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Ladri di biciclette Vittorio De Sica
Ladri di biciclette Vittorio De Sica scheda “Ladri di biciclette” prende spunto da un labile pretesto narrativo (il furto di una bicicletta e la sua ricerca da parte del proprietario) per descrivere la società italiana appena uscita dalla guerra e intenta a muovere i primi passi verso la creazione di uno stato democratico, una descrizione che non si ferma alla classe proletaria a cui il protagonista appartiene, ma si amplia a poco a poco fino a tratteggiare le caratteristiche di molti altri strati della società. Il sogno di Antonio che ha appena trovato un lavoro come attacchino municipale è quello di uscire dalla condizione di miseria in cui è costretto a vivere con la propria famiglia per puntare all’elevazione sociale, ma sin dall’inizio ci accorgiamo dell’ostilità e dell’indifferenza che il mondo gli dimostra, significativo ad esempio l’episodio in cui egli cerca di mostrare alla moglie l’interno del suo futuro posto di lavoro e immediatamente la finestra viene chiusa in faccia alla donna: il tentativo da parte proletaria di accedere al benessere borghese viene regolarmente frustrato. Le finestre che si chiudono ritorneranno più volte nel corso del film per sottolineare le divisioni esistenti tra le persone e tra queste e lo stato, come nella scena ambientata in casa del ladro, durante la quale, la vicina chiude la finestra alla vista del poliziotto e del protagonista. Il sogno di Antonio non tarderà ad essere interrotto, durante il suo primo giorno di lavoro, infatti, la bicicletta, indispensabile strumento per il suo lavoro, gli verrà rubata mentre egli è intento ad attaccare un manifesto del film “Gilda”. Il fatto che il lavoro di attacchino venga rappresentato con l’affissione di un manifesto con le procaci forme di Rita Hayworth, sta a sottolineare che la ricostruzione della società italiana si muove all’interno di un nuovo sistema economico strettamente legato a quello d’oltreoceano e perciò volto a privilegiare il consumo di prodotti americani. Da questo momento ha inizio l’odissea di Antonio che si scontrerà in primo luogo con il disinteresse delle forze dell’ordine verso i problemi delle classi più povere, emblematico è infatti lo scambio di battute tra i due agenti al commissariato: “Novità brigadiere?” chiede il primo, “no niente, una bicicletta” risponde l’altro mentre si appresta a partire assieme a tutta la squadra mobile per vigilare al comizio degli operai. Non meno critica la rappresentazione degli ambienti di sinistra, come si vede nelle scene nella sezione del partito comunista in cui Antonio viene zittito da un saccente oratore: “appena c’è ‘na possibilità de sistemavve noi non la lasciamo passare” dice questo quando il protagonista si è allontanato. La nuova classe Tutto il materiale a corredo di questa e delle rassegne passate è disponibile nella sezione Cineclub del sito internet www.giovaninsieme.it politica si dimostra anch’essa incapace di aiutare i cittadini: l’amico Baiocco, seppur pur animato da buoni propositi, non riesce a dare una mano ad Antonio e si dilegua con l’arrivo della pioggia. Da questo momento la ricerca da parte di Antonio e del figlio Bruno continuerà solitaria. Sotto la pioggia di Porta Portese, un gruppo di seminaristi non italiani si affianca ai protagonisti, è questo il primo dei due momenti di forte critica del regista verso l’ipocrisia della chiesa cattolica: ben vestiti e sereni i seminaristi si esprimono in tedesco e rappresentano una realtà elitaria ben lontana dai bisogni reali dei poveri di cui altrove affermano di occuparsi, uno di essi infatti nemmeno si accorge di aver schiacciato al muro il piccolo Bruno. L’ipocrisia e la falsa carità della chiesa è ancor meglio evidenziata nell’episodio della mensa dei poveri in cui un gruppo di borghesi benestanti e bigotti passa la mattina domenicale a sbarbare povera gente per poi obbligarli ad ascoltare la messa in cambio di un piatto di minestra. La pochezza e la strafottenza della borghesia è poi palesemente rappresentata nell’episodio della trattoria, quando un bambino antipatico e impomatato, è messo a confronto con il piccolo Bruno timido ed affamato. Nell’immaginario di Antonio la bicicletta è il mezzo che lo condurrà al raggiungimento della felicità e la società iniqua e sorda in cui è immerso, non fa altro che fomentare questo suo ragionamento. Con lo scorrere del film il numero di biciclette in scena aumenta continuamente fino a raggiungere il culmine nella scena finale davanti allo stadio dove sono riversate centinaia di biciclette, questa scelta del regista riesce sia ad esasperare la disperazione del personaggio, che a mostrarci il progressivo cambiamento del paese ormai avviato verso il boom economico. Le ricerche di Antonio si concluderanno con l’umiliazione, egli sperimenterà sulla propria pelle che non il benessere e la ricchezza, ma il rispetto e la dignità sono i valori da trasmettere alle generazioni future e su cui fondare la rinascita sociale. Tutto il materiale a corredo di questa e delle rassegne passate è disponibile nella sezione Cineclub del sito internet www.giovaninsieme.it