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i tempi della galera, i tempi della malattia

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i tempi della galera, i tempi della malattia
voci dentro: l’italia, vista dai suoi detenuti
| a cura di | Ristretti Orizzonti
i tempi della galera,
i tempi della malattia
≈ Una finestra d’informazione che nasce
in collaborazione con le redazioni
di due carceri: Sosta forzata (Piacenza),
e Ristretti orizzonti (Padova-Venezia).
Per saperne di più, visitate il sito ristretti.it.
| Usciti per voi
Diagnosi che arrivano in ritardo, terapie
rese difficili dal sovraffollamento:
il diritto di cura diventa una chimera.
I
magistrati di Sorveglianza e i Garanti dei diritti delle persone private della libertà personale
sono sommersi di reclami e segnalazioni di detenuti, che chiedono semplicemente di “essere
curati”.
Per capire in che condizioni vivono le persone
malate in carcere, basta leggere lettere come quella
di Vincenzo M.: “Ho avuto un dolore lancinante e
per questo sono stato portato in ospedale, dove mi
hanno riscontrato calcoli in tutto il rene sinistro
e nella vescica, tali da impedirmi di fare i bisogni
fisiologici. Da 25 giorni sono in stanza con altri
nove detenuti con un catetere e senza nessun aiuto; ogni giorno rischio infezioni e anche se i miei
compagni e gli operatori penitenziari cercano di
fare il possibile per aiutarmi, non riesco ad avere
nessuna risposta da parte di chi una risposta mi
deve dare”.
Oppure quella di Maurizio C., che chiede aiuto
per il genitore detenuto: “Mio padre, di 79 anni,
condannato a una pena detentiva di anni quattro per un reato risalente ad almeno 15 anni fa, è
in carcere, nonostante, a seguito di un incidente
stradale, abbia subito l’amputazione di una gamba, sia costretto su una sedia a rotelle e necessiti
di una costante terapia riabilitava per il recupero
dell’attività motoria, propedeutica all’applicazione di una protesi sostitutiva della gamba amputata. A questo si aggiunge che è cardiopatico, portatore di pacemaker, diabetico insulinodipendente,
iperteso e soggetto a rischio ictus”.
Ora che il Sistema sanitario nazionale è diventato responsabile della salute in carcere, quello
che i detenuti ancora non riescono a far capire è
che, anche se il paziente detenuto ricevesse le stesse prestazioni di un paziente libero, il vero problema sono le condizioni in cui è costretto a vivere
nelle carceri sovraffollate e i tempi della galera,
che sono eterni mentre invece il malato ha fretta,
perché ha bisogno di iniziare subito una cura.
Spesso il detenuto arriva in ospedale per accertamenti con sulla faccia e sul corpo i segni di
una malattia, diagnosticata troppo tardi: possibile che i medici ospedalieri non si accorgano che
quella diagnosi doveva avvenire prima, possibile
che nessuno alzi la sua protesta perché il paziente
è arrivato in ospedale ed è stato affidato alle sue
cure con un ritardo imperdonabile?
Là dove
nascono i tartufi
Si va a caccia di tartufo!
Dove? Nel carcere di
Macerata Feltria, Pesaro.
Camice bianco e microscopio
alla mano, i detenuti trattano
in laboratorio le piante
tartufigene, sulle cui radici
viene innestata la spora
del tartufo. Ma non solo:
coltivano oltre cento specie
di piante, tra cui geranio,
surfinia e salvia splendens.
E producono zafferano e
miele. L’acquisto può essere
fatto direttamente nelle serre
dell’attigua Fattoria Pitinium,
al mercato settimanale oppure
telefonando allo 0722 – 741.20.
| Sentimenti oltre le sbarre | a cura di | sosta forzata
L’inizio: una parola scritta alla lavagna.
Poi 15 minuti. Il tempo per raccogliere
i pensieri e provare a raccontarli.
tenerezza (te–ne-réz–za), s.f.
Un sentimento che indica un affetto delicato, dove trova
spazio una dolce commozione. Quella che prova una madre
nei confronti del suo bambino.
1Mi fa venire in mente mia nonna. Napoletana purosangue,
da piccola faceva la carbonaia. Un corpo consumato dalla vecchiaia,
chiamava il mio nome in modo strano e mi accarezzava sempre il
viso. E poi era fissata con Cecchi Paone!
Fabrizio, 38 anni, Italia
2L’unico momento in cui provo tenerezza è nei colloqui con
i familiari; solo lì mi sento libero e sereno, in grado di ascoltare
un sentimento tanto bello, doloroso.
Stefano, 38 anni, Italia
3Ne provo tanta, quando vedo una volta al mese i miei genitori,
ormai anziani, che non hanno mai smesso di venirmi a trovare.
Fabrizio, 42 anni, Italia
| 035 | maggio 12
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