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Sull`omicidio di Daro ritorna il mistero che lega madre e figlio

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Sull`omicidio di Daro ritorna il mistero che lega madre e figlio
PER SAPERNE DI PIÙ
@ www.ti.ch/pg
www.ti.ch/polizia
IL CAFFÈ 4 novembre 2012
C1ATTUALITÀ
9
Illustrazioni Simona Denna per il Caffè
I LITIGI
il
FILM
del
TERRORE
LE ARMI
Secondo testimoni Arno
Garatti e il figlio della
moglie Mirta, 17 anni,
litigavano spesso. Il
giovane era molto
irrequieto e Garatti lo
riprendeva con decisione
Il giovane, si scopre, aveva
un coltello e un’ascia. Il
negoziante che gli ha
venduto le “armi” è stato
accusato dai magistrati di
favoreggiamento
e poi assolto al processo
LO SCEMPIO
IL DELITTO
Il giovane aggredisce alle
spalle Arno Garatti nel
bagno di casa. Lo
tramortisce con un colpo e
usa l’ascia per finirlo e
tentare sezionare
il cadavere
LA TELEFONATA
Il giovane cerca di
sbarazzarsi del corpo. Non
riesce più a sezionare il
cadavere e lo avvolge in un
tappeto per poterlo portare
via. Ma per fare questo ha
bisogno d’aiuto
L’ARRESTO
Il giovane, in una delle sue
tante versioni, dice d’aver
chiamato un amico della
madre invitandolo a venire
a Daro. Ma l’uomo appena
vista la scena sarebbe
subito andato via
Una telefonata alla polizia,
l’irruzione nella casa
e la sopresa di una notte
di luglio: un cadavere.
Con un giovane di 17 anni
arrestato comincia
il giallo del delitto di Daro
Sull’omicidio di Daro
ritorna il mistero
che lega madre e figlio
I PROTAGONISTI
A sinistra Mirta Djordjevic e,
sotto, la casa di Daro dove è
avvenuto il delitto; a destra,
Arno Garatti, la vittima, durante
una festa di Carnevale
A processo il 17enne per il delitto Garatti
MAURO SPIGNESI
Forse si sono appena sfiorati, un
attimo, una frazione di secondo.
O, forse, i loro sguardi non si sono
incrociati. Non si saprà mai. E d’altronde il giudice Claudio Zali
l’aveva detto a Mirta Djordjevic in
aula, a luglio: niente parole,
niente occhiate. C’era il timore
che il figlio minorenne della
donna serba, accusato d’aver ucciso un anno fa il patrigno Arno
Garatti nell’appartamento di Daro
e che il 12 novembre sarà a processo, potesse subire psicologicamente la presenza di una madre
che su di lui ha una grande influenza. Una influenza che si reggerebbe su un legame forte, come
ha spiegato lo psichiatra forense
Francesco Bruno (citando altri
casi simili), capace di far scattare
un atteggiamento di protezione
tale da portare anche a uccidere,
pur senza alcun ordine.
Dopo l’assoluzione
della donna serba,
a giorni il giovane
verrà giudicato dal
Tribunale dei minori
Possibile? Certo è che il rapporto
tra madre e figlio, l’intensità di
questa relazione resta un mistero
che farà da canovaccio pure al
processo contro il ragazzo che si
celebrerà a Mendrisio.
Mamma e figlio durante il confronto di luglio in aula hanno tenuto gli occhi bassi, senza cercarsi, senza guardarsi. Il ragazzo,
dopo una slalom di confessioni
che ha più volte sparigliato le
carte dell’accusa, alla fine ha sostenuto d’aver agito su richiesta
della Djordjevic. Ma davanti alla
L’inchiesta
Il prezzo della vittoria? Centocinquanta mila euro. Regolarmente
versati da un conto di Montecarlo
a un altro di Locarno. È il costo
del primo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi, che sarebbe stato pagato dal ciclista Alexandr Vinokourov, medaglia d’oro a Londra
2012, per passare davanti al russo
Aleksander Kolobnev, il 25 aprile
2010. La prima prova del pagamento, secondo il magistrato di
Padova Benedetto Roberti, che
sta coordinando una gigantesca
inchiesta sul doping e il riciclaggio che ha forti addentellati con il
Ticino, sarebbe in due email pubblicate all’inizio del dicembre
2011 da L’Illustrè. La seconda
prova, ritenuta “inoppugnabile”
per formulare l’accusa di frode
sportiva, arriva da una rogatoria
al Ministero pubblico della confederazione che attraverso il procuratore di Neuchâtel ha acquisito i tabulati con i movimenti del
conto corrente di Kolobnev a Locarno. Confusi in mezzo ad altri
versamenti, gli investigatori
avrebbero trovato due bonifici
corte, silenzioso e teso, ha liberato
una serie “non rispondo”, sui quali
s’è probabilmente giocato il processo che ha portato all’assoluzione della donna, seppure con la
formula “in dubio pro reo” . Secondo l’accusa della procuratrice
Marisa Alfieri, che non ha retto
davanti ai giudici, è stata Mirta
Djordjevic a spingere il giovane a
uccidere. Il movente? La donna
voleva assicurarsi la rendita Avs e
riscattare l’assicurazione sulla vita
stipulata da Garatti. Ma i riscontri
non sono arrivati e ora solo il ragazzo, che nel frattempo è diventato maggiorenne e sta scontando
la pena preventiva in un istituto,
resta imputato per l’assassinio.
Al processo il giovane, è chiamato
a rispondere di una serie di reati
gravi. Si va da assassinio subordinatamente omicidio intenzionale,
a violazione della legge federale
della armi per aver impugnato un
coltello e poi un’ascia per sezio-
nare il cadavere del patrigno, un
gesto feroce che gli è costatato
un’altra contestazione: perturbamento della pace dei defunti.
Complessivamente rischia 4 anni
Ma se la madre, che nel frattempo
è tornata in Serbia, è stata assolta,
cosa racconterà ora il giovane in
aula? Di questa tragedia restano
una scia di misteri e di punti interrogativi. Intanto, sono almeno
venti le deposizione del ragazzo
raccolte in mesi e mesi di indagini
solcate da accuse, ritrattazioni,
smarcamenti, goffi tentativi di
chiamare in causa altre persone.
Ha detto: sono stato io; mi hanno
aiutato; no, ho fatto tutto da solo; è
stata mia madre a spingermi a uccidere; no, lei non
c’entra; è stato uno scatto
d’ira; no, ho programmato
tutto io e poi ho chiesto aiuto
per sbarazzarmi del cadavere.
Un ribaltamento dietro l’altro,
che lascia aperte due domande,
che probabilmente verranno rilanciate nel processo d’appello visto che la famiglia Garatti e il ministero pubblico hanno già impugnato la sentenza. Primo: il delitto
è stato premeditato e ordinato?
Secondo: il giovane ha fatto tutto
solo o è stato aiutato? Nella prima
PSICHIATRA
E CRIMINOLOGO sentenza i giudici - seppure con
qualche dubbio - hanno risposto
Marco
che ha agito da solo e l’omicidio
Cannavicci,
non è stato indotto. Vuol dire che
docente
non ha detto la verità.
di scienze
È, come la chiamano gli esperti di
investigative
psichiatria forense, l’apparente irrazionalità dell’assassino. Quella
Nel giudizio d’appello
riemergeranno i tanti
particolari non chiari
originati dalle oltre 20
versioni del ragazzo
Lo psichiatra forense Cannavicci analizza gli interrogativi irrisolti del caso
“Oltre i legami patologici servono prove”
“I figli percepiscono le volontà dei genitori
intuitivamente, e non è detto che debba
partire necessariamente un ordine specifico per scatenare un delitto”. Marco Cannavicci, psichiatra forense, ha studiato casi simili a quelli dell’omicidio di Daro, che conosce per averne seguito le cronache. “L’accusa, in questo caso, sosteneva che il figlio
aveva colto la volontà della madre, il suo desiderio di uccidere. E avrebbe tradotto questa volontà in fatti reali”. Possibile? “È già accaduto. Io parlo in generale, e aggiungo che
per sostenere questa tesi - spiega ancora
Cannavicci - servirebbero però elementi di
riscontro oggettivi. Ad esempio un testimone che possa descrivere un rapporto patologico tra la madre e il figlio”. O una perizia
che dimostri scientificamente che esiste un
rapporto molto stretto. “Certo, poi serve un
movente che vada a incastrarsi in questa
tesi, altrimenti il ragionamento, l’ipotetico
impianto accusatorio risulta monco. Mi
chiedo ora: è stato indicato un movente preciso?”. L’accusa ha sostenuto che dietro il delitto c’era la volontà di ottenere la rendita
Avs della vittima e un’ assicurazione sulla
vita. “L’ipotesi, perché ragioniamo sempre
per ipotesi visto che quello che fa testo sono
le carte processuali, potrebbe anche reggere. I moventi per reati di questo tipo spiega ancora Cannavicci - sono generalmente quattro. Uno è l’interesse economico, gli altri sono di carattere psicologico:
odio, rabbia, vendetta”. Certo, i continui
cambi di versione del ragazzo non hanno
aiutato i magistrati: “Le confessioni che portano continuamente a scenari diversi appartengono a chi sta creando una sua verità,
che spesso non ha nulla a che vedere con la
realtà dei fatti. E quando crea non si ricorda
bene di quello che ha detto e cambia frequentemente il racconto”.
forza, disperata, che dopo un delitto porta una persona a lanciare
una cortina fumogena in base all’alternarsi di stati d’animo:
quando cresce dentro l’euforia vibra accuse, quando cade in depressione riduce i suoi attacchi. Il
giovane ha coinvolto altre persone. Il commerciante che gli
aveva venduto l’ascia, e un amico
della madre. Assolti. Unico condannato, per favoreggiamento, il
giovane kossovaro che si sarebbe
offerto per occultare il cadavere.
[email protected]
Per il primo posto alla Liegi-Bastogne-Liegi il ciclista kazako Alexandr Vinokourov avrebbe pagato 150 mila euro
Il prezzo della vittoria
nello scambio di email
e nel conto a Locarno
L’ACCUSA
Alexandr
Vinokourov,
accusato di
frode sportiva
del Credit Forcier nel Principato
di Monaco, da un conto risultato
intestato a Vinokourov.
L’Illustré aveva raccontato che
meno di 24 ore dopo la vittoria,
Kolobnev aveva trasmesso a Vinokourov le coordinate “di un
conto alla Bsi di Locarno”. La
stessa banca in cui il giudice Roberti, hanno scritto i giornali italiani, ha fatto compiere verifiche
in rogatoria. Ma l’istituto, attraverso il suo legale, l’avvocato Mario Postizzi, precisa al Caffè di
Nuove rivelazioni
dalle indagini su
doping e riciclaggio
a cui fa da sfondo
ancora il Ticino
“escludere, in maniera categorica, che siano mai state effettuate, al proprio interno, operazioni di riclaggio”. Per Roberti,
tuttavia, le banche di Locarno,
ma anche di Chiasso e St Moritz,
sarebbero i punti di riferimento
per diversi ciclisti indagati per
doping e frode sportiva, e che
avrebbero fatto parte di una organizzazione
formata da un
gruppo di professionisti, tra i
quali spicca il nome del famoso
preparatore Michele Ferrari, già
assolto per reati simili, ma nuovamente indagato.
Le email pubblicate dall’Illustré
sono finite nel fascicolo delle indagini, e da Padova sono state
spedite in copia all’Unione ciclistica internazionale nel Canton
Vaud. E proprio un anno fa Pat
McQuaid, presidente dell’Uci,
aveva risposto all’Illustré: “Abbiamo regole precise. È chiaro
che se arriveranno prove su
quanto raccontato apriremo un’
inchiesta”. Sempre nel dicembre
scorso Vinokourov aveva spiegato che durante la Liegi-Bastogne-Liegi, tutto si era svolto regolarmente: “Nella mia carriera,
non ho mai fatto cose del genere”.
Poi, alla domanda sul perché dal
suo conto di Montecarlo avesse
spostato soldi a Locarno, aveva
detto: “ questo riguarda la mia
vita privata”, precisando che
“spesso ho effettuato pagamenti,
ma riguardavano prestiti di denaro, non ho mai offerto soldi per
acquistare da Kolobnev la vittoria. Ho vinto perché sono andato
più veloce”. Ora, una parte dell’inchiesta, da Padova, per competenza territoriale, si sposterà
tra Belgio e Svizzera, dove sarebbe stata commessa materialmente la “frode sportiva”. Ma i
reati contestati in Italia potrebbero non essere “compatibili” con
l’ordinamento elvetico.
m.sp.
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