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Storia delle Pistole ad Aria Compressa
Storia delle Pistole ad Aria Compressa Malgrado le competizioni per pistole ad aria compressa siano nate in tempi alquanto recenti, le armi sono state sviluppate lungo un percorso storico e tecnico molto interessante, nato a partire dagli anni quaranta. La Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, gli Alleati (com’è del resto naturale da parte dei vincitori e già verificatosi analogamente nel 1918 col trattato di Versailles ) imposero alla Germania dure sanzioni e restrizioni, tra le quali anche quelle relative alla produzione ed alla detenzione delle armi da fuoco, sia fucili che pistole. Questo limitò non solo gli utilizzi tradizionali delle armi (ad esempio quelle per la caccia) ma anche il loro utilizzo a livello sportivo, sia amatoriale che agonistico. I costruttori Tedeschi cercarono quindi nuove strade per aggirare, o più semplicemente evitare, le restrizioni alle quali erano soggetti, sviluppando di fatto nel contempo tutta quella che poi sarebbe divenuta col tempo la moderna tecnologia delle armi ad aria compressa. Ma quali erano gli obiettivi fondamentali che bisognava raggiungere? Fondamentalmente bisognava sviluppare delle armi in grado di non far rimpiangere quelle da fuoco su tre aspetti fondamentali: la precisione, l'affidabilità ed il prezzo, in maniera da permetterne un utilizzo continuativo, anche nelle competizioni più importanti ed alla portata di un buon numero di appassionati. La prima generazione: le pistole (a molla – pistone) La fabbrica Diana produceva già delle carabine che possiamo chiamare a molla-pistone: l’energia per spingere il pallino proveniva dall'aria, compressa da un pistone che, in fase di caricamento, caricava una robusta molla (praticamente simile alle pistole giocattolo in plastica che tutti più o meno abbiamo usato da bambini). All’atto dello sparo, la molla veniva liberata e il pistone, così alimentato, accelerava comprimendo l’aria davanti a sé. Si trattò, semplicemente, di riprogettare il tutto in dimensioni, masse ed energie specifiche per un'arma corta. Queste pistole dimostravano già una buona precisione, ma niente a che vedere con quella permessa dalle contemporanee armi a fuoco e quindi, pur se interessanti, non erano ancora all’altezza delle competizioni sportive. Il difetto principale di questa tecnologia era dato dell’enorme sensazione di rinculo che queste armi producevano; dato che la velocità del pallino era comunque alquanto ridotta (di certo molto inferiore ai 150 – 160 metri al secondo delle armi moderne), l’effetto del rinculo avveniva mentre il pallino stava ancora attraversando la canna, deviandone quindi in maniera sostanziale la traiettoria e dunque il punto di impatto con il bersaglio. Un grande passo avanti fu realizzato dalla Feinwerkbau che riuscì a ridurre l’effetto del rinculo ed i problemi che ne derivavano tramite l'introduzione di una slitta ammortizzata, solidale con il corpo dell’arma, sulla quale potesse muoversi il complesso della canna e degli organi meccanici connessi. Questo sistema permetteva di assorbire in maniera migliore la forza di rinculo e soprattutto di farlo in asse con la canna riducendo così le coppie che facevano precedentemente ruotare l'arma intorno ai propri assi. La Feinwerkbau sviluppo questo sistema inizialmente per le proprie carabine e, una volta adattato alle dimensioni di una pistola, sviluppo una serie di pistole ad aria compressa dotate finalmente di una precisione più che sufficiente per affrontare le gare. La Feinwerkbau divenne, così, la pistola per definizione a livello agonistico e competitivo. Questo fu, in realtà, il punto di svolta nella storia delle armi ad aria compressa; il fatto che uno dei produttori storici tedeschi avesse dimostrato la possibilità di creare armi ben fatte, affidabili e precise al punto giusto per poterle utilizzare in ambito non solo amatoriale ma anche agonistico, ai massimi livelli possibili, aprì la corsa ad un costante miglioramento della tecnica e delle prestazioni, con l’introduzione di idee sempre nuove e vincenti. La seconda generazione: le pistole ad aria pre-compressa Un grande e rinomato produttore tedesco di armi, la Walther Waffenfabrick, cominciò a questo punto ad interessarsi all'aria compressa, presentandosi sul mercato con un’innovazione molto interessante: invece di ricavare la compressione dell’aria da un sistema molla-pistone liberato al momento dello sparo, la Walther progettò un’arma in grado di conservare l’aria, pre-compressa tramite un pistone azionato con il contributo di una leva, in una camera a tenuta di pressione. L'aria in pressione veniva quindi semplicemente liberata al momento dello sparo, tramite l'apertura di una valvola apposita. Evitando il movimento del complesso molla-pistone, l’arma della Walther garantiva una forza di rinculo ridottissima, quasi inavvertibile rispetto alle armi precedentemente poste sul mercato. E questo, ovviamente, ne decretò l’immediato successo. La Feinwerkbau continuò comunque a dominare le scene mondiali, soprattutto dopo che un tiratore statunitense, Don Nygord, si presento ai Campionati del Mondo del 1981 con una versione personalizzata, avente una canna decisamente più corta del normale; questo aveva un buon influsso sia sull’equilibrio dei pesi che sull’equilibrio delle forze di inerzia e di rinculo, senza per questo diminuire la precisione effettiva dell’arma. La casa madre non si fece sfuggire l’occasione, e mise subito in produzione un’arma con queste nuove caratteristiche; pensate che questa versione, avente la tecnologia molla-pistone e la canna accorciata, restò in produzione ancora per diverso tempo! Ma, nel frattempo, l’idea sviluppata dalla Walther stava prendendo piede, e numerose armi ad aria pre-compressa si affacciavano sul mercato; le statunitensi Powerline e Daisy commercializzarono una serie di prodotti molto interessanti che, al di là delle specificità progettuali, per la prima volta furono disponibili in una varia scelta di configurazioni e di modelli: diverse canne, diverse lunghezze delle linee di mira, diverse impugnature e grilletti… il tutto con prezzi variabili. Per la prima volta, se vogliamo, le armi da competizione venivano realizzate in una linea di prodotto, permettendo al tiratore di trovare la configurazione più adatta alle proprie esigenze. Nello stesso periodo si sono affacciate sul mercato due aziende italiane, la Domino e la Airmatch, che sono riuscite a proporre armi molto interessanti, di grande affidabilità e dalle indubbie qualità agonistiche. La tecnica di base era, a questo punto, sempre la stessa: aria pre-compressa tramite un cilindro mosso a leva… con la forza del tiratore! Ma… la prossima rivoluzione era dietro l’angolo… e si chiamava anidride carbonica. La terza generazione: le pistole ad anidride carbonica Ogni nuova tecnologia migliora alcune cose ma introduce nuovi problemi... ripercorrendo la storia fin qui tracciata, il primo difetto, ovvero l’eccesso di rinculo, è stato risolto, vuoi in via meccanica (armi a slitta di tipo Feinwerkbau) vuoi in via strutturale (armi ad aria pre-compressa di tipo Walther); il secondo, cioè lo sforzo richiesto al tiratore per ricaricare la propria arma, proprio no. Dal punto di vista del tiratore, le armi ad aria compressa erano decisamente faticose: pensiamo, infatti ad una… sessantina di ricariche, più quelle determinate dall'effettuazione dei tiri di prova, da effettuarsi in meno di due ore... Si doveva trovare, quindi, una soluzione che coniugasse i vantaggi balistici dell’aria precompressa con una qualche forma di comodità per il tiratore e di semplificazione della meccanica generale per l’arma. Così nacquero le armi a serbatoio, in cui il propellente (aria o gas compresso che fosse) veniva precaricato in un opportuno serbatoio, solidale con l’arma, ed utilizzato poco alla volta, ad ogni scatto. Il propellente utilizzato, in questo caso, fu la anidride carbonica, un gas denso, pesante, in grado di trasmettere un'ottima spinta al pallino. L’introduzione del serbatoio, posto necessariamente al di sotto della canna dell’arma, contribuì anche ad abbassare il baricentro complessivo dell'arma, migliorando la stabilità complessiva all’atto dello sparo. Vennero così presentate le Feinwerkbau, le Walther, le Hammerli, mentre negli anni ottanta si aggiunsero nuovi produttori, tutti con interessantissime offerte basate su questa nuova tecnologia: Steyr, Morini, Pardini, Domino, FAS e tanti altri. Sembra quasi di avere trovato l’arma perfetta, vero? Ma non è così… l’evoluzione è sempre in agguato e, guarda caso, nuovamente per mano di Don Nygord, che nel 1991 introdusse uno strano "complemento", il compensatore, ovvero un terminale di canna, opportunamente progettato, in grado di ridurre la turbolenza dei gas che spingono il pallino. Dobbiamo pensare, infatti, che un pallino per pistola ad aria compressa pesa mezzo grammo e che esso, quindi, può essere facilmente disturbato nella sua traiettoria dai gas che, alla fine della canna, incontrano l’aria libera ed entrano in regime di turbolenza; l’applicazione di questo accessorio, apparentemente banale, ha quindi consentito un nuovo passo avanti nella tecnologia delle armi ad aria compressa migliorando enormemente la precisione e la costanza di prestazioni delle stesse. Ne derivò un’intera generazione di armi dalle prestazioni straordinarie: le varie Pardini, Feinwerkbau, Steyr, Morini, … La quarta generazione: le pistole ad aria Ma ogni tecnologia, ogni sviluppo e ogni idea portano con sé, oltre ai pregi di immediato impiego, anche alcuni difetti che, magari, compaiono in tempi successivi; la anidride carbonica, che è un propellente probabilmente migliore dell’aria atmosferica, risente purtroppo in maniera terribile degli sbalzi di temperatura e queste variazioni si riflettono, inevitabilmente, sulle prestazioni complessive dell’arma. Questo stimolò nuovi studi, portando all’unica soluzione possibile, ossia l’aria atmosferica compressa! Fu il produttore Svizzero Morini a tracciare questa nuova, e per ora ultima, rivoluzione, creando una pistola a serbatoio, ma con l’aria atmosferica come propellente al posto dell’anidride carbonica; e poi… tutti gli altri produttori seguirono questa idea: Hammerli, Walther, Steyr, Feinwerkbau, … Ma volete avere un'idea del passaggio delle consegne, tra queste due generazioni di armi? Un momento storico, una dimostrazione dei risultati di questa rivoluzione? La Pardini Italianissima di Lido di Camaiore (Lucca), è stata l'arma vincente alle Olimpiadi di Atlanta, con una K2 alimentata ad anidride carbonica; quattro anni più tardi, la stessa arma, ma alimentata ad aria atmosferica, ha vinto nuovamente la medaglia d’oro, a Sydney! Gli antenati: Paul Giffard Le moderne pistole ad anidride carbonica hanno una storia centenaria: basandosi su una propria idea ed un successivo brevetto del 1859, il francese Paul Giffard depositò infatti nel 1889 il brevetto per una pistola ad aria compressa, che già prevedeva un serbatoio smontabile per l'anidride carbonica, avvitato alla valvola di pre-carica posta al di sotto della canna! (Pensate che nel brevetto stesso si parla esplicitamente di serbatoi aggiuntivi per una rapida ricarica dell'arma!) (basato su uno dei testi di Patrick Rowling)