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le Centrare il bersaglio - Rete Oncologica Piemonte

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le Centrare il bersaglio - Rete Oncologica Piemonte
oncologia
IN RETE
Giornale di formazione e informazione della Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta
Dicembre 2011 n. 18
anno 5
1
4
6
14
17
20
Piera Sciacero*,
Giuseppe Girelli*,
Domenico Cante*,
Pierfrancesco Franco°,
Maria Rosa La Porta*,
Fernanda Migliaccio°,
Annamaria Marra°,
Valeria Casanova Borca§,
Paola Catuzzo§,
Umberto Ricardi^
*SC Radioterapia Oncologica,
ASL-TO4 Ivrea
°SC Radioterapia Oncologica,
AUSL Valle d’Aosta
§
SC Fisica Sanitaria, ASL-TO4
Ivrea e AUSL Valle d’Aosta
^SCDU Radioterapia
Oncologica, ASO
S. Giovanni Battista,
Torino
A cura di Giorgio Vellani
Editoriale
Sommario
Editoriale
Controeditoriale
Casi clinici
Progetto
Spazio alle Commissioni
Congressi
Centrare il bersaglio
La tomoterapia elicoidale garantisce
un’elevata precisione del trattamento
radioterapico grazie alla capacità di
erogare un’irradiazione altamente selettiva
e costantemente modulata al tumore,
risparmiando al contempo gli organi
limitrofi
La radioterapia ha sempre avuto come obiettivo quello di erogare al
bersaglio tumorale dosi cancericide, cercando nel contempo di risparmiare
quanto più possibile i tessuti e gli organi sani a esso vicini.
La tecnologia ha compreso questa fondamentale esigenza, tanto che si è
assistito nel corso degli anni a una vera e propria rivoluzione della radioterapia, che a grandi linee può essere riassunta in tre tappe:
• simulazione (identificazione del bersaglio da trattare)
• pianificazione (realizzazione del piano di cura radioterapico)
• erogazione del trattamento (irradiazione della neoplasia).
L’evoluzione tecnologica della radioterapia
Mentre negli anni settanta i campi di trattamento si presentavano ampi e
con schermature grossolane e venivano identificati mediante immagini
radiografiche 2D, negli anni ottanta - grazie all’introduzione della tomografia computerizzata e all’utilizzo del “treatment planning” con calcolo della
distribuzione di dose - si è giunti a una migliore definizione del tumore e
degli organi critici da risparmiare, con la possibilità di creare schermature
“personalizzate”.
Le prime schermature erano realizzate con blocchi di piombo colato, sosti-
tuiti verso la metà degli anni novanta dai collimatori multilamellari di cui sono stati dotati
gli acceleratori lineari, con l’intento di sagomare sempre meglio i campi di irradiazione.
Prendeva così il via la radioterapia conformazionale tridimensionale (3DCRT), in cui i fasci
di irradiazione e la distribuzione della dose venivano sagomati alla forma del bersaglio da
trattare, concentrando la dose sul tumore e risparmiando gli organi vicini.
All’inizio degli anni 2000 due fondamentali innovazioni hanno consentito un ulteriore salto
di qualità:
• l’introduzione di software aggiuntivi per la gestione dei collimatori multilamellari in grado
di modificare non solo la forma dei fasci di irradiazione, ma anche l’intensità del fascio
stesso nelle sue diverse parti. Nasceva così la radioterapia a intensità modulata (IMRT)
che consentiva di “scolpire” la dose al target con la possibilità di erogare, simultaneamente, dosi differenti a parti diverse del bersaglio stesso
• l’evoluzione in campo informatico di sistemi sempre più complessi di treatment planning
per poter gestire una pianificazione così evoluta.
Da quanto detto si comprende come nell’era IMRT sia richiesta la massima precisione
dell’imaging, per quanto riguarda sia la definizione del bersaglio (sviluppo delle tecniche
di fusione di immagini), sia il controllo del trattamento (sviluppo delle tecniche di imaged
guided radiotherapy, o IGRT, ossia radioterapia guidata sulla scorta di immagini radiografiche).
A tale scopo gli apparecchi di radioterapia sono diventati sempre più sofisticati, cercando
di unire al classico acceleratore lineare strumenti di diagnostica per immagini in grado di
rilevare l’esatta posizione del paziente e del volume bersaglio da trattare, nonché di correggere in automatico gli eventuali spostamenti rispetto alla TC di centratura utilizzata per
la realizzazione del piano di cura.
La tomoterapia elicoidale
La tomoterapia elicoidale “Hi Art” (highly adaptive radiotherapy) si inserisce
in questo contesto ed esprime un approccio rivoluzionario nell’irradiazione dei tumori.
Questa tecnica - che letteralmente significa “terapia a strato” (slice
therapy) per la somiglianza
strutturale
con la
tomografia assiale
computerizzata - utilizza un’apparecchiatura “dedicata“ progettata negli
Stati Uniti all’inizio degli anni novanta. Essa è costituita
da un gantry circolare in cui è inserito un acceleratore
lineare, dotato di un collimatore multilamellare per la
modulazione dei fasci d’irradiazione, e da un sistema
rivelatore TC, contrapposto al fascio di terapia, che consente di ottenere un’immagine TC del paziente prima di
ogni seduta radioterapica, utilizzando lo stesso fascio
prodotto dall’acceleratore. Le immagini TC così ottenute
vengono sovrapposte con quelle della TC di centratura,
con conseguente possibilità di verificare precisamente la
posizione del malato, del tumore e degli organi a rischio e,
se necessario, di modificare in modo automatico la posizione del paziente, avendo come obiettivo una sempre maggiore
accuratezza nel trattamento.
Durante l’irradiazione la sorgente (fotoni di energia 6 MV) compie
rotazioni complete attorno al paziente; il collimatore multilamellare a
2
sua volta può assumere diverse configurazioni per modulare l’intensità del fascio di irradiazione e il lettino su cui giace il malato si muove in senso longitudinale all’interno del
gantry. Si realizza così una tecnica “elicoidale/spirale” di irradiazione continua attorno al
paziente e ovviamente attorno al tumore, offrendo la possibilità di adattarsi a bersagli di
qualsiasi forma e profondità.
È evidente che con questa tecnica viene esasperato il concetto di irradiazione selettiva del
tumore, con il massimo risparmio degli organi sani limitrofi, già alla base dei trattamenti
IMRT condotti con i comuni acceleratori lineari.
Le applicazioni cliniche
Le indicazioni cliniche riportate in letteratura riguardano tutte le sedi in cui è prevista una
radioterapia con intensità modulata quali:
• neoplasie in prossimità di organi critici che richiedono un’estrema precisione nell’irradiazione (testa-collo, sistema nervoso centrale, basi del cranio, etc)
• neoplasie che richiedono escalation di dose (prostata).
Tumori testa-collo
I tumori testa-collo rappresentano sicuramente una delle sedi elettive per la tomoterapia.
L’anatomia di questo distretto è infatti molto complessa, comprendendo organi critici e
radio-sensibili (le ghiandole salivari contenute nella cavità orale, la mandibola, la muscolatura e la mucosa faringea, l’orecchio medio e interno, i nervi ottici), posti in stretta vicinanza di target multipli (tumore primario e tumori secondari quali le regioni linfonodali ad alto
e a basso rischio). La possibilità di irradiare le aree neoplastiche con ripidi gradienti di
dose, limitando sensibilmente la dose nelle regioni limitrofe
non coinvolte, fà della tomoterapia un
ottimo strumento per aumentare, in questo tipo di tumori, il guadagno terapeutico
dei trattamenti radianti.
Neoplasie cranio-spinali e metastasi multiple
La tomoterapia rappresenta un’innovazione tecnico-dosimetrica fondamentale per alcuni particolari trattamenti quali:
• l’irradiazione dell’asse cranio-spinale - per esempio nel medulloblastoma, una neoplasia
dell’età pediatrico-giovanile - senza necessità di usare giunzione tra i campi
• l’irradiazione del midollo in toto - total marrow irradiation - per pazienti avviati a trapianto allogenico di cellule midollari staminali
• l’irradiazione contemporanea di metastasi multiple anche in sedi distanti - per esempio
ossee e cerebrali -, evenienza non possibile con l’uso dei comuni acceleratori.
Altri tumori
Esistono alcune localizzazioni neoplastiche più facilmente trattabili mantenendo fisso l’angolo di irradiazione, quali le neoplasie mammarie. A tale scopo è stato messo a punto un
sistema integrato, denominato TomoDirect, che rappresenta una soluzione statica della
tomoterapia perché permette di eseguire i trattamenti con gantry fisso secondo angoli
predefiniti. L’utilizzo di TomoDirect si presenta particolarmente idoneo, oltre che per le
neoplasie della mammella, per il trattamento a scopo palliativo di alcune sedi ossee (scheletro assile, bacino), consentendo - rispetto alla modalità elicoidale - di ridurre i tempi di
trattamento e la dose che irradia gli organi sani (nell’ambito delle basse dosi).
Trattamenti palliativi urgenti
I trattamenti palliativi urgenti, quali quelli impiegati per le sindromi mediastiniche o midollari, possono utilizzare il nuovo programma Tomo StatRT, che consente di trattare i pazienti
“critici” mediante una pianificazione immediata in sala di terapia.
La situazione attuale in Italia
A oggi in Italia risultano installati e operativi 13 apparecchi di tomoterapia, tra cui quello
operante - da maggio 2010 - nella Radioterapia dell’Ospedale Regionale Umberto Parini
di Aosta, strettamente integrata con la SC di Radioterapia dell’Ospedale Civile di Ivrea.
3
A cura di Giorgio Vellani
Interventi in sicurezza
Tra le strategie in studio per ridurre le tossicità dei trattamenti chemioradioterapici dei tumori
spinocellulari, oltre all’uso di tecniche radianti ad alta precisione si stanno sperimentando sia
nuovi schemi di somministrazione sia l’impiego di farmaci biologici al posto della chemioterapia tradizionale
Nei tumori spinocellulari avanzati della testa e del
collo il trattamento chemioradioterapico concomitante
rappresenta lo standard per i pazienti con lesioni non
resecabili ed è al momento il trattamento elettivo nei
protocolli di conservazione d’organo.
Il vantaggio in sopravvivenza indotto dalla chemioradioterapia concomitante rispetto alla sola radioterapia
è - secondo la metanalisi MACH-NC (17.346 casi) del 6,5% a 5 anni, grazie soprattutto a un miglioramento del controllo locale del 13,5% (a 5 anni); tale vantaggio si osserva soprattutto con i regimi a base di
cisplatino e nel gruppo di pazienti di età inferiore a 60
anni. L’evidenza che l’alterazione del frazionamento
induce, rispetto alla radioterapia convenzionale, un
vantaggio in sopravvivenza - come ha mostrato una
metanalisi condotta su 6.515 casi, in cui il vantaggio a
5 anni era dell’8% per i trattamenti iperfrazionati e del
2% per quelli accelerati - ha portato a valutare la tecnica iperfrazionata in studi di confronto. Rispetto agli
approcci chemioradianti, il trattamento iperfrazionato
da solo si è dimostrato meno efficace e pertanto la sua
applicazione è stata scoraggiata, anche a causa delle
difficoltà logistiche legate alla sua somministrazione. In
associazione invece alla chemioterapia concomitante si
è osservato, rispetto al solo trattamento iperfrazionato,
un miglioramento della sopravvivenza del 5-10% a 5
anni, correlato a un aumento del controllo locale del
10-20% (a 5 anni); la terapia combinata è però gravata da una tossicità severa che può avere esito fatale
fino al 14% dei casi e comportare la necessità di un
sondino nasogastrico per quasi l’80% dei pazienti.
Tossicità acute e croniche dei trattamenti concomitanti
I trattamenti chemioradianti concomitanti rappresentano dunque lo standard terapeutico, ma - come si è già
accennato - sono caratterizzati da una tossicità severa.
La tossicità acuta può durare fino a 90 giorni dall’inizio
della terapia e richiede l’intervento di un team multidisciplinare costituito da dietologi, odontostomatologi,
fisioterapisti, terapisti del dolore e psiconcologi. In particolare nel 14% dei casi trattati con solo cisplatino e
nel 30% di quelli in terapia con cisplatino + fluorouracile si osserva mucosite di grado 4, con necessità di
ricorrere a un sondino nasogastrico nel 33% dei
4
pazienti. Le interruzioni della radioterapia, molto sfavorevoli dal punto di vista prognostico se superiori a 5
giorni, arrivano fino al 19% e nel 14% dei casi i pazienti devono essere ospedalizzati.
Il vero problema dei trattamenti integrati è tuttavia rappresentato dalla tossicità cronica che, in una recente
revisione del Radiation Therapy Oncology Group condotta su 230 pazienti, è risultata essere del 43%, associandosi a fattori di rischio quali l’età, lo stadio avanzati, la sede laringea e ipofaringea e il pregresso svuotamento del collo. La sua comparsa è progressivamente
ingravescente a partire da 90 giorni dopo l’inizio della
terapia e raggiunge un plateau a 36 mesi.
Secondo l’esperienza di chi scrive, relativa ai carcinomi
dell’orofaringe, la tossicità cronica osservata dopo un
follow up mediano di 45 mesi è la seguente:
• xerostomia severa nel 57% dei casi con disfagia
moderata-severa nel 36%
• assenza completa del gusto nel 39% dei casi
• fibrosi sottocutanea severa nel 18% dei casi
• sindrome depressiva nel 46% dei casi, con una correlazione diretta tra grado di disfagia, qualità di vita e
depressione.
Approcci per ridurre la tossicità
Nel futuro si dovrà pertanto operare sia sul fronte del
miglioramento della sopravvivenza, sia su quello della
riduzione della tossicità cronica. Gli approcci potenzialmente in grado di ridurre la tossicità cronica sono i
seguenti:
• erogare a settimane alterne la terapia radiante e
quella chemioterapica secondo le modalità proposte
dal gruppo di Marco Merlano (cicli di 21 giorni, con
una settimana di chemioterapia a base di platino nei
giorni 1-5 e radioterapia nelle altre 2 settimane sempre nei giorni 1-5), sebbene tale approccio sia caratterizzato da una sensibile riduzione della tossicità
acuta senza un impatto significativo su quella cronica
• sostituire la chemioterapia con terapie biologiche
potenzialmente meno tossiche. Allo stato attuale il
trattamento con cetuximab concomitante alla radioterapia si è dimostrato ampiamente superiore alla
sola radioterapia, con una mediana di sopravvivenza
di 49 mesi per il trattamento combinato rispetto ai
29,3 mesi del solo trattamento radiante e con un
tasso di sopravvivenza a 5 anni del 45,6% vs il
36,4%. Nei pazienti che hanno avuto un rash acneiforme di grado uguale o superiore a 2 la mediana di
sopravvivenza è stata di 68,8 mesi, mentre nei casi
con reazioni cutanee meno severe è stata di 25,6
mesi. L’interesse verso questi risultati aumenta se si
tiene conto che, secondo la metanalisi MACH-NC
prima citata, il vantaggio in sopravvivenza della chemioterapia concomitante rispetto alla sola radioterapia è in assoluto del 6,5% a 5 anni, che va confrontato con il vantaggio del 9,2% ottenuto con l’aggiunta di cetuximab alla radioterapia; analogamente
secondo la metanalisi il rischio di morte si riduce del
19% con la chemioradioterapia rispetto alla sola
radioterapia, mentre tale riduzione sale al 27% qualora alla radioterapia si associ l’anticorpo monoclonale. Il vantaggio osservato con cetuximab è stato conseguito senza un aumento significativo della tossicità
acuta, con l’eccezione di quella cutanea. I dati relativi
alla tossicità cronica sono ancora da definire e al
momento non si dispone di un confronto diretto tra
la chemioradioterapia concomitante e la radioterapia
associata all’anticorpo.
• aumentare la diffusione di nuove tecniche di radioterapia quali la radioterapia a intensità modulata o
IMRT, che grazie alla centratura computerizzata tridimensionale su immagini radiologiche permette di
concentrare le dosi citotossiche sulle sole sedi di
malattia evidente o potenziale, risparmiando i tessuti
sani. Il rischio teorico di tale metodica è quello di
limitare le dosi letali alle sole sedi evidenziabili radiologicamente, trascurando quelle non visualizzabili ma
con malattia microscopica. Recenti studi randomizzati hanno dimostrato un’efficacia dell’IMRT equivalente a quella delle metodiche tradizionali, con una spiccata riduzione della xerostomia (grado 2 a 24 mesi:
18 vs 75%) grazie alla riduzione o al completo annullamento dell’irradiazione parotidea. Viceversa non si
osserva un effetto di uguale entità sulla disfagia, in
quanto la componente fondamentale per la lubrificazione del bolo alimentare - la mucina - viene prodotta dalle ghiandole salivari minori, che solo in parte
vengono risparmiate dal trattamento IMRT (le parotidi producono soprattutto la componente fluida della
saliva). Inoltre la disfagia è correlata all’irradiazione
dei costrittori faringei superiore, medio e inferiore; le
Baujat B et al. Hyperfractionated or accelerated radiotherapy in head and neck cancer.
The Cochrane Library 2010, Issue 12, Wiley
& Sons Ltd Ed
Bonner JA et al. Radiotherapy plus cetuximab for locoregionally advanced head and
neck cancer: 5-year survival data from a
phase 3 randomised trial, and relation bet-
nuove tecniche di irradiazione sono in grado di ridurre le dosi in queste sedi anatomiche, sebbene al
momento non si sia osservato un impatto significativo di questo risparmio sull’entità della disfagia.
Un’ulteriore diminuzione della tossicità cronica si
potrà ottenere grazie all’introduzione della radioterapia dinamica, una metodica in grado di ridisegnare
- anche giornalmente - il campo d’irradiazione sulla
scorta della progressiva riduzione della massa neoplastica evidenziata con tecniche di fusione di immagini radiologiche (TC o RMN) e metaboliche (PET).
Tali tecniche comportano un aumento dei costi e dei
tempi per ogni singola seduta di radioterapia e richiedono un’èquipe altamente specializzata, necessariamente
concentrata in centri di riferimento regionale.
Approcci per migliorare la sopravvivenza
Al fine di migliorare la sopravvivenza si sta operando
su diversi fronti:
• aggiungere alla chemioradioterapia concomitante
una chemioterapia neoadiuvante a 3 farmaci (cisplatino + taxotere + fluorouracile), che ha dimostrato di
migliorare la sopravvivenza rispetto allo schema classico a 2 farmaci (cisplatino + fluorouracile). Tale
approccio è in corso di valutazione randomizzata, ma
occorre mettere in conto un aumento della tossicità,
con una riduzione della compliance ai trattamenti
• aggiungere una terapia biologica alla chemioterapia;
tale approccio al momento è caratterizzato da un
aumento della tossicità acuta senza significativi
impatti sulla sopravvivenza.
Conclusioni
In conclusione le innovazioni delle tecniche di irradiazione si sono tradotte in una significativa riduzione di
alcune importanti tossicità croniche senza effetti sull’efficacia terapeutica. Le terapie biologiche con antiEGFR come cetuximab sono globalmente ben tollerate
ed efficaci se somministrate in combinazione con la
radioterapia, soprattutto in pazienti giovani e con buon
performance status, mentre comportano un aumento
della tossicità quando si associano alla chemioterapia
convenzionale. Si tratta in ogni caso di trattamenti che
richiedono un’équipe multidisciplinare che possa
disporre di letti di degenza e che necessariamente sia
concentrata in pochi centri di alta specializzazione.
ween cetuximab-induced rash and survival.
Lancet Oncol 2010; 11: 21-28
Pignon JP et al. Meta-analysis of chemotherapy in head and neck cancer (MACH-NC):
An update on 93 randomised trials and
17,346 patients. Radiother Oncol 2009; 92:
4-14
Machtay M et al. Factors associated with
severe late toxicity after concurrent chemoradiation for locally advanced head and neck
cancer: An RTOG analysis. J Clin Oncol
2008; 26: 3582-3589
Bonner JA et al. Radiotherapy plus cetuximab for squamous-cell carcinoma of the
head and neck. N Engl J Med 2006; 354:
567-578
BIBLIOGRAFIA
Controeditoriale
Mario Airoldi
SC Oncologia Medica 2,
AOU S. Giovanni Battista, Torino
5
Casi clinici
A cura di Marcello Tucci
Delimitare i confini
CASO CLINICO
1
Carcinoma cervico-cefalico non-nasosinusale
Pierfrancesco Franco*, Gianmauro Numico°, Fernanda Migliaccio*, Silvia Spinazzè°,
Paola Catuzzo§, Paolo Canzi^, Domenico Cante**, Piera Sciacero**, Valeria Borca
Casanova§, Umberto Ricardi***
*SC Radioterapia Oncologica, °SC Oncologia, §SC Fisica Sanitaria, ^SC Otorinolaringoiatria, AUSL
Valle d’Aosta
**SC Radioterapia Oncologica, ASL-TO4
***SCDU Radioterapia Oncologica, ASO S. Giovanni Battista, Torino
In questo caso di tumore testa-collo non-nasosinusale la
chemioradioterapia con tecnica IMRT unitamente a
cranioprofilassi con “hyppocampus avoidance” ha ottenuto la
remissione completa della malattia, consentendo al contempo di
minimizzare il danno neurocognitivo e le tossicità
Figura 1.
Visione 3D su di un piano coronale (a) e sagittale (b) del distretto
cervico-cefalico ed encefalo in toto e della regione ippocampale
bilaterale come contornati sul treatment planning software. Fusione
di immagine tra TC di centratura e RMN volumetrica (c: piano coronale; d: piano assiale) utilizzata per il contornamento degli organi a
rischio intracranici (in particolare l’ippocampo)
Paziente maschio di 53 anni, non fumatore, consuma alcolici ai pasti. All’anamnesi si rilevano tonsillectomia, appendicectomia, epatite A pregressa, epididimite.
Nel mese di giugno del 2011 si verifica la comparsa di adenopatia laterocervicale (LC) destra palpabile, non dolente, duro-lignea, adesa ai piani profondi. La TC total-body evidenzia linfoadenopatie
LC destre (livelli Ib-II secondo Robbins) e ispessimento della tonsilla linguale (diametro massimo 4
cm). Alla fibroscopia si osservano ipertrofia/iperplasia follicolare del base lingua e nessuna lesione
macroscopica.
Sono effettuati lo svuotamento LC dx e la biopsia del base lingua; l’esame istologico è indicativo di
un carcinoma neuroendocrino scarsamente differenziato/carcinoma a piccole cellule (CK+; cromogranina A+; sinaptofisina+, TTF-1+; Ki-67: 80%) in 1 su 2 linfonodi asportati; il prelievo sul base lingua e le biopsie random del rinofaringe sono negativi. La 18F-glucosio TC-PET mostra un sovraccumulo di tracciante a livello del base lingua.
Si pone la diagnosi di carcinoma neuroendocrino scarsamente differenziato/carcinoma a piccole
cellule del distretto cervico-cefalico non-nasosinusale a focus primitivo ignoto (stadio cTxN2bM0).
Dopo una valutazione multidisciplinare viene scelto un approccio in modalità combinata con chemioradioterapia sequenziale.
Si esegue chemioterapia d’induzione con lo schema cisplatino 75 mg/m2 al giorno 1, etoposide
100 mg/m2 ai giorni 1, 2, 3 (PE) per 6 cicli. Viene effettuata la ristadiazione dopo 3 cicli: alla TC si
osserva ispessimento tonsillare linguale; la 18F-glucosio TC-PET mostra un sovraccumulo di tracciante in tale sede. Dopo ulteriori 3 cicli di PE - in cui si registra una buona tolleranza ematologica e soggettiva (astenia di grado 1, alopecia di grado 2) - la ristadiazione con TC e TC-PET rileva un ispessimento e un sovraccumulo a livello della tonsilla linguale. Viene effettuata una tonsillectomia linguale e
l’esame istologico evidenzia tonsillite cronica. La biopsia del rinofaringe è negativa.
Successivamente si esegue un trattamento radiante mediante tomoterapia elicoidale (tecnica
IMRT dinamica a geometria elicoidale con tracking ottico IGRT con MVCT) a livello del distretto cervico-cefalico (asse faringolaringeo + linfonodi livelli Ib-V secondo Robbins bilaterali) per una dose
totale di 60 Gy/30 fr (2 Gy/die) (Figura 1a, 1b).
totale di 25,2 Gy/14 fr (1,8 Gy/die) con “hyppocampus avoidance” al fine di ridurre gli eventuali danni
neurocognitivi su base attinica (Figura 1a, 1b).
La fusione tra le immagini TC ottenute in fase di centratura e quella di una RMN volumetrica permette
di contornare bilateralmente la regione dell’ippocampo a partire anteriormente dal corno temporale fino
alla porzione laterale delle cisterne quadrigemine (Figura 1c, 1d). Mediante l’aggiunta di un margine isotropico di 5 mm vengono creati i cosiddetti hippocampal avoidance volumes (HAV).
L’impiego della tomoterapia elicoidale, con la creazione di forti gradienti di dose, permette di limitare la
dose alle strutture encefaliche (dose massima all’ippocampo 6 Gy; V3 < 20%; per HAVs V20 < 20%), al
midollo spinale, alle parotidi e alle strutture oculari (Figura 2a, 2b, 2c, 2d).
Il paziente completa il trattamento radiante senza interruzione, con una mucosite acuta di grado 1
(CTC-AE v.4). Alla ristadiazione sia la TC sia la PET non mostrano alcuna evidenza di malattia. Il paziente
risulta essere in remissione completa morfologica e funzionale a 4 mesi dalla fine del trattamento, senza
deterioramento cognitivo precoce (come evidenziato dal Mini-Mental test).
Figura 2.
Visualizzazione della distribuzione di dose del piano di trattamento
come ottenuto dopo pianificazione mediante tomoterapia elicoidale.
È evidente il risparmio di alcune strutture critiche come il midollo
spinale (a), le strutture oculari (b), le ghiandole parotidi (c) e gli
ippocampi (a, b, c, d)
Contestualmente si effettua un trattamento radiante panencefalico profilattico (PCI) per una dose
6
7
Pierfrancesco Franco, Gianmauro Numico, Fernanda Migliaccio, Silvia
Spinazzè, Paola Catuzzo, Paolo Canzi, Domenico Cante, Piera
Sciacero, Valeria Borca Casanova, Umberto Ricardi
Il carcinoma a piccole cellule è riconosciuto come un’entità distinta,
anche se relativamente poco frequente, che si presenta in più siti del
distretto cervico-cefalico. Escludendo i casi derivati dalla cute, questo
tumore si può sviluppare in quasi tutte le strutture del tratto aerodigestivo superiore. I più frequenti organi di origine sono la laringe, le ghiandole salivari e l’area sinonasale.
In generale il tumore ha un comportamento aggressivo e una forte propensione a metastatizzare a livello dei linfonodi locoregionali e a distanza. Il trattamento è normalmente paragonabile a quello delle forme più
comuni di carcinoma a piccole cellule del polmone. In particolare la
radioterapia encefalica profilattica è considerata la procedura convenzionale nei casi che sono in remissione completa al termine del trattamento
integrato. Infatti una percentuale sostanziale di pazienti affetti da carcinoma neuroendocrino non-nasosinusale del distretto cervico-cefalico va
incontro a una ripresa intracranica di malattia. Secondo la casistica
dell’MD Anderson Cancer Center il tasso di malattia intracranica a 2 e a
5 anni è rispettivamente del 25% e del 44%; pertanto in questo contesto
clinico si tende a includere nel trattamento in modalità combinata anche
la cranioprofilassi mediante radioterapia.
BIBLIOGRAFIA
Il caso descritto rappresenta un esempio di come sia possibile - mediante l’impiego della tecnica di hyppocampus avoidance - eseguire la cranioprofilassi risparmiando gli ippocampi e pertanto minimizzando gli
effetti collaterali neurologici. Ciò è giustificato dal fatto che solamente
una piccola percentuale di metastasi encefaliche ha insorgenza entro
5 mm dalle strutture ippocampali, quindi è possibile escludere tali aree
del cranio dal volume bersaglio senza influenzare negativamente le probabilità di controllo di malattia.
8
Gondi V et al. Why avoid the hippocampus? A Comprehensive review. Radiother Oncol 2010; 97: 370-376
Gondi V et al. Hippocampal-sparing whole-brain radiotherapy: a “how to” technique using helical tomotherapy and
linear accelerator-based intensity-modulated radiotherapy. Int J Radiat Oncol Biol Phys 2010; 78: 1244-1252
Barker JL et al. Management of nonsinonasal neuroendocrine carcinomas of the head and neck. Cancer 2003; 98:
2322-2328
Duplice vantaggio
Questa paziente con carcinoma rinofaringeo localmente
avanzato è stata sottoposta a un regime radiochemioterapico
con IMRT che ha portato a eradicazione della malattia,
mantenendo nei limiti accettabili la tossicità a livello neurologico
e delle ghiandole salivari
2
CASO CLINICO
COMMENTO
Casi clinici
A cura di Marcello Tucci
Carcinoma del rinofaringe localmente avanzato
Vittoria Balcet, Francesco Moretto, Monica Rampino, Umberto Ricardi
SCDU Radioterapia Oncologica, ASO S. Giovanni Battista, Torino
Paziente donna di 44 anni, ottime condizioni generali, non fumatrice, senza antecedenti patologici
di rilievo, riferisce allergia al mezzo di contrasto iodato. Giunge alla nostra attenzione in seguito alla
diagnosi di carcinoma rinofaringeo in stadio localmente avanzato.
In seguito alla comparsa di ostruzione nasale effettua una visita otorinolaringoiatrica, con riscontro
di lesione ulcerata della parete posteriore e laterale destra del rinofaringe. Alla palpazione del collo si
riscontrano adenopatie ai livelli I-II-III bilaterali e sovraclaveare sinistro. La biopsia, effettuata a livello
del rinofaringe, mostra la presenza di carcinoma indifferenziato nasofaringeo (EBV-positivo).
La RM con mezzo di contrasto evidenzia un’area di alterato segnale dotata di enhancement in
corrispondenza della parete posteriore e laterale destra del rinofaringe, con invasione dello spazio
carotideo e dislocazione dell’arteria stessa. Si rilevano numerose adenopatie in sede sottomentoniera, sottomandibolare, laterocervicale e retrofaringea bilaterale e sovraclaveare a sinistra, del diametro
Figura 1.
Distribuzione di dose da
piano di cura sulla TC di
centratura: a livello del
rinofaringe e del collo
sono visibili i planning
target volumes (PTV) e
l’isodose (95% in arancio,
90% in giallo) in riferimento al PTV ad alta
dose
9
Si effettua una successiva TC del torace e in virtù della riduzione dimensionale dei noduli polmonari viene posta la diagnosi di patologia flogistica; il rilievo di un focolaio broncopneumonico
concomitante indirizza verso una terapia antibiotica con risoluzione del quadro. La stadiazione
definitiva della neoplasia è T2b N3 M0 (IVB).
La paziente è valutata collegialmente da un oncologo medico, un radioterapista, un otorinolaringoiatra e un dietologo. Viene posta indicazione a un trattamento radiochemioterapico integrato, costituito da una fase di chemioterapia di induzione a scopo citoriduttivo su T e N, seguita da
una fase radiochemioterapica concomitante.
La paziente effettua 2 cicli di chemioterapia con infusione di cisplatino, 5-fluorouracile e
docetaxel ogni 21 giorni con comparsa di neutropenia G4; al termine dei 2 cicli si osserva una
risposta parziale. Il trattamento viene completato nella fase concomitante dalla radioterapia a
intensità modulata con boost simultaneo integrato e chemioterapia concomitante con 3 cicli di
cisplatino 100 mg/m2 ogni 21 giorni. Una dose totale di 69,96 Gy in 33 frazioni viene somministrata a livello della lesione del rinofaringe e dei linfonodi patologici, mentre le aree linfonodali a
rischio intermedio e basso del collo bilaterale ricevono una dose di 59,4 Gy e 54,45 Gy rispettivamente. I linfonodi cervicali inferiori sono irradiati con una dose di 50 Gy in 25 frazioni. Il volume trattato ad alta dose viene identificato integrando i dati di imaging anatomico (RM) e molecolare (18FDG-PET).
A partire dalla terza settimana la terapia concomitante causa una tossicità rilevante e il trattamento prosegue in regime di ricovero per comparsa di vomito incoercibile, disfagia, mucosite
confluente ed epidermiolisi severa. Viene posizionato un sondino nasogastrico per supporto
nutrizionale che è rimosso 7 giorni dopo il termine della radioterapia. La chemioterapia concomitante è somministrata senza riduzione di dose.
COMMENTO
Casi clinici
massimo di 3 cm. La TC-PET conferma la presenza di una lesione ipermetabolica a livello del
rinofaringe (SUV max 16,1) e delle adenopatie (SUV max 12,0). Sono inoltre evidenziati due
noduli polmonari (SUV max 6,1) di incerto significato.
Vittoria Balcet, Francesco Moretto, Monica Rampino, Umberto Ricardi
Il carcinoma del rinofaringe si presenta con caratteristiche peculiari dal punto di vista epidemiologico,
eziologico e clinico. In Italia esso ha un’incidenza maggiore nelle aree del bacino mediterraneo, con un
picco tra l’età di 40 e 50 anni, ed è correlato nella sua forma non cheratinizzante all’infezione da EpsteinBarr. Negli stadi avanzati può coinvolgere localmente le strutture della base cranica. La diffusione linfonodale è molto frequente alla diagnosi e vi è forte rischio di metastasi a distanza.
La terapia di scelta per questa malattia altamente radio e chemiosensibile è la radioterapia esclusiva nei
casi precoci e l’associazione radiochemioterapica nei casi localmente avanzati per estensione del tumore
primitivo o per presenza di metastasi linfonodali. I risultati del trattamento sono ottimi: è riportata una
sopravvivenza globale a 3 anni del 90% con trattamento integrato, con una sopravvivenza libera da malattia
a 3 anni pari all’82% e controllo locale del 96%.
La comunità scientifica è concorde nel ritenere che l'IMRT sia il trattamento radioterapico di scelta per
questo tipo di tumore, in quanto - rispetto alla radioterapia conformazionale convenzionale - rende possibile una riduzione della dose agli organi sani adiacenti al tumore (encefalo, vie ottiche, ghiandole parotidi,
cavità orale) che si traduce clinicamente in un miglioramento della qualità della vita, come si è osservato in
diversi studi randomizzati controllati.
Nel caso clinico in esame la paziente, affetta da una malattia localmente avanzata, ha ricevuto un trattamento combinato radiochemioterapico con IMRT con finalità curativa. La pianificazione su un volume bersaglio basato sull’imaging molecolare ha avuto lo scopo di definire l’area sede di neoplasia metabolicamente attiva per l’irradiazione ad alta dose.
La malattia presentava un’estensione parafaringea contigua alla base cranica; pertanto, impiegando una
tecnica convenzionale, non sarebbe stato possibile irradiare la massa tumorale con una dose terapeutica a
causa dei limiti di dose imposti dalle strutture sane in vicinanza del tumore. L’utilizzo di una tecnica a intensità modulata (“step-and-shoot” IMRT) ha permesso invece un trattamento di alta precisione, grazie al
quale è stato possibile somministrare la dose necessaria per il controllo tumorale, mantenendo nei limiti di
tolleranza il rischio di tossicità, in particolare a livello neurologico e delle ghiandole salivari.
Il programma di follow up prevede l’esecuzione di RM ogni 4-6 mesi per i primi 2 anni.
Attualmente la paziente è libera da malattia a un anno dal termine della radioterapia. Presenta
xerostomia di grado modesto con progressivo miglioramento negli ultimi mesi e si alimenta
regolarmente. Lamenta una rinite crostosa di entità lieve e a livello della cute residua una piccola
area discromica in sede di pregressa epidermiolisi.
10
Grégoire V, Chiti A. Molecular imaging
in radiotherapy planning for head and
neck tumors. J Nucl Med 2011; 52:
331-334
Scott-Brown M et al. Evidence-based
review: quality of life following head and
neck intensity-modulated radiotherapy.
Radiother Oncol 2010; 97: 249-257
Hui EP et al. Randomized phase II trial
of concurrent cisplatin-radiotherapy
with or without neoadjuvant docetaxel
and cisplatin in advanced nasopharyngeal carcinoma. J Clin Oncol 2009; 27:
242-249
Palazzi M et al. Further improvement in
outcomes of nasopharyngeal carcinoma
with optimized radiotherapy and induction plus concomitant chemotherapy: an
update of the Milan experience. Int J
Radiat Oncol Biol Phys 2009; 74: 774780
BIBLIOGRAFIA
A 3 mesi dal termine della radioterapia si rileva una risposta completa al trattamento. La valutazione si avvale di RM, fibroscopia e dosaggio plasmatico di EBV-DNA.
11
Questo caso di carcinoma rettale localmente avanzato mostra
come la chemioradioterapia neoadiuvante effettuata con tecnica
IMRT abbia consentito il downstaging tumorale e la resezione
chirurgica conservativa, a fronte di una tossicità moderata che
ha permesso la continuità del trattamento stesso
Interventi in continuità
CASO CLINICO
3
Carcinoma del retto localmente avanzato
Gianluca Mortellaro, Simona Allis, Alessia Reali, Francesca Arcadipane, Silvia Maria
Anglesio, Elisa Trevisiol, Maria Grazia Ruo Redda
SS Radioterapia, ASO S. Luigi Orbassano, Torino
Paziente di sesso maschile di 49 anni. In seguito a rettorragia recidivante effettua una rettosigmoidoscopia con riscontro di lesione aggettante localizzata a 7-8 cm dalla rima anale, con un’estensione longitudinale di 4 cm. La diagnosi istologica è di adenocarcinoma del grosso intestino; l’ecoendoscopia rettale
stadia la malattia come uT3 N+, mentre la TC torace-addome con mezzo di contrasto non evidenzia
secondarietà.
Viene posta indicazione a trattamento radiochemioterapico concomitante neoadiuvante. Il paziente è
sottoposto a radioterapia con tecnica IMRT, con 7 fasci-70 segmenti; il volume bersaglio comprende il T,
l’N+ perirettale e i linfonodi presacrali iliaci interni e otturatori. Gli organi a rischio sono la vescica, le teste
femorali e le anse intestinali. La dose totale erogata è di 50,4 Gy, con un frazionamento giornaliero di 1,8
Gy per un totale di 28 sedute (Figura 1).
La RT è associata a chemioterapia con oxaliplatino + capecitabina (schema XELOX). Il trattamento
risulta ben tollerato, con una tossicità GI G1 e GU G0 secondo la scala RTOG.
Il paziente dopo 40 giorni effettua una TC di rivalutazione che evidenzia una riduzione dello spessore
della parete rettale e dopo 8 settimane dalla fine della RT è sottoposto a intervento chirurgico di resezione anteriore del retto e anastomosi termino-terminale; l’esito istologico è di adenocarcinoma del retto infiltrante la muscularis propria, moderatamente differenziato G2, con margini chirurgici indenni da neoplasia
e nessun linfonodo dei 10 esaminati con presenza di cellule neoplastiche. Stadiazione AJCC 7TH 2010,
ypT2, pN0.
BIBLIOGRAFIA
In considerazione della risposta
al trattamento neoadiuvante e dello
stadio di malattia viene posta indicazione a trattamento sistemico
adiuvante secondo lo schema
XELOX.
12
Linee Guida AIOM 2010, Tumori del
colon-retto, 6.2.4
Rullier E et al. Preoperative radiochemotherapy and sphincter-saving resection for
T3 carcinomas of the lower third of the
rectum. Ann Surg 2001; 234: 633-640
Intensity-modulated radiotherapy: current
status and issues of interest. Intensity
Modulated Radiation Therapy
Collaborative Working Group. Int J Radiat
Oncol Biol Phys 2001; 51: 880-914
Improved survival with preoperative radiotherapy in resectable rectal cancer.
Swedish Rectal Cancer Trial. N Engl J
Med 1997; 336: 980-987
Figura 1.
IMRT applicata in zona lombosacrale. In verde si evidenzia il
95% della dose di prescrizione
COMMENTO
Casi clinici
A cura di Marcello Tucci
Una percentuale considerevole di pazienti affetti da carcinoma rettale può presentarsi in stadio localmente avanzato (T3-T4) o con malattia linfonodale già alla diagnosi. Dal punto di vista diagnostico e terapeutico, il carcinoma del retto medio e basso, cioè extraperitoneale (normalmente fino a 12 cm dal margine
anale), presenta alcune peculiarità che lo distinguono dal carcinoma del colon, mentre l’approccio al carcinoma del retto alto non si differenzia sostanzialmente da quello del giunto retto-sigma e sigma. La radioterapia preoperatoria (neoadiuvante) associata a diversi schemi chemioterapici offre una serie di potenziali
vantaggi. Tra questi vi sono la riduzione dell’entità dell’infiltrazione neoplastica nei tessuti perirettali, il
downstaging clinico per di diminuzione volumetrica della neoplasia, una migliore resecabilità (modificazione
dell’indicazione chirurgica a favore della preservazione dello sfintere anale, ossia resezione anteriore vs
amputazione addomino-perineale), l’aumento del tasso di radicalità nell’exeresi di neoplasie voluminose,
fisse o parzialmente fisse e la riduzione del rischio di disseminazione durante l’intervento chirurgico, con
conseguente diminuzione della percentuale di recidiva locale e di metastasi a distanza.
Dal punto di vista radioterapico i recenti sviluppi delle applicazioni informatiche alla radioterapia oncologica hanno avuto un notevole impatto sulla pratica clinica e sulle modalità tecniche di trattamento. Nel giro
di pochi anni, come è stato ampiamente descritto nell’editoriale, si è passati da una radioterapia tradizionale
a basso contenuto tecnologico (2D) a una radioterapia altamente informatizzata, detta conformazionale o
3D-CRT. La 2D era basata quasi esclusivamente sulla simulazione convenzionale (radiologia tradizionale) e
sull’impiego di un numero ridotto di campi di trattamento sagomati con geometrie “standard”; questo limitava notevolmente la copertura dosimetrica dei volumi bersaglio (scarsa conformazionalità) e non permetteva di valutare la dose ricevuta dagli organi sani. La 3D-CRT rappresenta un’importante innovazione tecnologica in campo radioterapico per la sua alta informatizzazione, per l’utilizzo della TC come imaging radiologico di acquisizione e per l’impiego di nuovi sistemi di collimazione del fascio, nonché per l’uso di metodologie di pianificazione impieganti algoritmi di calcolo tridimensionali e di fasci radianti multipli. Tutto questo ha permesso un maggiore risparmio dosimetrico degli organi sani circostanti e conseguentemente una
minore tossicità del trattamento stesso.
La radioterapia a intensità modulata (IMRT) rappresenta l’ultima evoluzione dei trattamenti radioterapici
conformazionali ed è oggi considerata un’insostituibile opzione terapeutica anche nel trattamento delle
neoplasie pelviche. Essa consente di conformare in maniera molto accurata la dose, qualunque sia la forma
del target, grazie alla possibilità di erogare radiazioni a intensità variabile nel contesto dello stesso fascio di
radiazione e di trattare il paziente da un numero diverso di direzioni (o archi continui); questa caratteristica,
associata al pressoché completo controllo da parte del computer di elaborare la distribuzione di dose
(estremamente alta al target e accettabile ai tessuti che lo circondano), rappresenta la principale differenza
rispetto alla 3D-CRT.
In questo particolare caso clinico di carcinoma del retto localmente avanzato si evidenzia come la radioterapia neoadiuvante, erogata con la tecnica IMRT, abbia consentito una diminuzione importante della
massa del tumore, nonché una riduzione significativa delle tossicità gastrointestinali e genitourinarie, permettendo di conseguenza di eseguire il trattamento con maggiore continuità e senza modificazioni dell’intensità della dose dei farmaci chemioterapici e della radioterapia.
13
Progetto
A cura di Anna Novarino
Una sanità d’eccellenza
è anche multiculturale
Questo progetto dedicato all’assistenza ai bambini stranieri affetti
da tumori ematologici è finalizzato a realizzare un modello
sanitario interculturale che tenga conto delle necessità medicoinfermieristiche e delle difficoltà psicosociali del malato e della
sua famiglia
Franca Fagioli
SC Oncoematologia e Centro Trapianti, AO Oirm-S. Anna, Torino
Progetto:
Il paziente straniero affetto
da patologia
oncoematologica in età
pediatrica: accoglienza ed
assistenza medicoinfermieristica e psicosociale
Responsabile del
progetto:
Franca Fagioli
14
Negli ultimi anni l’afferenza di bambini stranieri bisognosi di cure ha subito un costante
incremento dovuto sia a un aumento globale delle famiglie di stranieri residenti sul territorio cittadino e provinciale, sia a nuclei familiari che hanno intrapreso veri e propri viaggi
della speranza per curare i loro bambini malati. Non ultimi sono inoltre da considerare gli
arrivi dei piccoli pazienti attraverso il Programma di Assistenza Sanitaria della regione
Piemonte a favore dei minori provenienti dai paesi in via di sviluppo.
Complessivamente a partire dal 2005 sono stati accolti nella nostra struttura 46 bambini
con programmi di cooperazione internazionale, di cui 40 con il supporto dei fondi stanziati
dalla regione Piemonte e 6 con fondi di organizzazioni private.
Nella maggior parte dei casi i pazienti sono giunti dai paesi di provenienza direttamente al
Centro di Riferimento della SC Oncoematologia Pediatrica dell’Ospedale Infantile Regina
Margherita-Oirm. In alcune situazioni invece il primo contatto è avvenuto con un’unità
satellite della Rete Oncologica Piemonte e Valle d’Aosta, che ha segnalato successivamente il paziente al Centro di Riferimento. Le unità satellite sono pertanto coinvolte o
direttamente dall’arrivo del paziente, oppure successivamente per ragioni geografiche
di domicilio della famiglia; il domicilio di appoggio della famiglia - parenti, associazioni
di volontariato, comunità religiose - è infatti distribuito tra la provincia di Torino e le
altre province del Piemonte.
La nascita del progetto
Sulla base di questa realtà e di queste nuove esigenze abbiamo elaborato un progetto
di accoglienza e di assistenza medico-infermieristica e psicosociale del paziente
pediatrico straniero affetto da patologia oncoematologica.
Tale progetto è stato presentato nell’ambito dei Progetti Trasversali di Rete (marzo
2010), approvato dall'Unità di Coordinamento Rete (maggio 2010) e finanziato
mediante trasferimento fondi alla SC Oncoematologia e Centro Trapianti dell’AO OirmS. Anna di Torino come da determinazione 269/1976/10/2010 del 3 marzo 2010.
Il progetto è stato articolato in due fasi successive. La prima ha previsto la formazione
dei mediatori culturali da parte dei medici, infermieri e psicologi della nostra struttura,
nonché degli operatori sanitari stessi da parte del servizio sociale e dei mediatori culturali delle etnie più rappresentate.
La seconda fase ha contemplato la revisione, l’aggiornamento e la traduzione di materiale divulgativo (informative riguardante l’accoglienza, l’assistenza, l’igiene, l’alimentazione, etc) utilizzato nell’ambito dei centri della Rete di Oncologia Pediatrica.
La prima fase
La prima fase di formazione è stata caratterizzata da 4 incontri tenuti da medici, psicologi e infermieri della SC Oncoematologia Pediatrica dell’OIRM, durante i quali sono
stati illustrati gli aspetti caratterizzanti la malattia oncologica. A seguire sono stati
organizzati altri 7 incontri, di cui uno dedicato agli aspetti sociali realizzato dal servizio
sociale e 6 rivolti a ogni singola etnia (rumena, araba, albanese, russa, africana, sudamericana) e tenuti dai rispettivi mediatori culturali.
Questa parte del progetto è stata dedicata all’accoglienza del paziente straniero, che
richiede dal punto di vista medico un approccio in parte diverso e sicuramente più
impegnativo rispetto a quello adottato per gli altri malati. Le difficoltà sono dovute
principalmente alla complicata storia clinica che precede l’arrivo del paziente, con
relazioni spesso di non facile traduzione e interpretazione, quadri di malattia per lo più
non controllata e trattamenti antecedenti non attribuibili a un protocollo standardizzato. Inoltre i pazienti possono presentare, oltre alla malattia neoplastica e alla tossicità
secondaria alle cure, patologie endemiche contratte nella loro nazione di origine.
Occorre quindi, superando la barriera linguistica e spesso anche socioculturale, ricostruire nel modo più preciso possibile l’anamnesi, la storia clinica e il pregresso trattamento e ristadiare globalmente il paziente, prima di impostare un corretto iter terapeutico in base alle indicazioni dei protocolli nazionali e internazionali.
Il lavoro di accoglienza coinvolge tutto lo staff. In particolare il personale infermieristico
ricopre un ruolo di primaria responsabilità nell’introdurre i nuovi arrivati in un luogo
sconosciuto e ansiogeno, dove sono ancora incerti sia il tempo di permanenza sia le
esperienze da affrontare.
L’aspetto psicologico è altresì fondamentale. Nell’offerta di opportunità di cure adeguate, non esistenti nel paese di origine, è infatti necessario tenere presente la complessità della gestione del paziente e della sua famiglia e i costi psicologici spesso elevatissimi cui essi sono esposti. Unitamente al trauma per la malattia, vi è il trauma
dovuto allo sradicamento dalla propria terra, alla separazione dai propri familiari, alla
difficoltà di comunicazione a causa della differente lingua e cultura e al sentimento di
profonda solitudine che frequentemente accompagna tutto l’iter terapeutico.
La conoscenza da parte del personale sanitario delle caratteristiche socioculturali di
ogni singola etnia accolta è quindi di fondamentale importanza per poter comprende15
re e soddisfare le esigenze di ogni singolo individuo e della sua famiglia.
Il servizio sociale ha competenze rilevanti nel progetto di accoglienza sociale:
l’ospitalità alloggiativa, il mantenimento, i necessari trasporti tra domicilio e
ospedale, l’assistenza farmaceutica, la regolarizzazione, seppure temporanea,
della permanenza nel nostro paese, il rientro in patria. Si tratta di costruire una
rete che deve coinvolgere tutti i soggetti interessati, le competenze specifiche e
gli strumenti normativi ed economici.
Un utile e ormai indispensabile servizio che ha il compito di interfacciarsi con le
famiglie e l’équipe curante è il servizio di mediazione culturale. Durante gli
incontri organizzati nell’ambito di questo progetto ogni mediatore culturale ha
illustrato le caratteristiche geografiche, la situazione sociopolitica, l’istruzione, la
famiglia (ruolo uomo/donna, padre/madre, adulto/bambino, educazione dei
figli), le abitudini alimentari e igieniche, il servizio sanitario interno, la concezione
delle cure, del dolore e della morte, il rapporto salute/malattia, la religione e la
spiritualità.
Spazio alle Commissioni
A cura di Vittorio Fusco
Tra presente e futuro
In linea con il proprio mandato istituzionale, tra il
2010 e il 2011 la Commissione Ricerca ha avviato
progetti dalle tipologie più diverse, da studi clinici a
progetti formativi, da ricerche di diagnostica ad
attività di follow up
Vittorio Fusco
Dipartimento
Onco-Ematologico, Azienda Sanitaria Ospedaliera, Alessandria
« Se tu hai una mela, e io ho una mela, e ce le
scambiamo, allora tu ed io abbiamo sempre una mela
per uno. Ma se tu hai un’ idea, ed io ho un'idea, e ce le
scambiamo, allora abbiamo entrambi due idee»
La seconda fase
La seconda fase del progetto ha previsto la revisione, l’aggiornamento e la traduzione nelle lingue più rappresentate dei libretti informativi, già in uso nella
nostra struttura. All’interno di ogni informativa il paziente e la sua famiglia possono ora trovare, nella propria lingua di origine, spiegazioni semplici e sintetiche
riguardanti l’accoglienza e l’assistenza medico-infermieristica. Sono inoltre illustrate le norme igieniche, alimentari e comportamentali a cui essi si devono
attenere in modo da ridurre al minimo il rischio di infezioni.
BIBLIOGRAFIA
Le prospettive future
In conclusione questo progetto ha stimolato e promosso l’approccio interculturale del lavoro sanitario, permettendo di migliorare l’assistenza globale del
paziente straniero e della sua famiglia attraverso la formazione integrata di diversi profili professionali.
A completamento di questo importante lavoro si giungerà alla stesura di linee
comuni di comportamento che potranno essere condivise e diffuse nell’ambito
della Rete Oncologica al fine di garantire la migliore gestione del paziente
pediatrico straniero dal punto di vista medico-infermieristico, psicologico e
sociale.
16
Soliman C et al. L’approccio infermieristico ad un paziente
straniero nei vari centri. Hematology Reviews 2010; 16-17
Cavagna E et al. Progetto di accoglienza psicologica al
bambino oncoematologico straniero e alla sua famiglia,
welcome. Haematologica 2010; 95(s1): S91 (P176)
Parodi Mello M et al. “Lost in translation”: comunicare
quando il paziente non è italiano. Haematologica 2010;
95(s1): S97 (P191)
Dama E et al. Patterns of domestic migrations and access
to childhood cancer care centres in Italy: a report from the
hospital based registry of the Italian Association of Pediatric
Hematology and Oncology (AIEOP). Eur J Cancer 2008;
44: 2101-2105
George Bernard Shaw
Commissione
Ricerca
Coordinatore
Massimo Aglietta
Componenti
Alfredo Berruti
Gianni Ciccone
Raffaella Ferraris
Ivana Ferrero
Giorgio Inghirami
Piero La Ciura
Marco Merlano
Gianmauro Numico
Umberto Ricardi
Tra gli obiettivi della Rete Oncologica di Piemonte e Valle d’Aosta
vi è anche quello di «sviluppare un’attività di ricerca sempre più
all’avanguardia con il conseguente trasferimento dei risultati ottenuti in ambito clinico».
Sul sito della Rete Oncologica (www.reteoncologica.it) alla voce
“Progetti di ricerca” si possono trovare sia l’elenco dei 25 progetti
di Rete già chiusi, sia le voci (con relativo link) dei 43 progetti tuttora aperti: un patrimonio eterogeneo ma corposo, che sembra delineare un bilancio positivo per l’attività svolta dalla
Rete in questi anni. Tuttavia, come sempre, vi sono luci e
ombre.
Sempre sul sito della Rete, all’interno del “Piano di attività
per il 2011”, alla voce “Centro e Network per i Trials Clinici”
si può leggere: «Al miglioramento dell’assistenza apportato
dal modello organizzativo della Rete non ha corrisposto una
altrettanto valida produzione scientifica, che rimane a tutt’oggi qualitativamente e quantitativamente inferiore ad altre
regioni italiane, nonostante gli indubbi vantaggi che i collegamenti in rete potrebbero consentire nella conduzione di
studi clinici. Si propone pertanto che il Dipartimento acquisi17
Tabella 1.
Progetti di ricerca approvati nel 2010
Sospensione dell’androgeno deprivazione vs mantenimento e chemioterapia
intermittente vs continua nel trattamento del paziente con carcinoma prostatico
resistente alla castrazione chimica. Studio prospettico multicentrico randomizzato di fase III
Responsabile Alfredo Berruti
Immunoterapia adottiva per il trattamento dei sarcomi ossei: studi biologici ed
applicazioni cliniche
Responsabile Franca Fagioli
Creazione di un sistema integrato per lo stoccaggio, la criopreservazione e la
generazione di colture primarie di lesioni tumorali di origine mesenchimale con
diagnosi sospetta o accertata
Responsabile Giovanni Grignani
Studio prospettico sull’utilizzo della terapia cardiologica con beta-bloccanti ed
ACE-inibitori in pazienti con tumore mammario operabile e riduzione asintomatica della frazione di eiezione da trattamento con antracicline e/o con trastuzumab
Responsabile Filippo Montemurro
Identificazione di nuovi bersagli molecolari per il trattamento dei tumori delle
vie biliari
Responsabile Francesco Leone
Studio prospettico e randomizzato di confronto tra quadrantectomia seguita da radioterapia esterna complementare e quadrantectomia associata a radioterapia intraoperatoria in pazienti affette da carcinoma mammario di piccole dimensioni e di età
superiore a 48 anni in postmenopausa
Responsabile Marco Krengli
Validazione prospettica di un questionario per l’autovalutazione dei principali
effetti collaterali della chemioterapia secondo i Common Toxicity Criteria
Versione 3.0
Responsabile Anna Maria Ballari
Trattamento con metfomina e rischio di cancro nella popolazione torinese
Responsabile Carlotta Sacerdote
Marker predittivi di risposta al trattamento con antracicline e taxani nel carcinoma mammario metastatico. Ruolo di topoisomerasi-IIa e MAP-Tau
Responsabile Antonella Cristofano
Studio clinico di fase II di intensificazione della dose mediante tecniche di IGRT
nel trattamento radioterapico sequenziale del carcinoma broncogeno in stadio
localmente avanzato
Responsabile Umberto Ricardi
18
sca la figura di promotore delle sperimentazioni cliniche nelle strutture che lo costituiscono,
valutate idonee alla partecipazione agli studi. Il Dipartimento deve dunque essere in grado di
ideare il progetto, stendere il protocollo di ricerca, provvedere alla copertura assicurativa, a
tutte le procedure burocratico-amministrative previste e agli aspetti economici, monitorare la
conduzione dello studio, supervisionare i dati e divulgare i risultati. Per poter effettuare tale
ruolo di coordinamento il Dipartimento si dovrà dotare delle seguenti strutture: Comitato di
Valutazione dei Trials clinici, Segreteria, Centro di Biostatistica, Centro di Raccolta dati,
Centro di Coordinamento delle farmacie, Scientific Writing, Centro per la formazione e l’aggiornamento degli operatori coinvolti nelle sperimentazioni. Per ottenere questi risultati si
intende valorizzare e coordinare il personale già presente nelle Aziende Sanitarie e nelle
Università e dotarsi delle figure professionali mancanti: informatici, biostatistici, data manager, farmacisti e infermieri di ricerca, monitor».
Tra le articolazioni della Rete mirate alla facilitazione della ricerca e delle sperimentazioni vi
è anche la Commissione Ricerca, presieduta in precedenza da Luigi Dogliotti e più recentemente da Massimo Aglietta.
Tra i compiti istituzionali della Commissione ve ne sono alcuni comuni alle altre Commissioni
e cioè:
• esaminare e valutare, in via preliminare, i progetti di competenza in base alle linee di indirizzo e agli obiettivi della Rete Oncologica, verificando l’eventuale possibilità di coinvolgimento di tutti i Poli Oncologici
• prendere i provvedimenti necessari a rendere operativi i progetti di propria competenza
approvati dall’Unità di Coordinamento Rete
• monitorare lo svolgimento dei progetti sulla base degli indicatori per la valutazione delle
attività della Rete Oncologica e dei Poli Oncologici stabiliti in sede di Unità di
Coordinamento Rete.
A questi si aggiungono alcuni compiti più specifici, quali:
• proporre all’Unità di Coordinamento Rete iniziative e progetti di ricerca
• suggerire iniziative finalizzate al finanziamento della ricerca
• promuovere e coordinare la partecipazione a bandi di finanziamento pubblico per ricerche
in campo oncologico.
La Commissione Ricerca ha valutato e approvato per il periodo 2010-2011 numerosi progetti, finanziati con i fondi stanziati negli anni precedenti (Tabella 1). Come si vede dall’elenco, vi è un’ampia variabilità di tipologia di progetti, da trial clinici in senso stretto a studi
osservazionali, da progetti inerenti la formazione a studi di diagnostica, follow up, cure palliative e così via. Tali progetti sono stati selezionati sulla base di criteri di originalità, di correttezza dell’impostazione e anche di rilevanza per la Rete.
Per il 2011-2012, qualora vengano rinnovati i finanziamenti, la Commissione ha programmato
di stabilire modalità di presentazione e valutazione più simili alle application utilizzate per altri
bandi di ricerca (AIFA, Ministero della Salute, etc), al fine di garantire ulteriormente la massima correttezza e trasparenza. A questo proposito è fondamentale il ruolo del Centro Trials,
già oggetto di attenzione su questa rivista fin dal 2007 (numero 3, pagg 1-3) e più recentemente (numero 17, pagg 16-17).
Ricordiamo che un’altra facility per gli operatori della Rete è il sito EPICLIN
(www.epiclin.it), sviluppato a cura del Centro di Riferimento per l’Epidemiologia e la
Prevenzione Oncologica in Piemonte (CPO) con l’obiettivo di potenziare la conduzione delle
ricerche cliniche mediante l’informatizzazione della raccolta dati nell’ambito dei trial clinici
multicentrici in oncologia ed ematologia. EPICLIN intende fornire un supporto metodologico
ai gruppi di ricerca, attraverso la collaborazione al disegno, alla conduzione e all’analisi di
studi clinici, considerando in modo prioritario le iniziative aventi obiettivi non commerciali.
19
Congressi all’estero
A cura di Marcella Occelli
Quando ricerca e tecnologia
vanno a braccetto
AACR 102nd Annual Meeting
Orlando 2-6 aprile 2011
Cristiana Lo Nigro
Laboratorio di Genetica Oncologica e di Oncologia Translazionale,
ASO S. Croce e Carle, Cuneo
Al convegno annuale
dell’AACR grande
interesse hanno suscitato
gli studi sulle affinità
genetiche dei tumori
della mammella e quelli
sul ruolo del tabacco
nella carcinogenesi,
nonché la realizzazione di
un nuovo microchip per
l’identificazione di cellule
tumorali circolanti
Fondata nel 1907 l’American Association for Cancer Research (AACR) è la più grande e antica organizzazione dedicata a promuovere la ricerca sul cancro, con 33.000
ricercatori, operatori sanitari, sopravvissuti al tumore e sostenitori presenti negli Stati
Uniti e in oltre 90 altri paesi. La sua mission è quella di accelerare il progresso nella prevenzione, nella diagnosi e nel trattamento del tumore attraverso programmi scientifici ed
educativi di alta qualità, il finanziamento di progetti innovativi e lo stanziamento di assegni di ricerca meritoria, borse di ricerca e premi per lo sviluppo di carriera.
La 102a edizione del suo convegno annuale si è tenuta all’Orange County Convention
Center di Orlando, in Florida, attraendo più di 18.000 partecipanti che hanno condiviso
le ultime scoperte e i più recenti sviluppi in campo oncologico. Il programma del congresso, ricco di eventi scientifici ed educazionali, ha non solo rispecchiato i punti di
forza dell’AACR nella ricerca di base, translazionale e clinica, ma anche evidenziato le
emergenti interfacce produttive tra queste discipline un tempo separate. Il convegno si
è aperto con la consueta relazione annuale, che quest’anno ha mostrato come negli
Stati Uniti i tassi di mortalità causata da tutti i tipi di cancro siano progressivamente
diminuiti tra il 2003 e 2007, mentre il tasso globale di nuove diagnosi per uomini e
donne è calato in media di poco meno dell’1% all’anno nello stesso periodo, un dato
che sottolinea i grandi progressi ottenuti negli ultimi anni nella malattia tumorale.
Sono seguite svariate sessioni ricche come sempre di dati e di spunti di riflessione, di
cui viene data una breve panoramica.
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Medicina personalizzata
Sono stati presentati i risultati chiave dei nuovi traguardi della medicina personalizzata, grazie ai quali i pazienti
oncologici stanno ottenendo notevoli benefici terapeutici. A questo proposito ampio spazio è stato dato all’epidemiologia, alla genetica (geni candidati, polimorfismi, mutazioni), all’epigenetica, ai pathway molecolari alla base
della tumorigenesi, delle metastasi e della resistenza ai farmaci antineoplastici, all’angiogenesi, al microambiente
tumorale, all’immunoterapia, ai farmaci a bersaglio molecolare e ai microRNA, tutti ambiti di ricerca che hanno
consentito di sviluppare e applicare terapie individualizzate e strategie di prevenzione mirate.
Affinità tra i tumori
Una ricerca effettuata alla Washington University ha mostrato come le affinità interindividuali dei tumori si limitino
a un pugno di mutazioni ricorrenti: soltanto 5. L’équipe di ricercatori guidata da Matthew Ellis - in quello che a
tutt’oggi è il più completo studio di genetica dei tumori - è riuscita a mappare per intero il genoma del cancro al
seno in 50 pazienti, confrontando il DNA tumorale con quello ottenuto da cellule sane delle stesse donne. Nei
tumori analizzati sono state individuate oltre 1.700 mutazioni, in stragrande maggioranza uniche - ossia presenti
soltanto in una paziente - indicando che ogni tumore ha una storia a sé. Di queste mutazioni i ricercatori ne
hanno trovate 2 comuni a un numero significativo di pazienti: la più frequente, rilevata nel gene PIK3CA, era presente nel 40% circa del campione, mentre l’altra - identificata nel gene TP53 - nel 20%. Una terza mutazione,
presente nel 10% circa delle donne, è stata trovata nel gene MAP3K1, deputato alla regolazione dei meccanismi
dell’apoptosi o “suicidio cellulare”. Con la stessa frequenza ricorrevano altre due mutazioni localizzate nei geni
ATR e MYST3. Oltre a queste 5 mutazioni, ne sono state identificate altre 21 presenti nel campione con frequenze molto inferiori al 10%. La sfida è ora quella di mettere a punto trattamenti specifici ai bersagli identificati,
anche se occorre tenere presente che i genomi tumorali sono straordinariamente complicati, rendendo difficile
prevedere quali saranno i risultati delle nuove terapie.
Il ruolo dell’alcol e del tabacco
Sul fronte delle patologie correlate all’uso del tabacco un gruppo di ricercatori della Georgetown University
Medical Center ha presentato uno studio sul metabolismo dei prodotti assunti attraverso il fumo di sigaretta, evidenziando i potenziali danni a esso associati; non è ancora chiaro tuttavia il motivo per cui alcuni fumatori risultano più suscettibili di altri a sviluppare eventuali patologie.
Uno studio sul ruolo del tabacco nella carcinogenesi ha valutato la variazione della produzione di metaboliti che
si verifica durante il fumo di sigaretta e l’ha messa in relazione con il profilo genetico individuale. L’approccio utilizzato è stato quello della metabolomica, ossia l’analisi delle reazioni metaboliche effettuata mediante l’identificazione delle molecole attive o dei metaboliti che l’organismo produce quando assume una determinata sostanza,
in questo caso il fumo.
Un nuovo microchip per l’isolamento delle cellule tumorali
È “made in Italy - anzi “made in Romagna” - il primo microchip in grado di isolare nel sangue le cellule tumorali.
L’innovativa strumentazione è frutto delle ricerche condotte dall’Istituto Scientifico Romagnolo per lo Studio e la
Cura dei Tumori di Meldola che, coniugando microelettronica e biologia, ha realizzato l’unico strumento automatizzato a oggi presente sul mercato in grado di isolare, identificare, manipolare e recuperare, con una purezza del
100%, cellule tumorali circolanti estremamente rare disperse in un fluido, come il sangue periferico o midollare.
Si tratta di una strumentazione altamente innovativa in grado di permettere all’oncologo di definire le strategie
terapeutiche per ogni singolo paziente.
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Congressi dall’estero
A cura di Marcella Occelli
Sempre più “a colpo sicuro”
ASCO Annual Meeting
Chicago 3-7 giugno 2011
Il leit-motiv dell’annuale congresso ASCO è stato
centrato sul ruolo dei biomarker nel migliorare i tassi
di sopravvivenza grazie alla possibilità di selezionare i
sottogruppi di pazienti che meglio risponderanno ai
trattamenti
Guido Natoli
Oncologia, ASO S. Croce e Carle, Cuneo
Quest’anno il take-home message del meeting
ASCO è stato sicuramente - e finalmente - l’enfatizzazione della medicina personalizzata. Basti pensare che
vi sono state ben quattro sessioni sullo sviluppo di strumenti statistici appropriati per la valutazione dei cosiddetti “biomarker-driven trial”, essendo questi ultimi
scarsamente adattabili alla biostatistica classica. In particolare molto apprezzata è stata la relazione di Alberto
Sobrero che ha proposto una vera e propria rivoluzione
copernicana della statistica oncologica tradizionale.
Data la vastità delle ricerche presentate al convegno,
qui di seguito ne vengono riportate solo alcune esemplificative dei trial più innovativi.
Neoplasie mesenchimali gastrointestinali
Il sito chinasico di c-Kit - così come di PDGFR e
BCR/ABL - è il primo target dell’inibitore tirosinchinasico orale imatinib, clinicamente validato in oncologia.
Heikki Joensuu ha mostrato che in 400 pazienti affetti
da neoplasie mesenchimali gastrointestinali (GIST)
- giudicati ad alto rischio secondo i “modified consensus criteria” - il trattamento adiuvante protratto per 3
anni con imatinib, rispetto al trattamento standard di un
anno, aumenta il tasso di sopravvivenza a 5 anni da
82% a 92% (HR = 0,45). Nel discutere il brillante risultato Charles Blanke ha addirittura ipotizzato che nei
pazienti operati per GIST ad alto rischio, il cui tumore
sia caratterizzato da positività per alcuni predittori molecolari, l’imatinib adiuvante, se tollerato bene, potrebbe
essere indicato “sine die”.
Melanoma metastatico
Il ruolo oncogenico della cascata MAP-chinasica è noto
22
da tempo, ma la sua implicazione terapeutica, in particolare della MAP3chinasi/Raf, è stata suggellata dai
risultati positivi emersi dallo studio presentato da Paul
Chapman. In questo trial di fase III, 675 pazienti affetti
da melanoma metastatico selezionati per la mutazione
V600E del gene B-Raf sono stati randomizzati a ricevere il trattamento standard (dacarbazina) oppure un inibitore di B-Raf (vemurafenib). I pazienti sottoposti a
vemurafenib hanno riportato un tasso di sopravvivenza
a 6 mesi migliore rispetto a quelli riceventi il trattamento
standard (OS 84% vs 64%; HR = 0,37), a prezzo di
tossicità peculiari (comparsa di cheratoacantoma/spinalioma, severissima fotosensibilità).
Sempre a proposito di melanoma metastatico, un altro
studio di fase III ha dimostrato l’efficacia dell’aggiunta
dell’anticorpo monoclonale anti-CTLA4, ipilimumab, alla
terapia di prima linea con dacarbazina a un anno di
sopravvivenza (OS 47% vs 36%; HR = 0,72), a prezzo
di tossicità immunomediate.
Nella discussione di questi due lavori Kim Margolin ha
puntualizzato che anche per ipilimumab esistono probabilmente sottogruppi molecolari di pazienti particolarmente responsivi.
Considerazioni generali
I lavori presentati relativi al ruolo dei biomarker sono
stati molteplici, ma tutti hanno concordato nel ribadire
che la selezione dei pazienti sulla base dei fattori predittivi comporta percentuali di sopravvivenza insperate
sinora in oncologia. La sensazione è dunque che quest’anno sia veramente “finito l’inizio” e che la strada dei
‘biomarker-driven trial’ sia obbligatoria in ragione dei
traguardi ottenuti.
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Trimestrale della Rete Oncologica
del Piemonte e della Valle d’Aosta
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Oscar Alabiso
Direttore scientifico:
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Depositato presso l'AIFA in data 22/11/2011
Autorizzazione del Tribunale di Milano:
n. 426 del 2 luglio 2007
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