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Il Principio del PENSIERO

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Il Principio del PENSIERO
“psicologia e crescita personale”
Richard Carlson
puoi essere felice
qualunque cosa
accada
Cinque principi
per gustare la vita
con la giusta prospettiva
Revised edition Copyright © 1997 by Richard Carlson, PhD
Original edition Copyright © 1992 by Richard Carlson, PhD
Titolo originale: You can be happy no matter what
Dove non specificato, le citazioni presenti nel testo sono state liberamente tradotte.
Traduzione: Cecilia Pirovano
Editing: Katia Prando
Revisione: Sonia Vagnetti, Ilaria Ortolina, Martina Marselli
Impaginazione e Grafica di copertina: Matteo Venturi
Stampa: Fotolito Graphicolor snc Città di Castello (PG)
I Edizione: Maggio 2013
© 2013 Edizioni My Life
www.mylife.it - Via Garibaldi, 77 - 47853 Coriano di Rimini
ISBN 978-88-6386-212-6
Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta tramite alcun procedimento meccanico, fotografico o elettronico, o sotto forma di registrazione fonografica; né può essere
immagazzinata in un sistema di reperimento dati, trasmesso, o altrimenti essere copiato per uso pubblico
o privato, escluso l’“uso corretto” per brevi citazioni in articoli e riviste, senza previa autorizzazione scritta
dell’editore.
Alle mie bellissime figlie:
vi auguro di essere sempre felici,
qualunque cosa accada.
INDICE
Prefazione del dottor Wayne Dyer . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
Ringraziamenti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
Introduzione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
PARTE PRIMA – I PRINCIPI
CAPITOLO UNO - Il Principio del Pensiero . . . . . . . . . . . . . . . . 23
CAPITOLO DUE - Il Principio degli Stati d’Animo . . . . . . . . . . 45
CAPITOLO TRE - Il Principio delle Realtà Distinte . . . . . . . . . . 57
CAPITOLO QUATTRO - Il Principio dei Sentimenti . . . . . . . . 65
CAPITOLO CINQUE - Il Principio del Momento Presente . . . . 75
BREVE RIEPILOGO . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85
PARTE SECONDA – APPLICAZIONE DEI PRINCIPI
CAPITOLO SEI - Le relazioni interpersonali . . . . . . . . . . . . . . . . 89
CAPITOLO SETTE - Lo stress . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107
CAPITOLO OTTO - Risolvere i problemi . . . . . . . . . . . . . . . . . 121
CAPITOLO NOVE - La felicità . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 135
CAPITOLO DIECI - Le abitudini e le dipendenze . . . . . . . . . . 145
CAPITOLO UNDICI - Una lista di controllo per la vita . . . . . . 151
L’autore . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 155
PREFAZIONE
del dottor Wayne Dyer
M
olti credono erroneamente che siano le circostanze a determinare l’individuo. Ma non è vero. Al
contrario, esse lo rivelano. Le circostanze in cui ci
troviamo non ci definiscono, rappresentano solo il nostro curriculum ineguagliabile, fatto di prove, sfide e opportunità per
crescere, accettarci e distaccarci dalle cose. Il nostro successo
in quanto esseri umani non sta in ciò che possediamo e nei risultati che abbiamo raggiunto. Non sta nelle situazioni difficili
che viviamo, ma nel modo in cui gestiamo ciò che abbiamo e
come affrontiamo le sfide, nel modo in cui sfruttiamo il nostro
curriculum ineguagliabile per crescere e vivere una vita piena
di amore.
Abbiamo la capacità di manifestare il nostro destino, di creare la “vera magia” nella nostra vita, di renderla un’espressione
del Divino, di eliminare l’ego dalla nostra consapevolezza e
di mettere l’amore in cima alla lista delle priorità. Tuttavia,
per poter raggiungere tutti questi obiettivi, è essenziale riuscire a trovare un equilibrio interno, un senso di armonia e
serenità d’animo. La felicità non è il traguardo in fondo al
percorso, è la linea di partenza. La vita spirituale si rafforza
con l’appagamento.
9
I principi di questo libro sono degli strumenti di navigazione
che ti aiuteranno ad avere una vita piena. Sono come una serie
di istruzioni per l’uso che ti guidano dentro di te, alla volta
di quel luogo in cui risiede la pace interiore. Ti aiuteranno
a mantenere la concentrazione e la calma. A mano a mano
che proseguirai sulla strada della felicità, entrerai in una nuova
dimensione esistenziale, da cui sboccerà un’ulteriore crescita
spirituale. Senza la continua lotta per soffocare lo stress, la
rabbia, le malattie e i desideri, la tua vita si dispiegherà con
maggiore armonia.
In questo libro straordinario, Carlson spiega che la vita non è
tua nemica; invece i pensieri che fai potrebbero esserlo. Ci ricorda che la mente è uno strumento potentissimo che, in ogni
dato momento, può operare per noi o contro di noi. Abbiamo la possibilità di scegliere: o impariamo a seguire il corso
della vita, accettandola con amore e pazienza, oppure la combattiamo. Ho ribadito molte volte che siamo esseri spirituali
che vivono un’esperienza umana e che abbiamo la capacità di
concretizzare quest’esperienza al massimo del suo potenziale.
Dentro di noi, disponiamo delle risorse per vivere una vita felice e ricca, a prescindere dalle prove davanti a cui ci troviamo.
Leggi questo libro e rifletti sul messaggio che offre. Vedrai che,
malgrado l’esperienza esteriore, è proprio vero: puoi essere felice qualunque cosa accada! Che Dio ti benedica.
Wayne Dyer
10
RINGRAZIAMENTI
V
orrei ringraziare: Patti Breitman, che è abbastanza
felice da capire quello che cercavo di dire prima ancora che finissi di dirlo; Kristine Carlson, che mi ha
incoraggiato con affetto; Sheila Krystal, che è una compagna e
un’amica davvero meravigliosa; Carol LaRusso, che ha svolto
uno splendido lavoro di editing e si è presa il tempo per imparare l’approccio descritto nel libro; George e Linda Pransky,
che sono due insegnanti meravigliosi; Barbara e Don Carlson,
che conoscono il bellissimo dono della felicità e lo condividono
con gli altri.
11
INTRODUZIONE
L
a felicità! Ecco qualcosa che vogliamo tutti ma che pochi
di noi riescono a raggiungere. La felicità è caratterizzata
da un sentimento di gratitudine, pace interiore, soddisfazione e affetto per noi stessi e per gli altri. Lo stato mentale più
naturale che esista si basa su appagamento e gioia. Le barriere
e gli ostacoli che ci impediscono di provare questi sentimenti
positivi non sono altro che processi negativi acquisiti che abbiamo innocentemente finito per accettare etichettandoli come
“necessari” o “così è la vita”. Una volta svelati i sentimenti positivi
intrinseci, e rimossi gli ostacoli che ci trattengono dal provarli, il
risultato è un’esperienza di vita più profonda e bella.
Questi sentimenti non sono emozioni fugaci che vanno e vengono con il mutare delle circostanze, ma permeano la nostra
vita fino a diventare parte di noi. Trovarsi in uno stato mentale
simile ci permette di vivere in modo più spensierato e rilassato,
con o senza il supporto delle circostanze in cui ci troviamo. In
questo stato particolarmente piacevole, la vita ci appare meno
complicata e i problemi attenuati. Il motivo? Quando ci sentiamo meglio, abbiamo un maggiore accesso alla saggezza e
al buonsenso di cui disponiamo. Tendiamo ad agire in modo
meno reattivo, difensivo e critico; prendiamo decisioni migliori
e comunichiamo con maggiore efficacia.
13
Il modo migliore per svelare questi sentimenti positivi, nascosti
nel profondo di te stesso, è cominciare a capire da dove arrivano. Esistono cinque principi del funzionamento psicologico da
usare come guida o strumenti di navigazione, che ti aiuteranno
a ritrovare un naturale senso di serenità. Io lo chiamo “funzionamento psicologico sano”, o più semplicemente “un bel sentimento”. Imparerai a individuare gli ostacoli psicologici che ti
allontanano da questi sentimenti e a guardarti da essi, da quei
pensieri figli dell’insicurezza che hai imparato a prendere fin
troppo sul serio.
I primi quattro principi di questo libro si basano su una serie di
principi psicologici formulati per la prima volta da Rick Suarez
e Roger C. Mills1 e mostrano come riuscire ad avere accesso alla felicità. Una volta compresi, ti permetteranno di essere
felice e appagato a prescindere dai tuoi problemi, sul serio! In
qualità di consulente insegno questi principi ai pazienti, e vedo
di continuo persone che trasformano la propria vita prendendo
una direzione positiva malgrado le difficili sfide che si trovano
ad affrontare. Chi si sente sinceramente appagato nella propria
vita è in grado di risolvere qualsiasi problema con maggiore
facilità ed efficacia di quanto si possa pensare. I cinque principi che sto per presentare rappresentano una profonda svolta
nel modo di comprendere le dinamiche della psiche umana. Si
tratta di principi molto semplici eppure potenti, che spiegano
il funzionamento della mente e possono essere usati da ogni
essere umano, a prescindere dal luogo in cui vive. Infatti sono
principi che superano qualsiasi barriera culturale. Li illustrerò
in dettaglio a partire dal primo capitolo, ma li riassumo in breve qui di seguito.
1. Rick Suarez, Roger C. Mills, Darlene Stewart, Sanity, Insanity, and
Common Sense: The Groundbreaking New Approach to Happiness, Fawcett
Columbine, New York, USA, 1987.
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Il pensiero. La capacità di pensare definisce l’esperienza psicologica di vita, e il pensiero è una funzione volontaria.
Gli stati d’animo. La consapevolezza del fatto che il pensiero è una funzione volontaria fluttua da un momento
all’altro e da un giorno all’altro. Tali variazioni prendono il
nome di stati d’animo.
Le realtà psicologiche separate. Dato che tutti noi pensiamo
in modo unico, ognuno di noi vive in una realtà psicologica separata.
I sentimenti. I sentimenti e le emozioni che proviamo fungono da meccanismo innato di biofeedback che ci permette di
capire come stanno le cose da un punto di vista psicologico.
Il momento presente. Imparare a rimanere concentrati sul
presente, prestando attenzione ai nostri sentimenti, ci permette di vivere al massimo dell’efficienza e senza essere distratti dai pensieri negativi. Il presente è il luogo in cui
possiamo trovare la felicità e la pace interiore.
Capire in che modo agisce e funziona la mente ti garantirà l’accesso alla felicità (sensazione magnifica) che a sua volta ti permetterà di goderti liberamente la tua vita e le tue relazioni. La
maggior parte degli approcci alla ricerca della felicità sostiene
la necessità di fare o cambiare qualcosa nella propria vita. Ma
l’esperienza dimostra che, nel migliore dei casi, si tratta solo di
una soluzione temporanea; una volta avvenuto il cambiamento,
l’atteggiamento mentale per trovare la felicità (cioè dover cambiare qualcosa nella propria vita) si perpetua. Ci fa ricominciare
da capo a cercare difetti e condizioni da correggere per poterci
sentire felici. Una volta compresi i cinque principi del funzio15
namento psicologico sano, potrai ribaltare questa dinamica e
sentirti felice fin da subito, anche se tu e la tua vita non siete
perfetti! Non appena ti sentirai appagato e non più distratto
dalla falsa negatività, il maggiore accesso alla vera saggezza e al
buonsenso di cui disporrai ti permetterà di trovare soluzioni e
alternative prima sepolte sotto preoccupazioni ingombranti e
un confusionario dialogo interiore.
La soddisfazione è la base per una vita piena. Porta con sé buoni rapporti, soddisfazioni in ambito lavorativo, abilità genitoriali (per chi ha figli) e la saggezza e il buonsenso indispensabili per farsi avanti nella vita con grazia. Senza appagamento,
l’esistenza ci appare come un campo di battaglia, in cui siamo
troppo occupati a scontrarci con i problemi per poter godere
della bellezza della vita. Consumati dalle preoccupazioni, con
la speranza che un giorno le cose andranno meglio, rimandiamo la soddisfazione e intanto la vita scivola via. Se invece ci
sentiamo felici, possiamo goderci appieno la vita nel presente.
Com’è ovvio, i problemi ti sembreranno “reali” e importanti,
ma non appena avrai imparato come sentirti appagato, non ti
impediranno più di goderti la vita. L’appagamento porta con
sé un piacere infantile, una spensieratezza nello stare al mondo
che apre un canale tramite il quale apprezziamo le piccole cose
e che ci rende grati per il magnifico dono che è la vita stessa.
Questa nuova consapevolezza può applicarsi a tutte le sfide
della vita. In questo libro non imparerai tecniche sofisticate né
“meccanismi di coping” per gestire problemi specifici. Imparerai
semplicemente a vivere in uno stato mentale più appagato: uno
stato di amore. La cosa bella di questo sapere (una volta capito
il funzionamento psicologico sano), è che si tratta di una conoscenza duratura. Ciò non significa che il sentimento dell’amore
non ti sfuggirà più di mano, anzi, ma quando capiterà, potrai
capire come hai perso la rotta e saprai con esattezza come tornare nella giusta direzione.
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La chiave per la felicità: la tua mente
La mente svolge due funzioni fondamentali. È una sorta di caveau in cui immagazzinare informazioni ed esperienze passate
ed è anche un trasmettitore di saggezza e buonsenso. La parte
del cervello che funge da caveau, o “computer”, viene usata per
analizzare, confrontare, mettere in relazione fatti e fare calcoli.
Il valore di questa componente è chiaro: senza di essa non sopravvivremmo. L’altra parte del cervello, il “trasmettitore” a cui
ognuno di noi ha accesso, gestisce le questioni di cuore, per le
quali le informazioni del computer non bastano. È la funzione
del trasmettitore, non del computer, la fonte dell’appagamento,
della gioia e della saggezza.
Parte del processo che permette l’accesso a questa funzione
consiste nel riconoscere quanto sia necessaria e pratica. Sarebbe del tutto inappropriato ricorrere a un computer per salvare un matrimonio, per risolvere un problema di lavoro o per
decidere come affrontare l’argomento della droga con il figlio
adolescente o insegnare la disciplina a un bambino. La maggior
parte della gente non ricorrerebbe a un computer per questi
problemi personali legati alla sfera affettiva. I problemi di questo tipo richiedono gentilezza e saggezza. Finché non capiamo
il valore del nostro “trasmettitore” (il funzionamento psicologico sano), l’unica alternativa che abbiamo è fare ricorso al
“computer” per gestire le questioni personali. Le risposte nuove
alle difficoltà non vengono da quello che già sappiamo e che è
immagazzinato nel “computer”. Vengono da atteggiamenti nuovi, dal vedere la vita in modo diverso, dalla parte sconosciuta e più
tranquilla di noi stessi.
Illustriamo meglio questo punto tramite la storia ben nota di
qualcuno che ha perso le chiavi. Questa persona pensa e ripensa (con il “computer”) a dove potrebbero essere, ma invano.
Semplicemente non riesce a ricordarselo. Poi, proprio quando
smette di pensare e guarda fuori dalla finestra, di colpo la ri17
sposta le balena in testa e si ricorda esattamente dove le ha lasciate. La risposta è arrivata nel momento in cui quella persona
ha liberato la mente, non mentre si ostinava a pensare, cosa che
non avrebbe permesso alla soluzione di venire a galla. Tutti noi
abbiamo vissuto esperienze simili, ma pochi hanno imparato la
preziosa lezione del “non sapere” al fine di sapere. Al contrario,
continuiamo a pensare che la risposta arriverà torturando il nostro cervello, usando il nostro “computer”.
È possibile imparare ad accedere al funzionamento psicologico
sano e a fare affidamento su di esso, sulla parte serena del cervello che è la fonte di sentimenti positivi intrinseci, sulla parte
saggia che conosce le risposte. E che quando non le conosce,
sa di non conoscerle. È possibile imparare la differenza tra il
pensiero ponderato e il pensiero creativo e capire quando è il
caso di affidarci al computer e quando è più appropriato fare un
passo indietro e calmarsi.
Questo libro mira ad aiutarti a sperimentare più spesso uno
stato mentale di tranquillità (appagamento) nel corso della
vita. Quando impari a vivere in uno stato mentale di pace, scopri che in realtà la felicità e l’appagamento sono indipendenti
dalle circostanze. Ciò non significa che le cose non debbano
andare “bene” (chiaramente, se così fosse sarebbe il massimo),
ma non per forza devono andare bene prima di sentirci felici. Non sempre abbiamo potere sulle altre persone e/o sugli
avvenimenti, ma disponiamo sempre dell’immenso potere di
sentirci felici e appagati della nostra vita. Un bell’effetto collaterale dell’essere felice “per nessun motivo” è che i dettagli
più fastidiosi cominciano a risolversi da soli. Quando non ci
focalizziamo sulle preoccupazioni che ci turbano, riusciamo a
pensare meglio, in modo più chiaro e intelligente.
In ogni momento la nostra mente può operare per noi o contro di noi. Possiamo imparare ad accettare le leggi psicologiche
naturali, a lasciarci governare da esse e a comprendere come
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seguire il corso della vita piuttosto che combatterlo. Possiamo
tornare al nostro stato naturale di appagamento.
I cinque principi ti insegneranno a vivere per la maggior parte
del tempo in uno stato caratterizzato da sentimenti positivi.
Usali come strumenti di navigazione per avanzare nella vita in
direzione della felicità.
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PARTE PRIMA
I PRINCIPI
CAPITOLO UNO
Il Principio
del PENSIERO
Tutto ciò che ottieni e tutto ciò che non riesci a ottenere
è il diretto risultato dei tuoi pensieri.
James Allen
G
li esseri umani sono creature pensanti. In ogni momento, ogni giorno, la nostra mente è al lavoro per
dare un senso a quello che vediamo e percepiamo. Per
quanto ciò possa sembrare ovvio, si tratta di uno dei principi
che meno comprendiamo nel nostro sviluppo psicologico. Eppure comprendere la natura del pensiero è alla base di una vita
pienamente funzionale e felice.
Pensare è una capacità, una funzione della coscienza umana.
Nessuno sa esattamente da dove arrivi il pensiero, ma possiamo affermare che proviene dallo stesso posto in cui si trova
qualunque cosa faccia battere il nostro cuore: deriva dall’essere
vivi. Come nel caso di altre funzioni umane, il pensiero esiste
con o senza il nostro volere. In questo senso, il pensiero è un
elemento impersonale della nostra esistenza.
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Il rapporto tra ciò che pensiamo
e ciò che sentiamo
Ogni sentimento negativo (o positivo) è il diretto risultato di
un pensiero. È impossibile sentirsi gelosi senza prima avere
pensieri di gelosia, sentirsi tristi senza prima avere pensieri di
tristezza, sentirsi arrabbiati senza prima avere pensieri di rabbia. Ed è impossibile sentirsi depressi senza avere pensieri di
depressione. Sembra un concetto abbastanza ovvio, ma se lo
comprendessimo meglio saremmo tutti più felici e vivremmo
in un mondo più felice!
Nel corso degli anni, praticamente ogni cliente con cui ho lavorato esordiva in questo modo a ogni seduta:
Cliente: “Mi sento davvero depresso oggi.”
Richard: “Si è reso conto di avere pensieri deprimenti?”.
Cliente: “Non ho fatto pensieri negativi o deprimenti; mi sento
solo depresso.”
Mi ci è voluto un po’ prima di riconoscere il nostro problema
di comunicazione. Ci hanno insegnato che “pensare” significa
sedersi a “riflettere”, metterci tempo e impegno, come se dovessimo risolvere un problema di matematica. In base all’idea
che abbiamo dell’atto del pensare, una persona che non si sognerebbe mai di passare sei ore a ossessionarsi su un pensiero
di rabbia considererebbe comunque abbastanza “normale” fare
quindici o venti pensieri di rabbia della durata di trenta secondi ciascuno.
I “pensieri su qualcosa” possono durare diversi giorni o un solo
secondo. Noi abbiamo la tendenza ad accantonare questi ultimi
reputandoli meno importanti, se mai ci accorgiamo della loro
esistenza. Ma non è così. I sentimenti seguono e rispondono
a un pensiero, a prescindere dalla sua durata. Per esempio, se
pensiamo anche solo di sfuggita: “Mio fratello ha ricevuto più
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attenzioni di me. Non mi è mai piaciuto come persona”, il risentimento che poi proviamo verso nostro fratello non è una
semplice coincidenza. Se pensiamo: “Il mio capo non mi apprezza, non ottengo mai il riconoscimento che merito”, il disagio che proviamo nei confronti del nostro lavoro nasce all’incirca nello stesso momento in cui quel pensiero ci è passato per
la testa. Succede tutto in un istante. Il tempo necessario per
provare l’effetto di un pensiero è pari al tempo che passa tra
il momento in cui premiamo un interruttore e quello in cui si
accende la luce.
Gli effetti negativi del pensiero si manifestano nel momento in
cui ci scordiamo che il “pensiero” è una funzione della nostra
consapevolezza, un’abilità di cui disponiamo in quanto esseri
umani. Siamo noi gli artefici del nostro pensiero. Non si tratta di
qualcosa che ci capita, ma di qualcosa che creiamo. Arriva dal
nostro interno, non dall’esterno. È quel che pensiamo a determinare ciò che vediamo, sebbene spesso sembri il contrario.
Prendiamo per esempio un atleta che “delude la propria squadra” commettendo un errore cruciale durante l’ultima partita
del campionato prima del suo ritiro. Per anni, dopo aver detto
addio allo sport, gli capita di rimuginare di tanto in tanto su
quell’errore. Quando la gente gli chiede: “Perché sei sempre depresso?”, lui risponde: “Sono stato così stupido a fare un errore
del genere. Come altro dovrei sentirmi?”. Questo atleta non
capisce di essere l’artefice dei suoi stessi pensieri, né capisce che
la causa della sua sofferenza sono proprio quei pensieri. Se provassimo a suggerirgli che sono i pensieri a renderlo depresso, in
tutta onestà ci risponderebbe: “Non è vero. Sono depresso perché ho commesso quell’errore, non perché ci penso. In effetti,
ormai non ci penso quasi più. Sono semplicemente arrabbiato
per com’è andata.”
All’errore dell’atleta possiamo sostituire un qualsiasi altro tipo
di esempio: una relazione passata, una attuale che sta naufra25
gando, una cantonata finanziaria, parole dure che abbiamo detto per ferire qualcuno, critiche rivolte a noi stessi, il fatto che i
nostri genitori non fossero perfetti, che abbiamo scelto la carriera o il compagno sbagliati, o chissà che altro. In ogni caso, è
sempre la stessa storia. Sono i nostri pensieri e non le circostanze a determinare i sentimenti che proviamo. Da un momento
all’altro, ci scordiamo che siamo noi i responsabili di ciò che
pensiamo, che siamo noi a dare origine ai pensieri, e così spesso abbiamo l’impressione che siano le circostanze a governare
le nostre sensazioni ed esperienze di vita. Di conseguenza, ci
sembra logico attribuire la colpa della nostra infelicità alle circostanze e riteniamo di non avere alcun potere sulla nostra vita.
Siamo noi gli artefici dei nostri pensieri
A differenza di altre funzioni e abilità che possediamo in quanto esseri umani, difficilmente ci ricordiamo che siamo noi gli
artefici dei nostri pensieri. È facile ricordarsi che la voce è il
prodotto della nostra capacità di parlare. Sarebbe praticamente
impossibile restare sorpresi dalla nostra capacità di linguaggio,
visto che sappiamo benissimo che siamo noi a produrre i suoni.
Possiamo gridare, strillare, sbraitare e infuriarci, ma il suono
della nostra stessa voce non potrebbe mai spaventarci.
Lo stesso si può dire della capacità di ingerire e digerire il cibo.
Non sarebbe possibile mangiare qualcosa e poi chiederci come
mai sentiamo un determinato sapore in bocca: sappiamo benissimo che siamo stati noi a metterci il cibo in bocca.
Ma con il pensiero è diverso. Una volta William James, padre
della psicologia americana, disse: “Il pensiero è il grande artefice della nostra esperienza.” Ogni esperienza e percezione nella
vita si basa sul pensiero. Il pensiero, che precede ogni cosa e
persiste in modo automatico, è la nostra funzione più basilare
e che ci tocca più da vicino. Abbiamo imparato in modo del
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tutto innocente a interpretare i nostri pensieri come se fossero
“reali”, ma il pensiero non è altro che un’abilità di cui disponiamo: siamo noi a generarlo. È facile credere che, se pensiamo
qualcosa, allora l’oggetto del nostro pensiero (il contenuto) corrisponde alla realtà. Una volta capito che il pensiero è un’abilità piuttosto che una realtà, saremo in grado di accantonare
qualsiasi pensiero negativo che attraversi la nostra mente. Così
facendo, comincerà a venire a galla un sentimento positivo di
felicità. Se continuiamo a essere un porto sicuro per i pensieri
negativi (prestando loro troppa attenzione o soffermandoci su
di essi), ci perderemo i sentimenti positivi e risentiremo degli
effetti della negatività.
Ecco un semplice esempio di come il pensiero possa essere
frainteso e di come un simile fraintendimento possa avere
un’influenza su di noi, artefici dell’equivoco. Facciamo finta
di rovesciare per sbaglio un bicchiere d’acqua al ristorante, di
alzare lo sguardo e vedere un uomo, due tavoli più in là, che
ci lancia quella che a noi sembra un’occhiata di disapprovazione. La nostra reazione è di rabbia. “Cosa vuole quello?”
pensiamo. “Non gli è mai caduto niente di mano? Che cretino!”. Ciò che pensiamo delle circostanze ci fa sentire frustrati e finisce per rovinarci il pomeriggio. L’incidente ci torna in
mente di continuo, a distanza di pochi minuti, e quando ci
pensiamo, ci arrabbiamo. Ma la verità è che quell’uomo non
aveva nemmeno visto che avevamo rovesciato l’acqua. Era
perso nel proprio mondo, ripensava a un errore che aveva
commesso al lavoro quel giorno. Non avrebbe potuto importargliene di meno di noi. In effetti, non sapeva nemmeno
della nostra esistenza.
Sfortunatamente, tutti noi ci siamo ritrovati molte volte in una
situazione simile. Ci scordiamo che si tratta solo dei nostri
pensieri. Ci riempiamo la testa di informazioni false che poi
interpretiamo come se fossero “reali” invece di semplici “pen27
sieri”. Se solo riuscissimo a tenere sempre a mente che siamo noi
gli artefici dei nostri pensieri! Sapendo che, nel momento in cui
pensiamo qualcosa, ne avvertiamo gli effetti, come nell’esempio
del ristorante ci saremmo resi conto che a infastidirci non erano i pensieri di qualcun altro, ma i nostri.
Comprendere il Principio del Pensiero e il modo in cui si applica all’esperienza umana è un dono prezioso. Non dobbiamo
essere sempre in conflitto con l’ambiente e le persone che ci
circondano. Possiamo mantenere un sentimento positivo di
felicità perché non ci sentiamo più costretti a prendere davvero sul serio ogni pensiero che ci passa per la testa. Pur non
avendo alcun tipo di controllo sulle azioni di un’altra persona,
una volta capito che quello che pensiamo sono solo “pensieri” e che non corrispondono alla “realtà”, saremo in grado di
rimanere immuni dagli effetti nefasti di ciò che pensiamo di
quella persona. Sono i pensieri, e non le circostanze, a determinare i nostri sentimenti, e l’assenza di pensieri negativi suscita sentimenti positivi.
Se non capiamo questo Principio, ci sembrerà che il pensiero
sia determinato da ciò che accade nel mondo esterno. Ma in
realtà è il contrario. È il pensiero a modellare la nostra esperienza di vita. Il modo in cui pensiamo qualcosa, e soprattutto
il rapporto che instauriamo con ciò che pensiamo, determinano
l’effetto che i pensieri hanno su di noi. Le circostanze esterne di per sé sono neutre. Solo il pensiero attribuisce loro un
significato. Ecco perché, come spesso accade, la stessa identica circostanza può avere un significato del tutto diverso per
persone diverse. Nell’esempio del ristorante, se avessimo accantonato i pensieri negativi, non avremmo nemmeno fatto
caso all’incidente. Se instaurassimo un rapporto sano con la
nostra capacità di pensare, potremmo continuare ad avere dei
pensieri, ma senza seguirne il “corso”, e non permetteremmo
loro di turbarci.
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Il rapporto con il nostro pensiero
La visione che ogni persona ha del rapporto tra pensiero e realtà può essere espressa graficamente come una linea retta:
“I miei pensieri ____________ “I miei pensieri
rappresentano la realtà.”
non sono altro che pensieri.”
A un estremo abbiamo il pensiero visto come “realtà”. Da un
punto di vista clinico, si tratta della visione di una persona psicotica, che non userebbe mai la parola “pensiero”. Un soggetto
psicotico vive davvero ogni pensiero come se fosse reale. Non
vede alcuna differenza tra il pensiero e la realtà. Se pensa di
sentire delle voci che gli dicono di buttarsi dalla finestra, si
butta; se pensa di vedere un mostro, scappa. A prescindere dal
contenuto dei suoi pensieri, il soggetto psicotico crede che essi
corrispondano alla realtà, nel cento per cento dei casi.
All’estremo opposto della linea retta si trovano le persone che
hanno compreso il processo del pensiero e incarnano la salute
mentale e la felicità; non prendono troppo sul serio i propri
pensieri né quelli degli altri, di rado si lasciano abbattere o rovinare la giornata da ciò che pensano. Chi si trova a questo
capo della linea può avere in testa qualsiasi tipo di pensiero e
sapere comunque che “non è altro che un pensiero”.
La maggior parte di noi si trova in un qualche punto tra i due
estremi. Pochi prendono i propri pensieri talmente sul serio da
essere considerati degli psicotici. Ma, cosa molto più sorprendente, pochissimi capiscono appieno la natura del pensiero e
possono posizionarsi all’estremo giusto della linea. La maggior
parte di noi non capisce di essere l’artefice dei propri pensieri
e che siamo noi stessi a generarli. A volte può anche capitare
che ce ne rendiamo conto, ma solo in modo selettivo. La mente
29
crea numerose eccezioni a questo Principio, negandoci così la
comprensione di cui abbiamo bisogno per metterlo in pratica
nella vita. Per esempio, prendiamo un giorno in cui ci sentiamo
giù e pensiamo: “Non riuscirò mai a portare a termine questo
progetto.” Piuttosto che dirci: “Oh, ecco che i miei pensieri ripartono in quarta” ponendo fine all’istante alla negatività, continuiamo a seguire il corso dei nostri pensieri. Ci diciamo: “Lo
sapevo fin dall’inizio, non avrei mai dovuto mettermi alla prova
con questo progetto, non sono mai stato bravo a fare questo
tipo di lavoro e non ci riuscirò mai” e così via. Una corretta
comprensione del Principio del Pensiero ci permette di interrompere questi “attacchi del pensiero” prima che ci distruggano
del tutto. Proviamo a immaginare questi pensieri come un disturbo su uno schermo televisivo, come un’interferenza. Non c’è
ragione di studiare e analizzare le interferenze su uno schermo
e, allo stesso modo, non c’è ragione di studiare le interferenze
nei nostri pensieri. Senza una corretta comprensione del Principio del Pensiero, la minima interferenza nella nostra mente
può crescere a dismisura fino a rovinarci la giornata o persino
la vita intera. Una volta considerati i pensieri negativi come un
disturbo o un’interferenza, potremo accantonarli perché non
servono più a soddisfare le nostre esigenze. Nell’esempio citato,
i pensieri negativi sul fatto di non avere le capacità per portare
a termine il progetto non ci aiuteranno di certo a completarlo.
Tutti noi generiamo un flusso ininterrotto di pensieri, ventiquattro ore al giorno. Un pensiero dimenticato, è andato. Nel momento in cui lo ripensiamo, torna presente. Ma in ogni caso resta
sempre e solo un pensiero. In poche parole, significa che pensare
qualcosa non vuol dire che dobbiamo prenderci a cuore qualsiasi
pensiero e reagire in modo negativo. Dobbiamo scegliere i pensieri ai quali vogliamo reagire.
La maggior parte delle persone è in grado di comprendere
questo Principio e di applicarlo agli altri, ma non a se stesse.
30
Prendiamo il caso di un automobilista frustrato in autostrada.
Una macchina gli taglia la strada, rischiando di provocare un
incidente. Nella sua mente si forma un pensiero: “Voglio uccidere il conducente di quella macchina.” Siamo in presenza di
un pensiero che gli ha attraversato la mente. La maggior parte
di noi lo accantonerebbe come un pensiero stupido. Piacerebbe
a tutti che ciascun automobilista guidasse con più attenzione, ma non prenderemmo mai troppo sul serio quel pensiero
violento. Tuttavia, un soggetto psicotico non è in grado di accantonarlo così facilmente perché crede fermamente che ogni
pensiero che ha in testa corrisponda alla realtà e debba essere
preso sul serio.
Per quanto possiamo simpatizzare (se non ridere) con un pensiero del genere senza prenderlo sul serio, in forme ed estremi diversi ci ritroviamo tutti a pensare cose simili centinaia di
volte al giorno. Ognuno di noi, a proprio modo, confonde il
pensiero con la realtà. Riusciamo a considerare i pensieri degli
altri (vedi quello dell’automobilista in autostrada) come “semplici pensieri”, ma non siamo quasi mai in grado di considerare
i nostri allo stesso modo. Perché i nostri pensieri ci sembrano
così reali? Perché siamo noi a generarli.
Mai prendere i propri pensieri
troppo sul serio
Una persona potrebbe stare in pena pensando: “Mi chiedo se
gli piaccio, scommetto di no.” Eppure riconoscerebbe senza
difficoltà che il pensiero dell’automobilista in autostrada “non
era altro che un pensiero”. La maggior parte di noi ritiene che
i propri pensieri meritino di essere considerati con seria attenzione e interesse, ma quando si tratta di quelli di un altro,
allora li considera come semplici pensieri che non meritano
attenzione. Perché? Ancora una volta, perché il nostro pensiero
31
modella la realtà dall’interno e ci tocca così da vicino che è
facile dimenticarsi che siamo noi a crearlo. Il pensiero ci aiuta
a trovare un senso a ciò che vediamo: ne abbiamo bisogno per
sopravvivere nel mondo e per dare un significato alla vita. Tuttavia, se comprendessimo appieno la vera natura e lo scopo del
pensiero, non avremmo bisogno di prendere a cuore (o troppo
seriamente) tutto ciò che ci capita di pensare. Prenderemmo
tutto meno sul serio.
Il pensiero non corrisponde alla “realtà” ma è un semplice tentativo di interpretare una situazione. La personale interpretazione di ciò che vediamo dà origine a reazioni emotive che non
sono il risultato di ciò che ci accade, ma derivano dal nostro
pensiero, dal nostro sistema di credenze.
Per spiegare meglio questo concetto prendiamo in considerazione l’esempio dell’arrivo di un circo in città. Per le persone e
le famiglie che amano questo genere di spettacolo, è motivo di
festa. Per chi non ama il circo, l’aumento del traffico e la confusione sono motivo di preoccupazione. Di per sé il circo è neutro, cioè non causa reazioni né positive né negative. Potremmo
trovare anche molti altri esempi. Una volta afferrato il concetto,
il pensiero può rivelarsi un dono enorme per aiutarci a vivere.
Per contro, possiamo anche diventare vittime dei nostri pensieri, peggiorando la qualità della nostra vita. Dal momento che
i nostri pensieri cambiano continuamente, la vita può trasformarsi in una lotta, se non in un campo di battaglia.
In apparenza, il livello di felicità che proviamo aumenta e diminuisce in base alle circostanze in cui ci troviamo. In realtà,
non sono le circostanze a determinare il nostro livello di benessere, ma il modo in cui le interpretiamo. Ecco perché circostanze identiche possono significare cose diverse per persone
diverse. Imparando a considerare i pensieri negativi come una
sorta di interferenza mentale, la smetteremo di prestare loro
così tanta attenzione.
32
Comprendere la natura del pensiero ci permette di vivere in
uno stato di pace neutro, caratterizzato da un sentimento di
felicità e appagamento spensierato. Quando distogliamo l’attenzione da ciò che pensiamo, soprattutto quando si tratta di
pensieri negativi, ci ritroviamo con un sentimento positivo di
tranquillità. Ciò non significa in alcun modo che non è necessario pensare, anzi, dobbiamo farlo. Significa solo che non vale
la pena di soffermarsi sui pensieri negativi (che provocano angoscia e sofferenza) perché ci distolgono da quello che cerchiamo: la felicità. Con un simile appagamento, nella nostra mente
si viene necessariamente a creare uno spazio in cui si insinuano
pensieri nuovi e creativi, permettendoci di recuperare quella
visione basata sull’effetto flou (o soft focus) tipica dell’infanzia
che riporta la meraviglia e l’avventura nella nostra vita.
L’effetto flou ci permette di ascoltare gli altri in modo amorevole. Ci permette anche di ascoltare le critiche senza infastidirci, perché non analizziamo più le informazioni: ci limitiamo a
incamerarle.
In definitiva, il rapporto che instauri con il pensiero determina
il tuo livello di salute mentale e di felicità. Pensi che un pensiero debba essere preso sul serio solo perché ti è venuto in mente?
O hai capito che il pensiero è un prodotto della tua natura di
essere umano e che non devi confonderlo con la realtà? Sei in
grado di avere dei pensieri e passare oltre, con l’effetto flou, o
ti senti costretto a prenderli in considerazione e ad analizzarli?
Laura e Steve
Laura è in macchina e sta andando a trovare il suo ragazzo,
Steve. Durante il tragitto, in radio sente parlare del numero di
matrimoni che finiscono con un divorzio. Allora comincia a
pensare: “Chissà se Steve e io ci sposeremo. Chissà se ne vale la
pena. Il nostro sarebbe un buon matrimonio? Steve assomiglia
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molto a suo padre, che è divorziato. Arriva spesso in ritardo
e tende a lavorare troppo. Chissà se tiene a me quanto al suo
lavoro. Chissà se terrà ai nostri figli quanto al suo lavoro.” E
continua a rimuginare.
I pensieri di Laura si sono sviluppati in modo automatico, nello spazio di un istante. Mettiamo ora a confronto gli effetti
di tali pensieri in base al rapporto che Laura ha con essi. In
primo luogo, facciamo finta che Laura (come la maggior parte
delle persone) creda che, quando le viene in mente una cosa,
sia giusto considerarla con attenzione e prenderla sul serio.
Laura non è del tutto consapevole del fatto di essere l’artefice
dei suoi pensieri, e presume che il loro contenuto debba necessariamente avere una certa rilevanza. Pensa dunque che il
timore sorto per la propria relazione sia giustificato e decide di
sollevare la questione con Steve. Poi passa il resto del tragitto
a preoccuparsi.
Prendiamo ora in considerazione un’alternativa e supponiamo
che Laura sappia che sono i pensieri a creare l’esperienza di
vita. La sua mente è attraversata dagli stessi identici pensieri
del caso precedente e, per un attimo, lei comincia ad avvertirne
l’effetto negativo. Poi però si ricorda che sono stati i pensieri, e
non Steve, a farla preoccupare per la loro relazione che, fino a
quel momento, andava alla perfezione. Qualche secondo prima, quando ancora non aveva sentito la notizia alla radio, stava
riflettendo proprio sul fatto che le cose tra loro andavano alla
grande; era in quel piacevole stato in cui ci si limita a pensare
senza analizzare ciò che si pensa. Ora ride tra sé e sé, grata di
non essere più vittima dei propri pensieri. Passa in modalità
“effetto flou” e li accantona. E trascorre il resto del tragitto a
godersi la sua musica preferita e la sua felicità.
34
L’opzione di agire in base ai propri pensieri
La maggior parte di noi presume che ci sia un motivo ogni volta
che ci salta in mente qualcosa. Lo consideriamo una rappresentazione della realtà a cui dedicarci e prestare attenzione. Tuttavia,
una volta compreso il Principio del Pensiero, sappiamo che si
tratta di una convinzione errata della nostra mente. Se ci viene
in mente qualcosa, dobbiamo riconoscerlo per quello che è: un
pensiero di passaggio. Ciò non significa che non possiamo, o non
dobbiamo, riflettere o agire in base a ciò che pensiamo, ma che
abbiamo a disposizione un’altra opzione. Ogni giorno la mente è
attraversata da migliaia di pensieri e, come dice il Principio che
analizziamo in questo capitolo, nessuno è più importante degli
altri; ognuno non è altro che un pensiero. Quando questo Principio ci sarà chiaro, i nostri pensieri non avranno più il potere di
determinare in tutto e per tutto la qualità della nostra vita. Al
contrario, potremo scegliere di mantenere quello stato caratterizzato da sentimenti piacevoli che deriva dall’effetto flou.
Il motivo per cui siamo in grado di guardare un film sconvolgente o spaventoso e poi andare tranquillamente a mangiare
fuori è che lasciamo sempre una certa distanza tra noi e il
film. Sappiamo che è solo finzione. Una volta che il film è
finito, basta, è finito. Non è più con noi e possiamo andare
avanti con la nostra vita. Lo stesso vale per il pensiero. È solo
nella nostra mente. Una volta che un pensiero ci esce dalla
testa, è andato, almeno finché non ci pensiamo di nuovo. Non
abbiamo nulla da temere dal pensiero, purché capiamo che
non è altro che un pensiero.
Forse, l’errore più grande che puoi commettere nell’interpretare questo Principio è credere che l’obiettivo sia controllare
ciò che pensi. In verità, l’obiettivo è comprendere il pensiero
per ciò che è: un’abilità di cui disponi e che modella la realtà dall’interno. Niente di più, niente di meno. I pensieri non
determinano in modo definitivo la qualità della tua vita, ma
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piuttosto il rapporto che instauri con ciò che pensi: il modo in
cui crei i pensieri e reagisci a essi. Come percepisci il pensiero:
come realtà o per quello che è?
Un’analogia con i sogni
Capita spesso di svegliarsi al mattino e dire: “Wow, ho fatto un
sogno che sembrava proprio vero.” Ma, per quanto sembrasse
reale, sappiamo che era solo un sogno. Quindi se sognassimo
di portare la macchina a riparare dal meccanico e di ritirarla in
condizioni peggiori, non andremmo a lamentarci in un’officina.
Sappiamo che i sogni non sono altro che pensieri che facciamo
nel sonno. Applicando lo stesso ragionamento ai pensieri fatti
da svegli, che sembrano anch’essi reali nel momento in cui si
manifestano, non avremo più bisogno di considerarli veri.
I due aspetti del pensiero
Il pensiero presenta due aspetti molto importanti da comprendere. Il primo consiste nel fatto che siamo noi a pensare, che
siamo noi a disporre di questa funzione umana: non si tratta
tanto di ciò che pensiamo (del contenuto), ma della consapevolezza che siamo noi a pensare e a generare i pensieri che ci
attraversano di continuo la mente. Il secondo aspetto, quello di
cui si discute di solito, è il contenuto, ovvero ciò che pensiamo.
C’è una grande differenza tra questi due aspetti. I sostenitori
del pensiero positivo suggeriscono di fare il più possibile pensieri positivi e di evitare del tutto quelli negativi. Anche se è
vero che i primi ci fanno sentire meglio rispetto ai secondi,
il concetto del pensare positivo è sbagliato, perché si basa sul
presupposto che il pensiero, in sé e per sé, contenga una realtà
di cui dobbiamo preoccuparci. Ma, positivo o negativo che sia,
il pensiero resta comunque una semplice funzione.
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Una volta compreso il pensiero per quello che è veramente, vedremo anche i pensieri positivi e negativi per quello che sono.
Chi pensa positivo vive sotto la costante pressione di dover fare
solo pensieri positivi, cosa che richiede uno sforzo e una concentrazione enormi e lascia poche energie per pensieri nuovi e
creativi. Quando la mente è attraversata da pensieri negativi (e
prima o poi accade di certo), ci vediamo costretti a negare la
loro esistenza e a scavalcarli con pensieri positivi.
Al contrario, chi ha compreso la natura del pensiero non sente
la pressione di dover dare un contenuto specifico a quello che
pensa. Considera il pensiero per quello che è: una funzione
della coscienza, un’abilità volontaria che modella la propria
esperienza di vita. Ciò significa forse che le persone che sanno che il pensiero è solo una funzione pensano intenzionalmente in modo negativo? Assolutamente no. Né tantomeno
significa che la loro mente non sarà mai attraversata da pensieri negativi. Semplicemente, queste persone hanno capito
che i pensieri negativi, in sé e per sé, non hanno il potere di
ferirle. Per loro, positivi o negativi che siano, i pensieri non
sono altro che pensieri.
La storia di Stacey
In quanto semplice funzione della coscienza, il pensiero è privo
di contenuto finché non siamo noi a dargliene uno. Le nostre convinzioni e idee sulla vita, i presupposti fondamentali e
le opinioni che nutriamo determinano il contenuto dei nostri
pensieri, che però di per sé sono innocui. Restano dei concetti
vuoti fino a quando non siamo noi a riempirli di significato.
Supponiamo che Stacey sia cresciuta con una baby sitter, assunta a tempo pieno dai suoi genitori per aiutarli a prendersi
cura di lei. Una volta cresciuta, Stacey si convince che per essere un buon genitore la cosa più importante sia passare più
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tempo possibile con i figli. Un giorno, mentre pensa ai genitori,
le viene in mente che forse loro non le hanno prestato tutta
l’attenzione che avrebbero dovuto. Dopotutto, hanno assunto
una baby sitter per badare a lei. Perché non hanno voluto occuparsi personalmente della propria figlia? Forse non tenevano a
lei tanto quanto dicevano.
Ma come fa Stacey a saperlo? Su cosa si basa la sua conclusione? Chi è stato ad attribuire un contenuto specifico al suo
pensiero sull’essere genitore? È stata lei stessa. Le è venuto in
mente un pensiero sui suoi genitori (inizialmente un pensiero
semplice), fino a quando non gli ha attribuito un contenuto di
questo tipo: “Forse i miei non tenevano a me tanto quanto ho
sempre pensato.” A prescindere dal fatto che Stacey abbia un
rapporto perfettamente sano e affettuoso con entrambi i genitori, le è venuto in mente quel pensiero. Se lo prende sul serio e
ci crede, di certo si sentirà di cattivo umore. Potrebbe parlarne
con gli amici, con il marito o, se davvero le sembrasse importante, persino con i genitori e litigare con loro. In effetti, stando
alla psicologia popolare, dovrebbe fare proprio così: analizzare
l’interferenza e poi agire in base a essa. Si pensa che sia una
buona idea togliersi un peso dallo stomaco ed esprimere i propri sentimenti, ma è sempre così? Se Stacey sapesse davvero
da dove arrivano i suoi sentimenti, sceglierebbe comunque di
sollevare la questione con i genitori?
In questo caso, come in molti altri, la sofferenza deriva da un
semplice fraintendimento della natura del pensiero. Invece di
considerare il pensiero come un’attività ininterrotta, Stacey
tende a prendersi a cuore i propri pensieri. Se capisse le ragioni
di quello che è successo, potrebbe accantonare i pensieri negativi sul modo in cui è stata cresciuta, permettersi di conservare
uno stato d’animo positivo e di sentirsi sicura della propria vita.
Nel corso dei prossimi tre capitoli torneremo di nuovo sulla
storia di Stacey e della baby sitter a tempo pieno, per dimostra-
38
re come i cinque Principi agiscano sinergicamente gettando le
basi per una vita felice.
I sistemi di pensiero
Tutti i vecchi pensieri sono ammassati nel nostro “sistema di
pensiero”, un’unità indipendente attraverso la quale vediamo il
mondo. Ogni decisione, reazione e interpretazione che abbiamo è pregna del nostro sistema di pensiero individuale.
Questo sistema è una sorta di filtro attraverso cui passano le
informazioni, prima ancora che ne diventiamo consapevoli. È
uno schema di pensiero complesso e perfettamente intrecciato,
in cui idee, convinzioni, speranze e opinioni sono tutte collegate tra loro. È il nostro sistema di pensiero che ci permette di
confrontare fatti o situazioni nuovi con ciò che abbiamo appreso con l’esperienza.
Il sistema di pensiero contiene tutte le informazioni accumulate nel corso della vita e le sfrutta per interpretare il significato
relativo a ciò che ci capita. In questo senso, un sistema di pensiero è la fonte del pensiero condizionato. Nel momento in cui
facciamo affidamento sul nostro sistema, pensiamo in maniera
abituale, nel nostro solito modo di vedere le cose. È proprio qui,
nel sistema di pensiero, che si forma il nostro modo abituale di
reagire alla vita.
Nei sistemi di pensiero è racchiusa la visione che ognuno di
noi si è fatto della propria esistenza. Si tratta dei meccanismi
psicologici che ci convincono di avere ragione, di aver capito
correttamente o di avere tutto il diritto di agire in un determinato modo. I sistemi di pensiero sono per natura ostinati e
non amano subire alterazioni. Non hanno bisogno di conferme
dall’esterno. Se il tuo sistema di pensiero nutre la convinzione
che il sistema scolastico del tuo Paese sia deleterio e rappresen39
ti la causa della maggior parte dei problemi dello Stato, allora
potrebbe verificarsi il seguente scenario. Leggendo il giornale, a pagina trentasei ti imbatti in un articolo verso il fondo
della pagina che dice: “Ventuno studenti non superano il test
Invalsi.” Ti scappa un sorriso: ecco l’ennesima dimostrazione
del fatto che hai ragione. Mostri l’articolo alla tua dolce metà:
“Vedi, tesoro, la scuola sta cadendo a pezzi. Proprio come dico
sempre io.” Ma non sai che la prima pagina dello stesso giornale riporta il titolo: “Risultati dei test Invalsi migliorati del
17 per cento negli ultimi cinque anni!”. Ma tale è la natura dei
sistemi di pensiero. A causa dei collegamenti che si stabiliscono a livello mentale, avremo sempre l’impressione che ci sia un
nesso logico tra le diverse cose che percepiamo come vere. Ci
sembrerà che le nostre convinzioni abbiano sempre perfettamente senso all’interno del nostro sistema di pensiero.
Il nostro sistema di pensiero ci porta a credere che siamo realisti
e che la vita sia davvero come la vediamo. I sistemi di pensiero
non sono per niente turbati dal fatto che la stessa situazione
possa essere considerata un’opportunità da una persona e un
grosso problema da un’altra altrettanto intelligente. Il sistema
di ognuno di noi accantona punti di vista diversi come se fosse
fuori strada, magari mossi da buone intenzioni, ma comunque
sia sbagliati, oppure non abbastanza giusti.
I sistemi di pensiero, pieni delle nostre esperienze passate e
delle informazioni accumulate nel corso della vita, ci incoraggiano a continuare a vedere le cose nello stesso modo. Abbiamo sempre reazioni negative (o positive) alle stesse situazioni
o circostanze e interpretiamo le esperienze attuali in base a
quelle passate. Chi crede che gli altri siano per natura critici si
terrà sulla difensiva ogni volta che riceve un suggerimento, a
prescindere dal fatto che la persona che glielo dà lo intenda o
meno come una critica. Questo sarà il tema ricorrente della sua
vita, a meno che (e fino a che) non comprenderà la natura dei
40
sistemi di pensiero, e in particolare del suo. Una volta compreso
questo concetto, capirà che non è la realtà o la verità, quella che
vede, ma un’interpretazione della realtà che è generata dal suo
modo di pensare.
Dato che i nostri sistemi di pensiero ci appaiono tanto familiari, crediamo che ci forniscano informazioni vere e accurate.
Visto che non hanno bisogno di conferme dall’esterno, accettiamo le idee che ci sembrano familiari e non teniamo conto di
tutto il resto. Ecco perché di rado la gente cambia idea in fatto
di politica e religione, e perché esita a discuterne persino con
amici e familiari. Ognuno “conosce la verità” ed è in grado di
portare esempi e argomenti a favore delle proprie affermazioni.
E “sa” anche che amici e familiari “non sanno qual è la verità” e
che, essendo ostinati, probabilmente non la conosceranno mai.
Sappiamo bene cosa succede quando ci si scontra con altri sistemi di pensiero: di solito la frustrazione regna sovrana. Ecco
perché la gente gravita attorno a persone che condividono le
sue stesse convinzioni e perde la pazienza con gli altri.
Comprendere la natura dei sistemi di pensiero può aiutarci a
cambiare le cose. Una volta che sappiamo che gli altri (e noi
stessi) interpretano in tutta innocenza le proprie convinzioni
come vere, possiamo abbandonare la necessità di avere sempre
ragione. Ci rendiamo conto che le nostre convinzioni non sono
altro che una funzione basata su condizionamenti ed esperienze passati. Se avessimo avuto un passato diverso, adesso vedremmo la vita in modo diverso. Allo stesso modo, anche le
convinzioni degli altri sono il risultato delle loro esperienze
passate. Se le cose fossero andate diversamente, sarebbe emersa
una serie di convinzioni del tutto differente.
“Sarà anche vero” potresti obiettare, “ma la mia visione della
vita è buona, e non solo continuo a credere che sia accurata,
ma non la cambierei nemmeno se potessi.” Il punto qui non è
cambiare il proprio sistema di pensiero o le proprie idee sul41
la vita, ma comprendere la loro natura arbitraria. Per sentirci
meno frustrati dobbiamo solo accettare l’esistenza dei sistemi di
pensiero, non alterarne i contenuti. Se non capiamo i sistemi di
pensiero, difficilmente saremo in grado di ascoltare altri punti di vista. Interpreteremo quello che gli altri dicono e fanno
in base a ciò che già sappiamo. Recepiremo le informazioni e
decideremo quali hanno senso in base alla nostra conoscenza
pregressa. A meno che non si tratti di informazioni su cui ci
troviamo già d’accordo, il nostro sistema di pensiero tenderà a
scartarle. Di norma, il nostro sistema di pensiero non gradisce
l’ingresso di nuove informazioni. Ecco perché avvenimenti e
circostanze sempre uguali possono continuare a darci fastidio
per tutta la vita: abbiamo sviluppato relazioni ricorrenti di causa-effetto tra determinati avvenimenti e reazioni.
Per esempio, potremmo pensare che ogni volta che qualcuno ci
dà un suggerimento lo faccia perché non ci approva come persona. Non mettiamo in dubbio questa ipotesi perché il nostro
sistema di pensiero fa di tutto per avvalorarla; perciò ci apparirà
sempre come un’ipotesi corretta e accurata sulla natura umana.
Anche se quella persona ci assicura che siamo completamente
fuori strada, ci convinciamo che abbia dei secondi fini o che
non sia consapevole dell’ostilità che prova nei nostri confronti.
Anche se ci vorrà del tempo, cercheremo di convalidare ciò che
crediamo per dimostrare di avere ragione, malgrado il prezzo
da pagare sia la nostra felicità.
Invece, capendo la natura dei sistemi di pensiero, potremo cominciare a guardare oltre e a percepire il valore di punti di vista
diversi dal nostro. Quelle che prima ci sembravano critiche, ora
sono solo opinioni di un’altra persona che ha un proprio sistema di pensiero. In pratica, possiamo eliminare dalla nostra vita
le discussioni che non portano a niente e cancellare del tutto i
sentimenti di risentimento, confusione o rabbia nei confronti
di chi non vede le cose come noi. In effetti, una volta capita la
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natura ostinata dei sistemi di pensiero, arriviamo persino ad
aspettarci che gli altri non la pensino come noi.
Bob e Carol, Ted e Alice
La coppia A, Bob e Carol, conosce i sistemi di pensiero, mentre
la coppia B, Ted e Alice, non li conosce.
Bob e Carol hanno un figlio piccolo a cui entrambi vogliono
molto bene. Bob, nel tentativo sincero di alleggerire la moglie
da qualche responsabilità, si offre di prendere un permesso dal
lavoro per portare il bambino dal dottore per la vaccinazione.
Non pensa che sia la parte più divertente del crescere i figli,
ciononostante si offre di farlo. Carol, secondo la quale la disponibilità del marito a portare il bambino dal dottore è un modo
importante di dimostrarle il suo amore, apprezza lo sforzo e lo
ringrazia, ma declina l’offerta. Sa che il sistema di pensiero di
Bob prevede modi diversi di dare aiuto rispetto al suo. Ma, cosa
più importante, Carol è consapevole di avere un proprio sistema di pensiero, con bisogni, opinioni e desideri diversi relativi
all’essere madre. In tutta tranquillità decide di andare personalmente dal dottore.
Coppia B: stesso scenario, ma diverso livello di comprensione.
Ted, che ama il proprio figlio quanto Bob, offre alla moglie
lo stesso tipo di aiuto. Alice però non sa cosa sia un sistema
di pensiero. Per lei, un’offerta di questo genere esprime solo
un messaggio di sfiducia nei confronti del suo ruolo di madre.
Non proporrebbe mai questo tipo d’aiuto alle amiche (se non
in casi di emergenza) perché “sa” che portare il figlio a fare
la vaccinazione è uno dei requisiti di una madre responsabile.
Rispondendo al marito, lo accusa di non apprezzare le sue capacità di madre. Dato che, come Alice, anche Ted non conosce
i sistemi di pensiero, la definisce una “ingrata”. Segue un litigio,
ed entrambi finiscono per sentirsi infelici per giorni. Questo è
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solo un esempio delle tipiche discussioni che possono avvenire
quando non si comprendono i sistemi di pensiero.
Se Ted o Alice li avessero conosciuti, il litigio non avrebbe mai
avuto luogo. La moglie avrebbe ascoltato l’offerta del marito e,
a prescindere da come la pensasse, avrebbe risposto: “No, grazie. Preferisco andarci io” o qualcosa di simile. Se Ted, a sua
volta, avesse conosciuto i sistemi di pensiero, avrebbe stroncato sul nascere il problema, conscio del fatto che la reazione di
Alice era un prodotto del suo personale sistema di pensiero.
Avrebbe espresso il proprio desiderio di aiutarla senza mettersi
sulla difensiva, ma con amore. Anche se Alice non avesse reagito in modo consono alla sua spiegazione affettuosa, Ted non
si sarebbe sentito attaccato sul piano personale. Al contrario,
avrebbe capito che il problema era dovuto alla divergenza tra i
loro sistemi di pensiero intenti a giocare a ping-pong, che poi
è esattamente quello che è accaduto. Due sistemi di pensiero
non possono vedere le cose allo stesso modo, proprio come due
persone che parlano lingue diverse non possono capirsi senza
l’aiuto di un interprete.
È interessante notare come le due donne fossero ugualmente
risolute a portare personalmente il bambino dal dottore. La
diversità del loro comportamento non è dipesa da opinioni
o circostanze diverse, ma dalla loro conoscenza dei sistemi
di pensiero. Carol sapeva che la sua opinione derivava dal
proprio sistema di pensiero, mentre Alice era convinta che
provenisse dal fatto stesso di essere madre. Riteneva che certi
doveri intrinseci di una buona madre fossero più importanti
di altri, e per questo ha interpretato la proposta del marito di
condividere le responsabilità come una critica nei confronti
delle sue capacità genitoriali.
Una volta compreso il funzionamento dei sistemi di pensiero,
potremo evitare questo tipo di discussioni inutili e l’infelicità
che provocano.
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CAPITOLO DUE
Il Principio
degli STATI d’ANIMO
Il tempo raffredda, il tempo chiarifica;
nessuno stato d’animo si può mantenere
del tutto inalterato nello scorrere delle ore.
Thomas Mann
C
osì come, in quanto esseri umani, pensiamo senza
sosta, anche il nostro livello di consapevolezza del
fatto che pensiamo cambia senza sosta. La costante
variazione della consapevolezza di noi stessi in quanto artefici
del pensiero definisce i cosiddetti cambiamenti di “stato
d’animo”. Su e giù, su e giù, ogni minuto, ogni giorno, il nostro
stato d’animo è sempre in movimento. Per alcune persone, si
tratta di alterazioni minime, per altre, di alterazioni estreme.
In entrambi i casi, resta il fatto che, dal punto di vista emotivo,
non rimaniamo mai fermi nello stesso posto troppo a lungo.
Non appena ci sembra che la vita scorra senza difficoltà, ecco
che il nostro stato d’animo precipita e la vita torna a sembrarci
45
in salita. Oppure, proprio quando abbiamo perso le speranze,
l’umore si risolleva e tutto torna a posto.
Quando sei di buonumore, la vita ti sembra bella. Vedi tutto
nella giusta prospettiva e con buonsenso. Le cose non sono
poi tanto difficili, i problemi spaventano meno e sono più
facili da risolvere. I rapporti vengono gestiti con facilità e la
comunicazione con gli altri è semplice e garbata. Quando
sei di cattivo umore, invece, la vita appare insostenibile, seria
e difficile. Non hai la giusta prospettiva, hai l’impressione
che gli altri ti abbiano preso di mira. Prendi le cose sul personale e spesso fraintendi le persone che ti circondano. Le
caratteristiche degli stati d’animo sono universali. Valgono
per tutti. Nessuno al mondo si sente felice, spensierato e in
vena di scherzare se è di cattivo umore, e viceversa nessuno
si sente depresso, sulla difensiva, arrabbiato e ostinato se è
di buonumore.
I continui cambiamenti degli stati d’animo
Le persone non si accorgono che lo stato d’animo cambia di
continuo. Al contrario, pensano che la vita sia peggiorata d’un
tratto nel giro di un giorno o di un’ora. Consideriamo l’esempio
di un cliente che, inizialmente, si era rivolto a me perché riteneva di avere seri problemi di coppia con la moglie. Venne nel
mio ufficio per due giorni consecutivi. Il primo era raggiante,
faceva persino lo spaccone mentre raccontava quanto si fosse
divertito con la moglie durante il fine settimana. Stando alle
sue parole, avevano riso, giocato, parlato e fatto passeggiate romantiche. Era visibilmente di buonumore. Il giorno seguente
si presentò per lamentarsi dell’ingratitudine della moglie nei
confronti di tutto quello che faceva per lei. “Non apprezza mai
niente di quello che faccio” disse. “È la persona più ingrata che
abbia mai conosciuto.”
46
“E che mi dice di ieri?” gli chiesi. “Non mi ha raccontato forse
di quanto fosse tutto meraviglioso tra voi?”
“Sì, ma mi sbagliavo di grosso. Mi prendevo in giro da solo,
come ho sempre fatto da quando siamo sposati. Penso che
chiederò il divorzio.”
Un’inversione così rapida e radicale può sembrare assurda, o
addirittura buffa, ma capita a tutti. Quando siamo di cattivo
umore perdiamo la capacità di ascoltare e gettiamo alle ortiche
la giusta prospettiva. La vita ci appare seria, grave e urgente.
Gli stati d’animo fanno parte
della condizione umana
Gli stati d’animo sono una condizione umana. Non si possono
evitare. Leggendo questo libro non smetterai di cambiarli, sarebbe
impossibile. È possibile invece imparare che gli stati d’animo fanno parte della natura umana. Piuttosto che rimanere impantanato
nel malumore, convinto di vedere la vita in modo realistico, potrai
imparare a mettere in discussione i tuoi giudizi quando ti trovi in
uno stato simile. Se lo stato d’animo cambia, anche la visione della
vita e dei diversi avvenimenti che la compongono cambierà. Devi
imparare ad andare oltre il malumore e a vederlo come una semplice condizione umana inevitabile che passerà con il tempo. Basta
lasciarla stare ed evitare di prestarle troppa attenzione.
Grazie al Principio degli Stati d’Animo, possiamo imparare ad
apprezzare i momenti positivi e a comportarci con gentilezza
in quelli negativi. Ciò è in netto contrasto con quello che fa la
maggior parte di noi quando il morale è basso: cerchiamo di
pensare, di capire e ci sforziamo di uscirne. Ma non è possibile,
proprio come non è possibile sforzarsi di divertirsi se siamo
costretti a fare qualcosa che non ci piace. Più ci sforziamo (o ci
pensiamo), più il morale precipita.
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Quando siamo di malumore, la vita ci appare seria e con un’impellenza intrinseca. Ecco perché molte persone affrontano discussioni serie in questo stato, ed è proprio uno dei problemi
principali di un rapporto. Basterebbe semplicemente riconoscere quando il morale (il nostro o quello degli altri) è basso per
cambiare il corso di un rapporto.
Un tipo di comportamento da parte dei nostri figli può piacerci quando siamo di buonumore, ma irritarci quando non
lo siamo. In questo caso però, una volta compreso il Principio
degli Stati d’Animo, non confonderemo i nostri figli accusandoli ingiustamente, se siamo di cattivo umore, per poi dover
spendere tempo ed energie a scusarci per le nostre parole o
azioni una volta ritrovata l’allegria. Lo stesso vale anche quando abbiamo a che fare con altre persone, in ogni situazione.
Dopo aver compreso il potere che gli stati d’animo esercitano
sulla prospettiva con cui vediamo il mondo, non dovremo più
cercare di reagire agli sbalzi d’umore o esserne vittime. Alla
fine impareremo a vedere le cose in modo molto diverso se le
lasciamo stare, per un po’.
Lo stato d’animo cambia, la vita no
Il buonumore, lo stato d’animo positivo, il funzionamento psicologico sano, insomma, “quella sensazione particolare”. In un
simile stato mentale, non hai bisogno in alcun modo di ricalibrare la mente: ti senti bene. Ma che succede quando invece non ti senti così? Capire il meccanismo degli stati d’animo
ti permette di recuperare in fretta uno stato sano dopo averlo
perso. Capendo che è l’umore (e non la vita) a cambiare all’improvviso, imparerai ad avere una prospettiva migliore, nuova,
che ti insegna a prendere meno sul serio i tuoi pensieri quando
non ti senti bene, a rallentare e a distogliere l’attenzione da
essi. Diventerai così più gentile e paziente nei confronti degli
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stati d’animo, il che ti aiuterà a recuperare il funzionamento
psicologico sano.
Ricordi la storia di Stacey e della baby sitter a tempo pieno?
Come cambierebbe la situazione se ci fosse una maggiore comprensione del Principio degli Stati d’Animo? A un’analisi più
attenta, vedrai che tutte le situazioni di questo tipo sono legate
agli stati d’animo. Quando è di malumore, Stacey, come chiunque altro, fa pensieri negativi sulla vita. Nell’esempio in questione, i suoi pensieri negativi riguardano i genitori che, quando
era piccola, hanno assunto una baby sitter a tempo pieno che
si occupasse di lei. Se il giorno prima, quando era di umore
migliore (stato d’animo positivo), qualcuno le avesse chiesto se
le fosse importato di quella vecchia storia, probabilmente si sarebbe messa a ridere. Forse avrebbe persino detto: “Anzi, è una
buona idea, magari dovrei farlo anche con i miei figli.”
So benissimo che a volte è possibile arrivare alle stesse conclusioni su situazioni diverse, a prescindere dallo stato d’animo.
Ma il modo in cui percepisci qualcosa dipende sempre dallo
stato d’animo in cui ti trovi. Anche se fosse stata di umore migliore, Stacey avrebbe comunque potuto pensare che assumere
una baby sitter a tempo pieno non fosse una buona idea, ma
non sarebbe stata influenzata in modo altrettanto negativo dai
propri pensieri.
Sarebbe utile per tutti noi essere sempre consapevoli del livello
del nostro umore, soprattutto quando è basso. Se Stacey avesse
capito di essere di malumore, si sarebbe aspettata la reazione
che ha avuto rispetto a quello che pensava della decisione dei
genitori. Avrebbe saputo che si trattava di una reazione dettata
dal malumore e che sarebbe stato meglio riconsiderare i propri
sentimenti in uno stato d’animo migliore.
Tutto appare diverso se lo stato d’animo è diverso. Grazie a
questo Principio, la compassione che proviamo per noi stessi o
per gli altri può aumentare drasticamente. Allora sapremo che,
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a volte, i nostri partner o amici vedranno il lato positivo o le
opportunità di una situazione e che, in altre occasioni, vedranno tutto come un problema potenziale o reale. Imparando a riconoscere lo stato d’animo degli altri, la smetterai di giudicarli
quando vedono il lato negativo della vita. Quando siamo di
malumore, vediamo tutti principalmente il lato negativo delle
cose. Comprendere questo Principio ti permetterà di ricordare
a te stesso: “Per forza che la vedono così, sono di malumore.”
Altrimenti gli altri ti sembreranno solo pessimisti, negativi o
poco lungimiranti, e ti scorderai che, appena un’ora prima, la
stessa persona vedeva la medesima circostanza in modo del
tutto diverso.
Prestando attenzione al livello di umore, d’un tratto ci rendiamo conto che in ogni dato momento è lo stato d’animo il
responsabile della nostra visione della vita. La stessa situazione
ci apparirà diversa con un umore migliore. Questa non è una
scappatoia per sottrarsi alle responsabilità, ma un fatto della
vita valido per ogni situazione in cui ci siamo trovati (o in cui
ci troveremo) coinvolti.
Non prendere il malumore troppo sul serio
Se non capiamo il potere degli stati d’animo, tendiamo a prendere troppo sul serio quello che il partner (o chiunque altro) ci
dice. Una volta compreso questo Principio, ci renderemo conto
che è proprio lo stato d’animo a farci vedere i problemi dove
non ci sono. Più tempo passiamo con qualcuno, più possibilità
avremo di vederlo di malumore. E, in questo caso, chiunque
potrebbe dirci cose che non vorremmo sentire.
I problemi di coppia più gravi sono semplicemente dovuti a
partner abituati a prendere troppo sul serio il malumore dell’altro. Il punto di vista e il comportamento inevitabili del nostro
partner quando è giù di morale, e i problemi che pensavamo di
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avere con lui da molto tempo, ci appariranno meno spaventosi
se impariamo a considerare con l’attenzione e il rispetto dovuti
il suo stato d’animo e a “lasciarlo stare” quando è di malumore.
Perciò spesso basta non stare addosso agli altri quando si sentono giù, lasciando loro il tempo di riprendersi, di ritrovare il
buonsenso e uno stato d’animo più positivo. L’ultima cosa di
cui hanno bisogno o che vogliono è qualcuno che li interroghi
o con cui litigare. Così facendo, non faremmo altro che rendere
il loro stato d’animo ancora più radicato e profondo, e la situazione non migliorerebbe. In una coppia, la maggior parte delle
persone non concede al partner lo spazio di cui ha bisogno
quando è giù di morale, ma al contrario reagisce come se le
parole del partner fossero scolpite nella pietra. Non è così! Una
volta superato il malumore, ognuno ammorbidisce la propria
posizione e intrattiene rapporti migliori con gli altri.
Dopo aver sperimentato questo Principio in azione, resterai
piacevolmente sorpreso nel vedere quanto in fretta e con quanta facilità si risolveranno anche le situazioni più problematiche.
La chiave sta nel considerare le parole e i gesti del partner, così
come i nostri, in relazione all’umore. Quando inizieremo a capire quanto è vero questo Principio, non ci verrà più in mente
di cercare un nuovo partner per sostituire quello che abbiamo.
Al contrario, ci renderemo conto che qualsiasi persona, in qualsiasi parte nel mondo, avrà sempre la sua bella dose di malumore. Ben presto non saremo più attratti dall’idea di passare da
un partner all’altro, pensando di poterne trovare uno migliore:
non esiste persona vivente il cui umore non conosca alti e bassi.
Impara ad apprezzare e a capire il tuo partner, e a goderti ogni
nuova conoscenza che fai.
Pur mostrando compassione e comprensione nei confronti degli altri quando sono di cattivo umore, nel momento in cui
siamo noi a esserlo non dobbiamo dare ascolto a noi stessi. Per
quanto una situazione possa sembrarci impellente, se l’umore è
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basso non vedremo mai le cose nella giusta prospettiva. Se riteniamo che una cosa è importante adesso, sarà ancora lì quando
ci sentiremo meglio e disporremo di strumenti più adatti per
gestirla. Il modo più rapido per risollevarsi il morale è non tenere conto di come ci sentiamo quando siamo giù. Sono la
quantità e la qualità dei nostri pensieri ad ancorarci a quella
condizione. Se impariamo a ignorare i pensieri negativi, quelli
positivi torneranno in breve tempo.
Con ciò non intendo dire che solo gli stati d’animo positivi
rappresentano la realtà o che quelli negativi sono falsi. Tanto i
primi quanto i secondi ti sembreranno reali e del tutto giustificati. Quando sarai di malumore, avrai sempre l’impressione
di vedere le cose in modo ragionevole. In effetti, non ti sarà
possibile vederle diversamente. Il trucco non sta nel vederle in
modo diverso, ma nel riconoscere lo stato mentale in cui ti trovi
e capire che, quando sei di malumore, dai origine a pensieri
negativi. La stessa identica circostanza in cui ti trovi coinvolto
oggi ti sembrerà diversa domani, o forse addirittura tra dieci
minuti. Mettendo da parte la preoccupazione e aspettando che
il malumore passi, il tuo livello di benessere tornerà a salire.
A mano a mano che darai maggiore importanza a quello che
provi rispetto a quello che pensi, la qualità stessa dei tuoi sentimenti migliorerà.
Mai provare a risolvere i problemi
quando sei di malumore
Quante volte ti sei ritrovato a pensare: “Non era da me” oppure
“Non posso aver parlato io: ho forse perso la ragione?”. Ho
una notizia buona e una cattiva che riguardano questa tendenza comune. Quella cattiva è che sei stato davvero tu a parlare,
proprio come ti è già accaduto in passato e come ti accadrà in
futuro ogni volta che perderai di vista la giusta prospettiva. La
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notizia buona è che è successo solo perché eri di malumore: era
il malumore a parlare per te. In uno stato d’animo migliore le
circostanze ti sarebbero sembrate del tutto diverse e di conseguenza ti saresti comportato in modo diverso.
La buona notizia, in realtà, è che d’ora in avanti sarai in grado di individuare e riconoscere il malumore ogni volta che lo
avvertirai. Sarai in grado di rispettare il potere che ha su di te
e la sicumera con cui ti farà sempre cogliere il lato negativo
e problematico di ogni situazione. Data la natura degli stati
d’animo, finché resterai dello stesso umore, le cose ti appariranno sempre uguali. Ma potrai imparare a non fidarti di te
stesso e dei tuoi pensieri quando sei avvolto dalla negatività. Se
davvero hai un problema quando ti senti giù, niente paura: quel
problema sarà ancora lì una volta che il tuo stato d’animo sarà
migliorato. E quando accadrà, disporrai di strumenti migliori
per affrontarlo. Non ha senso porre troppa enfasi sui pensieri
che nascono nei momenti negativi, perché non fai altro che
allontanarti da una sensazione di appagamento.
Risolvi i tuoi problemi
quando sei di buonumore
Se discutiamo con qualcuno di cattivo umore, possiamo stare certi del risultato: quella persona si metterà sulla difensiva,
sarà contrariata e per nulla aperta al dialogo. Lo stesso vale
per noi. Se cerchiamo di risolvere un problema o di prendere un’importante decisione quando abbiamo il morale a terra,
probabilmente resteremo delusi da noi stessi e rimpiangeremo
il nostro comportamento.
In uno stato d’animo negativo, non abbiamo accesso alla nostra capacità di giudizio. L’aspetto che più disorienta di questo Principio è che di norma tendiamo a risolvere i problemi o
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a confrontarci con gli altri proprio quando siamo di malumore.
Saremo sempre tentati di farlo. Il malumore porta confusione
e risentimento, ci incoraggia a “voler andare a fondo in una
questione”, a “leggere tra le righe di quello che ci dicono”, a
“lavorare sul nostro modo di comunicare” e a “esprimere i nostri sentimenti”. Ma i sentimenti che proviamo quando siamo
di cattivo umore non sono veri, sono figli del malumore. In
questo stato potrai avere solo sentimenti negativi; perciò non
ha senso fare affidamento su di essi o agire di conseguenza.
L’unica soluzione è aspettare che il morale si risollevi, come di
certo farà, per conto suo. Se sei di malumore, meno attenzione
presti ai tuoi pensieri, più in fretta migliorerà il tuo umore. A
quel punto, e solo a quel punto, vedrai emergere i tuoi sentimenti più assennati.
Allora, pur sentendoti costretto a prendere seri provvedimenti, saprai quando è più appropriato farlo. Se intendi discutere
di qualcosa che ti infastidisce, il momento giusto per farlo è
quando sei di buonumore. Il Principio degli Stati d’Animo non
incita a evitare di confrontarsi con gli altri, solo a non farlo
quando ti senti giù. È il modo più semplice, garbato e produttivo di affrontare la vita.
Altro motivo di confusione circa il Principio degli Stati d’Animo è il fatto che a volte, quando sei di cattivo umore, ti senti
quasi in obbligo di confrontarti con gli altri. Anche se può essere vero, non capita poi così spesso. In caso basta che ti allontani qualche minuto dal problema per riuscire a calmarti.
Lo stato d’animo è la causa di fondo, non l’effetto, di gran parte
dei disaccordi e dei problemi. Lo stato d’animo viene prima di
tutto. Se l’umore fosse migliore, lo stesso scenario apparirebbe
del tutto diverso.
Nelle rare occasioni in cui non puoi evitare di confrontarti
con qualcuno quando tu (o quella persona) siete di malumore,
la cosa più importante è essere consapevoli del proprio stato
54
d’animo e che, di conseguenza, la visione della situazione è limitata e da prendere con le pinze. Una tale consapevolezza ti
permetterà di mettere tutto nella giusta prospettiva.
Come per qualsiasi altra cosa, con la pratica sarà sempre più facile accedere allo stato di salute mentale. Più imparerai a fidarti
del sentimento della felicità, più sarà facile mantenerlo a lungo.
Allenati a ignorare il malumore, invece che analizzarlo, e vedrai
che svanirà in fretta. Il malumore è una distorsione del pensiero.
Accetta il fatto che sia parte della vita, sforzati di fare del tuo
meglio per ignorarlo e vedrai che il funzionamento psicologico
sano diventerà un aspetto prevalente della tua esistenza.
55
CAPITOLO TRE
Il Principio
delle REALTÀ DISTINTE
Non vediamo le cose per come sono,
ma le vediamo per come siamo.
Anaïs Nin
S
e hai viaggiato all’estero, sarai consapevole delle enormi
differenze tra le culture. Anche chi non l’ha mai fatto
probabilmente ha visto qualcosa in televisione o in un
film o l’ha letto in un libro. Il Principio delle Realtà Distinte
afferma che le differenze tra due individui sono enormi quanto
quelle tra due culture. Proprio come non ci aspetteremmo che
una persona di una cultura diversa dalla nostra pensi o agisca
come noi, anche il Principio delle Realtà Distinte ci dice che le
differenze a livello del sistema di pensiero impediscono che ciò
avvenga anche tra individui della stessa cultura. Non è questione
di tollerare le differenze nel comportamento altrui, ma di capire
che questo non potrebbe letteralmente essere altrimenti.
Nei capitoli precedenti abbiamo esplorato due importanti
aspetti del funzionamento psicologico umano, riguardo il pen57
siero e lo stato d’animo. Dato che ogni essere umano funziona
così, è impossibile che due persone, appartenenti o meno alla
stessa cultura, vedano le cose esattamente alla stessa maniera.
Questa regola non prevede eccezioni. Ogni sistema di pensiero
è unico nel suo genere, poiché si forma tramite un processo di
pensiero che dipende dagli stimoli ricevuti. I genitori, le origini, l’interpretazione della realtà, la memoria, la percezione selettiva, le circostanze, il livello dell’umore… sono molti i fattori
che ricoprono un ruolo nel definire il sistema di pensiero di
un individuo. Le combinazioni sono infinite e impossibili da
riprodurre per individui diversi.
Una volta compreso questo Principio, potremo praticamente
eliminare ogni tipo di scontro. Se ci aspettiamo di vedere le
cose in modo differente, se prendiamo come un dato di fatto che le altre persone si comportano e reagiscono agli stessi stimoli diversamente da noi, il livello di comprensione che
abbiamo nei nostri confronti e in quello degli altri aumenterà
sensibilmente. Nel momento in cui ci aspettiamo il contrario,
invece, generiamo il potenziale per un conflitto. Ciò vale su
piccola scala, come nella relazione tra due persone, ma anche
su larga scala, come nelle relazioni tra Stati. Esempi di questo Principio si trovano ovunque. Distogliendo l’attenzione
(il pensiero) dalle nostre aspettative, saremo liberi di cogliere
l’essenza unica di ogni persona, di far nascere una bella sensazione e di sfruttare al massimo il potenziale delle relazioni che
intratteniamo con gli altri.
È inutile cercare di cambiare gli altri
In una relazione, i problemi sorgono essenzialmente in base a
due modalità: o pensiamo che gli altri vedano davvero le cose
come noi, e quindi non riusciamo a capire le loro reazioni e
ne rimaniamo turbati, oppure crediamo che gli altri debbano
58
vedere le cose come noi, perché la nostra visione corrisponde
alla realtà. Comprendere il Principio delle Realtà Distinte ci libererà da simili convinzioni che fomentano i problemi a livello
relazionale. Non solo gli altri non devono per forza vedere le
cose come noi, in realtà non ne sono in grado. La natura individuale dei sistemi di pensiero ci impedisce di considerare un
fatto come farebbe una qualsiasi altra persona (e impedisce agli
altri di vederlo esattamente come noi). Questa nuova consapevolezza ci libera da una falsa idea e ci permette di ritrovare la
gioia dell’essere diversi gli uni dagli altri. Un conto è dire: “La
varietà è il sale della vita”, un altro è crederci e saperlo davvero.
Il trucco per riuscirci non è costringersi a pensarla così, ma
capire che, da una prospettiva psicologica, le differenze tra gli
individui e il loro modo di vedere la vita hanno un senso.
Una volta assimilato il concetto di realtà distinte, non c’è più
alcun motivo logico per prendere sul personale ciò che gli altri
dicono o fanno. La gente passa tutta la vita a dimostrare a se
stessa che la propria versione del mondo è valida, realistica e
corretta. Il fatto che i sistemi di pensiero non necessitino di
conferme esterne dà luogo a una serie infinita di esempi in
questo senso. Una volta afferrato questo concetto, ti renderai
conto di quanto sia futile cercare di cambiare qualcuno, o anche
solo discuterci. In quest’ultimo caso, di norma l’altra persona
sarà talmente sicura di avere ragione che arriverà persino a usare i tuoi argomenti per dimostrare la propria posizione, come
nell’esempio seguente.
Immaginiamo un uomo e una donna sposati da vent’anni: il
marito crede che le persone tendano per natura a criticare gli
altri, mentre la moglie è convinta che abbiano la tendenza a
fare complimenti ogni volta che se ne presenta l’occasione.
Da anni i due si scontrano su questo punto e il marito elenca
innumerevoli esempi di quanto la gente possa rivelarsi critica
e aggressiva. A ogni aneddoto del marito, la moglie risponde
59
con altrettanti esempi a favore del suo punto di vista. Nessuno dei due si capacita di quanto l’altro sia cieco di fronte all’“evidenza”. Un giorno, al ristorante, entrambi sentono
di sfuggita un cameriere dire a un altro: “Hai visto il cappello della signora al tavolo due? Wow!”. La moglie si volta
all’istante verso il marito e dice: “Visto? Ecco un altro caso
di una persona che fa un complimento. Che caro ragazzo! Di
cos’altro hai bisogno per capire che la gente è sempre in cerca
di un’occasione per complimentarsi con gli altri?”. Il marito
la guarda scioccato e risponde: “Complimentarsi? Ma di cosa
stai parlando? Quel cameriere sta prendendo in giro il cappello di quella povera donna!”.
Una volta comprese le dinamiche di quel che accade realmente,
possiamo chiarire in un attimo questa divertente incomprensione. Dobbiamo solo accettare il fatto che ognuno di noi filtra
la vita attraverso la propria realtà distinta, la propria interpretazione e la propria cornice di riferimento. Nessuno di noi mette
in dubbio la propria versione della realtà, perché appare sempre
vera. Ovunque guardiamo, troviamo di continuo esempi a riprova del fatto che abbiamo ragione.
Le realtà distinte sono un fatto della vita
La chiave per accettare le realtà distinte e percepirne la bellezza
sta nel capire che si tratta di un processo del tutto innocente.
La nostra visione del mondo si basa sui condizionamenti e sulle convinzioni che abbiamo (i sistemi di pensiero). La mente
interpreta le circostanze nel contesto di ciò che già conosce o
crede sia vero. Contando su una conoscenza esclusiva e su una
serie unica di esperienze legate al passato, l’interpretazione di
qualsiasi situazione varierà in base a esse. È come se la mente
fosse un complesso sistema informatico e, come nel caso di un
computer, l’interpretazione dei dati dipendesse da quelli inseri60
ti in precedenza. Lo stesso vale per noi stessi. La nostra mente
elabora le informazioni attuali interamente sulla base della conoscenza pregressa. Non c’è modo di evitare le realtà distinte e,
se non le accettiamo e non capiamo che sono un fatto della vita,
ci sentiremo frustrati e forse la nostra esistenza verrà distrutta. La consapevolezza di questo concetto può rivelarsi fonte di
saggezza, gioia e allegria.
Comprendere l’esistenza di realtà distinte non prevede di rinunciare alle proprie opinioni o convinzioni più profonde, che
di per sé sono neutre e rappresentano un aspetto interessante
e potente della vita, in grado di arricchirti. L’importante per
raggiungere la felicità, il benessere mentale e l’appagamento
personale è il rapporto che intrattieni con esse. Credi che la tua
visione della vita sia l’unica effettiva e insindacabile? Oppure
sai che le tue opinioni sulla vita e le interpretazioni che ne
dai derivano dal tuo personale sistema di pensiero e che, se le
informazioni in esso contenute fossero diverse, allora anche le
conclusioni che ne trarresti sarebbero differenti? L’idea qui non
è etichettare determinati pensieri o convinzioni come giusti o
sbagliati, ma semplicemente capire da dove arrivano e accettare l’inevitabilità di vedere le cose in modo diverso dagli altri.
Dopo aver compreso il Principio delle Realtà Distinte, potremo continuare a mantenere le nostre convinzioni e opinioni,
ma con la differenza che queste, e le obiezioni che gli altri ci
muoveranno, non saranno più fonte di conflitti e sofferenza.
Le difese si abbassano e il cuore si apre
Il Principio delle Realtà Distinte ci permette di avvicinarci innegabilmente alle persone che conosciamo e amiamo. Ci aiuta
a comprendere gli altri e ci rende anche molto più interessanti
e accessibili. Nel momento in cui capiamo davvero che le nostre idee sulla vita derivano dal nostro sistema di pensiero e
61
non rappresentano necessariamente la realtà, attraiamo gli altri
come una calamita.
Ecco perché. Tutti noi abbiamo un interesse personale ad avvalorare le nostre convinzioni. Ma il sistema di pensiero (il nostro
e quello degli altri) non ama subire minacce e intromissioni. Se
ti rivolgi a qualcuno non per fargli cambiare idea, ma mostrando un interesse e un rispetto genuini nei confronti della sua
visione della vita, allora vedrai che quella persona abbasserà le
proprie difese e ti aprirà il suo cuore. Chi accetta senza riserve l’esistenza delle realtà distinte riesce a intrattenere relazioni
più appaganti di quanto abbia mai pensato possibile. Spesso
ti ritroverai a instaurare un rapporto con persone che credevi
non ti sarebbero mai piaciute. Invece di provare frustrazione
e rabbia a causa delle differenze tra te e gli altri, comincerai a
considerarli sotto una nuova luce e a vedere l’innocenza non
solo in loro, ma anche in te stesso. Di conseguenza, le convinzioni si ammorbidiscono da entrambe le parti, ci si apprezza
reciprocamente e si avverte una sensazione nuova e positiva.
Il Principio delle Realtà Distinte può essere rappresentato attraverso un continuum:
Intolleranza --------- Tolleranza --------- Comprensione
Secondo la maggior parte della gente, all’interno di un rapporto i problemi nascono all’estremo sinistro del continuum.
Spostandosi verso la tolleranza, si comincia a lavorare sui problemi, ma di rado si arriva a risolverli. Anche se la tolleranza è
di certo più auspicabile dell’intolleranza, rappresenta una minuscola frazione di dove dovresti posizionarti sul continuum
per intrattenere rapporti che ti rendano felice e soddisfatto.
Mostrarsi tolleranti nei confronti degli altri e del loro modo
di stare al mondo implica il riconoscimento di una sottile su62
periorità della propria posizione o del proprio punto di vista.
Grazie a quello che hai appreso sui sistemi di pensiero e sulle
realtà distinte, adesso sai che le tue idee personali sulla vita e
su come viverla non sono più importanti di quelle di nessun
altro. Le informazioni del tuo sistema di pensiero sono arbitrarie proprio come quelle del sistema di chiunque altro. Le idee,
convinzioni, opinioni e reazioni che mostri nei riguardi della
vita sono il prodotto e la funzione delle informazioni e degli
stimoli che hai ricevuto, e lo stesso vale per chi vede la vita in
modo diametralmente opposto a te. Senza una tale consapevolezza, le differenze tra individui possono rivelarsi una grande
fonte di frustrazione. Ma se hai capito il Principio delle Realtà
Distinte, queste stesse differenze diventano una fonte di interesse, crescita e ispirazione.
Crescita e compromesso diventano possibili
Specialmente quando le differenze appaiono insormontabili, il Principio delle Realtà Distinte offre implicazioni pratiche immense. Rivolgendoci a qualcuno consapevoli di questo
Principio, apriamo le porte alla crescita. Se non consideriamo
le posizioni degli altri come inferiori o sbagliate, accettiamo
informazioni nuove senza che il nostro sistema fatto di pensieri vecchi le discrediti. In caso contrario, il nostro sistema di
pensiero prende il sopravvento e ci impedisce di ascoltare davvero. Impara ad ascoltare senza giudicare, e il tuo interlocutore percepirà il rispetto verso la sua posizione e la disponibilità
ad ascoltarlo. Il risultato è una maggiore comprensione e un
atteggiamento più “morbido” da entrambe le parti. È questa
l’essenza del compromesso o della collaborazione, che tira fuori
il meglio di noi e degli altri.
Riprendiamo di nuovo le riflessioni di Stacey sulla decisione dei
genitori di assumere una baby sitter a tempo pieno per badare a
63
lei quando era piccola. Non conoscendo il Principio delle Realtà Distinte, non c’è da stupirsi che Stacey sia tanto indispettita da una simile scelta. Dopotutto, è un atteggiamento molto
distante dall’idea che si è fatta sull’essere genitori! Dato che
crede fermamente nei suoi pensieri, ha la tendenza a rimuginarci sopra, aumentando ancora di più la sua angoscia. Quando
riflette sulla decisione dei genitori, lo fa senza comprendere e
riconoscere l’esistenza delle realtà distinte. Non riesce a capire
perché i genitori abbiano agito a quel modo. Inoltre, è altrettanto infastidita dalle decisioni e dalle idee in contrasto con il
suo personale punto di vista.
La consapevolezza del Principio delle Realtà Distinte permetterebbe a Stacey di concedersi il lusso di riflettere senza irritarsi
o giudicare. Saprebbe che i suoi genitori hanno preso quella
decisione in base a ciò che in quel momento sembrava vero
per loro, niente di più, niente di meno. Dunque Stacey non
etichetterebbe la propria reazione come giusta e la scelta dei
genitori come sbagliata, ma riconoscerebbe che si tratta semplicemente di decisioni diverse, basate su sistemi di pensiero
diversi. Il rapporto tra lei e i suoi genitori traboccherebbe di
rispetto e amore reciproco piuttosto che di dubbi e accuse.
La mancata consapevolezza del Principio delle Realtà Distinte
può far sorgere costantemente conflitti e frustrazioni. La soluzione sta nel raggiungere un livello adeguato di consapevolezza
di questo concetto e nell’umiltà di riconoscere che insinuarsi
nella mente degli altri non sempre è possibile. Per quanto una
cosa ci appaia semplice o una situazione ci sembri ovvia, ci sarà
sempre qualcun altro che la giudicherà in modo diverso e che
sarà altrettanto certo della propria posizione.
64
CAPITOLO QUATTRO
Il Principio
dei SENTIMENTI
Un solo pensiero ti separa da un sentimento positivo.
Sheila Krystal
H
ai a disposizione un sistema di guida infallibile per
destreggiarti nella vita. Tale sistema, che consiste
unicamente nei tuoi sentimenti, ti indica quando finisci
fuori strada dritto verso l’infelicità e i conflitti, allontanandoti
dal funzionamento psicologico sano. I sentimenti funzionano
come un barometro, che ti dice com’è il tempo dentro di te.
È importante riconoscere il potente legame che esiste tra il pensiero e l’esperienza di vita. Quando pensiamo, avvertiamo immediatamente gli effetti dei pensieri. Accade nel giro di un istante
e, per la maggior parte di noi, in modo del tutto inconsapevole.
Noi pensiamo secondo due modalità: abitualmente, attraverso
il nostro personale sistema di pensiero, oppure attraverso quello che viene chiamato “stato naturale della mente”, ovvero il
funzionamento psicologico sano. Abbiamo già discusso degli
65
effetti del pensiero originato in modo abituale. In questo capitolo vedremo che esiste anche un’altra valida alternativa.
Il quarto Principio afferma che i nostri sentimenti ci indicano,
con estrema accuratezza, quando abbiamo pensieri disfunzionali. Se pensiamo senza esserne consapevoli, stiamo utilizzando il sistema di pensiero e non il funzionamento psicologico
sano. Senza i sentimenti, non sapremmo mai quando siamo
intrappolati nel sistema di pensiero o se siamo di malumore.
Persino con l’umore più nero, saremmo convinti di avere una
visione realistica della vita.
Quando non restiamo intrappolati nel sistema di pensiero,
proviamo sentimenti positivi. Qualsiasi cosa facciamo, avvertiamo un senso di appagamento e di gioia. I sentimenti
positivi non hanno una spiegazione logica; ci sentiamo semplicemente bene. Riusciamo a percepire quei sentimenti più
profondi e generali che traggono origine dallo stato naturale
della mente: appagamento, amore e gratitudine. In un simile stato vediamo la vita in modo chiaro. Abbiamo l’effetto
flou e la concentrazione, e la nostra mente è libera. Quando ci sentiamo così, possiamo fare di tutto (comprese cose
spiacevoli) perché la mente non è ingombra di pensieri sul
passato, sul futuro o di giudizi su quello che stiamo facendo.
Riusciamo a gestire qualsiasi cosa o persona ci troviamo di
fronte. È lo stato mentale da cui si sviluppano idee nuove
e creative e in cui le soluzioni ai problemi appaiono ovvie.
Ognuno di noi può accedere a un tale stato mentale e, una
volta raggiunto, non è necessario ricalibrare la mente: tutto
scorre in modo naturale.
Quando la vita ci appare tutt’altro che piacevole, il sistema di
allarme dei sentimenti entra in azione sventolando una bandiera rossa per ricordarci che siamo finiti fuori strada. Abbiamo
ripreso a pensare in modo disfunzionale attraverso il sistema di
pensiero, ed è ora di ricalibrare la mente.
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I sentimenti stanno al benessere mentale come le spie luminose
sul cruscotto stanno all’automobile. Ci indicano che è venuto il
momento di rallentare. Se siamo al volante, dobbiamo lasciare
l’acceleratore e accostare.
Allo stesso modo, quando ci sentiamo insoddisfatti, dobbiamo
liberare la mente e allontanare i pensieri che la affollano. In questo modo potremo ritrovare sentimenti positivi e abbandonare
temporaneamente i pensieri dovuti alla nostra abituale cornice di riferimento distorta. Non dobbiamo però dimenticare
che accantonare i pensieri che ci indispettiscono, o smettere di
prestare loro attenzione, non significa fingere che determinate
situazioni non ci infastidiscano o che non debbano essere migliorate. Certo è che non tireremo mai fuori una buona soluzione o una nuova idea da pensieri disfunzionali, ma solo da uno
stato ricco di sentimenti positivi in cui la vita ci appare facile.
Dobbiamo cominciare a non dare credito alla validità del nostro
sistema di pensiero quando si tratta di mantenere il benessere
mentale e di accedervi. Dobbiamo decidere una volta per tutte
che non vale la pena difendere e nutrire sentimenti negativi.
L’unica virtù di tali sentimenti è che ci permettono di accorgerci quando guardiamo la vita da una prospettiva distorta.
Quest’idea è però fortemente contestata dalla psicologia moderna. Oggi un gran numero di psicologi, se non la maggior
parte, è convinto che una consapevolezza sempre maggiore dei
propri sentimenti (di qualunque natura siano) e la capacità di
esprimerli siano indice di maturità emotiva. Niente di più lontano dalla verità. Se lo stato d’animo è la fonte dell’esperienza, e
non la conseguenza, allora stai pur certo che, il cento per cento
delle volte, quando sei di malumore o ti senti giù darai origine
ai pensieri negativi. Se, quando stai da schifo, uno psicologo (o
una qualsiasi altra persona) ti chiedesse: “Come ti senti?”, in
realtà ti chiederebbe di descrivere la visione della vita che hai in
uno stato d’animo negativo. Una volta migliorato quest’ultimo,
67
ne darai una descrizione drasticamente diversa. Il malumore
non ha alcuna virtù, se non quella di ricordarti che in quel momento i tuoi pensieri sono disfunzionali e che non devi fidarti
di te stesso né prenderti troppo sul serio.
Mai fidarsi dei propri sentimenti
in uno stato d’animo negativo
Non dobbiamo dimenticarci che, in uno stato d’animo negativo, siamo sempre in grado di puntare il dito contro i motivi per
cui ci sentiamo a quel modo e siamo tentati di fidarci dei nostri
pensieri. Ma in uno stato simile i nostri pensieri sono distorti e,
dato che i sentimenti sono la diretta conseguenza del pensiero,
anche i sentimenti lo sono. I sentimenti sgradevoli ci indicano
con esattezza quando stiamo pensando con il sistema delle nostre convinzioni, vale a dire attraverso il filtro delle nostre abitudini, delle opinioni e dei film che ci proiettiamo nella mente.
Il sistema di guida basato sui sentimenti funziona alla perfezione, al cento per cento. Fidati. Non importa se ti senti stressato,
sopraffatto, arrabbiato, depresso, solo, frustrato, geloso, critico o
ansioso. Tutti questi sentimenti, e altri simili, hanno l’apposito
compito di indicarti quando stai guardando la vita attraverso il
sistema di pensiero invece che attraverso lo stato naturale della
mente. Continuando a pensare a quel modo, non produrrai alcun risultato e non troverai le risposte che cerchi.
Quando in auto vediamo lampeggiare una spia luminosa, all’inizio non è importante tanto il motivo per cui lampeggia, quanto
il fatto stesso che stia lampeggiando. Quello che dobbiamo fare
è accostare e spegnere il motore. Il meccanismo dei sentimenti
funziona in modo analogo. Ogni volta che ci sentiamo arrabbiati, gelosi, risentiti, avidi, depressi o in qualche modo infelici,
tutto ciò che dobbiamo fare è capire che tali sentimenti sono il
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prodotto del nostro sistema di pensiero, non sono naturali, né
accurati, né tantomeno rappresentano la realtà.
Il funzionamento psicologico sano
Dietro al funzionamento psicologico sano non c’è nessuna magia né mistero: si manifesta sempre quando non ci lasciamo
assorbire dal nostro solito sistema di pensiero. Il funzionamento sano corrisponde a quel sentimento che proviamo quando
abbiamo poco (o proprio nulla) per la testa; è uno stato fatto di
sentimenti positivi che si viene a creare senza una ragione apparente. I bambini possiedono di frequente uno stato mentale
del genere, perché vivono la vita con semplicità, senza troppi
pensieri negativi. Ogni volta che sperimentano la negatività o
la frustrazione, sono in grado di abbandonarle in fretta e di
recuperare il loro stato naturale di felicità.
A partire dall’infanzia tutti noi abbiamo sperimentato innumerevoli volte il funzionamento psicologico sano. Forse è accaduto stando seduti davanti a un caminetto, durante una passeggiata o di fronte a un tramonto bellissimo: è uno stato che si
manifesta ogni volta che ti senti a meraviglia senza un motivo
particolare. L’aspetto importante è che l’origine del sentimento
positivo non è il caminetto o l’attività che stai facendo. Per
un attimo, ti sei semplicemente rilassato, hai liberato la mente
dalle preoccupazioni e ti sei preso qualche momento per assaporare la vita. Se ritieni di aver bisogno di un caminetto o
di una particolare attività per sgomberare la mente, riuscirai a
rilassarti e a sentirti appagato solo in determinate situazioni.
Una volta capito che sei tu, e non il fuoco o il tramonto, a produrre la sensazione positiva che senti dentro, allora riuscirai a
svuotare la mente ogni volta che vorrai. Con un po’ di pratica
diventerà sempre più facile, te lo assicuro.
69
Il funzionamento psicologico sano non
dipende dalle circostanze
Tutti noi possiamo accedere al funzionamento psicologico sano
tutte le volte che vogliamo, ma solo dopo aver capito che la sua
esistenza è indipendente dalle circostanze. Una tale consapevolezza ci permette di sentirci bene anche quando le cose non
vanno bene per niente. Finché teniamo la mente alla larga dalle
preoccupazioni, siamo in grado di mantenere un funzionamento psicologico sano e un senso di benessere. In questo stato positivo, abbiamo a disposizione gli strumenti necessari per gestire
efficacemente ogni aspetto della vita. Nel momento in cui la
mente scivola fuori da questo stato e rientra nel sistema di pensiero (che ci fa ricordare le nostre preoccupazioni), perdiamo il
senso di benessere e torniamo a vedere la vita come una serie di
problemi da superare.
Il meccanismo dei sentimenti è il barometro che ti indica se
stai vivendo attraverso il sistema di pensiero o attraverso lo stato naturale della mente. I sentimenti che provi quando ti senti
depresso, arrabbiato o frustrato ti avvertono che stai pensando
in modo disfunzionale e che non ti godi la vita come potresti.
Lascia perdere qualsiasi cosa tu abbia in mente, ignora le interferenze e ricalibra la mente per svuotarla da tutto. Cambia marcia passando dalla modalità “computer” a quella “trasmettitore”,
dal sistema di pensiero al funzionamento psicologico sano. E
ricorda: un solo pensiero ti separa da un sentimento positivo.
Un ultimo saluto a Stacey
Riprendiamo per l’ultima volta le riflessioni di Stacey sulla decisione dei suoi genitori di assumere una baby sitter a tempo pieno quando era piccola. Dato che Stacey non conosce lo
scopo reale dei sentimenti che prova, crede (in totale buona
70
fede) di dover indagare sulle cause che la fanno stare così male.
Crede che pensandoci su, possa scoprire la verità sui suoi genitori. Ma più ci rimugina, più i suoi sentimenti peggiorano e
più si convince che sono legittimi, che ha il diritto di sentirsi
in collera.
Se Stacey comprendesse il vero scopo dei sentimenti che prova,
li sfrutterebbe come un segnale d’allarme. Il risentimento e la
collera svanirebbero, perché si renderebbe conto che quei pensieri abituali e disfunzionali la stanno spingendo verso l’infelicità. Lascerebbe perdere quello che ha in testa, oppure avrebbe
il buonsenso di prestare meno attenzione a se stessa e di recuperare uno stato d’animo migliore. A questo punto, potrebbe
continuare a riflettere senza il pericolo di rovinarsi la giornata
(o la settimana), o di danneggiare il rapporto con i genitori.
Quando viviamo attraverso lo stato più naturale della mente,
ci sentiamo felici, a prescindere da quello che accade intorno a
noi, persino quando piangiamo la perdita di una persona cara.
Grazie al funzionamento psicologico sano, il dolore emotivo ci
appare diversamente: fa sempre male, ma racchiude anche un
sentimento di sincera gratitudine per aver conosciuto la persona che ci ha lasciato. Questo meccanismo ha funzionato benissimo per me quando uno dei miei migliori amici è rimasto
tragicamente ucciso in un incidente causato da un automobilista in stato di ebbrezza, mentre veniva al mio matrimonio.
Piuttosto che pensare a lui con tristezza, sono stato in grado di
svuotare la mente e di sentirmi immensamente grato per aver
avuto un amico tanto meraviglioso. Invece di provare tristezza per me o per la sua famiglia, ho lasciato che riaffiorassero
i ricordi affettuosi del nostro passato insieme. Non mi sono
lasciato sopraffare dal dolore e sono riuscito ad andare avanti.
Applicando questi Principi alla tua vita, continuerai a provare
gli stessi sentimenti teneri e naturali già sperimentati in passato. A cambiare saranno le emozioni che paralizzano la tua esi71
stenza, quelle che ti impediscono di vivere la vita piena e ricca
di significato di cui sei capace. A cambiare sarà il rapporto con
le tue emozioni. Piuttosto che lasciarti sopraffare, le vivrai con
maggiore consapevolezza. Nei casi come il lutto, è del tutto naturale avvertire una profonda tristezza. Ma accedendo al funzionamento psicologico sano, potrai provare anche le emozioni
più difficili con una maggiore compassione nei tuoi confronti
e una maggiore consapevolezza di ciò che accade dentro di te.
Sfrutta il Principio dei Sentimenti come uno strumento di navigazione per guarire e ritornare nel luogo in cui vorresti essere.
Allora cosa possiamo fare quando siamo arrabbiati, depressi o
ansiosi? Come possiamo porre fine a queste emozioni e tornare al funzionamento psicologico sano? Dobbiamo fidarci del
Principio dei Sentimenti e della sua attendibilità. Una volta
capito da dove arrivano i sentimenti negativi (dal pensiero abituale), non avremo più bisogno di difenderli o di soffermarci su
di loro. Come potremmo prendere le difese di una cosa sapendo che è arbitraria? Se li lasciamo stare, i sentimenti negativi
spariranno abbastanza in fretta. Sono i nostri pensieri a crearli;
concentrarsi su questi sentimenti o analizzarli serve solo a prolungare o ad aggravare l’esperienza negativa.
Riconoscendo e sperimentando sempre più il funzionamento
psicologico sano, capisci di non dover fare riferimento al sistema di pensiero per risolvere le questioni importanti della vita.
La saggezza e il buonsenso derivano da uno stato basato su
sentimenti più positivi, da uno stato mentale calmo e riposato.
Quando ci sentiamo bene, disponiamo di strumenti migliori
per risolvere qualsiasi problema si presenti.
Una volta capito da dove arrivano i sentimenti positivi, e dopo
aver smesso di inseguire quelli negativi, come se indicassero
un percorso praticabile per risolvere i problemi e raggiungere
la felicità, sarai attratto in modo naturale dal funzionamento psicologico sano e comincerai a dare sempre meno credito
72
ai sentimenti negativi. In questo modo, ti accorgerai che sono
meno intensi e duraturi rispetto a prima, e riuscirai molto più
in fretta a prendere le distanze dalla negatività.
Quando avrai compreso in che cosa consiste il funzionamento
psicologico sano, non sarai più tentato di analizzare la strada
per la felicità o di pensare a come trovarla. Perché la possiedi
già, solo che è nascosta dalle interferenze dei pensieri negativi.
Invece di pensare a come raggiungerla, smetti semplicemente
di rimuginare su ciò che ti infastidisce o ti fa arrabbiare. Concentra la tua attenzione altrove, così da conquistare uno stato
basato su sentimenti positivi. Ciò non significa fingere che le
cose non ti riguardino, ma solo capire da dove arrivano i sentimenti sia positivi che negativi.
Comprendere l’origine dei nostri sentimenti ci permette di
usarli per quello che sono, una guida che ci aiuta a orientarci
nella vita. Se il nostro stato interiore non è piacevole, sappiamo
che siamo noi gli artefici della nostra infelicità, per mezzo del
nostro sistema di pensiero. Impariamo a riconoscere e a dare
valore alle alternative, a modificare il nostro modo di pensare,
a lasciar perdere le preoccupazioni, a interrompere il ciclo del
pensiero abituale e a recuperare uno stato naturale di benessere.
73
CAPITOLO CINQUE
Il Principio
del MOMENTO
PRESENTE
S
i è detto molto sul concetto di “vivere il momento”. Una
soluzione che praticamente ogni maestro spirituale della
storia ha proposto. In effetti, probabilmente si tratta
di uno dei consigli più vecchi e saggi per vivere un’esistenza
felice. Eppure, nonostante tutta l’enfasi che accompagna
questo consiglio cruciale, pochissime persone sono in grado di
metterlo in pratica nella vita di tutti i giorni. Credo che questo
concetto, semplice solo in apparenza, si riveli tanto elusivo
perché la mente non allenata è come un cucciolo: vaga di qua
e di là senza sapere dove stia andando! Ben presto il cucciolo
(come i pensieri) si perde.
Dei cinque Principi esaminati in questo libro, con molta probabilità il tuo terapista non ti avrà mai parlato di quello del
momento presente. Dopotutto, per gran parte della terapia si
discute dell’infanzia e di altre questioni legate al passato. E
anche se certamente capendo il passato puoi farti un’idea della
tua vita attuale, spesso l’indagine sul passato è spinta all’ecces75
so. Mantenere l’attenzione inchiodata al passato (o al futuro)
può trasformarsi in un’insidiosa abitudine difficile da perdere.
In realtà, molti terapisti incoraggiano i propri pazienti a vivere
nel passato (o nel futuro) senza nemmeno rendersene conto,
e di certo senza l’intenzione di far loro del male. Se sei mai
stato in terapia, senza dubbio conoscerai l’esercizio di “rivivere” il passato. I terapisti spingono i pazienti (a volte anche in
modo duro) a concentrarsi sul passato, a pensarci e, spesso, a
discuterne con dovizia di particolari, invece di insegnare loro a
riportare l’attenzione sul concetto di qui e ora, che rappresenta
la loro unica possibilità di sperimentare la vera felicità. Oltre
a concentrarsi sul passato, i clienti vengono incoraggiati a “entrare in contatto” con i sentimenti negativi che accompagnano
i pensieri negativi sul passato.
Nel capitolo uno abbiamo esplorato il rapporto tra pensieri e
sentimenti concludendo che ogni sentimento negativo è il diretto risultato del pensiero. Di conseguenza, è molto discutibile crogiolarsi a lungo nel passato (intenzionalmente o meno),
perché così facendo ci si aggiudica una dose abbondante di
sentimenti negativi, che va a rafforzare la convinzione secondo
la quale c’è davvero qualcosa di importante di cui preoccuparsi,
giustificando la negatività e il vittimismo. Fomentare la negatività ti ancora al sistema di pensiero acquisito e al tuo modo
di pensare abituale, riducendo notevolmente la tua capacità di
avere accesso alla tua saggezza interiore e di metterla in pratica.
Se l’attenzione rimane imprigionata nel passato o nel futuro, la
qualità della tua vita diminuisce invece di aumentare.
D’altro canto, se rivolgi l’attenzione soprattutto al momento
presente, la maggior parte delle esperienze che vivi deriverà
dalla saggezza e non saranno semplici reazioni al tuo sentire.
Se ti concentri sul momento presente, ti senti appagato, senza per questo dover reprimere o negare niente di rilevante. I
pensieri e i ricordi (persino quelli dolorosi) che devi coltivare
76
in quanto essere umano verranno a galla al momento opportuno: quando avrai la capacità di gestirli e le risorse interiori
per sapere cosa farne. La saggezza è una sorta di sistema di
monitoraggio emotivo intrinseco: ti aiuta a mantenere la rotta
e la giusta prospettiva, ti indica la direzione per la felicità senza
incoraggiarti a fingere che le cose siano diverse dalla realtà. La
saggezza lascia spazio alla negatività, ma solo quando è necessaria; niente a che vedere con la negatività che di norma si
genera nelle sessioni di terapia.
Il solo modo per provare una sensazione autentica e duratura
di appagamento, soddisfazione e felicità è imparare a vivere la
vita nel momento presente. A prescindere dalle esperienze passate, dalle peculiarità delle circostanze attuali, dall’analisi del
passato o dalle speculazioni sul futuro, non ti sentirai mai felice
finché non avrai imparato a vivere nel momento presente. Una
mente “slegata dal momento” è un terreno fertile per preoccupazione, ansia, rimpianto e senso di colpa. Ciò non significa
che dovresti passare ogni momento della vita concentrato sul
presente (anche perché non sarebbe possibile); l’importante è
che ciò accada spesso.
Il dottor Wayne Dyer, che è stato così gentile da scrivere la prefazione a questo libro, dimostra l’importanza di vivere il momento con una meravigliosa storia. Immagina di stare su una
barca in mezzo all’oceano e di porti tre domande molto importanti. Prima domanda: “Cos’è la scia?”. Com’è naturale, la scia
è la traccia che, muovendoti, ti lasci dietro sull’acqua. Seconda
domanda: “Cosa fa muovere la barca?”. La risposta in questo
caso è l’energia del momento presente prodotta dal motore,
non quella di ieri né di domani, ma del presente. Infine, terza
domanda: “La scia potrebbe far muovere la barca?”. La risposta
è ovvia: assolutamente no! La scia non ha alcun potere. È frutto
dell’energia passata e non ha alcun potere sul momento attuale.
Quella che vedi è una semplice traccia.
77
È piuttosto ovvio come questa storia si applichi alla vita, ma è
fondamentale per capire come raggiungere la felicità e realizzare i tuoi sogni. In molti vivono come se la forza che fa svolgere
l’esistenza fosse il passato. Tuttavia la verità è che, proprio come
la scia di una barca, il passato non ha alcun potere. Certo, i fatti
accaduti nel passato e le sfide che hai affrontato durante l’infanzia
hanno davvero avuto luogo e tu hai davvero dovuto affrontarli. È
altrettanto vero che ciò che ti è successo in passato ha contribuito
al modo in cui vedi la vita oggi. Ma l’importanza del passato finisce qui. Così come esiste oggi, il passato non è altro che l’insieme
dei tuoi pensieri che lo riguardano, niente di più, niente di meno.
In realtà, il passato è fatto interamente di pensieri, di ricordi. Ciò
non significa sminuire il tuo passato né fingere che sia diverso da
com’è stato. Considerare il passato un’innocua serie di ricordi ti
permette di mantenere l’attenzione sul momento presente, liberandoti dall’impulso di seguire ogni treno di pensieri che ti passa
per la mente. Una volta capito cos’è davvero la memoria, semplici
pensieri innocui che attraversano la mente, e non una realtà presente da analizzare e combattere, sarà di gran lunga più semplice
lasciar perdere le centinaia di pensieri sul futuro e sul passato che
ogni giorno affollano la tua mente.
La consapevolezza della natura innocua del pensiero ti permette di ricordare, come suggerito dal Primo Principio, che i
pensieri non ti capitano per caso ma che sei tu a crearli dentro
di te. Una volta capito che il pensiero è una capacità che può
agire a tuo favore o sfavore in ogni dato momento, sarai meno
spaventato e infastidito dai tuoi pensieri. Potrai vederli nella giusta prospettiva. A mano a mano che diventi sempre più
consapevole, avrai la possibilità di scegliere: prenderli in considerazione e reagire, oppure lasciarli semplicemente andare. La
scelta sta a te. Con l’acquisizione di un simile potere, reagirai
molto meno ai pensieri e troverai molto più semplice restare
concentrato sul momento presente. La tua mente non considererà più i pensieri come se fossero notizie da prima pagina.
78
Nel momento in cui, con il pensiero, prendi le distanze dal presente per ripensare all’infanzia o a qualcosa accaduto nel corso
della mattinata, in realtà ricrei il passato attraverso il pensiero.
Se sei consapevole che sei tu a dare origine ai pensieri, di esserne l’artefice, riesci a evitare la tristezza, la rabbia o il vittimismo, riportando l’attenzione sul presente. A differenza di molta
gente, non penserai che ci sia un motivo importantissimo per
ogni pensiero che ti viene in mente e riuscirai a liberartene.
Ti ricorderai che i pensieri sul passato sono solo ricordi attivi.
E, proprio come i sogni, i ricordi sono semplici pensieri che ti
attraversano la mente, di cui non hai motivo di preoccuparti.
Il solo modo in cui un pensiero, o una serie di pensieri, possono
farti del male è dare loro importanza. In caso contrario, non
hanno il potere di ferirti. E finché terrai presente che i pensieri
non hanno il potere di affliggerti senza il tuo consenso, avrai il
potere di gestire la tua vita. Invece di sentirti vittima dei pensieri che ti attraversano la mente o di arrenderti a essi, sarai in
grado di considerarli attraverso la giusta prospettiva. A mano a
mano che diventi consapevole dei pensieri, deciderai se prestare loro attenzione, prenderli sul serio e reagire di conseguenza,
oppure se accantonarli e andare avanti con la tua giornata.
Il pensiero ha un effetto distruttivo solo quando dimentichiamo che si tratta di una semplice funzione consapevole, di
un’abilità di cui disponiamo in quanto esseri umani, e che non
c’è alcun bisogno di ingigantirla. Con un po’ di saggezza, ci
accorgeremo che sono i pensieri, e non le circostanze, a determinare i nostri sentimenti. Questa consapevolezza ci dà la
fiducia necessaria per vivere nel presente e toglierci di dosso la
paura di dover prestare attenzione ai pensieri, subendone così
le conseguenze. Magari altre persone hanno vissuto circostanze
quasi identiche alle tue, e forse sono depresse o risentite per la
loro condizione sfortunata, mentre tu ti senti appagato. È evidente che questa differenza non sta nel fatto che una situazione
79
era migliore dell’altra, ma dipende dal livello di comprensione
della natura del pensiero e dalla capacità di andare avanti senza
fare una piega.
Capire il meccanismo del pensiero ci permette di vivere maggiormente nel presente e di preoccuparci meno di ciò che
pensiamo. Quando la mente balza in avanti verso problemi e
preoccupazioni, o indietro verso rimpianti e dolori passati, possiamo osservarla in modo attivo e ricalibrarla poco per volta,
riportando l’attenzione al presente. Possiamo dirci: “Uh, ecco
che parto di nuovo in quarta” o qualcosa del genere, per aiutarci
a mantenere la giusta prospettiva sul pensiero e ricordarci che,
per ritrovare un senso di appagamento, è sufficiente riportare
l’attenzione sul presente.
Grazie al Quarto Principio abbiamo imparato che i sentimenti ci indicano con assoluta accuratezza quando il pensiero diventa disfunzionale, o quando esercita su di noi un’influenza
negativa. Allo stesso modo, i sentimenti sono estremamente
utili per capire quando la mente si allontana dal presente. Per
esempio, se ci sentiamo seccati, infastiditi o frustrati, è molto
probabile che il pensiero abbia in qualche modo preso il largo
allontanandosi dal presente. La prossima volta che ti capita di
essere stressato o frustrato, controlla con rapidità e schiettezza
dove si trovano i tuoi pensieri. Quasi di certo starai pensando
a tutto ciò che dovrai fare in futuro, a tutto quello che hai già
fatto nel corso della giornata, oppure a qualcosa di spiacevole
che è già accaduto o che potrebbe accadere il giorno seguente.
Quando sei turbato, è raro che i tuoi pensieri siano centrati
sul presente. Nella maggior parte dei casi il momento presente
è tranquillo. Per approfondire il concetto, prova a fare questo
semplice esercizio.
Smetti per un attimo di leggere e limitati a osservare il posto
in cui ti trovi e ciò che stai facendo. Stai leggendo un libro
80
scelto da te. Sei seduto o sdraiato. Sei comodo, si spera. Adesso,
immagina la tua vita in questo momento (senza pensare, per
ora, alle cose che non vanno bene o che ti mancano). Pensa solo
che ti trovi qui, a leggere.
Adesso osserva quello che accade quando lasci entrare qualche pensiero su tutto quello che hai ancora da fare oggi o domani. Osserva cosa succede se pensi ai tuoi problemi o a delle
possibili complicazioni, a questioni che ritieni importanti.
Ora la pace mentale è stata sconvolta dai tuoi stessi pensieri.
Più preoccupazioni passate e future aggiungerai, più turbato
e frustrato ti sentirai.
Questo breve esercizio ti aiuta a rammentare quanto potere
abbia in realtà la mente. Il pensiero ha la capacità di portarti,
praticamente in un istante, da uno stato di calma nel momento presente a uno di agitazione, senza che sia cambiato qualcosa nella realtà. Quando la mente attua un simile sabotaggio,
la soluzione sta nell’essere consapevoli e coscienti del fatto che
il pensiero ha fatto uno scatto in avanti verso problemi, scadenze e questioni, o all’indietro per rivivere vecchie ferite o
frustrazioni. Non devi fingere che i problemi non esistano o
che non siano mai esistiti, devi solo renderti conto di quando
il pensiero mette in atto questa dinamica mentale. È sufficiente che tu te ne renda conto. E allora, quando i pensieri si
aggrappano con forza ai problemi, potrai riportarli al presente. Dopo un po’, comincerai a percepire che la maggior parte
della tua esistenza (quella al di fuori del momento presente) è
semplicemente frutto della tua immaginazione e dei tuoi pensieri. Imparare a vivere il momento è come mettersi al volante
per la prima volta. D’un tratto sei tu a decidere dove ti porterà
la macchina. Più diventi esperto nel vivere nel presente, più
sarai in grado di decidere come sarà la tua esperienza di vita,
momento per momento.
81
È importante che presti attenzione ai tuoi sentimenti perché
sono tuoi amici e possono aiutarti. Stai attento a quando ti senti “fuori fase”. Osserva con calma i tuoi pensieri. A cosa si rivolgono? Se non si concentrano sul qui e ora, invece di prendertela
duramente con te stesso o di scendere troppo nei dettagli di
ciò che pensi (la paralisi dell’analisi!), limitati a reindirizzare la
tua attenzione verso il momento presente. Non lasciare che i
pensieri ti allontanino dalla felicità.
A questo punto avrai senza dubbio compreso quanto siano legati tra loro i cinque Principi, quanto si intreccino in un bell’arazzo per spiegare le dinamiche mentali della felicità. Comprendere gli stati d’animo, per esempio, ha un ruolo cruciale
per imparare a vivere nel presente. Uno dei motivi principali
per cui a molta gente risulta difficile rimanere concentrata sul
momento presente è che non capisce il potere del proprio stato
d’animo o come reagire se è negativo. Come ho accennato in
precedenza, se credi a quello che pensi quando sei di cattivo
umore, sarai troppo spaventato o infastidito per vivere nel presente. I pensieri che nascono dal malumore sono sempre negativi e figli dell’insicurezza. In questi casi, avvertirai l’impellente
bisogno di prendere le distanze dai sentimenti che provi. A
mio parere, il modo migliore di gestire gli stati d’animo negativi è non fidarsi e ignorare i pensieri che generano, mettendoli
in stand-by fino a che non ti sentirai meglio. Ciò non significa
negarli. Se c’è una questione valida che devi affrontare quando
sei di malumore, di certo sarà ancora lì quando ti sentirai meglio. Ma allora disporrai di strumenti di gran lunga più efficaci
per gestirla. Con un po’ di saggezza a portata di mano la vita ti
sembrerà più facile. Con uno stato d’animo negativo, la tua vita
(e quella di chiunque altro) ti apparirà sempre seria, impellente
e piena di problemi. Devi metterlo in conto ed essere preparato
a ricalibrare la mente poco per volta, ignorando, accantonando
e prendendo meno sul serio i pensieri.
82
La stragrande maggioranza di noi cade preda di una tendenza insidiosa: cercare di dare un senso alla vita e ai problemi
quando ci sentiamo giù o di cattivo umore. Ciò ci allontana dal
vivere nel momento presente e ci porta a pensare: “Cosa devo
fare?”. A questo punto, ci lasciamo andare a pensieri orientati
verso il passato oppure ad anticipazioni sul futuro. E, com’è
ovvio, più restiamo intrappolati nel pensiero, più verremo trascinati lontano dal presente.
Uno dei segreti più sicuri per raggiungere la felicità è imparare
a rilassarti quando ti senti abbattuto o stressato, ad avere fiducia
che, se non farai niente, il brutto periodo e i sentimenti che lo
accompagnano passeranno da soli. Reagire a ciò che ti appare
impellente contribuisce a prolungare lo stress. L’ovvia soluzione
è ignorare o accantonare i pensieri che nascono dal malumore.
Per chi è già felice, la formula della felicità è piuttosto semplice: a prescindere da quello che è successo questa mattina,
la settimana scorsa o l’anno scorso, e da quello che potrebbe
succedere questa sera, domani o fra tre anni, la felicità è nel
presente. Le persone felici sanno che la vita non è altro che una
serie di momenti presenti che aspettano di essere vissuti, uno
dopo l’altro. Capiscono e apprezzano il passato per le lezioni
che ha insegnato loro sul vivere nel presente, e vedono il futuro
come una serie di nuovi momenti presenti da vivere. In particolar modo, sanno che la vita si vive solo nel qui e ora, in questo
preciso momento.
Ecco un’altra formula per il successo: concentrando l’attenzione sul momento presente, invece che su quelli passati o che
devono ancora arrivare, potrai sfruttare al massimo la tua produttività, creatività e capacità di portare a termine gli obiettivi
prefissati. Troppi pensieri orientati al passato o al futuro offuscano la tua visione e ti distolgono da quello che stai facendo.
Più sei centrato sul presente, più ti sembra facile mantenere la
rotta, restare concentrato, assorto e raggiungere i tuoi obiettivi.
83
In breve, una mente senza distrazioni è in grado di prendere
decisioni sagge e corrette.
Thoreau ha detto: “Non possiamo non vivere nel presente. Beato tra i mortali colui che non spreca un istante della propria
vita fuggevole rievocando il passato.”2 E io non potrei essere
più d’accordo. Diventare maestro nell’applicazione di questo
Principio sarà molto semplice. Ci vuole solo un po’ di pratica.
A partire da oggi, comincia a osservare su cosa si concentrano
i tuoi pensieri. Sei davvero presente in ciò che fai? Oppure il
tuo pensiero devia in direzione del passato o del futuro? Probabilmente ti ritroverai a deviare decine, o persino centinaia, di
volte al giorno. Niente paura, perché ben presto questo numero
diminuirà in modo sostanziale. Scoprirai che, restando concentrato sul presente, ti sentirai felice e soddisfatto. E questo sarà
lo stimolo che ti darà la fiducia per continuare a fare pratica.
2. Henry David Thoreau, Camminare, SE studio editoriale, Milano, 1989,
pag. 59.
84
BREVE
RIEPILOGO
P
ensiero, Stati d’Animo, Realtà Distinte, Sentimenti
e Momento Presente: l’importante non è ricordare
i Principi in sé, ma la direzione che indicano, che
ci allontana dai pensieri ossessivi su problemi e persone,
guidandoci verso un luogo più tranquillo dentro di noi, verso
sentimenti migliori. I Principi non ci incoraggiano a “non
pensare”, ma a ricordarci che il pensiero è una funzione che
nasce dentro di noi.
Una volta compreso questo concetto, possiamo coltivare un
rapporto sano con il nostro pensiero: un rapporto che ci permette di dare origine ai pensieri senza lasciarci infastidire,
turbare, sopraffare o spaventare. Conoscendo i meccanismi di
quel che accade nella nostra testa, i Principi ci aiutano a essere
pazienti con noi stessi e con gli altri. Ci ricordano che funzioniamo tutti allo stesso modo e, di conseguenza, ci spingono a
concedere qualche attenuante a noi stessi e agli altri. I Principi
fungono da carta stradale per raggiungere sentimenti più positivi, per arrivare all’amore.
Quando siamo angosciati da un pensiero, i Principi ci ricordano che possiamo distogliere l’attenzione dal problema e indi-
85
rizzarla verso una sensazione di appagamento. Quest’ultimo
non deriva dall’aver analizzato la questione fin nei minimi particolari ed essere giunti a una conclusione soddisfacente, ma è
la diretta conseguenza del cosiddetto “funzionamento psicologico sano”. È quella felicità che proviamo quando non pensiamo attraverso il sistema di pensiero individuale e la nostra
cornice di riferimento abituale, ma con una mente tranquilla.
Non solo il funzionamento psicologico sano ci fa sentire bene,
ma ci permette anche di sperimentare idee nuove per vivere la
vita e risolvere i problemi.
Nella seconda parte del libro vedremo come i cinque Principi
possano essere applicati a quelle aree della vita spesso considerate intrinsecamente difficili. Una volta capito il meccanismo del funzionamento psicologico sano, sarai in grado di
destreggiarti nella vita con leggerezza e con un sentimento di
gioia e gratitudine.
86
PARTE SECONDA
Applicazione
dei PRINCIPI
CAPITOLO SEI
LE RELAZIONI
INTERPERSONALI
L’amico è colui che incontro
e mi accetta per quello che sono.
Henry David Thoreau
P
er molte persone è difficile gestire i rapporti con gli altri.
Eppure, una volta compresa la loro natura e il modo
in cui applicarvi i cinque Principi, entrare in contatto
con gli altri non costituirà più un problema e ci regalerà doni
sempre più grandi.
Ogni relazione comincia da noi. Quando noi per primi accediamo a uno stato fatto di sentimenti positivi, apriamo la porta
al rispetto reciproco, a una comunicazione aperta e onesta e a
un senso di amore sincero. Se la nostra vita è appagata, possiamo dedicare un po’ della nostra soddisfazione agli altri. Se noi
per primi ci sentiamo bene, non abbiamo motivo di mostrarci
ipercritici o di metterci sulla difensiva, perché non percepiamo
più gli altri come una minaccia.
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Le persone con cui entri in contatto, uomo o donna che siano,
fanno del proprio meglio per vivere bene. Nessuno si alza al
mattino con l’intenzione di rovinarti la vita (tranne forse chi
soffre di seri disturbi mentali). La gente cerca sinceramente
di fare del proprio meglio perché la propria vita e quella degli
altri funzionino al meglio. La maggior parte delle persone, soprattutto quelle a noi più vicine, accoglierebbe a braccia aperte
l’opportunità di aiutarci a far scorrere la nostra vita in modo
ancora più tranquillo.
Da un punto di vista psicologico, ogni persona funziona allo
stesso modo. Tutti noi abbiamo dei pensieri (Principio del
Pensiero). Tutti noi conosciamo diversi stati d’animo (Principio degli Stati d’Animo). E dato che pensieri e stati d’animo
sono unici per ognuno di noi, tutti noi viviamo in realtà distinte
(Principio delle Realtà Distinte). Tutti noi proviamo dei sentimenti (Principio dei Sentimenti). Ho pensato di mettere i principi fra parentesi perché leggendo, a questo punto ci si chiede
cosa sono le 4 componenti. Valgono per te, il tuo partner, i tuoi
colleghi, i tuoi figli. Valgono per me, mia moglie, le mie figlie, i
miei clienti. Valgono per tutti.
Prendiamo in considerazione il Principio del Pensiero. Ognuno di noi pensa in continuazione e continuerà a farlo per il
resto della vita. Si tratta di un elemento impersonale dell’esistenza che non conosce interruzioni, che ci piaccia o no. Con il
sole o con la pioggia, il pensiero continua la sua marcia, dentro
di noi e dentro gli altri. Come possiamo sfruttare questa abilità
a nostro vantaggio?
I sistemi di pensiero degli altri
Abbiamo imparato che i pensieri con schemi ricorrenti entrano
a far parte del nostro sistema di pensiero individuale. Trattandosi di un sistema che non necessita di conferme dall’esterno
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(in gergo psicologico è quel che si definisce un “sistema chiuso”), non siamo in grado di metterlo in dubbio e abbiamo sempre l’impressione che la nostra visione della vita sia accurata e
realistica. Per questo motivo, e perché i sistemi di pensiero sono
fortemente autoconservativi, andiamo a mettere in discussione
la vita e il comportamento degli altri. Le informazioni in contrasto con le opinioni che nutriamo vengono filtrate dal nostro sistema di convinzioni e giudicate come “incoerenti con la
verità”, “uno strano modo di comportarsi”, “strane”, “insolite”,
“diverse” e, nella maggior parte dei casi, “sbagliate”.
A mano a mano che conosciamo meglio un’altra persona, la
tendenza a mettere in dubbio il suo sistema di pensiero aumenta invece di diminuire. Più opportunità abbiamo di interagire
e passare del tempo con altri sistemi di pensiero, più sono numerose le possibilità di conflitto. Ecco perché, per molta gente,
il rapporto più difficile da gestire è il matrimonio. Per chi non
è sposato, invece, in genere le difficoltà maggiori si incontrano
con le persone con cui si ha un rapporto più stretto o intimo. In
un certo senso è ironico che a darci più fastidio siano proprio
le persone a cui vorremmo essere più legati. Ma non potrebbe
essere altrimenti, a meno che (e finché) non capiamo il nostro
funzionamento psicologico e quello del nostro partner. Quando ci saremo riusciti, potrà accadere il contrario. Con un po’
di comprensione, proveremo un amore e un rispetto nuovi nei
confronti delle persone con cui abbiamo scelto di passare il nostro tempo. Conserveremo i sentimenti positivi che proviamo
per loro in quanto persone speciali e uniche. Non saremo più
preoccupati dalle differenze che ci separano, forse le troveremo
persino divertenti! Cominceremo a vedere gli altri come comprimari, piuttosto che come avversari.
È di cruciale importanza sapere e comprendere che il nostro
partner (o qualsiasi altra persona con cui abbiamo una relazione) vede la vita in modo altrettanto chiaro. Nessuno mette in
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discussione la propria visione della vita, perché è il pensiero a
dare origine all’esperienza. Dato che osserviamo la vita dall’interno, la visione che ne abbiamo passa per il nostro sistema di
pensiero e di conseguenza avremo sempre l’impressione che
chiunque altro potrebbe vedere le cose come noi, se solo non
fosse tanto ostinato o cieco. Ma ciò non può accadere né mai
accadrà: per mantenere positivi i rapporti con gli altri dobbiamo accettare il sistema di pensiero come un dato di fatto.
Riconoscere un simile concetto ci offre un punto di vista umile
e al tempo stesso liberatorio. Da un lato, dobbiamo ammettere che quella che abbiamo sempre chiamato “vita” non lo è in
senso lato. La nostra versione personale della vita e l’interpretazione di quella degli altri sono arbitrarie. Se le informazioni
immagazzinate nella memoria e nel sistema di pensiero fossero
diverse, anche la nostra visione della vita e la reazione nei confronti di quella degli altri sarebbero diverse.
La buona notizia è che la tua versione della vita non è sbagliata.
È giustificata proprio come quella di chiunque altro perché,
da un punto di vista psicologico, funzioniamo tutti allo stesso
modo. Una volta imparato a vedere gli altri da questa prospettiva, metteremo in conto di vedere le cose diversamente da loro.
E di conseguenza sarà sempre una bella sorpresa quando qualcuno vedrà le cose esattamente come noi. E quando ciò non
accadrà, poco male. Impareremo a dirci: “Oh, è così che vanno
le cose nel suo mondo.”
Non sto suggerendo di ignorare le differenze o di fingere che
determinate cose non ci diano fastidio. Se è questa l’idea che
è passata, allora ti invito a rileggere i capitoli sul Principio del
Pensiero e sul Principio delle Realtà Distinte. Il sistema di pensiero è neutrale. Non possiamo fingere che non esista né abbiamo alcuna possibilità di eliminarlo. Tutto ciò che possiamo fare
è capire che noi (come chiunque altro) ne possediamo uno e che
questo determina ciò che vediamo. Con una tale consapevolez92
za potremo cominciare ad ascoltarci cum grano salis, vale a dire
con saggezza e buon senso. Impareremo a prendere meno sul
serio noi stessi e i nostri pensieri personali. Con l’aumentare di
questa consapevolezza, saremo sinceramente sempre meno infastiditi dagli altri e non prenderemo più i loro pensieri troppo sul
serio o sul personale. Potremo comunque essere in disaccordo
totale con qualcuno, e sarebbe una cosa del tutto normale. Non
dobbiamo per forza vedere le cose allo stesso modo degli altri,
perché ora disponiamo di una nuova prospettiva.
Coltivare i sentimenti positivi nelle relazioni
L’aspetto più importante quando si coltiva una relazione è il
sentimento che si viene a creare tra due persone. Se è un sentimento positivo, diciamo di avere un buon rapporto. Se non è
poi tanto positivo, o lo è meno rispetto al passato, diciamo di
avere un cattivo rapporto. In entrambi i casi, quando siamo agli
inizi, ogni rapporto è caratterizzato da un certo grado di calore e sentimenti positivi. Sono principalmente questi elementi
che permettono alla relazione di proseguire, e si manifestano
perché i soggetti coinvolti non pensano in modo critico l’uno
dell’altro! Se non focalizzi l’attenzione sugli aspetti negativi di
una persona, permetti all’amore e al rispetto che provi nei suoi
confronti di emergere.
I sentimenti che proviamo influenzano sempre il nostro interlocutore. Per esempio, immagina di dire a tuo figlio: “Ma certo
che ti voglio bene, sono tuo padre.” Se lo dici con un tono duro,
il bambino o la bambina non ti prenderà alla lettera; sentirà
e percepirà il tono o il sentimento che stanno dietro alle tue
parole. Ci sono moltissimi esempi di esperienze simili che ci
capitano ogni giorno. Sia che ci rivolgiamo ai nostri figli, al
coniuge, al partner, agli amici, al capo, ai dipendenti o a uno
sconosciuto, saranno i sentimenti dietro alle nostre parole, e
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non le parole stesse, a determinare l’interpretazione e la reazione dell’interlocutore.
L’unico modo per recuperare l’affetto nei confronti di un’altra
persona è capirne innanzitutto l’importanza e farlo diventare
una priorità. Provando affetto per qualcuno, sei portato a mettere da parte le differenze tra di voi, se ci sono delle problematiche,
cerchi di risolverle con calma, facendo ricorso alla tua saggezza.
Se invece non provi affetto per una persona, tendi a reagire in
base al tuo abituale sistema di pensiero, punti di continuo il dito
contro le differenze che vi separano e attribuisci a esse la colpa
del tuo disagio. Come abbiamo visto, però, non sono le differenze a determinare i sentimenti, ma il pensiero. Comprendere il
meccanismo del pensiero può liberarci dai suoi effetti negativi.
Il secondo aspetto importante per recuperare i sentimenti positivi verso gli altri consiste nel riuscire a vedere l’innocenza
insita nel loro cattivo comportamento e a guardare oltre. Al
di sotto del proprio comportamento negativo, ognuno di noi
vuole mostrarsi affettuoso, amichevole e comprensivo. Non ho
ancora incontrato né lavorato con nessuno che non si consideri
una brava persona o che non pensi almeno di avere il potenziale per esserlo. Persino chi appare aggressivo, ostinato ed egoista
si vede (o vorrebbe vedersi) come una bella persona.
Il Principio degli Stati d’Animo ci insegna che ognuno di
noi agisce come se al suo interno ci fossero due persone. Nei
momenti migliori, accediamo alla saggezza e al buonsenso,
ci mostriamo amichevoli, collaborativi e gentili. Ma nei momenti peggiori, perdiamo l’equilibrio, inciampiamo, abbiamo
la tendenza a essere negativi ed esageriamo i difetti degli altri. Il fattore che determina il nostro comportamento in ogni
istante è il grado (o la mancanza) di sicurezza che percepiamo
dentro di noi.
Rifletti per un attimo sul tuo atteggiamento: come ti comporti
e cosa pensi della vita quando ti senti insicuro? La prendi così
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come viene, ti senti a tuo agio e coltivi rapporti amichevoli?
Ovviamente no. Be’, ogni persona funziona allo stesso modo,
comprese quelle con cui abbiamo una relazione. Se abbiamo
l’umiltà di capire e accettare questo aspetto degli esseri umani,
possiamo concedere delle attenuanti al comportamento altrui.
Nessuno può dare il meglio di sé se si sente insicuro.
Pensa a qualcuno che conosci e che ti dà l’impressione di essere sempre pronto a offendere e a pretendere molto dagli altri,
qualcuno per cui ti è difficile provare sentimenti positivi. Nonostante le tue difficoltà, sai che c’è chi gli vuole bene. Com’è
possibile? Chi gli vuole bene è forse cieco di fronte all’evidenza? No. Fa esattamente come chiunque altro, noi compresi, con le persone a cui si tiene, senza nemmeno rendersene
conto. Va oltre il comportamento di quel soggetto, che non ha
una personalità statica, scolpita nella pietra, ma un comportamento che fluttua in base al suo livello di sicurezza. Quelle
persone dicono: “Oh, Jim non intendeva davvero quello che ha
detto. Tende a perdere il controllo e a volte dice quello che non
dovrebbe.” Loro vedono Jim, mentre tu vedi il comportamento
di Jim.
Siamo tutti in grado di andare oltre il comportamento di qualcuno e ogni volta lo facciamo in modo intuitivo. Quando sappiamo che le azioni delle persone a cui vogliamo bene sono il
frutto della loro insicurezza, siamo capaci di non dare loro peso
o di difenderle. Per migliorare i rapporti con gli altri, dobbiamo
imparare a fare lo stesso, intenzionalmente, a provare affetto
anche per chi, secondo noi, non lo merita. Con la pratica, la
qualità dei nostri rapporti e il rispetto reciproco aumenteranno.
L’importanza dei sentimenti positivi all’interno di un rapporto
non sarà mai sottolineata abbastanza. Imparando ad accedere a
questi sentimenti, tireremo fuori il meglio non solo da noi, ma
anche da chi si trova al nostro fianco. La domanda che dobbiamo porci non è se il nostro partner si sentirà ancora insicuro e
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si comporterà di nuovo in un modo che non ci piace. Certo che
succederà. La lezione importante da imparare è riuscire a mantenere i sentimenti positivi verso il nostro partner. Se ci riusciremo, la sua fiducia in se stesso aumenterà e più alto sarà il suo
livello di sicurezza, migliore sarà il suo comportamento. Così
tutti vincono! Il nostro partner apprezzerà la comprensione e
l’amore che gli dimostriamo e imparerà dal nostro esempio. Se,
al contrario, non riusciamo a mantenere i sentimenti positivi
nei suoi confronti, il suo livello di sicurezza (già basso) tenderà
a diminuire ulteriormente. Più scemerà il suo livello di sicurezza, più il suo comportamento rimarrà sgradevole (o peggiorerà)
e i suoi sentimenti resteranno aspri.
Nelle relazioni mediocri, le persone commettono l’errore di
prendere sul personale i comportamenti negativi. Avvertendo
la comodità, il buonsenso e la praticità di mantenere i sentimenti positivi nei confronti degli altri (anche nelle avversità),
vedremo diminuire sia il numero sia la gravità degli episodi che
ci appaiono come attacchi personali. Gli altri percepiranno i
nostri sentimenti positivi verso di loro, si sentiranno rassicurati
e il risultato sarà una maggiore intimità e buoni sentimenti.
C’è un vecchio detto che afferma: “L’importante non è quello
dici, ma come lo dici.” La parte del “come lo dici” si riferisce al
sentimento che sta dietro alle parole scelte. Se vuoi interagire
in modo positivo, devi cercare i sentimenti positivi dentro di
te prima di parlare. Anche se pensi di essere giustificato o di
avere un vero motivo per essere arrabbiato, aspetta che venga
a galla un sentimento migliore. E a quel punto, la tua risposta
sarà sempre più appropriata ed efficace rispetto a come sarebbe
stata prima. Ciò non significa aspettare che ti venga in mente
qualcosa di carino da dire, ma aspettare semplicemente che si
presenti un sentimento positivo. Quando arriva, e prima o poi
succederà, le tue parole si aggiusteranno da sole. Potrebbero
essere carine, se le circostanze lo permettono, oppure no. Ma se
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avrai la pazienza di aspettare un sentimento positivo prima di
parlare, avrai relazioni di gran lunga migliori.
In quei casi estremi in cui sembra impossibile provare affetto per
qualcuno, devi capire che la persona che ti sta accanto viene influenzata da quello che provi. È nella tua natura riuscire a mostrare affetto nonostante un brutto comportamento e a tirare fuori la
saggezza e la comprensione di cui disponi. Un simile atteggiamento genera in cambio rispetto e comprensione, che smussano
il sentimento di frustrazione reciproca. Sia tu sia il tuo partner
vedrete allora la situazione da una prospettiva più chiara e ampia.
Invece di essere criticati a causa della nostra “natura spensierata”, cominceremo a ricevere quello che abbiamo sempre cercato in quantità maggiori: amore e rispetto da parte delle altre
persone e di noi stessi. Le persone rispettano e ammirano chi
si mostra comprensivo verso il loro stato mentale (soprattutto
quando è negativo), e apprezzano chi sa mantenere una sensazione di benessere anche quando gli altri “perdono la testa”.
Chi preferiresti avere intorno: una persona che si arrabbia e va
nel panico o qualcuno che mantiene la calma e sa come trarre
il meglio da ogni situazione difficile?
La misura in cui non siamo in grado di provare sentimenti positivi o amorevoli verso qualcuno è pari alla misura in cui pensiamo
in modo negativo a quella stessa persona, nel presente o tramite
ricordi negativi. Accantonando simili pensieri e ricordi, torneremo a provare sentimenti positivi per la persona in questione.
Sebbene possa sembrare normale, non è nella natura umana sentirsi negativi, frustrati o irritabili nei confronti di qualcun altro.
Quando ciò accade, è un segnale del fatto che hai ripreso a guardare la vita e gli altri attraverso il tuo abituale sistema di pensiero.
Immagina per un momento cosa succederebbe se, proprio nel
bel mezzo di un litigio con una persona a cui vuoi bene, scoppiasse un incendio a casa tua, per cui le vostre vite sarebbero in
pericolo. Cosa ne sarebbe della lite? Perderebbe tutta la sua im97
portanza. Verrebbe temporaneamente dimenticata, pensereste
invece a salvarvi e vi preoccupereste l’uno per l’altro. La vostra
unica preoccupazione sarebbe di riuscire a salvarvi a vicenda. I
sentimenti tra voi cambierebbero all’istante, in risposta al cambiamento del fulcro dell’attenzione.
Da un punto di vista psicologico, molti genitori vivono esperienze simili con i propri figli. Un minuto prima sono arrabbiati, per esempio al pensiero che il figlio sia di nuovo in ritardo
sull’orario stabilito per rincasare, e quello successivo, dopo aver
ricevuto una telefonata che li informa di un grave incidente in
cui il ragazzo è quasi rimasto ucciso, sono grati che sia ancora
vivo. Ognuno di noi ha sentito raccontare o ha vissuto personalmente un’esperienza di questo genere.
In entrambi i casi, gli individui coinvolti hanno dimenticato il
motivo per cui erano arrabbiati, riuscendo così a modificare i propri sentimenti nei confronti della persona con cui erano in collera.
Forse l’esempio più efficace è quando, all’interno di un matrimonio traballante, a uno dei coniugi viene diagnosticata una malattia
incurabile. La coppia si rende conto all’istante dell’assurdità e del
tempo sprecato a provare un sentimento che non fosse amore
reciproco. Gli anni di litigi e amarezze vengono dimenticati e il
rapporto recupera un senso di calore e compassione.
Ora che abbiamo una comprensione nuova di quanto sia importante prendersi cura delle relazioni e nutrirle, ci troviamo in una
posizione precaria. Ormai sappiamo troppo del nostro funzionamento psicologico per tornare indietro, almeno non del tutto.
Dobbiamo scegliere se ritrovare sentimenti più positivi dentro
di noi e migliorare i rapporti con gli altri oppure continuare a
pensare in maniera disfunzionale e sentirci insoddisfatti.
Non mi riferisco al fatto di pensare positivo o di costringerci a
pensare qualcosa di bello, ma al fatto che la nostra sofferenza
o mancanza di felicità deriva dall’atto stesso di pensare. Hai il
diritto di continuare a pensare quello che vuoi, per tutto il tem98
po che vuoi, ma una volta capito in che misura ogni momento della tua esperienza di vita dipende da ciò che pensi, senza
dubbio deciderai di porre fine ai pensieri che ti allontanano dal
sentimento che vorresti provare.
Meglio avere ragione o essere felice?
Se riteniamo che l’elemento più importante nelle relazioni interpersonali sia il sentimento esistente tra noi e il partner, allora il fatto di avere ragione è irrilevante, soprattutto se sminuisce
l’amore che proviamo per l’altra persona. Una volta capito il
meccanismo per cui il nostro sistema di convinzioni ci incoraggia ad avvalorare le interpretazioni sommarie che diamo alla
vita, impariamo che lo stesso vale per chiunque altro. Grazie a
una tale consapevolezza, non dovremo più discutere o arrabbiarci per le differenze che percepiamo.
Con l’aumentare dei sentimenti positivi per gli altri, la questione dell’avere ragione o torto perde di importanza. Possiamo
mantenere le nostre opinioni o preferenze, pur sapendo che derivano dai nostri pensieri e non da una verità incontrovertibile.
Diamo più importanza ai sentimenti positivi che alle opinioni.
Più riconosciamo la felicità in una relazione, più ci accorgiamo
delle cose che tendono ad allontanarci da essa. Tra queste, uno
dei fattori principali è la necessità di avere ragione.
Un’opinione presa troppo sul serio pone delle condizioni che
devono realizzarsi prima di poterti sentire felice. Per esempio,
all’interno di un rapporto, queste condizioni potrebbero essere:
“Se vuoi che ti ami e ti rispetti, devi prima essere d’accordo con
me e capire il mio punto di vista.” In presenza di sentimenti
positivi, un simile atteggiamento apparirebbe stupido e controproducente. Possiamo trovarci in disaccordo con l’altro, persino
su questioni importanti, e amarlo ugualmente: l’importante è
che il nostro sistema di pensiero non abbia più il controllo sulla
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nostra vita e che siamo in grado di vedere l’innocenza alla base
di punti di vista divergenti.
La necessità di avere ragione deriva da un rapporto malsano
con i propri pensieri. Credi che rappresentino la realtà e debbano essere difesi, oppure sai che esistono realtà diverse viste
attraverso occhi diversi? La risposta a questa domanda determinerà, in gran parte, la tua capacità di rimanere in uno stato
basato su sentimenti positivi.
Tutte le persone che conosco e che, nella loro personale lista
di priorità, hanno messo i sentimenti positivi sopra al fatto di
avere ragione, alla fine sono arrivate a capire che le differenze
di opinione vanno a posto da sole. Sentimenti più positivi ci
permettono di capire le posizioni degli altri, di prestare maggiormente ascolto e di esprimere le nostre convinzioni in modo
più compassionevole e attento. (Potremmo persino imparare
qualcosa!). E se ci capita di trovarci in disaccordo, grazie a essi
possiamo concederci il lusso di non farci troppo caso.
Gli stati d’animo nelle relazioni
Ognuno di noi ha l’impressione di essere un po’ come il dottor
Jekyll e Mr Hyde. Quando l’umore è buono o alto, gli altri ci
sembrano simpatici. Riusciamo a vedere la bellezza delle relazioni, pensiamo in modo saggio e abbiamo il senso della prospettiva.
Abbiamo la capacità di scendere a compromessi, capire altri punti
di vista e mantenere il senso dell’umorismo. Abbiamo buonsenso
a palate e sappiamo d’istinto cosa fare in caso di avversità.
Quando siamo di malumore, perdiamo la giusta prospettiva (o
l’orientamento) e la vita ci appare dura e frustrante. I rapporti
diventano un fardello e sembra che le altre persone siano irritanti o, in un certo senso, che ci abbiano preso di mira. In questi casi, consideriamo un affronto se la gente non vede le cose
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come noi e avvertiamo un senso di impellenza e sventura. Ogni
problema è la punta di un iceberg che ne nasconde uno molto
più grande al di sotto.
Quando l’umore torna buono, abbiamo ben poco per la testa.
La vita e i rapporti con gli altri sembrano scorrere senza intoppi
e, in un certo senso, si aggiustano piacevolmente. Ma quando
l’umore precipita, la mente si riempie di nuovo di preoccupazioni. Ed è proprio in questi momenti, quando disponiamo degli strumenti peggiori, che siamo tentati di risolvere i problemi
o di chiarire le questioni con gli altri.
Capire in che stato d’animo ci troviamo sia noi che gli altri è
essenziale, se vogliamo mantenere rapporti armoniosi e gratificanti. Se siamo di cattivo umore e non ce ne accorgiamo,
attenzione! Senza nemmeno saperlo andremo in cerca di guai,
perché la vita ci apparirà in tutta la sua urgenza.
Se il segnale d’allarme intrinseco di cui disponiamo (i nostri
sentimenti) entra in funzione (per il malumore) e siamo consapevoli di ciò che accade quando ci sentiamo così, tenderemo
istintivamente a rimandare (nei limiti del possibile) la discussione di problemi e preoccupazioni. In un simile stato mentale
non siamo in grado di prendere buone decisioni poiché non
vediamo gli altri per quello che sono in realtà, né vediamo la
situazione in modo lucido. Ci mostriamo sulla difensiva, ostinati, arrabbiati e di vedute ristrette, quattro fattori bomba in
grado di innescare un risvolto negativo nella relazione. Quando ci troviamo in uno stato mentale più elevato, i problemi
smettono di sembrare così gravi, con il risultato che la durata
del malumore sarà più breve e meno pesante, senza ulteriori
complicazioni dovute a decisioni infelici o a reazioni esagerate.
Non puoi evitare il cattivo umore, ma se ti accorgi di esserlo e
sapendo cosa comporta, prenditi un attimo di pausa e limitati
ad aspettare la comparsa di sentimenti migliori prima di affrontare questioni importanti.
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Ecco un esempio pratico di come una tale consapevolezza mi
abbia aiutato ad annullare una potenziale fonte di disarmonia.
Un giorno ero di umore davvero pessimo. Ero stanco e avevo
lavorato tutto il giorno con i clienti. Avevo l’impressione che
ogni cosa, fin dalla mattina, fosse andata per il verso sbagliato.
Una volta a casa, ricevetti una telefonata urgente da parte di
una persona che voleva discutere di un problema. L’unica cosa
che volevo fare era immergermi in un bagno caldo o magari
farmi coccolare da mia moglie e da mia figlia, ma quella persona non la smetteva più di parlare.
Se non avessi conosciuto il meccanismo degli stati d’animo,
una situazione simile mi avrebbe fatto perdere la testa! Avrei
reagito esprimendo rabbia e frustrazione, in modo spropositato e prendendo decisioni esageratamente dure. Poi più tardi
mi sarei pentito, ritrovandomi a scusarmi per il mio comportamento oppure, se fossi stato particolarmente ostinato, avrei
pensato di essere nel giusto e di avere avuto “tutte le ragioni”
per arrabbiarmi. Avrei riversato almeno in parte la frustrazione
su mia moglie senza nemmeno rendermene conto. Ma quel
giorno avevo la consapevolezza di essere di pessimo umore e
che in quel momento tutto mi sembrava peggiore rispetto a
come sarebbe stato più tardi. Perciò ascoltai come meglio potei
e dissi a quella persona che avrei preso in considerazione le
varie opzioni e le avrei fatto sapere. Accantonai le informazioni
nella mia testa, per poterle recuperare una volta migliorato il
mio umore. E infatti qualche ora dopo, tornato di buonumore,
mi sono sentito molto meglio e le risposte mi sono parse ovvie.
È importante ricordare che quando siamo di cattivo umore
e percepiamo un problema, se questo è reale esisterà ancora
quando staremo meglio, e riusciremo a gestire ogni avversità
con maggiore efficacia. C’è un altro aspetto molto importante.
Non nego il fatto che ci siano volte in cui non è semplicemente possibile aspettare che lo stato d’animo si evolva in meglio.
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Quel che è certo, però, è che con un umore migliore siamo nello stato mentale giusto per ottenere risposte efficaci, e possiamo attingere alla pazienza e alla saggezza necessarie per risolvere un problema. Non possiamo forzare il buonumore ma, se
abbiamo capito il meccanismo degli stati d’animo, non sarà un
problema. A seconda dello stato d’animo in cui ci troviamo, ci
limiteremo a fare del nostro meglio. Nell’esempio di poco fa, se
fossi stato costretto a prendere una decisione immediata, l’avrei
fatto con la consapevolezza di non avere una chiara visione dei
fatti. Avrei preso la decisione migliore possibile in funzione del
mio stato mentale, con la consapevolezza di non trovarmi nelle
condizioni ideali. In effetti, accorgersi di essere di cattivo umore ti aiuta a prendere una decisione migliore rispetto a quella
che prenderesti se pensassi (erroneamente) di vedere la vita (e
i fatti) in modo accurato. Con un po’ di compassione per il tuo
stato mentale, assumerai una posizione più flessibile. Quando
siamo di cattivo umore e dobbiamo prendere ugualmente una
decisione, la saggezza e la conoscenza del Principio degli Stati
d’Animo giocano un ruolo fondamentale.
È importante riconoscere quando siamo giù di morale e anche
quando sono gli altri a esserlo. Per la maggior parte di noi, non
è difficile intuire il livello di malumore di un altro, soprattutto
delle persone a cui siamo più legati. In effetti, spesso è più facile
percepire l’umore degli altri, soprattutto quando è basso, rispetto
al nostro. Se ci accorgiamo che una persona ha il morale a terra, è
sufficiente comprendere e rispettare il potere degli stati d’animo
così da non preoccuparcene e da non farci condizionare.
Quando una persona che conosciamo, amiamo o con cui lavoriamo si trova in uno stato d’animo negativo, non ha voglia di
scherzare e non vede le cose nella giusta prospettiva. Quando
sono giù di morale, il coniuge, i colleghi, i figli, i dipendenti, gli
amici eccetera, dicono e fanno cose che, se fossero di buonumore, non si sognerebbero mai di dire o fare. Se non fossimo
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consapevoli degli stati d’animo e dell’effetto che hanno sugli
individui, le loro azioni e i loro commenti incauti potrebbero
darci fastidio o ferirci.
Ciò significa forse che dovremmo giustificare un comportamento negativo? Sì e no. Non si tratta di voltare la testa dall’altra parte
o di fingere che una cosa non ti dia fastidio, ma di permettere a un
essere umano dotato di stati d’animo di esistere fino in fondo. Reagire con forza al comportamento di chi è di malumore è come
reagire al brutto tempo, cioè a qualcosa che va oltre la nostra sfera
di competenza. Ovviamente preferiremmo che le persone di malumore si mostrassero un po’ meno critiche o sulla difensiva!
C’è una cosa, però, che possiamo fare: portare nel mondo la conoscenza che abbiamo acquisito sugli stati d’animo e dare il buon
esempio. Possiamo imparare a non prendere troppo sul serio il
malumore degli altri o a non prendere sul personale quello che
dicono o fanno in quei momenti. Sta a noi giudicare la situazione e poi mostrare la compassione necessaria per aiutarli a uscire
dal malumore e a raggiungere uno stato mentale più produttivo.
Anche se le nostre forze da sole non bastano, possiamo aiutare
gli altri mantenendo il nostro equilibrio e un senso di felicità.
Se non ci facciamo contagiare, il malumore del nostro partner
durerà meno e ci apparirà meno grave.
Non cercare di dare consigli a qualcuno che è giù di morale! Nessuno è aperto a ricevere informazioni in un simile stato. Non devi nemmeno ignorarlo, ma solo capirlo e mostrarti
comprensivo. Il resto si aggiusterà da sé.
Le realtà distinte nei rapporti con gli altri
Secondo il Principio delle Realtà Distinte, al mondo non esistono due persone che vedano la vita nella stessa identica maniera.
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Tutti noi osserviamo la vita attraverso un filtro unico e personale: il sistema di pensiero. E anche se molti di noi ne sono consapevoli a livello intellettuale, il Principio delle Realtà Distinte
ci ricorda che non si tratta di un fatto meramente intellettuale,
ma psicologico. Una volta accettata questa verità, saremo liberi di
godere e di imparare in modo sincero dalle differenze, comprese
quelle che magari non riusciamo a capire.
Dato che ognuno di noi ha una propria cornice di riferimento, la percezione della vita cambia da individuo a individuo.
Avremo sempre l’impressione di vedere una situazione da una
prospettiva realistica, ma il Principio delle Realtà Distinte non
dà e non toglie credito a nessun punto di vista, né dibatte sul
fatto che sia giusto o sbagliato. Si limita a indicare che la realtà
è questione di prospettiva, e spiega come una determinata cosa
possa apparire in un certo modo a seconda della cornice di riferimento. In base a questo Principio, è come se ognuno di noi
rappresentasse un quadro diverso!
L’individuo A è certo che il mondo sia un luogo sicuro, mentre
l’individuo B crede che sia un luogo pericoloso. Chi ha ragione? Entrambi: ognuno all’interno della propria cornice di riferimento. Entrambi sono in grado di portare una serie infinita
di validi esempi che dimostrino la correttezza del proprio punto di vista ed entrambi ne saranno assolutamente certi.
Una volta capito il funzionamento del sistema di pensiero
per creare la nostra prospettiva del mondo, siamo liberi di
spingerci oltre questi limiti. Se qualcuno è in disaccordo con
noi o si sente deluso, ci sentiamo meno minacciati perché
sappiamo che si tratta di una dinamica inevitabile. Riconosciamo l’innocenza alla base dei pensieri negativi e delle
convinzioni che nutriamo, così come della negatività degli
altri. Sappiamo che le convinzioni sono il risultato del condizionamento del passato. La consapevolezza delle realtà
distinte ci permette di prendere le cose meno sul personale,
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perché conosciamo la natura di pregiudizi, convinzioni e filosofie di vita.
Considerando che ognuno ha una visione diversa della vita,
possiamo allargare la nostra e considerare questo dato di fatto razionale e bello, aprendo la porta a rapporti più proficui
che permettano a entrambe le parti di crescere. Diventeremo
spontaneamente meno critici e non staremo sulla difensiva;
non ci dedicheremo a predicare la nostra personale visione
della vita, ma a concorrere alla creazione di un sentimento positivo universale.
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CAPITOLO SETTE
LO STRESS
Riflettendo si vedono meglio le cose.3
Euripide
L
a maggior parte degli esperti di gestione dello
stress probabilmente affermerà di avere un lavoro
“stressante”. Dato che viviamo in un mondo
stressante, la cosa migliore in cui possiamo sperare è trovare
metodi migliori per gestire la situazione, almeno secondo il
pensiero della psicologia moderna. Per gran parte della gente
lo stress è un “fatto della vita”, una dura realtà che deve essere
affrontata. Lo stress è così diffuso che gli altri si offendono
se non sembriamo stressati anche noi. È percepito come
una parte necessaria del successo, dei rapporti con gli altri,
della carriera e dell’esistenza. La parola stessa è diventata
polivalente e descrive, avvalora e spiega praticamente qualsiasi
aspetto che non funzioni nella nostra esistenza. “Se non fossi
così stressato, la mia vita sarebbe migliore” è una convinzione
molto diffusa.
3. Euripide, Ippolito. Feltrinelli Editore, Milano, 2005, pag. 83.
107
Lo stress è una delle cause principali di infelicità, ma non dobbiamo arrenderci. Una volta capito da dove trae origine (dalla
mente) e il rapporto che ha con il pensiero, potremo cominciare a cancellarlo, a prescindere dalle circostanze in cui ci troviamo. Lo stress non è altro che una forma socialmente accettabile
di malattia mentale e può essere in gran parte eliminato.
Lo stress non è qualcosa che “ci capita”, ma piuttosto si sviluppa
all’interno dei nostri pensieri. È dentro di noi che decidiamo
cosa sarà o non sarà fonte di stress. Il gioco d’azzardo può essere eccitante per una persona o portare un’altra all’esaurimento
nervoso. I figli possono essere lo scopo della vita per qualcuno
o comportare troppe responsabilità per qualcun altro. Lavorare
a contatto con le vittime di stupro può essere una nobile causa
per certe persone o provocare ansia in altre. Di fatto tutti questi
esempi, così come molte altre situazioni quotidiane, sono neutri e non stressanti per loro natura.
Nel momento in cui affermiamo che lo stress arriva da un posto
diverso da noi stessi, creiamo le condizioni per provarlo, ed è
troppo tardi per evitarlo. Ogni volta che diciamo che lo stress è
“fuori”, avvaloriamo la tesi della sua esistenza. E allora dobbiamo trovare dei modi per gestire, controllare o manipolare ciò
che riteniamo responsabile dello stress. Quindi, per esempio,
se crediamo che una relazione con qualcuno che lavora la sera
fino a tardi sia intrinsecamente fonte di stress, cercheremo di
capire come gestire la situazione. Magari spenderemo energie
nel tentativo di convincere il nostro partner a cambiare lavoro
e, di fronte al suo rifiuto, diremo: “Vedi, lo sapevo che avevamo
dei problemi da risolvere. Questa è una situazione stressante.”
Oppure potremmo prendere una strada completamente diversa e lavorare con dedizione sul rapporto, frequentando corsi e
workshop, leggendo libri o andando da un consulente matrimoniale, il tutto nel tentativo di gestire lo stress causato dal
rapporto stesso.
108
A prescindere dalla strategia scelta, così facendo avvaloriamo
l’esigenza di dover affrontare la situazione, che è stressante solo
perché siamo stati noi a definirla tale. Non ci viene in mente di
mettere in dubbio la nostra ipotesi; tutti i corsi, i workshop, i
libri e i consulenti che abbiamo scovato danno per scontato che
la nostra ipotesi iniziale sia corretta e che abbiamo davvero bisogno di imparare a gestire lo stress. Dopo ogni corso frequentato e ogni libro letto, la convinzione di vivere una situazione
stressante viene rafforzata e di conseguenza genera ancora più
stress. Più ci pensiamo o cerchiamo di cambiare le cose, più la
situazione sembrerà stressante, perché continuiamo ad avvalorare l’ipotesi che lo stress sia al di fuori di noi stessi.
Questo schema si sviluppa e mette radici sempre più profonde a prescindere da quella che riteniamo essere la causa dello
stress: il lavoro, il mondo, i rapporti con gli altri, la situazione
finanziaria, le esperienze passate, la politica e così via. Senza sapere da dove trae veramente origine lo stress, cerchiamo
un modo per cambiare quella che consideriamo la sua “fonte”
(l’ambiente in cui viviamo, per esempio) oppure per gestirlo. In
entrambi i casi, combattiamo una battaglia senza fine. Se non
riusciamo a cambiare le cose, possiamo continuare a sfruttarle
come scuse per la nostra infelicità, e se alla fine, invece, riusciamo davvero a cambiarle, ciò avvalora la nostra falsa convinzione sulla necessità di quel cambiamento per vivere una vita
felice e senza stress. Così la prossima volta che non ci piacerà
qualcosa, penseremo di dover cambiare di nuovo le circostanze
e ci impegneremo in una spirale negativa e infinita di stress.
Supponiamo che il fatto di avere molte cose da fare comporti
intrinsecamente dello stress. Se non puoi rivedere il tuo piano
di lavoro ti senti sfortunato e destinato a essere stressato per
sempre! Se invece riesci a cambiarlo, non fai altro che peggiorare il problema, avvalorando (nella tua mente) l’ipotesi di
partenza sulla fonte dello stress (“Devo cambiare il mio piano
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di lavoro per eliminare lo stress dalla mia vita”). Anche se rivedere e modificare il piano di lavoro può essere stata una buona
idea, la prossima volta che ti sentirai stressato penserai di ricorrere alla medesima soluzione: per poterti sentire meglio dovrai
cambiare le circostanze o l’ambiente in cui ti trovi.
Non è possibile gestire con successo ciò che in realtà non esiste.
Lo stress non esiste, se non nei tuoi pensieri. I pensieri stressanti non sono più reali di quelli non stressanti; sono solo semplici pensieri. Per sbarazzarti dello stress che attanaglia la tua
vita, devi prima capire che sei tu a percepirlo, che non si tratta di
una caratteristica intrinseca di una data situazione. Non esiste
un rapporto di causa-effetto tra gli avvenimenti della tua vita e
la sensazione di stress.
Per quelli di noi che hanno molto da fare, non esiste necessariamente un rapporto diretto tra il programma di lavoro e lo
stress: dopotutto, ci sono persone molto impegnate che non
sono per niente stressate! Non è tanto il carico di lavoro in sé,
ma il modo di pensare di chi lo svolge. Una volta capito che lo
stress non esiste, ma esistono solo pensieri stressanti, sei sulla
buona strada per cambiare all’istante e assumerti la responsabilità della tua vita. Ridefinendo lo stress come qualcosa che puoi
controllare, è possibile mantenere i sentimenti positivi, anche
quando le circostanze sono tutt’altro che perfette.
Gli attacchi del pensiero
Il pensiero sta al nostro livello di stress come l’acqua e il sole
al nostro giardino: se riflettiamo, ci soffermiamo o ci concentriamo su qualcosa, l’oggetto della nostra attenzione si ingigantisce nella mente e il senso di insoddisfazione ci appare
giustificato. Se qualcosa ci irrita, pensandoci abbastanza a
lungo siamo in grado di trasformarlo in una enorme fonte di
stress. Questo è il motivo per cui molta gente è infastidita dal110
le piccole cose. Senza capire le dinamiche del pensiero, è facile
gonfiarle a dismisura.
Tutto comincia con un pensiero: “Non mi importa poi molto di
Joann.” Poi, possono succedere due cose: ne prendi nota e lo accantoni come un pensiero di passaggio, oppure ti concentri su
di esso e gli permetti di crescere. Nel primo caso, quel pensiero
è finito e puoi passare al successivo. A questo punto, puoi decidere con calma se passare altro tempo con Joann e in che modo
comportarti. Ma se ti concentri su quel pensiero, comincerà a
crescere e risentirai dei suoi effetti stressanti. Ti accorgerai che
Joann ha una voce irritante e alcune sgradevoli abitudini. Ripenserai alle volte in cui non si è dimostrata una buona amica
nei tuoi confronti e ha fatto cose che non approvavi. In questo
modo sviluppi un “attacco del pensiero” in piena regola.
Cominci a sentirti lievemente arrabbiato e stressato. “E comunque, chi si crede di essere?”. Parli di lei con altri amici per
vedere se sono d’accordo con te. Alcuni lo sono, altri no. Tenderai allora a parlare solo con quelli che condividono le tue
stesse opinioni su di lei. Il risentimento degli altri giustifica
ulteriormente il tuo e ben presto Joann diventa “la cattiva”, la
causa del tuo stress.
Questa stessa dinamica funziona in qualsiasi circostanza e ambiente. A tutti sarà capitato di sentire la classica storia di come, in
un matrimonio, un fatto minimo come il modo in cui si spreme
il tubetto del dentifricio possa diventare fonte di grande discordia. In realtà il dentifricio o il modo di spremere il tubetto non
ha niente a che vedere con la crisi. A causare lo stress è il fatto
che ci concentriamo e rimuginiamo su questi aspetti. Il pensiero: “Mi domando se sarebbe un problema per lui/lei schiacciare il tubetto in un altro modo…” si trasforma in tutta una serie
di pensieri connessi con il passato. “Fa sempre le cose in modo
disorganizzato”, “Scommetto che lo fa apposta per darmi fastidio”, “Fa così da quando ci conosciamo”, “Tutto quello che fa mi
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infastidisce”, “Probabilmente le sue azioni hanno un significato
nascosto”, “Nessuno deve sopportare le cose che sopporto io” e
così via. Questo flusso di pensieri avviene in un istante e in modo
automatico, spesso senza nemmeno accorgercene.
Nel sentire per la prima volta questa teoria sul funzionamento
dello stress nella nostra vita, spesso la gente crede che per attenuarlo sia necessario fingere che certe cose non ci diano fastidio. Non è così, posso assicurarlo! Tuttavia, si tratta proprio di
non lasciarti infastidire o immobilizzare dalle cose che ti hanno
irritato in passato. Grazie a una comprensione sempre più profonda di questo processo, imparerai che soffermarsi sui pensieri
stressanti ti impedisce anche di comunicare i tuoi bisogni agli
altri in modo efficace.
La maggior parte della gente è in grado di accettare che il partner proponga un modo alternativo di fare le cose (purché la
proposta non dipenda dallo stress). Meno stress provi o mostri,
più gli altri riescono a recepire le tue esigenze. Al contrario,
più ti senti stressato, più appari esigente agli altri, che saranno
quindi meno aperti alle tue richieste.
Immagina di avere un amico che di norma arriva sempre in
ritardo. Negli ultimi tempi ti sei accorto che questa “abitudine” è peggiorata e decidi di parlargliene. Se ti senti arrabbiato,
stressato o infastidito e gli ricordi tutte le volte che è arrivato in
ritardo, quanto ti abbia deluso e così via, probabilmente susciterai una risposta difensiva da parte sua. L’impellenza nelle tue
parole sarà fin troppo percepibile e non ci sarà verso di fargli
sentire le tue ragioni. Di conseguenza, continuerà ad arrivare in
ritardo come al solito, o forse ancora di più.
Tuttavia, se tu per primo ti trovi in uno stato positivo e tiri fuori la questione con calma, accadrà il contrario. Avrai un interlocutore aperto che ti starà ad ascoltare e così potrai continuare
a godere del rispetto e dei sentimenti positivi che l’amico già
provava nei tuoi confronti.
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I dettagli dei nostri pensieri
I dettagli, i particolari dei nostri pensieri, alimentano la nostra
attenzione e spesso aggravano il senso di stress. Se ti senti giù
di morale e pensi: “Il mio lavoro non mi piace granché”, possono succedere due cose. Ti limiti ad accantonare il pensiero
e/o decidi di ripensarci più tardi, quando starai meglio, oppure
rincari la dose con ulteriori dettagli: rimugini sul perché non ti
piacciono il tuo lavoro, il tuo capo, il fatto di essere un pendolare eccetera. In questo caso, come capita spessissimo, i dettagli
del pensiero si succederanno a valanga l’uno dopo l’altro e aumenteranno il senso di stress. La soluzione migliore è scegliere
di svuotare la mente da tutti i pensieri sul lavoro e aspettare.
Contrariamente all’opinione popolare, pensare al motivo per
cui ci sentiamo male (al modo specifico in cui qualcosa ci infastidisce, invece di allentare la presa) in realtà peggiora ulteriormente il nostro umore e fa apparire i problemi che abbiamo avuto ancora più spaventosi, non il contrario. In questi
casi rischiamo di trasformare un semplice senso di disagio in
un’enorme fonte di stress.
Supponiamo che, al supermercato, un commesso ti dica in tono
duro di sbrigarti a compilare un assegno. Più tardi quel giorno racconti l’incidente a un amico (una cattiva idea di per sé).
Riferisci l’impressione che il commesso ha suscitato in te, il
suo tono di voce, le parole esatte, l’espressione sul suo volto, il
modo in cui ti ha fatto sentire, cosa avresti voluto rispondere
per vendicarti e così via. Più la descrizione si fa approfondita e dettagliata, più ti sembrerà di rivivere l’incidente. Quello
che provavi quando ti è capitato non è nulla in confronto a
quello che senti ora, nonostante l’incidente sia concluso e tu
sia uscito con un amico nel tentativo di godere della reciproca
compagnia. Dato che ormai sei pieno di rabbia e risentimento,
ti sembra sempre più ragionevole parlare e ricordare ulteriormente l’incidente. Inoltre, adesso sei certo che la causa del tuo
113
stress sia il commesso! Un circolo vizioso del genere sembra
senza fine, perché sei sempre alla mercé di qualsiasi persona e
cosa. A meno che il mondo non si conformi a ogni tuo sogno e
desiderio, continuerai a indispettirti. E sei stato tu a scatenare
tutto questo con un “attacco del pensiero”.
Per interrompere questo circolo dobbiamo capire che è il nostro pensiero a farci arrabbiare e che noi ne siamo gli artefici. Se
non ripensassimo all’incidente al supermercato, ma parlassimo
invece di qualcos’altro con il nostro amico, non avremmo più
in mente il commesso e non saremmo stressati. Più ripensiamo
all’incidente e ricreiamo la situazione, più il nostro pensiero ce
lo fa rivivere sotto forma di sentimenti ed emozioni.
Per contrastare questa tendenza, non dobbiamo ricorrere alla
forza di volontà o fingere di non avere mai avuto pensieri negativi. La mente di ognuno è attraversata di tanto in tanto da
pensieri negativi e carichi di rabbia. Ciò che possiamo fare è
imparare a ignorarli il più spesso possibile, capendo che non
abbiamo bisogno di rimuginarci sopra, anche se probabilmente
in passato lo abbiamo fatto molte volte. Nel caso dei pensieri negativi sul commesso del supermercato, basta vederli per
quello che sono: pensieri di rabbia. Non dobbiamo fare nulla,
solo lasciarli andare.
Un esempio personale
Fino a qualche anno fa, credevo che parlare davanti a gruppi
numerosi fosse un’attività molto stressante. Ogni volta che mi
capitava, facevo caso a tutto ciò che ritenevo causa di stress e ci
rimuginavo sopra. Mi concentravo su quanto sudassi e quanto mi sentissi nervoso; terminato il discorso, pensavo a tutte
le cose che mi ero scordato di dire e ripensavo alle facce nel
pubblico di chi non mi ascoltava. Come ciliegina sulla torta,
leggevo libri a supporto della mia ipotesi “corretta” secondo cui
114
parlare in pubblico è per natura un compito difficile e stressante e stavo a sentire amici, colleghi e chiunque altro condividesse
le mie convinzioni.
Ovviamente arrivavo sempre alla stessa conclusione: “Ho ragione, fare un discorso è molto stressante.” Più ci pensavo, più
diventavo nervoso e più consolidavo l’idea per cui i discorsi
fossero la mia fonte principale di stress. Non pensavo di essere
io, con il mio pensiero, a generare lo stress. Credevo fosse una
caratteristica intrinseca al compito di parlare in pubblico e che
non mi restasse altro se non abituarmici.
Quando ho capito che di fatto lo stress proveniva dai miei
pensieri e dalle mie convinzioni, ho cominciato a diventare un
oratore più efficace. Pensavo meno a come stavo andando e a
quanto mi sentissi stressato a parlare in pubblico, dedicando
invece la mia attenzione a cosa avrei detto e a come avrei presentato l’argomento. Piuttosto che concentrarmi su chi non mi
ascoltava, mi rivolgevo a chi si mostrava interessato a quello
che dicevo. Dimenticando la pressione a cui immaginavo di
essere sottoposto, mi schiarivo la mente e mi rilassavo. La pressione sanguigna diminuiva, cominciavo a divertirmi ed è così
che sono diventato un oratore molto più bravo.
Il funzionamento psicologico sano
Ci sentiremo sempre sotto stress (a prescindere dalle circostanze) se prendiamo troppo sul serio i nostri pensieri e li
facciamo crescere nella nostra mente. Per esempio, immagina
che il tuo capo ti dica che c’è un nuovo progetto da concludere in due settimane e che tu abbia anche diverse altre scadenze da rispettare.
Il funzionamento psicologico sano consiste nel far entrare l’informazione da un orecchio, lasciare che attraversi il cervello e
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farla uscire dall’altra parte. In questo modo potrai scegliere la
linea di condotta più appropriata. La reazione al nuovo incarico può variare in base a quanto in fretta avrai voglia di iniziarlo.
Il funzionamento psicologico sano ti impedisce di stipare nella
mente pensieri dettati da panico, frustrazione, rabbia o autocommiserazione. Al contrario, dati i fatti ti permette di vedere
la soluzione migliore con mente lucida.
In mancanza di un funzionamento psicologico sano (cioè in
presenza di stress) riceveresti comunque l’informazione ma, invece di lasciarla scorrere nella mente, subiresti un “attacco del
pensiero” e ti concentreresti sui dati analizzandoli fino a essere
travolto dalla frustrazione. Finiresti col dire: “Ho sempre un
sacco di scadenze da rispettare” oppure “Non riuscirò mai a
finire questo lavoro”, oppure “Ma perché proprio a me?”.
In questi casi anche un avvenimento minimo può trasformarsi
in un vero e proprio incubo personale. Una volta ho sentito la
storia di un postino che era andato nel panico e si era arrabbiato a causa dell’aggiunta di due case al suo giro di consegne, che
da trenta sarebbero passate a trentadue! Per la maggior parte
della gente si sarebbe trattato di un aumento gestibile, ma per
lui era una situazione estremamente stressante.
La chiave per eliminare lo stress dalla nostra vita è capire che
siamo noi a innescarlo, proprio com’è successo al nostro amico
postino. Ogni volta che ingigantiamo un pensiero nella mente, creiamo il potenziale per lo stress. Comprendendo questa
dinamica psicologica, potremo cominciare a lasciare andare i
pensieri che interferiscono con il nostro funzionamento psicologico sano, recuperando lo stato più naturale che conosciamo:
lo stato di appagamento.
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Lo scopo dello stress
Lo stress causa sentimenti spiacevoli; i sentimenti sono una
guida, o una bussola, che in ogni dato momento ci indicano
quale direzione abbiamo preso da un punto di vista psicologico. Avvertiamo un senso di appagamento? Siamo abbastanza
felici del compito di cui ci occupiamo? Oppure abbiamo preso
troppo sul serio i nostri pensieri e siamo rimasti intrappolati?
Lo scopo dello stress è quello di metterci in guardia quando ci dirigiamo verso un pericolo psicologico. Più ci sentiamo stressati, più
è importante lasciar perdere i pensieri che abbiamo per la testa.
Lo stress può esserci amico e ci fa capire quando ci stiamo allontanando dalla felicità e dai pensieri originati a mente lucida.
Lo stress fisico mostra queste implicazioni in modo ancora più
chiaro. Per esempio, se capiamo che ci sta venendo il raffreddore (una piccola dose di stress fisico), possiamo decidere se prenderci o meno un giorno di ferie. Se lo stress fisico aumenta, siamo inclini a prestare molta più attenzione ai nostri sentimenti
e prendiamo decisioni per annientarlo. Allo stesso modo, un
atleta che prende una storta alla caviglia probabilmente deciderà di interrompere temporaneamente l’attività sportiva per
permettere alla caviglia di guarire. Peggiore è il senso di stress
fisico, maggiore è la necessità di riposare.
Lo stress psicologico ha lo stesso identico scopo. Maggiore è
il senso di stress, maggiore è il bisogno di rallentare o interrompere non solo ciò che stiamo facendo ma, cosa più importante, anche ciò che stiamo pensando. Ma, per qualche strana
ragione, questo concetto non è sempre ovvio. Infatti, quando
la gente si sente stressata, di solito si rimbocca le maniche e si
mette al lavoro. Se crede che stia emergendo un problema in un
rapporto cerca di “andare a fondo”, oppure se ha qualcosa per
la testa è determinata a capire di cosa si tratta. Se c’è del lavoro
da fare, mette il piede sull’acceleratore e dà gas.
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Le dinamiche dello stress fisico e di quello mentale funzionano
esattamente allo stesso modo. Così come quando siamo malati
non siamo al meglio della forma fisica, allo stesso modo quando proviamo stress emotivo non siamo al meglio della forma
mentale. In presenza di stress, perdiamo l’orientamento psicologico, la saggezza e il buonsenso; tendiamo a prendere le cose
troppo sul serio; perdiamo di vista la visione d’insieme e spesso
ci perdiamo nei dettagli dei singoli problemi.
Abbassare il livello di tolleranza allo stress
Sorprendentemente, la soluzione allo stress sta nel cominciare
ad abbassare il livello di tolleranza nei suoi confronti. È il contrario rispetto a ciò che hanno insegnato alla maggior parte di
noi, ma è la verità. Abbassare il livello di tolleranza si basa sul
semplice principio per cui il nostro livello di stress interiore
sarà sempre pari a quello della nostra tolleranza. Questo è il
motivo per cui chi è in grado di gestire grandi quantità di stress
si ritrova a farlo continuamente.
Le persone con un livello altissimo di tolleranza allo stress possono avere un attacco di cuore prima ancora che abbiano prestato attenzione ai campanelli d’allarme dello stress stesso. Altre
possono porre fine al loro matrimonio o ritrovarsi in un centro
di recupero dalla dipendenza da alcol e droghe. Chi invece ha
un livello di tolleranza più basso, inizia prima a stare attento
allo stress, non appena comincia a sentirsi oppresso dal lavoro o
quando si ritrova a rispondere in malo modo ai figli. Altri ancora, con una tolleranza allo stress pari a zero, capiscono che è ora
di rallentare e di riguadagnare la giusta prospettiva sulla vita già
ai primi pensieri negativi su amici o familiari.
Minore è il livello di tolleranza allo stress, migliori sono le nostre condizioni da un punto di vista psicologico. Se l’obiettivo è
individuare lo stress il prima possibile, potremo “stroncarlo sul
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nascere” e riconquistare velocemente uno stato con sentimenti
più positivi. Abbiamo sempre diverse possibilità di scelta a disposizione; in effetti, in qualsiasi situazione abbiamo tutta una
serie di “punti di scelta”. Più aspettiamo ad accantonare i pensieri stressanti, più difficile sarà tornare al nostro stato mentale
naturale. Alla fine, con la pratica, ognuno di noi sarà in grado
di arrivare al punto di essere consapevole dei propri pensieri
negativi prima di farsi portare fuori strada. Ricorda: un solo
pensiero ti separa da un sentimento positivo.
Questo nuovo modo di vedere lo stress non prescrive pigrizia o
apatia, al contrario. Più avvertiamo pace e felicità dentro di noi
e meno ci lasciamo distrarre dai nostri pensieri, più riusciamo
a essere produttivi ed efficienti in ogni area della nostra vita.
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CAPITOLO OTTO
Risolvere
i PROBLEMI
Il problema comune, tuo, mio e di chiunque altro,
non è pensare a cosa sarebbe giusto a patto che si possa realizzare,
ma trovare prima cosa potrebbe essere realizzabile,
poi come farlo diventare giusto con i mezzi a disposizione.
E c’è una bella differenza!
Robert Browning
Q
uando si cerca di risolvere un problema esistono diversi
elementi importanti da prendere in considerazione.
In questo capitolo discuteremo di come risolvere i
problemi attraverso la comprensione dei cinque Principi del
funzionamento psicologico sano.
Di norma la gente pensa che la soluzione a un problema derivi
da un’evoluzione nelle circostanze o da un laborioso processo di
pensiero. Ma c’è un’ulteriore alternativa: una comprensione del
problema che non sia “a casaccio”, che vada oltre il problema
stesso e si applichi in genere a qualsiasi tipo di complicazione.
121
Impareremo a trovare una soluzione capendo dapprima i limiti
degli approcci tradizionali e poi scoprendo il modo più efficace
per superare un problema o un avvenimento doloroso.
Prendiamo in considerazione la nozione tipica secondo cui
l’evolversi delle circostanze è uno dei modi principali per risolvere un problema. Com’è ovvio, capiteranno volte nella
vita in cui le circostanze saranno tutt’altro che ideali. Ma è
anche vero che la visione che abbiamo di esse varierà direttamente in relazione al nostro stato d’animo e ai sentimenti
che proviamo. In base a come ci sentiamo, le circostanze ci
appariranno in modo diverso. Se il livello dell’umore è basso,
il nostro matrimonio può apparirci come una trappola o un
peso. Se l’umore è alto e ci sentiamo bene, può apparirci come
una unione stimolante. Se siamo di cattivo umore, il nostro
lavoro può sembrarci noioso e insignificante, ma una volta
tornati di buonumore lo stesso lavoro ci sembrerà appagante,
o comunque un modo accettabile e onesto di guadagnarsi da
vivere. In entrambi gli esempi (così come in molti altri), le
circostanze non sono cambiate di una virgola. A cambiare è
il nostro stato d’animo, i nostri sentimenti. Cominciando a
capire il nesso tra stato d’animo e problemi, ci accorgiamo
che la risposta a questi ultimi non è necessariamente legata
all’evolversi delle circostanze. Con uno stato d’animo migliore, non solo la stessa circostanza ci apparirà sotto una luce
del tutto diversa, ma troveremo anche una soluzione ai nostri
problemi che non riuscivamo a vedere per colpa dello stato
d’animo negativo.
Non dimentichiamolo: lo stato d’animo è la fonte dell’esperienza, non la conseguenza. Quando siamo dell’umore più
nero, vediamo sempre e solo i problemi e il motivo della loro
esistenza. Una volta compreso il potere esercitato dagli stati
d’animo sul nostro modo di vedere le cose, capiremo che quando siamo di malumore è facile vedere dei problemi dove non
122
ci sono. Ma sapremo aspettare che passi, piuttosto che dare
ascolto o affidarci a ciò che proviamo in quello stato. Quando
ci sentiremo meglio le circostanze ci appariranno diverse e troveremo risposte nuove.
Cambiare le circostanze e risolvere i problemi
Le circostanze sono sempre neutre. Se fossero davvero la causa dei nostri problemi, ci influenzerebbero sempre allo stesso
modo, cosa che ovviamente non accade. Sono i pensieri e le
nostre percezioni relative alle circostanze a dare loro vita.
Immagina di pensare che il tuo partner sia troppo critico nei
tuoi confronti. Nel modello di risoluzione dei problemi basato
sul “cambiare le circostanze”, l’unica soluzione attuabile è cercare di modificare il comportamento del partner. Così un giorno gliene parli, ma lui, che non è del tuo stesso avviso, risponde:
“Sei troppo sensibile.” E adesso?
Secondo round: torni sull’argomento. Questa volta, tuttavia, il
tuo partner non la prende tanto con filosofia e ti accusa di voler
litigare. “Vedi?” replichi, “Sei di nuovo critico.” E la storia va
avanti. A meno che il tuo partner non cambi (cosa che difficilmente accade), non riuscirai a risolvere il problema.
Ecco un altro esempio. Ti ritieni troppo vecchio o troppo
giovane per fare una determinata cosa. E allora ti servirà una
buona dose di fortuna per cambiare le circostanze! E se il problema fossero i soldi (che probabilmente ti mancano)? In questo caso è possibile cambiare le circostanze, ma cosa farai nel
frattempo? Continuerai a essere infelice fino a che non avrai
più soldi?
In tutti questi esempi, il problema è legato allo stato d’animo.
Quando sei di malumore, il tuo partner ti sembra troppo critico e vedi ogni suo suggerimento come un attacco. Con un
123
umore migliore invece, le stesse parole non ti danno minimamente fastidio. Se l’umore è basso, alcuni fattori come l’età, il
sesso, la razza o la religione, inibiscono la tua esperienza e ti
arrecano un danno ingiustificato. Con un umore migliore, sei
in grado di guardare oltre e di fare del tuo meglio in base a ciò
che sei. Sarai attratto dalle attività più adatte a te. In uno stato
di benessere, sei in grado di cogliere gli elementi di verità e di
preoccupazione nei tuoi confronti contenuti nei suggerimenti
degli altri, invece di sentirtene offeso.
In uno stato d’animo negativo, se il problema è la mancanza di
soldi, avrai sempre l’impressione che ne servano tanti per fare
qualcosa di piacevole o per cui valga la pena. Con un umore
migliore, non la pensi così, e trovi attività divertenti nei limiti del tuo budget, per quanto ristretto possa essere. Provando
sentimenti migliori, abbiamo già quello che di cui abbiamo bisogno per sentirci bene. Quello che ci manca non è importante e
siamo grati di ciò che abbiamo. Perseguiamo comunque degli
obiettivi, ma senza che ciò determini né rovini la nostra vita. Al
contrario, possiamo sentirci attratti da ciò che vorremmo e allo
stesso tempo godere di quello che abbiamo già.
La visione che abbiamo delle nostre circostanze personali cambia sempre in base alla costante evoluzione del livello dello stato
d’animo e dei sentimenti. Perciò, anche se a volte è giusto impegnarsi per ottenere un cambiamento positivo, non dobbiamo
fissarci sull’idea che cambiare sia l’unica risposta possibile.
A tutti capita di pensare: “Quello che faccio non mi piace.”
Molta gente, tuttavia, non si accorge che, per la maggior parte
del tempo, apprezza quello che fa. Fidandosi di ciò che prova
quando si sente giù di morale, salta da un lavoro all’altro, convinta di aver bisogno di cambiare per trarre maggiore soddisfazione. Ma una volta di malumore, non sarà contenta nemmeno
della nuova occupazione. La stessa logica vale anche per altre
situazioni esistenziali.
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È molto più facile e più pratico aspettarsi che a cambiare siano
gli stati d’animo e non le circostanze. In quest’ottica ha senso
aspettare a risolvere i problemi finché non ci sentiamo meglio.
Con sentimenti più positivi, abbiamo accesso al giudizio e al
buonsenso di cui disponiamo. Quando ci sentiamo bene, le risposte che ritenevamo impossibili perché eravamo di cattivo
umore, ci appaiono ovvie. Il partner con cui abbiamo litigato
un’ora prima ci sembra divertente, ora che abbiamo ritrovato
il sorriso. Scopriremo nuovi modi per comunicare e potremo
persino capire fino a che punto lo stato d’animo negativo ha
sempre ostacolato la comunicazione con gli altri.
La tua età, che un’ora fa (quand’eri di malumore) ti dava grande
pena, adesso non ha più importanza. Con uno stato d’animo
più positivo, sei in grado di vedere modi nuovi e creativi di
sfruttare l’età a tuo vantaggio e di considerare uniche le tue capacità. In uno stato mentale negativo, invece, tutto ti appariva
senza speranza.
Uno stato d’animo positivo ti permette di scoprire nuovi modi
per incrementare le tue entrate. Diventi più creativo e penetrante e sei maggiormente in grado di apprezzare le tue notevoli abilità. Riuscirai a cogliere alternative che, quando ti sentivi a terra, non riuscivi a vedere.
Uno dei fattori chiave per risolvere i problemi è capire che
“sentirsi bene” è molto utile. Prima vengono i sentimenti positivi e poi la soluzione dei problemi. È l’esatto contrario rispetto
all’idea di “cambiare le circostanze”, in cui la felicità dipende
dai risultati. La nostra capacità di risolvere i problemi è direttamente proporzionale a quella di accedere alla saggezza e al
buonsenso di cui disponiamo, qualità che derivano entrambe
da uno stato d’animo (mentale) positivo.
Basta ripensare alle migliaia di volte in cui le circostanze in
cui ti trovavi si sono evolute per capire che il loro cambiamento di per sé non era la chiave per la felicità o per risol125
vere i problemi. Se così fosse, saremmo tutti felici e senza
problemi! Ma non lo siamo. Ognuno di noi ha conosciuto
un’evoluzione positiva delle circostanze: abbiamo ottenuto
una laurea, un lavoro, un’approvazione, una promozione, un
premio o un’onorificenza che credevamo ci avrebbe resi felici.
Ma ben presto abbiamo perso di nuovo la felicità e abbiamo
cominciato a cercare modi migliori per cambiare le circostanze e migliorare la nostra esistenza.
La via d’uscita da una simile trappola psicologica consiste nel
capire che i problemi derivano dai nostri stati d’animo piuttosto che dalle circostanze in cui ci troviamo. Quando smettiamo di voler cambiare le circostanze e ci concentriamo su come
migliorare il livello dei nostri sentimenti, i problemi cominciano a svanire. Chi vive in uno stato di felicità trova risposte
e soluzioni che non gli sarebbero mai venute in mente in uno
stato d’animo negativo. È maggiormente in grado di gestire
qualsiasi tipo di sfida perché non spreca le energie cercando
di risolvere i problemi in uno stato mentale in cui nessuna
risposta sembra praticabile.
Analizzare i problemi
Il metodo “analitico” per risolvere i problemi comporta un’intensa riflessione, nella speranza di giungere a una soluzione.
Cerchiamo di pensare, risolvere, comprendere e analizzare i
nostri problemi.
Tuttavia, di solito la natura stessa dei problemi dipende dal
fatto che siamo “bloccati” su qualcosa. In qualche modo non
riusciamo a trovare una risposta. Le soluzioni però si manifestano nel momento in cui vediamo le cose in modo del tutto
nuovo, quando permettiamo alla saggezza di farsi avanti e di
assumere il comando. Per quanto possa sembrare assurdo, per
trovare una nuova soluzione a un problema dobbiamo smettere
126
di pensarci! Dobbiamo usare il “trasmettitore” e non il “computer” del nostro cervello. A mano a mano che la mente si svuota
dalle preoccupazioni, le risposte ci appariranno in modi che
non avremmo mai pensato possibili. La saggezza non è più
qualcosa di misterioso, significa solo vedere le stesse cose di
sempre in modo nuovo.
In questo libro abbiamo visto che i nostri pensieri crescono se
diamo loro attenzione e che più pensiamo a una determinata
situazione, più questa ci appare reale e spaventosa. E i problemi
non fanno eccezione!
La storia di Fred
Fred era un mio cliente e la sua principale preoccupazione erano i soldi. Malgrado i continui sforzi, credeva di non avere mai
abbastanza soldi per provvedere alla famiglia. Aveva passato gli
ultimi vent’anni a preoccuparsi, nel tentativo di “pensare” a una
buona soluzione. Nella sua mente ripercorreva all’infinito la
stessa serie di fatti e, ogni volta, si sentiva scoraggiato e frustrato.
La frustrazione non è esattamente lo stato mentale più produttivo che esista; anzi, forse è il meno efficace in cui possiamo trovarci. Pensare a qualcosa quando siamo frustrati non funziona,
perché siamo troppo vicini al problema per poterlo risolvere.
Nonostante le buone intenzioni, l’ossessione per i soldi di Fred
gli procurava solo maggiore frustrazione e nessuna soluzione.
Quando ha cominciato a capire che i suoi pensieri agivano a
suo svantaggio piuttosto che il contrario, Fred ha fatto un passo indietro, ha rallentato e ha tranquillizzato la mente. Con il
diminuire della confusione, ha trovato dentro di sé uno stato
d’animo più positivo e la soluzione al problema. Si è accorto
che era sempre stato in grado di risolvere il problema del denaro, bastava solo smettere di prestargli così tanta attenzione.
127
Alla fine Fred ha scoperto che la “soluzione” consisteva
nell’hobby che aveva da molti anni. Con uno stato mentale più
tranquillo e una prospettiva più ampia, Fred ha capito come
trasformare quell’hobby in un’opportunità di lavoro, e l’ha fatto.
Oggi ha i soldi extra di cui aveva sempre sentito la necessità.
Praticamente ognuno di noi ha attraversato un processo simile
nel tentativo di risolvere i problemi che si sono presentati nella
vita. Un mio amico lo definisce “effetto valanga”. Più pensiamo
a un problema, più cresce nella nostra mente. Più cresce, più
pensiamo che sia peggiorato perché lo vediamo più in dettaglio
e in modo “più chiaro”. Dato che ne sappiamo più di prima,
il problema si fa ancora più grande e perciò ne parliamo con
amici e familiari. Ben presto questi saranno d’accordo con noi
e a questo punto avremo davvero un problema!
Una volta Einstein ha detto: “Non puoi risolvere un problema
con lo stesso tipo di pensiero che hai usato per crearlo.” Credo
intendesse dire che per trovare la soluzione a un problema bisogna fare un passo indietro. E fare un passo indietro è un altro
modo per dire “smettere di pensarci”.
Probabilmente è capitato anche a te di pensare a qualcosa
con ossessività, nel tentativo sincero di trovare una risposta.
Dopo averci pensato e ripensato, alla fine hai gettato la spugna, hai guardato fuori dalla finestra, contemplando il panorama, oppure ti sei immerso in un bagno caldo per rilassarti.
E in quel preciso momento, ti è venuta in mente la risposta. “Ecco!” hai esultato, “Ecco la risposta che aspettavo!”.
Sfortunatamente, come ho scritto all’inizio di questo libro,
potresti aver pensato a torto che fossero stati i tuoi pensieri
ossessivi a dare origine alla soluzione. Ma non è così! La
risposta è giunta dalla tua saggezza interiore, da un luogo
che si trova al di là del pensiero, da un momentaneo senso di
appagamento e distensione. Conoscevi già i fatti e disponevi
già di tutti i dati che ti servivano. Hai semplicemente e final-
128
mente svuotato la mente perché la risposta venisse a galla. Ti
sei tolto di mezzo!
Il procedimento di non pensare troppo ai problemi funziona a
meraviglia nel caso dei matrimoni o dei rapporti con gli altri.
Ho visto molte coppie che hanno passato anni a bisticciare e
a discutere sempre per le stesse cose. Presi singolarmente, entrambi i coniugi confessavano di passare una quantità enorme
di tempo durante il giorno a pensare a ciò che non funzionava
nella relazione. Non sapevano che la causa era proprio l’attenzione che prestavano a quei pensieri: il loro principale fulcro di
attenzione era il fatto che il loro matrimonio non funzionava.
Quelle coppie avevano trascorso anni a perfezionare nella propria testa l’“arte di come non far funzionare un matrimonio”:
avevano pensato e ripensato sempre alle stesse cose nel tentativo di correggersi a vicenda.
Quasi senza eccezione, chi arriva a comprendere il processo di
pensiero è in grado di capire questa dinamica e di migliorare i
propri rapporti personali quasi all’istante. Questa nuova comprensione non significa fingere di non essere più infastiditi da
certe cose, ma piuttosto capire in primo luogo perché quelle
cose ci danno fastidio. Significa trovare soluzioni per i problemi della vita quotidiana basate sul buonsenso.
I problemi come principale
argomento di conversazione
Concentrarsi sui problemi è semplicemente una cattiva abitudine. Ci è talmente familiare pensare a “ciò che non va” che
i problemi si trasformano in uno dei principali argomenti di
conversazione con gli altri. Concentrarci su ciò che ci infastidisce, di qualsiasi cosa si tratti, non ci farà sentire meglio. Se
abbiamo l’impressione di essere stati trattati male da qualcuno,
129
parlarne non ci aiuterà. Se al lavoro o a casa abbiamo avuto
una “brutta giornata”, pensarci non ci aiuterà. Se le circostanze
ci appaiono senza speranza, rimuginarci sopra non ci aiuterà. Ad aiutarci davvero sarà uno stato d’animo migliore in cui
mettiamo da parte i problemi, non concedendo loro le energie
e l’attenzione di cui hanno bisogno per continuare a crescere
nella nostra testa, fino a sembrare ben peggiori. Agire in questo
modo non significa evitare di affrontare i problemi, ma fare
spazio perché possano nascere le soluzioni.
Rinviare per trovare la risposta
A volte risolvere un problema significa trovare una risposta a
una domanda che abbiamo in testa. Magari dobbiamo prendere una decisione importante oppure scegliere tra due alternative in apparenza equivalenti. Possiamo ricorrere alla tecnica del
rinvio, per aiutarci.
Ognuno di noi può sfruttare questa tecnica e ritirarsi in un
luogo in fondo alla mente dove risposte e soluzioni possono
crescere e svilupparsi, senza l’interferenza di troppi pensieri.
Farlo è piuttosto semplice. Innanzitutto, stabilisci di avere bisogno della risposta a una certa domanda entro un determinato periodo di tempo. Poi, invece di scervellarti in cerca della
risposta, te ne scordi deliberatamente! In automatico, come per
magia, la risposta ti salterà in mente. Potresti restare piuttosto
sorpreso e soddisfatto nel vedere che la risposta ottenuta è di
gran lunga migliore di quella a cui saresti giunto sforzandoti e
macinando pensieri. Fai un tentativo con questo procedimento
e vedrai che ne sarai contentissimo!
Prova a usare questa tecnica per decidere dove andare in vacanza. Incamera i fatti, compresi i costi, poi dì a te stesso che
devi prendere una decisione in giornata. A quel punto, scordati
130
della vacanza e di tutte le informazioni. Rinviando la decisione
analizzerai i dati in modo automatico e in brevissimo tempo
troverai la risposta.
Il “fattore tempo”
per guarire avvenimenti dolorosi
Prendendo in considerazione i modi in cui la maggior parte
della gente supera i problemi, vedremo che quello di gran lunga
più diffuso è il “passare del tempo”. Ci hanno insegnato a credere che “il tempo guarisca ogni ferita”. E anche se in parte è
vero, l’importante è capire la vera natura del passare del tempo.
Dopo averla capita, riusciremo a ridurre drasticamente l’intervallo di tempo tra il momento in cui ci capita un avvenimento
doloroso e quello in cui lo superiamo.
Se dieci persone vivessero la stessa identica situazione, ognuna
dimenticherebbe il trauma in un intervallo di tempo diverso.
Immaginiamo che queste persone vengano prese in ostaggio
in una banca, che nessuna venga rapinata, ma che tutte restino
sotto tiro mentre i criminali rubano i soldi dal caveau.
Tra le dieci persone, alcune (probabilmente pochissime) si
riprenderebbero dallo spiacevole incidente imputandolo alla
sfortuna e, dopo aver parlato con la polizia, tornerebbero alla
loro routine quotidiana, grate di esserne uscite illese. Altre continuerebbero ad avere paura per giorni o addirittura settimane
e avrebbero bisogno di prendersi qualche giorno di pausa dal
lavoro o dagli altri impegni giornalieri. Altre ancora non riuscirebbero semplicemente a dimenticare l’incidente e lo considererebbero la causa del loro continuo turbamento. Potrebbero
metterci anni per tornare alla normalità (se mai ci riuscissero).
Ne parlerebbero, si concentrerebbero sull’episodio, ci penserebbero, starebbero sveglie la notte o ricorrerebbero persino
131
all’aiuto di uno specialista. Queste persone direbbero che “ci
vuole molto tempo per superare un simile trauma”.
Perché alcuni individui sono in grado di scrollarsi di dosso gli
avvenimenti spiacevoli mentre altri ci rimuginano sopra e li
usano come scuse che inibiscono e paralizzano la loro vita? La
risposta più semplice a questa domanda è che alcune persone
comprendono la natura dei pensieri e dei ricordi meglio di
altre. Sanno che quando pensano a una cosa, poco importa
se riferita al passato o al futuro, quello stesso pensiero è in
grado di attivare l’avvenimento come se stesse accadendo in
quel preciso momento. Più dettagli e attenzione ci mettono,
più apparirà reale.
Il passare del tempo non ha alcuna importanza nel superare
un avvenimento; si limita a incoraggiarci a dimenticarlo. Non
esiste un intervallo di tempo prestabilito che ci permetta di
dimenticare. Una volta comprese le dinamiche del pensiero, ci
accorgeremo che ogni ricordo è solo un ricordo, che si tratti di
un episodio accaduto otto anni fa oppure otto minuti fa. Se il
trascorrere del tempo fosse un fattore determinante, tutti supererebbero gli avvenimenti nello stesso tempo. Ma sappiamo
bene che non è così.
Comprendere tutto questo ha implicazioni pratiche enormi.
Sebbene in passato abbiamo stabilito a priori la durata del
tempo per riprenderci da una certa situazione, ora sappiamo
che sta a noi determinare quanto ci vorrà. Per esempio, nel caso
di un litigio con qualcuno, non esiste un intervallo di tempo
predeterminato in cui possiamo aspettarci di superare la questione e perdonare l’altra persona. Se di solito ci mettiamo
una settimana a dimenticare una discussione, ciò significa che
smettiamo di pensare alla lite una settimana dopo che ha avuto
luogo. Dato che l’intero incidente è finito e ormai si ripete solo
nella nostra testa, se vogliamo possiamo smettere di prestare
attenzione ai nostri pensieri già dieci minuti dopo la fine del
132
litigio. Una volta provato quanto è bello vivere in uno stato
mentale positivo, aggrapparsi ai pensieri negativi diventa un’alternativa sempre meno allettante.
Che dire allora dei problemi legati al passato? Se vecchi problemi o ferite esistono ormai solo nei ricordi, perché devono
continuare a paralizzarci nel presente? Non permettiamoglielo!
Qualsiasi cosa abbiamo passato (crescere con genitori esigenti,
un divorzio doloroso, difficoltà finanziarie, un abuso subito da
piccoli o qualsiasi altra cosa) non deve impedirci di goderci la
vita adesso. In altre parole, dobbiamo capire che è il ricordo a
far vivere nel tempo quegli avvenimenti, nient’altro. Imparando a non spaventarci più con i nostri stessi pensieri, siamo sulla
strada giusta per una vita più felice, a prescindere da ciò che abbiamo vissuto. A liberarci dalle circostanze passate è la nostra
capacità di dimenticare i problemi tramite la comprensione del
processo del pensiero, piuttosto che il trascorrere del tempo.
Se per superare qualcosa facciamo affidamento unicamente sul
trascorrere del tempo e non sul nostro libero arbitrio e sulla nostra capacità di pensare (o non pensare), stabiliamo una
relazione di causa-effetto. La convinzione in base alla quale
per riprenderci da un particolare avvenimento sia necessario
un determinato intervallo di tempo è causa di infelicità perché continueranno a capitarci situazioni che vanno al di là del
nostro controllo. Definendo intervalli di tempo arbitrari, avvaloriamo la convinzione secondo cui il pensiero è qualcosa da
temere, che noi siamo vittime del nostro passato e di ciò che ne
pensiamo. Ma questo non è necessariamente vero.
C’è un’importante differenza tra capire il pensiero e negarlo.
Comprendere la nostra capacità di pensare ci permette di vedere il pensiero, in sé e per sé, come qualcosa di innocuo. Il fatto
che ci venga in mente qualcosa non significa necessariamente
che valga la pena di preoccuparcene. D’altro canto, la negazione del pensiero equivale quasi a fingere di non pensare o di non
133
essere infastiditi da un certo problema. Questi due aspetti non
sono legati tra loro. La comprensione del processo del pensiero
permette di liberarci dagli effetti avversi che può avere su di noi.
Ma se neghiamo di pensare a qualcosa o di esserne infastiditi,
risentiremo comunque degli effetti dei pensieri che neghiamo.
Non possiamo sfuggire al pensiero, possiamo solo capirlo.
Ancora una volta ci appare chiaro quanto sia importante sentirci felici: avvertire quel sentimento di pace e appagamento
che deriva dalla pace mentale. In uno stato d’animo più positivo, trovare la soluzione ai problemi non sarà più così difficile
come in passato.
134
CAPITOLO NOVE
LA FELICITÀ
La maggior parte di noi è tanto felice
quanto ordina alla mente di esserlo.
Abramo Lincoln
L
a felicità è uno stato mentale, non una serie di
circostanze. È un sentimento di pace che puoi provare e
vivere in ogni momento, senza doverlo andare a cercare
lontano. In effetti, non troverai mai la felicità “cercandola”,
perché nel momento stesso in cui la cerchi dai per scontato
il fatto che si trovi all’esterno. La felicità non si trova al di
fuori: è un sentimento naturale che dipende dal tuo innato
funzionamento psicologico sano.
Quando capirai il funzionamento psicologico sano e imparerai
a seguirne il corso, avrai accesso a quel luogo dentro di te dove
la pace esiste già. E allora potrai smetterla di cercare di essere
felice e semplicemente esserlo. Persino quando le circostanze
ti sembreranno tutt’altro che perfette, potrai comunque avere
accesso a quel senso di appagamento, perché ha origine dentro
di te, non all’esterno.
135
Senza prima aver compreso il funzionamento psicologico sano,
tuttavia, non sarai mai felice, a prescindere da quanto possano essere meravigliose le circostanze. Continuerai a prestare
attenzione ai pensieri negativi, come facevi in passato, e a provarne gli effetti avversi.
I Principi presentati in questo libro ti indicano la strada che
punta verso la felicità. Ti permettono di capire come sintonizzare la mente con il sentimento della felicità e ti mettono
in guardia da quanto sia facile per la mente trascinarti via da
un simile stato di appagamento, insistendo per seguire il corso
negativo dei pensieri e dando luogo ad “attacchi di pensiero”.
La felicità sta nel momento presente
La felicità è adesso. È insita nel presente. Capita quando la
mente è a riposo, quando distogli l’attenzione dalle preoccupazioni e dai problemi e permetti invece alla mente di rilassarsi e di concentrarsi sul presente. Rilassarsi non significa
diventare pigri o apatici, ma permettere alla mente di recepire le informazioni e poi lasciarle andare senza trattenerle
e analizzarle. Recependo informazioni e stimoli in questo
modo, sarai in grado di mantenere uno stato d’animo migliore e di essere felice dei compiti che ti impegnano in questo
momento. Una volta compreso il tuo funzionamento psicologico, capirai anche che il rilassamento della mente non è
indice di pigrizia, ma di astuzia. È solo in uno stato d’animo
positivo e scevro da irritazione che potranno arrivare risposte
nuove a problemi vecchi. La felicità ti permette di vedere le
informazioni in modi nuovi e creativi, e di prendere decisioni
razionali e produttive al momento opportuno. Ti permette
di godere degli alti e bassi della vita invece di contrastarli,
e stimola la saggezza e il buonsenso di cui disponi a venire
alla luce.
136
Elaborare teorie sul perché ti senti (o ti comporti) in una certa
maniera, o scavare nel tuo passato per svelare ricordi dolorosi,
non ti condurrà alla felicità. Ti allontanerà da essa e dalla direzione in cui vorresti andare. Pensare eccessivamente al passato
e ai problemi servirà solo a convincerti di avere davvero delle
buone ragioni per sentirti arrabbiato o infelice.
Ma tu non vuoi essere infelice. Il passato è passato; è un innocuo ricordo che sopravvive nel tempo solo attraverso il tuo
pensiero. Una volta era reale, ma adesso non lo è più. Potrai
imparare dal passato, ma sarebbe uno sbaglio tornarci di continuo o analizzare la vita fino all’eccesso in cerca della felicità.
Se un simile atteggiamento funzionasse, saresti già felice da
un pezzo! Quante volte hai provato senza successo a trovare il
modo di raggiungere la felicità?
Chi preferiresti essere? Il soggetto A, che ha conosciuto un
passato doloroso, ma è riuscito a comprendere il meccanismo
del pensiero e gli effetti che può avere su di lui? Oppure il soggetto B, la cui infanzia è stata quasi magica ma che ora si concentra su quei pochi elementi imperfetti del suo passato e crede
talmente tanto ai propri pensieri da lasciarsi deprimere? Nonostante il dolore del passato, il soggetto A è in grado di condurre
un’esistenza pienamente funzionale e molto felice, mentre il
soggetto B è tormentato non tanto dalla sua vita attuale, ma
dai pensieri che fa sul suo passato e che prende troppo sul serio.
Malgrado una vita all’apparenza meravigliosa, il soggetto B è
destinato ad anni di infelicità, terapia e tranquillanti.
Pensando troppo a qualcuno che “ti ha fatto un torto”, o parlandone con gli altri, non ti sentirai felice. Allo stesso modo,
se pensi in continuazione a quanto migliorerà la tua vita una
volta che i tuoi figli saranno cresciuti o dopo che ti sarai sposato, non potrai sentirti felice. Ciò non significa che non devi
o non dovresti pensare a queste (o altre) cose. Ma lasciandoti
ossessionare da simili pensieri, sacrificherai un intenso senso
137
di benessere, quel sentimento intrinseco di felicità con cui sei
nato e a cui puoi ancora avere accesso.
Felicità e desiderio
L’attesa è un sentimento migliore dell’ansia, ma non corrisponde alla felicità. Va bene pensare al futuro e definire i propri
obiettivi, ma non devi confondere queste attività con quel sentimento semplice, privo di complicazioni e indipendente da
tutto il resto che è la felicità: quel senso di gratitudine che provi
in questo preciso momento per il semplice fatto di essere vivo.
A volte, subito dopo aver ottenuto ciò che vuoi, può capitarti di
provare un attimo o due di felicità. Tuttavia, malgrado l’opinione popolare, non dipende dall’aver realizzato un desiderio, ma
dall’aver distolto l’attenzione da ciò che non avevi. Nel momento
in cui cambi di nuovo marcia e torni a focalizzare l’attenzione su
un’altra cosa che vuoi o che ti manca, perderai ancora quel senso
di benessere e ti sentirai inappagato. La tua mente ricomincerà
a cercare qualcosa all’esterno per riprovare quel sentimento di
soddisfazione e così il ciclo di infelicità non avrà mai fine.
Se realizzare un desiderio (uno qualsiasi) fosse la causa della
felicità, saremmo tutti felici da un pezzo. Ma non scordare le
innumerevoli volte in cui hai ottenuto quello che volevi e non
sei riuscito a rimanere felice a lungo. Non sto dicendo che non
bisogna avere obiettivi o desideri. Ma la felicità deve venire prima di tutto. Qualsiasi cosa derivi dalla felicità è meravigliosa,
ma soddisfare un desiderio non basta da solo per crearla.
Felicità versus catarsi
A volte ricorriamo al tentativo sventurato di raggiungere la felicità parlando di ciò che non va e così facendo avvertiamo un
138
sollievo temporaneo tramite la catarsi. È come se ci togliessimo
un peso dallo stomaco: quello che ci turbava di colpo sparisce; abbiamo la mente libera e ci sentiamo meglio, ma dura
poco. Comportarsi così è un po’ come rimanere intontiti dopo
aver sbattuto la testa contro il muro: dopo ci sentiremo meglio,
nessuno lo mette in dubbio, ma non sarebbe meglio evitare di
sbattere la testa contro il muro?
La differenza tra la felicità e la catarsi è questa: una persona
felice accantona i pensieri negativi, per esempio riguardanti un
amico, perché sa che quei pensieri vanno e vengono in base
al suo stato d’animo. Se quei pensieri fossero validi potrebbe
sempre parlarne più avanti con l’amico, ma al momento la soluzione migliore è svuotare la mente e godersi la sua compagnia. Vuole essere felice e non turbare quel bel sentimento che
sta alla base dell’amicizia.
Tuttavia, una persona che si affida alla catarsi vuole togliersi il
prima possibile dallo stomaco il peso di quello che pensa. Ha dei
pensieri negativi su un amico e crede sia importante “manifestarli”. A suo parere, essere onesti con i propri sentimenti è importantissimo. Non importa quale sia il livello del suo stato d’animo: ha
dei pensieri negativi su un amico e deve assolutamente dirglielo
ora! Vuole farla finita con la questione, vuole avere “ragione”.
“Sto solo esprimendo
i miei sentimenti con sincerità.”
Esprimere sinceramente i propri sentimenti è una questione
relativa. Ti mostri onesto quando sei di cattivo umore e sei
infastidito dai tuoi stessi pensieri, oppure quando ti trovi in
una situazione di felicità e saggezza? Una distinzione di questo tipo è molto importante perché la tua vita, e tutto ciò che
essa comprende, ti apparirà in modo drasticamente diverso in
139
funzione del tuo livello di benessere. Conosco molte persone
(me compreso) che si consideravano campioni di onestà, ma
poi hanno scoperto che si tratta di un pregio molto relativo. Le
stesse identiche cose che ci tormentano quando ci troviamo in
uno stato mentale indispettito non ci disturbano minimamente se lo stato mentale è migliore e più piacevole.
Fino a che non assimilerai questo concetto, in nome dell’onestà
potrai avvertire il bisogno di reagire a ogni pensiero negativo che ti passa per la testa. Ma prima di agire in base a ciò
che pensi, puoi decidere di smettere di reagire alla negatività e
aspettare che si presenti un sentimento più positivo. Se riuscirai ad aspettare, scoprirai che molti dei tuoi pensieri negativi, se
non tutti, si dissiperanno e ti ritroverai a pensare cose del tipo:
“Che stupido sono, non è poi così male come amico. Chissà
cosa mi è passato per la testa!” e così via. Inoltre, avrai anche a
disposizione più chiarezza, saggezza e buonsenso per prendere
una decisione.
Non porre condizioni alla tua felicità
La felicità non può manifestarsi se pensiamo che la sua fonte
sia all’esterno. Una volta dato per scontato che debbano realizzarsi determinate condizioni per potersi sentire felici, è troppo
tardi per esserlo. La maggior parte di noi vive fugaci momenti
di felicità, ma li lascia passare senza la dovuta considerazione. Non riusciamo a riconoscere la felicità per quello che è e
inavvertitamente le permettiamo di allontanarsi con i nostri
pensieri. Tutto questo capita perché cerchiamo di continuo la
felicità all’esterno.
Ogni volta che poniamo delle condizioni per ottenere la felicità, non la viviamo. Il processo mentale che attribuisce la felicità
a uno specifico risultato si innescherà nuovamente una volta
raggiunto il risultato in questione. Una donna che crede di po140
tersi sentire felice solo sposandosi, da sposata stabilirà nuove
condizioni da realizzare. E allora potrebbe pensare che la risposta siano i figli, o comprare una casa, avere una promozione
o qualsiasi altra cosa. Una volta consolidata questa tendenza,
sono poche le persone che mettono in discussione gli scarsi
risultati che ne derivano. Perché non siamo ancora felici?
Nel momento in cui riuscirai a riconoscere la felicità quando
si manifesta, capirai che è quello il sentimento che hai sempre cercato. Quel sentimento non conduce da un’altra parte, è il
fine stesso, non il mezzo per raggiungerlo. Se la futura sposa si
rendesse conto che la felicità è prima di tutto dentro di lei,
potrebbe decidere di sposarsi o di non sposarsi potendo contare sulla propria saggezza, non a prescindere. Se è già felice,
anche il suo matrimonio lo sarà. Se poi la coppia decide di
avere dei figli, questi cresceranno in un ambiente felice senza
lo stress di essere la fonte della felicità di qualcun altro. Lo
stesso vale nel corso della vita di qualsiasi persona felice. La
felicità genera un’esistenza felice e una prospettiva gioiosa da
cui vedere la vita.
Se l’appagamento che provi dipende da un rituale o da una
tecnica particolari non sarai in grado di mantenerlo: se attribuisci la felicità al fatto di fare qualcosa nel modo giusto, resterai spesso deluso. Ho conosciuto molte persone che dicevano:
“Mi comporto sempre nel modo giusto, perché allora sono così
depresso?”. I motivi sono sempre gli stessi. Se la tua “tecnica” è
l’esercizio fisico, cosa succederà se non potrai farlo? E, cosa ancora più importante, fare sport non equivale alla felicità. Se così
fosse, chiunque facesse esercizio fisico sarebbe sempre felice,
ma non è così. Ciò non significa che le tecniche siano sbagliate,
anzi possono rivelarsi davvero utili per molte ragioni diverse.
Ma le tecniche in sé non hanno il potere di renderti felice. Le
tecniche possono aiutarti a raggiungere determinati obiettivi,
ma non generano un sentimento di felicità.
141
La felicità è un sentimento, non un risultato
Una volta capito che la felicità non è altro che un sentimento, nell’istante in cui la percepisci puoi favorirne lo sviluppo
e contribuire alla sua permanenza. Ponendo l’attenzione sul
senso di felicità, ti accorgi che la tua mente è relativamente
vuota, che i pensieri si sono attenuati. Se proprio stai pensando,
è solo all’incarico del momento, non al risultato o a come stai
andando. Ciò non significa che non dovresti pensare; anzi, in
questo stato di sentimenti positivi hai un accesso completo ai
tuoi pensieri migliori, alla saggezza e al buonsenso. In questo
stato positivo, si verifica un disimpegno della mente che smette
di concentrarsi eccessivamente sul contenuto dei tuoi pensieri.
In un simile stato mentale (a cui chiunque in qualsiasi momento può accedere) è possibile mantenere la felicità, anche se ciò
che ti circonda non è di tuo gradimento. La felicità è un sentimento, non un risultato: scopri cosa cercare e sarai in grado di
mantenere questo sentimento, invece di perderlo e proseguire
la ricerca altrove.
Quando percepisci un sentimento di felicità, non devi farci
caso, altrimenti lo perderai. Una volta comprese le dinamiche
della mente, non sarà un problema riuscirci. Riconoscendo la
pace nella tua vita, riuscirai a tenerla con te più a lungo. E
quando la perderai, riuscirai a recuperarla più rapidamente. La
chiave sta nel capire la dinamica, non nel pensarci; sta nel limitarsi ad accorgersi di quel sentimento, senza analizzarlo. Pensare richiede uno sforzo, per quanto piccolo. La felicità invece
non ne richiede alcuno. In effetti, si tratta più di lasciar andare
l’infelicità che di ambire alla felicità. “Lasciare andare” significa
semplicemente distogliere l’attenzione da qualsiasi cosa tu abbia in mente, senza sforzo ma con semplicità.
Affermare che “la felicità viene dall’interno” sarà anche un cliché, ma è la verità. La felicità è la strada da seguire, l’unica ri-
142
sposta necessaria. Una volta compreso il tuo processo mentale,
sarai in grado di vedere e percepire in modo naturale la bellezza
della vita. In uno stato d’animo positivo, ciò che in passato ti
appariva urgente e fastidioso adesso ti sembra irrilevante. E
sarai in grado di cogliere la semplice bellezza della vita che hai
dato per scontato tanto a lungo con occhi nuovi e riconoscenti:
i bambini che giocano nel tuo quartiere, una brezza leggera,
le persone che si aiutano a vicenda… Quando la felicità è il
fine, puoi percepirla a prescindere da ciò che ti circonda. Una
volta capito come raggiungere lo stato di appagamento, non
dovrai più scegliere di indugiare sui pensieri che ti allontanano
da quel meraviglioso fine.
La felicità è adesso. La vita non è la prova costume per uno
spettacolo futuro: è qui e ora. Quell’invisibile caratteristica della felicità che tutti noi cerchiamo da tempo è proprio qui, in un
sentimento.
143
CAPITOLO DIECI
Le abitudini
e le DIPENDENZE
Un’abitudine è un pensiero che hai accettato come vero.
Richard Carlson
I
n un libro precedente, Everything I Eat Makes Me Thin
[Dimagrire mangiando], ho discusso di come nasce
un’abitudine specifica (mangiare troppo) e di come può
trasformarsi in un problema. In questo caso le mie intenzioni
sono più generali. Spero che la lettura di questo capitolo ti sia
utile per comprendere le tue abitudini, a prescindere da quali
siano. Userò le parole “abitudine” e “dipendenza” in modo
intercambiabile per descrivere qualsiasi comportamento che
assumi e che, potendo scegliere, preferiresti evitare.
Dato che l’origine di ogni abitudine è sempre la stessa, non
è importante su quali abitudini specifiche lavorerai. Ciò che
conta è cominciare a capire da dove nascono e quale sia il modo
più efficace per eliminarle in quanto fonte di sofferenza nella
tua vita.
145
La felicità è un sentimento positivo che esiste dentro di te e
in questo libro abbiamo parlato di come rimuovere i blocchi
psicologici che ti impediscono di trovarla. Quando vivi in uno
stato mentale positivo, avverti un senso di pace e di equilibrio.
E ogni volta che lo perdi, cerchi consapevolmente o inconsapevolmente di riconquistarlo. In base alle dinamiche del funzionamento psicologico sano, per recuperare quello stato di
benessere devi lasciare andare i pensieri che ti allontanano dai
sentimenti positivi. Se non conosci le dinamiche della tua stessa mente, cercherai ingenuamente di ritrovare quei sentimenti
per mezzo di fonti esterne, cosa che può innescare una cattiva
abitudine. Alcuni surrogati molto diffusi di uno stato mentale
appagato sono l’alcol, le droghe, il fumo, il cibo, l’esercizio fisico, il gioco d’azzardo, il sesso e il lavoro. Altre forme più sottili
comprendono le discussioni, le liti, la dimostrazione delle proprie qualità e la ricerca di approvazione.
Riconoscere la serenità nella vita
Che la tua dipendenza abbia preso la forma della ricerca di approvazione o dell’alcol, il primo passo per guarire è riconoscere
la serenità nella tua vita. La serenità o l’appagamento sono un
terreno fertile per il cambiamento positivo. L’insicurezza, l’opposto della serenità, fa nascere le dipendenze. Se sei sereno,
eliminare le brutte abitudini è un’esperienza non solo possibile,
ma anche piacevole. Ma se non lo sei, cambiare è difficile, quasi
impossibile. Di conseguenza, cercare di curare una dipendenza
senza prima acquisire un senso di appagamento è come aggottare una barca con una falla. Potrai riuscire a farla galleggiare,
ma solo con una quantità assurda di sforzi duri e costanti.
Non è possibile esagerare quando si tratta del bisogno innato
di cercare sentimenti positivi nella vita. Credo sia la parte più
importante della mia esistenza. Quando non mi trovo in uno
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stato mentale positivo, mi sento vuoto e solo, mi sembra di non
avere nulla. E sono pronto a fare qualsiasi cosa, persino deleteria per me o per gli altri, pur di riempire quel senso di vuoto.
Proprio questo sentimento è alla base delle dipendenze e delle
abitudini e, dato che la causa è sempre la stessa, anche la soluzione è sempre la stessa: vale a dire accedere al funzionamento
psicologico sano, a quel piacevole stato di appagamento che ci
fa capire che possediamo già ciò che vogliamo dalla vita.
È sempre possibile far risalire le abitudini al pensiero. Se pensi
a qualcosa, per esempio al cibo, i tuoi pensieri creeranno quella sensazione interiore che chiami “desiderio”. Tale sensazione
irresistibile chiede a gran voce di essere soddisfatta, in questo
caso con il cibo, mangiando.
Distogliere l’attenzione dalle abitudini
Il buonsenso ti dice che più pensi a qualcosa, più i pensieri crescono all’interno della tua mente fino a diventare reali. Nonostante il buonsenso, molti centri di recupero dalle dipendenze
e specialisti del settore ti incitano a pensare praticamente solo
alla dipendenza. Fanno in modo che tu e gli altri pensiate al
problema più volte al giorno. Ti consigliano di riflettere e discutere su cosa significhi essere dipendenti da qualcosa.
Il motivo per cui gli specialisti vogliono farci focalizzare sul
problema (l’abitudine) è che vogliono impedirci di negare il
fatto di averne uno. E anche se spesso riescono a raggiungere
questo obiettivo, concentrarsi sul problema o sull’abitudine non
fa che ingigantirli nella nostra mente, finché non ci appaiano
spaventosi e difficili da risolvere. Quindi anche se così facendo
evitiamo di negare il problema, allo stesso tempo avvaloriamo
la gravità e la complessità della nostra abitudine, a conferma
dell’idea che sarà difficile riuscire a superarla.
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Esiste un denominatore comune tra quasi tutte le persone che
hanno problemi di peso: hanno sempre in mente il cibo. La maggior parte dei programmi per dimagrire fallisce perché incoraggia
i partecipanti a focalizzarsi sul cibo: cosa mangiare, quando mangiare, come mangiare, dove mangiare e quanto mangiare.
Per perdere peso devi distogliere l’attenzione dal cibo. Il pensiero del cibo deve occupare sempre meno spazio nella tua
mente, non sempre di più. Lo stesso vale per qualsiasi altra
abitudine. Se vai in giro tutto il giorno pensando alle sigarette,
sarà molto difficile smettere di fumare. Se continui a pensare a
quanto disprezzi la tua dolce metà, sarà dura mostrarti amorevole quando tornerai a casa. L’energia segue sempre la tua attenzione. Se questa è rivolta al cibo, allora è quella la direzione
che prenderanno anche le tue energie.
Un vecchio detto recita: “Non buttare benzina sul fuoco.” Se
l’abitudine è il fuoco, il pensiero è la benzina. Più benzina versi
sul fuoco, più questo si estenderà. Lo stesso accade con le abitudini: più ci pensi, più ti sembrano grandi.
Non è mia intenzione né rientra nel mio ruolo criticare i centri
di recupero o i trattamenti. Al mondo esistono molti centri
e programmi validi che aiutano milioni di persone a superare
ogni tipo di dipendenza. Ma io aggiungerei qualcosa a questi
programmi. La dimensione necessaria per guarire e liberarsi da
una cattiva abitudine è quella che riguarda lo studio e la scoperta della salute mentale, dell’appagamento e dei sentimenti
positivi, così come dei modelli di dipendenza.
Esiste un modo per liberarti dalle tue abitudini senza negare di
averle: capire che i pensieri si alimentano da soli e diventano
reali all’interno della tua mente, imparare a raggiungere con
maggiore regolarità uno stato mentale migliore e più pacifico.
I centri di recupero e gli specialisti del settore hanno ragione
nell’asserire che è necessario essere risoluti per interrompere
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un’abitudine, soprattutto se grave. Ma non bisogna riflettere su
tale determinazione un momento dopo l’altro, un giorno dopo
l’altro. Si tratta piuttosto di un impegno personale profondo
ma dolce per interrompere la forza distruttiva nella tua vita. Si
tratta di quella consapevolezza interiore per cui il momento di
smettere è ora. Una volta presa questa decisione personale, non
sarai più sulla strada della negazione, ma su quella della libertà.
Arrivato a questo punto, continuare a concentrarti ossessivamente sulle tue abitudini servirà solo a ferirti e non ad aiutarti.
Felicità, determinazione e comprensione
Gli ingredienti necessari per liberarsi da qualsiasi abitudine
sono tre: felicità, determinazione e comprensione. La felicità è il
terreno fertile che rende possibile la guarigione, la determinazione è l’impegno interiore che mira all’obiettivo finale e la
comprensione è il veicolo che permette di raggiungerlo.
Capire il proprio funzionamento psicologico permette di pensare a qualcosa, persino a un’abitudine trasformatasi in un problema, senza prendere i pensieri tanto sul serio da restarne spaventati. Una volta che siamo in grado di osservare i pensieri nel
ruolo di semplici testimoni, senza lasciarci travolgere, saremo
più docili in caso di malumore e sapremo anche mettere in
dubbio noi stessi e le nostre percezioni. Impara a trarre vantaggio dai sentimenti negativi sfruttandoli come segnali d’allarme,
che ti avvisano quando pensi in modo disfunzionale dirigendoti verso l’infelicità o abitudini distruttive. Disponi della saggezza necessaria per vedere le cattive abitudini come semplici
pensieri negativi che hai finito per accettare come veri.
Leggendo questo libro, hai scoperto la natura innocua del pensiero: pensare è un dono, una capacità meravigliosa di cui disponi, ma non c’è bisogno di prenderla troppo sul serio né di
fare troppo affidamento sul contenuto dei pensieri. Perché le
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abitudini diventino innocue, devi considerare anch’esse come
semplici pensieri che hai inutilmente accettato come reali. Non
devi mai avere paura dei tuoi pensieri.
Così siamo tornati al punto di partenza e possiamo chiudere il
cerchio della dissertazione sul pensiero. Ora che hai compreso
la natura potenzialmente innocua e arbitraria del pensiero (il
fatto che si tratti di una cosa che facciamo in continuazione)
non hai più bisogno di esserne vittima. È piuttosto questione
di definire il rapporto che intrattieni con esso. Lo consideri
un’abilità di cui disponi per dare un senso alla tua vita, oppure
lo vedi come una “realtà” da temere e a cui reagire? La risposta a
questa domanda determina il grado di efficacia con cui riuscirai
a eliminare le abitudini e la loro forza distruttrice dalla tua esistenza. Maggiore sarà il livello di consapevolezza che hai, più
facile sarà riuscirci.
Padroneggiare questo genere di consapevolezza ti permetterà
di rimuovere i blocchi psicologici che ti impediscono di godere
del tuo stato più naturale: l’appagamento.
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CAPITOLO UNDICI
Una lista di controllo
per LA VITA
S
e avverti un sentimento diverso dall’appagamento derivante dalla consapevolezza di te stesso, allora potresti
trarre giovamento dalle seguenti domande.
1. La mia vita è davvero così brutta in questo momento, oppure
sono semplicemente giù di morale?
L’umore è la fonte dell’esperienza, non la conseguenza. Se ci
sentiamo giù, la vita ci apparirà peggiore di quanto non sia
in realtà. In questi casi, la cosa migliore che possiamo fare è
rallentare il pensiero, distogliere la mente da qualsiasi cosa la
assilli, aspettare che il malumore passi e inseguire sentimenti
migliori. La vita e tutto ciò che comporta torneranno ben presto a sembrarci di gran lunga migliori!
2. Ho forse imboccato la strada per l’infelicità nel tentativo di trovare la felicità?
Se volessi andare da San Francisco a New York, dovrei spostarmi verso est, ma se invece mi dirigessi a sud, mi ritroverei a Los
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Angeles, che non era la mia destinazione. Lo stesso principio
si applica anche alla ricerca del senso di appagamento. Se ti
ritrovi spesso a esprimerti o a pensare in modo negativo, significa che non stai percorrendo la strada per la felicità. Non vale
la pena prendere in considerazione né difendere un qualsiasi
pensiero che ti allontani dai sentimenti positivi. Se vuoi essere
felice, devi seguire i sentimenti felici e non quelli infelici.
3. Sto forse mettendo le mie opinioni davanti ai sentimenti positivi?
Poniamoci la seguente domanda: “Voglio avere ragione o voglio essere felice?”. Quando prendiamo le nostre opinioni talmente sul serio da sentirci insoddisfatti, allora non vale la pena
difenderle. Possiamo considerare valide le nostre convinzioni
e anche gli altri le rispetteranno se dimostriamo di trovarci in
uno stato mentale positivo.
4. Sto forse reagendo al malumore di qualcun altro?
È facile scordarsi che siamo tutti soggetti a sbalzi di umore.
Se teniamo presente che tutti, persino la persona più dolce del
mondo, provano vari stati d’animo, non prenderemo più gli attacchi degli altri troppo sul personale, perché non sono diretti
a noi. Gli stati d’animo sono un fatto della vita. Tutti, dalle persone con cui lavoriamo a quelle a cui teniamo, provano gli alti e
i bassi dell’umore. Quando è di cattivo umore, la gente dice e fa
cose che in uno stato mentale migliore non si sognerebbe mai
di ripetere. Ciò non significa che dobbiamo accettare le offese
da parte degli altri, ma che dobbiamo tenere conto, con la testa
e con il cuore, dell’importanza degli stati d’animo da un punto di vista psicologico. Una volta accettata la loro inevitabilità,
smetteremo di prenderli troppo sul personale.
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5. Sto forse combattendo una guerra nella mia testa?
La maggior parte delle discussioni si svolge all’interno della
nostra testa, prima che avvengano nella realtà, o dopo. Se la
nostra mente viene invasa da pensieri che danno origine a un
senso di insoddisfazione, ricordiamo che si tratta di semplici
pensieri e che non sono reali. In caso di conflitto, riusciremo
più facilmente a risolverlo se teniamo alto l’umore. Siamo noi
gli artefici dei nostri pensieri. Riconoscerlo può porre fine alla
guerra nella nostra testa e ci permetterà di avvicinarci a un sentimento più positivo.
6. Sono forse alle prese con un problema?
I pensieri crescono se concediamo loro attenzione. Le nostre
energie seguono la stessa strada dell’attenzione. Se siamo sempre alle prese con un problema, blocchiamo il canale della saggezza e del buonsenso. Per risolvere in modo efficace il problema del momento, dobbiamo prenderne le distanze. Ogni
volta che siamo troppo vicini a qualcosa, è difficile averne una
visione chiara. Più ci stacchiamo dal problema, più verranno a
galla le risposte che inizialmente ci sfuggivano.
7. Il mio livello di tolleranza dallo stress è troppo alto?
Il livello di stress della nostra vita è pari al nostro livello di tolleranza. Quando ci sentiamo sotto stress, abbiamo la tendenza a
premere sull’acceleratore, rimboccarci le maniche e metterci al lavoro. Per quanto la cosa ci sembri urgente, non riusciremo mai a
ridurre lo stress. In questi casi, dobbiamo rilassarci, prenderci una
pausa, smetterla di pensare così tanto e svuotare la mente. Così
facendo ci sentiremo meglio e ci riprenderemo più rapidamente.
Per vivere una vita rilassata, l’obiettivo è abbassare il livello di tolleranza allo stress. Con il tempo, impareremo a individuare lo stress
prontamente e a eliminarlo prima che prenda il sopravvento.
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8. Penso troppo al risultato?
Avere aspettative troppo elevate e rimuginare continuamente
sulle proprie azioni contribuisce a minare il morale. Pensare
troppo a come ti stai comportando ti allontana dal senso naturale di autostima e felicità. Basta guardare i bambini piccoli per
ricordarci che, per natura, siamo tutti orgogliosi dei nostri sforzi.
Dubitando sistematicamente della correttezza del nostro operato, rischiamo di perdere la stima che proviamo per noi stessi.
Dobbiamo vivere ogni momento al massimo e godere di ogni
preziosa ora di vita che ci viene data. Con un simile approccio,
i dettagli, i traguardi e le responsabilità si aggiusteranno da soli,
davvero. E mentre ciò accade, potremo persino divertirci.
9. Mi porto dietro il passato?
Il passato è fatto di ricordi che ci portiamo dietro attraverso
il pensiero. A prescindere dal fatto che una cosa sia accaduta vent’anni o venti minuti fa, il passato non è rilevante per
la nostra capacità di goderci la vita adesso, in questo preciso
momento. Grazie a una comprensione sempre più profonda
delle dinamiche del pensiero, ci libereremo degli effetti avversi
dell’infelicità passata.
10. Sto rimandando la mia vita?
Una volta qualcuno ha detto: “La vita è quello che ti accade
mentre sei impegnato a fare altro.” Ogni volta che rinviamo
la felicità, non ci accorgiamo del fatto che in realtà si tratta di
qualcosa che possediamo già, a cui possiamo accedere a nostro
piacimento. La felicità non dipende dai risultati. Se ti ritrovi a
dire cose del tipo: “Sarò felice quando…”, allora ti stai perdendo la felicità. Sei felice ogni volta che accedi allo stato naturale
del funzionamento psicologico sano. Se lo vuoi, puoi essere felice subito, qui e ora.
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L’autore
R
ichard Carlson, uno dei maggiori esperti di felicità
degli Stati Uniti, ha scritto i best seller Non perderti in
un bicchier d’acqua e Come diventare ricchi senza stress.
Data la sua popolarità, ha preso parte a numerosi talk show ed
è intervenuto in centinaia di programmi radiofonici e televisivi.
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Larry Winget
Sta’ Zitto, Smettila di Lamentarti e Datti una Mossa
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