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Sì, si può istigare ad ammazzare per 100 mila franchi

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Sì, si può istigare ad ammazzare per 100 mila franchi
6
IL CAFFÈ 9 giugno 2013
L’ATTUALITÀ
&
QUELLA NOTTE DI LUGLIO
Una libera ricostruzione
grafica del terribile delitto di Daro,
realizzata dall’illustratrice
Simona Denna per il Caffè
ILCRIMINE
LAMENTE
“Sì, si può istigare
ad ammazzare
per 100 mila franchi”
Il penalista
I processi per delitti efferati
nell’analisi dell’avvocato Poggia
Il feroce movente dietro il delitto di Daro
“Davanti ai dubbi
la verità giudiziaria
rimane spesso
appesa a un filo”
MAURO SPIGNESI
FRANCO ZANTONELLI
D
olendo trovare un altro caso in Svizzera, un caso
in cui si è verificato il ribaltamento di una sentenza in un’imputazione di omicidio, bisogna
spostarsi a Ginevra dove, nel 2007, è stato compiuto un
delitto altrettanto grave, se non addirittura più efferato
di quello costato la vita ad Arno Garatti. In quel caso
una coppia di coniugi strangolò e diede alle fiamme
una ragazza di 20 anni, seppellendone, poi, i resti in un
bosco. Loreidy, il nome della vittima era incinta dell’uomo che, con la moglie, la soppresse cosìtanto ferocemente. I responsabili del “peggior crimine, mai compiuto a Ginevra”, come lo definì il procuratore Yves Bertossa, vennero condannati, in prima e seconda istanza,
alla reclusione perpetua ma, successivamente, il Tribunale Federale, nel novembre dello scorso anno, annullò
la sentenza. Pur ammettendo che la gravità del crimine
giustificava “un verdetto che si situava al livello superiore del quadro legale”, quindi non contestando la legittimità dell'ergastolo, la suprema corte rilevò come la “lettura delle motivazioni non permette di capire in che
modo l’entità della pena sia stata fissata”. Risultato: processo da rifare.
V
avvero si può istigare a uccidere e fare a pezzi un cadavere
per una polizza vita di poco più di 100 mila franchi e una
rendita vedovile? Davvero si può istigare un figlio di 17 anni
a commettere un omicidio così crudele, come quello di
Daro? I giudici al processo d’appello hanno risposto di sì,
che Mitra Djordjevic è colpevole e ha spinto il figlio ad ammazzare il patrigno Arno Garatti la notte del primo luglio di due anni fa, ribaltando clamorosamente la sentenza di primo grado. “Che un ragazzo così giovane
possa agire anche senza un ordine esplicito della madre, in linea generale, è plausibile. Ho sentito parlare di casi simili”, spiega il professor Martin
Killias criminologo e docente di diritto penale a Zurigo: “Poi, naturalmente, per dare un giudizio complessivo, bisognerebbe analizzare bene
il rapporto tra i due, andare a scavare nel passato, capire la psicologia dei
protagonisti della vicenda”. Ma che il rapporto tra i due fosse stretto, di
complicità, è affiorato durante le testimonianze al dibattimento. Sia
l’estate scorsa, quando Mitra Djordjevic venne assolta in primo grado
dopo 11 mesi di carcere, sia ora che è stata condannata senza che fosse
presente in aula (è rimasta nel suo paese, a Sremska Mitrovica, in Serbia).
Mandante dell’omicidio, dunque, con un movente economico: incassare l’eredità, la polizza e la rendita di vedovanza. Questo dopo aver prelevato, pochi giorni dopo il delitto, 14 mila franchi dal conto del marito defunto. “Lei lo ha voluto morto”, ha tuonato nella sua requisitoria la pro-
LA MANDANTE
Mitra
Djordjevic,
prima assolta
e in appello
condannata
come
mandante
per il delitto
di Daro
Ti-Press
GLI ESPERTI
A destra, Martin
Killias, criminologo,
docente di diritto
penale a Zurigo,
autore di diversi
studi su giovani e
violenza e, a fianco,
Francesco Bruno,
psichiatra forense
Sentenze mutate per la ragazza
incinta uccisa a Ginevra
e la donna assassinata a Nyon
Il criminologo: “Che un ragazzo così giovane
possa agire anche senza un ordine esplicito
della madre, in linea generale, è plausibile”
curatrice Marisa Alfier. “Ed è irrilevante che il figlio abbia agito per conto
proprio”, ha affermato il giudice Giovanna Roggero Will leggendo la sentenza.
Possibile far uccidere per 100 mila franchi? “Possibilissimo, e non sarebbe la prima volta. La letteratura di scienze criminali indica molti precedenti simili”, spiega lo psichiatra Francesco Bruno, docente di Psicopatologia forense: “Perché un ragazzo di 17 anni può rifiutare la figura del patrigno, se lo vede come una minaccia per la tranquillità della madre, se
assiste a scene di tensione tra i due, se diventa geloso. Se si verifica una situazione del genere, un giovane può progressivamente elaborare una
sua convinzione, pensare che deve agire, che deve difendere la madre. E,
dopo avere accumulato un’alta dose di aggressività, passare alle vie di fatto”. Ma molto dipende dal carattere del ragazzo, dalla sua maturità. “Questo è fondamentale - riprende Bruno - perché chi è poco più di un adolescente se non ha gli strumenti culturali per capire qual è lo spartiacque
tra il bene e il male può perdersi e commettere atti gravi, anche, appunto,
senza un ordine esplicito della madre, ma magari cogliendo e interpretando in un certo modo qualche mezza frase, uno sfogo, un atteggiamento della mamma”. Quanto fosse debole la personalità del giovane assassino di Daro lo si è visto nell’altalena di versioni che in questi due anni ha
snocciolato davanti ai giudici. Confessioni, ritrattazioni. Accuse dirette a
Mitra, poi nuovamente marce indietro per dire che no, lei non c’entrava
che aveva fatto tutto lui. “È quello che dicevo - conclude - Bruno - è
l’oscura fragilità della morte”.
[email protected]
Q@maurospignesi
I precedenti
Quei clamorosi verdetti ribaltati
N
on riguardano fatti di sangue, ma sono diversi i casi che hanno registrato il ribaltamento delle sentenze. Alcuni clamorosi. Come quello che ha avuto per protagonista il gastroenterologo luganese Sandro Pelloni, accusato di abusi sessuali
su due sue pazienti, e condannato, dopo una lunga inchiesta durata cinque anni, in prima istanza nell’aprile 2001, a due anni di carcere. Assolto invece, nell’ottobre 2002,
in seconda istanza. Ne era nata anche una vertenza in sede civile e il Cantone aveva
dovuto pagare al medico un cospicuo risarcimento.
Un altro caso riguarda il giudizio per un italo domenicano di 25 anni accusato di aver
aggredito, con pugni e calci, un sessantenne a Bellinzona due anni fa. In primo grado
non era stato assolto, ma ritenuto responsabile di lesioni gravi con omissione di soccorso. In appello, invece, era stata accolta la tesi della procuratore pubblico, Arturo
Garzoni, e c’era stato il ribaltamento. L’accusa era diventata tentato omicidio, la pena
era salita sino a 10 anni di carcere. Ribaltamento di giudizio anche nella cosiddetta
“truffa del granito” nata nell’ambito dei lavori per sistemare gli argini del Vedeggio. Nel
2010 in Pretura penale erano finiti un gruppo di trasportatori accusati di truffa e falsità
per aver consegnato bollettini nei quali figurava un peso superiore del carico dei loro
mezzi. In prima istanza erano stati assolti. In appello per quattro dei sette imputati erano state invece confermate la accuse.
m.sp.
Venendo ad un’altra vicenda, di recente un brillante
biologo francese, Laurent Segalat, è stato dapprima assolto, quindi condannato a 16 anni, a Nyon, per l’uccisione della suocera. “Al momento dei fatti l’imputato si
trovava con la vittima, tuttavia non possiamo escludere
l’intervento di una terza persona”, liquidò la faccenda,
in prima istanza, la corte vodese, ordinando la scarcerazione di Segalat. Il quale, al processo d’appello, esattamente come Mitra Djordjevic per il delitto di Daro, ha
pensato bene di non essere presente in aula.
“È da casi come questi che si capisce a che punto la verità giudiziaria sia appesa ad un filo”, il commento dell’avvocato penalista e consigliere nazionale ginevrino,
Mauro Poggia. Tra l’altro fu lui il difensore di un celebre
imputato, il giornalista irakeno, Mountazer Al-Zaidi,
che a Bagdad venne immortalato in un lancio di scarpe
contro il presidente George Bush. “I fatti - spiega Poggia
- possono venire considerati dal giudice, con un certo
margine di libertà, in tal modo si possono avere, per lo
stesso caso, delle sentenze diverse”. Quindi un processo
di seconda istanza, per un imputato, può essere un terno al lotto? “Certo, perché - precisa Poggia - nel suo
margine di apprezzamento, un giudice può, in mancanza della prova regina, ritenere sufficienti degli indizi
convergenti, abbastanza credibili da allontanare ogni
dubbio”.
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