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Lampone, i problemi fitosanitari che mettono a rischio la

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Lampone, i problemi fitosanitari che mettono a rischio la
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DAI FRUTTETI PIEMONTESI
Deperimento, virus e nuovi fitofagi stanno creando serie preoccupazioni
Lampone, i problemi fitosanitari
che mettono a rischio la coltura
L
a coltivazione del lampone è iniziata negli anni
’60 con l’avvio, in particolare nella zona di Cuneo,
di produzioni razionali di lampone unifero destinato prioritariamente all’industria di trasformazione sia
liquoristica che cosmetica.
Nella seconda metà degli anni ’70 si raggiunsero investimenti superiori anche ai 200 ettari; successivamente, a seguito della forte contrazione dei margini di
redditività della coltura, si sono evidenziate significative contrazioni nelle tradizionali aree di coltivazione
delle superfici investite. Attualmente, si attribuisce alla
coltura una diffusione, a livello regionale, su circa 40
ettari con una produzione annua che sfiora le 400-420
tonnellate. Grazie alla diversificazione degli ambienti
produttivi e alla significativa diffusione di cultivar rifiorenti, i periodi di commercializzazione si sono dilatati
assicurando un costante flusso di prodotto sui mercati
nazionali per l’intero arco estivo (da giugno a ottobre
inoltrato).
Le particolari situazioni pedoclimatiche che si registrano negli areali pedemontani del cuneese e degli
ambienti di fondovalle del Piemonte sono altamente favorevoli alla coltivazione del lampone, esaltando sia le
rese unitarie sia alcuni aspetti qualitativi dei frutti quali
colorazione delle drupeole, aromaticità, contenuti zuccherini, consistenza e shelf-life dei frutti nel post raccolta.
Il prodotto piemontese, destinato soprattutto ai mercati interni nazionali, sia nei canali distributivi tradizionali sia nella Gdo, si sta affermando sui mercati grazie
all’intenso lavoro di promozione messo in atto dalle
strutture commerciali cooperative operanti in zona (in
particolare da Assoortofrutta Cuneo e dalla coop. Agrifrutta di Peveragno) e da operatori
commerciali privati. I prezzi medi di
vendita del prodotto locale registrati in
questi ultimi anni si sono attestati su
valori medio-elevati fornendo interessanti risposte economiche alle aziende
produttrici.
La necessità di effettuare raccolte
ravvicinate (anche giornalmente nella
fase centrale estiva), l’elevata richiesta
di manodopera per le operazioni di
raccolta e la forte deperibilità del prodotto determinano investimenti, a livello aziendale, su superfici contenute.
Per questi motivi la coltivazione del
lampone rientra nei piani produttivi di
aziende diretto-coltivatrici ad indirizzo
misto (orticolo-zootecnico).
La gestione agronomica degli impianti prevede la coltivazione del lam5Drosphyla suzukii su lampone in fase pone seguendo i dettami della produdi ovideposizione.
zione integrata; in sostanza le linee di
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5Lampone rifiorente in fase primaverile.
difesa adottate in zona rispondono alle indicazioni riportate nei disciplinari regionali di produzione integrata.
In questi ultimi anni si sono accentuate, negli areali di produzione, alcune problematiche fitosanitarie di
particolare intensità che, in particolari situazioni, potrebbero mettere a rischio la coltura.
In particolare gli aspetti di maggior criticità sono
ascrivibili a presenze di: deperimento progressivo del
lamponeto, presenza di virus sulla coltura, presenza di
nuovi fitofagi. Vediamo i tre punti in dettaglio.
Deperimento progressivo del lamponeto
Il deperimento del lamponeto è determinato da una
serie di agenti patogeni tellurici tra cui Phytophthora
fragariae var. rubi, Verticilium dahliae, V. albo-atrum,
Armillaria mellea, Agrobacterium sp. La presenza di
questo complesso fungino-batterico nel suolo determina dapprima una riduzione di vigoria vegetativa delle
piante e delle rese e, successivamente, la morte della
pianta stessa. Questa alterazione si è aggravata significativamente in questi ultimi anni nelle zone tradizionali di coltivazione anche in relazione a particolari e anomale situazioni climatiche che hanno caratterizzato l’areale pedemontano del Piemonte.
Da parte del Creso sono state condotte attività di
monitoraggio sull’intera area di produzione e, in stretta
collaborazione con i laboratori diagnostici regionali
(Agroinnova – Università di Torino e Settore Fitosanitario Regionale), si è cercato di identificare il complesso
fungino che determina questa anomala situazione. Per
contenerne la diffusione, considerando che le molecole registrate sulla coltura sono particolarmente limitate,
sono state definite linee di intervento prevalentemente
agronomico con particolare riguardo alla scelta dei siti
di coltivazione, alla corretta gestione dell’impianto
(inerbimento dell’interfila), alla razionale irrigazione in
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5Lampone rifiorente in maturazione.
fase estiva e all’impiego di materiale vivaistico sano. Pare inoltre che il corretto apporto al terreno di miscele di
ceppi fungini antagonisti possa contenere la diffusione
di questa malattia.
Presenza di virus sulla coltura
I virus si evidenziano, anche se saltuariamente, con
alterazioni di colore del fogliame, minor vigoria vegetativa delle piante e, in particolare, sgranatura delle
drupeole con conseguente perdita di qualità della produzione. Le indagini condotte a livello territoriale in
questi ultimi anni hanno evidenziato la presenza, nei
diversi siti di coltivazione, di vettori sia a livello dell’apparato aereo (afidi, cicaline) sia a livello del suolo
(nematodi).
Una particolare attenzione è stata riservata, a livello territoriale, al controllo dei virus trasmessi dal polline (Raspberry Bushy Dwarf Virus) responsabili, principalmente, della sgranatura delle drupeole con forte deprezzamento della qualità del prodotto nella filiera
commerciale. Attualmente la struttura tecnica del Creso collabora con alcune istituzioni locali (Settore Fitosanitario Regionale e Cnr Fitovirologia Applicata di Torino) nell’ambito di specifici progetti finanziati dalla
Regione Piemonte finalizzati alla determinazione degli
agenti di trasmissione delle virosi, alla valutazione dell’intensità delle popolazioni e alla determinazione del
danno.
Considerando la scarsità di molecole chimiche registrate sulla coltura sono state condotte verifiche utilizzando funghi antagonisti ed altri agenti di lotta biologica.
Particolare attenzione è stata posta, in questi ultimi anni,
alla scelta del materiale di propagazione privilegiando
l’impiego di piante certificate ottenute da vivai specializzati che operano a livello nazionale ed europeo.
Nuovi fitofagi
A livello territoriale la presenza di nuovi fitofagi è
stata osservata per la prima volta nell’estate del 2009 e
poi determinata nel 2010, la presenza di un nuovo fitofago, Drosophila suzukii, insetto di nuova introduzione
in Europa e particolarmente aggressivo sulle colture frutticole. Su lampone questo dittero depone scalarmente le
uova all’interno delle drupeole in fase di pre maturazio-
5Lampone rifiorente in tunnel.
ne; lo sviluppo degli stadi larvali coincide con la fase di
commercializzazione e la presenza nel frutto di stadi
giovanili dell’insetto, determina una significativa perdita
di qualità. Nella stagione appena conclusa l’entità di
danno accertata sulla coltura è variabile da zona a zona,
nelle aree tradizionali di coltivazione si sono raggiunte
incidenze di frutti colpiti dal fitofago anche prossime al
30-35 % con forti danni economici.
Per arginare il problema gli operatori, in fase di raccolta, devono porre particolare attenzione alla scelta
dei frutti da inserire nelle confezioni dilatando ulteriormente i tempi di stacco. L’elevata ovideposizione delle
femmine, la presenza di cicli di sviluppo brevi, il sovrapporsi di diverse generazioni all’interno degli appezzamenti, la possibilità che l’insetto colpisca altre
coltivazioni frutticole (ad esempio mirtillo, ribes, ciliegio, albicocco…) e la ridotta disponibilità di molecole
chimiche registrate sulla coltura rendono particolarmente difficoltoso il controllo in campo.
Attualmente, nell’ambito di un progetto di ricerca
finanziato da Regione Piemonte in collaborazione con
il Divapra - Entomologia agraria di Torino è stato avviato un lavoro di monitoraggio del volo dell’insetto, utilizzando trappole alimentari con aceto di mela, sull’intero territorio interessato alla coltivazione del lampone
al fine di determinare i cicli di sviluppo del fitofago ed,
eventualmente impostare strategie di difesa chimiche o
agronomiche.
Contestualmente sono state impostate le prime prove di controllo integrato del fitofago i cui risultati dovrebbero evidenziarsi nei prossimi mesi primaverili.
È forte la preoccupazione per la presenza di questo
insetto non solo nell’areale piemontese ma nell’intero
arco alpino; la possibilità, come evidenziato nel 2010,
che questo fitofago determini alterazioni significative su
più specie frutticole pone in serio rischio la produzione
dei piccoli frutti andando a minare un sistema produttivo di particolare importanza per molte aziende che
operano in areali svantaggiati di montagna.
■
Michele Baudino, Sandro Frati
Creso - Cuneo
La foto della Drosphyla su lampone è tratta dal sito http://
ucanr.org/blogs/blogcore/postdetail.cfm?postnum=148 University of
California, Division of Agriculture and Natural Resources; autore foto:
Ed Show.
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