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ART. 7 – Il criterio fondamentale nella determinazione della

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ART. 7 – Il criterio fondamentale nella determinazione della
ART. 7 – BIS
TERRITORIALITÀ - CESSIONI DI BENI
Il criterio fondamentale nella determinazione della territorialità relativamente alle cessioni di beni è il luogo
d’esistenza fisica dei beni stessi, vale a dire il luogo dove questi si trovano al momento della cessione.
Ad esempio, s’ipotizzino dei beni strumentali inviati in regime di temporanea esportazione in un paese
extracomunitario che, una volta utilizzati per effettuare delle prestazioni, sono venduti a delle maestranze
locali. La cessione, in questo caso, è carente del presupposto territoriale, posto che i beni nazionali al
momento della cessione si trovano all’estero quindi l’operazione di vendita è fuori campo IVA (cfr. ris. min. n.
391613 del 22 dicembre 1982).
La circostanza che i beni si trovano all’estero, tuttavia, non rileva nei casi in cui questi siano stati inviati sulla
base di un contratto di consignment stock (cfr. ris. min. 5 maggio 2005 n. 58/E), il quale si basa sul
trasferimento di beni di proprietà del fornitore presso un deposito del cliente, dove la merce rimarrà di
proprietà del cedente fino al momento dell’eventuale prelievo, da parte del cessionario, secondo le proprie
esigenze produttive e finanziarie.
Si tratta di un contratto che non determina alcun trasferimento della proprietà o di altro diritto reale di
godimento dal cedente al cessionario con il semplice invio della merce, questo perché il trasferimento è
sottoposto alla condizione sospensiva del concreto utilizzo dei beni da parte dell’acquirente.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, in questa tipo di contratto, è determinante ai fini della sussistenza del
presupposto territoriale che la merce già all’espletamento delle formalità doganali di esportazione è
considerata una cessione a titolo oneroso la quale, in base a quanto previsto dal contratto di consignment
stock, è “realizzata secondo un procedimento che si perfezionerà solo in un secondo tempo” con il prelievo
delle merci da parte dell’acquirente.
Sempre nella stessa risoluzione 58/E l’amministrazione ha precisato che “non è possibile formulare, invece, le
stesse considerazioni in mancanza di un contratto di consignment stock, ovvero in una fattispecie in cui
l’operatore nazionale invia merci verso un deposito situato in un paese terzo per la successiva rivendita; in tal
caso infatti, all’atto dell’esportazioni delle merci non si verifica alcuna cessione a titolo oneroso e la rivendita
effettuata nel paese terzo non rileverà agli effetti dell’IVA ai sensi dell’articolo 7, secondo comma (ndr ora art.
7 bis), del decreto del presidente della Repubblica n. 633 del 1972”.
Al riguardo, inoltre, è importante tenere presente che la regola (territorialità = luogo d’esistenza fisica del
bene), tuttavia, vale pienamente soltanto per gli immobili, poiché per i beni mobili, oltre all’esistenza fisica nel
territorio dello Stato è necessario che il bene sia “nazionale, comunitario o vincolato al regime della
temporanea importazione”.
Pertanto, il regime doganale attribuito al bene è di fondamentale importanza per stabilire se una cessione è
territorialmente rilevante oppure se non lo è (cfr, circolare n. 26/411138 del 3 agosto 1979).
A questo riguardo occorre brevemente richiamare alcune basilari nozioni di diritto doganale che attengono
l’introduzione di beni e merci nel territorio doganale.
Con la sola esclusione dei beni nazionali cioè di beni prodotti o il cui perfezionamento sia avvenuto in Italia o
dei beni comunitari, vale a dire di quelli originari d’altro Stato membro dell’Unione, i beni o le merci che
esistono in territorio italiano introdotti da altri stati o territori non comunitari devono avere una propria
destinazione doganale attribuita dagli uffici doganali.
Tale attribuzione comporta la presentazione del bene all’ufficio doganale ed il deposito di una dichiarazione
utilizzando il formulario ufficiale costituito dal documento amministrativo unico (DAU) e allegando ad essa la
documentazione (commerciale o di trasporto) richiesta per ogni regime.
Con la successiva accettazione della dichiarazione da parte dell’ufficio doganale è stabilito il vincolo doganale
cui è soggetto il bene.
Si deve ricordare altresì che in “vigenza di due normative” che disciplinano contemporaneamente la
destinazione doganale: Testo Unico Doganale - DPR 23 gennaio 1973, n. 43 e Codice Doganale Comunitario
- Regolamenti Ce 2913/92 e 2454/93 (i regolamenti comunitari hanno carattere di norma sovranazionale per
cui sono immediatamente operativi nei paesi dell’Unione a nulla influendo la circostanza che siano o meno
recepiti dal legislatore nazionale) la locuzione bene “vincolato al regime della temporanea importazione” in
realtà oggi deve essere considerato un termine atecnico con il quale si intende individuare tutti i regimi che
sotto il controllo doganale consentono l’introduzione di beni nel territorio dello Stato.
In linea di massima, fino a quando non interverranno le modifiche alla disciplina doganale, possono essere
associate all’espressione “vincolato al regime della temporanea importazione” i regimi di perfezionamento
attivo, di trasformazione sotto il controllo doganale, d’ammissione temporanea.
Nel caso il bene sia vincolato ad altri regimi diversi dalla “temporanea importazione” pur esistendo fisicamente
nel territorio dello Stato, la sua cessione sarà fuori campo IVA per mancanza del requisito territoriale.
S’ipotizzi, ad esempio, la cessione di beni in luoghi soggetti a vigilanza doganale, quale può essere il punto
franco di Trieste.
In questo caso la cessione pur avvenendo nel territorio dello Stato, non può essere considerata
territorialmente rilevante posto che la merce non ha ancora avuto una destinazione doganale (cfr. circolare n.
26 del 3 agosto 1979 e risoluzione n. 356159 del 17 febbraio 1987).
È della massima importanza quindi che, se il bene è successivamente importato, la data di effettuazione del
trasferimento della titolarità risulti anteriore a quella di accettazione della dichiarazione d’importazione.
A questo riguardo si ricorda che, ai fini delle successive operazioni di controllo sul mancato assoggettamento
ad IVA, le autorità doganali sono tenute ad apporre il “visto” convalidato dal timbro a calendario sulla fattura
(che si rende obbligatoria nonostante l’operazione non sia rilevante ai fini dell’imposta – tant’è che non rileva
nella determinazione del plafond - in base a quanto previsto dall’art. 21 comma 6 del D.P.R. n. 633) che deve
essere emessa antecedentemente all’accettazione doganale.
Altra ipotesi in cui sussiste la territorialità contemplata dall’art. 7 - bis comma 1, del D.P.R. n. 633 è la cessione
di beni spediti da altro Stato membro, installati, montati o assiemati nel territorio dello Stato da parte del
fornitore o per suo conto.
In pratica, la cessione previa installazione, montaggio o assiemaggio a cura del fornitore comunitario o per suo
conto, rileva nella sua interezza come fornitura all’interno dello Stato, indipendentemente dalla circostanza che
ciò avvenga in esecuzione di un contratto d’appalto.
L’operatore comunitario, pertanto, nel caso in cui l’acquirente italiano non sia un soggetto passivo d’imposta o
un soggetto ad esso assimilato in grado di assolvere l’IVA emettendo autofattura ai sensi dell’art. 17, comma
2, del D.P.R. n. 633 è tenuto a nominare un proprio rappresentante fiscale o ad identificarsi direttamente.
Estremamente chiara in questo senso la cir. min. n. 13 del 23 febbraio 1994 la quale afferma che il
trasferimento da parte del fornitore comunitario dei beni dal proprio territorio in quello nazionale risulta
irrilevante ai fini IVA, in quanto il momento impositivo è determinato all’atto della successiva consegna del
bene installato, montato o assiemato.
Il secondo comma dell’art. 7 – bis del D.P.R. n. 633 tratta delle cessioni di beni a bordo di una nave, di un
aereo o di un treno nel corso di una parte di un trasporto passeggeri all’interno della comunità che si
considerano effettuate nel territorio dello Stato laddove il luogo di partenza è ivi ubicato.
A questo riguardo si ricorda le importanti precisazioni contenute all’art. 7, comma 1, lett. e dove viene chiarito
che parte di un trasporto passeggeri all’interno della Comunità si intende la parte di un trasporto che non
prevede uno scalo fuori della Comunità tra il luogo di partenza e il luogo di arrivo.
Pur con una nuova formulazione, mantiene una propria attualità la risoluzione 22 novembre del 2001, n.
188/E, dove l’Agenzia delle Entrate, in tema di trasporti passeggeri, ha precisato che: “Dalla lettura della
norma citata si evince che il principio di territorialità adottato dal legislatore comunitario in tema di vendite a
bordo di navi, treni o aeromobili nel corso di una traversata intracomunitaria, è determinato in funzione del
paese di partenza. Per meglio comprendere la portata del predetto principio sono necessarie alcune
precisazioni. In primo luogo, i concetti di "luogo di arrivo" e di "luogo di partenza" non vanno considerati in
relazione alla diversa destinazione di ogni singolo passeggero imbarcato, ma riferiti alle tratte percorse
dall'aeromobile. A tale conclusione si perviene non solo considerando che un diverso orientamento
interpretativo renderebbe praticamente impossibile applicare la norma, ma anche in relazione alla lettura
testuale della disposizione stessa. Infatti, il termine plurale "passeggeri" fa propendere per una identica
soluzione per tutti coloro che sono imbarcati, anziché per una soluzione differenziata, in ragione del luogo in
cui ogni singolo passeggero che si trova a bordo, deve salire o è destinato a scendere. Dalla lettura dell'art. 8
della VI Direttiva, inoltre, si ricava che, nel caso di traversata aerea che si compia in più tratte, ogni singola
tratta è considerata come un viaggio a sé stante. Inoltre, se tra la partenza e l'arrivo, entrambi in territorio
comunitario, viene percorso un spazio aereo al di fuori della Comunità, ciò non muta la natura di trasporto
comunitario della tratta in questione. Peraltro, il concetto di "tratta" nel corso di un trasporto aereo,
presuppone, evidentemente, una sosta dell'aeromobile. Al fine di meglio precisare tale concetto, è utile la
lettura della Comunicazione della Commissione 1999/C-99/08, in cui si precisa che " qualora la sosta nel
paese terzo sia puramente formale e non permetta, di fatto, ai passeggeri di effettuare acquisti nel paese" ,
non si applicano le disposizioni in materia di importazione di beni da Paesi terzi. Di conseguenza, la continuità
giuridica del singolo viaggio non sarà interrotta da soste evidentemente troppo brevi. Rientrano, pertanto, nel
campo di applicazione dell'IVA le cessioni effettuate a bordo nei confronti di passeggeri nel corso di: - un
trasporto aereo intracomunitario con partenza dall'Italia; - una tratta intracomunitaria, con partenza dall'Italia, di
un trasporto aereo con partenza o destinazione fuori della Comunità; - indipendentemente dal luogo in cui si
trova l'aeromobile al momento della cessione e dalla destinazione del singolo passeggero. Dette cessioni
hanno beneficiato fino al 30 giugno 1999 del regime di non imponibilità ad IVA. I descritti principi non sono
applicabili nel caso, invece, in cui il volo abbia inizio in Italia e destinazione in un Paese terzo, senza che
nell'ambito del medesimo sia rinvenibile una tratta intracomunitaria. In tale ipotesi (es: volo Roma-Cairo senza
scalo) le cessioni effettuate a bordo non saranno soggette ad imposta, in quanto i beni sono destinati al
consumo al di fuori della Comunità.”
Il successivo comma dell’art. 7 bis in esame, tratta delle cessioni di gas mediante la rete di distribuzione del
gas naturale e le cessioni di energia elettrica riprendendo nella sostanza quanto previsto nella vecchia
formulazione dell’art. 7 comma 2.
La deroga al principio basilare di tassazione in funzione del luogo in cui fisicamente si trovano i beni, è stata
determinata dal fatto che i flussi di gas e di energia elettrica sono difficilmente rintracciabili fisicamente.
Per questo motivo, con la direttiva 2003/92/CE del 7 ottobre 2003, sono state fissate nuove regole in ambito
comunitario, recepite dal legislatore nazionale dall'art. 1 D.Lgs. 15 dicembre 2005, n. 294, con decorrenza dal
28 gennaio 2006 e che di fatto spostano il luogo di cessione da quello del cedente a quello dell’acquirente.
Questo consente di tassare tali operazioni nel luogo in cui l’acquirente effettivamente usa e consuma i beni, in
modo da garantire che l’imposizione abbia luogo nel Paese in cui avviene il consumo reale.
In termini pratici, le cessioni di energia elettrica, nonché del gas ceduto attraverso reti di distribuzione del gas
naturale (le cessioni di gas in bombole non sono interessate da queste deroghe, ma seguono le regole valide
per la generalità dei beni cfr. cir 23 dicembre 2004 n. 54/E) si considerano effettuate nel territorio dello Stato
se sono rese nei confronti: a) di soggetti passivi-rivenditori (cioè di soggetti passivi la cui principale attività in
relazione all’acquisto di gas ed energia elettrica è rappresentata dalla rivendita di tali prodotti e il cui consumo
personale dei prodotti è trascurabile), che abbiano il domicilio nel territorio dello Stato o siano ivi residenti
senza avere stabilito il domicilio all'estero, ovvero di stabili organizzazioni in Italia dei suddetti soggetti
domiciliati o residenti all'estero; b) di soggetti passivi, diversi dai rivenditori, qualora i beni vengano
effettivamente usati o consumati nel territorio nazionale.
In quest’ultimo caso, se il cessionario non utilizza in Italia, in tutto o in parte, il gas o l’energia elettrica
acquistata, la cessione, per la parte non usata o non consumata, si considera comunque effettuata nello Stato,
quando la medesima è posta in essere nei confronti di un soggetto che ha nello Stato il domicilio ovvero la
residenza (non avendo stabilito il domicilio all’estero) ovvero di stabili organizzazioni per le quali siano stati
effettuati gli acquisti da parte di soggetti domiciliati e residenti all’estero.
Invece, non si considerano effettuate in Italia e pertanto sono considerate fuori campo IVA, le predette
cessioni di energia elettrica e gas se effettuate nei confronti di stabili organizzazioni all’estero di soggetti
domiciliati o residenti in Italia.
Da ultimo si ricorda che in caso di approvvigionamento di gas ed energia elettrica da Paesi non comunitari,
l’operazione è considerata una importazione anche se il pagamento dell’imposta avviene attraverso il
meccanismo del reverse charge.
Passando alla disamina delle deroghe all’art. 7 - bis, del D.P.R. n. 633 fissate dal legislatore nei primi tre
commi dell’art. 40 del d.l. n. 331 del 1993, si pone l’accento in primo luogo sulla circostanza che la disciplina
comunitaria in vigore dal 1° gennaio 1993 ha operato una sorta di dilatazione del territorio dello Stato.
Infatti, quando un operatore economico nazionale acquista presso un operatore di altro Stato Ue dei beni
immessi in “libera pratica” nel territorio dell’Unione realizza comunque un acquisto comunitario, a nulla
influendo il fatto che il bene, anziché in Italia, sia destinato ad altro Stato membro diverso da quello dove è
venduto.
Per evitare che l’operatore italiano nomini un proprio rappresentante fiscale in tutti gli Stati UE dove intende
destinare la merce, è stato stabilito all’art. 40, comma 2. che tale nomina non sia necessaria, qualora l’italiano
promotore della triangolazione, designi in sua vece il proprio cessionario, quale debitore dell’imposta nello
Stato dove avviene la consegna del bene.
Detta disposizione, di fatto, recepisce la direttiva comunitaria n. 111 del 14 dicembre 1992, con la quale è
stato affrontato e risolto il problema della nomina del rappresentante fiscale in caso di triangolazioni
interamente comunitarie (tre operatori diversi appartenenti a tre differenti Paesi).
Sul punto, veramente chiara è stata la circolare ministeriale n. 13 del 23 febbraio 1994, di cui si riporta
l’esempio indicato al paragrafo 16.2 che qui interessa:
“la realizzazione del mercato unico interno rende possibile il ricorso all'operazione triangolare anche da parte
di soggetti d'imposta appartenenti a tre diversi Stati comunitari. Gli obblighi formali a carico del contribuente
residente cambiano a seconda del ruolo che egli svolge nell'ambito dell'operazione fermo restando l'obbligo di
presentazione degli elenchi riepilogativi con riferimento al periodo di registrazione delle relative fatture.
Primo caso
Operatore italiano (IT) acquista beni da soggetto d'imposta residente in Olanda (NL), con incarico a
quest'ultimo di consegnarli direttamente al proprio cliente residente in Grecia (EL).
IT nel rapporto con il fornitore olandese pone in essere un acquisto intracomunitario (art. 38) e nel rapporto
con il cliente greco effettua una cessione intracomunitaria (art. 41).
Egli pertanto:
a) riceve una fattura senza imposta che deve integrare e registrare a norma degli artt. 46 e 47 del decreto
legge, senza tuttavia esporre l'IVA a norma dell'art. 40, comma 2;
b) emette fattura senza IVA, ai sensi dell'art. 41, comma 1, lett. a), da annotare distintamente nel registro di cui
all'art. 23 del D.P.R. n. 633 designando espressamente sul documento il cliente greco quale responsabile, in
sua sostituzione, del pagamento dell'imposta all'atto dell'arrivo dei beni in Grecia.
In entrambe le operazioni sorge l'obbligo di presentazione degli elenchi riepilogativi delle cessioni e degli
acquisti intracomunitari (listings), dai quali deve risultare in modo specifico il ricorso all'operazione triangolare,
ancorché i beni non transitano materialmente per il territorio dello Stato.”
Infine, con il comma 3 dell’art. 40 del D.L. n. 331 del 1993, sempre in deroga alle disposizioni contenute
nell’art. 7 – bis del DPR. n. 633, viene stabilito che sono territorialmente rilevanti le vendite in base a cataloghi,
per corrispondenza e simili, comunemente individuate come “cessioni a distanza” di beni spediti o trasportati
nel territorio dello Stato dal cedente, o per suo conto, da altro Stato membro, a favore di persone fisiche non
soggetti d’imposta e di operatori economici che non essendo in grado di detrarsi l’imposta troverebbero
conveniente acquistare in paesi dell’Unione dove vige un aliquota inferiore rispetto a quella applicata nel
territorio dello Stato.
Più in particolare si tratta delle persone fisiche non soggetti d’imposta ovvero di enti, associazioni e altre
organizzazioni di cui all’art. 4, 4° c., del DPR n. 633 non soggetti passivi d’imposta, dei soggetti passivi che
effettuano operazioni esenti, dei produttori agricoli che fruiscono del regime d’imposta di cui all’art. 34 del
DPR. n. 633 che non abbiano optato per l’applicazione dell’imposta sugli acquisti intracomunitari così come
previsto dall’art. 38 comma 6 del D.L. n. 331 del 1993.
La deroga prevista per le vendite a distanza non opera sugli acquisti di mezzi di trasporto nuovi, così come
individuati all’art. 38, comma 4, del D.L. n. 331 e di beni da installare montare e assiemare dal fornitore UE o
per suo conto, di cui si è precedentemente detto.
Allo stesso modo non sussiste il presupposto territoriale se il cedente comunitario effettua vendite a distanza
in Italia di altri beni, diversi da quelli soggetti ad accisa, al disotto del nuovo limite annuo di 35.000 euro (fino al
31 dicembre 2009 il limite era 27.888,67).
In questa ipotesi il cedente versa l’imposta nello Stato membro di partenza dei beni stessi, a meno che non
scelga per l’applicazione dell’imposta in Italia.
PRESUPPOSTO TERRITORIALE NELLA CESSIONE DI BENI
SUSSISTE IL PRESUPPOSTO
NON SUSSISTE IL PRESUPPOSTO
1.
BENI NAZIONALI ESISTENTI NEL TERRITORIO DELLO STATO;
1.
2.
BENI COMUNITARI ESISTENTI NEL TERRITORIO DELLO STATO;
2.
3.
BENI VINCOLATI AL REGIME DELLA TEMPORANEA IMPORTAZIONE 3.
ESISTENTI NEL TERRITORIO DELLO STATO;
BENI IN TRANSITO;
4.
BENI DI PROVENIENZA UE, INSTALLATI, MONTATI O ASSIEMATI 4.
NEL TERRITORIO DELLO STATO;
BENI DEPOSITATI IN LUOGHI SOGGETTI A VIGILANZA DOGANALI;
5.
BENI CEDUTI DURANTE UN TRASPORTO COMUNITARIO CON 5.
PARTENZA DALLO STATO;
BENI COMUNITARI ACQUISTATI IN TRIANGOLAZIONE A CONDIZIONE
CHE IL SECONDO CESSIONARIO SIA DESIGNATO QUALE DEBITORE
D’IMPOSTA NELLO STATO UE DI DESTINAZIONE DEI BENI
ACQUISTATI IN ALTRO STATO UE.
LE CESSIONI DI ENERGIA ELETTRICA, NONCHÉ DEL GAS CEDUTO
ATTRAVERSO RETI DI DISTRIBUZIONE DEL GAS NATURALE SE SONO
RESE NEI CONFRONTI: A) DI SOGGETTI PASSIVI-RIVENDITORI (CIOÈ DI
SOGGETTI PASSIVI LA CUI PRINCIPALE ATTIVITÀ IN RELAZIONE
ALL’ACQUISTO DI GAS ED ENERGIA ELETTRICA È RAPPRESENTATA
DALLA RIVENDITA DI TALI PRODOTTI E IL CUI CONSUMO PERSONALE
DEI PRODOTTI È TRASCURABILE), CHE ABBIANO IL DOMICILIO NEL
TERRITORIO DELLO STATO O SIANO IVI RESIDENTI SENZA AVERE
STABILITO IL DOMICILIO ALL'ESTERO, OVVERO DI STABILI
ORGANIZZAZIONI IN ITALIA DEI SUDDETTI SOGGETTI DOMICILIATI O
RESIDENTI ALL'ESTERO; B) DI SOGGETTI PASSIVI, DIVERSI DAI
RIVENDITORI, QUALORA I BENI VENGANO EFFETTIVAMENTE USATI O
CONSUMATI NEL TERRITORIO NAZIONALE.
6.
MEZZI DI TRASPORTO NUOVI ACQUISTATI NELLA UE;
7.
BENI UE ACQUISTATI IN BASE A CATALOGHI.
BENI ESISTENTI ALL’ESTERO;
BENI VIAGGIANTI ALL’ESTERO;
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