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narrativa
Ogni riferimento a persone, luoghi e fatti reali, divinità, è puramente casuale.
© 2014 Baldini&Castoldi s.r.l. - Milano
isbn 978-88-6852-040-3
Published in arrangement with Agenzia Letteraria Vicolo Cannery
Art director Mara Scanavino
Graphic designer Alberto Lameri
In copertina © Shutterstock.com (elaborazione)
www.baldinicastoldi.it
[email protected]
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Roberto Mandracchia
Vita, morte e miracoli
Alla teiera di porcellana di Bertrand Russell
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niente saldi di speranze
niente saldi di esistenze
niente voti alla Madonna.
[CCCP, Manifesto]
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uno
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Il cimitero, se uno lo vede dall’alto, è a forma di fica. Lo
sanno tutti in paese.
Perché è a forma di fica, ho chiesto una volta a mio padre.
Perché ci doveva essere uno che voleva far ridere e l’ha
fatto così.
Non capisco, ho detto.
Mio padre ha sospirato.
Quando uno nasce da dove viene fuori, mi ha chiesto.
Da una fica, ho risposto.
Ecco, e così quando muori ci ritorni dentro.
Chi era questo che l’ha fatto così?
Non lo so, ma si dice l’abbiano impiccato in piazza.
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Mio padre come me faceva il custode del cimitero e,
prima di mio padre, mio nonno e, prima di mio nonno, il
mio bisnonno. Nella mia famiglia, oltre al ginocchio valgo,
ci tramandiamo questo cimitero a forma di fica. In paese dici
Calicchia e tutti si raspano i coglioni.
Due giorni fa mi è venuto a trovare per sempre il ragioniere Rampulli. Soltanto qualche giorno prima, al bar, l’ho
visto bere l’amaro alla faccia dei preti e ordinarne un altro alla
faccia dei preti per poi accendersi una sigaretta alla faccia dei
preti. Lui faceva così ogni cosa, alla faccia dei preti. Il pome9
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riggio in cui il ragioniere mi è venuto a trovare per sempre,
don Eusebio, nella cappella del cimitero, ha benedetto la sua
bara e poi se n’è andato al bar. A bere un amaro.
Il ragioniere Rampulli era molto amico della moglie del
farmacista Chiosa e si vede che anche il farmacista doveva
saperlo perché, mentre infilavo il ragioniere nel suo buco, ha
sparato a sua moglie. Così ieri mi è venuta trovare per sempre
anche lei. Se mio padre non fosse per sempre qui con me
dentro la fica gli avrei chiesto perché il farmacista Chiosa ha
sparato alla moglie. Probabile che mi avrebbe risposto che
voleva far ridere, e io non avrei capito.
Ci sono tante cose che non capisco. Come quella volta
che mi è venuto a trovare per sempre il mio amico Giacomino, quello con cui giocavo da bambino, e al bar poi mi
hanno detto che l’avevano trovato appeso a una corda, e io
non capivo perché stava appeso alla corda coi pantaloni e le
mutande abbassati.
Voleva far ridere, ho chiesto a quelli del bar.
Nessuno mi ha risposto, e il ragioniere Rampulli ha giocato la schedina del totocalcio alla faccia dei preti.
Ti senti assolo, mi ha chiesto mia sorella una volta che
sono andato a pranzare a casa sua.
Quando?
Mia sorella ha sospirato.
Lì al cimitero ti senti assolo, mi ha chiesto.
E perché mai, le ho detto, con tutta quella gente che mi
viene a trovare per sempre.
Anche mia sorella ha il ginocchio valgo e dice sempre che
non vuole fare figli perché poi le escono col ginocchio valgo e
una vita da consumare dentro un cimitero con quella forma lì.
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Fai male, le ho detto una volta, perché il dottore Morvi
dice che io figli non ne posso fare perché c’ho un problema
mio, e se manco tu ne fai io quando muoio dentro un buco
da solo non mi ci posso infilare.
‘na cusa seria insomma, ha detto mia sorella.
Io quella volta le ho sorriso, ma sono passati due anni e
ancora figli non ne ha fatti.
Io di figli non ne posso fare non soltanto per via del problema mio che ha detto il dottore Morvi, ma anche perché
in paese quando dici Calicchia pure le donne si raspano i
coglioni; e questa è un’altra cosa che non capisco dal momento che loro, tra le gambe, hanno solo il cimitero del paese.
L’unica che non si raspava i coglioni era quella ragazzina
che invece di starsene in casa o di passeggiare per il corso del
paese con le amiche veniva qui al cimitero. Era sempre pallida, vestita tutta di nero e sotto l’occhio sinistro si disegnava
una lacrima scura; con le braccia penzoloni e un’espressione
tra la noia e il disgusto girava per i vialetti in ghiaia e ogni
tanto si fermava a guardarmi pulire il marmo delle lapidi o
sostituire i lumini rotti o fare una sigaretta di trinciato forte.
Facevo finta di niente, ma lei, tutta nera come un corvo, un
pomeriggio mi ha rivolto la parola.
Come hai detto scusa, le ho chiesto con le mani che già
mi sudavano.
Sai qual è il significato della morte?
Lo so quando mi arriva lo stipendio dal Comune, le ho
risposto.
E lei tornava ogni pomeriggio: diceva una frase, io le
rispondevo con una o due frasi e finiva lì; questo per mesi.
Io sono nata morta, mi diceva.
Impossibile, le dicevo, se nascevi morta stavi già qui
dentro un buco come il figlio dei Sinisca.
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Sei il principe delle tenebre, mi diceva.
No, sono Canio Calicchia, le dicevo, il custode del cimitero. Se in paese dici Calicchia, aggiungevo, tutti si raspano
i coglioni.
Apriamo qualche bara, mi chiedeva.
E che ti interessa, le dicevo, dentro ci sono soltanto i
morti.
Per mesi con le mani che mi sudavano quando diceva
qualcosa, quella lacrima che tutte le volte scendeva dal suo
occhio sinistro e la voglia di fare con lei un figlio dal ginocchio
valgo. Ma non avevo il coraggio di andare oltre la seconda
frase, lei non andava oltre la prima e così restavamo a guardarci, tra le lapidi e le statue degli angeli che piangono. Poi
ha smesso di venire al cimitero, e al bar, tra le chiacchiere,
mi è sembrato di capire che la sua famiglia si era trasferita
in città e quindi non mi verrà mai a trovare per sempre. Le
mie mani non sudano più.
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