossero suoi, né meno li patroni di detti cavalli et carozze o cocchi
possino haver attione contra dette meretrici, ma ipso iure et facto s’intendano
perdutte et applicate con la pena nel modo et forma come nelli bandi fatti et
publicati sopra le pompe.
384
Vedi 1582, dicembre 24 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 24 et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per Alessandro Benacci.
256
Legislazione suntuaria
1587, febbraio 22-23
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo, et
reverendissimo monsignor Henrico cardinale Caetano legato di Bologna.
Publicata in Bologna alli 22 et reiterata alli 23 di febraro MDLXXXVII. In
Bologna per Alessandro Benacci385
1588, gennaio 30-31
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine del molto illustre, et
reverendissimo monsignor Anselmo Dandino vicelegato di Bologna. Publicata in Bologna alli 30 et reiterata alli 31 di genaro MDLXXXVIII. In Bologna
per Alessandro Benacci386
1589, maggio 24 e 26
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo, et
reverendissimo signor cardinale Mont’alto legato di Bologna, et per sua
signoria illustrissima monsignor reverendissimo signor Camillo Borghese
suo meritissimo vicelegato. Publicata in Bologna alli 24 et reiterata alli 26 di
maggio MDLXXXIX. In Bologna, per Alessandro Benacci387
385
Vedi 1582, dicembre 24 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire
così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 24
et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per Alessandro Benacci.
386
Vedi 1582, dicembre 24 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire
così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 24
et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per Alessandro Benacci.
387
Vedi 1582, dicembre 24 e 30. Bandi, Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire
così di donne come de gli huomini, apparati di dote et banchetti. Di ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Cesi legato di Bologna. Publicata in Bologna alli 24
et reiterata alli 30 di decembre MDLXXXII. In Bologna per Alessandro Benacci.
Bologna
257
1591, settembre 28
Bandi
Ordine et pragmatica sopra i funerali fatta per ordine dell’illustrissimo et
reverendissimo signor cardinale Paleotti all’hora vescovo di Bologna.
Confermata per breve da papa Gregorio XIII santa memoria et publicata in
Bologna sotto li XIII di gennaro 1573. Con la riforma hora aggiunta del
presente anno 1591 da monsignor reverendissimo coadiutore di Bologna,
per ordine del sudetto illustrissimo et reverendissimo signor cardinale
Paleotti arcivescovo, per causa degli abusi, introdutti dopo la publicatione
della predetta pragmatica. [Bologna, 28 settembre 1591] In Bologna per
Vittorio Benacci388
Al testo del bando del 1573, al quale si rimanda, segue la Riforma degli abusi introdutti nei funerali dopo la sopradetta pragmatica, fatta da monsignor coadiutore
di Bologna per ordine dell’illustrissimo et reverendissimo signor cardinale Paleotti
arcivescovo et publicata in Bologna a dì 28 del mese di settembre 1591.
Havendo inteso monsignor nostro illustrissimo et reverendissimo cardinale Paleotti arcivescovo di questa Chiesa di Bologna che in progresso di tempo sono stati
introdutti varii abusi circa la sopradetta pragmatica de funerali, ha commesso a noi
che cerchiamo d’informarci a pieno de detti disordini et provedergli. Però in essecutione dell’ordine di sua signoria illustrissima habbiamo cercato d’havere buona
notitia de tutti i sudetti abusi et oltre l’haverne discorso con li molto reverendi signori canonici et deputati del clero habbiamo ancora per essere meglio informati
voluto conferire ciò con monsignor illustrissimo vicelegato Farnese et con gli illustrissimi signori di reggimento et con diversi altri ordini della città, dopo che è stata
da noi stabilita la seguente riforma con gl’infrascritti ordini, quali vogliamo et commandiamo che siano osservati et esseguiti insieme con la pragmatica sopradetta da
tutti i chierici secolari et regolari di qualunque stato et qualità, et da tutti i laici di
qual si voglia grado et conditione, et dai battuti et confrati di ciascuna congregatione et compagnia, così temporale et secolare come spirituale, et da ogn’altra sorte di
persone et uffitiali a chi spetta, sotto le pene contenute in essa pragmatica et breve
di Gregorio XIII santa memoria fatto in confermatione di detta pragmatica et altre
ad arbitrio nostro.
1. Prima si ordina che quando morirà alcuno fuori della città et diocese di Bologna non si habbia da suonare l’Ave Maria in alcuna chiesa, se non quando esso
388
Vedi 1573, gennaio 13. Bandi, Provisione sopra i funerali per ordine di monsignor illustrissimo et reverendissimo cardinale Paleotti vescovo di Bologna. Confirmata per breve di
nostro signore papa Gregorio XIII. [Bologna, 13 gennaio 1573] In Bologna per Alessandro
Benacci MDLXXIII.
258
Legislazione suntuaria
morto fosse persona posta in dignità ecclesiastica, o in magistrato, o dottore di collegio, come si contiene nella detta pragmatica, et in tal caso possano gli heredi del
morto far fare l’essequie in quella chiesa che più gli piacerà.
2. Quando alcuno de capitoli o della metropoli o della collegiata di San Petronio havrà d’andare a qualche funerale, si avvertisca di non ammettere alcuno chierico che almeno i giorni festivi con la cotta non serva in una delle sudette chiese rispettivamente, et quelli siano d’età competente et in habito decente et clericale.
3. Vedendosi per pratica nascere molti disordini per rispetto delle compagnie et
battuti che vanno a’ morti, si ordina et commanda che sotto li stendardi delle compagnie non possano andare a morti se non quelli che sono descritti nella matricola
di detta compagnia et che la frequentano, et debbano tutti li battuti andare con la
faccia coperta. Né possano detti battuti et compagnie far più di tre mute de portatori, se non quando per la lunghezza del viaggio gli sarà da noi data licenza di alterare il numero predetto. Volendo ancora che il numero di essi battuti che anderanno al morto non sia più che di trenta coppie. Et se il corpo sarà di persona posta in
dignità ecclesiastica, o di magistrato, o d’altre qualità principali come di sopra, si
concede che possano andarvi in numero di cinquanta coppie. Ordinando però che
in materia di condurre putti al morto dette compagnie habbiano da osservare i loro
capitoli et constitutioni. Et quelle che non hanno statuti né ordini particolari non
ne possano condurre se non hanno quindici anni almeno, quali putti siano compresi in dette coppie trenta o cinquanta rispettivamente.
4. Inoltre si ordina et commanda che per l’avvenire alcuno herede, o compagnie, o battuti, o beccamorti, o altri ministri, non possano invitare musici né cantori, se non quando per qualche grave causa sarà da noi concessa licenza di admettere almeno un corpo di musica, quale non possa passare il numero di dodici cantori, prohibendo in tal caso il suonar tromboni et altri instrumenti.
5. Et perché per lo tardare de molti chierici secolari, regolari et compagnie, quali non si trovano al tempo et hora determinata con le lor croci alle chiese de’ defonti ne segue la tardanza di portare a sepelire il defonto dopo l’hora statuita et alle
volte di notte contro l’ordine di detta pragmatica et con indignità delle persone ecclesiastiche che stanno lungamente ad aspettare, però si ordina et espressamente
commanda che tutti gli invitati, di qualunque grado et conditione siano, debbiano
all’hora determinata ritrovarsi con le lor croci al luogo del defonto, acciò si possa
sepelire avanti suoni l’Ave Maria della sera; ordinando a tutti li sopradetti invitati
che nell’accompagnare il defonto alla sepoltura vadano con la debita modestia et
gravità, tralasciando ogn’altro ragionamento ma divotamente cantando salmi secondo il rito di santa Chiesa. Né possa alcuno (havute le candele) abbandonare il
morto sino che non sia giunto alla chiesa dove si havrà da sepelire.
6. Di più per provedere a gli abusi che occorrono nella distributione delle cere,
si ordina et commanda a gli heredi del defonto, beccamorti et altri che intervengono a tal distributione che sotto le pene contenute nella detta pragmatica non possano dare candelotti, torze o candele, se non conforme a quanto si contiene nella
pragmatica, tolerandosi però (per non potersi trovare cera gialla a bastanza) che si
possa pigliare cera bianca.
Bologna
259
7. Notificando a tutti quelli che contraverranno alla sudetta pragmatica et alla
nostra presente riforma in parte alcuna che, oltre le pene espresse nella pragmatica
et breve nelle quali incorreranno, vogliamo ancora che siano sottoposti ad altre pene, da dichiararsi da noi ad arbitrio nostro, secondo la qualità de casi et delle persone inobedienti.
8. Finalmente ricordiamo alli curati et ad altri a chi spetta di usare volentieri la
charità in sepelire gratis o con quella minore spesa che si potrà i morti gravati di
povertà, avvertendo ciascuno che non si cerchi di fare fraude alla giusta et pia intentione nostra, diricciata a servitio di Dio et della città, come in procurare importunamente che sia invitata al funerale più tosto questa, che quella confraternita o
regola de frati overo, con vie indirette, che si diano duplicate le torze o candele a
chi non si devono, o con lo usare altre simili estorsioni, in gravezza de gli heredi.
Rimettendoci nel resto quanto spetta a i riti, così del funerale come della sepoltura
et de i divini uffitii, da celebrarsi, et dei sermoni funebri et delle altre cerimonie ecclesiastiche da osservarsi, a quello che già per gli ordini di monsignor illustrissimo
arcivescovo è stato decretato, così per la città come per la diocese, sotto le pene che
in essi decreti si contengono.
1596, aprile 6 e 8
Bandi
Provisione et ordine sopra le pompe, et vestire così di donne, come de gli
huomini apparati di dote, et banchetti. Di ordine espresso della santità di
nostro signore. Publicata in Bologna alli 6 et reiterata alli 8 d’aprile 1596. In
Bologna, per Vittorio Benacci
Vedendosi esser già passata non solamente in abuso l’osservanza de bandi altre
volte publicati sopra le pompe, ma continuamente ancora andarsi trappassando
ogni debito termine di vivere civile di sorte tale che ne segue offesa al signor Iddio
et non poco danno a tutta questa città, et volendo l’illustrissimo et reverendissimo
signor cardinale Montalto legato meritissimo et il reverendissimo monsignore Annibale Rucellai vescovo di Carcassone vicelegato di Bologna, col consenso degli illustri et eccelsi signori antiani consoli, et confaloniere di giusticia, et signori del regimento, provedere a così gravi inconvenienti, d’ordine et commandamento espresso
della santità di nostro signore papa Clemente ottavo, ordinano perciò et commandano che la presente infrascritta provisione sia da qualunque sorte di persone inviolabilmente osservata ne gl’infrascritti capi sotto le pene che si diranno.
Et prima prohibisce alle donne di qualunque conditione et età, etiam alle spose
bolognesi o forestiere che siano maritate a Bologna, et a putti il portare oro di sorte alcuna overo argento così filato come battuto, o buono o falso che sia, così tessuto in drappo come in qual si voglia altro modo, sotto pena di scudi 50 come più
di sotto si dirà. Si tolera nondimeno che possino portare una colana d’oro non
smaltata sin al valore di scudi 150 al più, et un paro di brazzali di scudi 40, et così
260
Legislazione suntuaria
la testa d’oro al gibellino et il manico del ventaglio pur d’oro, ma tutto senza smalto e gioie.
Si tolera parimente che possino portare sopra le vesti et sottane, che siano però
senza fondo d’oro, ma di sola seta, una trena d’oro che non passi il valore di cento
lire de quatrini per ciascuna, et caso che si facesse guernimento d’altra materia che
d’oro overo argento non possi eccedere la detta somma delle lire cento.
Si tolera oltre di ciò che su le vesti si possi mettere oro battuto, ma senza smalto
come di sopra, cioè bottoni, rosette, pontali et simili purché non si ecceda la somma di lir 200 per ciascuna veste, dichiarando dove sia una sorte d’oro sola non si
possi mettere altro oro, et dove sia una guarnizione di seta o d’altro non se ne possi
mettere altra, cioè altra guarnitione d’oro filato né battuto.
Si tolerano finalmente li giupponi di tela d’oro o vergati con oro, con una sola
trena piccola sopra, e li manti di velo e li veletti da testa con un poco d’oro et un
dentino attorno.
Si prohibisce ancora ogni sorte di perle, le quali si levano in tutto et per tutto
senza alcuna riserva.
Si prohibisce di più ogni sorte di gioie, riservandosi un paro d’annella secondo
più piaceranno et un paro de pendenti all’orecchie, ma non di più valore che di
scudi 30, et così si riservano le corone d’agate et di granate, et nel petto una prospettiva da 30 scudi ma senza perle.
Si prohibiscono parimente tutte le cose di vetri, ambrini, profumi, aggiavazzi et
margaritini, et così fodre de gibellini, lupi cervieri, pene, pennacchi d’airone et d’ogni sorte, et altre cose simili che mostrino pennacchi.
Così si prohibisce ogni sorte di ricami tanto alle vesti et sottane quanto a giupponi et in ogn’altro vestimento.
Si vieta similmente agli huomini il portare sorte alcuna d’oro come di sopra, eccetto alli putti sino all’età di 12 anni, che non ecceda però la somma di 15 scudi; risalvando anco a cavaglieri che sia lecito portare una colana d’oro di valore di cento
scudi al più et a gli altri una medaglia che non ecceda il valore di 25 scudi, et su gli
habiti da campagna tant’oro o argento solamente che non ecceda il valore di 15
scudi, ma non però con sorte alcuna di ricami.
Si consentono nondimeno i ferraioli et cappe di seta, etiandio foderate pur di
seta, ma senza ricami.
Così per gl’huomini si vietano ricami, vetri, ambrini, come per le donne s’è detto di sopra.
Si tolera che sopra un habito intiero cioè giupponi, rubuglia, calze, et cappa overo ferraruolo si possi mettere tanta guarnizione che non ecceda il valore di scudi 15.
Si prohibisce anco l’oro ne’ fornimenti de cavalli, permettendosi però le fibbie,
borchie et staffe dorate, et speroni et chiodi dorati nelle selle.
Si prohibisce parimente nelle carozze o cocchi ogni sorte d’oro et di doratura
così dentro come fuori, et così ogni sorte di ricami che in tutto si prohibiscono.
E tutte le cose sopradette non solamente si prohibiscono di portarsi per la città,
ma ancora in casa et in contado sotto le medeme pene.
Et per temperar parimente lo smoderato eccesso che si fa ne’ mobili delle spose,
si ordina et commanda come di sopra che per l’avenire non si possi fare spesa nei
Bologna
261
mobili sopradetti se non a ragione di 30 per cento della dote che si darà sino alla
somma di scudi quattro milla, et da lì in su, sia la dote quanto si voglia, non si possa dar mobili di maggior valore che per 4000 lire.
Et essendo molto ragionevole et giusto che negli habiti ancora siano conosciute
le donne da bene et honorate dalle meretrici et femine di vita dishonesta, si prohibisce però loro il portare sorte alcuna d’oro filato o battuto in qualunque modo,
sotto pena della perdita delle robbe, della frusta et di esser sbandite, oltre l’altre pene pecuniarie come di sopra imposte.
Si prohibisce pur anco alle medeme femine meretrici il condursi servitore o paggio innanti et l’andare in cocchio o carrozza sotto le medesime pene.
Dechiarando che tutte le donne forestieri habitanti di presente et che verranno
ad habitare in questa città, o che tengono o terrano fermo domicilio in essa così
maritate come no a terrieri come a forastieri, s’intendano comprese et debbano
obedire in tutto et per tutto alla provisione et pragmatica presente, et contrafacendo incorrano nelle pene contenute in essa.
Et chi contrafarà in parte alcuna alla presente provisione incorra per la prima
volta nella pena di scudi cinquanta come di sopra, per la seconda volta nel doppio
di detti scudi 50, accrescendo sempre et multiplicando la pena quante volte sarà
contrafatto, le quali pene s’habbiano d’applicare per un terzo all’essecutore da deputarsi, et due terzi a luoghi pii, cioè alle convertite et mendicanti egualmente.
Dichiarando che li padri saranno tenuti pel li figliuoli o figliuole che saranno in
loro podestà, i mariti per le moglie, i fratelli per le sorelle o altro così huomo come
donna rispettivamente che habbia cura o governo di chi contrafarà, né possa alcuno
che contrafacesse o altri per lui essere admesso a fare escusatione alcuna, né meno
sia permesso far remissione né gratia senza ordine espresso di nostro signore.
Inoltre si prohibisce e commanda espressamente a sarti, reccamatori et altri artefici che non possi né lavorare o far lavorare alcuna delle sopradette cose prohibite,
sotto pena per la prima volta alli padroni delle botteghe di scudi 25 et di tre tratti
di corda, et s’intendano ipso facto et siano senz’altro cassi e privi delle lor compagnie, et alli garzoni che lavorassero dette cose prohibite come di sopra et non denontiassero essi padroni e tali lavori prohibiti di scudi 10 et di tre tratti di corda, et
la seconda volta di detta pena corporale et della pecuniaria dupplicata, successivamente da crescersi et multiplicare quante volte sarà contrafatto, d’applicarsi pro rata
come di sopra. Non intendendosi però derogato alla derogatione et dichiaratione
altre volte fatta sopra gli orefici della città, sopra il portare i lor lavori così nella città
come nel territorio.
Si eccettuano nondimeno tutte le persone di magistrato pro tempore et del regimento, consentendosi loro le vesti, cappotti et robboni di seta reccamati et foderati
come lor più piacerà.
Si eccettuano parimente gli scolari et altri forestieri che al presente si trovano o
verrano in questa città, a quali si tolera et tolererassi portare et usare quegli habiti
che ad essi piacerà, quali però habiti et vestimenti de scolari et altri forestieri predetti non possino da sudetti artefici esser lavorati se prima da detti artefici non saranno denontiati al commissario o deputato o da deputarsi sopra l’osservanza di
questa presente riforma sotto le medesime pene.
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Legislazione suntuaria
Et per obviare all’eccessive spese che si fanno ne’ banchetti, si ordina et commanda che nessuna persona di qual si voglia stato conditione o grado come di sopra non possi usare né far portare in qual si voglia convito o banchetto che si facesse per qualunque causa più di due portate di vivande, fra le quali possino essere due
sorti di salvaticine, cioè una volatile, l’altra quadrupide, et in tutto non possino essere più di 3 arosti et 3 alessi, et fra le dette portate si concede una sorte di pasticci,
purché non sia di salvaticine, et due sorte di torte e due sorti di potaggi, rimettendo
all’arbitrio di ciascuno che non volesse dare alessi il poter supplire in quel cambio
con due altri arosti, purché non passi in numero delle vivande et salvaticine come
di sopra.
Prohibendo espressamente che fra le vivande di carne non vi possi essere alcuna
sorte di pesce né ostrighe. Ma per confettioni si ordina che non si possa usare se
non cotognata o altra cosa simile et una sola sorte di confetti. Eccettuando però li
banchetti che si faranno per occasione di nozze, o d’alloggi de’ prencipi e signori.
Et per essecutione dell’osservanza delle cose sopradette si deputerà essecutore, il
quale trovando chi transgredesse haverà da chiamare due testimonii et mostrar loro
in quello che si fosse trasgresso nominando la tal cosa con dirlo alla medema persona trasgrediente, che se gli darà piena fede, et quei tali insieme con l’essecutore haveranno la terza parte della pena incorsa, applicando gli altri due terzi a luoghi pii
nominati di sopra l’ordine del superiore avanti i quali sarà fatta la denontia. In quorum fidem, etc.
Datum Bononiae die 6 aprilis 1596.
IMOLA
a cura di Enrico Angiolini
INTRODUZIONE
Le vicende storiche di Imola e del suo territorio nell’alto e pieno Medioevo sono state caratterizzate – e fortemente condizionate – dallo sviluppo di
due distinti centri demici: il burgus poi divenuto castrum Sancti Cassiani, sede dell’episcopio sorto presso l’antico e decaduto Forum Cornelii, e il centro
abitato di Imola. La forte conflittualità tra il vescovo, titolare di prerogative
pubbliche, e la civitas – avviata a darsi forme di autogoverno comunale,
mentre si andava sfaldando il potere dei conti laici – si espresse in ripetuti
tentativi degli imolesi di imporre al vescovo il trasferimento in città (a partire dal 1084) e, al contrario, in periodi di riaffermazione della soggezione
della pieve urbana di San Lorenzo alla sede vescovile e dell’esercizio delle
prerogative soprattutto fiscali dei presuli imolesi (come avvenne a seguito di
bolla di Onorio II negli anni 1126-1130).
Il confronto militare tra gli imolesi e il castello vescovile si risolse in ripetute distruzioni del castrum (nel 1132, nel 1147, nel 1150, con la fuga degli
abitanti e il rifugiarsi del vescovo a Dozza) e in successivi ripristini: infine
Imola ebbe la meglio grazie all’aperto appoggio dato all’Impero (già un diploma di Federico I del 1159 la svincolava esplicitamente da ogni sottomissione a terzi). Nel 1175 il castello di San Cassiano fu preso dal cancelliere
imperiale Cristiano di Magonza; nel 1183 entrambi i soggetti, oramai sotto
forte egida bolognese, furono presenti alla pace di Costanza; infine nel 1187
il vescovo deliberò di trasferirsi in città, erigendo una nuova cattedrale su di
un terreno concesso dal comune.
Tuttavia, anche quando Imola ebbe ricondotta ad unum la sua “anomalia” con lo sviluppo di compiute forme di governo comunale, la città si apprestò a proiettarsi sul suo contado con un ritardo non più recuperabile rispetto alle realtà vicine, non senza momenti di slancio unitario – il vescovo
Mainardino fu per due volte designato podestà (nel 1209 e nel 1221) – ma
sempre compressa tra le opposte spinte espansionistiche di Bologna e di
Faenza. Anche in Imola si svolse la lotta per il predominio tra i potentati fa-
266
Legislazione suntuaria
miliari, che vide a fasi alterne il primato degli Alidosi e dei Manfredi di
Faenza, fino all’inclusione nello Stato della Chiesa, incontrastata a partire
dal 15031.
Per quanto riguarda la città di Imola si hanno due nuclei ben distinti e
tra loro molto distanti nel tempo di normative di carattere suntuario: il primo rappresentato da due rubriche dagli statuti comunali cittadini del 1334,
gli unici conservatisi, redatti in occasione della presa del potere da parte di
Lippo Alidosi; il secondo da una serie di deliberazioni consiliari (ad Imola
denominate Campioni) prese a partire dal 1505.
Gli statuti del 1334 contengono disposizioni per così dire “classiche” in
materia suntuaria, prese «ad revocandas graves et honerosas expensas» che
uomini e donne di Imola «inutiliter faciebant», senza inserirvi altre precisazioni morali: al più va rimarcato come le norme in questione, estese dapprima in generale ad ogni categoria, compresi milites e doctores, conoscano poi
una serie di eccezioni proprio «ad decorem militie et doctoratus» per quanto
riguarda specificamente l’apparato delle armi e la cavalcatura. La norma colpevolizza ed investe di responsabilità anche l’artefice degli abiti e degli ornamenti illegali; il podestà deve indagare d’ufficio, come gli statuti prevedono
di solito laddove è sentita una maggiore gravità del reato, così come è sentita
la forza dell’obbligo a perseguire, inserito esplicitamente tra le incombenze
la cui corretta assoluzione va verificata all’epoca del sindacato degli atti del
podestà stesso.
Nessuna traccia si può reperire della reformatio fatta il «luglio scorso»
(dello stesso 1334?) dal «conscilium sapientum» di Imola, scritta «per Zonem Gallassii notarium» e citata nel testo, giacché non si conservano deliberazioni così antiche degli organi consiliari imolesi; neppure presso l’Archivio
notarile (conservato presso la Sezione di Archivio di Stato di Imola) si con-
1
Per la storia di Imola cfr.: G. FASOLI, I conti ed il comitato di Imola, in «Atti e memorie
della Deputazione di storia patria per l’Emilia e la Romagna», VIII (1942-1943), pp. 120191; G. RABOTTI, «Mainardinus Imolensis episcopus» (1207-1249), in Vescovi e diocesi in Italia nel Medioevo (secc. IX-XIII), Padova 1964, pp. 409-418; A.I. PINI, La popolazione d’Imola
e del suo territorio nel XIII e XIV secolo. In appendice l’estimo di Imola del 1312, Bologna
1976; A. VASINA, Da Forum Cornelii a Imola, in «Studi Romagnoli», XXIX (1978), pp.
475-493; M. MONTANARI, Una città mancata: S. Cassiano di Imola nei secoli XI-XII, ibid.,
pp. 495-526; Medioevo imolese, Bologna 1982; F. MANCINI - M. GIBERTI - A. VEGGIANI,
Imola nel Medioevo, Imola (BO) 1990, voll. 2; M. MONTANARI, Imola e S. Cassiano. Una città e un castello in lotta per il predominio nei secoli XI-XII, Imola (BO) 1994; La storia di Imola dai primi insediamenti all’ancien régime, a cura di M. MONTANARI, Imola 2000.
Imola
267
servano atti di questo notaio (che verosimilmente avrà rogato esclusivamente come notaio alle dirette dipendenze del comune). Tuttavia il carattere di
“sanatoria” dell’esistente che assume questa ultima parte del testo sembra dimostrare che la rubrica statutaria è effettivamente redatta ex novo e va ad incidere sul presente, per un’esigenza socialmente sentita o – piuttosto – come
espressione di una volontà di controllo del nuovo potere signorile degli Alidosi, che si insedia in città contestualmente con la redazione di questo nuovo statuto.
Per quanto attiene ai funerali, invece, sembrano prevalere le preoccupazioni relative alla dignità comportamentale – esteriore ed interiore – della
cerimonia pubblica e collettiva, rispetto all’interesse al contenimento delle
spese, circoscritto alla limitazione del numero dei ceri. Perciò questa rubrica,
di carattere soltanto latamente relativo all’abbigliamento, va tenuta presente
più quale riferimento alla più ampia deliberazione sulla stessa materia del
1540, che per l’evoluzione della normativa in materia. Sempre negli statuti
imolesi, infine, non si trovano norme relative a segni distintivi od eccettuativi relativi agli ebrei; soltanto per le meretrici sono previsti i consueti divieti
di permanere all’interno dell’area urbana o nei pressi di luoghi sacri come
l’abbazia di Santa Maria in Regola.
Gli statuti di Imola del 1334 furono editi a suo tempo da padre Serafino
Gaddoni per il Corpus Statutorum Italicorum2: l’edizione fu condotta dallo
studioso imolese con il consueto rigore, ma risente oramai dei criteri testuali superati con cui fu redatta, soprattutto per la prassi della normalizzazione ortografica dei fenomeni fonetici come lo scempiamento delle consonanti geminate, ma anche per le numerose integrazioni a senso operate sul
testo per rendere correlazioni ed endiadi («pro banno et pena» per il più
semplice «pro banno»; «omnia et singula» per «omnia» etc.). Perciò il testo
che qui si riproduce è stato ricollazionato sull’originale codice membranaceo del XIV secolo, conservato presso l’Archivio storico comunale di Imola,
che è il più antico testimone e che fu utilizzato da Gaddoni per la sua edizione a stampa. Esso è qui indicato genericamente come «Statuto della città
di Imola del 1334» poiché i diversi esemplari della raccolta statutaria imolese, divisi tra i due istituti culturali della Biblioteca e dell’Archivio imolesi,
sono attualmente in corso di riordinamento a cura del personale e non se
può a tutt’oggi (dicembre 2000) dare ancora una segnatura definitiva: esso
è comunque identificabile come il codice di 206 cc. analiticamente descrit-
2
Statuti di Imola del secolo XIV. I. Statuti della città (1334), a cura di S. GADDONI, Milano 1931 (Corpus Statutorum Italicorum, n. 13, n. s., n. 3).
268
Legislazione suntuaria
to e studiato da Andrea Padovani nel Repertorio degli statuti comunali emiliani e romagnoli 3.
Il secondo nucleo di norme suntuarie imolesi è invece integralmente cinquecentesco, costituito da sette diverse deliberazioni del consiglio detto dei
«sessanta sapienti», distribuite nell’arco di quasi tutto il secolo. La serie deliberativa, denominata dei Campioni o annali pubblici, si conserva integralmente a partire dal 15044, ed è di agevole consultazione per l’ampio «Indice
alfabetico delle cose notabili che si contengono nei 67 campioni comunali
dall’anno 1505 a tutto il 1796, desunte dagli spogli che già fece il segretario
D. Giuseppe Passetti dei Campioni suddetti», che dà minutamente conto di
soggetti ed argomenti.
In un contesto politico-istituzionale del tutto diverso rispetto a quasi due
secoli prima (la città è ora parte integrante dello Stato della Chiesa), prosegue la prassi assembleare di un consiglio che è divenuto oramai la sede di
una ben consolidata oligarchia e in cui la magistratura del vessillifero è enucleata come presidente dell’assemblea che – almeno a quanto afferma – agisce e propone «de voluntate et consensu eius dominorum collegarum». In
questa assemblea soltanto in un’occasione si delibera l’imposizione di un segno di distinzione, con il «Decreto che gli Ebrei portino la berretta gialla»5
del 1516; per il resto la materia propriamente suntuaria è quasi sempre commista ad altre, nel quadro dell’affermazione di un complessivo rigore, soprattutto economico, che dovrebbe evitare l’impoverimento dei cittadini per
le eccessive spese e quindi risultare di somma pubblica utilità. Così è ad
esempio nella deliberazione del 1505 per la nomina di Giovanni Battista
Rondinelli a «censore e giudice delle acque» che mette assieme preoccupazioni diverse, passando dalle eccessive spese alle miserie materiali e quindi
morali, fino alla crisi ambientale. Non si sa che cosa possa aver prodotto l’opera del Rondinelli poiché non vi è altra notizia al riguardo fino al 1540,
dove – se la limitazione dei velamina fa emergere ancora una volta le preoccupazioni per l’integrità patrimoniale degli assi ereditari degli imolesi – piuttosto l’intervento di Andrea Ferri fa emergere l’interessante coscienza per le
preoccupazioni di carattere igienico, segnale del progredire di quel processo
3
A. PADOVANI, Imola (BO), in Repertorio degli statuti comunali emiliani e romagnoli (secc.
XII-XVI), a cura di A. VASINA, I, Roma 1997 (Istituto storico italiano per il Medio Evo,
Fonti per la storia dell’Italia medievale, Subsidia, 6*), pp. 121-125, a p. 122.
4
Cfr. Archivi storici in Emilia-Romagna. Guida generale degli archivi storici comunali, a
cura di G. RABOTTI, Bologna 1991, p. 115.
5
ASC IMOLA, Campioni, 3, c. 102.
Imola
269
culturale di “nascondimento” alla vista del defunto e della morte sviluppatosi fino ad oggi.
I reggitori imolesi sembrano animati dalle preoccupazioni più tradizionali al riguardo di questa materia: il timore per il dissesto individuale e collettivo dovuto alle spese eccessive ed inutili; il timore di carattere ideologico-politico per il disordine sociale indotto da chi assume atti e comportamenti superiori alla sua condizione, e principalmente per i rustici (ma si dovrà piuttosto immaginare l’irritazione per gli homines novi che imitano i modelli di
comportamento dell’oligarchia e che poi saranno via via cooptati nel ceto
dirigente). Il valore qui difeso, dichiarato e propagandato è la «indemnitas
populi», ma ciò non di meno i diversi successivi tentativi di riforma sono
destinati a fallire: o per disinteresse, o forse perché, in particolare negli anni
Novanta del Cinquecento – che sono anni calamitosi di crisi diffusa – queste preoccupazioni per le spese eccessive sono superate a livello mentale e
politico da ben altri problemi più concreti e diretti. Così il problema del lusso riemerge – tra moralismo e necessità – nel più ampio quadro del calmieramento delle tariffe delle arti, e vi è chi sembra voler ricordare la priorità
del prezzo del pane rispetto a quello dei vestiti.
Il timore di essere “irrisi” dalle arti fa ipotizzare anche una possibilità di
pressione lobbistica degli artifices (suggestiva, ma qui non documentabile)
per opporsi a misure dirigistiche che avrebbero minacciato le loro speculazioni e la libertà di movimento nell’incipiente «mercato», inteso in un senso
più vicino a quello moderno anche per quanto riguarda le vesti. È pure verosimile una reazione dell’aristocrazia ai segni di ascesa e di mobilità sociale
relativamente dal basso degli artifices, che assumono modelli esteriori di
comportamento finora estranei alla loro conditio, qui mascherata con la
preoccupazione per l’indemnitas.
Ma non si può non sottolineare, infine, la stanchezza dei consiglieri a dibattere su di una normativa che, se inattuata, si volge a scorno di chi la emanò: questa fatica, lo scetticismo o il disinteresse per la loro osservanza, sono
chiari nell’intervento di Alessandro Calderini del 1541, dove si chiede che si
faccia un decreto soltanto se poi lo si farà osservare, altrimenti «melius est
non condere leges quam a conditis turpiter desistere». Ancora nel 1594 in
due sole righe si legge tutta la difficoltà di gestire una materia che sarà pur
anche «negotium maximi momenti», ma che è stata discussa più volte e alla
fine mai «executioni demandata»: il fastidio di chi ritiene prioritario un calmiere generale, e propone di posporre quello che, agli occhi di più d’uno, è
oramai un falso problema o soltanto un sintomo tra gli altri di una crisi diversa e più generale, convive con chi ancora sostiene anche con esagerazioni
retoriche una battaglia per la moralità, come Pietro Antonio «a Piro», che
certo avrà visto con irritazione parvenus – più che rustici – vestire «cum au-
270
Legislazione suntuaria
ro», anche se non gli può più credere fino in fondo quando vuole che «di
questi tempi si servano di vestiti bordati d’oro anche i guardiani di pecore e
di capre» («et praecipue rusticorum, cum etiam custodes pecorum et ovium
hisce temporibus utantur vestimentis cum auro»)!
C’è poi nei consiglieri, che hanno sicuramente qualche dimestichezza
con la documentazione del comune, una chiara “memoria storica” di questa
sovrapposizione tematica di dibattiti a vuoto: nel 1584 «Dominus Bernardus a Piro dixit decretum de anno 1539 extare, et fuit observatum tunc
temporis per nonnullos annos, postea in desuetudinem abiit»6. A prova di
questa stanchezza per la “vanità della lotta alla vanità”, stia il fatto che le ripetute nomine di commissioni ad reformandum su questo argomento continuarono a non sortire alcun effetto per tutto il XVI secolo e anche oltre: di
tali pragmaticae si parlerà ancora in consiglio in maniera più o meno inconcludente nel 16687, nel 17038 e nel 17319.
Dal punto di vista puramente testuale, i singoli punti relativi alla materia
suntuaria si trovano naturalmente intercalati, all’interno di ordini del giorno
spesso assai densi, a dibattimenti su molte altre e diverse questioni: pertanto
qui si riportano soltanto i contenuti dei dibattiti specifici e delle relative deliberazioni.
Per quanto riguarda le altre fonti spogliate senza riscontro di norme e di
delibere di carattere suntuario, va ricordato che nel resto del territorio imolese si conservano innanzitutto redazioni statutarie anche per il comune di
carattere federale del contado d’Imola (due redazioni degli anni 1341 e
1347)10 e per Casalfiumanese11: i rubricari editi nelle schede compilate da
Andrea Padovani per il Repertorio degli statuti comunali emiliani e romagnoli
consentono di escludere, come è per altro prevedibile per centri ed aree dal
carattere non urbano, la presenza di normative di carattere suntuario nel
contado imolese. Sempre nel territorio imolese si conservano deliberazioni
antiche soltanto per Dozza (BO), dal 151812.
6
Tuttavia non si conosce alcun decreto suntuario di quell’anno, né figura nei Campioni del 1539 alcun dibattito al riguardo: è verosimile che si tratti di una decretazione perduta, oppure che la citazione fatta a memoria si riferisca invece alle deliberazioni del vicino anno 1541.
7
ASC IMOLA, Campioni, 41, cc. 223, 247-248.
8
Ibid., 46, cc. 3-4, 6 e 9.
9
Ibid., 51, c. 165.
10
A. PADOVANI, Imola, contado, in Repertorio degli statuti comunali... cit., pp. 125-141.
11
ID., Casalfiumanese (BO), in Repertorio degli statuti comunalii... cit., pp. 141-142.
12
Cfr. Archivi storici… cit., p. 104.
Imola
271
Per il resto, a seguito di distruzioni belliche si conserva soltanto materiale
moderno (secc. XVIII-XX) escluso dai limiti temporali di questa ricerca per:
Borgo Tossignano (BO)13; Casalfiumanese (BO)14; Castel del Rio (BO)15;
Castel San Pietro (BO)16; Fontanelice (BO)17; Mordano (BO)18; Ozzano
dell’Emilia (BO)19.
Non vi è infine alcuno studio o bibliografia specifica di carattere suntuario per l’imolese che sia stato edito fino ad oggi20.
Enrico Angiolini
L’elenco delle fonti consultate è il seguente:
* Statuti cittadini: ASC IMOLA, Statuto della città di Imola.
* Deliberazioni consiliari: ASC IMOLA, Campioni, 1-29 (1505-1601).
* Statuti del territorio: Contado d’Imola: AS ROMA, Statuti, n. 481 (1341, copia utilizzata dalla comunità di Solarolo), AS BO, Archivio Malvezzi-Campeggi, Quarta Serie, 97/757 (1341, copia utilizzata dalla comunità di Dozza);
Casalfiumanese: Decreta, statuta, ordinationes, immunitates et privilegia communitatum potestariae Casalis Fluminensis..., Bononiae, Clementis Ferronii,
1636.
13
Cfr. Ibid., p. 65.
Cfr. Ibid., p. 76.
15
Cfr. Ibid., pp. 77-80.
16
Cfr. Ibid., pp. 88-95.
17
Cfr. Ibid., p. 108.
18
Cfr. Ibid., pp. 144-145.
19
Cfr. Ibid., pp. 145-146.
20
Cfr. l’amplissima bibliografia compilata da A. FERRI, Imola. Repertorio di bibliografia
storica, Imola (BO) 1994.
14
INDICE DELLE FONTI
1334
Statuti
ASC IMOLA, Statuto della città di Imola del 1334.
Ed.: Statuti di Imola del secolo XIV. I. Statuti della città (1334), a cura di S. GADDONI, Milano 1931 (Corpus Statutorum Italicorum, n. 13, n. s., n. 3), pp. 223-226,
238-239.
De penis portantium ornamenta (Lib. III, Rub. XCIII, cc. 106v-108v)
De observantiis supra funeribus defunctorum (Lib. III, Rub. CXVIII, cc.
114r-115r)
1505, gennaio 20
Campioni
ASC IMOLA, Campioni, 1 (1505-1507).
Electio Ioannis Baptiste Rondinelli in censorem et iudicem aquarum (c. 27r)
1540, aprile 4
Campioni
ASC IMOLA, Campioni, 8 (1538-1540).
Modus servandus in funeralibus defunctorum noviter reformatus (cc. 226v227v)
1541, aprile 11
Campioni
ASC IMOLA, Campioni, 9 (1541-1542).
Electio civium ad reformanda ornamenta (c. 47r-v)
274
Legislazione suntuaria
1574, giugno 15
Campioni
ASC IMOLA, Campioni, 21 (1574-1579).
Ordo super pompis (c. 12r)
1584, dicembre 20
Campioni
ASC IMOLA, Campioni, 23 (1583-1585).
Electi super pragmatica indumentorum et convivum (c. 111v)
1594, ottobre 17
Campioni
ASC IMOLA, Campioni, 26 (1592-1594).
Electi super pragmatica vestitus et ornatus (cc. 224v-225r)
1599, maggio 14
Campioni
ASC IMOLA, Campioni, 28 (1598-1599).
Electi super pragmatica introducenda (c. 66r-v)
FONTI
1334
Statuti
De penis portantium ornamenta
Ad revocandas graves et honerosas expensas quas universi homines civitatis Imole et districtus, non sine ipsorum reali stipendio, circa vestes et alia varia ornamenta, tam virorum quam mulierum, inutiliter faciebant, hoc statuto preciso infrascriptas positiones super hiis inviolabiliter decernimus observari, videlicet: quod
nulla persona, masculus vel femina, civitatis Imole vel districtus, cuiuscumque conditionis existat, miles vel doctor decretorum vel legum vel medicine, sive uxores vel
filie alicuius eorum, possint vel debeant de cetero portare pro ipsorum usu aliquod
vestimentum vel in capite aliquod ornamentum de auro vel argento, videlicet: frisos, gramatas, sertam seu coronam vel cercletum, sprangas, canellas, flubetas, cordellas, botuncelos aut margaritas sive perlas, nacharas, smaltum, coraglium, ambros, cristalos, gemas aut aliquas alias gemas seu lapides preciosos, preter lapides
anulorum, vel aliquod ornamentum de auro vel de argento, vel quocumque metallo
cuiuscunque generis speciei foret aut qualitatis existat, alium quam maspilos de auro vel de argento, quos eis liceat portare ad collum vel ad manichas pro aflubatura,
ponderis duarum untiarum et non ultra.
Possint tamen milites, advocati, medici et quecumque eorum mulieres portare
centuram de auro vel de argento pretii et extimationis librarum decem vel ab inde
infra; et bursa de setta, seu serico, valoris et extimationis quadraginta solidorum bonenorum vel ab inde infra, in quantum non sit aurum vel argentum sutum vel contestum; et etiam in digito vel in digitis unum vel duos anulos tantum de auro vel de
argento; et si que predictarum personarum contrafecerint, puniantur pro quolibet
et pro qualibet vice in quadraginta solidis bonenorum. Possint quoque milites et
doctores prefati et eis liceat, ad decorem militie et doctoratus, portare pomum ensis, sperones, mucrones, calcaria, frenum, sellam, staffam et poysolam deauratam.
Item quod nulla mulier civitatis et districtus Imole, cuiuscunque status et condictionis existat, de cetero possit vel debeat portare de die in domo vel extra do-
276
Legislazione suntuaria
mum in capite caputeum seu capellinam, pena cuilibet que contrafecerit, pro qualibet vice, quadraginta librarum bonenorum.
Item quod nulla persona, masculus vel femina, civitatis vel districtus Imole,
cuiuscunque status vel condictionis existat, de cetero possit vel debeat portare aliquod vestitum ad retaglium suttum de pannis diversorum colorum, exceptis quam
de medietate per longum equali; et quod aliquod vestimentum alicuius predictorum non habeat aliquam ymaginem vel figuram, seu literas aut cordellas suttas vel
contestas de seta vel de serico.
Item quod nulla persona, masculus vel femina, civitatis Imole vel districtus, audeat vel presumat portare in dorso vel in capite vestem de veluto vel samito vel alio
panno deaurato vel de serico, pena quinquaginta librarum bonenorum cuilibet
contrafacienti. Et quolibet predictorum casuum, ubi dicte mulieres penam ex facto
huiusmodi incurerent, teneatur pater pro filia, avus pro nepote in potestate eorum
existentibus non nuptis, et maritus pro uxore ad solutionem condempnationis facte
ob predictorum aliquod de aliqua ex dictis mulieribus possint astringi, cogi et compelli; ita quod quantum solverit ipse maritus pro dicta uxore ipso facto de docte
eius lucretur et in restauratione doctis fiende mulieri vel alteri pro ea tanta quanta
debeat compensari, et ipso iure compensata habeatur. Ita tamen quod si contingat
aliquam mulierem alicuius uxorem condemnari occasione predicta, ultra solutionem, potestas non possit maritum qui aliam condempnationem facta de uxore dicta de causa solverit, compellere ad solutionem condempnationis facte, vel alterius
propria de uxore facte. Sed ipsam mulierem compellere debeat ad solvendum, si
preter dotem habuerit; si vero non habuerit unde solvat, tunc debeat mulierem talem facere carcerari apud aliquem locum religiosarum mulierum, et frater pro sorore in domo secum habitante et non nupta. Ad quas penas solvendas predicti et quilibet predictorum totiens quotiens contrafactum fuerit, per potestatem prefatum
realiter et personaliter compellatur.
Item quod nullus aurifex, civis vel forensis vel districtus Imole, audeat vel presumat aliquod predictorum ornamentorum superponere alicui vestimento alicuius
predictarum personarum, pena cuilibet contrafacienti et pro qualibet vice et quolibet vestimento quinquaginta librarum bonenorum.
Item quod potestas civitatis Imole, qui nunc est vel pro tempore fuerit, ex suo
offitio teneatur et debeat de predictis diligenter et efficaciter, non ficte, non simulate inquirere; et etiam mitere qualibet festivitate solemni unum de militibus seu sociis ipsius, vel plures per civitatem Imole, specialiter ad ecclesiam seu ecclesias de
mane, hora qua celebrantur divine solepnitates, ubi tale festum celebrabitur omnium predictorum, et dictus miles teneatur sibi facere ostendere centuras, bursas et
alia in presenti statuto vetita, et ea diligenter inspicere et videre, et contra predicta
vel aliquod predictorum contrafacientes punire et condepnare iuxta penam suprascriptam; pena et banno potestati prefacto pro qualibet festivitate solepni que per
eum obmissa fuerit, vel aliquod predictorum, quinquaginta librarum bonenorum.
Et sindici, tempore eorum inquisitionis, teneantur et debeant de hoc inquirere, et
inventum potestatem de predictis culpabilem vel remissum, punire secundum formam presentis statuti pena eisdem sindicis et cuilibet eorum in statuto predictorum sindicorum contenta. Et sit precisum et pro preciso habeatur et observetur.
Imola
277
Item quod nullus sutor vel sartor, civis vel forensis in civitate vel districtu Imole,
de cetero audeat vel presumat aliquod vestimentum de predictis incidere vel suere,
aut aliquem pannum ad aliquem ex formis predictis prohibitis supra reducere, facere vel construere, pena cuilibet contrafacienti pro quolibet vestimento librarum
quinquaginta bonenorum. Et predicta omnia et singula et quodlibet predictorum
intelligatur etiam de forensibus masculis et feminis habitantibus in civitate Imole
vel districtu, salvo quod presens statutum nullum preiuditium gravetur, nec derogetur quo vigore reformationis de mense iulii proxime preteriti in conscilio sapientum civitatis Imole, scripta per Zonem Gallassii notarium, domine seu mulieres et
pueri infra quinque annos possint portare vestes quas nunc habent licite et impune
sine aliquibus ornamentis, scilicet hinc ad tres annos tantum.
De observantiis supra funeribus defunctorum
Nullus mortuus debeat portari in brachiis nisi fuerit minor septem annis, sed in
feretro seu barra vel in capsa; et postquam positus fuerit in capsa seu barra et extractus de domo non ponatur in terra nisi ad ecclesiam, et nullus debeat fieri facere
cereos sive duplerios ad obsequias alicuius defuncti, exceptis duobus dupleriis sive
cereis qui portantur per societatem sancte Marie, qui conveniunt ad laudes.
Et nulla mulier debeat ire ad ecclesiam, nec aliqua adunatio seu congregatio
mulierum fieri in domo de qua extrahunt defunctum a die sepulture in antea, nisi
causa faciendi corruptum sive planctum; et nulla mulier recedendo a domo defuncti debeat ire plorando vel se fletendo. Et nullus debeat sine et cum mantello, birreto
seu caputeo seu capelina vel infula, quam habuisset tempore aliquo dicti corrupti,
se disbatere et extrahere, sive de capite tollere vel alta voce clamare, vel se capillare;
salvo quod illi qui deputati fuerint ad dandum candellas ad mortuum deferendum
possint se tantum tunc desmantare.
Et nullus debeat ingredi domum defuncti, nisi ad quem vadat, et cum homines
venirent, incontinenti debeant sedere omnes, et nullus stare debeat rectus, nisi fuerit de vicinia defuncti vel ex traversa linea usque ad tercium gradum consanguinitatis et affinitatis, qui stare possint in domum, intrare cum mortui de domo extrahuntur, et in ea competenter conqueri condolere; et omnes alii incontinenti de domo recedant post reditum, ut supra. Et qui vel que contrafecerit, solvat pro banno
pro qualibet vice in quolibet capitulo centum solidos bonenorum, et maritus teneatur solvere condemnationem pro uxore delinquente, et in suis doctibus et bonis
computare possit. Et ad hoc ut predicta omnia capitula melius observentur, quatuor boni homines elligantur de quolibet quarterio per dominum potestatem seu
capitaneum et per antianos de mense maii, que ire debeant et interesse cuilibet defuncto de suo quarterio, et contrafacientes acusare; quorum denuntiationi, vel saltim duorum ex eis, vel eorum sacramento stare et stetur cum uno teste bone fame
qui non sit de dictis quatuor hominibus, et habeant et habere debeant mediatatem
condepnationis, et teneatur in credentia.
Et potestas et sui familiares teneantur procedere contra quemlibet contrafacien-
278
Legislazione suntuaria
tem in aliquo predictorum, et nihilominus inquisitionem facere de predictis et infrascriptis quotienscumque et quandocumque sibi videbitur convenire, et suam familiam vel saltem duos ex eis teneantur mictere ad quemlibet defunctum et scribi
facere omnes contrafacientes ad corruptum; et contra eos potestas procedere teneatur, qui scripti erunt, ut supra.
Et si predicti quatuor homines pro quolibet quarterio erint negligentes et contrafecerint contra predicta, vel aliquod predictorum infra tertiam diem non denuntiaverunt vel aliquam fraudem committerent in eorum offitio, condampnentur in
centum solidis bonenorum per dominum potestatem pro quolibet eorum. Et mulier quelibet decedens debeat poni in capsa et claudi ita quod non videatur et in sepultura sic poni et sepeliri, in cuius sepultura observari volumus que supra in obsequiis masculi defuncti sunt dicta. Et quod potestas nec aliquis officialis non possit
procedere alicui licentiam contra predicta vel aliquod predictorum, pena quinquaginta librarum bonenorum cuilibet officiali contrafacienti.
1505, gennaio 20
Campioni
Electio Ioannis Baptiste Rondinelli in censorem et iudicem aquarum
Dicta die et eodem instanti, prosequendo in iis que pro honore comunitatis
agenda erant, supradictus dominus magister Hyeronimus1 consulendo proposuit
quod pro moribus servandis in civitate, et presertim super ornatu mulierum, ne excedatur modus et condictio personarum in vestiendo suas mulieres, adeo quod depauperari contingere posset; ac in explorando condictiones et vitam hominum degentium in ipsa civitate Imole, ne malis hominibus sit repleta, et quod singuli habitantes in ea laudabilibus exercitiis vacent, et vitam ducant honestam; similiter ut
ager et territorium ipsius civitatis fructuosum reddatur, nec ab aquis inundari contingat, sibi videtur ut eligatur et deputetur aliquis civium quippe qui supradictis sit
intentus, et vacare debeat et huiusmodi officia exercere, cum aliquo condecenti et
honesto salario prout comunitati videbitur convenire. Et quod ad talia agenda et
exequenda videtur sibi idoneus satis, et super que satis, nobilis vir Ioannes Baptista
Rondinellus de Lugo, civis Imole, qui et ingenio ac fide in hac civitate pollet.
Hiis dictis et consultis, surgens eximius legum doctor dominus Hanibal de Verona, civis Imole, unus de consilio civitatis Imole, ac petita obtentaque loquendi licentiam, dixit quod eius iudicio omnia supradicta et consulta per prefatum dominum magistrum Hieronimum conservatorem bene, prudenter ac salubriter excogitata et consulta fuere, quoniam multe ingentes fiunt expense circa ornatum mulie-
1
È Girolamo «de Vestris», membro della magistratura dei Conservatori, come si desume dal
protocollo iniziale della deliberazione.
Imola
279
rum que superflua omnino existunt, et ultra dotes coniuges seu mariti plerumque
expendunt, quod in deteriorationem civitatis et patrimoniorum cedere dignoscitur,
et ideo utile et oportunum fore providere. Parimodo super moribus et vita hominum degentium in civitate Imole, qui nonnulli facinorosi et iuvenes existunt qui
potius malis moribus operam traddunt quam virtutibus, et sic multa scandala ac
indigna facinora comittunt, oportunum arbitratur hiis malis obviari. Preterea super
facto agrorum et possessionum civium, que propter incuriam ac negligentiam agricolarum ab aquis pessumdantur et inundantur, sit necesse providere ut, ab offitiale
huiusmodi super aquis deputando, cogantur sub aliqua pena fodere ac reparare fossata, cuniculos et ductus aquarum, ut aptius ac facilius aque discurant et possessiones uberiores efficiant; et ita approbando et confirmando dictum prefati domini
conservatoris de electione in persona supradicti Ioannis Baptiste Rondinelli fienda,
quod suo iudicio vir est usquequaque ad similia et maiora idoneus, et qui huic patrie nostre Imolensi toto animo afficitur, et debeat eligi ad dicta offitia gerenda,
quia, eius industria ac diligentia, omnia in civitate bene ac rite fient.
Quibus prolatis, nonnulli alii de consilio eodem affirmaverunt ac dixerunt quod
supradictus Ioannes Baptista sic eligatur. Fuitque mihi Ioanni Baptiste cancellario
supradicto impositum ut predicta ponerem ad partitum, videlicet: quibus placet
quod prefatus Ioannes Baptista Rondinellus sit electus ad predicta det fabas albas,
cui tamen non placet etc. Datis vero, lectis et propalatis, albe del sic fuerunt quadraginta octo, nigre tres in contrarium; et sic obtentum et firmatum fuit.
1540, aprile 4
Campioni
Modus servandus in funeralibus defunctorum noviter reformatus
Et facto silentio in dicto consilio, ser Iacobus Lapus, prior dominorum conservatorum, de voluntate et consensu eius dominorum collegarum, dixit prefato consilio quod populus Imolensis multum patitur detrimentum in funeralibus defunctorum quia maxime fiunt expense; et ne ipsa magnifica comunitas sucurreret indemnitati eius populi, cives et artifices Imolenses in extremam paupertatem redigentur, in maximum eorum damnum et civitatis dedecus. Quapropter, iuditio suo,
in sepulturis mortuorum deberet inviolabiliter observari decretum ipsius magnifice
civitatis de materia huiusmodi loquentem, et mandavit super hoc consuli debere
pro publica utilitate istius magnifice civitatis et populi eius.
Dominus Nicolaus de Codrunco, surgens, consulens, dixit omnia ut supra proposita per magnificum dominum priorem facienda esse pro publica utilitate civitatis et indemnitate civium eius; et subiunxit quod debet etiam fieri prohibitio quod
nullus ex consanguineis vel amicis vadat ad associari cadaver cum defertur ad sepulturam, quia est addere afflictionem afflictioni in tali casu, et quia etiam oriunt aliqua odia quia unusquisque vult precedere.
280
Legislazione suntuaria
Dominus Michael Machirellus idem dixit quod fiat, et debet prohiberi etiam
ne dentur velamina mulieribus consanguineorum defuncti, quia in datione dictorum velaminum multe fiunt expense, et hereditas multum patitur detrimentum.
Dominus magister Andreas de Ferris surrexit et consuluit predicta esse sacrum
pro utilitate publica dicte civitatis, et in hac reformatione debeat addi quod mulieres non possint stare super cadaver, ad evitandum aliquas egritudines que ab ipso
corpore nasci possent, quia separata anima ab eo illud corpus corumpitur, et ex eo
sepissime multa mala oriunt.
Multi alii consuluentur quod predicta ut supra proposita et consulta exequantur, quia omnia ad utilitatem populi Imolensis tendunt, et in decreto fiendo apponatur pena solvenda statim per contrafacientes.
Quibus ut supra dictis et consultis, prefatus dominus prior, de voluntate et
consensu eius dominorum collegarum, mandavit poni, ut consultum fuit, sequens
partitum, videlicet: quibus videtur et placet quod, vigore presentis partiti, in
futurum hae serventur ordinationes in funeralibus defunctorum, videlicet quod in
morte cuiuscumque persone, cuiusvis conditionis, non possint interesse nisi una
societas disciplinatorum, si defuncti tantum heres eam voluerit, et ecclesia
parrochialis sub qua defunctus curatus fuit, cum sex presbiteris tantum, et ecclesia
in qua sepelitum est, cum totidem presbiteris (et seu fratribus, si dicta ecclesia erit
sub cura fratrum); et ecclesia cathedralis, si eam voluit defuncti heres, in capellanis
decem, mansionariis duobus, quatuor canonicis et duobus dignitaribus dicte
ecclesie tantum, et dumtaxat et non amplius. Et in pompa funebri non possint
defferri nisi quatuor dupleri accensi pro concomitanti cadavere ad ecclesiam ad
quam portabitur.
Et quod cadaver, usque quo permanserit in domo, debeat poni in loco ubi non
possint stari affines neque domestici cuiusvis sexus, sed se recipiant in alio loco domus, in quo manere debeant amici eos visitaturi; et dum cadaver portatur ad sepolturam, nullus ex affinibus, domesticis, consanguineis et amicis associet ad ecclesiam, sed portetur associatus presbiteris et fratribus tantum cum dictis dupleriis accensis, ut supra dictum est. Nec possint alie campane civitatis pulsari, nisi supradictarum ecclesiarum, et eorum tantum.
Item quod heredes defuncti, et seu eorum agentes, non possint dare velamina
nisi usoribus, matribus, filiabus, sororibus et soceribus respective defuncti, si in
eisdem dare voluerint, nisi per defunctum super consignatione dictorum velaminum aliter per eius testamentum fuisset dispositum; sub pena, si contrafactum
fuerit in aliquo ex predictis capitulis, pro quolibet contrafacienti ducatorum decem auri camere apostolice et comunitati Imole pro medietate, et pro alia medietate accusatori et executori applicanda. Et hoc statutum sit precisum, et intelligatur precise ad litteram in quolibet sui parte, non obstantibus statutis, decretis,
usu et consuetudine hucusque observatis, et quibuscumque aliis in contrarium
facientibus.
Dent fabas albas; quibus vero non placet dent nigram. Datis fabis albis et nigris,
et illis secrete recolectis ac publice numeratis, reperte fuerunt fabe albe del sic nu-
Imola
281
mero quadragintaquinque, et nulla nigra, et sic fuit strictum et obtentum dictum
partitum nemine contradicente2.
1541, aprile 11
Campioni
Electio civium ad reformanda ornamenta
Et facto silentio in dicto consilio, magnificus dominus vexillifer3, de voluntate
et consensu eius dominorum collegarum, dixit et proposuit quod esset bonum, pro
honore consilii et indemnitate populi Imolensis, limitare vestimenta civium, artificum et rusticorum civitatis, et providere quod unusquisque servet habitum condecentem iuxta eius conditionem, quia multi vestiuntur vestibus existentibus supra
eorum conditionem et facultatem, ex quibus maximi fiunt sumptus in civitate et
territorio Imolensi, qua de causa multi dequoxerunt; unde recti presidentis est officium eorum quos sub eius cura habet deffectus cognoscere, et indemnitati ipsorum
consulere, quoniam bene institute civitates facillime reguntur et conservantur. Et
mandavit super hoc opportune consuli.
Dominus magister Andreas de Ferris, surgens, inquit super huiusmodi vestitu
extare decretum inter alia decreta istius civitatis, et consuluit illud inviolabiliter observandum esse pro honore civitatis, et indemnitati populi.
Dominus Alexander Calderinus surrexit, et dixit decretum huiusmodi reformatione fuit iam longo tempore, quapropter est necesse aliquod novum decretum super huiusmodi negotio ad beneficium universalem tendentem edere; sed bene advertendum est quod tale decretum non fiat neque publicetur, nisi debite executioni
mandetur, quia melius est non condere leges quam a conditis turpiter desistere.
Comes Caesar della Bordella, surgens, consulens dixit quod eligantur aliqui cives qui faciant capitula super dictis ornamentis, quia in reformatione huiusmodi
habenda est maxima consideratio.
Ser Ioannes Baptista a Piro surrexit et consuluit ordinationem huiusmodi facienda esse, quia multi, propter inordinatas expensas factas in vestitu, ad summam
egestatem devenerunt, et – ut in vulgo dicitur – sono andati in ciatte.
Quibus ut supra dictis et consultis, predictus magnificus dominus vexillifer, de
voluntate et consensu eius dominorum collegarum, mandavit poni, prout positum
fuit, sequens partitum, videlicet: quibus videtur et placet quod, vigore presentis
partiti, eligantur et electi esse intelligantur, cum magnifico magistratu civitatis Imole, infrascripti cives, videlicet:
2
Infra alle cc. 232 verso - 233 recto segue l’approvazione da parte del Presidente di Romagna Giovanni Guidiccioni da Lucca, vescovo di Fossombrone, pubblicata il 15 aprile 1540.
3
È il giurisperito Domenico «de Avenalibus», come si desume dal protocollo iniziale della deliberazione.
282
Legislazione suntuaria
Dominus magister Andreas de Ferris
Dominus Nicolaus de Codrunco
Ser Ioannes Baptista a Piro
Dominus Anibal Sassatellus
Dominus Alexander Calderinus
Comes Caesar della Bordella
Dominus Aristotelos Hectoris
Ser Vincentius de Gylettis
Dominus Vincentius Seraldus et
Ioannes Franciscus Ghini
ad reformandum et reformationes faciendas circa ornamenta civium, artificum,
rusticorum et mulierum civitatis, comitatus et districtus Imole; cum hoc tantum
quod, facta requisitione de suprascriptis electis, illi qui interfuerint possint et valeant dictas facere reformationes, ipseque facte, valeant et teneant ut si omnes electi
interfuissent; et quicquid per dictos suprascriptos electos factum fuerit in premissis,
illud totum – vigore huius partiti – approbatum esse intelligatur, prout si per dictum consilium factum fuisse, accedente tamen huic reformationi consensu illustrissimi et reverendissimi domini legati provincie Romandiole.
Dent fabas albas etc. Datis fabis albis et nigris, et illis secrete recolectis et publice numeratis, reperte fuerunt fabe albe del sic numero quadraginta quinque, et nigre due del non; quibus tamen non obstantibus, fuit victum et obtentum dictum
suprascriptum partitum.
1574, giugno 15
Campioni
Ordo super pompis
Insuper ordinatum fuit quod domini electi super reformationem ordinamentorum et decretorum comunis Imole ordinem pomparum cum domino gubernatore
et magistratu compilent – approbandum per reverendissimum presidentem – prout
ipsis videbitur et placuerit.
1584, dicembre 20
Campioni
Electi super pragmatica indumentorum et convivum
Magnificus dominus vexillifer4 mandavit legi supplicationes, seu memoriale
transmissum per dictum dominum vexilliferum magnifico magistratu super pragmatica fienda super vestimentis muliebribus et expensis funeralibus, et eligendis ci-
4
È Alessandro Sassatelli, come si desume dal protocollo iniziale della deliberazione.
Imola
283
vibus duis qui tradent cum dominatione sua dictum negotium; et lecte fuere, prout
etiam observationes date per priorem concionatorem ecclesie cathedralis, ante dictum caput et alia capita.
Dominus Petrus Ravennas Arvasinus dixit opus propositum esse amplectendum per hanc civitatem, cum sit necessarium et utile, nec discedamus absque
conclusione.
Dominus Ioannes Baptista Brocardus ivit in sententiam domini Arvasini, et
eligendos cives qui tradent negotium, cum et utilitatem et honorem civitatis
concernat.
Dominus Fabritius Faellus consuluit ut ex quatuor et pluris fuit aliter in consilio alloquutum, et adsunt – si recte meminit – electi, et fiat etiam electio civium in
presentiarum qui tradent.
Dominus Agamenon de Palatio dixit hoc opus difficile esse; ideo consulto negotio publica geramus, et observet.
Dominus Bernardus a Piro dixit decretum de anno 1539 extare5, et fuit observatum tunc temporis per nonnullos annos, postea in desuetudinem abiit.
Et facta fuit electio civium infrascriptorum, qui cum dicto domino vexillifero
sint et tradent negotium iste pragmatice vestimentorum, iuxta contentum memorialis porrecti tam per dicto domino vexillifero quam per concionatorem, et etiam
super conviviis et solutione pecuniarum fienda aromatariis pro pauperibus infermis. Qui electi sunt infrascripti:
Dominus Paulus Macherellus
Dominus Fabritius Faellus
Dominus Nicolaus a Vulpe
Dominus Franciscus Chilonus.
Domini electi
1594, ottobre 17
Campioni
Electi super pragmatica vestitus et ornatus
Deinde illustrissimus dominus vexillifer6 proposuit qualiter domini electi a magnifico consilio super moderatione artium se congregaverunt cum illustrissimo magistratu, et iam inceperunt ordinare moderationem pretiorum in multis rebus ne-
5
Non si conosce alcuna determinazione in materia per quell’anno, per cui pure i Campioni si conservano; probabilmente il consigliere farà riferimento al deliberato del 1541, di
cui ricorda correttamente il contenuto ma al cui riguardo si sbaglia per quanto attiene alla
datazione.
6
È ancora Alessandro Sassatelli, ut supra.
284
Legislazione suntuaria
cessariis7, ideo an videatur etiam eisdem ordinare et facultatem tribuere, ut possint
facere pragmatica circa vestitum, tam mulierum quam virorum, ac ornatu earundem mulierum; necnon etiam circa vestitum et expensas inutiles ac impertinentes
quas faciunt rustici, et pariter circa pompas funerales, et cum hoc sit negotium maximi momenti, mandavit discurri quid agendum.
Dominus Petrus Arvasinus dixit aliter fuisse facta huiusmodi pragmatica circa
ornatum et vestitum, necnon circa funerales; sed ex quo non fuit executioni demandata, ideo timet etiam ne in futurum observetur, et ideo subdit sibi videri valde
opportunum, utile ac valde decorum huic civitati, ut dicta pragmatica non solum
fiat sed, postquam facta fuerit, executioni demandetur.
Dominus Virgilius Matius dixit non solum esse utile et decorum, verum etiam
valde necessarium ut fiat pragmatica proposita et insimul moderentur pretia rerum.
Magnificus dominus Alexander Burghesius dixit quod ex quo pretium frumenti
ad honestum signum redactum est, videlicet libre sex pro qualibet corbe, utique expedit etiam pretia rerum singularum moderare et minuere, concurrente precipue
expressa voluntate et voto illustrissimi domini praesidis provinciae; et cum cives
omnes sunt valde aere alieno gravati, ob dispendia magna que sustulerunt proxime
iam lapsis calamitosis annis, opus pretiosum est etiam instituere pragmaticam et taxam pro minuendis sumptibus inutilibus ipsorum civum, tam circa vestitum et ornatum mulierum, quam etiam virorum, necnon circa funeralia que fiunt pro defunctis, quocirca consuluit tribuendam esse omnimodam auctoritatem suprascriptis
dominis electis super artium et pretiorum rerum moderationem, ut etiam talem
pragmaticam conficiant et perficiant.
Magnificus dominus Hortensius Carvasallus summopere comendavit sententiam domini Alexandri Burghesii, et ideo dixit negotium propositum non verbis indigere, sed executione.
Dominus Ruggerius Magnanus dixit in primis et ante omnia esse faciendam
moderationem artium, ne artifices huius civitatis nobis irrideant, et deinceps esse
ordinandam pragmaticam circa vestitum et ornatum, ut supra.
Dominus Petrus Theodiscus laudavit ut quam primum fiat moderatio artium,
et ponantur iusta pretia rebus, et deinceps fiat pragmatica vestitus, et ordines huiuscemodi non solum fiant, sed curentur observari.
Conclusum igitur fuit viva voce ut eligantur cives, quibus tribuatur omnimoda
potestas ac auctoritas faciendi et stabilendi pragmaticam predictam circa ornatum
et vestitum ac funeralia, firma manente electione civium aliter facta pro artium moderatione et pretiorum rerum adaptatione; et sic pro tali pragmatica conficienda
fuerunt electi: magnificus dominus Pinus Bonmercatus, magnificus dominus Dominicus Macchirellus, dominus Gabriel Vestrius, dominus comes Hanibal Burdegallensis ac dominus Ioannes Baptista Tedeschius.
7
L’elezione di una commissione per la moderatio artium et pretiorum rerum si era avuta
contestualmente: cfr. supra, alle cc. 222-223.
Imola
285
1599, maggio 14
Campioni
Electi super pragmatica introducenda
Postea illustrissimus dominus vexillifer8 proposuit qualiter aliud negotium gravissimum instat, quod est ut fiat et introducatur pragmatica super pompis et ornatibus muliebribus, ac etiam super indumentis hominum, quocirca dixit esse consulendum et resolvendum super huiuscemodi publico bono.
Dominus Octavianus Calvus et ceteri domini conservatores laudarunt propositionem factam, et dixerunt esse faciendam, et ordinandam praxim, seu pragmatica,
et ritum inviolabiliter observandum, ad instar aliarum civitatum.
Magnificus dominus Alexander Borghesius, iuris utriusque doctor, dixit negocium pragmaticae super pompis muliebribus ac earum ornatibus, necnon etiam super indumentis hominum, fuisse iam ordinatum ab illustrissimo consilio diu, et
ideo nunc esse videndam pragmaticam aliter institutam, et adaptandam ac reformandam ad tempus presens; et facta deliberatione, dixit illam fore inviolabiliter
servandam, ne transeat postmodum in derisione.
Magnificus dominus Petrus Antonius a Piro, iuris utriusque doctor, similiter
consuluit esse faciendam pragmaticam non solum circa ornatum muliebrem, verum etiam circa vestimenta hominum, et praecipue rusticorum, cum etiam custodes pecorum et ovium hisce temporibus utantur vestimentis cum auro, quod etiam
faciunt mercatores et artifices.
Conclusum fuit viva voce ut fiat electio civium, qui faciant capitulationem et
regulam pro pragmatica introducenda, et postea referant ad aliud consilium, et sic
fuerunt electi: dominus Ioannes Baptista Tedeschius, dominus Alexander Borghesius, dominus Petrus Antonius a Pyro, dominus Alexander Saxatelus, dominus comes Hannibal Burdegallensis.
8
È Francesco Quaini, come da supra, c. 65r.
FERRARA
a cura di Antonella Campanini
INTRODUZIONE
È noto come la prima normativa scritta della città di Ferrara sia costituita
dagli statuti del 13 maggio 1173, che godono di particolare notorietà non
solo a causa della loro antichità (precedono infatti di dieci anni la pace di
Costanza), ma soprattutto per la materia scrittoria utilizzata. Lo storico, ma
anche il turista e il semplice curioso possono ammirarli infatti incisi sulla
fiancata meridionale della cattedrale ferrarese: è sufficiente chinarsi (il livello
della piazza nel corso dei secoli si è alzato) e aguzzare lo sguardo oltre le vetrine dei negozi, discendenti delle antiche botteghe, che si appoggiano a
quel lato del duomo, alcuni dei quali hanno predisposto anche un sistema di
illuminazione per meglio valorizzare questa particolare risorsa storica cittadina. I negozi alla moda e gli statuti: esempio tangibile e forse unico di come
il lusso si sovrapponga alla normativa, e non soltanto in modo metaforico.
Gli statuti lapidei, comunque, almeno per quanto evidenziato dalla loro
ricostruzione1, non dovrebbero contenere alcun riferimento a legislazione
suntuaria, collocandosi in «quella fase delicata dei processi legislativi in cui
elementi del diritto consuetudinario e brevi consolari (…) tendono ad aggrumarsi non ancora in un corpo organico, ma in un insieme incompleto,
farraginoso e contingente di decreti, che tuttavia ci può dare la misura del
buon grado di autonomia raggiunto dal comune ferrarese»2.
Per assistere alla comparsa di normativa destinata alla limitazione del lusso si deve attendere il corpus statutario successivo, risalente alla signoria di
Obizzo II d’Este; lo statuto fu iniziato nell’anno 1287 e portato a termine,
additiones comprese, intorno al 1291. Obizzo aveva preso il potere a Ferrara
1
A. FRANCESCHINI, I frammenti epigrafici degli statuti di Ferrara del 1173 venuti in luce
nella cattedrale, Ferrara 1969.
2
A. VASINA, A. Ferrara 1173, in Repertorio degli statuti comunali emiliani e romagnoli
(secc. XII-XVI), a cura di A. VASINA, II, Roma 1998 (Istituto Storico Italiano per il Medio
Evo. Fonti per la storia dell’Italia medievale, Subsidia, 6**), pp. 26-29, in particolare p. 28.
290
Legislazione suntuaria
nel 1264, mediante acclamazione sulla pubblica piazza, il giorno del funerale del nonno Azzo VII3; utilizzò gli anni intercorsi tra l’inizio della signoria e
l’emanazione degli statuti per consolidare il proprio potere e piegare, in buona sostanza, le istituzioni comunali a strumento per l’affermazione personale. Non per nulla Dante lo colloca nell’Inferno tra i «tiranni / che dier nel
sangue e nell’aver di piglio», immersi nelle acque vermiglie del Flegetonte4.
La signoria di vari rami della casa d’Este su Ferrara, tra alterne vicende,
lotte fratricide e congiure di palazzo, ebbe durata lunghissima: di fatto dalla
fine del XII secolo a tutto il XVI gli Estensi mantennero il controllo della
città. Si segnala soltanto un breve intervallo a partire dal 1310, quando prevalsero gli eserciti pontifici e Ferrara, già territorio della Santa Sede, ne ritornò sotto il diretto dominio. Il vicariato fu concesso al re di Napoli Roberto
d’Angiò, che inviò alcuni suoi delegati e s’impose militarmente grazie all’aiuto di truppe mercenarie catalane. I ferraresi non tollerarono a lungo la
situazione e una sommossa scoppiata nel 1317 permise agli Estensi di ritornare in città e ripristinare la signoria. Dal 1334, però, essi accettarono di essere investiti dal papa del governo su Ferrara pagando alla Santa Sede un tributo annuale.
Tra i signori più potenti ricordiamo Nicolò III (1393-1441), noto anche
per la fama di libertino – lasciò, oltre ai figli legittimi, un numero di figli
naturali che appartiene più alla leggenda che alla storia – e per la crudeltà efferata che lo portò a condannare a morte la moglie Parisina e il figlio naturale Ugo, scoperti in flagrante adulterio; poi Leonello (1441-1450) e Borso
(1450-1471). Fu quest’ultimo, nel 1456, ad emanare quegli statuti giunti fino a noi grazie a tre copie manoscritte e all’incunabolo fatto stampare vent’anni dopo dal successore, Ercole I (1471-1505).
Nel XVI secolo si assiste al declino della signoria estense. Alfonso I, primogenito di Ercole e scampato a una congiura familiare nel 1506, dovette
barcamenarsi nelle numerose guerre che insanguinarono vaste parti dell’Italia, divenuta terra di conquista per Francia e Spagna; sposò Lucrezia Borgia,
figlia del papa Alessandro VI, realizzando un matrimonio di chiaro interesse
per entrambi. Il figlio Ercole II (1534-1559) ereditò, insieme al ducato, la
3
Azzo VII aveva dominato la città dal 1240, dopo una fase di aspre lotte contro Salinguerra Torelli, lotte che avevano avuto tra l’altro come conseguenza la stipulazione di patti
con Venezia dai costi economici particolarmente gravosi per Ferrara. Tutte le notizie sulla
storia di Ferrara, da qui in avanti, sono state tratte dalle sintesi di F. BOCCHI contenute nella
Storia illustrata di Ferrara, Repubblica di San Marino 1987-1989: Dal Comune alla signoria
estense. 1119-1293, pp. 97-112; La signoria estense tra Medioevo e Rinascimento (12931441), pp. 113-127; Gli Estensi nel Rinascimento. 1441-1598, pp. 337-352.
4
Inf., XII, 104-112, in particolare 104-105.
Ferrara
291
difficile situazione politica, resa ulteriormente complicata dalle nozze con
Renata di Francia, figlia di re Luigi XII. Siamo nell’epoca in cui il calvinismo si diffuse nella corte francese, e la presenza di Renata a Ferrara era mal
tollerata dal papa; il figlio Alfonso II (1559-1597) la allontanerà dalla città.
Alla morte di quest’ultimo la Santa Sede riuscì comunque ad avere il sopravvento, scomunicando il successore designato, e alla fine di gennaio del 1598
fece il suo ingresso a Ferrara il primo legato, cardinale Pietro Aldobrandini:
la città, economicamente stremata, si arrendeva.
Come sopra accennato, la prima normativa suntuaria ferrarese si trova
negli statuti di Obizzo II: riguarda in particolare i doni dei padrini e le offerte fatte in occasione di ordinazioni e monacazioni, i funerali e le nozze, con
limitazione per il numero degli invitati e per i doni nuziali. Non si regolamenta ancora l’utilizzo delle vesti di lusso, che farà la sua comparsa soltanto
un secolo e mezzo più tardi, in una delibera del 1434. Anche se si deve considerare la carenza delle fonti presenti nell’archivio del comune ferrarese (la
serie delle “Deliberazioni dei XII Savi” è conservata soltanto a partire dal
1393), a causa della quale non si può escludere a priori l’esistenza di legislazione suntuaria nel corso dell’intero XIV secolo, nei primi tentativi di regolamentazione non si vede certo trasparire quello zelo che caratterizza i legislatori di altre città. Nonostante compaia anche qui la formula «pro bono et
honestate hominum et personarum ac etiam rei publice totius civitatis»,
causa prima dell’intervento volto alla limitazione del lusso eccessivo, nel
consiglio non si riuscì ad ottenere l’unanimità dei voti su disposizioni tutto
sommato non particolarmente restrittive, quali la riduzione delle code che
superavano un quarto di braccio e l’obbligo delle maniche chiuse per evitare
imbottiture di pelli o interni di stoffe preziose. Anzi, quest’ultimo partito fu
approvato con quarantasei voti a favore e tredici contrari: più del 20% dei
votanti non era d’accordo!
Nel 1456, con gli statuti di Borso, si tornò sull’argomento e venne regolamentata nel dettaglio la disciplina di vesti e ornamenti5. Pochi anni più
tardi, però, in seguito alle lamentele della popolazione, una delibera del consiglio concesse una dispensatio relativa ad alcuni aspetti di questa legge; tale
dispensatio, a scanso di equivoci, venne anche riportata a piè di pagina in
una delle copie degli statuti6.
5
Se ne è recentemente occupata P. MARISALDI, “… Mulierum, quarum sexus est fragilis”.
Normativa statutaria sulla condizione femminile (sec. XV), tesi di laurea, Università degli Studi di Ferrara, Facoltà di Lettere e filosofia, rel. T. Bacchi, a.a. 1999-2000.
6
BA FE, Ms. Cl. I, n. 475, c. 62v.
292
Legislazione suntuaria
Nell’agosto del 1537 Ercole II emanò una grida per limitare l’uso di ornamenti d’oro e d’argento e regolamentare l’utilizzo dei cavalli da tiro; tale
grida era destinata ai cittadini di Ferrara e anche, con le opportune variazioni, a quelli di Modena.
Si nota come l’emanazione di disposizioni suntuarie sia stata estremamente ridotta per la città di Ferrara. Una delle ragioni della mancanza di volontà da parte dei legislatori di occuparsi dell’argomento potrebbe essere individuata nella presenza forte e continuata della corte, che portava senza
dubbio con sé sfarzo e lusso, escludendo nel contempo il desiderio di limitarne l’utilizzo. Uno studio approfondito della materia, tuttavia, potrà aprire
il campo ad altre ipotesi.
Tra le fonti qui pubblicate ne è stata inclusa una emblematica della volontà di “apparire”, ancor più che di essere, nel lusso e nell’abbondanza. Si
tratta di un proclama emanato nel 1528 da Alfonso I in occasione dell’arrivo a Ferrara della nuora Renata di Francia. Il duca impose ai cittadini ferraresi di deporre le vesti luttuose, indossate in occasione delle «morti de le care
et congiunte persone che ad essi mancate sono» a causa della peste, perché la
nuora non si rattristasse e non trovasse la popolazione avvolta in gramaglie.
La conclusione è emblematica: gli abiti da lutto vennero vietati completamente «acciò che la prefata illustrissima madama possa cognoscere che può
più l’allegrezza della venuta di lei che la memoria de la propria tribulatione
de ciascun provato et acciò che levato questo habito ognuno possa vivere più
allegramente et attendere alla conservatione di sé stesso et alla multiplicatione delle famiglie».
Non è stata invece inclusa tra le fonti, perché relativa alla necessità di
“fare chiarezza” e di riconoscere alla prima occhiata le donne oneste dalle
meretrici, una provvisione stampata nelle additiones dell’incunabolo del
1476, che fa divieto alle donne di portare cappucci o altri indumenti che
coprano il volto. Si fa notare che a causa di questa moda pericolosa le donne «desoneste e di mala vita cum tali avulupamenti a la facia non potendo
esser cognosciute se vano messedando ne le chiesie et altri luochi cum quelle de honesta condictione e vita, et quelle cum sua mala contagione potriano fare de declinare in qualche sinistra parte in grave detrimento et vergogna perpetua de li boni citadini de questa cità, oltra che anche de li homini
assai sono andati in tale habito meschiati cum le done non già per alcuno
bene»7.
7
BA FE, S. 16.5.12.
Ferrara
293
Riguardo al territorio ferrarese, si segnalano due norme, non propriamente suntuarie, negli statuti di Massafiscaglia8 relative ai comportamenti da tenere durante i funerali.
Antonella Campanini
L’elenco delle fonti consultate è il seguente:
* Statuti cittadini: Statuta Ferrariae. Anno MCCLXXXVII, a cura di W. MONTORSI, Ferrara 1955; BA FE, Ms. C1. I, n. 218; BA FE, Ms. Cl. I, n. 475; BA FE,
Ms. C1. I, n. 729; BA FE, S. 16.5.12 (incunabolo, anno 1476).
* Deliberazioni: ASC FE, Deliberazioni dei XII Savi, 17 voll. (1393-1568 con lacune).
* Gride: AS MO, Archivio segreto estense, Cancelleria ducale, Registri di gride (Manoscritti), b. 2, reg. 1534-1558.
* Statuti del territorio: Argenta: Statuta terrae Argentae e veteri manuscripto codice
nunc primum edita. Accesserunt Appendicis loco Ducales Estensium litterae, Argentani Notariorum Collegii Statuta, Communitatis vectigalia, Pontificia Chirographa, Terrae Privilegia, Rubricarum denique ac totius operis in fine conspectus, Ferrariae 1781; Bondeno: G. FERRARESI, Storia di Bondeno. Raccolta di documenti,
I, Rovigo 1963; Cento: BA FE, Ms. Cl. I, n. 154; Comacchio: V. CAPUTO - R.
CAPUTO, Statuti di Comacchio - sec. XV, Ferrara 1991 (Accademia delle Scienze
di Ferrara - Supplemento al vol. 68° degli Atti); Massafiscaglia: P. ANTOLINI,
Statuti Massae Novae Fiscaliae, in «Atti e Memorie della deputazione provinciale
Ferrarese di storia patria», V (1893), pp. 83-313.
La ricerca e le trascrizioni sono state effettuate da Antonella Campanini (Statuti
cittadini, parte delle Deliberazioni) ed Enrica Coser (parte delle Deliberazioni, Gride, Statuti del territorio).
8
AS FE, Miscellanea Migliori, t. 34, edito a cura di P. ANTOLINI in «Atti e Memorie della deputazione provinciale Ferrarese di storia patria», V (1893), pp. 83-313.
INDICE DELLE FONTI
1287
Statuti
AS MO, Cancelleria marchionale poi ducale estense, Statuti, capitoli e grazie, b. 1,
n. 1.
Ed.: Statuta Ferrariae. Anno MCCLXXXVII, a cura di W. MONTORSI, Ferrara 1955.
De santolis (Lib. II, Rub. CCCXXXXVIII, cc. 72v-73r)
De oblatione facienda usque ad valorem unius venecti grossi tantum et non
ultra (Lib. II, Rub. CCCXXXXVIIII, c. 73r)
Quod nullus habeat ad corpus nisi tres cruces (Lib. VI, Rub. 20, c. 148r)
Quod nullus habeat ultra quatuor dopleria (Lib. VI, Rub. 21, c. 148r)
Quod corpus portetur copertum (Lib. VI, Rub. 22, c. 148r)
Quod nulla persona corruptum faciat qua[n]do corpus portatur ad ecclesiam (Libro VI, Rub. 23, c. 148r-v)
De numero hominum qui debent nuptiis interesse (Lib. VI, Rub. 76, c. 160r-v)
De eodem (Lib. VI, Rub. 77, c. 160v)
De eodem (Lib. VI, Rub. 78, c. 160v)
De eodem (Lib. VI, Rub. 79, c. 160v)
De eodem (Lib. VI, Rub. 80, c. 160v)
De prohibita donatione ad convivia nuptiarum (Lib. VI, Rub. 81, c. 160v)
In quantam quantitatem licet sponse donare (Lib. VI, Rub. 82, c. 160v)
Quod sponsus non possit donare sponse (Lib. VI, Rub. 83, cc. 160v-161r)
1434, gennaio 14 e 21
Deliberazioni
ASC FE, Deliberazioni dei XII Savi, vol. D (1434-1437).
Pro vestibus mulierum infra e supra (cc. 4r, 5r-v)
296
Legislazione suntuaria
1456
Statuti
BA FE, Ms. C1. I, n. 218; BA FE, Ms. Cl. I, n. 475; BA FE, Ms. C1. I, n. 729.
Ed.: BA FE, S. 16.5.12 (incunabolo, anno 1476).
De vestibus et ornamentis mulierum (Lib. II, Rub. 132)
De donariis non portandis ad maritum nec donandis per sponsos. Rubrica
(Lib. II, Rub. 133)
De expensis faciendis uxoribus in ornando eas in nuptiis et post nuptias.
Rubrica (Lib. II, Rub. 134)
De vestibus et ornamentis mulierum civitatis, comitatus et districtus Ferrarie, De donariis non portandis ad maritum nec donandis per sponsos, De
expensis faciendis uxoribus in ornando eas in nuptiis et post nuptias (Lib. V,
Rubb. 637-639)
Pena facentium corruptum quando corpus portatur ad ecclesiam (Lib. V,
Rub. 646)
1460, aprile 18
Deliberazioni
ASC FE, Deliberazioni dei XII Savi, vol. I (1457-1460).
Pro observantia provisionis super ornatu mulierum (c. 84v)
1467, aprile 2
Deliberazioni
ASC FE, Deliberazioni dei XII Savi, vol. M (1464-1470).
Dispensatio super vistis et perfillis mulierum deferrendis (c. 78r)
1528, novembre 24
Proclami
ASC FE, Deliberazioni dei XII Savi, vol. S (1527-1542).
Proclama pro vestibus lugubribus deponendis in adventu illustrissimae dominae Reneae (cc. 16v-17r)
1537, agosto 5
Gride
AS MO, Archivio segreto estense, Cancelleria ducale, Registri di gride (Manoscritti), b.
2, reg. 1534-1558.
Grida d’oro cochi et cavali (cc. 22r-23v)
FONTI
1287
Statuti
De santolis
Statuimus1 quod per potestatem eligantur duo boni homines et legales pro quolibet quarterio, qui secrete in quolibet die sabbati sancti et etiam aliis diebus procurent scire, ne indumentis et aliis rebus per santolos factis aut fiendis expendantur aut
valeant dicte res ultra quantitatem viginti soldorum ferrarinorum et infra tercium
diem postquam sciverint, denunciare potestati; et potestas illos santolos et quemlibet
ipsorum, qui in aliquo fioço expenderent ultra dictam quantitatem, condempnare
teneatur in decem soldis ferrarinorum pro quolibet2. Illud adicientes quod aliquis de
cetero vel aliqua non vadat ad dona facienda alicui sponse. Et qui vel que inventus
fuerit vel mittere vel invitare ad predicta facienda, solvat pro banno centum soldos
ferrarinorum et qui invitaverit quadraginta soldos ferrarinorum. Et teneatur potestas
de hoc inquirere diligenter et condempnationes facere singulis kallendis.
De oblatione facienda usque ad valorem unius venecti grossi tantum et non
ultra
Statuimus et ordinamus pro bona consuetudine et comuni utilitate quod, si aliqua persona de civitate Ferrarie vel districtu voluerit oblationem offerre, quando
aliquis presbiter novus facit primam cellebrationem missarum vel quando aliquis
monacus vel monacha seu persona Deo dicata facit suam professionem, ut possit et
sibi licitum sit ipsam oblationem sive offertam in denariis sive in cereo sive in aliis
1
2
Sul margine esterno di mano più recente Per potestatem eligantur duo boni viri.
Sul margine esterno di mano più recente Nota quod potestas tenetur.
298
Legislazione suntuaria
rebus facere usque ad summam et quantitatem valoris unius venecti grossi tantum
et non ultra, pena et banno centum soldorum ferrarinorum pro quolibet contrafaciente et pro qualibet vice. Et quilibet sit et esse possit accusator et habeat medietatem dicti banni et teneatur in credentia.
Quod nullus habeat ad corpus nisi tres cruces
Statuimus quod nullus de civitate Ferrarie et districtu habeat ad aliquod corpus
nisi tres cruces cum convenienti numero clericorum, quas sit crux ecclesie sue. Et
hoc sub pena quinque librarum ferrarinorum.
Quod nullus habeat ultra quatuor dopleria
Item quod nullus habeat ultra quatuor dopleria, que sint ad plus de quatuor libris cerre; et hoc sub dicta pena.
Quod corpus portetur copertum
Item quod quodlibet corpus portetur copertum, et hoc sub dicta pena.
Quod nulla persona corruptum faciat qua[n]do corpus portatur ad
ecclesiam
Statuimus et ordinamus quod nemini de civitate Ferrarie seu burgis liceat levare
corruptum seu plangere alta voce propter aliquod corpus mortuum, postquam ipsum corpus extractum fuerit de domo et portabitur seu portatum fuerit ad ecclesiam, pena et banno cuilibet delinquenti quadraginta soldorum ferrarinorum pro
qualibet vice. Et quod alique mulieres non possint nec debeant sequi aliquod corpus nec ire ad ecclesiam quando portabitur seu portatum fuerit ad ecclesiam, pena
et banno predicto; et quilibet sit accusator et habeat dimidiam banni.
De numero hominum qui debent nuptiis interesse
Millesimo ducentesimo octuagesimo octavo, indictione prima. Hec sunt statuta
facta et provisa de voluntate expressa domini marchionis et in pleno maiori consilio
Ferrara
299
comunis Ferrarie approbata. Statutum et ordinatum est pro evidenti et comuni utilitate et pro evitandis laboribus et expensis, quod licitum sit cuilibet volenti aliquam desponsare uxorem secum conducere et in sua comitiva habere usque ad numerum XXX hominum et non ultra. Et eodem modo liceat mulieri desponsande seu
parti ipsius, tempore ipsius desponsationis, totidem habere et non ultra, pena et
banno centum soldorum ferrarinorum per qualibet parte qui contrafaciente.
De eodem
Item quod licitum sit parti sponse facere convivium seu coredum nuptiale
unum, tamen in quo possint interesse pro sua parte solummodo sex domine et
duodecim mares, et ex latere sponsi sex homines et non ultra; pena contrafacienti
centum soldorum ferrarinorum. Et si sponsus ultra predictam quantitatem duxerit,
similiter condempnamus in centum soldis ferrarinorum.
De eodem
Item quod tempore transductionis sponse licitum sit et parti sue habere comitivam quatuor dominarum et non ultra et a latere sponsi similiter possint esse quatuor domine, que asocient ipsam sponsam, pena et banno centum soldorum ferrarinorum pro qualibet parte ultra vel contrafaciente.
De eodem
Item licitum sit sponse et parti sue habere usque ad numerum duodecim hominum
qui associent eam ad ecclesiam. Et licitum sit sponso ex parte sua mittere et habere XXX
homines tantum, qui associent dictam sponsam ad ecclesiam et de ecclesia ad domum
habitationis sponsi, pena imminente centum soldorum cuilibet partium contrafacienti.
De eodem
Item licitum sit sponso facere unum convivium sive nuptias semel tantum in
die, qua transduxerit sponsam, et tunc possit habere et recipere ex parte sponse
quatuor dominas tantum et sex homines; et ex parte sua habere possit octo dominas et non ultra et XII homines, pena contrafacienti decem librarum ferrarinorum.
In hiis autem XII hominibus et octo dominabus non computentur nec intelligantur
homines et mulieres qui et que sunt de continua familia sponsi.
De prohibita donatione ad convivia nuptiarum
Item provisum est quod non liceat alicui persone masculo vel femine invitatis
vel non invitatis ad dicta convivia seu nuptias donare, mittere sive sub aliquo colore
300
Legislazione suntuaria
seu ingenio exibere alicui parti sponsi vel sponse ultra valimentum et extimationem
sex venetorum grossorum sub pena centum soldorum ferrarinorum pro quolibet
contrafaciente tam in dando quam in accipiendo.
In quantam quantitatem licet sponse donare
Item quod licitum sit sponse çoias vel donarias secum portare et donare ac distribuere in familia sponsi usque ad summam soldorum centum ferrarinorum, omnibus computatis, et non ultra; nec possit aut debeat alicui propinquo, affini seu
persone coniuncte seu extranee, que non sit de continua sponsi familia, aliquid donare vel exibere, nisi solummodo infulas secundum consuetudinem diutius observatam, pena et banno decem librarum ferrarinorum.
Quod sponsus non possit donare sponse
Item quod non liceat sponso nec alicui ex parte sponsi portare, mittere vel exibere aliquas çoias sive aliqua donaria in pecunia vel in aliis rebus sponse vel alicui
de familia sua, pena et banno decem librarum ferrarinorum. Intelligimus tamen ad
predicta quod post nuptias celebratas licitum sit utrique parti, silicet sponsi et
sponse, facere revertaias sive remparia, ita tamen quod in quolibet repario sive qualibet revertaia possint interesse inter masculos et feminas usque ad numerum XII
personarum et non ultra; non autem sit licitum pro ipsis revertais seu occasione ipsarum aliquid recipere ab aliqua persona invitata vel non etiam [in]vitata; nec etiam
liceat alicui persone aliquid dare vel exibere alicui parti pro ipsis revertais; a die
nuptiarum vero usque ad revertaias seu etiam post revertaias non liceat alicui partium facere aliqua coreda seu convivia occasione ipsius matrimonii, seu que videantur procedere propter celebrationem matrimonii; et hoc sub pena librarum X ferrarinorum pro qualibet parte contrafaciente et pro quolibet capitulo rupto vel non
observato. Ut autem omnia singula predictorum melius et validius observentur, teneatur quilibet potestas seu rector Ferrarie vinculo sacramenti infra XX dies introitus sui regiminis ordinare et constituere quatuor bonos homines pro quolibet quarterio in diversis contratis, a quibus accipiatur securitas vigintiquinque librarum ferrarinorum pro quolibet, qui vinculo sacramenti teneantur et debeant investigare de
omnibus et singulis superius ordinatis: et si viderint vel audiverint aliquid fieri contra aliquod de predictis capitulis et provisionibus, teneantur manifestare potestati
sive rectori contrafacientes infra tercium diem et teneantur in credentia et habeant
medietatem bannorum. Potestas vero sive rector precise teneatur per sacramentum
facere condempnationes contra omnes et singulos, qui non observaverint supradicta, seu adversus ea vel aliquod de predictis reperti fuerint contrafacere vel venire. Et
si accusatores eligendi per quarteria omiserint inquirere de predictis et denuntiare
potestati contrafacientes, potestas teneatur et debeat ipsos seu illum ex illis, qui negligens vel culpabilis esse videbitur, punire in centum soldis ferrarinorum pro quali-
Ferrara
301
bet evidenti negligentia sive culpa. Et eadem que superius dicta sunt in omnibus et
per omnia serventur in qualibet villa vel loco districtus Ferrarie. Et cavarçellanus
cuiuslibet ville teneatur denunciare quemlibet contrafacientem, pena et banno sibi
auferendo centum soldorum ferrarinorum, si negligens fuerit in inquirendo et denunciando. Et insuper tam in villis quam in civitate quilibet possit esse iustus accusator et habeat medietatem banni.
1434, gennaio 14 e 21
Deliberazioni
Pro vestibus mulierum infra3
Die XIIII ianuarii.
Domini Nicholaus de Maçonnis, Lodovicus de Sardis, Iohannes de Platesiis, Iohannes de Guallengo, Nicholaus de Pincernis, magister Guidotus, Franciscus de
Riminaldis, Andreas de Sancto, Filippus de Gardo, Bendedeus, Macer, Salamon de
Sacrato, Franciscus de Aldivertis et Nicolaus de Arivabenis.
Proposuit dominus noster Donaçone super facto vestium pro quod manice sint
clause. Item ab imo habeant perfilum et sine cauda more Venetorum.
Item quod adherentes illustrissimo domino debeant prerogativari circha indumenta mulierum eorum.
Item quod super vestibus factis de presenti usque ad certum tempus debuissent
vendi et abinde ultra reduci ad formam dictam, in contrarium non vendantur.
Item super facto rechamorum quod debeat fieri limitatio usque ad certam
quantitatem.
Primo quod omnes vestes sint sine cauda excedentem quartum unum brachii.
Item quod habeant manicas clausas non suffultas aliquibus pellibus nec sindone.
Item quod non possint esse latitudinis ultra duodecim brachia ab ymo.
Item quod manice non possint esse latitudinis nisi unius brachii vel prout deliberabitur.
Item habere debeant vestes auree et sirici ab ymo listam panni cum circulo quod
non excedant unum quartum ut supra cum dicto panno.
Item quod nulla mulier possit habere nisi unicam vestem auream vel sirici secundum limitationem supra tassatam.
Item quod reducantur omnes vestes tam lanee quam sirici facte ad limitationem
suprascriptam.
Item quod vestes rechamate facte possint deferri tamen reducte ad limitationem
predictam et quod ulterius fieri non valeant.
Item quod non possit fieri aliqua collana de cetero nisi de perlis.
3
Annotazione a margine di mano di Frizzi (sec. XVIII, seconda metà).
302
Legislazione suntuaria
Pro vestibus mulierum supra4
Die iovis XXI ianuarii.
Scripti cives et persone in facie precedenti presentis folei signati vergulla ante
eorum nomina requisiti per preconem officii XII sapientum adfuerunt infrascriptis
licet et ceteri non signati requisiti fuerunt, constituti et coadunati in officio habundantie intra domos ecclesie Sancti Romani sito una cum iudice XII sapientum ac
etiam XII sapientibus et adiuntis, quibus prefatus iudex deprompsit pro bono et honestate hominum et personarum ac etiam rei publice totius civitatis huius pro immoderatis sumptibus evitandis.
Quod vestes muliebres dicte huius civitatis non debeant de cetero posse habere
caudam longam nisi per unum quartum brachii computando in illo quarto listam
panni que debeat apponi ab ymo dicte vestis iuxta morem Venetorum.
Item etiam quod dicte vestes muliebres de cetero sint et esse debeant cum manicis clausis et non apertis, et quod non possint de cetero fieri manice dictis vestibus
aperte suffulte pellibus martorum, dossorum varotarum et aliis pellibus gentilibus,
nec etiam sindone. Quibus sic explicatis ut supra per dictum dominum iudicem et
cetera multa hinc inde dicta fuere. Et tandem determinatum fuit ut poneretur partitum ad fabas albas et nigras dandas cuilibet, quibus omnibus predictis hic astantibus date fuerunt duo grana fabe, videlicet unum granum album et aliud nigrum, et
posito fuit partitum hoc in modo, videlicet:
Quod quis vult ut de cetero vestes muliebres sint cum cauda unius quarti brachii et cum panno ab ymo vestium ut supra apponat fabam nigram, et quis vult
quod sint cum cauda longa et magna ut de presenti sunt apponat fabam albam.
Item quod quis vult ut de cetero vestes muliebres sint cum manicis clausis apponat fabam nigram, et quis vult ut manice sint aperte et suffulte ut de presenti fiunt
apponat fabam albam.
Et demum recollectis fabis a predictis dicto partito posito reperte fuerunt super
primo partito fabe LVI nigre et fabe sex albe.
De secundo autem partito, videlicet manicarum, reperte fuerunt fabe nigre XLVI
et XIII albe.
1456
Statuti
De vestibus et ornamentis mulierum
[Ut] docuit experientia rerum, multi cives inservientes cupiditatibus et vanitatibus mulierum ex nimio luxu et superabundantia vestium depauperati aut in
4
Annotazione a margine di mano di Frizzi. Questa delibera è preceduta dall’elenco di 72
cittadini chiamati a decidere sull’argomento.
Ferrara
303
damna permaxima producti sunt. Volentes igitur pro utilitate publica eorum indemnitati, statuimus et inviolabiliter observari mandamus quod nulla mulier civis
vel habitans ultra unum annum in civitate et districtu Ferrarie, nupta vel non
nupta, cuiuscunque etatis supra infanciam, gradus, status aut preheminentie sit vel
fuerit, possit, audeat vel presumat in domo vel extra domum deferre vel portare
vestem vel camuram, zorneam, aucum aut manicas auream vel aureas, argenteam
vel argenteas aut de panno aureo vel argenteo, nec deferre panum aureum vel argenteum in aliqua parte persone, nec cingulum sive tessutum auratum sive de auro vel argento contextum maioris valoris ducatorum quatuor, non computato argento deaurato pro fulcimento, nec possit etiam deferre vel portare vestes, camurias, aucos seu zorneas de pano sirico chremisino, nec deferre panum sirici chremisini in aliqua parte persone, exceptis manicis cotarum et sargiarum ac guarnelorum, habendo tamen nisi duo paria manicarum de dicto pano sirico chremisino,
nec vestes recamatas seu acu pictas, quarum recamatura seu pictura excedat valorem XX librarum marchesanorum, nec et fodratas in toto vel in parte zebelinis,
marturis aut armelinis, et si non essent vestes de sirico nec etiam caudatas ultra
tres quartos unius brachii nisi sit vel fuerit uxor viro copulata vel filia non nupta
militis, doctoris in iure vel phisica, aut sit vel fuerit uxor vel filia non nupta nobilis
viri, qui sit de antiqua nobili familia ac progenie genitus et creatus et comuni opinione habeatur et reputetur nobilis et de nobili familia ac progenie, vel alterius qui
a XX annis et citra non exercuerit nec exerceat aliquam artem manibus propriis, et
personaliter etiam non exercuerit ministerium aliquod manuale, et qui vivat more
nobilium, habens in bonis immobilibus in estimo comunis Ferrarie usque ad summam XXV denariorum et patrimonium patris vel avi cum quo habitaverit sibi prosit. Volentes quod si de predictis fuerit contentio aut controversia aliqua stetur declarationi et determinationi quam faciet iudex XII sapientum et tres partes ipsorum
sapientum et adiunctorum, habito respectu ad quatuor partes eorum per suffragia
secreta. Quorum quidem militum, doctorum, nobilium aut aliorum supradictorum uxoribus et filiabus non nuptis ut supra permittimus deferre et portare vestes,
camuras, aucos et zorneas de pano sirico chremisino et fodratas de predictis pellibus, sed non caudatas ultra unum brachium; nulla tamen mulierum volumus posse deferre aut habere plures vestes de sirico pro usu suo nisi duas tantum et unam
camuram tantum, etiam diversis temporibus, concedentes uxoribus et filiabus non
nuptis ut supra militum, doctorum aut nobilium predictorum ultra illas duas vestes et camuram unam zorneam vel aucum tantum de sirico. Et ex omnibus predictis sibi concessis non possit aliqua mulier habere nisi duas vestes de sirico chremisino, et si contrafactum fuerit in predictis vel aliquo predictorum contrafaciens
ipso iure cadat in penam perdendi vestes et alia prohibita etiam si fuerint aliene
vel aliena et in penam quinquaginta librarum marchesanorum totiens quotiens
contrafactum fuerit, et etiam in una die, in quam penam incurrisse dicatur pater
aut mater aut maritus aut is in cuius imperio vel gubernatione fuerit ipsa mulier et
etiam sartor et omnis qui causam scire prebuerit, cuius pene tertia pars applicetur
comuni Ferrarie, alia tertia inventori vel accusatori et reliqua tertia pars domino
potestati Ferrarie vel officiali punienti et illam exequenti aut exequenti tantum
304
Legislazione suntuaria
cum effectu. Declarantes quod uxores copulate vel filie non nupte notariorum et
tabellionum qui habent in bonis immobilibus pro valore comuni extimatione librarum sexcentarum marchesanorum possint portare et deferre vestes et omnia ea
que possunt alii cives preter milites, doctores et alios exceptuatos ut supra in eodem casu et patrimonium patris vel avi cum quo habitaverint eis prosit. Declarantes etiam eas mulieres deferre posse perfilos et vistas de pano sirico chremisino
quibus permissum est deferre manicas de panno sirico chremisino. Volentes etiam
quod mulieres que possunt deferre vestes de pano sirico chremisino possint deferre
vestes recamatas et acu pictas, quarum recamatura vel pictura sit pretii ducatorum
XXV auri et non ultra. Statuentes et ordinantes quod nulla mulier alicuius artificis
aut cuiusvis alterius quem oporteat querere victum operibus diurnis sive manualibus aut servilibus et aliter vivere comode et sufficienter non possit, de quibus si
contentio intervenerit stetur declarationi iudicis XII sapientum et ipsorum sapientum ac adiunctorum ut supra audeat vel presumat deferre vel portare vestes cuiuscunque generis, manicas aut pannum de sirico in aliqua parte persone, nec etiam
vestes recamatas seu acu pictas, nec alias vestes etiam prohibitas, caudatas ultra
medium brachium caude, nec cingulum sive texutum auratum sive de auro vel argento contextum maioris valoris duorum ducatorum, non computato argento
deaurato pro fulcimento nec frisios aureos vel argenteos aut de auro vel argento,
nec deferre aut portare colanam alicuius sortis vel qualitatis, et si contrafactum
fuerit cadat contrafaciens in penam perdendi vestes et alia prohibita etiam si fuerint aliena et in penam XXV librarum marchesanorum applicandam ut supra, in
quam penam cadant etiam alii de quibus supra in aliis capitulis dictum est applicandam ut supra. Comitatine vero femine et uxores eorum qui operibus rusticis
vacant non utantur zona sirica nec alia qualibet auro vel argento fulcita frangia vel
alio ornamento chrimisino, argenteo vel aureo, aut perlis in capite, nec gabano,
mantello, zornea aut auco de sirico aut de pano, sed linea, setanella, guarnello, sargia aut cota de pano laneo, cuius pani brachium soldorum XXX marchesanorum
pretium non excedat pro suo arbitrio potiantur sub pena perdendi vestes, zonas et
alia prohibita et solvendi libras octo marchesanorum applicandas ut supra. In
quam penam cadant etiam alii de quibus supra in aliis dictum est applicandam ut
supra. Disponentes preterea quod comitatini et ii qui operibus rusticis vacant non
audeant vel presumant portare zonam aliquam, cingulum aut texutum de sirico,
nec fulcitam aut fulcitum argento vel auro in magna vel modica quantitate, sed
solum zonis simplicibus de corio utantur, nec etiam audeant portare vestes, zorneas aut diploides de sirico aut de grana, et si contrafactum fuerit in predictis vel
aliquo predictorum contrafaciens ipse cadat in penam perdendi vestes et alia prohibita etiam si fuerint aliena et in penam librarum XII marchesanorum applicandarum et exigendarum ut supra totiens quotiens contrafactum fuerit, in quam penam cadant etiam alii de quibus supra in aliis dictum est applicandam ut supra dicitur. Ordinantes et volentes quod dominus potestas civitatis et districtus Ferrarie,
eius vicarius et assessor, iudex maleficiorum, sindicus pallatii iuris comunis Ferrarie et quilibet alius iusdicens et etiam consules et officiales ad victualia civitatis
Ferrarie possint et debeant sub vinculo iuramenti, quod singulo mense prestari iu-
Ferrara
305
bemus per notarium XII sapientum civitatis Ferrarie de observando et observari faciendo hoc presens statutum spetialiter in predictis omnibus et singulis inquirere
et punire summarie, simpliciter et de plano, sine strepitu et figura iudicii circumscripto omni iuris et statutorum ordine et exequutive ac sine aliqua pronuntiatione et feriis aliquibus non obstantibus etiam repentinis, nec possit aliquo casu in
predictis vel aliquo predictorum appellari, supplicari, de nullitate dici, nec officium iudicis vel aliquod aliud remedium implorari. Et de his quilibet de populo
possit esse legittimus accusator et denuntiator et tenebitur in secreto si voluerit et
ei accusatori credatur dummodo probet per duos testes id quod denuntiaverit et
accusaverit ut supra. Que omnia vendicent sibi locum post octo dies a die publicationis presentium statutorum.
De donariis non portandis ad maritum nec donandis per sponsos. Rubrica
[S]tatuimus et ordinamus quod nulla donaria possint dari vel portari ad maritum per sponsas vel uxores nisi usque ad valorem quinte partis dotis date vel promisse, videlicet ad rationem XX pro centenario. Et si nulla dos costituta fuerit,
tunc donaria cadant in dotem facta legittima extimatione eorum. Statuentes quod
nec mariti aut sponsi ante nuptias per se vel interpositam personam expensis eorum maritorum vel suorum parentum donare possint uxoribus vel sponsis suis
maxime in domo parentum vel suorum constitutis nisi usque ad summam librarum XXV marchesanorum, exceptis militibus, doctoribus in iure vel phisica aut nobilibus hominibus qui comuniter habeantur et reputentur nobiles et de nobili familia et progenie in civitate Ferrarie et ut supra declaratum est, quibus permittimus donare sponsis aut uxoribus suis nondum sibi copulatis usque ad valorem
quinquaginta librarum marchesanorum, et si contrafactum fuerit in predictis vel
aliquo predictorum contrafaciens ipso iure cadat in penam perdendi donaria predicta et in penam XXV ducatorum auri, cuius pene tertia pars applicetur comuni
Ferrarie, alia tertia pars inventori seu denuntiatori, reliqua tertia pars domino potestati civitatis Ferrarie vel officiali punienti et exequenti illam aut exequenti tantum. Et volumus quod potestas civitatis Ferrarie vel eius vicarius et assessor et iudex maleficiorum, consules ad victualia et quilibet alius iusdicens in civitate Ferrarie possint et debeant in predictis omnibus et singulis inquirere et punire summarie, simpliciter et de plano, sine strepitu et figura iudicii, circumscripto omni iure
et statutorum ordine et exequutione ac sine aliqua alia pronuntiatione et feriis aliquibus non obstantibus, nec possit aliquo casu in predictis vel aliquo predictorum
appellari, supplicari, de nullitate dici, nec officium iudicis vel aliquod aliud remedium implorari, et quilibet de populo possit denuntiare et accusare et tenebitur in
secreto si voluerit et ei accusatori credatur dummodo probet per duos testes ut supra id quod denuntiaverit et accusaverit.
306
Legislazione suntuaria
De expensis faciendis uxoribus in ornando eas in nuptiis et post nuptias.
Rubrica
[M]odum imponere volentes in iniustis et superfluis expensis que fieri
consueverunt in nuptiis vel post circa ornamenta uxorum in detrimentum
subditorum, statuimus et ordinamus quod nemo audeat vel presumat in ducendis
ornandisve mulieribus sponsis seu uxoribus suis ultra medietatem convente dotis
exponere in una vel pluribus vicibus, computatis etiam expensis nuptiarum, aut
si nulla dos constituta fuerit ultra id quod arbitrio boni viri arbitraretur non
exponat. Et si contrafactum fuerit, contrafaciens ipse cadat in penam perdendi
illud plus in quo contrafecerit et in penam ducatorum XXV auri ut supra, in
quam penam incurrisse intelligatur pater mariti si consenserit aut quicunque
particeps fuerit applicandam ut supra in proximo precedenti statuto. Volentes
quod dominus potestas civitatis Ferrarie, eius assessor, iudex maleficiorum,
consules ad victualia et quilibet alius iusdicens in civitate Ferrarie possit et debeat
inquirere et punire summarie, simpliciter et de plano, sine strepitu et figura
iudicii circunscripto omni iuris et statutorum ordine exequutive ac sine aliqua
alia pronuntiatione et feriis aliquibus non obstantibus, nec possit in predictis vel
aliquo predictorum appellari, supplicari, de nullitate dici, nec officium iudicis vel
aliquod aliud remedium implorari. Et quilibet de populo possit denuntiare et
accusare et tenebitur in secreto si voluerit et ei accusatori credatur ut supra
dummodo probet per duos testes id quod denuntiaverit et accusaverit.
De vestibus et ornamentis mulierum civitatis, comitatus et districtus
Ferrarie, De donariis non portandis ad maritum nec donandis per sponsos,
De expensis faciendis uxoribus in ornando eas in nuptiis et post nuptias
Ista tria statuta quere in civilibus de verbo ad verbum.
Pena facentium corruptum quando corpus portatur ad ecclesiam
[N]emini in civitate Ferrarie vel burgis liceat levare corruptum seu plangere alta
voce propter aliquod corpus mortuum postquam ipsum corpus extractum fuerit de
domo et portabitur seu portatum fuerit ad ecclesiam, nec liceat aliquibus mulieribus sequi aut procedere aliquod cadaver nec ad ecclesiam ire postquam portatum
fuerit clamoribus et fletibus aeram verberare. Contrafacientes puniri iubemus pena
librarum V marchesanorum fisco applicanda.
Ferrara
307
1460, aprile 18
Deliberazioni
Pro observantia provisionis super ornatu mulierum
Interque loquendum de consulibus in medium adductum memoratumque fuit
quod nec per ipsos nec alium quemquam officialem civitatis Ferrarie inquiritur
nec proceditur ob non observatam provisionem editam, publicatam et proclamatam super ornatu mulierum civitatis Ferrarie et eius districtus, non laudantes incuriam omnium officialium tam lente preter suorum officiorum dignitates et arbitria
contra talibus procedentium. Ut igitur materiei succurratur et iidem impellantur
ad procedendum contra delinquentes pro eiusdem provisionis observantia, laudantes quod hoc fiat pro evidenti bono honoreque publico, deliberaverunt quod
instigentur dicti omnes officiales civitatis Ferrarie et stimulentur et animentur ad
procedendum superinde contra delinquentes et fiat denuo proclama ad ampliorem
noticiam omnium et dentur iuramenta singulis officialibus iuxta formam provisionis, ita tamen quod ab illustrissimo domino nostro habeatur licentia de proclamate faciendo.
1467, aprile 2
Deliberazioni
Dispensatio super vistis et perfillis mulierum deferrendis
Eo postremo in senatu commemorato domino iudice ex ordine enarrante
quam plurimas lamentationes et querimonias sibi hiis superioribus diebus factas
super prohibitionibus ornamentorum mulierum factis, dictisque dominis sapientibus ad unum consentientibus et confirmantibus quod super materia infrascripta et provisione infranotata nimis rigide et severe ex statuto superinde confecto dispositum fuit, unanimiter et nemine eorum discrepante deliberaverunt
et pro lege firmarunt quod his omnibus mulieribus quibus non licebat in aliqua
parte deferre pannum de sirico nec armelinos iuxta formam ipsius statuti de cetero et in futurum liceat et possint impune et licenter deferre vistas et seu perfillos ad collarios vestium et çornearum et ad manicas et ad fissuras tam vestium
quam ipsarum zornearum de panno sirico cuiuscunque coloris et etiam crimisini
et de armelinis, modo viste ipse et seu perfilli non excedant mensuram in latitudine unius digiti grossi panno sirico, auro et argento contexto semper excepto
quem nullatenus ultra formam statuti superinde confecti concedendum fore duxerunt.
308
Legislazione suntuaria
1528, novembre 24
Proclami
Proclama pro vestibus lugubribus deponendis in adventu illustrissimae
dominae Reneae
L’illustrissimo et excellentissimo signor domino Alphonso per la Dio gratia duca
di Ferrara, di Modena e di Reggio, marchese da Este et de Rovico conte et cetera sa
che infinito numero d’homini di ogni grado di questo suo fidelissimo et dilectissimo populo di Ferrara hanno iustissima causa d’havere l’animo tribulato per le morti de le care et congiunte persone che ad essi mancate sono, et che pochi hoggidì in
questa citade si trovano che non habbino da portare vestimenti di duolo et lugubri
che rapresentano malinconia etiam a quelli che per loro buona sorte non sono in
questi casi, non che lascino gli afflitti respirare et consolarsi con una laudevole et
concessa oblivione delle loro gravi et inrecuperabili iatture.
Etiam sa che ritornando tutti li cittadini et gentilhomini ad habitare alla cittade
come per le cride de sua excellentia fatte in questi giorni sono chiamati, si vedrano
tanti con essi vestimenti lugubri che ’l numero et l’obscurità di tale habito farà parere tutta la cittade redotta et malcontenta, alla quale cosa sua excellentia desydera de
provedere perché vole levare ogni occasione de dispiacere che possa ricevere madama
illustrissima sua dilettissima nuora, poi cognosce che essendo multiplicato tanto il
numero de tribulati se non si leva questo habito così abominevole li animi del populo non si allegrarano così tosto né si scordarano li danni passati, anzi perseverarano
in mestitia invitati l’un da l’altro, cosa che non fa buon sangue, et per consequentia
non conferma la sanitade per la quale devemo più tosto allegrarci che Dio ci habbia
fatto signo col fare cessare la peste d’havere mitigato la sua ira che dolerci delli danni
che per iuditio di sua Maestà per li nostri peccati iustamente havemo patito. Però
per parte di sua excellentia a consolatione di questo populo si comanda a qualunque
di quale conditione si sia et al presente si trova in caso di portare gramaie et vesti da
duolo che ’l le depona subito et più non le repigli, né se ne rivesta per li passati casi,
acciò che la prefata illustrissima madama possa cognoscere che può più l’allegrezza
della venuta di lei che la memoria de la propria tribulatione de ciascun provato et acciò che levato questo habito ognuno possa vivere più allegramente et attendere alla
conservatione di sé stesso et alla multiplicatione delle famiglie.
1537, agosto 5
Gride
Grida d’oro cochi et cavali
Pensando di continuo io illustrissimo et eccellentissimo signore don Hercole
duca di Ferrara. Come conviene ad amorevole et sapientissimo principe al bene et
utile deli suoi sudditi et parendoli di molta importanza in questi tempi travagliosi
Ferrara
309
ne li quali per tutto il mondo e d’ogni intorno si sentono movimenti di guerre et
precipue per li grandissimi apparati et imminenti periculi del Turco contra la repubblica christiana, far opportuna provisione ad alcune superflue cose che si fanno
per apetito e piaceri et commodi privati senza haver rispetto al bene et utile universale et iudicando prudentemente sua eccellenza per il contrario l’utile et commodo
publico dovere esser anteposto al privato piacere, ha deliberato a ciò provedere et
ponendo honesta limitazione ad alcune spese dannose, dare ordine alle necessarie, a
ciò che li sudditi suoi usando modestie nelle spese superflue circa allo vestire privato si ritrovano più acomodati alle publiche necessarie ch’a lhoro accader potessino
per li respetti antedetti. Per tanto vedendo sua eccellenza le spese eccessive che vanamente si sono fatte da un tempo in qua circa il vestire et che de dì in dì vanno
più augumentando perhò con questa publica crida ordina, vuol et comanda che
non sia alcuno suo suddito di qualunque stado, sesso et conditione voglia esser o
sia, che ardisca né presuma portare oro né argento sì forato come filato eccetto perhò ch’in panni de lino, scoffioti et velami per ornamento della persona. Considerando anche sua eccellenza per che in questa città per li tempi passati solea esser
maggior copia de cavalli quando forsi manco bisognavano, ch’al presente che se ne
potria havere bisogno et questo per le mule, carrette et molti cochi che si sono comenzati metter in uso da uno tempo in qua, et considerando questo potesse importare alla conservatione di questa sua città l’esser copia de cavalli come già soleva esser medesimamente. Per questa pubblica grida ordina, vol et comanda che persona
alcuna di qual grado stado, sesso si voglia esser o sia, che tenga mula o carreta o cochio, sia obligato a tener un buon cavallo de la mesura la qual se tirà pubblicamente in dei loghi a ciò deputati cioè all’offitio del magnifico giudice de XII savii di
questa sua città di Ferrara et all’officio del coletterale di sua eccellenza la quale s’habbi a misurar con la staggia da terra al guidonesco, eccettuando perhò obligatione le
persone religiose, dottori, persone continuamente indisposte et vecchi che passino
anni 65, li quali posino tener mula senza obligatione de cavalli, dechiarando anche
che per comodità de poveri cittadini ch’essi possino tenire cochio, carrete condotte
da un cavallo solo senza obligatione d’altro cavallo, concedendo ancho a ciascuna
persona, che non tenirà né mula né cochio né carreta possi servirsi per suo uso di
qual si voglia sorte di cavallo. Apresso anche sua eccellenza vuol et comanda, che
non sia persona alcuna ch’ardisca né presumi vender, né per modo alcuno contrattare cavalli di sorte alcuna ch’ascendano alla somma di scudi XX a persona che lo
habbia a condur fuori del dominio di sua eccellenza senza espressa licenza deli maestri da stalla e delli thesoneri di quella, eccettuando perhò da tutte le sopradete ordinationi tutti li forastieri non habitanti per l’ordinario nella cittade, li quali se intendano in tutto e per tutto esser liberi perché sua eccellenza vuol che senza impedimento alcuno possino ad ogni loro beneplacito goder de tutti loro commodi et
honesti piaceri in qualunque loco del stato suo. Ma se ciascun’altro ch’in parte alcuna contra forma alcuna delle sopradette ordinationi, oltra che perderà li vestimenti,
mule, cochii, carrette con li cavalli et guarnimenti, incorrerà anche nella pena di
scudi 25 d’oro in oro tante volte et in tanti modi quanto havranno contravenuto et
contraveranno, de le quali robbe et de le qual pene vuol sua eccellenza, che la terza
310
Legislazione suntuaria
parte sia applicata all’accusatore lo qual sarà tenuto secreto et le altre due parti alla
sua fidelissima communità di Ferrara a la quale sua eccellenza prestarà il brazzo di
farl’incontinenti riscuoterle levandose ex nunc l’authorità et arbitrio suo per poterle
ad alcuno per farne gratia. Dechiarando ancho che sua eccellenza non vuol ch’alcuno sii tenuto ad osservar questa sua crida, se non dopo il giorno de la festa de santo
Michele proximo futuro. A ciò ciascuno habbi tempo et comodità di proveder a
quello che farà loro di bisogno. Le quali provisioni ordina, vuol et comanda sua eccellenza, ch’habbiano andar per do anni proximi, li quali habbino a comenzare come è detto di sopra et così vuol et comanda sii osservato.
1537 die dominico quinto augusti pubblicatum fuit.
FORLÌ
a cura di Elisa Tosi Brandi
INTRODUZIONE
La prima fase organizzativa del comune di Forlì risale al XII secolo, periodo cui si data la più antica testimonianza del regime consolare. È probabile che l’autogoverno locale fosse cresciuto all’ombra dell’abbazia di San
Mercuriale e in rapporto di subordinazione nei confronti del vescovo. Alcuni documenti mostrano infatti che al tempo del vescovo Alessandro (11601190) l’autorità era probabilmente nelle mani del presule, mentre il governo
comunale rivestiva un grado di potere inferiore e delegato. Solo in un secondo momento, coincidente con la morte dello stesso vescovo, i forlivesi riprendono lo sviluppo delle magistrature comunali aggiornandolo all’assetto
diffusosi ormai largamente nelle altre città. Incomincia così anche per Forlì
il processo di comitatinanza, che avrebbe portato allo spontaneo e costante
conflitto con la confinante Faenza. Di tradizione ghibellina, Forlì segue le
sorti dell’imperatore, diventando il punto di riferimento del ghibellinismo
romagnolo. Nella seconda metà del secolo, dopo la breve parentesi di dominio pontificio instauratosi in seguito alla conquista della città da parte del
cardinale Ottaviano degli Ubaldini, Forlì, alleatasi con i fuoriusciti ghibellini di Bologna, ritorna il centro dei conflitti di parte. Gli anni 1273-1283
sono infatti segnati da uno dei momenti più interessanti della storia di Forlì,
che ha come protagonista principale il grande generale ghibellino Guido da
Montefeltro, il quale, nominato podestà e capitano del popolo della città,
garantisce l’autonomia locale divenendo l’elemento di coesione cittadino. Il
dominio del Montefeltro ha però breve durata: dopo essere infatti uscito vittorioso dagli attacchi pontifici, Guido deve infine arrendersi e riparare in
Toscana, lasciando la città e il territorio forlivese alla Chiesa. Fra i membri
delle principali famiglie che tentano in questo periodo la conquista del potere cittadino, emerge su tutti Maghinardo Pagani da Susinana, esponente della feudalità appenninica ed alleato di Guido da Montefeltro, il quale riesce a
stabilire un dominio signorile su Forlì, Faenza e Imola nel 1300. Alla sua
morte (1302) a Forlì si riaprono i conflitti fra le varie famiglie e su tutte
314
Legislazione suntuaria
hanno la meglio gli Ordelaffi, eredi e continuatori della tradizione di potere
del Montefeltro, i quali, grazie ad un ambito di interessi e relazioni piuttosto
ampio, mirano al controllo signorile della Romagna1. Immigrati nella città
nel XII secolo si erano fatti largo nella vita cittadina e negli organi del comune grazie al rapporto di dipendenza con alcune delle principali chiese urbane e alla tradizionale linea di politica antiecclesiastica adottata dalla famiglia, che causò loro continui conflitti con le chiese locali, anche con la chiesa
di Ravenna. I loro disegni egemonici furono interrotti dal cardinale Egidio
de Albornoz, il quale nel 1359 costrinse gli Ordelaffi a scendere a patti e a
cedere Forlì. Essi riuscirono a rientrare in città nel 1376 al tempo di Sinibaldo con l’aiuto dei fiorentini e ad ottenere tre anni dopo il titolo di vicari
apostolici su Forlì, Forlimpopoli, Sarsina e il castello di Oriolo. Da questo
momento incomincia una serie di crisi dinastiche sfocianti in continue congiure che caratterizzano tutta la dominazione degli Ordelaffi, alternatasi a
brevi parentesi di dominio pontificio fino al 1480, anno della morte di Pino
III, che determina la fine della piccola signoria e il passaggio alla dominazione dei Riario-Sforza2. Anche quest’ultimo periodo è piuttosto tormentato ed
ha fine nel 1500, quando, dopo una estenuante difesa del proprio territorio,
Caterina Sforza è costretta ad arrendersi all’attacco del Valentino. Dopo un
ultimo fugace ritorno degli Ordelaffi, giunti in città in seguito alla caduta di
Cesare Borgia (1503), Forlì entra a far parte definitivamente dello Stato
pontificio (1504)3.
I più antichi statuti forlivesi pervenuti risalgono al 1359, furono pubblicati in seguito alla conquista della città da parte del cardinale-legato Egidio Albornoz ed aggiornati a partire dal 13734. All’interno della raccolta
statutaria, di cui si conoscono una decina di copie5, si trovano cinque leggi
suntuarie, che disciplinavano in materia di funerali e ornamenti femminili.
La prima rubrica vietava indistintamente a tutte le donne forlivesi lo strascico, imponendo abiti curta et proporcionata. A questi ultimi potevano es-
1
C. DOLCINI, Il Comune di Forlì nei secoli XII e XIII, in Storia di Forlì. Il Medioevo, II,
Padova 1990, pp. 125-134, cui si rimanda anche per la bibliografia.
2
A. VASINA, Il dominio degli Ordelaffi, in Storia di Forlì… cit., pp. 155-184, cui si rimanda anche per la bibliografia.
3
N. GRAZIANI, Fra medioevo ed età moderna: la signoria dei Riario e di Caterina Sforza,
in Storia di Forlì… cit., pp. 239-261.
4
A. VASINA, Forlì, in Repertorio degli statuti comunali emiliani e romagnoli (secc. XIIXVI), a cura di A. VASINA, I, Roma 1997 (Istituto storico italiano per il Medio Evo, Fonti
per la storia dell’Italia medievale, Subsidia, 6*), pp. 163-171.
5
Ibidem.
Forlì
315
sere applicati, ma soltanto al collo e al petto e fino all’altezza della cintura,
cordelle di seta semplici e ornamenti quali fregi e bottoni che non superassero il peso di 6 once se d’argento e di 3 once se d’argento dorato. Lo statuto vietava inoltre le corone per il capo, consentendo alle donne di indossare ghirlande per un valore massimo di 10 lire ravennati; maggiore libertà
era concessa per le cinture, che potevano valere fino a 10 fiorini d’oro. La
stessa rubrica prende in considerazione gli artigiani che producevano vesti
e ornamenti femminili, i quali, così come le donne – comprese le nobili e
le donne dei giudici – dovevano attenersi alle disposizioni, pena una multa
per ogni infrazione6. Le altre quattro norme, che regolavano i funerali, sono molto simili a quelle emanate nel corso del XIV in altre città italiane e
sono caratterizzate da intenti moralistici; soltanto in una di esse compaiono alcune categorie sociali cui era consentito un privilegio. Per il funerale
di ogni «prelatus, milex vel doctor decretorum, legum vel medicinalis
scientie vel in dictis scientiis peritus» era infatti consentito portare 4 doppieri di cera, due in più rispetto a quelli concessi a tutti gli altri cittadini
forlivesi7.
Notizie di leggi suntuarie emanate nel corso del XV secolo, purtroppo
non pervenute, si trovano nella cronaca di Giovanni di mastro Pedrino, nella quale si fa riferimento ad una norma relativa al lusso femminile del 1431
e ad una relativa agli ebrei della città, con la quale si imponeva loro di indossare sul petto una “O” gialla8. La prima legge si deve a San Bernardino da
Siena, attestato a Forlì fra il 29 maggio e il 2 luglio 1431, il quale, predicando alle folle contro il lusso sfrenato, suscitò l’interesse del podestà della città,
che alcuni giorni dopo emise un bando per ridurre l’eccessivo sfarzo degli
abiti femminili. Ai limiti posti alla lunghezza degli strascichi, previsti anche
6
BC FO, Statuti 1, Codice 100, lib. V, rub. XXVII. Cfr. E. RINALDI, Statuto di Forlì
dell’anno MCCCLIX con le modificazioni del MCCCLXXIII, in Corpus Statutorum
Italicorum, diretto da P. SELLA, 5, Roma 1913, pp. 325-329; EAD., La donna negli statuti del
comune di Forlì. Sec. XIV, in «Studi storici», XVIII, II (1909), pp. 185-200. Per questa legge
suntuaria cfr. inoltre l’opuscolo per nozze scritto da C. CILLENI NEPIS, De ornamentis mulierum. Nozze Uccelli Bianconi, Forlì 1852 e M.G. MUZZARELLI, Gli inganni delle apparenze.
Disciplina di vesti e ornamenti alla fine del medioevo, Torino 1996, p. 135.
7
BC FO, Statuti 1, Codice 100, lib. V, rubb. XXVIII-XXXI (E. RINALDI, Statuto di Forlì… cit., pp. 329-331). All’interno dello statuto forlivese compaiono leggi anche in materia
di gioco d’azzardo, che non hanno però carattere suntuario (lib. III, rub. XXXVIIII; lib. V
rubb. VI-VII). Cfr. E. RINALDI, Statuto di Forlì… cit., pp. 236, 315-316.
8
GIOVANNI DI M.° PEDRINO DEPINTORE, Cronica del suo tempo, a cura di G. BORGHEZIO
e M. VATTASSO, I (1411-1436), Roma 1929, p. 301. Cfr. P. METTICA, Cultura, potere e società nei cronisti tardomedievali, in Storia di Forlì… cit., pp. 185-207.
316
Legislazione suntuaria
nella precedente normativa suntuaria trecentesca, si aggiungono limiti all’altezza delle acconciature, in particolare dei balzi 9.
Fra gli atti dei Consigli Generali e Segreti dell’Archivio di Stato di Forlì
sono state rinvenute due provvisioni suntuarie pubblicate poco dopo la metà
del XVI secolo, che disciplinavano in materia di vesti, funerali, banchetti e
feste, al fine di limitare lo sperpero dei forlivesi. La prima, del 30 giugno
1556, vietava indistintamente a tutti i forlivesi della città, del distretto e del
contado di portare diamanti, rubini, perle, ornamenti d’oro, d’argento e
smalto, corone di pasta d’ambra, indumenti di tela o tela d’oro e d’argento,
profumi, drappi di seta, ricami, intagli, gibelini e tessuti color di grana, vale
a dire rosso scarlatto, pena la scomunica e una multa di 25 lire di bolognini.
La normativa prendeva in considerazione anche gli artigiani, che potevano
perfino essere denunciati dai propri garzoni qualora contravvenissero alle disposizioni. La provvisione prende poi in rassegna le varie categorie sociali e
indica scrupolosamente vesti e ornamenti consentiti a cittadini, artigiani e
popolari, “graduati popolari”, precisando che dovessero intendersi cittadini
forlivesi tutti coloro che avevano o avevano avuto in passato un famigliare
nel consiglio generale della città. La normativa suntuaria lascia maggiore libertà nel vestire ai cittadini e fra questi concede maggiori privilegi agli uomini10.
La seconda provvisione, del 12 aprile 1559, è più restrittiva della precedente nei confronti delle donne, ma meno nei confronti degli uomini, esentando
perfino dai divieti e dalle limitazioni nel vestire i «signori dottori di leggi o
d’arti et medicina secolari ai quali era lecito portare per il loro vestire tutte le
veste et altre cose condecente et conveniente alla dignità et essere suo»11.
Interessante risulta infine un provvedimento di carattere suntuario emanato dal consiglio degli Anziani di Forlì su suggerimento di don Remigio
de Lorqua, governatore e luogotenente generale di Cesare Borgia, che intendeva limitare le spese delle campagne elettorali dei gonfalonieri. La
9
«El frutto che zittò le predighe del ditto fra Bernardino. Continua(n)do el nostro predichatore le sue predighe in modo maravigloxo, fo de tanta efichaçia de bona opera che fo
boxognio che adì II de zugnio 1431 andò uno bando per parte del podestade de volontade
de monsignor e del consiglio, che nessuna dona ardisse o prosomisse portare vestimenta che
avesse choda o fosse lungha più che uno quarto più che la dona, quando la ditta dona fosse
sença pianelle, e ’l balçio fosse una ottava alto: e tutto questo a la pena de livre diexe de Bologne. E fo mandado per quigle sarte che faxea maore parte de le ditte vestimenta, e dadogle
el sagramento che non fesseno più vestimenta da choda. A questo zurò m.° Tadio sarto, m.°
Riçço, m.° Agostino: non so como fare d’oservare» (GIOVANNI DI M.° PEDRINO DEPINTORE,
Cronica… cit., pp. 293-294). Cfr. P. METTICA, Cultura, potere e società… citata.
10
AS FO, Comunità di Forlì, Consigli Generali e Segreti, vol. 23/30, cc. 379r-383v.
11
Ibid., vol. 27/34A, cc. 10r-14r.
Forlì
317
provvisione, datata 25 aprile 1502, vietava di spendere per le elezioni somme superiori alle 25 lire, pena una multa della stessa cifra da comminarsi ai
trasgressori12.
L’esame delle redazioni statutarie dei centri del contado relative a Fiumana, Rocca delle Caminate, Forlimpopoli, Bertinoro e Civorio non ha rilevato traccia di normativa di carattere suntuario13.
Elisa Tosi Brandi
L’elenco delle fonti consultate è il seguente:
* Statuti cittadini: BC FO, Statuti, 1, 2, 4, 5, 8 (1359-sec. XVI/fine).
* Provvisioni: AS FO, Comunità di Forlì, Consigli Generali e Segreti, voll. 1/1 (Libro Madonna, 1491-1504), 23/30 (1556, gennaio 4-dicembre12) e 27/34A
(1558, dicembre 18-1559 maggio 17).
* Statuti del territorio: Bertinoro: rubricario dello “Statutum vetus Brittinorii”
(1431) edito in G. RABOTTI, Notizie sugli archivi di Bertinoro, in «Studi Romagnoli», XV (1964), pp. 79-87; Civorio: rubricario degli statuti (1541) edito a
cura di E. ANGIOLINI in Repertorio degli statuti comunali emiliani e romagnoli
(secc. XII-XVI), a cura di A. VASINA, I, Roma 1997 (Istituto storico italiano per
il Medio Evo, Fonti per la storia dell’Italia medievale, Subsidia, 6*), pp. 195198; Fiumana: rubricario degli “Statuta Castri Flumanae” (1508) edito a cura di
R. RINALDI in Repertorio degli statuti comunali… cit., pp. 172-178; Forlimpopoli: “Statuta civitatis Foripompilii”, Invent. spec., 1 (1443 circa); ASC FORLIMPOPOLI, Statuti, 1 (1535-1536); Rocca delle Caminate: rubricario degli “Statuta et
Ordinamenta Caminatarum” (secc. XVI-XVII) edito a cura di R. RINALDI in
Repertorio degli statuti comunali… cit., pp. 178-181.
La ricerca e le trascrizioni sono state effettuate da Antonella Campanini ed Enrica Coser (Provvisioni) e da Elisa Tosi Brandi (Statuti cittadini e del territorio).
12
Cesare Borgia duca di Romagna. Notizie e documenti raccolti e pubblicati da Edoardo Alvisi, Imola 1878, pp. 254-255 e 525.
13
R. RINALDI, Fiumana, Rocca delle Caminate; A. VASINA, Forlimpopoli, Bertinoro; E.
ANGIOLINI, Civorio, in Repertorio degli statuti comunali… cit., pp. 172-199.
INDICE DELLE FONTI
1359-1373
Statuti
Cod. 100
BC FO, Statuti, 1, Codice 100 (le cc. non sono numerate).
Ed.: E. RINALDI, Statuto di Forlì dell’anno MCCCLIX con le modificazioni del
MCCCLXXIII, in Corpus Statutorum Italicorum, dir. P. SELLA, 5, Roma 1913, pp.
325-332.
De ornamentis mulierum (Lib. V, Rub. XXVII)
Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur (Lib.
V, Rub. XXVIII)
Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam (Lib. V, Rub. XXIX)
De eodem (Lib. V, Rub. XXX)
Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris
et denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere (Lib. V, Rub. XXXI)
Cod. 251
BC FO, Statuti, 2, Codice 251 (copia derivata dalle precedente, sec. XV), cc. 114r116v.
Ed.: E. RINALDI, Statuto di Forlì dell’anno MCCCLIX con le modificazioni del
MCCCLXXIII, in Corpus Statutorum Italicorum, dir. P. SELLA, 5, Roma 1913, pp.
325-332.
à De ornamentis mulierum (Lib. V, Rub. XXVII), vedi Cod. 100, De orna-
mentis mulierum
à Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur
(Lib. V, Rub. XXVIII), vedi Cod. 100, Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur
320
Legislazione suntuaria
à Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam (Lib. V, Rub. XXIX),
vedi Cod. 100, Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam
à De eodem (Lib. V, Rub. XXX), vedi Cod. 100, De eodem
à Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris
et denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de
defunctis et funere (Lib. V, Rub. XXXI), vedi Cod. 100, Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris et denumptient
contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere
Cod. 278
BC FO, Statuti, 5, Codice 278 (sec. XVI/metà), cc. 91r-93r.
Ed.: E. RINALDI, Statuto di Forlì dell’anno MCCCLIX con le modificazioni del
MCCCLXXIII, in Corpus Statutorum Italicorum, dir. P. SELLA, 5, Roma 1913, pp.
325-332.
à De ornamentis mulierum (Lib. V, Rub. XXVII), vedi Cod. 100, De orna-
mentis mulierum
à Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur
(Lib. V, Rub. XXVIII), vedi Cod. 100, Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur
à Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam (Lib. V, Rub. XXIX),
vedi Cod. 100, Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam
à De eodem (Lib. V, Rub. XXX), vedi Cod. 100, De eodem
à Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris
et denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere (Lib. V, Rub. XXXI), vedi Cod. 100, Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris et denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere
Cod. 101
BC FO, Statuti, 8, Codice 101 (sec. XVI), cc. 154r-157v.
Ed.: E. RINALDI, Statuto di Forlì dell’anno MCCCLIX con le modificazioni del
MCCCLXXIII, in Corpus Statutorum Italicorum, dir. P. SELLA, 5, Roma 1913, pp.
325-332.
à De ornamentis mulierum (Lib. V, Rub. XXVII), vedi Cod. 100, De orna-
mentis mulierum
Quod
nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur
à
(Lib. V, Rub. XXVIII), vedi Cod. 100, Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur
à Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam (Lib. V, Rub. XXIX),
vedi Cod. 100, Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam
Forlì
321
à De eodem (Lib. V, Rub. XXX), vedi Cod. 100, De eodem
à Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris
et denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere (Lib. V, Rub. XXXI), vedi Cod. 100, Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris et denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere
Cod. 105
BC FO, Statuti, 4, Codice 105 (sec. XVI/fine) (le cc. non sono numerate).
Ed.: E. RINALDI, Statuto di Forlì dell’anno MCCCLIX con le modificazioni del
MCCCLXXIII, in Corpus Statutorum Italicorum, dir. P. SELLA, 5, Roma 1913, pp.
325-332.
à De ornamentis mulierum (Lib. V, Rub. XXVII), vedi Cod. 100, De ornamentis mulierum
à Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur
(Lib. V, Rub. XXVIII), vedi Cod. 100, Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur
à Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam (Lib. V, Rub. XXIX),
vedi Cod. 100, Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam
à De eodem (Lib. V, Rub. XXX), vedi Cod. 100, De eodem
à Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris
et denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere (Lib. V, Rub. XXXI), vedi Cod. 100, Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris et denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere
1556, giugno 30
Consigli Generali e Segreti
AS FO, Comunità di Forlì, Consigli Generali e Segreti, vol. 23/30.
Ordini et reformationi sopra le pompe proposti, statuiti et publicati nel
consiglio generale di Forlì adì XXX di giugno MDLVI (cc. 379r-383v)
1559, aprile 12
Consigli Generali e Segreti
AS FO, Comunità di Forlì, Consigli Generali e Segreti, vol. 27/34A.
Capitoli per moderare pompe e ornamenti di uomini e donne della città di Forlì
(cc. 10r-14r)
FONTI
1359-1373
Statuti
De ornamentis mulierum1
[I]tem statutuimus et ordinamus quod nulla domina, nec aliqua quevis mulier
de civitate vel districtu Forlivii, terrigena vel forensis et dicatur terrigena civitatis et
districtus Forlivii, in hoc casu postquam habitaverit in dicta civitate vel districtu,
per treginta dies continuos, de cetero audeat vel presumat portare in civitate vel districtu Forlivii vel per ipsam civitatem: tunicam, guarnachiam, guarnazonem seu
mantellum seu quevis alia indumenta in dorso vel ad dorsum que sint eius longitudinis quod aliquo modo sive ingenio trahantur seu possint trahi per terram seu que
terram ex aliqua parte tangant seu tangere possint aliquo modo; sed ipsa indumenta
omnia sint adeo curta et proporcionata, quod nunquam possint tantum extendi
quod per terram trahi vel terram tangere possint, nec prope saltem duos digitos ex
utraque parte anteriori et posteriori et cum basta seu sebasta quatuor digitorum vel
unius semissi ad plus, que fieri debeat ad modum et formam lu[sce] et no[n] [alsadure]2. Ita quod si huiusmodi indumenta curta fierent tractu temporis extendi valeant cum opus fuerit et congrue alongari predictam bastam deguastandam seu desuendam ita tamen quod propterea terram non tangant, seu tangere verisimiliter
possint ipsa indumenta. Et si aliquis inveniretur contrafatiens, condempnetur per
dominum potestatem in centum solidis ravennatum pro qualibet vice, et vir sive
dominus seu paterfamilias domus eius teneatur solvere predicta condempnationem
de dote ipsius, nulla actione pro ipsa parte ipsi mulieri seu alteri dotem constituenti
1
Collazionato con:
Cod. 251, De ornamentis mulierum.
Cod. 278, De ornamentis mulierum.
Cod. 101, De ornamentis mulierum.
Cod. 105, De ornamentis mulierum.
2
Integrazione desunta dai codici di epoca successiva.
324
Legislazione suntuaria
in posterum reservata. Et quod ipse domine et mulieres sive aliqua earum non possint nec debeant de cetero portare ad ipsas vestes sed aliqua earum indumenta aliqua ornamenta perlarum, nec auri, nec argenti, nec botoncellos, nec flibaglas nec
aliquod aliud ornamentum cuiuscunque rey, nisi forte portare vellent ad quamlibet
vestem ad collum seu ad pectus usque in vigintiquinque botonos de argento tantum
et frisos usque ad cinturam seu gironem tantum, ita quod omnes predicti botones
non sint maioris ponderis sex unciarum argenti et cordellas de seta simpliciter, quos
botonos et cordellas tantum et nulla alia ornamenta portare possint; liceat tamen eis
habere et portare in ornatum vestimentorum usque ad tres untias de betoncellis argenti deaurati tantum. Et quod nulla domina vel alia mulier possit de cetero portare
aliquam coronam vel aliam ghirlandam seu centuram vel tessutum seu quodvis
aliud ornamentum de perlis vel de argento seu de auro in capite seu cintum nisi
ghirlandam valoris decem librarum ravennatum et cinturam valoris decem florenorum auri ad plus; coronam vero nullo modo possit. Et si qua domina vel alia mulier
contra predicta vel aliquod predictorum fecerit, condempnetur per dominum potestatem in vigintiquinque libris; et predicta observare nichilominus teneantur; quam
condempnationem de suis propriis dotibus solvere conpellatur eis vel eorum heredibus seu dotem costituentibus actionem in posterum in repetendo pro dicta parte
minime reservata. Et quia predicta non sic de levi infringi poterunt, si sartores qui
vestes fatiunt teneantur ad observationem eorum, statuimus quod nullus sartor
cuiuscunque condictionis sit, terrigena vel forensis, audeat vel presumat quocunque
modo incidere vel facere pannos seu vestes alicuius domine seu cuiuscunque alterius
mulieris qui vel que sunt maioris longitudinis superius declarate, vel aliter ornati seu
ornate quam superius sit expressum; et quod aurifices nulla ornamenta supra prohibita ad dictas vestes audeant vel presumant facere vel apponere. Et dominus potestas
qui nunc est et qui per tempora fuerit teneatur et debeat infra decem dies post introytum sui offitii, facere iurare sacramento novo omnes sartores et aurifices civitatis
et districtus Forlivii, quod predicta omnia et singula effectualiter observabunt et in
nullo contrafacient, et nichillominus si contrafacerent vel venirent teneatur dictus
dominus potestas vel eius iudex mallifitiorum condempnare quamlibet contrafatientem pro qualibet vice in decem libris ravennatum. Et in predictis casibus et quolibet predictorum quilibet possit accusare et denumptiare contrafatientes, et in credencia si voluerit et habeat tertiam partem condempnationis. Et ut predictorum observationi detur maior occasio, statuimus quod potestas, qui nunc est et alii qui
erunt per tempora teneatur et debeant indissolubili iuramento predicta omnia et
singula facere cum effectum ab omnibus inviolabiliter observari. Adhycientes quod
potestas, qui nunc est et qui erit per tempora, teneantur et debeant in unum mensem post initium sui regiminis cogere omnes et singulas dominas et mulieres civitatis et districtus Forlivii, quod omnes vestes suas, iam factas ad dictam formam et
modum longitudinis superius declarate reducant, et quod omnia alia ornamenta
que supra in hoc statuto sunt prohibita, ammoveant et omnino dimittant incipiendo prius ad nobiles dominas et ad nobilium ac iudicum familias ad predictam effectualiter compellendo fatiendo postea idem potestas, qui nunc est et qui per tempora
fuerint, quod tam per predictas quam per quaslibet alias dominas et mulieres civita-
Forlì
325
tis et comitatus Forlivii predicta omnia et singula inviolabiliter observabunt. Et si
potestas qui nunc est et qui erunt per tempora predicta omnia non fecerunt ut dictum est, condempnetur et pro condempnatis habeantur massario communis Forlivii
ipso facto de suo feudo in libris quinqueginta ravennatum, quas ad pectitionem
cuiuslibet denumptiantis massarius communis de salario ipsius potestatis tenere debeat pro communi Forlivii postquam sciverit ipsis potestatem contra predicta fatientem fuisse per eius sindicatores condempnatum vel declaratum ipsam penam incurrisse. Et quod potestas qui nunc est et qui per tempora fuerint teneantur et debeant eorum sacramento facere diligenter proclamari et bampniri presens statutum
per loca consueta civitatis Forlivii et facere inquiri per sotium suum vel alium offitialem eius ad predicationes et ecclesias in festis solempnibus et diebus dominicis
omni mense bis ad minus pro illis dominabus et mulieribus que facerent contra predicta vel ea omnia non observarint; et si quas contrafacientes invenerit debeat illas
punire et condempnare infra quinque dies postquam invente fuerint et condempnationes exigere infra decem dies postquam fuerint late condempnationes. Et quod
dominus capitaneus vel potestas vel antiani vel alii offitiales non possint nec debeant dare licentiam contra predicta vel aliquod predictorum; et si dederint talis licentia non valeat ipso iure et nichilominus talis dans dictam licentiam penam decem librarum ravennatum communi Forlivii applicandam ipso facto incurrat. Et
hoc capitulum seu statutum sit precisum in qualibet parte sui et precise debeat observari […]3 alius intellectus dari sibi debeat quam sicut litera iacet.
Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur4
[I]tem statuimus et ordinamus quod nulla per[sona] civitatis Forlivii vel eius districtus vel eius districtus vel ibidem habitans audeat vel presumat extra domum
plantum facere vel lamentum alta voce vel etiam mediocri tempore funeris alicuius
persone defuncte nisi etiam post dictam occasionem, ita quod ab aliis audiatur seu
percutere manus ad invicem vel accipere sibi aliquod de capite causa scapiliandi se
vel visum vel pectus sibi percutere vel raschiare seu scarfiare. Et qui contrafecerint
per dominum potestatem vel eius iudicem mallifitiorum si fuerit vir in quinque libris ravennatum, si femina in tribus libris ravennatum pro vice qualibet puniatur.
Et quod nullus possit vel debeat ad dictum funus portare vel portari facere nisi
duos duplerios de cera, nisi defunctus fuerit prelatus, milex vel doctor decretorum,
3
Lacuna corrispondente a circa 12 lettere. Così nel cod. 105; nei codd. 101 e 278: et; nel
cod. 251: ei nullus, (senza sibi).
4
Collazionato con:
Cod. 251, Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur.
Cod. 278, Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur.
Cod. 101, Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur.
Cod. 105, Quod nullus fatiat plantum tempore alicuius funeris ita quod audiatur.
326
Legislazione suntuaria
legum vel medicinalis scientie vel in dictis scientiis peritus, pro quo liceat portari
quatuor duplerios tantum; et non possit aliquis ex dictis dupleriis esse maioris ponderis sex librarum. Et qui contrafecerit solvat communi Forlivii nomine pene pro
quolibet duplerio quod ultra modum pretaxatum portari fecerit quinque libras et
pro qualibet libra cere qua ultra sex libras ponderaret duplerium quadraginta solidos, in quibus penis debeat contrafacientes per potestatem condempnari. Quorum
defunctorum corpora ponantur et sepelliantur in cassis et cum eis pena decem librarum ravennatum contrafatienti, nisi heredes vel posteri defuncti essent adeo
pauperes quod cassam habere non possint.
Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam5
[I]tem statuimus et ordinamus quod domine seu mulieres consanguinee seu affines vel domestice defuncti non audeant vel presumant per se, nec cum aliis, ire ad ecclesiam ubi est sepultus vel debet sepelliri defuntus ea die qua corpus defuncti sepellitur nec ab eadem die usque ad [annum plorando]6 vel plantum fatiendo per viam vel
in ecclesia, causa fatiendi septimas, [trentesimas]7, centesimas vel annuale, nec aliqua
alia dictam occasione coruptum vel plantum fatiendi. Et qui contrafecerit condempnetur per dominum potestatem vel eius iudicem in tribus libris ravennatum pro qualibet et qualibet vice, ad quam condempnationem solvenda de propriis dotibus teneatur. Per hoc tamen statutum non intendimus tollere vel prohibire quominus dicte domine vel mulieres possint ad dictam ecclesiam accedere sine plantu et rumore plantus
ad orandum et audiendum divina offitia quandocunque sibi vel eis placuerit.
De eodem8
[I]tem statuimus quod postquam corpus defuncti fuerit sepultum, omnes persone congregate dicta de causa debeant incontinenti recedere de ecclesia et sotiatis
consaguineis defuncti ad domum unde exivit cadavere statim debeant inde reccede-
5
Collazionato con:
Cod. 251, Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam.
Cod. 278, Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam.
Cod. 101, Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam.
Cod. 105, Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam.
6
Spazio bianco integrato sulla base degli altri codici.
7
Spazio bianco integrato sulla base degli altri codici.
8
Collazionato con:
Cod. 251, De eodem.
Cod. 278, De eodem.
Cod. 101, De eodem.
Cod. 105, De eodem.
Forlì
327
re et ad dictam ecclesiam sive domum dicta de causa non redire illa die causa comedendi vel alia de causa dicti funeris, exceptis sex vel octo viris et sex vel octo mulieribus proximioribus in gradu consaguinitatis vel affinitatis et [magis]9 coniunctis ei
cuius fuerit funus sive defunctus, quibus liceat asotiare predictos. Et qui vel que
contrafecerit per dominum potestatem vel eius iudicem in quinque libris ravennatum pro quolibet et qualibet vice condempnetur; et mulieres penam predictam de
suis propriis dotibus solvere teneantur.
Item pro evidenti utilitate hominum civitatis Forlivii ordinamus quod deinceps
corpora morientur in civitate vel burgis Forlivii statim post obitum eorum poni debeant et claudi in capsis ligneys portari et sepelliri in ipsis capsis ligneys et cum ipsis, pena et bampno heredi mortui et mittentis mortuum ad sepolturam vel alteri
contrafatienti decem librarum ravennatum pro qualibet vice. Salvo quod hoc non
vendicet sibi locum in habentibus extimum a triginta libris infra.
Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris
et denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de
defunctis et funere10
[I]tem statutimus et ordinamus quod quilibet sindicus cuiuslibet contrate
deputatus ad denumptiandum mallefitia in civitate vel districtu Forlivii teneatur et debeat notificare domino potestati vel eius iudici seu socio mortem
cuiuslibet persone morientis in sua contrata statim antequam sepelliatur eius
corpus, ut offitialis potestatis possit illuc accedere et videre, scribere et inquirere ne aliquis fatiat contra formam statutorum predictorum loquentium de materia defunctorum et funeris, necnon teneantur dicti sindici ire ad domum illorum qui habitant in suis contratis tempore funeris et ibi inquirere et videre diligenter si aliquis vel aliqua fecerit contra suprascripta statuta de defunctis et
funere loquentia, et quos vel quas viderint contrafatientes vel inveneri[n]t tenea[n]tur et debea[n]t infra triduum denumptiare domino potestati vel eius iudici seu sotio. Et si quis sindicus contratarum civitatis contra predicta vel aliquod predictorum fecerint vel predicta non observaverint condempnetur per
9
Spazio bianco integrato sulla base degli altri codici.
Collazionato con:
Cod. 251, Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris et
denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere.
Cod. 278, Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris et
denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere.
Cod. 101, Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris et
denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere.
Cod. 105, Quod sindici contratarum vadant ad domos defunctorum tempore funeris et
denumptient contrafatientes contra suprascripta capitula loquentia de defunctis et funere.
10
328
Legislazione suntuaria
dominum potestatem vel eius iudicem in viginti solidis ravennatum pro qualibet vice. Et ne predicti sindici a predictorum observatione pretestu ignorantie
se valeant excusare, dominus potestas vel eius iudex teneatur hoc statutum notificare ipsis sindicis infra unum mense post introytum sui offitii. Item ad
maiorem observationem predictorum statuimus quod potestas vel eius iudex
seu sotius ultra predictos sindicos teneatur elligere in secreto duos bonos homines de qualibet contrata, qui eorum iuramento teneantur denumptiare omnes
et singulos fatientes contra suprascripta statuta de defunctis et funere loquentia, et teneantur in credentia et credatur dicto cuiuslibet ipsorum cum uno bono teste et habeat dimidiam condempnationis.
1556, giugno 30
Consigli Generali e Segreti
Ordini et reformationi sopra le pompe proposti, statuiti et publicati nel
consiglio generale di Forlì adì XXX di giugno MDLVI
Havendo il magnifico conseglio generale de la città di Forlì considerato quanto
con l’escessivo modo de le pompe da un sfrenato abuso in quello introdotto nel vestire, nel pasteggiare, ne’ funerali et nel festeggiare s’offenda la Maestà divina e si
prepari danno e rovina a suoi cittadini et popolari, a honore de l’altissimo Iddio et
a beneficio et a utilità universale de la città ha statuito et deliberato gl’infrascritti
ordini et reformationi, intendendo che habbiano forza di legge perpetua et che inviolabilmente siano osservati nel modo che segue, e prima
Si proibisce a ciascuna persona di qualsivoglia sesso, età, stato, ordine, grado o
conditione, tanto de la città quanto del distretto e del contà di Forlì, portar diamanti, rubini, perle, ogn’altra sorte di gioia, vestimenti di tela o con tela d’oro o
d’argento, et usare per ornamento di persona sorte alcuna d’oro o argento o smalto,
battuto, tirato, filato, o in qualsivoglia modo o materia contesto o lavorato, corone
di pasta d’ambra et muschio o d’altra sorte di profumi, et similmente ogni sorte di
drappamento di seda, ricami, intagli, gibelini, et ogni sorte di panno e saglia di color di grana, se non nel modo che segue. Sotto pena da incorrersi ipso facto senza
altra sentenza da chi contrafarà, in qualunque caso o in qualunque modo, de l’escomunicatione e di lire vinticinque de bolini, da aplicarsi per un quarto a l’accusatore, il qual serà tenuto secreto, per un quarto a l’esecutore et per l’altra metà a la comunità di Forlì per la fabrica del palazzo. A la qual pena pecuniaria siano tenuti i
padri per gli figliuoli et figliuole, li mariti per le moglie, li fratelli per le sorelle,
quando però siano sotto la lor cura, governo o podestà, et così ogn’altro che habbia
cura, governo o podestà di chi contrafacesse. Dechiarandosi che ne le medesime pene incorrano orefici, ricamatori, sarti, calciolari et ogn’altra sorte di persone che s’adoperaranno in lavori da farsi contra le presenti ordinationi. Et il gargione possa accusare il maestro senza incorrere ne le pene predette, ancora che egli havesse lavorato in lavori proibiti.
Forlì
329
Del vestire de le cittadine
Si concede a le moglie de cittadini haver per uso suo tre vesti di seda di che sorte a loro piacerà, purché non siano di veluto cremesino, et quelle listare, et stratagliar le liste, ne le quali non possano essere, per ciascun vestimento, più di brazza
tre di drappo in tutto, ancora che fusse di veluto cremesino, la qual meta di listare
s’estenda anco in saglie, gamorini et altri vestimenti di lana, li quali si concedono
lor portare di colore di grana.
Si permette ancora potere haver per uso loro collane d’oro o perle, purché in
tutto non eccedano il valore di scudi cinquanta d’oro.
Annella per valore in tutto di scudi vinticinque d’oro.
Pendenti da orecchi d’oro, semplici o con due perle, non eccedenti in tutto il
valore di scudi quattro d’oro.
E per ornamento de la testa rede, cordella o passamano d’oro o d’argento filato,
non escedendo il valore d’un scudo d’oro.
Et la notte, o cavalcando, o per pioggia, beretta o capello di veluto, senza piuma
dentro.
Et pianella d’ogni sorte di drappo.
De le donzelle cittadine
Il vestire de le donzelle cittadine si rimette a l’arbitrio di coloro sotto ’l cui governo sono, purché non s’ecceda la meta soprascritta.
Del vestire de l’artesane e popolari
A le moglie de li artesani et de’ popolari si concede per uso suo potere havere
una veste di seda di qualunque sorte escetto di cremesino, senza adornamento alcuno. L’altre vesti, di saglia, di lana o altra materia non proibita, possano adornar di
raso o veluto, eccetto di cremesino, non eccedendo però la quantità di tre brazza in
tutto.
Et una collana d’oro o perle fino al valore di quindeci scuti d’oro.
Et annella fino al valor di scudi diece.
Et per ornamento de la testa cordella, passamano e rede d’ogni sorte di seda.
De le donne de graduati popolari
Permettendo che le donne de graduati popolari possano godere il privilegio de
le moglie de cittadini, eccetto che non possano portar ventagli, pendenti a l’orecchi
et cremesino di sorte alcuna.
De le donzelle artesane
Le donzelle artesane e popolari possano vestire secondo piacerà a coloro sotto la
cui cura seranno, purché non si ecceda la meta sudetta.
De vestimenti di lana già fatti et listati
Dechiarando che le saglie e gamorini et l’altri vestimenti di lana da donna, che
al presente si trovano in essere, listati et addobati contra gli ordini già detti, non
siano proibiti portarsi.
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Legislazione suntuaria
Del vestire de cittadini
A cittadini sia licito portare vesti, sagli, giuboni, berette, capelli et scarpe d’ogni
sorte di seda, calze similmente finite d’ogni sorte di drappo, ma però senza intaglio
o ricamo alcuno. Proibendo il foderar sagli o altro vestimento con sorte alcuna di
seda, né tagliargli o fratagliargli, escetto giuboni et calze, quali si possano foderare e
stratagliar come più piacerà. Né gli sia licito però in vestimento alcuno o ornamento di quello usar veluto cremesino, eccetto in scarpe. Concedendogli ancora il potere usare panno di grana in calze solamente. Se gli concede ancora il poter listare et
stratagliar le liste, purché per adornamento di cappa o tabarro non eccedano brazza
due e mezo di drappo, e per saglio brazza uno e mezo.
Et possano portare annella d’ogni valore.
Permettendosi che i loro servidori e gargioni possano portare calze, sagli, giuboni, berette e scarpe smesse da’ padroni.
Del vestire degli artesani e popolari
Agli artesani e popolari sia licito portar sagli et giuboni di veluto o d’urmesino
non fratagliati né di color cremesino, listar cappe et sagli con drappi, purché non
siano cremesini, né in quelle escedendo la meta de cittadini, et possano fodrar calze
di taffetà o urmesino ma non altro vestimento. Proibendosegli scarpe, berette e capelli di veluto.
De graduati popolari
I graduati popolari godano il privilegio de cittadini ne’ loro vestimenti ed addobbi.
De panni già fatti contra gli ordini detti
Tollerandosi fin per tutto carnevale prossimo del 1557 il portar sagli, giuboni et
calze che sono già fatti contra gli ordini sopradetti.
Del vestir de forastieri
I forastieri che sono o veniranno ad habitare ne la nostra città, se seranno nobili,
godano il privilegio de cittadini, se seranno popolari, siano tenuti servar le leggi de
popolari, il che giudicare sia in arbitrio del magnifico consiglio secreto.
Et le donne che si mariteranno a forastieri, per lo tempo che staranno in Forlì,
siano soggette a le presenti ordinationi.
Chi s’intenda cittadino, artesano o popolare
Per levare le dificultà di questo nome cittadino, o artesano, o popolare, si dechiara essere cittadino colui ch’è del general consiglio di questa città ordinariamente
secondo il modo introdotto da la legge «De modo subrogandi res», et colui che secondo il modo predetto è di consiglio s’intenda, insieme con tutta la sua consanguinità, casata o parentela, essere cittadino, se ben poi mancasse a quella il consigliere.
Il simile s’intenda di quelle famiglie che hanno havuto per lo passato il consegliere, secondo il modo predetto, se ben al presente non l’hanno.
Forlì
331
Ma chi per l’avvenire serà ammesso per consegliere ordinariamente secondo il
modo predetto, se serà di famiglia popolare s’intenda egli, insieme con la sua consanguinità fin al terzo grado da computarsi secondo la ragion canonica, non facendo però arte alcuna mecanica, et suoi descendenti in perpetuo esser cittadino.
Ma chi è, o serà ammesso nel conseglio o per letre o per escellenza d’arme o altro modo estraordinario, non servato il modo de la legge, costui s’intenda esser cittadino con i suoi descendenti solamente.
De funerali
Subito che l’anima serà fuora de corpo et che ’l cadavero serà governato, sia posto in luoco da sé solo seperato, et se non si potesse in casa, per bisogno di luoco,
pongasi ne la più vicina chiesa. Et venendo l’hora di portarlo a la sepultura non
possano né debbano i parenti in modo alcuno accompagnare il corpo morto a la
chiesia, né fargli portar dietro più di torze otto, se serà cittadino, et quattro essendo
popolare.
Et per levar questa corrutela d’invelar tante donne, si proibisce dar veli a persona alcuna, eccetto a madre, figliuole, nipote et altre descendenti, moglie, sorelle,
cognate, zie da canto di padre, nore et altre habitanti sotto un medesimo tetto.
De conviti
Non sia licito a chi farà convito, pasto o banchetto per nozze o per qualsivoglia
causa dare né usare più di sei sorte di vivande et una sorte di torta, fra le quali ve ne
possa essere solamente una di salvaticine, intendendosi fra le salvaticine galline
d’India et pavoni. Proibendo mangiar bianco, pasticci, lavori di pasta et canditi, et
ne’ pasti da carne ogni sorte di pesce.
De le feste
A chi farà feste, comedie o altre simili coadunationi per qualsivoglia causa non
sia licito usare nel dar colatione confettione di sorta alcuna di zuchero.
Dechiaratione sopra le pene ne le quali incorreranno i contrafacienti né funerali, conviti et feste
Dechiarandosi che chi ne funerali, ne conviti e ne le feste contrafarà a presenti
ordini s’intenda essere incorso, in ciascun caso o per qualunque modo contrafacesse, ne le medesime pene e censura che di sopra in principio si sono dette.
Del magistrato sopra le pompe
Et accioché più facilmente si possano mandare in esecutione le presenti ordinationi, si dechiara li giudici sopra le pompe dovere essere il nostro reverendissimo vescovo o il suo reverendissimo coadiutore, et in loro assenza il suo vicario, il capo e
l’ultimo de conservatori, il priore del numero de novanta che seranno pro tempore,
et un cittadino per ciascuna borsa de le tre di conseglio, et un popolare, da estrarsi
ogni due mesi nel giorno che si faranno l’estrationi de conservatori. A quali si dà
piena autorità et facoltà di poter fare di ciò inquisitione, et far pagare le pene a con-
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Legislazione suntuaria
trafacienti, et distribuirle come di sopra. Non concedendosegli però di poter a modo alcuno di far gratia né in tutto né in parte di dette pene.
1559, aprile 12
Consigli Generali e Segreti
Capitoli per moderare pompe e ornamenti di uomini e donne della città di Forlì
Considerando il magnifico conseglio grande della città di Forlì l’intolerabili spese ch’ogni giorno se fanno nelli ornamenti et pompe per il vestire delli huomini et
donne di detta città contra l’honore de Dio et in grandissimo danno di tutti li cittadini et delli forestieri che habitano al presente o sonno per habitare in detta città, et
deliberando provedere che la divina Maiestà non sia per tal causa offesa et li detti
cittadini o altri habitanti in detta città non doventino poveri, ha concluso di moderare dette pompe et ornamenti, rimettendo il modo di fare dette moderationi alli
magnifici signori conservatori, advocato et syndico di detta città. Volendo adonque
li detti magnifici signori conservatori, advocato et syndico esequire l’ordine et decreto di detto conseglio, ordinano et statuiscono l’infrascritti capitoli et moderationi da osservarse perpetuamente et inviolabilmente, cioè
Delli ornamenti et pompe delle donne
Primo moderando ordinano et statuiscono detti magnifici signori conservatori,
advocato et syndico che non sia donna alcuna della detta città di Forlì di qualonque
grado, stato o conditione voglia essere o sia secolare solamente, o ciascuna anchora
forestiera che al presente habitano o habitaranno per l’avenire nella detta città ch’ardisca o per qualonque modo presuma portare per il suo vestire se non le infrascritte
robbe e vestimenti, cioè
Veste tonde senza coda doi di seta di quella sorte et colore li parerà o elegerà, anchora di paonazzo o di morello di grana, purché non sia di veluto cremesino, con una lista intorno di quella cosa li parerà, non però d’oro, né d’argento, né di veluto cremesino, con cordelline o cordoncini di seta da ogni lato di
detta lista, la quale lista sia et essere debba di brazza tre e mancho se li parerà.
Prohibendo che non se possano ornare di sorte alcuna d’oro né d’argento. Concedendo però che senza la detta lista le possa ornare senza oro et senza argento
et senza veluto cremesino, purché non exceda la somma la spesa di detto ornamento di scudi tre d’oro per ciascuna veste, prohibendoli li ferri nelli bosti di
ciascuni vestimenti.
Item una collana d’oro di prezzo di scudi vinticinque d’oro per portare al collo.
Annelle uno d’oro.
Rete quatro di quella sorte et colore li parerà anchora d’oro di valore solamente
di scudi uno d’oro per ciascuna rete e non più.
Un ventaglio senza collana et che non habbia manigho d’oro né d’argento con ornamento però che non exceda il valore di scudi mezzo d’oro per ciascuno ventaglio.
Forlì
333
Vestimenti chiamati stame numero tre di quella sorte et colore li parerà anchora
di grana con ornamento che non habbia oro né argento, il valore dil quale ornamento non exceda la somma di scudi quatro d’oro per ciascuna stama.
Et in queste stame se li comprehendano hostadini, dopplone, boratte, rasse et
mochaiate.
Maniche para doi in tutto di seta di quella sorte et colore li parerà eccetto di veluto cremesino, con ornamento che non habbia oro né argento, il quale ornamento
non exceda la quantità di scudi mezzo d’oro per ciascuno paro.
Altre para tre di maniche che non siano di seta, ma di quelle cose che si comprehendano nelle stame, con ornamento che non habbia oro né argento, che non
exceda il valore di detto ornamento la quantità di soldi vinti per ciascuno paro.
Una rossetta di panno di quella sorte et colore li parerà ornata, l’ornamento di
la quale non habbia oro né argento et non possa excedere la somma di quatro scudi
d’oro.
Uno frodo di pelle de quelle sorte et colori che si comprehendano nel numero
delle stame et non siano di veluto, raso, damasco, né d’armisino, né di altra cosa di
seta, il quale frodo possa ornare, che non habbia oro né argento, il quale ornamento non exceda il valore di scudi quatro d’oro, et non possa essere detto frodo se non
di pelle di annuizzi, agnelli o di volpe et non d’altra sorte di pelle.
Pianelle para doi di seta di quella sorte et colore li parerà anchora di veluto cremesino, che non habbia oro né argento, con ornamento solamente di valore di soldi vinti per ciascuno paro, di coramo d’ogni colore senza alcuno ornamento quanto
li parerà a sufficienza.
Golette, gorghiere o petti di tela di rensa o altra tela, non di seta, né d’oro, né
d’argento, lavorate di seta, numero doi per ciascuno.
Drappi per andare fuori di casa di quella tela o rensa biancha li parerà, purché
non siano con oro, argento, né con seta, ma puri e semplici di seta, numero doi, li
quali debbano portare sul capo in modo che li coprano li capelli et con quella più
honestà sia possibile.
Robbono uno di colore niegro di tela, di seta hostadina, rasetta, boratta o d’altra
sorte, che non habbia oro né argento, purché non sia di raso, veluto, di damasco né
di urmisino, il quale robbono se possa ornare con brazza doi di veluto solamente,
con cordelline o cordoncini da ogni lato di detta lista intorno, et chi non vorrà ornarlo con veluto se li concede altri ornamenti, purché non exceda il valore di detti
ornamenti di scudi tre d’oro.
Calcette overo scoffoni di panno, sargia o rassa puri, senza alcuno ornamento,
quanto li parerà a sufficienza.
Capelli doi, uno di veluto, l’altro d’urmisino o d’altra cosa di quella sorte et colore li parerà anchora di cremesino per li loro bisogni senza alcuno ornamento. Et
non li possa per alcuno modo portare nelli detti capelli medaglie, pontali né piume.
Maniche bostizze o manichetti di tela di rensa o d’altra tela, ma che non siano
d’oro né d’argento, né lavorati d’oro né d’argento, ma lavorate di seta d’ogni colore,
il prezzo dil lavoro di ciascuno paro di dette maniche sia di scudo uno d’oro et delli
manichetti di scudo mezzo per ciascuno paro.
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Legislazione suntuaria
Donne donzelle, cioè che non siano maritate et non habbiano mai havuto marito
non possano per modo alcuno portare collane né perle al collo né in altro loco, né
pendenti, né annelle nelle orecchie, né veste di sorte alcuna concessa alle sopradette
donne maritate per suo ornamento, ma uno filzo di coragli al collo solamente.
Prohibendo che donne di qualonque sorte come di sopra non possa portare sul
capo o fronte collane d’oro, perle né alcuna gioia, né frontali, né alcuna altra cosa
se non come di sopra. Né portare collane alle brazza, manili né altra cosa, né collane cinte in alcuno modo, né gibellini, né pendenti, né annelle nell’orecchie, né
brette di alcuna sorte, et che non possano portare veste sotto veste nel medesmo
tempo, ma una sola veste potrà bene variare nel portare dette veste.
Se li prohibisse anchora che non possano per alcuno modo ornare letti né altra
cosa quando le donne seranno in letto per havere partorito figlioli una o più per
causa delle visitatione che farano l’altre donne, overo faranno nozze, feste o banchetti o batesmi o altra cosa, se non di lenzoli, endime, panicelli o drappi o d’altre
cose di rensa o altra tela biancha, non di seta, né d’oro, né d’argento, con li lavori
che li parerà, purché non siano lavorati d’oro, né d’argento, né di seta. Il simile se
faccia quando li figlioli se portaranno a battezzare.
Moderatione delle pompe per li huomini
Ordinano che alli signori dottori di leggi o d’arti et medicina secolari solamente
sia lecito portare per il loro vestire tutte le veste et altre cose condecente et conveniente alla dignità et essere suo.
Alli signori cavaglieri sia lecito portare una spada, un pugnale, una correggia et
speroni dorati et una collana d’oro al collo. Havendo però la licenza di potere portare l’armi dalli nostri superiori.
Alli detti signori cavallieri et a ciascuno altro homo di qualonque grado, stato o
conditione voglia essere o sia, secolare solamente et non ecclesiastico, eccetto li detti dottori, li quali si vestiranno come di sopra, sia lecito portare per il suo vestire
l’infrascritte cose et robbe solamente.
Brette di veluto di quello colore li piacerà, che non sia di cremesino né di paonazzo o di morello di grana numero doe, che non habbia oro né argento, nelle quale non possa mettere medaglie, pontali né piume.
Brette di panno di quello colore li parerà a sufficienza senza medaglie, piume et
senza pontali.
Saglio uno di veluto di quello colore li piacerà, non però di cremesino né di
paonazzo o di morello di grana, overo una veste corte con ornamento che non habbia oro né argento, di spesa di scudi tre d’oro.
Uno saglio di raso, damasco o di urmisino o d’altra cosa di seta leggiera di quello colore et sorte li piacerà, non però di cremisino né di paonazzo o morello di grana, che non habbia oro né argento con ornamento, il quale ornamento sia di valore
di scudi tre d’oro.
Et quelli che non volessero saglii di raso o delle sopradette altre cose leggiere
possano portare oltre uno saglio di veluto uno goletto di raso, damasco, di urmisino o d’altra cosa di seta leggiera per il detto tempo dell’estato o quando li parerà
Forlì
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portare, che non habbia oro né argento, di quella sorte e colore li piacerà, non però
di cremesino né di paonazzo o di morello di grana con ornamento, il quale ornamento sia di valore di scudi doi d’oro per ciascuno goletto, il quale goletto se possa
tagliare con honesti et mediocri taglii.
Uno zippone di seta di quella sorte et colore li piacerà, anchora di cremesino o
di paonazzo o di morello di grana senza alcuno ornamento et che non habbia oro
né argento. Gipponi di tela o d’altra cosa non d’oro né di argento quanto li parerà a
sufficienza senza ornamento alcuno.
Calce para tre de panno, rassa o sargia di quella sorte o colore li piacerà, non di
grana, cioè scarlatto, né paonazzo o morello di grana, che non habbia oro né argento, le quale calce computati l’ornamenti, fatture et qualconque altra cosa non possa
eccedere la somma di tre scudi d’oro per ciascuno paro, le quale possa tagliare a suo
arbitrio.
Scarpe di veluto di quella sorte et colore li parerà, non però di cremesino né di
paonazzo o di morello di grana, senza alcuno ornamento, para numero tre.
Goletto di coramo di quello colore li parerà con honesti et mediocri taglii senza
alcuno ornamento.
Li quali goletti di veluto o di coramo o d’altra delle sopradette cose se possano
fodrare di pelle di annuizzi, d’agnelli o di volpe solamente.
Una veste longa di panno per portare in casa d’ogni colore, non però di scarlato
o di paonazzo o di morello di grana, non fodrata di pelle senza alcuno ornamento.
Una veste longa per portare in casa di panno o d’altra cosa, purché non sia di
seta, oro né d’argento, fodrata di pelle d’annuizzi, agnello o volpe solamente.
Una altra veste longa di quella sorte et colore li parerà, purché non sia d’oro, né
d’argento, né di seta et senza alcuno ornamento, fodrata di pelle d’annuizzi, agnello
o volpe, per portare fuori di casa nel tempo dell’invernata.
Veste una per portare in casa nel tempo dell’estate di mochaiada, dopplone, rassa o d’altra cosa leggiera, purché non sia di seta, oro né d’argento, senza alcuno ornamento, di quello colore et sorte li piacerà, non però di cremesino né di paonazzo
o di morello di grana.
Saglii doi di panno di quella sorte et colore li piacerà, non di scarlato né di paonazzo o di morello di grana ornati, li quali ornamento non ecceda la somma di scudi tre d’oro per ciascuno saglio.
Una veste corte alla francesa fodrata di annuizzi, di agnello o volpe solamente, purché non sia di seta, oro né argento o non fodrata, la quale veste se possa ornare, il quale
ornamento sia di prezzo di scudi tre d’oro solamente, che non habbia oro né argento.
Cappe doi di panno o rassa di quella sorte o colore li parerà, non però di scarlatto né di paonazzo o di morello di grana, le quale se possano ornare con spesa di
scudi tre d’oro per ciascuna cappa, che non habbia oro né argento.
Uno tabarro di panno o rassa di quella sorte o colore li piacerà, non però di
scarlatto, né paonazzo o morello di grana ornato, il quale ornamente sia di prezzo
di scudi tre d’oro, che non habbia oro né argento.
Capelli doi, uno di veluto, l’altro d’urmisino, senza alcuno ornamento, di quella
sorte et colore li piacerà, non però di cremesino né paonazzo o morello di grana et
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Legislazione suntuaria
che non habbia oro né argento, et non se li possa mettere medaglie, piume né pontali, et possano portare uno annello d’oro.
Et prohibiscono detti signori conservatori, advocato et syndico che non sia alcuna persona di qualonque grado, stato o conditione voglia essere o sia secolare solamente, tanto della detta città di Forlì quanto forestiera, che habitano o habitaranno
in detta città, che ardisca o presuma per alcuno modo portare per causa dil suo vestire oro, argento, gibellini, seta, rubbe overo sopraveste o altre pelle di prezzo né
alcuna altra cosa se non come di sopra è ordinato et statuito nelli sopradetti et infrascritti capitoli, sotto pena di perdere le dette robbe prohibite et di scudi vintecinque d’oro d’applicarse per uno quarto alla camera apostolica, uno quarto alli infrascritti signori executori et giudici, uno quarto alli deputati o deputarsi per li infrascritti signori giudici se seranno loro che accusaranno o denuntiaranno, li quali seranno tenuti secreti, o ad altro accusatore o denuntiatore, uno altro quarto alli luoghi pii, da elegersi detti luoghi per li infrascritti signori giudici et executori delli
presenti ordini.
Commandando che non sia sarto o raccamatore o qualonque altra persona di
quale grado, stato o conditione voglia essere o sia ch’ardisca né sotto alcuno quesito
colore presuma attentino né commentino a tagliare né fare panni né raccamare né
altre cose come di sopra prohibite, sotto pena di tre tratte di corda da darsela irremissibilmente et di scudi vintecinque d’oro, da aplicarse li detti scudi vintecinque
come di sopra. Et a pagare dette pene il padre sia obligato per il figliolo et figliole
non maritate, il fratello per il fratello et sorella non maritata, l’avo per il cio per li
suoi nepoti, il marito per la moglie et la donna vedova per se istessa non havendo
padre.
Ordinano che il reverendissimo vescovo della detta città di Forlì, suo coadiutore
o suo vicario pro tempore, il capo delli signori conservatori et uno altro delli conservatori, da elegersi dalli detti conservatori nel principio dell’officio, li quali habbiano a perseverare durante il loro ufficio, et il magnifico signor priore dil magnifico numero delli signori nonanta pacifici siano giudici ordinarii et essecutori delli
presenti et infrascritti capitoli et habbiano auctorità di procurare et debbano anchora con tutti li modi et forze loro possibile che detti et infrascritti ordini siano inviolabilmente osservati.
Li quali signori giudici anchora habbiano auttorità di elegere doi deputati a loro
modo, li quali habbiano et debbano giurare nelle mano dil magnifico signore governatore et dil reverendissimo vescovo, suo coaudiutore o suo vicario di esercitare
il loro ufficio legalmente et fidelmente, senza alcuno dolo et fraude, et debbano
ubedire alli detti signori giudici senza alcuna contradittione sotto quelle pene li parerà, li quali deputati debbano investigare con tutte le loro forze et modi di trovare
l’inobedienti o transgressori o contrafacienti alli sopradetti et infrascritti ordini, et
ritrovati subito subbito denuntiarli o accusarli alli sopradetti signori giudici, alli
quali deputati se seranno tutti doi se li crederà pienissimamente, et essendo uno solo se li crederà con un testimonio degno di fede, li quali deputati debbano havere
per loro mercede lire tre per ciascuno et per ciascuno mese dalla magnifica comunità di Forlì, li quali deputati habbiano perseverare o non perseverare nel loro ufficio
Forlì
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se non tanto quanto parerà alli detti signori giudici, li quali signori giudici possano
mettere et rimettere o cassare in tutto o in parte secondo li parerà et piacerà.
Et detti signori giudici non possano per alcuno modo in tutto né in parte fare
gratia delle dette pene, ma fare pagare integramente et senza alcuna diminutione,
altrimente la gratia sia nulla, cassa et per non fatta subbito come al presente così si
dechiara.
Et perché variando li tempi variano anchora il modo dil vestire et delle pompe,
però detti signori giudici habbiano auttorità di crescere et diminuire l’ornamenti et
pompe et vestimenti, anchora funerale, sopradette et infrascritte, con quello modo
però quanto alle funerale che si contiene nelli presenti et infrascritti capitoli, et similmente di crescere et diminuire li pasti, feste, nozze, spese de batesme et altre sopradette et infrascritte cose.
Delli conviti
Ordinano che non sia lecito a qualonque persona come di sopra che farà pasti o
banchetti per nozze o per qual’altra si voglia causa dare né usare più di sei sorte di
vivande et doi sorte di torte, fra le quale vivande ve ne possa essere solamente una
di silvaticine, galline d’India et pavoni, prohibendo mangiare biancho, pastizzi, lavori di pasta et di conditi, et nelli pasti di carne se possa usare et consumare ogni
sorte di pesse et frutti a sufficienza.
Delle feste, nozze, visitare spose, batesmi et sposalitii
Ordinano che occorrendo per qualonque persona come di sopra farse feste, nozze, visitare spose, batesmi o sposalicii se possano solamente usare et consumare torze quatro, candele di sevo a sufficienza, et non se possa usare né in modo alcuno
consumare zuccharo né cose di zuccharo se non zuccharini a costumo di suore senza pasta et zaldoni et frutti d’ogni sorte, usare se possano però torze per accompagnare le donne o altre persone alle feste o dalle feste a casa loro a sufficienza.
Delle pompe funerale
Ordinano che per la morte di qualonque persona di qualonque grado, stato o
conditione voglia essere o sia, non se possa né debbasi dare vili se non di pelluzzo o
funeselli né ad altre persone se non alla matre, figliole, sorelle, mogliere, nore et cognate, et se possa accompagnare il defontto alla sepoltura con mantelli longhi o veste da morti o funerale senza però capuzzi.
Ordinano che a ciascuno sia lecito accusare o denontiare l’inobedienti et contrafacienti o transgressori di detti capitoli, alli quali se li crederà con doi testimonii degni di fede.
Et in tutti et ciascuni casi delle contraventioni et transgressioni delli detti capitoli et ordini o ciascuno di quelli, quelli tali che contraveneranno, contrafaranno o
non ubedirano per qualonque modo come di sopra caschino in la pena ciascuno di
loro et per ciascuna volta di scudi vintecinque d’oro et di perdere li panni et altre
ciascune cose nelli sopradetti capitoli prohibite d’aplicarse come di sopra, eccetto li
sarti, raccamatori o altre persone che faranno o tentaranno fare o tagliare panni,
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Legislazione suntuaria
raccamare o altre cose di alcuna sorte prohibite nelli presenti et sopradetti capitoli,
li quali caschino nelle pene come di sopra a loro determinate, et a pagar le pene
peccunarie il padre sia ubligato per il figliolo et figliole non maritate, il fratello per
il fratello et sorella non maritata, l’avo et il cio per li suoi nepoti, il marito per la
mogliere et la donna vedova per sé istessa non havendo il padre.
Li quali ordini et decreti s’intendano solamente per secolari et non per persone
ecclesiastice et siano derogatorii a ogni altro statuto, decreti et ordini et prevalere
debbano non obstante qualonque altra cosa che facesse in contrario.
CESENA
a cura di Elisa Tosi Brandi
INTRODUZIONE
Lo sviluppo delle autonomie cittadine cesenati fu più lento rispetto ad altri centri romagnoli, a causa della mancanza di coesione dei maggiorenti
della città, dei costanti conflitti fra i ceti nobiliari e quelli popolari, della difficoltà di trovare nell’episcopio cittadino un punto di riferimento e dell’influenza esercitata sul territorio circostante dagli arcivescovi di Ravenna. Al
centro dei conflitti fra guelfi e ghibellini per la sua posizione strategica, Cesena passò dalle mani dell’imperatore a quelle pontificie fra il 1248 e il
1278, quando fu integrata dalla Santa Sede con la Romagna nello Stato della Chiesa. Ad eccezione di una breve esperienza ghibellina, guidata dal conte
Guido da Montefeltro, che era disceso da Forlì sfidando la sovranità pontificia, il papato riuscì infatti a Cesena meglio che in altri centri romagnoli ad
assumere il diretto controllo di ogni attività comunale e ad imporre podestà
papali. Questa situazione poté verificarsi a causa della crisi del regime comunale, che non accennava a risolversi in senso signorile, e del vuoto di potere
in cui la città era caduta. Sotto la guida del conte di Montefeltro, Cesena
continuò il suo processo di espansione territoriale verso il contado e il mare,
ai danni della chiesa ravennate e del clero locale, entrando in competizione
con i vicini Malatesti di Rimini, anch’essi interessati ad estendere la loro signoria. Risale infatti a questi anni la pace con i riminesi, che stabilì il confine dei due territori sul fiume Rubicone (1279); solo agli inizi del XIV secolo, dopo aver rafforzato le proprie posizioni verso nord-est, i cesenati riuscirono a costruire un insediamento sull’Adriatico, il cosiddetto Porto di Cesena, oggi Cesenatico. Fra il XIII e il XIV secolo la città di Cesena fu segnata
da lotte intestine e dal malcontento nei confronti del governo papale, ristabilito in seguito alla vittoria dell’esercito pontificio su Guido da Montefeltro
nel 1282. L’incertezza derivante da questa situazione fece emergere in Cesena un guelfismo più interessato a sviluppare le autonomie locali che non la
causa pontificia, traducendosi in reazioni antipapali a vantaggio delle potenti famiglie dei Montefeltro, dei Malatesti, dei da Polenta e degli Ordelaffi, i
342
Legislazione suntuaria
cui membri furono a turno chiamati come capitani del popolo e di guerra
della città. In questo contesto e in seguito all’insuccesso della legazione del
cardinale Bertrando del Poggetto, che aveva tentato di riorganizzare la provincia, nel 1333, dopo aver accettato il capitanato della città, Francesco Ordelaffi signore di Forlì ne assunse la signoria. Il dominio del ghibellino su
Cesena durò un ventennio, fino alla restaurazione del cardinale Egidio Albornoz, il quale nel 1357, dopo aver ottenuto dai signori romagnoli il riconoscimento della sovranità pontificia, la riconquistò militarmente con l’appoggio dei Malatesti. Questi ultimi, che in città avevano già ricoperto importanti cariche dagli inizi del Trecento, approfittarono della grave situazione seguita al sacco dei bretoni, che nel 1377 aveva messo in ginocchio i cesenati. Dopo aver tentato invano di acquistare la città nel 1364, Galeotto Malatesta sfruttò a suo favore questa occasione, offrendo al comune i finanziamenti necessari a far partire le truppe mercenarie accampate in città e dimostrando a Urbano VI di essere l’unica persona in grado di garantire al papato
un governo forte e leale. In questo modo i Malatesti estesero i loro domini
anche nel cesenate, che ben presto entrò a far parte del loro vicariato apostolico assieme ai territori riminesi e marchigiani. Come nella maggior parte
delle città dominate dai Malatesti, le istituzioni comunali sopravvissero anche a Cesena, ma solo apparentemente, poiché i signori inserirono nelle
principali cariche governative i propri fedeli. Il vicariato di Cesena fu affidato ai Malatesti dal 1450, tuttavia già nel 1433 Malatesta Novello, erede dei
domini malatestiani nel cesenate, pare agisse in piena autonomia dal fratello
Sigismondo Pandolfo, cui erano stati affidati i domini riminesi e marchigiani. Alla signoria di Malatesta Novello fu fatale il declino politico del fratello,
entrato in conflitto con papa Pio II e con il re di Napoli Alfonso d’Aragona.
A nulla valse la pace siglata nel 1463 dal signore di Cesena col papa e il tentativo di Roberto, figlio di Sigismondo, di riprendere il potere in città, poiché nel 1465, a pochi giorni di distanza dalla morte di Malatesta Novello,
Cesena ritornò sotto il diretto governo della Chiesa, così come buona parte
dei territori malatestiani. Non essendo più funzionali agli obiettivi del papato, che oramai con Pio II aveva consolidato la propria posizione, i Malatesti
e gli altri vicari apostolici furono infatti costretti a cedere. Il ritorno del diretto governo papale pare sia stato accettato di buon grado dai cesenati, i
quali già dal 1463 avevano incominciato a cercare un’alternativa ai Malatesti, nella speranza di sanare la crisi finanziaria del comune, peggiorata durante il conflitto fra Malatesti e papato. Il nuovo regime papale fu tuttavia
caratterizzato da una notevole instabilità, aumentata anche dalle rinnovate
lotte di fazione; in questo clima di confusione e in accordo con l’amministrazione pontificia, che aveva bisogno di un garante, nel 1500 Cesena si
sottomise a Cesare Borgia, il cui dominio non durò però a lungo. In seguito
Cesena
343
a guerre, carestie e a conflitti interni alla città, fra il 1503 e il 1504 la città
ritornò infatti definitivamente sotto il diretto dominio della Chiesa1.
Gli statuti cesenati pervenuti rispecchiano l’epoca di Malatesta Novello
(1432-1465) anche se la loro emanazione viene fatta risalire ad un periodo
successivo, verosimilmente fra il 1467 e il 1472, quando Cesena ritornò sotto la diretta sovranità della Chiesa2. Le leggi suntuarie ivi contenute sono
dieci e disciplinano in materia di cerimonie nuziali, funerali, vesti e ornamenti femminili, che ritornano, assieme al gioco d’azzardo3 e al bordello
pubblico4, anche nella rubrica sull’estimo5. Alle donne di qualsiasi condizione sociale venivano vietati abiti con strascichi, maniche ampie più di 4 spanne, tessuti foderati di pelle di vaio, ornamenti da collo e da petto, vesti cincigate (crespate, intagliate?), pena 10 lire di bolognini per ciascuna infrazione
da pagare con la propria dote6.
Un’intera rubrica prende in considerazione i sarti e gli orefici, vale a dire
gli artigiani che confezionavano i principali capi di abbigliamento e gli ornamenti da applicare a questi ultimi, imponendo loro di realizzare i propri
prodotti attenendosi alle leggi suntuarie. I sarti sono oggetto anche di un’altra interessante rubrica dove viene prescritto il tariffario dei principali capi
di abbigliamento da essi confezionati: per una clamide o per un qualsiasi indumento da uomo provvisto di bottoni il sarto poteva chiedere 8 soldi di
bolognini, per un cappuccio 2, per un paio di scarpe 18 denari, per un gabano semplice 8 soldi ma se doppiato 12, così come per un mantello (palio)
senza cincigottis; un gabano da donna senza intagli (non factae ad retaglium)
poteva costare 12 o 14 soldi, una cotta sottana 10; tutti i gabani di velluto, di
seta o di panno scarlatto con fodera costavano 30 soldi, senza 25. I giubbo-
1
Cfr. C. RIVA, Cesena intorno alla metà del ’400 (Note di vita sociale dai bandi del comune), Forlì 1978; Storia di Cesena, II/1-2, III, Rimini 1983-1989.
2
C. DOLCINI, Cesena, in Repertorio degli statuti comunali emiliani e romagnoli (secc. XIIXVI), a cura di A. VASINA, I, Roma 1997 (Istituto storico italiano per il Medio Evo, Fonti
per la storia dell’Italia medievale, Subsidia, 6*), pp. 285-288.
3
Il gioco d’azzardo è disciplinato dalle seguenti rubriche contenute nello stesso statuto:
lib. I, c. XXVr; lib. II, cc. LXXXVIIr e LXXXVIIIv; lib. IV, c. CCv. Presso l’Archivio storico
comunale esiste un frammento di uno statuto del 1435 che riporta una rubrica sul gioco
d’azzardo priva di carattere suntuario (busta 1, I, “Statuti del comune”).
4
Il meretricio è disciplinato dalle seguenti rubriche contenute nello stesso statuto: lib.
II, cc. LXXXVIIv e XCVIr.
5
Lib. IV, c. CLXXXv.
6
Cfr. E. TOSI BRANDI, La legislazione suntuaria riminese. Disciplina del lusso nei secoli
XIV e XV, in «Romagna Arte e Storia», 53 (1998), pp. 5-34, in particolare pp. 33-34; EAD.,
Abbigliamento e società a Rimini nel XV secolo, Rimini 2000, pp. 106-107.
344
Legislazione suntuaria
nai (gibonari), vale a dire coloro che confezionavano i farsetti (qui indicati
coi termini sachi vel zachis) non potevano chiedere più di 12 soldi per i capi
provvisti di bottoni e non più di 18 denari per il filo occorso alla loro realizzazione, pena una multa di 10 soldi di bolognini per ogni infrazione7.
Così come quelle riminesi, le leggi suntuarie cesenati – per i loro intenti
moralistici e per la mancanza di classi sociali esentate dai divieti – sembrano
appartenere ad un periodo compreso fra il XIII e il XIV secolo, fase a cui risalgono le prime tracce della legislazione statutaria cittadina8. La più antica
legge cesenate che disciplina le apparenze, priva tuttavia di carattere suntuario, è costituita da un bando del 27 febbraio 1433, emanato da Malatesta Novello, col quale veniva imposto alle donne e agli uomini ebrei di portare come
segno distintivo una “O” di colore giallo ben visibile da applicarsi o disegnarsi
sulle vesti, pena 10 ducati d’oro; al bando segue la supplica degli ebrei, non
accolta dal signore9. I bandi e gli statuti sono stati integrati dalle delibere consiliari, conservatesi a partire dalla fine del XIV secolo, e dalle provvisioni a
stampa in materia suntuaria. Il sondaggio delle riformanze, compiuto ogni 10
anni a partire dal 1435 fino al 1595 non ha dato nessun risultato10.
7
Lib. IV, c. CLVr-v.
C. DOLCINI, Cesena… citata.
9
AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico comunale, Bandi, b. 24, n. 28, c. 7v. Ai margini
sinistro e inferiore del foglio seguono la supplica e il rescritto di Malatesta Novello: «Suplicatio infrascripta exhibita fuit prelibato domino nostro Domenico Malatesta de Malatestis
per Musettum Angeli et Leonem Zenatani [seguono due lettere cancellate] ebreos pro parte
ebreorum habitantium Cesene, Bertinorii et Meldule, cuius tenor talis est videlicet: magnifico et possente signore nostro, perché fu facto uno bando sotto certa pena che ciascuno
giudeo maschio et femena de questa terra de Cesena, Bertinore et Meldula portasse uno O
giallo, et per ch’el ce pare sia contra el nostro usato portare, pertanto supplichiamo a la vostra magnifica signoria se degni essere contenta non porthiamo se no come semo usati et
che quello bando et ogni altra scriptura de quello sia nulla, vana et cassa, né possa fare executione alcuna per vigore del quello et che non possiano essere astricti più per lo advenire,
et così comandi a tutti i vostri officiali se faccia segellare el nostro rescripto per più piena fede et perpetua, perché lo faremo registrare in la cancellaria del comune per più nostra sigurtade, che l’altissimo Dio ve conservi in prospero stato». Cfr. Bandi Cesenati (1431-1473), a
cura di C. RIVA, Bologna 1993 (Università degli Studi di Bologna. Dipartimento di Paleografia e Medievistica. Sezione di ricerca «Società economia territorio». Fonti e saggi di storia
regionale. Quaderni 2), pp. 45-46.
«Tenor autem rescripti talis est, videlicet MCCCCXXXIII, die secunda aprilis XI indictione.
Mandato magnifici domini nostri Dominici Malateste de Malatestis etc., non molestentur in posterum, fructu magnifici fratris et domini sui vel suo. Paulus.
Ego Albertus cancellarius comunis Cesene predictam copiam suplicationis ebreorum
scripsi cum rescripto prelibati domini nostri».
10
AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico comunale, Riformanze: il primo volume superstite (1393-94) non contiene leggi suntuarie, il secondo comprende gli anni 1434-35.
8
Cesena
345
Per il XVI secolo sono stati rinvenuti una provvisione a stampa del 1575
e un bando a stampa “sopra il vestire” del 1584. La provvisione del 1575 disciplina molto dettagliatamente vesti e ornamenti femminili, distinguendo
le donne in donzelle, neospose, maritate, vedove e donne di duolo; interessante è per esempio il capitolo sulle donne di parto, che vietava di utilizzare
nella biancheria da letto come coperte, lenzuola, cuscini, fasce e tende, ornamenti d’oro o d’argento, ricami o altre guarnizioni vere o finte con seta sopra seta, inoltre di dare banchetti per i visitatori. A questi capitoli seguono
quelli su vesti e ornamenti maschili, meno dettagliati rispetto alle disposizioni precedenti, tuttavia, come queste integrati dall’imposizione di notificare
ogni vestito posseduto ai signori conservatori entro dieci giorni dalla pubblicazione della provvisione. Quest’ultima termina con le disposizioni sui banchetti e i conviti, da cui erano esonerati i personaggi illustri forestieri, e
quelle sui funerali. Fra i potenziali trasgressori compaiono naturalmente anche gli artigiani come i sarti, i ricamatori, gli intagliatori, gli orefici, i cuochi
e i loro lavoranti. Molto interessante è la risposta data a questa provvisione
dalle gentildonne di Cesena, indirizzata al presidente di Romagna monsignor Lattantio e pubblicata anch’essa nel 1575. Dopo aver apportato numerosi esempi a loro favore al fine di eliminare le leggi suntuarie su vesti e ornamenti femminili, le donne cesenati concludono la propria “declamazione”
sostenendo che ad esse non potevano essere interdette le pompe, poiché,
escluse dalla vita politica e da qualsiasi altra soddisfazione, queste ultime
rappresentavano l’unico loro mezzo di affermazione sociale11. Tale appello
tuttavia non deve avere sortito l’effetto desiderato se qualche anno dopo, nel
1584, fu emanato un «Bando sopra il vestire», nel quale le donne risultano
essere il principale obiettivo dei legislatori. La legge prende in considerazione i principali capi di abbigliamento in uso nel XVI secolo, regolando quantità e qualità di indumenti, tessuti e ornamenti da applicare a questi ultimi.
Fra le novità rispetto alla provvisione del 1573, va segnalata la presenza nella
normativa della regolamentazione relativa ai vestiti degli artigiani, distinti in
uomini e donne, ai quali erano vietati gli abiti di seta, e a quelli dei mercanti, ai quali, così come agli artigiani operanti nel settore dell’abbigliamento,
11
«… che a noi, (…) non possano esserci leggitimamente interdetti i panni, i drappi, i
vai e gli altri nostri ornamenti e tanto più, reverendissimo monsignore, quanto che a noi,
che siamo cacciate da tutti gli uffici publici, spogliate di tutti li magistrati e similmente d’ogni grande e picciola dignità del tutto prive, furo per sollevamento di tanta miseria concessi
questo culto e questi ornamenti. Questi ci sono (oh huomini) invece delle vostre dignità,
delli vostri magistrati e delli vostri uffici. Di questo ci allegriamo noi e ci gloriamo». Declamatione delle gentildonne di Cesena intorno alle pompe. Al molto illustre e reverendissimo monsignor Lattantio Presidente di Romagna, in Cesena, per Bartolomeo Raverii, 1575.
346
Legislazione suntuaria
veniva imposto di vendere la merce nel rispetto delle leggi suntuarie. Occorre infine segnalare la presenza nella stessa provvisione di un nuovo divieto rivolto agli uomini di Cesena, quello di recarsi a bere e mangiare nelle osterie.
Le redazioni statutarie dei centri del contado sono piuttosto tarde a causa
delle difficoltà incontrate nel processo di comitatinanza dal comune cesenate, ostacolato inizialmente dal comune di Rimini poi dalle signorie ecclesiastiche infine dalla diretta sovranità pontificia. Escludendo i centri con statuizioni piuttosto tarde (Borghi, Gatteo, Meldola, e Roncofreddo12), l’esame
degli statuti di Cesenatico del 1498 e di Roversano del 1494 non ha rilevato
leggi suntuarie13.
Elisa Tosi Brandi
Per Cesena si è resa necessaria una campionatura della serie conosciuta come «Riformanze del consiglio generale ed atti del magistrato dei conservatori ed anziani», compiuta su base decennale dal 1435 al 1595. Tuttavia, essendo la serie piuttosto lacunosa, sono mancati alla campionatura gli anni 1445, 1455, 1465, 1495, 1515, 1565.
L’elenco delle fonti consultate è il seguente:
* Statuti cittadini: AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico comunale, Frammento
di statuti (post 1435); BM CESENA, “Statuta Civitatis Caesene”, S.IV.6 (14671472?); Statuta civitatis Cesenae, Venetiis, per Ioannem et Gregorium de Gregoriis, 1494; Statuta civitatis Caesenae cum additionibus et reformationibus, pro tempore factis, ex ordine magnifici illustrissimi Consilii et Dominorum Conservatorum
eiusdem civitatis ad perpetuam rei memoriam noverit impressa. Illustrissimo domino Ioanne Iacobo Nerocto a Montenovo iuris utriusque doctor gubernator pro salute
domini nostri Sixto divina providentia papa V atque illustrissimis dominis domino
Antonio Maria Moro equite aurato, domino Nicolao Masino praecellenti Phisico,
domino Petro Merenda, domino Paulo Visedomino, domino Iulio Sylvano et domino Vidone Ancharano conservatoribus, Caesenae, apud Bartholomeum Raverium,
anno salutis MDLXXXIX; BM CESENA, Capitula consilii civitatis Cesene, S.IV.7
(1465-1571); BM CESENA, Capitula Consilii civitatis Cesene, S.IV.8 (14651475); AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico comunale, Capitoli del consiglio dei
96 e dei conservatori, bb. 2 III (1558) e 2 IV (1571-1607); AS FO - SEZ. CESE-
12
Archivi storici in Emilia-Romagna. Guida generale degli archivi storici comunali, a cura
di G. RABOTTI, Bologna 1991, pp. 246-248, 316-324, 348-353.
13
A. VASINA, Territorio cesenate e R. RINALDI, Porto Cesenatico e Roversano, in Repertorio
degli statuti comunali… cit., pp. 289-295.
Cesena
347
NA,
Archivio storico comunale, Capitoli dei consiglieri, Cesena, B. Raverii, 1573
(b. 2 V); AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico comunale, Capitoli dei conservatori, Cesena, B. Raverii, 1573 (b. 2 VI); AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico
comunale, Capitoli ed atti degli assaggiatori e misuratori, b. 4 III (1588-1601).
* Riformanze: AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico comunale, Riformanze del
consiglio generale, Bandi e Capitoli, vol. 42 (1393-1394); AS FO - SEZ. CESENA,
Archivio storico comunale, Riformanze del consiglio generale ed atti del magistrato
dei conservatori ed anziani, voll. 43 (1434-1435), 1435; 51 (1475-1476), 1475;
56 (1483-1485), 1485; 62 (1505, gennaio-aprile 22); 64 (1517-1525), 1525;
66 (1531-1536), 1535; 69 II (1544-1546), 1545; 74 (1553-1555), 1555; 75
(1555-1556), 1555; 88 (1575); 98 (1585); 99 (1585); 113 (1595-1596), 1595;
Ordine intorno al vestire delle donne e delli huomini della magnifica città di Cesena, Nuovamente riformato dal magnifico consiglio delli novantasei di detta città,
stampato a Cesena per Bartolomeo Raverii, 1575. Con licenza del R.P. Inquisitore.
* Bandi: Bandi Cesenati (1431-1473), a cura di C. RIVA, Bologna 1993 (Università degli Studi di Bologna. Dipartimento di Paleografia e Medievistica. Sezione
di ricerca «Società economia territorio». Fonti e saggi di storia regionale. Quaderni 2); AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico comunale, Bandi, editti e notificazioni, b. 26-27 (1542-1641), n. 32 (1584).
* Statuti delle arti: AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico comunale, Capitoli, decreti e ordinazioni dell’Arte della lana, b. 6 I (1396-1448, 1470); BM CESENA,
Capitoli dell’arte della lana, S.IV.5 (1470-1533); AS FO - SEZ. CESENA, Archivio
storico comunale, Capitoli dell’arte della seta, b. 6 III (1491); AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico comunale, Capitoli dell’arte dei sartori, b. 6 IV (post 1563).
* Statuti del territorio: Porto Cesenatico: BM CESENA, Capitula sive Statuta Portus Cesenatici, S.IV.9 (1498); Roversano: rubricario degli statuti (ante 1493sec. XVI/II metà) edito a cura di R. RINALDI in Repertorio degli statuti comunali
emiliani e romagnoli (secc. XII-XVI), a cura di A. VASINA, I, Roma 1997 (Istituto
storico italiano per il Medio Evo, Fonti per la storia dell’Italia medievale, Subsidia, 6*), pp. 292-295.
INDICE DELLE FONTI
1467-1472?
Statuti
BM CESENA, “Statuta Civitatis Caesene”, S. IV. 6, 1467-1472?
Ed.: Statuta civitatis Caesenae cum additionibus et reformationibus, pro tempore factis,
ex ordine magnifici illustrissimi Consilii et Dominorum Conservatorum eiusdem civitatis ad perpetuam rei memoriam noverit impressa. Illustrissimo domino Ioanne Iacobo
Nerocto a Montenovo iuris utriusque doctor gubernator pro salute domini nostri Sixto
divina providentia papa V atque illustrissimis dominis domino Antonio Maria Moro
equite aurato, domino Nicolao Masino praecellenti Phisico, domino Petro Merenda, domino Paulo Visedomino, domino Iulio Sylvano et domino Vidone Ancharano conservatoribus, Caesenae, apud Bartholomeum Raverium, anno salutis MDLXXXIX, pp. 346347, 349-353.
Quod habentes domum et non podere fiat extimum de aliis rebus sibi extimandis in infrascripto modo (Lib. IV, c. CLXXXv)
De uxoribus ducendis tempore nupciarum et de eorum expensis fiendis
(Lib. IV, c. CLXXXIIr)
De modo et forma vestium mulierum. Rubrica (Lib. IV, c. CLXXXIIv)
De convivio nupciali. Rubrica (Lib. IV, c. CLXXXIIv)
Quod sartores non suant neque faciant vestimenta contra formam statutorum presentium (Lib. IV, cc. CLXXXIIv-CLXXXIIIr)
Quod nullus faciat plantum tempore alicuius funeris (Lib. IV, c. CLXXXIIIr)
Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam (Lib. IV, c.
CLXXXIIIr-v)
Quod postquam mortuus fuit sepultus homines et mulieres incontinenti recedant (Lib. IV, c. CLXXXIIIv)
De cadaveribus defunctorum portandis reclusis ad sepulturam (Lib. IV, c.
CLXXXIIIv)
Quod maiores contratarum teneantur denumpciare potestati vel eius officialibus defuncto in eorum maioriis (Lib. IV, c. CLXXXIVr)
350
Legislazione suntuaria
1575
Riformanze
BC FO, Fondo Piancastelli
Ordine intorno al vestire delle donne e delli huomini della magnifica città di
Cesena. Nuovamente riformato dal magnifico consiglio delli novantasei di
detta città, stampato a Cesena per Bartolomeo Raverii, 1575. Con licenza
del R. P. Inquisitore
1584
Bandi
AS FO - SEZ. CESENA, Archivio storico comunale, Bandi, b. 26-27.
Bando sopra il vestire (n. 32)
FONTI
1467-1472?
Statuti
Quod habentes domum et non podere fiat extimum de aliis rebus sibi
extimandis in infrascripto modo
[O]rdinamus quod quecunque persona habens domum propriam et non habeat
ipsa vel alius maior domus extimum possessionis seu sue quod eius possessio, non
fuerit extimata et scripta in extimis communis Cesene, ratione possessionum suarum debeat extimare pro dicta domo et secundum eius extimationem ponatur et
scribatur in extimo et fiat sibi extimum in commune pro tertia parte eiusdem extimationis reliquis duabus partibus abolitis et sibi obmissis relictis pro sua habitatione pro quibus nichil debeat extimari dum tantum dicta pars tercia non possit esse
minor summa decem librarum bononinorum. Verum si postea tractu temporis talis
persona acquisiverit podere vel aliud propter habeat extimum maioris valoris quam
sit dicta eius domus, tunc pro dicta domo nichil debeat extimari et extimata possint et debeant de suo extimo totaliter cancellari. Volumus insuper quod quicunque
habuerit seu tenuerit secum in domo uxorem, nurum, cognatam vel dominam
aliam ferentem coronam de perlis vel argenteam valoris octo librarum vel supra pro
ea debeat sibi ascribi et fieri extimum ducentarum librarum bononinorum et pro
dicto extimo collectas et alia honera suportare. Salvo quod si habuerit extimum
quingentarum librarum vel ab inde supra, talis persona vel pater, avus, frater vel
alius maior secum in domo, nichil pro tali corona possit extimari, neque propter ea
gravari collectis vel aliis gravaminibus communis Cesene quomodolibet per tempora imponendis. Habentes autem vel tenentes seu sua volumptate teneri facientes
seu promittentes in civitate Cesene propria auctoritate usum barraterie et biscazarie
seu ludum publicum taxillorum extimentur propterea in commune trecentis libris
bononinorum et totidem tenentes seu teneri promittentes publice burdellum seu
turpem quaestum corporum meretricium et malarum mulierum recipientes per se
vel aliam personam et pro tali extimo collectas et alia honera communi Cesene opportunis remediis solvere teneantur.
352
Legislazione suntuaria
De uxoribus ducendis tempore nupciarum et de eorum expensis fiendis
[S]tatuimus quod nullus de civitate, comitatus vel districtus Cesene audeat vel
praesumat tempore nupciarum uxori seu sponse dare seu fieri facere ultra duas vestes seu robbas, quarum una possit esse panni sirici dumtaxat seu scarlatti roxati vel
panni grane. Alia vero vestis sit et esse possit alterius panni qui non sit de grana sed
sit alterius panni gentilis, praetii et valoris quadragintaquinque solidorum bononinorum; declarantes quod nullus dare possit simul et semel uxori seu sponse pannum grane sive scarlattum et pannum syrici, nec dare possint ultra duas vestes1 ut
superius dictum est, neque possint dare dominabus neque portari unquam valeant
per dominas vestes aliqua panni deaurati. Nec possint portare supra dorsum vel in
capite ornamenta aurea vel argentea vel perlea vel alicuius alterius generis in totum
valoris ultra viginti ducatos. Sub pena et banno cuilibet portanti vestes seu ornamenta contra formam presentis statuti decem ducatorum pro qualibet veste de dotibus eorum applicandorum communi Cesene. Nec dentur neque dari possint a
parte mulieris vel parentibus eius scrinia seu coffani bronzei, bacilia sive aliqua donaria panni lini vel alterius maneriey viro vel patri eius sub pena cuilibet contrafacienti x ducatorum auri vice qualibet. Et habeat locum presens statutum de fiendis
dumtaxat.
De modo et forma vestium mulierum. Rubrica
[S]tatuimus et ordinamus quod mulieres non audeant neque presumant portare
vestes longas cum cauda per terram, sed portentur tamen vestes longas usque2 ad
terram, nec manicas latitudinis a parte anteriori ultra quatuor spannas circumcirca
ad spannas passi panni lane, neque possint portare pannos foderatos vario, nec possint portare aliquid iocale sive aliquid aliud ornamentum ad collum vel ad pectus,
nec possint portare aliquas vestes cincigatas sub pena et banno3 in quolibet casuum
praedictorum decem librarum bononinorum cuilibet domine in predictis contrafacienti expensis mulieris et dotium suarum.
De convivio nupciali. Rubrica
[S]tatuimus et ordinamus quod tempore nupciarum die prima qua exponsa ducetur ad domum viri, non possit vir habere in convivio ultra duodecim dominas
computatis dominabus accedentibus cum sponsa ad viri domum, que tamen acce-
1
In margine: bona contra mulieris expensis.
In margine: [ves]tes mulieribus.
3
In margine: [io]cale, monile vel aliud […] portent mulieres.
2
Cesena
353
dentes non possint esse ultra sex, non computatis attenentibus eius qui uxorem ducit4. Secunda vero die de mane possint fieri convivium pro hominibus attenentibus
sponse in quo non possint interesse ex utraque parte, tam sponsi quam sponse, ultra quam decem homines et quatuor dominas. Et non possint dari in dictis conviviis nisi due imbanditiones, sub pena cuilibet contrafacienti in predictis et quolibet
predictorum pro qualibet domina et viro et qualibet inpanditione quatraginta solidorum bononinorum. Et in predictis non intelligantur computari servitores nec comitatini acedentes dicta die cum emxeniis dumtaxat ad domum sponse. Et predicta
serventur in civitate dumtaxat et super predictos contentis et supradictis omnibus
statutis teneatur potestas per eius militem sotium facere requiri vel eius alium officialem, et contrafacientes5 de facto et sine processu punire, et dictas penas in communi facere devenire, sub pena dicto potestati in predictis negligenti vice qualibet
decem librarum bononinorum de facto de eius salario auferenda. Et teneantur
maiores contratarum denumpciare dicto potestati diebus predictis nupcialibus de
mane bona hora omnes et singulos facientes nupcias et convivia supradicta in
maioriis eorum sub pena quinque solidorum bononinorum pro qualibet vice6. Et
teneatur potestas per suos officiales ut superius dictum est eadem die qua sibi denumpciatum fuerit sine mora mittere ad loca predicta ad perquirendum de supradictis sub pena predicta.
Quod sartores non suant neque faciant vestimenta contra formam
statutorum presentium
[S]tatuimus quod nullus sartor cuiuscunque conditionis sit, terrigena vel
forensis, audeat vel presumat quocunque modo incidere vel facere pannos seu
vestes alicuius domine seu cuiuscunque alterius mulieris qui vel que sit maioris
longitudinis7 superius declarate vel aliter ornati seu ornate quam superius sit
expressum. Et aurifices nulla ornamenta supra prohibita ad dictas audeat vel
presumat facere vel apponere. Et dominus vicarius qui nunc est et qui per tempora
fuerint teneantur et debeant infra decem dies post introytum sui regiminis facere
iurare sacramento novo omnes sartores et aurifices civitatis et districtus Cesene,
quod predicta omnia et singula faciant et debeant observare et quod non facient
contra ea. Et nichilominus si contrafacerent vel venirent contra teneatur dominus
vicarius Cesene condempnare quemlibet qui contrafaceret pro qualibet vice in
decem libris bononinorum. Et in predictis casibus et quolibet predictorum
quilibet possit accusare et denumpciare8 contrafacientes et in credencia si solverit9
4
In margine: nuptiis.
In margine: potestas.
6 In margine: de maiores contratarum.
7 In margine: sartores.
8 In margine: Quid opi facetur.
9 in … solverit] ei credatur et secretus nell’edizione a stampa.
5
354
Legislazione suntuaria
teneatur et habeat medietatem condempnationis et ut predictorum detur […]10
maior. Ordinamus quod potestas qui nunc est et alii qui per tempora fuerint
teneantur et debeant indissolubili iuramento predicta omnia et singula facere ab
omnibus inviolabiliter observari. Et si vicarius tam qui nunc est quam alii qui per
tempora fuerint predicta omnia et singula non fecerint ut dictum est
condempnentur et pro condempnatis habeantur cancellario11 Cesene ipso facto de
suo feudo in quinquaginta libris bononinorum quas ad petitionem cuiuslibet
denumpciantis. Camerarius tenere debeat et vicarius qui nunc est et qui per
tempora fuerunt teneantur et debeant indissolubili sacramento facere dilligenter
proclamare et in ci[vi]tate Cesene per suum socium seu notarium ad
extraordinaria ad predicationes et ecclesias in festis solempnibus omni mense bis
ad minus de illis dominabus et mulieribus que contra predicta facerent vel ea
omnia non observarent, et si quas contrafacientes invenerit illas punire et
condempnare infra quinque dies postquam invente fuerint, et condempnationes
exigere infra decem dies postquam fuerint publice. Et dominus vicarius et anciani
vel aliquis alius non possit nec debeat dare licenciam alicui contra predicta vel
aliquo predictorum, et quod capitulum totum in qualibet parte sui sit precisum et
precise debeat observari adeo quod non possit infirmari vel mutari, interpretari,
corrigi seu emendari et ei nullus alius intellectus dari quam sicut littera plana
iacet. Nec per consilium nec arengum nec statutarios nec alio quocunque modo
nisi expressa informatio populi facta fuerit ad fabas albas et nigras in quo sint ad
minus ducenti homines de consilio quorum tres partes ad minus concordes
fuerint.
Quod nullus faciat plantum tempore alicuius funeris
[S]tatuimus et ordinamus quod aliqua persona civitatis vel districtus Cesene seu
ibidem habitans non audeat vel presumat extra domum plantum facere vel lamentum tempore funeris alicuius defuncti, ita quod audiatur vel clamare seu percutere
manus ad invicem vel accipere sibi aliquid de capite causa scavigliandi se. Et qui
contrafecerit per dominum vicarium populi vel suum iudicem in sexaginta solidis
bononinorum pro quolibet et qualibet vice condempnetur. Et quod nullus possit
ad dictum funus portare et portari facere ultra quam quatuor dupplerios de cera,
nisi esset nobilis, cui liceat habere sex duplerios cere tantum. Et non possit aliquis
ex dictis dupleriis esse maioris ponderis sex librarum cere sub pena predicta, quorum defunctorum corpora ponantur et seppelliantur in capsis et cum eis pena decem librarum bononinorum heredi contrafacienti.
10
Spazio bianco lasciato dal redattore corrispondente a 8 lettere circa; l’edizione a stampa
integra con vis.
11
Nell’edizione a stampa camerario.
Cesena
355
Quod mulieres defunctorum non vadant ad ecclesiam
[O]rdinamus quod domine illorum seu illius cuius erit defunctus non audeant
presumant per se nec cum aliis dominabus tempore quo funus de domo extrahitur
et ad ecclesiam portatur exire domum defuncti neque ire ad ecclesiam in ea die usque ad annum completum plorando, nec causa faciendi septimas et trecesimas12,
centesimas et annuale, nec aliqua alia de causa occasione coruptus faciendi nisi occasione audiendi missas et alia divina officia. Et que contrafecerit comdempnetur
per dominum vicarium in sexaginta solidis bononinorum pro qualibet e qualibet
vice ad quam condempnationem solvendam de propriis dotibus teneantur.
Quod postquam mortuus fuit sepultus homines et mulieres incontinenti
recedant
[O]rdinamus quod postquam mortuus vel mortua fuerit sepultus vel sepulta omnes mulieres et homines congregati ipsa de causa debeant incontinenti se recedere de
domo mortui vel ab ecclesia funeris mortui vel mortue et ad ipsam domum vel ecclesiam causa premissa non redire ab ipsa hora in antea, nec causa comedendi, nec
alia causa dicti funeris, exceptis quatuor hominibus et quatuor mulieribus proximioribus et magis coniunctis ei cuius fuerit funus sive defunctus quibus liceat assotiare
predictos appositos in luctu ad domum habitationis eorum tantum, decernentes
quod nullus audeat vel presumat tempore funeris postquam homines fuerint reversi
ad domum defuncti fieri facere sermones vel dicerias aliquas pro aliquos religiosos,
sed immediate hominibus reversis ad domum defuncti statim recepto comeatu ab
heredibus defuncti recedere teneatur. Et qui vel que contrafecerit per dominum vicarium vel eius iudicem in centum solidis bononinorum pro quolibet et qualibet vice
condempnetur, et mulieres predictam penam de suis propriis dotibus teneantur.
De cadaveribus defunctorum portandis reclusis ad sepulturam
[P]ro evidenti utilitate et conservatione boni aeris et ad evitandas coruptelas que
plerumque ex coruptela et putredine corporum defunctorum insurgunt. Statuimus et
ordinamus quod corpora defunctorum quorumcunque, tam masculorum quam feminarum, civitatis Cesene et burgorum et suburgorum eiusdem dum portantur ad sepulturam debeant portari reclusa in lecto mortorio, ita quod exalare non possint sub
pena cuilibet contrafacienti vice qualibet viginti solidorum bononinorum. Et ut predicta possint et valeant observari, statuimus et ordinamus quod infra duos menses a
publicatione presentium statutorum quelibet parochia et homines eiusdem teneantur
12
Nel testo trecentesimas.
356
Legislazione suntuaria
pro ista prima vice et principio presentis reformationis et observatum fieri facere
unum lectum mortorium clausum ad modum capse in quo corpora mortuorum et
defunctorum ad sepulcra deferantur et deferri debeant. Qui lecti mortorii consignari
debeant ad presbiteros capellarum, quos lectos predicti presbiteri conservare debeant
ad usum predictum et eos suis presbiteris sumptibus reficere quociens opus fuerit. Et
ultra predictos fieri debeant per omnes homines contratarum civitatis Cesene quatuor
lecti mortorii modo predicto, quorum unus assignetur loco fratrum Minorum, alius
loco fratrum Heremitarum, alius loco fratrum Predicatorum et alius loco fratrum
Servorum, quos lectos predicti conventus conservare teneantur ad usum predictum,
et eos postea eorum sumptibus reficere quociens fuerit opportunum.
Quod maiores contratarum teneantur denumpciare potestati vel eius
officialibus defuncto in eorum maioriis
[S]tatuimus et ordinamus quod maiores contratarum teneantur et debeant ut
suprascripta statuta possint melius observari teneantur et debeant denumpciare potestati Cesene13 omnes et singulos defunctos in eorum maioriis ea die qua moriuntur seu antequam portentur ad sepulturam ut potestas mittere possit officiales suos
ad perquirendum de contrafacientibus contra formam presentium statutorum et teneatur et debeat potestas illico antequam corpus portetur ad sepulturam mittere
eius militem sotium vel notarium extraordinariorum deputatum, qui officialis teneatur et debeat perquirere et contrafacientes punire secundum formam statutorum et eius penas exigere et facere devenire in commune.
1575
Riformanze
Ordine intorno il vestire delle donne e delli huomini della magnifica città di
Cesena. Nuovamente riformato dal magnifico consiglio delli novatansei di
detta città, stampato a Cesena per Bartolomeo Raverii, 1575. Con licentia
del R. P. Inquisitore.
Volendo il molto magnifico signore, il signore Andrea Longo nobile parmegiano dottore dell’una e l’altra legge e governatore della magnifica città di Cesena e
suo territorio, mandare ad essecutione la mente di monsignor reverendissimo presidente, intorno la publicatione della pragmatica o riforma sopra le pompe distinta
negli infrascritti capitoli, passati et ottenuti nel publico bando, d’ordine del sudetto
monsignor reverendissimo presidente, come per una sua sottonotata lettera, ordina,
statuisse e comanda a tutti e a qualunque sorte di persone, così huomini come donne della città di Cesena e suo territorio, siano di qualsivoglia stato, grado, dignità o
conditione, etiam che siano illustri, che debbano sotto le pene contenute negli
13
In margine: Mortui denunctientur per maiores.
Cesena
357
istessi capitoli et ordine, osservare quelli tutti et ciascuno di essi capitoli limitatamente et inviolabilmente, secondo la moderatione et dispositione di essi, avvertendo ciascuno che contro gli inobedienti et transgressori si procederà con ogni rigore
all’essecutione delle pene contenute nelli predetti ordine e capitoli, senza admettere
scusa di sorte alcuna et senza riguardo di qualsivoglia persona, c’havesse ardire di
contrafare a sì santissima provisione, alla quale ogn’uno si sforzi d’obedire. In fidem, datum Caesenae die 20 februarii 1575.
Andreas Longus Gubernatore
Marcus Marconius
Cancellario mandato.
Prohemio
Se mai fu tempo di rinontiare alle pompe et a Satana, come da ciascun cristiano
è stato promesso nel santo battesimo, in questo presente anno del Giubileo debbesi
più che in ogn’altro, poiché per opra dello Spirito Santo fu instituito, acciò che lasciate le vanitadi mondane et pentiti delli errori comessi, ricevendone l’assolutione
si diventasse un nuovo et regenerato servo d’Iddio. Et perciò non senza permission
divina la città di Cesena sommersa nelle spese inutili doppo molti ordini dati per liberarsene, non prima che in quest’anno di santa riforma ha potuto porre in essecutione le pie et paterne essortationi di monsignor reverendo Adouardo Gualandi vescovo e padre suo et quanto insieme ha più volte deliberato. Et per maggior fermezza è stato differito a risolversi dal maggior conseglio delli novantasei per publico
partito ottenuto in esso in questo tempo et nel principio del prudentissimo et giustissimo governo del magnifico illustrissimo et reverendissimo monsignor Lattantio
Lattanttii, protonotario apostolico et della provintia di Romagna et essarcato di Ravenna meritissimo presidente, dalla autorità del quale questi infrascritti ordini approvati si debbono anco inviolabilmente osservare, sì come a tutti nel modo che in
essi vien disposto si comanda.
Lettera di monsignor reverendissimo presidente al signor governatore
A tergo ommisso sigillo.
Al molto magnifico come fratello il governatore di Cesena, intus vero.
Molto magnifico come fratello, havendo io voluto rimediare all’abuso, che era
in cotesta città del modo del vestire e far banchetti et conviti et spese per mortorii,
ho pensato di approvare et mettere in uso alcuni capitoli et ordine che sono stati
vinti in partito da cotesto conseglio di Cesena, sì come vi sarà mostro, però non
mancarete di farli notificare a tutti per via di un bando, dando ordine tale c’habbiano ad essere osservati inviolabilmente da ciascuno, procedendo senza alcun rispetto
contro quelli che transgredissero, che è quanto mi occorre dirvi per questo, onde
per fine prego nostro Signore Iddio che vi conservi. Di Ravenna il 17 febraio 1575.
Come fratello
Lactantio praesidente.
Del modo del vestire et altri ornamenti di ciascuna donna
358
Legislazione suntuaria
Et per essere di tanta importanza l’honestade et buon essempio nelle donne, però cominciandosi da quelle s’ordina, et espressamente si comanda, che non sia alcuna, la quale mentre habitarà in Cesena o suo territorio, di che grado, stato, conditione, qualità et etade, tanto dongella, quanto sposa, maritata o vedova, ch’ardisca
portare o far portare per lor uso, sotto qualsivoglia modo, capelli o berette con oro
o argento battuto o filato, vero o finto o apparente, né con medaglie o piume o simili altri segni, ma schietti o con un sol cordone o benda o velo, il valore de quali
non passi mezo scudo.
Paniselli, drappi o veliere di seta non sia di loro che portare possa, se non le spose novelle di primo o secondo matrimonio, non passando, queste del secondo matrimonio, venti anni della loro etade, et per doi anni continui dal primo giorno
ch’usciranno di casa in simil habito, ma senza alcuna sorte d’ornamento et che di
valore non passi scudi tre in tutto.
Alle altre poi, state in matrimonio oltre li due anni sopra detti et alle dongelle di
qualsivoglia etade, non sarà lecito in modo alcuno usare panicelli o drappi d’altra
sorte che di rensa, ortighina, tela battista et simili ordinarii.
Et alle vedove et altre da duolo, se non di saglia, buratta, ostedina et di non più
valuta.
Frontali d’oro, eccetto che alle spose, alle quali per li tempi predetti si concede
uno per ciascuna, senza gioie o gioielli o smalto, ma schietto et che non vaglia più
di scudi otto con la fattura; a tutte l’altre poi indifferentemente si proibiscono.
Reti o scuffie, alle spose predette, di valore d’un scudo et non più per ciascuna,
computatovi le cordelle delle trezze, si comportano, alle altre tutte si vietano di valore più di mezo scudo, insieme con dette cordelle.
Alle orecchie, a qualunche si sia senza differenza, si proibiscono pendenti et
anella lavorate o schiette et ogni altro ornamento.
Al collo, se saranno spose per il tempo, come di sopra, si concede loro una o più
collane, il valore delle quali, sole o insieme, non sia con la fattura più di scudi trenta, sino in trentacinque. Et volendovi altro ornamento in compagnia, dette collane
o collana non passino il valore di scudi venti et il resto, insieme o da sé, più di scudi
dieci, il quale altro ornamento non possa essere più che o di coralli o granate o perle minute et non d’altra sorte, ovvero d’ebbani ridotti in collari o vezzi con bottoni
d’oro o crocette o agnusdei, o senza che però con essi, et ogni fattura non passi la
somma delli scudi dieci, come di sopra. Alle altre donne maritate, dopo il tempo
delli predetti duo anni, volendo usare simili ornamenti al collo, sia lor lecito, purché insieme o separati vagliano il terzo meno del valore concesso alle spose sopradette et non più. Et alle dongelle che non vagliano, o l’una o insieme, come di sopra, più di scudi dodici in tutto, con ogni fattura.
Giubboni a donna alcuna non sia lecito, in uno o più tempi, haverne più di
due; il valore di ciascuno non passi scudi tre sino in quattro con la fattura et ornamento, eccetto quelli delle dongelle, nelli quali non si possa spendere più di due
scudi al più.
Colletti et gorghiere di più numero ancora che delli giubboni non usino et che
quelli delle spose, come di sopra, non vaglia più d’un scudo con ogni fattura et
Cesena
359
quelli dell’altre donne state a marito oltre li duo anni et delle dongelle più di mezo
scudo in tutto.
Astoni ornati più che di tele fine et schiette non portino.
Alle brazza, maniche aperte fuori di quelle o vestite con ricami o bottoni, intagli, né con altra fodra che di tela sangalla, non sia donna alcuna che portar possa.
Alle mani non sia di loro che portar debba manigli d’oro o d’argento o di pasta
o profumi o cioie o d’altra sorte, che di coralli schietti o con bottoni d’oro, li quali
coralli con detti bottoni e fattura portati dalle maritate non vagliano più di scudi
sei et quelli delle dongelle più di scudi quattro.
Alle dita donna alcuna, alla quale si convenga portarvi anella, non sia chi ne porti più d’uno o due, li quali, o soli o insieme, non passino la valuta di scudi dodici.
Guanti, corone et ufficii non portino che ciascuno costi verisimilmente più d’uno scudo, essendo spose et per detto tempo, l’altre poi state a marito et donzelle
non li usino che passi mezo scudo.
Cinta non sia, chi di loro in generale et particolare cinga, che vaglia più d’altro
tanto.
Gibellini, lupi cervieri, martiri o fagline et altre pelli intiere o acconze con le teste d’oro o d’argento o senza et ventagli o ventarole con manichi delli medesmi, a
tutte di che grado, stato et conditione esse et lor mariti si voglia, indifferentemente
si vietano et espressamente si proibiscono.
Manizze, purché non siano coperte di più nobil drappo del veluto et ornate e legate con oro o argento di sorte alcuna, ancorché apparente, né ricamate o lavorate o
guarnite con opra, che vaglia più di mezo scudo in tutto, a piacere di ciascuna si
concedono.
Vesti o camurre o rubbe, manti et simili habiti de dosso di qual si voglia forma,
nuove overo usate, le quali siano di seta, a ciascuna sposa, delle qualità predette et
per detti tempi, si concede il potersene fare in una o più volte, sino al numero di
tre et non più, da portare però ciascuna da sé sola et separatamente o sia per sopraveste o per sottana, come più le piacerà, né in modo alcuno l’una sopra l’altra, né
stagliate o piccate in alcuna sua parte, ma totalmente intere et schiette da un ornamento, in poi di trine o passamani overo rizzoli di seta schietta, che ne passi il valore di scudi cinque, dichiarando che ogni guarnimento d’oro o d’argento, ancorché
non giungesse al detto valore, s’intenda e sia espressamente proibito, et fra dette vesti non vi possa essere però più ch’una sola di veluto semplice. Non proibendosi il
portare, fra il numero delle tre sorti di vesti sopradette di seta, alcuna di quelle prima di questi ordini fatte et date in nota, che fossero ornate di ornamento, il quale
però non eccedesse il valore di scudi cinque, come di sopra. Comandandosi che
ogni altra con ornamento di maggior valuta o si lascia […]14 di portare o li sia levato l’ornamento. Concedendosi in cambio di quello, per ricoprire il segno lasciatoli
da esso, potersi sopraporre un altro di valore non più che di scudi cinque.
14
Guasto meccanico della carta corrispondente a tre lettere.
360
Legislazione suntuaria
Alle quali spose, passati detti duo anni, insieme con l’altre state più tempo a
marito, si proibisce il portare le già usate vesti di seta et il farsene ancora alcune altre nuove per sopraveste, ma non già usarle et farne delle nuove per sottane, purché
non n’habbiano più di tre per ciascuna in tutto, computatovi insieme le prime, essendo atte all’operarsi, ma schiette però et che alcuna da farsi nuovamente non vaglia più di scudi venticinque, computatovi l’ornamento predetto.
Volendo che, per sopraveste di qualunche forma et habito et li camurini, ancora
che le spose predette, oltre le tre vesti di seta, et l’altre, state più delli duo anni a
marito, voranno usare non siano d’altro che di panno o rascia, saglia grossegrani et
simili di lana, fra le quali s’intendano mocagliate, ciambellotti et buratte, ancorché
seta, purché non sia né ordita né tessuta d’altro di più prezzo, senza però ornamento d’oro o d’argento o ricami o intagli o veri o finti o apparenti o stagliamenti o
piccature o con sotto fodre alcune, fuor che di tele ordinarie, facendone bisogno,
ma con veluto solo o d’altra robba di minor valore, che però o l’uno o l’altro di
quelli non passi scudi sei con la manfattura. Il qual modo di vestimenti di lana si
comanda doversi usare dalle dongelle, ma con non più ornamenti delli sopratassati.
Alle quali, per sopraveste et sottane et per ogni altro lor habito, si proibisce ogni
sorte di robba di seta. Sì come si fa etiamdio alle vedove et altre donne da duolo,
insieme con il portare habito d’altro che di lana et con alcun guarnimento.
Strascini, overo code, a qualunche habito di donna di qual forma si voglia, purché la parte di dietro, fatta che sarà la veste, non ecceda in longhezza più d’un terzo
del brazzo ordinario del panno, di quello, che sarà la parte dinanzi di essa veste,
tanto alle fatte, quanto da farsi, si tollerano. Comandandosi che ciascun di detti habiti, che si ritrovasse haverli di più longhezza, sia ridotto alla predetta forma, né per
l’avenire possa farsi oltre l’istessa.
Scofoni o calcette non siano donne di qualità alcuna che portino con ricami o
lavori di qualsivoglia sorte, ma schietta o con doi gasii o profili di seta dell’istesso
overo altro colore.
Cappe, cappotti, tabarri, robboni o altri simili da cavalcare o portare di notte et in
altro tempo et modo, non sia di loro ch’ardisca portarne di più stima che di veluto et
con sorte alcuna d’ornamento, ma schietti et semplici, né con fodra di seta, più che di
taffetà o ormisino. Et essendo di robba di lana o altra inferiore alla seta, sia lor lecito
usarli guerniti, fuor che d’oro o argento di sorte o vista alcuna, ma che detto guarnimento non vaglia più di scudi tre, sino in quattro con la fattura, concedendoseli però
per mostra dalla parte dinanzi ormesino o veluto et non di più stima di quello.
Broccati, broccatelli, tele d’oro o d’argento, veri o finti, per sorte alcuna d’habito overo ornato in qualunche modo et forma, assai o puoca quantità, né altro di
prezzo, come quello o più d’essi et del veluto ordinario si proibiscono.
Pelli per sottoveste o sopra più fine che bassette o volpe, a tutte le donne, senza
differenza alcuna, si vietano.
Delle donne da parto et lor figliuoli
Non doveranno le donne di parto tenere, sopra li lor letti o altri di sua casa o
sopra il figliuolo o figliuoli nati, sparviero o cortinaggio né coltre o coperte o coper-
Cesena
361
turi, tornaletti, lenzuoli, orieri, fascie, pezze, giubboni et altre sorte d’ornamenti
d’oro o argento o ricami o altri lavori veri o finti et con seta sopra seta.
Non mandaranno detti lor figliuoli con pompe al santo battesimo, dovendosi
ivi rinontiar quelle a Satana.
Et in lor compagnia dalle ostetrici et una o due serve, con una o due parenti et
quelle che lo laveranno a tenere in fuori non si faccia altra comitiva così dagli huomini dal padre et uno o due compari al più.
Benedittioni o donationi, a detti figliuoli o alle madri insieme, non si diano da
compadri o comadre più del valore di un scudo, computatevi etiamdio robbe da
mangiare.
Nelle visite di esse donne di parto, a chi le visitarà non si diano colationi che vi
entri zuccaro, né più che frutti o simili di puoca valuta.
Del vestire degli huomini
Li loro capelli et berette, secondo gli ordinati per le donne, doveranno ancor essi et non con più ornamento et fattura portare.
Le cappe, ferraioli, tabarri, cappotti et simili, nel modo regolato alle donne hanno ancor essi da portare et non con maggior spesa.
Sagli, casacche o vesticine di più valore che di veluto non portino, né quelli di
seta con altra sorte di seta sopra o sotto o per ornamento. Et a quelli di lana et di simili fatture si concede loro il poterli ornare con veluto, raso, cordelle o trine che
però ciascuno ornamento non passi scudo uno e mezo con la fattura.
Giubboni, maniche, calze o calzoni, tondi o longhi et di qual forma si voglia,
non siano di robba alcuna d’oro o d’argento vero o apparente, né con simil ornati.
Et essendo di seta non vi sia sotto né sopra cosa alcuna d’essa, ma schietti senza
alcun guarnimento.
Quelli poi di lana o tele o pelli si possano ornare, purché non vi vada oro o argento o simile, né più che di veluto o meno che però ciascuno ornamento non vaglia con la fattura più di duo scudi.
Le collane non sia di loro che portar ne possa di valuta più di scudi venticinque
con ogni fattura.
Anella nelle dita non più di due et che l’uno solo o insieme non vagliano più di
scudi dieci co[n] la manifattura.
Delli banchetti et conviti
Non sia persona alcuna, la quale faccia convito o banchetto da carne, che imbandisca o faccia imbandire più di tre sorte d’antipasti et tre d’alesso et tre d’arosto,
né fra queste vivande più che una sorte di selvaticine, intendendosi per quelle ancora polli d’India et pavoni, né più di due sorti di sapore et altro che una o due torte.
Proibendosi pastizzi, bianchi mangiari et ogni sorte di lavoro di pasta o di zuccaro et il darsi pesce di qual si voglia spetie coperto o non.
Et essendo da vigilia mista fra uove et altri cibi di cascio et pesce, non si passi il
numero di otto vivande sino in dieci in tutto et simil numero si osservi nelle altre
vigilie di precetto.
362
Legislazione suntuaria
Eccettuandosi però nelli alloggi di qualche signore forastiero con titulo d’illustre
o di reverendissimo o maggiore.
Delle spese per li mortorii
Nelli mortorii non si vestano da duolo altri che gli ascendenti o descendenti
maschi o femine del morto.
Né si diano berette con veli o senza et veli alle donne oltre quelle di casa, salvo
alli attinenti et attinente in primo grado di ragion canonica et agli estranei fuori di
casa serventi maschi, più che a quattro sino in sei persone.
Non si attacchino armi per le contrade et nelle chiese, né si facciano catafalchi o
palchi rilevati al tempo della sepoltura o nelle essequie et simile per morte d’alcuno
di che grado et qualità si voglia.
Ordine universale et pene delli transgressori
Et accioché li presenti ordini siano inviolabilmente osservati, si comanda a ciascuna persona di qualunche sesso, grado, stato et conditione et etade si voglia, habitante in Cesena, se ben fosse forastiere, purché havesse havuto stanza per quattro
mesi in essa o suo territorio, che non ardisca contravenire né a tutti né a qualsivoglia parte di quelli né per via diretta overo indiretta o diversità di modo o forma,
per le quali si venisse a far fraude o augumentare gli habiti, adobbi, ornamenti,
conviti et funerali et altre sopranominate spese et valori di qualunche sorte espressi
et non espressi et a quelli conformi, tanto nella città quanto fuori per il suo contado et dentro delle case proprie et altrui, sotto pena la prima volta di scudi cinque et
della perdita della robba nella quale si sarà contravenuto et la seconda volta di scudi
diece e successivamente da indi in poi della multiplicatione a proportione di ciascuna volta et la predetta perdita, applicati per un quarto alla reverendissima camera
apostolica, per un quarto a luoghi pii, da distribuirsi dalli magnifici signori conservatori et anziani per il tempo con partito ottenuto fra loro in forma et non altrimenti, et per l’altro all’essecutore et l’altro all’accusatore, il quale sarà tenuto secreto
et credutoli con un testimonio degno di fede, con auttorità di potersi procedere
contro li disobedienti per denonze, inquisitioni et altri modi usati nelli altri delitti
et ogni persona possa accusare et possa essequire ogni corte, tanto spirituale quanto
temporale.
Avvertendo ciascuno et ciascuna, poi che non si è fatta differenza da uno all’altro, che da se stesso voglia regolare la condition sua per schiffare le spese superflue
et l’essere di male essempio et mostrato a dito et come la vera nobiltà sarà giudicata
fra quelli che più saranno pronti a porre questi ordini in essecutione et con essemplare modestia procederanno.
Volendo che in pagare dette pene sia tenuto il padre et avo per li figliuoli, figliuole, nipoti et nepote respettivamente che saranno in lor potestade.
Li mariti per le mogli, li fratelli per le sorelle et tutti quelli li quali haveranno in
lor governo chi haverà contravenuto et non l’haveranno proibite.
Nelle quali pene si dichiara doversi incorrere et essere incorsi ipso facto et ipso
iure li sartori, riccamatori, intagliatori, lavoranti, orefici, gioieri, cuochi et tutti gli
Cesena
363
altri operarii et artefici di che qualità si voglia, maschi et femine, li quali saranno
intravenuti in alcuna delle sopradette transgressioni.
Proibendosi espressamente alli conservatori et antiani et a qualunche di loro il
potere proporre che delle pene applicate a luoghi pii se ne faccia gratia a delinquenti, sotto pena di scudi dieci per ciascuno et ciascuna volta che fosse stata fatta proposta o trattato o fattone instanza, applicati per la metà alla reverendissima camera,
per un quarto all’essecutore et l’altro all’accusatore tenuto secreto et creduto, come
sopra.
Intendendosi sempre nullo ogni operato et disposto contro le forme predette.
Della nota da darsi delli vestimenti
Per provedere alle fraudi che si potessero fare, si comanda a ciascuna donna overo suo marito, padre e fratelli o avo, come sopra, che fra tempo e termine di dieci
giorni dopo la publicatione delli presenti ordini debba con effetto haver data o fatta
dare la vera et fedel nota di tutti li loro vestimenti et habiti di seta, con il nome del
drappo del quale saranno fatti, et delli loro ornamenti nelle mani delli signori conservatori, sotto pena della perdita della veste applicata et da procedersi come sopra.
Et di più si comanda che fra detto tempo, ciascuno compreso in questi ordini
debba havere posto in essecutione et ubidito a quanto si contiene in essi, sotto le
pene comprese in quelli.
In Christi nomine, amen. Anno a nativitate eiusdem millesimo quingentesimo
septuagesimo quinto, indictione tertia, tempore pontificatus santissimi in Christo
patris et domini nostri domini Gregorii divina providentia papae decimitertii, die
vero undecima mensis februarii.
Suprascripte ordinationes, capitula, reformationes et constitutiones inter magnificos dominos conservatores et dominos antianos civitatis Caesenae ex ampla facultate et potestate ipsis per magnificum consilium nonagintasex virorum civitatis
praedictae vigore publici partiti sub die 25 mensis ianuarii proximi praeteriti in eodem magnifico consilio legitimo e obtenti data et attributa praeviis quam pluribus
sessionibus et colloquiis super inde inter ipsos factis, compilata, reformata et ad
praescriptam formam redacta fuerunt et in dicto magnifico consilio legitime congregato mense et die praedicto per me Robertum Cionum cancellarium infrascriptum in pleno consilio alta et intelligibili voce ad claram omnium consiliariorum
praesentium astantium intelligentiam lecta fuerunt illisque lectis per publicum partitum ad suffragia de more data intervenientibus quibuscumque solennitatibus solitis et consuetis legitime et iuridice obtentu firmata et stabilita cum conditione tantum ut reduceretur ad equalitatem et moderari deberent poena fuerunt ut latius ex
dicto partito manu mei cancellarii infrascripti constat et apparet.
Et ego Robertus Cionus communis Caesenae cancellarius rogatus fuit.
Placet et observari mandamus
Lactantio praesidente
Loco ? Sigilli.
Datum Ravennae, die 16 februarii 1575.
364
Legislazione suntuaria
Francesco Strozza secretario.
Die 20 februarii 1575.
Supradicta pragmatica, reformatio et ordinationes publicate fuerunt in civitate
Caesenae in loco solito praemisso sono quatuor tubarum per Paulum Scutelam publicum praeconem dictae civitatis, alta et intelligibili voce et magna populi multitudine astante, me notarium et cancellarium infrascripto dictante et legente, praesentibus ibidem magnificis domino Caesare Mazzono et domino Alphonso de Arardis
omnibus de Caesena testibus.
Ego Marcus Marconius de Riolo cancellarius ad criminalia magnifici domini
gubernatoris Caesenae qui rogatus extiti de praedicta publicatione ad fidem hic me
subscripsi manu propria.
1584
Bandi
Bando sopra il vestire
Volendo l’illustrissimo et reverendissimo monsignor il signor Christoforo Boncompagno arcivescovo di Ravenna et della provincia di Romagna et essarcato di
Ravenna dignissimo presidente, riformare e moderare l’ordine fatto a dì passati intorno al vestire gli huomini et le donne di Cesena, acciocché deva più facilmente
essere osservato da ognuno inviolabilmente. Per il presente publico bando espressamente commanda che nessuna persona, di qual si voglia stato, grado, conditione et
etade, tanto dongella quanto sposa maritata, vedova, che ardisca portare in qual si
voglia modo, beretta, capello con oro o argento battuto o filato vero, finto o apparente, né con medaglie, piume o simili altri segni, ma schietti o con un sol cordone
o benda e velo, il valore del quale non passi mezzo scudo et possa orlare detto capello o beretta nell’estremo della falda di seta o di passamano; prohibendosi in questo, come in tutti gli altri capitoli il poter portare oro, argento, vero o falso, in cordelle, passamani, vezzole, trine o in qualsivoglia altro modo.
Similmente non sia lecito ad alcuno come di sopra portare panicelli di seta fatti
ad opera, né qualsivoglia altro drappo in capo che passi il valore della tela battista o
simili ordinarii, gli altri tutti di minor spesa si concedono.
Alle spose del primo matrimonio per quattro anni, a quelle del secondo per doi,
si concede che possano portare una canaccha d’oro senza gioie, gioielli o smalto ma
schietto et che non vaglia più di X scudi con la fattura. Alle altre donne, dongelle,
maritate fuori del tempo predetto le canacche indifferentemente si prohibiscono.
Reti o scuffie alle spose predette si concede che possino portare di valore di dui
scudi et non più computatovi le cordelle delle trezze, alle altre si prohibisce il portarle di più valore che un scudo l’una insieme con le dette cordelle.
Si concede similmente a ciascuna donna, dongella, sposa o maritata che portino
in amendua li orecchie due anelline che non passino fra tutte due il valore di uno
scudo, né vi possano portare altro oro, smalto o gioie.
Cesena
365
Si concede similmente alle spose per il tempo come di sopra una o più collane,
il valore delle quali, insieme con la fattura, non sia più di trentacinque scudi. Et volendovi altro in compagnia dette collane o collana non passino il valore di venticinque scudi et quel più che saranno oltre la collana non passi il valore di X scudi. Né
possa essere più che di coralli, granate, ebani o perle minute ridotte in collari con
bottoni d’oro, crocette, agnus dei o senza che il tutto però non passi il valore delli
dieci scudi come di sopra.
Alle donne maritate dopo il tempo predetto volendo portare simili ornamenti al
collo sia di valore di scudi sette et le collane di venticinque scudi come di sopra et
non volendo altro al collo di trentacinque scudi; alle dongelle si concede che vagliano insieme con la collana fino a dodici scudi con ogni fattura.
Giupponi si prohibisce haverne in uno o più tempi più di tre et non sia più che
di raso con un orlo di passamano senza altra fattura et le dongelle non li possano
portare di più spesa che di doi scudi.
Coletti, gorghiere le spose come di sopra li possino portare di valore di uno scudo
e mezo, le donne maritate di uno scudo, le dongelle di tre lire computata la fattura.
Alle braccia non sia lecito portare manica con ricami né intagli di sorte alcuna,
ma solamente trinciate et volendoci bottoni o bendelette non passino il valore di
tre paoli, la fodera possa essere di taffetà semplice o doppio, tela o simile né sia lecito portare manica aperta in modo alcuno, ma solamente nelle braccia o fuori ad
uso di quelle.
Alle mani si prohibisce il portare manigli d’oro, d’argento, di gioie, di perle, ma
solamente di profumo di pasta o di coralli schietti con bottoni d’oro, li quali non
vagliano più di otto scudi quelli delle maritate e quelli delle dongelle scudi quattro.
Alle dita si concede che le donne maritate portino uno o due anelli, li quali soli
o insieme non passino la valuta de venticinque scudi.
Guanti, corone e ufficii si prohibisce il portarli di più valore di uno scudo le
spose, le maritate e le dongelle di mezo scudo.
La cinta si concede, che si possa portare di seda, purché non passi il valore di
doi scudi.
Gibellini, lupi cervieri, altre pelle intiere o acconze con teste d’oro o d’argento
che non passi il valore di tre scudi.
Le manizze si possino portare di martiri o faine o altri pelli, purché non vaglino
più di tre scudi et la coperta possa essere di qualsivoglia drappo, purché non ci sia
oro, né ricamo et l’ornamento non passi il valore di mezo scudo.
Vesti di seta si concede, che le spose come di sopra le possino portare fino al numero di quattro e non più, delle quali una sola sia di veluto, le altre tre non passino
il valore di quella, né sia lecito portarne più di una per volta o di sotto, alle quali sia
lecito trinciare le maniche et il busto et fodrarle di taffettà come di sopra solamente
et non altro. E l’ornamento di dette vesti non sia più che di veluto, raso o altro
drappo intiero o trinciato, ma non sia più di dua brazza in tutto et che tra detto
drappo o altre cordelle o trine che vi potesse andare per ornamento non passi la
somma di sei scudi con la fattura; le donne maritate fuori del tempo sopradetto
non possino portare alcuna delle sopradette vesti di seta per sopravesti scoperte, ma
366
Legislazione suntuaria
solamente per sotane o in altro modo coperte. Alle dongelle si prohibisce il portare
vesti di seta di sopra o di sotto; e similmente alle artegiane maritate o dongelle. Dechiarando per artegiane quelle che li loro padri o fratelli o mariti o suoi padri o fratelli faccino arte alcuna manuale o bottega, nel qual numero non s’intenda chi fa
fondaco o in essi s’adopra o serve.
Le sopravesti, camurini o altri panni di lana oltre le dette quattro vesti non siano più che di panno, rascia, grossegrani, mocagliari, zambelotti, buratte ancorché
di seda, frandine o simili, purché non sia ordita né tessuta d’altro di più prezzo si
possano adornare con veluto o altra robba di minor valore che però l’uno e l’altro
non passi sei scudi con la manifattura, i busti e le maniche si possano piccare o
trinciare e foderare come di sopra.
Le vesti fatte se bene sono trinciate si concede che si possino portare, dandole
però in nota.
Strassini overo code non si possa portare più che d’un terzo di braccio di più
longhezza che la parte dinanzi tanto alle vesti o altri panni fatti quanto da farsi.
Scoffoni o calcetti non si possano portare con ricami o lavori di quale si voglia
sorte, ma schietti o fatti a gocchia o con due gasii o altri profili di seta dell’istesso o
altro colore.
Cappe, cappotti o altri simili da cavalcare o portare di notte o in altro modo o
tempo si prohibisce il portarne più che di veluto simplice o fatto ad opera e senza
alcuno ornamento, eccetto che con una semplice cordella o passamano di seta, né
con fodera più che di taffettà semplice o doppio et essendo di robba di lana o altro
inferiore alla seta si possino guarnire di veluto o altro drappo come di sopra nelle
vesti, ma che detto guarnimento non vaglia più di quattro scudi con la fattura et le
mostre si possano fare di veluto, raso o ormisino et non di cose di più prezzo.
Brocati, brocatelli, tele d’oro o d’argento vero o finti o vergati per sorte alcuna
d’habito in qualunque modo, puoca o assai quantità, né cosa di più prezzo del veluto si prohibisce portarne, listarne o usarne in modo alcuno.
Pelle per fodere più fine che bassette, dosso o volpe si prohibisce e vieta a tutte
le donne indifferentemente.
Per il vestire degli huomini
Si concede che gli huomini possano portare berette o capelli di veluto riccio o
aperto dovendosi servare nell’ornamento l’istesso che s’è detto per le donne.
Le cappe, ferraroli, cappotti e simili si concede che li possano portare nel modo
regolato di sopra per le donne et di più che possino fodrare le cappe (purché siano
di panno o rascia) di veluto o d’altra cosa minore.
Sagli, casacche, robiglie et simili non si possino fare di cosa di più valore, che il
veluto, né quelli di seta con altro ornamento, che di trine o passamani, quelli di lana con veluto, raso o cosa di minor prezzo purché non passi il valore di tre scudi.
Né si possa fuori degli ordini sopradetti tanto dagli huomini come dalle donne portar seta sopra seta.
Giupponi, calze tonde o longhe non siano di robba di più prezzo, che il veluto,
et si possino ornare con cordelle o passamani di seta, piccare o trinciare, fodrare co-
Cesena
367
me di sopra purché detto ornamento non vaglia più di due scudi. Prohibendosi a
tutti il portare oro, argento vero o apparente, né trine, passamani, cordelle in quale
si voglia altro modo.
Le collane si concede che si possano portare di valuta di venticinque scudi computata la manifattura.
Anelli nelle dita si concede che se ne possa portare uno o dui, purché non vagliano più di dieci scudi con la manifatura.
Alli artigiani come di sopra si prohibisce il portar seta, cioè che il vestimento sia
di seta, ma sì bene che nel listare o ornare la possino portare.
Delli banchetti et conviti
Non sia persona alcuna la quale faccia convito o banchetto da carne che imbandisca o faccia imbandire più di tre sorte d’antipasti et tre d’alesso et tre d’arosto né
fra queste vivande più che una sorte di salvaticine, intendendosi per quelle ancora
polli d’India e pavoni né più di due sorte di sapore et altre che una o due torte.
Prohibendosi pasticci, bianchimangiare con ogni sorte di lavoro di pasta o di zuccaro et il darsi pesce di qualsivoglia sorte, coperto o non.
Et essendo da vigilia mista fra ova et altri cibi di cascio et pesce non si passi il
numero di otto vivande fino in dieci in tutto et simil numero si osservi nelle altre
vigilie di precetto.
Eccettuandosi però nelli alloggi di qualche signor forastiero con tittolo d’illustre
o di reverendissimo o maggiore.
Delle spese per li mortorii
Nelli mortorii non si vestino da duolo altri che gli ascendenti o descendenti,
maschi o femine del morto.
Né si diano berette con veli o senza o veli alle donne oltre quelle di casa salvo alli attinenti et attinente in primo grado di ragione cannonica et agli estranei fuori di
casa serventi maschi più che a quattro sino in sei persone.
Non si attachino armi per le contrade e nelle chiese né si faccino cattafalchi o
palchi rilevati al tempo della sepoltura o nell’esequie et simile per morte d’alcuno di
che grado et qualità si voglia.
Et in ciascuno delle sopradetti casi prohibiti tacita o espressamente si comanda
che non sia chi ardisca di contravenire sotto pena della perdita del vestimento o
collana, anello o altra cosa che fosse contro la forma sopradetta et di x scudi la prima volta che sarà controvenuto, la seconda volta di venti et successivamente da indi
in poi della moltiplicazione a proportione di ciascuna volta applicata per un quarto
alla reverenda camera apostolica, un quarto a luochi pii da distribuirsi da magnifici
signori conservatori et antiani per il tempo et non altrimenti, l’altro quarto all’essequutore, il quale sarà tenuto secreto; e più si prohibisce a tutti li mercanti il poter
vendere oro o argento filato, ricami et simili, tanto in poca quanto in assai somma
et a tutti li sarti, orefici et artegiani non ne possano lavorare sotto la pena di X scudi
per ciascuna volta contrafaranno et d’applicarsi come di sopra et di più di tre tratti
di corda da darseli irremissibilmente, et il tutto si debba porre in essequutione dopo la publicatione del presente ordine senza dilatione di tempo.
368
Legislazione suntuaria
Et perché si vede di quanto danno sia a coloro che lasciando la propria casa vanno alle hostarie et bettole a bere et mangiare di dove nasce molti inconvenienti,
s’ordina, statuisce et comanda che nessuna persona che habbi moglie o figliuoli o
famiglia nella città di Cesena, di qualunque stato, grado, conditione voglia essere o
sian che da mo’ innanci ardisca o presuma d’andare a bere et mangiare alle hostarie,
cannave et bettole in quale si voglia modo, sotto pena di tre tratti di corda da darseli in publico per ciascuna volta sarà contrafatto ad arbitrio del signor governatore.
Placent suprascripta capitula et mandamus servari omnia et singula
Chr. arch. pr.
Datum Ravennae die 30 maii 1584.
Loco ? Sigilli
Mercurius Sebastianius secretarius.
MODENA
a cura di Enrica Coser
INTRODUZIONE
La prima attestazione documentata dell’esistenza a Modena di un governo di tipo consolare risale all’anno 11351, ma si ritiene del tutto probabile
che tale istituto, il più tipico tra le cariche dell’amministrazione dei comuni
medievali italiani, seppure con un’altra denominazione o in qualche forma
provvisoria, fosse alquanto anteriore a questa data2.
Nel corso del secolo XIII alla guida del movimento comunale (anche se
in alternanza con l’istituzione consolare fino al 1215) si consolidò la figura
del podestà cittadino, che veniva scelto annualmente dal consiglio generale,
e che rispecchiava nell’orientamento politico le tendenze di quelle famiglie
nobili da cui egli stesso proveniva. L’elemento “popolare” non godeva infatti
della partecipazione effettiva al governo, nonostante la progressiva ascesa
delle corporazioni d’arte verso gli istituti dell’amministrazione cittadina e la
presenza di mercanti e artigiani all’interno del consiglio generale, che raggiunse la proporzione di un terzo nel 1220, consentendo che dal 1229 i capi
delle società delle arti e mestieri entrassero a far parte del consiglio generale
del comune.
La sconfitta, inferta da Bologna nel 1249 a Fossalta alle truppe imperiali
di Federico II, determinò una divisione all’interno delle famiglie nobili modenesi, schierate fino ad allora a favore dell’imperatore e divise adesso tra
guelfi e ghibellini, cui facevano rispettivamente capo le famiglie degli Aigoni
e dei Grasolfi. L’inasprimento dunque delle lotte tra le fazioni del ceto aristocratico portò nello stesso anno alla costituzione di una Societas populi, che
sancì l’ingresso e la partecipazione dei rappresentanti delle organizzazioni
popolari al governo cittadino. Nel 1271 furono istituiti i XXIV difensori del1
G. TIRABOSCHI, Storia dell’augusta badia di S. Silvestro e di Nonantola, II, Modena
1785, p. 245.
2
P. BREZZI, Il comune medievale di Modena (1115 - 1290), in Storia Illustrata di Modena,
I, Modena-Milano 1990, pp. 241-260.
372
Legislazione suntuaria
la libertà del popolo e nel 1280 venne fondata, in funzione antimagnatizia, la
“Società generale del popolo”, un’organizzazione militarmente organizzata e
articolata.
Di fronte al processo di espansione popolare oramai in atto in una situazione politica, che vedeva la parte guelfa degli Aigoni, dilaniata dalle lotte
intestine tra la fazione degli Intrinseci e quella degli Estrinseci, gli Aigoni
Intrinseci, con il sostegno di molti nobili modenesi, furono indotti a cercare
un appoggio verso l’esterno. Fu così che nel dicembre del 1288 offrirono ad
Obizzo II d’Este, signore di Ferrara e grande sostenitore del partito guelfo, il
dominio della città3. Con la signoria di Obizzo fu ristabilita almeno temporaneamente la pace, ma con la sua morte e la successione del nuovo signore
Azzo VIII si riaccesero le antiche discordie, che nel 1306 provocarono la caduta del dominio estense.
Fu allora ricostituito un governo autonomo, che venne denominato Respublica Mutinensis, e che segnò il tentativo da parte dei ceti popolari di ripristinare il comune duecentesco. Ma ben presto si riaccesero le ostilità tra le fazioni del ceto aristocratico, e nell’arco di pochi anni la classe magnatizia legata al partito filoimperiale e alleata con gli esponenti della nobiltà locale prese
il sopravvento e s’impadronì dei vertici dirigenziali dell’istituto comunale.
Nel 1311 l’imperatore Enrico VII pose la città ed il suo contado sotto la
sua protezione e nominò Francesco Pico, esponente della fazione filoimperiale, suo vicario, offrendogli in feudo il territorio mirandolese. Per circa un
trentennio si verificò l’alternanza di vari governi, da quello dei vicari imperiali Pico della Mirandola e Passerino Bonacolsi, a quello del legato pontificio Bertrando del Poggetto, dal 1327 al 1328, cui fecero seguito i legati regi
Guido e Manfredo Pio, che ressero la città dal 1329 al 1336, anno in cui gli
Estensi instaurarono nuovamente il loro potere signorile su Modena.
Il ritorno ufficiale degli Estensi fu sancito da un accordo scritto, nel quale i due vicari cittadini cedettero Modena, in cambio, oltre ad altri privilegi,
del dominio su Carpi4.
Da quel momento la sorte di Modena fu legata alle vicende politiche cui
presero parte gli Estensi residenti a Ferrara.
Nel 1402, anno della morte di Gian Galeazzo Visconti, Nicolò d’Este, vicario di papa Bonifacio IX, fu nominato capitano generale delle milizie ecclesiastiche, schierate a fianco della Repubblica di Venezia contro Milano. Furo-
3
C. VICINI-BARTOLAZZI, La caduta del dominio estense a Modena nel 1306, in Respublica
Mutinensis, a cura di E.P. VICINI, Milano 1929, pp. XIII-XXXIX.
4
R. RINALDI, Modena nel Trecento, in Storia Illustrata di Modena, I, Modena-Milano
1990, pp. 381-400.
Modena
373
no questi gli anni delle lotte contro Ottobono Terzi, che, ex condottiero visconteo e capo della fazione ghibellina, occupava Parma (nel 1404) e minacciava le città di Reggio e Modena. Dopo la sua uccisione nel 1409, presso Rubiera, Nicolò d’Este fu proclamato signore di Ferrara, Modena, Reggio e Parma e nel 1452 Modena divenne città ducale, con il conferimento a Borso d’Este, da parte dell’imperatore Federico III, del titolo di duca.
A questi avvenimenti fece seguito un lungo periodo di pace interrotto
per un biennio (1482-1484) dalle lotte contro Venezia, che minacciava gli
stati Estensi.
Nel 1506, papa Giulio II, con l’aiuto dei Francesi, aveva cacciato da Bologna Giovanni Bentivoglio ed aveva sostenuto il conflitto contro Venezia voluto
dalla lega di Cambrai (1508), che si concluse con la sconfitta di Venezia, inferta
dalle truppe della lega ad Agnadello (1509). Ma appena conclusa la pace con
Venezia, Giulio II cambiò fronte e si scagliò contro i francesi, alleati di Alfonso
II. Nel 1510 le truppe papali entrarono a Modena, ma un anno dopo Giulio II
consegnava la città nelle mani dell’imperatore Massimiliano I. Il successore papa Leone X, nel 1514, la ricomprò dietro il pagamento di 40.000 scudi5. Nel
1527, in seguito al rovesciamento dell’autorità ecclesiastica conseguente al
“Sacco di Roma”, Alfonso I riuscì a rientrare in possesso di Modena. Il passaggio di Modena agli Estensi e la conclusione della dominazione papale sulla città
furono sanciti con un arbitrato dell’imperatore Carlo V il 21 aprile 15316.
Nel 1597/1598 Cesare d’Este, indotto da papa Clemente VII a rinunciare al dominio su Ferrara e sui territori della Romagna, trasferì a Modena la
capitale dello Stato Estense.
La più antica testimonianza a Modena di una normativa contro il lusso è
contenuta negli statuti comunali del 13277. Redatti in quel periodo intermedio di reggenza ecclesiastica, che si instaurò a seguito della dominazione
della signoria dei Bonacolsi e che ebbe fine con il ritorno degli Estensi a
Modena nel 1336, costituiscono il più antico corpo statutario conservatosi
5
L. CHIAPPINI, Gli Estensi, Varese 1967, pp. 379-381.
A. BIONDI, Modena tra paci e guerre nei secoli XV e XVI, in Storia Illustrata di Modena,
II, Modena-Milano 1990, pp. 401-420.
7
Riguardo alla legislazione suntuaria modenese, si può vedere anche: C. CAMPORI, Condizioni della città, leggi suntuarie ed altre, in Del governo a comune in Modena secondo gli statuti del 1327 ed altri documenti sincroni, I, Modena 1864, cap. VIII, pp. 4-85; M. MUZZINI,
La moda femminile del Quattrocento in Emilia, tesi di laurea, Università degli Studi di Parma, Facoltà di Magistero, Corso di Laurea in Materie Letterarie, rel. F. Brambilla Ageno,
a.a. 1970-71.
6
374
Legislazione suntuaria
in forma completa. Non sono invece giunti fino a noi i primi statuti cittadini, risalenti ai primi anni del Duecento, di cui peraltro ci fornisce qualche
testimonianza il codice del sec. XIII i
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