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Ciao Andrea
PERIODICO INDIPENDENTE DELL’I.T.I.S. - L.S.T. “E. ALESSANDRINI” -VITTUONE - Anno XVII - Numero 2 Marzo 2013 Grazie per essere stato un nostro amico Ciao Andrea In questo numero Ciao Andrea 1—2 Giornata memoria 3 Lo Hobbit 4—5 I miserabili 6 The Impos- 7-8 sible Olimpiadi cultura 8 Italiani di domani 9 Softair 10-11 OS Mobile 12 League of Legends 13-14 Anonymous 15-16 Avevamo ancora troppe cose da dirci, troppe cose da fare insieme, troppi progetti per il futuro … Sin da quando ti ho conosciuto ci siamo trovati subito in sintonia e siamo diventati grandi amici. La tua mancanza è un duro colpo al cuore perchè non potremo più condividere quei momenti in cui tu, con la tua simpatia e la tua allegria, mi facevi sorridere anche nei momenti tristi. Non verrai dimenticato addio … Simone E' difficile scrivere qualcosa sapendo che non la leggerai mai. Spero che i miei pensieri arrivino fino a te. Hai lasciato un gran vuoto dentro tutti noi. La tua scomparsa è stata uno shock. Ci conoscevamo da quando eravamo piccoli, anche se qui alle superiori avevamo cominciato a parlare. Mancherai a tutti noi. Ti terremo sempre nel cuore. Alessandro Andrea era un ragazzo sempre allegro che sapeva trasformare le cose brutte in cose belle, perchè lui era così. Scherzava su tutto, ma allo stesso tempo sapeva rimanere serio. Era una persona con cui potevi parlare di tutto. Mi dispiace veramente tanto. La nostra classe non sarà più la stessa. Addio Chioda! Marco Tutti i venerdì durante l'ora di religione passati fuori del Super a parlare, ridere delle tue battute divertenti, le imitazioni dei prof. che facevi che rendevano di buon umore tutti, quel comportamento sorridente che avevi: ora si è capito, nascondevi il male che avevi dentro. Spero che quando andremo là, senza di te, il tuo spirito ci dia un po' della felicità che ci trasmettevi. Ertjan Prendevi sempre il lato comico delle cose. Non ti scoraggiavi mai delle cattive notizie. Imitavi perfettamente alcuni prof. e ci facevi ridere. Avevi inventato una parola alquanto bizzarra: banfella; pronunciandola nei momenti tristi ci ridava la voglia di scherzare. Andrea Per me e per per tutti non è facile accettare la scomparsa di Andrea. Lui era in grado di spronarti a fare di meglio anche con semplici frasi, portava il sorriso in classe facendo battute e imitazioni, e proprio ora che iniziava a integrarsi totalmente con noi, proprio ora che iniziavamo a uscire insieme e a diventare veri amici, lui è stato costretto adandarsene, senza nemmeno il tempo di un breve saluto. Sperare in un suo ritorno è sciocco, ora dobbiamo solo mantenere vivo il ricordo di quel ragazzo gioviale che era (Continua a pagina 2) Studenti.Vit Pagina 2 Andrea. Non è facile accettare la sua scomparsa ma non dobbiamo perdere il suo ricordo. Davide Ciao Chioda, è solo un giorno che non sei più con noi e già ci manchi un sacco. Anche se non ci conoscevamo da tanto, appena ho saputo cosa è successo, mi è venuto un forte senso di dolore e di vuoto. Si sente spesso che le persone muoiono, ma che a morire sia un mio coetaneo, un mio compagno di classe mi ha fatto riflettere molto, perchè è ingiusto che un ragazzo di 17 anni con tutta la vita ancora davanti, pieno di sogni e progetti per il futuro debba andarsene via, e svanire tutti i suoi sogni e progetti in un colpo. Andrea E' ingiusto morire a 17 anni, ingiusto e crudele. Tre giorni fa siamo usciti insieme, e sembra impossibile che un amico smetta di esserci così improvvisamente. Nel vedere il banco vuoto mi viene da pensare “sta male, presto tornerà a scuola”: è come se una parte di me non volesse accettarlo. Ci mancheranno le tue imitazioni, le tue risate, ci mancherai soprattutto tu. Luca Andrea non era un compagno come tutti, era importante perchè quando la classe era stressata dalle verifiche, negative una dopo l'altra, lui aveva un metodo per farci ridere e dimenticare la verifica con le sue battute. Nessun compagno potrà sostituirlo. Ci mancherai Andrea! Mustafa Un compagno ma soprattutto un amico, questo era Andrea per noi. Mario La cosa che mi ricorderò sem- pre di lui è la sua imitazione di un prof. Penso che noi compagni la ricorderemo per tutta la vita in suo ricordo. Senza di lui la classe non sarà più la stessa. Non ti scorderemo, Andrea! Matteo Purtroppo io ti ho conosciuto solo quest' anno. Però in questi mesi passati insieme ci siamo divertiti con le tue battute e il tuo accento 'romano' che ogni tanto tiravi fuori e da lì è nato il “burì”, che ormai usavamo per chiamarci e definire qualsiasi cosa. Ciao Andrea, ci mancherai. Francesco Bello scherzo ci hai fatto per carnevale! Non conoscevo praticamente nulla di te, tranne la tua passione per l'Inter. Addio e stammi bene dovunque tu sia. Edoardo Andrea, eri una persona solare e gioiosa, soprattutto per questo non ci saremmo mai spettati di perderti in questo modo. Ti ricorderemo tutti come un ragazzo allegro e onesto. Riccardo Spero che nei tuoi pochi anni di vita tu sia riuscito a dare il massimo, ad essere contento con chi è stato sempre vicino a te, che ora è più vicino a te di tutti gli altri. Mi dispiace di non averti conosciuto benissimo, ma sono stati sei mesi indimenticabili. Ti terrò sempre un posto nel mio cuore. Matteo Il mio rammarico è di aver avuto modo di parlare con te poche volte. Ho avuto poco tempo per conoscerti, ma ti porterò sempre nel cuore. Vorrei ringraziarti per avermi dato la possibilità di essere tuo amico. Alessio Quello che è successo è molto difficile da accettare. Soprat- tutto negli intervalli emergeva la tua simpatia. La cosa che più mi ricordo di te è la tua amicizia con Garavaglia e il soft air. Prima delle lezioni di laboratorio andavate sempre in internet a vedere le armi. È una cosa che ricorderò per sempre. Ci mancherai molto. Enzo Andrea, vorrei salutarti per l'ultima volta e, anche se ti conosco solo da settembre, di te nutrirò sempre un ottimo ricordo. Tu sei colui che rallegrava le giornate con battute e citazioni esilaranti, tu sei colui che ci ha confortato nei momenti difficili, tu sei stato un buon amico a non sarai dementicato. Denis Ciao Chioda, un saluto da parte di tutti noi, la tua classe. Grazie per tutti i momenti passati insieme, felici e infelici. Grazie per la tua allegria di tutti i giorni, che lascia un ricordo indelebile nel nostro cuore. Sarai per sempre un grande amico, non ti dimenticheremo mai. Alessandro Andrea aveva il raro dono di restituire a tutti il sorriso nei momenti in cui qualcosa, in classe o fuori, era andato male. E' morto a casa sua, nel sonno e con le braccia conserte, nella notte tra venerdì e sabato 16 febbraio. A scuola, il giorno delle esequie abbiamo osservato in tutte le classi un minuto di silenzio e, in sua memoria, abbiamo raccolto 300 euro che abbiamo devoluto, dietro suggerimento dei suoi familiari, all'Associazione genitori amici del bambino malato di Niguarda. Studenti.Vit Anno XVII - Numero 2 Il Giorno della Memoria è stato istituito per legge nel 2000, ed è proprio da quella data che nel nostro Paese si dedica il 27 Gennaio alla memoria, al ricordo di una tragedia che sembra tanto lontana, ma che in realtà risale solo a poco più di mezzo secolo fa: la Shoah Parlare di Shoah o di Olocausto significa parlare dello sterminio sistematico ad opera dei Nazisti di milioni di ebrei che avvenne in Europa durante la Seconda Guerra Mondiale, un genocidio che coinvolse circa 6 milioni di ebrei ma anche Rom, cristiani di tutte le confessioni, comunisti, omosessuali, Testimoni di Geova, popolazioni slave e che fece in totale 14 milioni di vittime. La foga nazifascista non si sfogò quindi solo su gli ebrei, ma su tutti quelli che misero in pericolo la prosperità del Reich e che inquinarono la razza ariana, pura per eccellenza. Per eliminare tutti i soggetti considerati "indesiderabili" dai Nazisti, questi crearono dei campi di concentramento e di sterminio: nei primi i prigionieri venivano classificati in base alla loro capacità di lavorare; chi era troppo debole veniva eliminato nelle camere a gas camuffate da docce, mentre i più forti erano sottoposti ad un lavoro schiavistico. Anche questi ultimi, a causa delle terribili condizioni di vita e di lavoro a cui erano sottoposti, spesso non sopravvivevano. I campi di sterminio erano invece pensati esclusivamente per la soppressione delle persone. L'Olocausto fu l'ultima tappa della politica antisemita pro- Pagina 3 mossa da Adolf Hitler. Su questo argomento vige un silenzio che noi dobbiamo rompere, per far sì che tutti conoscano e rif le t ta n o , e ab b an d o n in o quell’indifferenza che porta ignoranza. Mercoledì 25 Gennaio, presso l'aula magna del nostro istituto si è tenuto un incontro tra gli studenti delle classi quinte e Angelo Ratti, figlio di un ex-deportato del lager di Mauthausen. Durante l'incontro Ratti ha raccontato la storia del padre. Egli fu deportato all'età di 17 anni per aver commesso crimini contro il partito fascista insieme a degli amici, aveva infatti organizzato un gruppo per strapparne i manifesti. Dal racconto di Ratti sono emersi particolari toccanti della permanenza del padre nel campo: all'arrivo i prigionieri venivano spogliati completamente, rasati a zero e ve n i va lo ro ap p l ica t a la “strasse” (un taglio sulla testa per renderli riconoscibili in caso di fuga), facevano dei turni disumani, aspettavano le ore al freddo durante l'appello, minacciati dalla violenza e dalla freddezza dei soldati nazisti. Il 27 gennaio deve quindi portarci alla riflessione, al ricordo, alla Memoria. Possiamo ricordare in diversi modi, leggendo un libro o articoli di giornali, guardare documentari, visitare i luoghi dove si sono verificati questi massacri, ascoltare testimonianze o partecipare a manifestazioni in onore di quei 6 milioni di innocenti. Non possiamo permettere che le generazioni future vivano ancora una simile tragedia. Bisogna ricordare, e ancora più opportuno è spiegare alle nuove generazione che cosa sia successo, che cosa ha portato all’olocausto, perché non è stato fermato e soprattutto che cosa ha significato, in modo tale che tutto ciò non si possa davvero più ripetere. Tutto questo ci è stato insegnato da chi ne è stato testimone, da chi non si è nascosto dietro i “non voglio ricordare” o “non voglio pensarci”, ma da quelli che si sono presi l’impegno di insegnare alle generazioni a venire, per dare a noi la possibilità di sapere, di capire, di impegnarci per la pace, per l’integrazione, per la cooperazione tra i popoli, perché tutto quello che loro hanno vissuto non possa più ripetersi. Il giorno della memoria è troppo importante per essere ridotto a semplice manifestazione socio-politica, è anche il tramite per cui le nuove generazioni prendano il testimone del ricordo e lo passino alle future, l’umanità se vuole continuare a chiamarsi tale non può più permettere un altro olocausto che al giorno d’oggi avverrebbe sicuramente con metodologie diverse, ma con risultati probabilmente anche peggiori. Andrea Balbo e Dario Bonito 5^ Bi Studenti.Vit Pagina 4 Da grandi romanzi grandi film? John Ronald Reuel Tolkien è noto per aver scritto la saga del Signore degli Anelli, inventando così il genere fantasy, tuttavia la sua produzione letteraria complessiva è molto più ampia e articolata. Oltre al Signore degli Anelli, uno dei libri più importanti da lui scritti è Lo hobbit (The hobbit). Nel libro -che precede il Signore degli Anelli sia come data di pubblicazione (1937) che come narrazionesono raccontate le avventure di Bilbo Baggins, lo zio di Frodo che molti anni dopo gli affiderà l’anello di Sauron, e di come appunto è venuto in possesso di suddetto oggetto. Il libro inizia con il celebre incipit “In una caverna nella terra viveva uno hobbit” e inizialmente ci presenta la vita tranquilla e agiata del nostro eroe, vita che conduce nel paese degli hobbit, la Contea (the Shire nell’originale). Un giorno, mentre Bilbo è nel suo giardino a fumare tranquillamente la pipa, si presenta lo stregone Gandalf il Grigio, che gli chiede se è disposto a partecipare a una rischiosa avventura. Essendo gli hobbit molto abitudinari e pacifici, Bilbo inizialmente rifiuta, tuttavia il giorno successivo si presentano a casa sua, invitati da Gandalf, 13 vivaci nani, fra cui Thorin Scudodiquercia, nipote di Thror, il re sotto la montagna, che intende recuperare il regno che gli spetta, usurpato dal malvagio drago Smog (Smaug nell’originale). Bilbo, titubante, viene assunto con regolare contratto in qualità di scassinatore del gruppo e parte con i nani, uscendo dalla Contea per la prima volta in vita sua. Dopo aver astutamente sconfitto, grazie all’intervento provvidenziale di Gandalf, tre Raminghi che volevano mangiarsi tutto il gruppo; raggiungono Granburrone (Rivendell nell’originale), dimora del signore elfico Elrond, che li ospita. Elrond inoltre aiuta Thorin a leggere la mappa ereditata dal nonno Thror. Thorin viene così a conoscenza dell’esistenza di un passaggio segreto sul fianco della montagna, utile per raggiungere il regno sotterraneo che gli spetta di diritto con il relativo, immenso, tesoro. Dopo oltre due settimane di permanenza a Granburrone la compagnia si rimette in viaggio e raggiunge le Montagne Nebbiose, una catena montuosa che fa da confine occidentale per le Terre Selvegge, dove però vengono catturati da una tribù di orchi, che li porta nelle loro grotte sotterranee. Va qui notato il fatto che nell’originale inglese Tolkien, da grande esperto di lingua e letteratura antica inglese quale era, chiama gli orchi con il termine antico “orc”, ormai in disuso, al posto del più moderno “ogre”. Mentre i nani fuggono compatti grazie all’intervento di Gandalf, che li conduce fuori dalle grotte degli orchi; Bilbo si perde nell’oscurità e, girovagando, trova per terra un anello e lo mette in tasca, non immaginando che si tratta nientemeno che dell’Unico Anello forgiato quasi tremila anni prima dal Signore Oscuro Sauron per sottomettere la Terra di Mezzo. Intanto il nuovo proprietario dell’anello, il viscido Gollum, va alla ricerca del suo tesoro e, trovando Bilbo, fa con lui una gara di indovinelli con la promessa che se lo hobbit avesse vinto non se lo sarebbe mangiato e, anzi, lo avrebbe guidato fuori dalla caverna. Bilbo, in difficoltà, gli chiede cosa ha in tasca e Gollum, dopo aver sbagliato per tre volte, capisce che si tratta del suo prezioso anello e decide di uccidere comunque Bilbo per recuperarlo. Lo hobbit, accidentalmente, mette al dito l’anello, diventando così invisibile agli occhi di Gollum e riuscendo quindi a sfuggirgli. Riesce poi a raggiungere la compagnia, che viene però nuova(Continua a pagina 5) Studenti.Vit Anno XVII - Numero 2 mente attaccata dagli orchi. Gandalf, però, chiama le aquile giganti delle Montagne Nebbiose, che portano in salvo tutto il gruppo. Ripreso il viaggio, si fanno ospitare con uno stratagemma dall’uomo-orso Beorn, il quale li rifornisce di provviste per superare il Bosco Atro, la grande foresta che si estende fra loro e la Montagna Solitaria. A questo punto Gandalf si separa dalla compagnia per dirigersi a sud. Entrati nel bosco, vengono catturati dai ragni giganti, che vengono sconfitti proprio da Bilbo anche grazie al potere dell’anello. In seguito vengono catturati dal re elfico Thranduil (padre di Legolas della Compagnia dell’Anello), tuttavia Bilbo sfugge alla prigionia proprio grazie all’invisibilità datagli dall’anello. Aiuta quindi i nani ad evadere attraverso un fiume sotterraneo c h i ud e n d oli all’interno di barili e affidandoli alla corrente. Il gruppo si ritrova presso la città lagunare di Pontelagolungo, dove vengono ospitati e dove si preparano per recarsi a nord, presso la Montagna Solitaria. Dopo alcuni giorni di viaggio raggiungono la montagna, e trovano la porta che cercavano, riuscendo ad aprirla all’ultimo secondo utile. Bilbo si introduce attraverso la porta, riuscendo a rubare una preziosa coppa. Smog per ò si accor ge dell’ammanco e viene colto dalla rabbia. Allora Bilbo indossa nuovamente l’anello e si reca dal drago, a cui sottopone una conversazione enigmatica, che però gli fa capire che i nani sono passati per la città di Pontelagolungo. Smog quindi deci- Pagina 5 de di attaccare la città colpevole di aver ospitato i suoi nemici. Il finale del libro è pieno di sorprese, e non lo anticipo per rispetto verso coloro che avessero intenzione di leggerlo. Quest’opera fa parte del percorso di formazione letteraria di Tolkien, che giunge a compimento con la pubblicazione del Signore degli Anelli, di quasi vent’anni successiva. Qui vengono gettate le basi del genere fantasy, tuttavia è troppo presto definire Lo hobbit un fantasy vero e proprio dato che è concepito come una favola per bambini e non ha la componente epica tipica di questo genere. Il fantasy nasce infatti con il Signore degli Anelli, in cui il racconto (molto più lungo) ha tutte le connotazioni narrative fantasy, a loro volta derivanti dagli antichi poemi epici germanici e nordici, poemi che Tolkien, da studioso di letteratura inglese antica, conosceva molto bene. Ne Lo hobbit la componente comica è molto accentuata, invece nel Signore degli Anelli è quasi assente, e anche i nomi dei personaggi ricalcano questa evoluzione dello stile di scrittura. Recentemente è uscito al cinema il primo film della trilogia dedicata a Lo hobbit, diretta da Peter Jackson, il regista neozelandese che ha diretto anche la trilogia cinematografica del Signore degli Anelli. Personalmente non condivido la scelta di realizzare una trilogia basata su un singolo libro, e infatti nel film la trama è stata allungata con l’aggiunta del personaggio di Azog, inesistente nel libro, e con le molteplici inquadrature aeree del paesaggio, spettacolari ma inutili. Nonostante ciò la trama regge il ritmo del film, e anche se non si è letto il libro si riesce comunque a seguire bene la catena degli avvenimenti; e non è facile per un “profano” capire quali siano le parti aggiunte da Jackson. Quasi sicuramente la decisione di girare tre film anziché uno è dettata da motivazioni economiche, non artistiche, e i produttori hanno deciso di ripetere qui la stessa strategia di mercato che ha portato a dividere in due parti l’ultimo film della saga di Harry Potter. Tuttavia le carte in regola per girare una grande trilogia cinematografica come quella del Signore degli Anelli ci sono tutte e molto probabilmente Jackson alla fine non ci deluderà. Ovviamente il consiglio che mi sento di dare a chi intende vedere il film è leggere prima il libro, e divertirsi poi a scoprire le somiglianze e le differenze fra libro e film. Anche per chi già ama il fantasy questo libro è un “must”, per capire come dalle semplici favole per bambini si sia evoluto un genere con una caratterizzazione autonoma. Se poi addirittura si intende scoprire l’universo narrativo di Tolkien andrebbe letto questo libro prima del più lungo e complesso Signore degli Anelli o dell’intricato Silmarillon. Vladimir Salerio 3^Al Studenti.Vit Pagina 6 I miserabili La trama coinvolgente, la maestosità delle scenografie, la maestria degli attori e la sontuosità della lirica hanno senza dubbio fatto de I miserabili uno dei film più affascinanti del 2013. La storia si snoda attorno alle vicende di Jean Valjean interpretato da Hugh Jackman (vincitore del Golden Globe ), un uomo vittima di un ingiustizia sociale, perpetrata da un personaggio privo di scrupoli, l'ispettore Javert (Russell Crowe), che abusa del suo potere di tutore della legge, perseguitando il compassionevole Valjean al quale egli non intende dare la possibilità di redimersi, dopo un lungo e sfiancante periodo di prigionia . Tuttavia, in seguito alla carità ed alla generosità di un vescovo, il galeotto è indotto ad intraprendere una vità onesta che lo porta a diventare un personaggio ricco e stimato. in seguito valjean si impietosisce davanti alla miseria dell'operaia Fantine (Anne Hathaway) e di sua figlia cosette (Amanda Seyfried); decide allora di prendersene cura personalmente, continuando a crescere la bambina anche in seguito alla morte della madre. Pur avendo abbandonato il mondo della fame e della povertà, Valjean non dimentica le sofferenze del carcere, dimostrando umanità ed altruismo nei confronti di un pover'uomo di nome Champmat hi eu, che vi ene arrestato per furto e accusato di essere l'ex galeotto Valjean, cambiato fisicamente dopo molti a n n i . Al termine di una profonda crisi di coscienza, Valjean, incapace di tollerare che un innocente rischi il carcere a vita, decide di autodenunciarsi pur essendo consapevole che il gesto l'avrebbe portato nuovamente ad una con- tinua fuga dall'instncabile Javert. Seguito dalla piccola Cosette si reca a Parigi dove con non poche difficoltà riesce a trovare la tanto attesa tranquillità in un monastero, che nonostante non gli conceda una vita sfarzosa ed entusiasmante, gli permette di essere al sicuro dal temibile ispettore. Numerosi anni dopo il padre, si dimostra tutt'altro che indifferente alla volontà di Cosette, che diventata ormai una ragazza desi- dera fortemente distaccarsi dal mondo chiuso e riservato del monastero per scoprire ciò che la circonda. valjean acconsente e si trasfersice in una graziosa abitazione della capitale. Le vicende di Javert e dell'ex galeotto si intrecciano nuovamente molti anni dopo, quando nella capitale francese, nel giugno del 1832 è in corso un insurrezione repubblicana , che ha come scopo il rovesciamento della monarchia. Tra le file dei rivoltosi è presente Marius (Eddie Redmayne) un ragazzo proveniente dai bassifondi parigini che in seguito all'incontro con Cosette, se ne è innamorato follemente . Al termine della rivolta, placata dall'esercito reale, Javert e Valjean si trovano ancora una volta faccia a faccia. L'ispettore resosi conto dell'impossibilità di conciliare il suo istinto irrefrenabile, che lo porta alla persecuzione di Jean e il ruolo di difensore della legalità si suicida drammaticamente. Nel film tratto dall'immortale ed illustre romanzo di Victor Hugo, la brillante interpretazione dei rinomati attori permette di immedesimarsi nella frustrante situazione di Valjean, il quale nonostante la sua dimostrata bontà e sensibilità viene considerato esclusivamente come un ergastolano indegno di essere riammesso a far parte della società. Davide Bisi 3^ CL Studenti.Vit Anno XVII - Numero 2 Pagina 7 The Impossible Quella raccontata nel film del giovane regista spagnolo Juan Antonio Bayona, interpretato da Naomi Watts ed Ewan Mcgregor, è una storia emozionante, ricca di sentimenti e di speranza che racchiude l'unità di una famiglia, divisa dallo tsunami del 2004. Il maremoto dell'Oceano Indiano del 2004 è stato una delle catastrofi più dirompenti che hanno colpito il nostro pianeta nell'ultimo secolo, mietendo migliaia di vittime . L'epicentro del maremoto, con magnetudo stimata attorno 9,3 gradi della scala Richter, si è verificato a circa 160 chilometri dall'isola di Sumatra, all'interno della cosiddetta cintura di fuoco del Pacifico, emettendo un'energia di 52000 megatoni che se messa in rapporto a quella sprigionata dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki è stata un mi- lione e mezzo di volte superiore. Il sisma è stato così violento, da raggiungere tutto il sud-est asiatico, lambendo anche le coste dell'Africa orientale. Tra i tanti territori colpiti ricordiamo la Thailandia che è stata teatro dell'ambientazione di questo toccante film, il quale vede per protagonista una delle tante famiglie che vennero affrante dalla potenza colossale della natura, dinnanzi alla quale la nostra esistenza scompare in un batter d'occhio come se non fosse mai fiorita . Henry, Maria e i loro tre figli albergano in un resort per trascorrere alcuni giorni in un paradiso tropicale. Ma la mattina del 26 dicembre, mentre si trovano in piscina per rilassarsi, dopo la notte passata a festeggiare il Natale, un’enorme parete d’acqua, seguita da un gigantesco fragore si scaglia dapprima contro il pa- dre e i due figli, e successivamente contro la madre che rimane pietrificata. É uno tsunami che travolge tutto ciò che incontra sul proprio cammino, seminando terrore. Successivamente la vicenda si distribuisce in un doppio teatro di emozioni: da una parte la madre insieme al figlio Lucas, i quali cercheranno di emergere dallo scenario di devastazione che li circonda trovando assistenza presso un ospedale del luogo, e dall'altra, invece, il padre e i due fratellini. La famiglia cercherà in ogni modo di riavvicinarsi e, grazie allo spirito di grande aggregazione e di determinazione, riuscirà nell'intento. Trovo che non sia semplice produrre un film basato su di una catastrofe di così grande entità, riuscendo a mantenere lo spettatore partecipe di una storia così complessa e trasmettendo il profondo (Continua a pagina 8) Studenti.Vit Pagina 8 sentimento di dolore che compariva in ogni scena .Una storia che fa riflettere esponendoci in maniera chiara una realtà così aggiacciante e sono sicuro che tutto ciò che ci offre questo film è soltanto una piccola parte di ciò che è accaduto realmente. Dimostrando che in fondo l'amore della famiglia vince su di ogni cosa perfino su di una calamità di quel calibro . Il giorno 3 dicembre 2012, nella nostra scuola, si è svolta la prima delle tre fasi delle Olimpiadi della Cultura e del Talento, un Guglielmo Galimberti 3^CL Concorso Culturale Nazionale rivolto alle scuole secondarie di secondo grado di tutto il territorio italiano. Il Concorso è una competizione multidisciplinare che si articola in tre fasi: Eliminatorie, Semifinali e Finali. Diciotto ragazzi, frequentanti le classi III, IV e V, divisi in tre gruppi, hanno affrontato una serie di quesiti a risposta multipla, su argomenti di carattere generale. Uno solo di questi gruppi ha superato la fase eliminatoria, con un risultato di 86/100 punti. Le due ragazze di 3^Cl e i 4 ragazzi di 4^Al, facenti parte del gruppo vincitore, verranno accompagnati dalla prof.ssa Leone, punto di riferimento della nostra scuola per questo tipo di attività e dalla prof.ssa Raimondi a Civitavecchia, dove il giorno 4 marzo 2013, al teatro Traiano, si svolgeranno le Semifinali. Gli studenti dovranno misurarsi in prove di logica e informatica, grammatica inglese, musica, letteratura italiana, attualità e geografia. Le squadre che supereranno questa fase, passeranno alle Finali, che si svolgeranno a Tolfa (RM), il 15-16 Aprile 2013, dove i ragazzi dovranno dimostrare tutte le loro capacità nella prova finale, denominata Prova Talento. Sosteniamo con un IN BOCCA AL LUPO corale i nostri compagni che ci rappresenteranno. Martina Ghidoli 3^ CL Studenti.Vit Anno XVII - Numero 2 Pagina 9 Italiani di domani In questi giorni, ascoltando in televisione diverse interviste di Beppe Severgnini, ho avuto il desiderio di leggere il suo ultimo libro: Italiani di domani dedicato alla nostra generazione. Lo scrittore è un noto giornalista internazionale, ha lavorato in Inghilterra e negli Stati Uniti, esperienze che lo hanno aiutato molto nella carriera e nella vita. Quando non redige articoli per il “Corriere della sera”e non aggiorna la sua rubrica online “Italians”, si diletta nella scrittura di libri di generi diversi, alcuni diventati anche best-seller, come: "Manuale dell'uomo domestico ", "Manuale dell'imperfetto viaggiatore", "Italiani si diventa", "Un italiano in America", "Italiani con valigia", "L'inglese. Lezioni Semiserie" e "Inglesi". Il libro è strutturato come una guida divisa in otto capitoli: talento, tenacia, tempismo, tolleranza, totem, tenerezza, terra e testa. Queste “porte sul futuro”, come le definisce Severgnini, vengono spiegate in modo semplice, a volte ironico, caratteristiche che alleggeriscono la lettura. Ogni capitolo a cui è dedicato uno di questi argomenti viene esposto utilizzando anche testimonianze e suggerimenti tratti dalle lettere e dalle e-mail che riceve lo scrittore sul suo sito internet e sui social network. I consigli principali che Severgnini dà ai giovani sono quelli di studiare molto, magari specializzandosi all’estero, visto che gli italiani non sfigurano affatto di fronte a studenti di altri Paesi. Raccomanda l’apprendimento delle lingue straniere e, dote indispensabile, la versatilità, caratteristica che in questo momento storico è molto richiesta. Un aneddoto che è descritto nel libro e che mi ha fatto sorridere, è quello in cui racconta i suoi primi anni a Londra in un piccolo alloggio, il quale una mattina viene assediato da un pullman di fan di Jimi Hendrix: infatti era l’ultimo luogo in cui visse il celeberrimo chitarrista, ma lo scrittore ne era totalmente all’oscuro! Beppe Severgnini infatti, per inseguire il suo sogno di scrittore, si è adattato a vivere anche in un sottoscala, lontano dal proprio Paese. Purtroppo come racconta nelle sue interviste, i ragazzi sono piuttosto restii ai sacrifici, tanto che, pur desiderosi di incontrarlo al Corriere della Sera, non rinunciano ad una lezione di tennis se gli appuntamenti coincidono. Questo libro è stato molto interessante, le questioni analizzate devono essere dei punti di riferimento per un giovane; inoltre vi sono dei suggerimenti sull’uso delle nuove innovazioni informatiche, le quali possono aiutare gli individui, se utilizzate con criterio. In conclusione, è stato un testo molto istruttivo e sicuramente adatto per ragazzi della nostra età: è ben articolato ed analizza i temi in modo schietto ed immediato. Lo consiglio soprattutto ai giovani indecisi per il loro percorso lavorativo oppure a chi ha perso gli stimoli per lo studio! Figino Marco 3^ CL Studenti.Vit Pagina 10 Softair A quanti di voi piacerebbe giocare a cod nella vita reale, ma senza correre il rischio di farsi del male? E’ l’obiettivo dei softgunner, i giocatori di Softair, ovvero del “Tiro tattico sportivo”, disciplina di squadra basata sulla simulazione di tattiche militari che sta conquistando sempre più persone. Indossano mimetica e stivali anfibi, applicano sul viso “pitturazioni” da combattimento oltre ad un paio di occhiali di protezione e si affrontano con pistole e fucili automatici. Non sono gli incursori di qualche forza speciale, perché loro si sparano addosso pallini di plastica di 6 millimetri di diametro, totalmente innocui e inoffensivi, affron- tandosi e basandosi sulle regole di un gioco non violento e corretto. Il softair è stato oggetto di critiche circa il fatto che dopo una “battaglia”, vengono sparsi nel campo di gara mediamente 2500 pallini a giocatore. Questi pallini non possono essere recuperati e quindi rimangono nell’ambiente. Molti giocatori, però, affermano che i pallini sono di plastica e quindi un materiale inerte. Sono in vendita anche pallini biodegradabili, ma questi vengono considerati poco efficaci per gittata e precisione. Come si gioca al Softair? Occorrono innanzitutto tanti amici, l’attrezzatura adatta ed un luogo dove poterlo praticare. Gli amici basta cercarli, oppure mettersi in contatto con i vari gruppi/ associazioni che praticano questa disciplina. I campi da gioco possono essere di qualsiasi tipo: boschivi, sabbiosi, urbani (ma sempre in aree specifiche), utilizzati in qualsiasi ora e con ogni tempo. È necessario anche segnalare la zona in cui si svolgeranno i giochi con degli opportuni avvisi che spieghino cosa sta avvenendo, in modo da non allarmare inutilmente eventuali passanti. Ogni anno si svolgono numerosi tornei e campionati in tutta Italia, e alcuni e- Studenti.Vit Anno XVII - Numero 2 venti internazionali. Alcuni di questi tornei possono arrivare alle 48 ore consecutive di gioco. Questi possono prevedere operazioni atte all'acquisizione di obiettivi (tramite ricognizione o azione di combattimento diretto), alla difesa del territorio nei confronti della/delle fazioni opposte, ad operazioni che simulano o riproducono scenari storici o recentissimi. Al confine tra il gioco di ruolo dal vivo e lo sport, questo wargame si pratica in team con un'attrezzatura minima di una replica, cioè una riproduzione di un'arma vera, alimentata elettricamente o a gas e che spara pallini di plastica. Le armi ad aria compressa, infatti, sono state man mano rimpiazzate soprattutto da quelle elettriche, meno potenti e quindi più rispondenti alle esigenze del wargame che prevede per le ASG una potenza di tiro inferiore ad 1 joule (100 metri al secondo). Molto importante nel Softair Pagina 11 è l’auto dichiarazione nel momento in cui si viene colpiti. Infatti, è necessario tenere un comportamento sportivo ed onesto nel momento in cui si viene presi, al fine di rendere il gioco divertente ed esente da contestazioni, le quali potrebbero scaturire se un giocatore colpito continuasse l’azione non dichiarandosi. Coloro che si a u t o dichiaran o “morti” de vono, necessariamente, interromp e r e l’azione, gridare “morto!” e allontanarsi dal campo di gara senza parlare ai propri compagni per non dare informaz i o n i sulla posizione del nemico. Chi non rispetta questa legge fondamentale viene “bandito” dal gioco e, in alcuni casi, dai gruppi e associazioni. Questo pseudo-sport è nato in Giappone ed ha preso piede per la prima volta in Italia negli anni 90 riscuotendo un grande successo. E’ un hobby inconsueto, in cui contano molto onestà e spirito di squadra, anche goliardico, più che fisicità e agonismo. Una partita potrebbe essere comparata ad una battaglia a palle di neve, con più tecnologia, trekking, orientering e sopravvivenza. All’insegna di sport, allegria, amicizia e aggregazione, dove è possibile scaricare lo stress accumulato in settimana. Amore e rispetto per la natura spingono gli appassionati in qualsiasi condizione fisica o meteorologica, ad alzarsi presto di domenica per giocare e concludere la giornata con una festa. Ma chi sono i novelli Rambo «che giocano alla guerra, ma la ripudiano nella realtà»? Gli appassionati di wargame sono persone di tutte le età e condizione sociale: studenti, universitari avvocati, operai ed anche manager 50enni, commercianti e numerosi agenti delle forze dell'ordine, persino dentisti. Il softair vede crescere sempre di più il numero degli appassionati e delle associazioni che si sfidano tra loro, ospitando gli avversari in “casa” propria e rappresenta un modo per trascorrere le giornate all’aria aperta in compagnia di amici. In conclusione, la cosa più bella della guerra simulata è che comunque quando hai sparato ad un avversario, lo vedrai un secondo dopo rialzarsi in piedi e sorriderti accettando la sconfitta, perché comunque sia “NON E' GUERRA MA SOLO UN GIOCO” P.S. Da appassionato giocatore, posso affermare che questo pseudo-sport è molto coinvolgente e appassionante, ed è in grado di attirare i più scettici dopo un solo game. E rivolgendomi a tutti coloro che vorrebbero avventurarsi in questo mondo, vorrei assicurare che non è necessario acquistare tutta l’attrezzatura, in quanto la maggior parte dei campi autorizzati fornisce un servizio di noleggio di tutto l’occorrente. Alessandro Pedretti 3^ AE Studenti.Vit Pagina 12 I NUOVI OS MOBILE Ubuntu e Firefox Presto Android, Windows phone e iOS, i tre sistemi operativi per smartphone, avranno altri due rivali, Ubuntu Phone OS e Firefox OS. Partiamo a presentare quest'ultimo.Keon e Peak saranno i primi dispositivi ad adottare Firefox Phone OS, la nuova piattaforma operativa mobile di Mozzilla. L'uscita prevista per gli inizi del 2013 prevede un sistema operativo open source che apre le porte alla produzione di telefoni di fascia economica e capace di superare le limitazioni dello sviluppo web, anche con l'introduzione di HTML5.Il software presenta tutte le funzioni offerte dai sistemi operativi non basati su codice web. La schermata principale sembra ispirata a quella di Windows Phone e Ios, infatti è possibile spostarsi nelle diverse pagine per scorrere l'elenco delle applicazioni, inclusa la possibilità di cercare i contenuti spostandosi nella pagina di sinistra, dove si visualizzano anche le diverse categorie delle app. Per quanto riguarda Ubuntu Phone OS, Canonical ha annunciato il sistema operativo lo scorso 2 Gennaio dichiarando che i primi device arriveranno sul mercato verso la fine del 2013 e l'inizio del 2014. Inizialmente il sistema operativo Ubuntu sarà sprovvisto di market ma saranno presenti le applicazioni fondamentali, attualmente in fase di sviluppo. Tra le più importanti vi sono ovviamente le applicazioni “social” (Facebook, Twitter, You Tube e Google+) ma anche otto le applicazioni standard come calcolatrice, client email, agenda, sveglia ecc. Il sistema operativo sarà compatibile sia con architetture ARM che x86, alla stregua della controparte desktop e potrebbe essere installato su tutti i dispositivi che monta- no attualmente Android. Alcune Review non ufficiali sono infatti già presenti sul web. Le caratteristiche minime richieste sono un Cortex-A9 da 1 Ghz ed almeno 512 MB di RAM. Per l'installazione manuale Canonical suggerisce però almeno un quad-core A9 o un Intel Atom. Ubuntu Phone OS è realizzato attorno al kernel e ai driver Android, ma non usa una Java Virtual Machine (JVM), e questo assicura velocità, reattività e capacità di sfruttare al meglio tutte le risorse hardware. L'interfaccia grafica è molto caratteristica, controllo semplice grazie al sistema swype da tutti e quattro i bordi dello schermo per trovare contenuti o passare tra le applicazioni più. Non ci resta che attendere l'uscita dei nuovi OS mobile del tutto open source per vedere se riusciranno a mettere in crisi i colossi Apple, Windows e Android Matteo Negri 3^ Ai Ilenia Romeo 5^ Bi Studenti.Vit Anno XVII - Numero 2 Come ogni numero del nostro giornalino d’istituto propongo nella mia rubrica la recensione di un gioco che mi ha colpito particolarmente nell’ultimo mese. In questo numero tocca a League of Legends, un MOBA (Multiplayer Online Battle Arena), un genere sempre più accettato e ricercato dai videogiocatori, nato in origine come mod per Warcraft 3, chiamata Defense of the Ancients (DOTA), dove lo scopo era appunto quella di difendere la base dai nemici e distruggere la loro. Da qui i giochi MMO interamente dedicati a questo genere di mappe e modalità di gioco. League of Legends risale all’ottobre del 2009 e pertanto non può presentare un comparto tecnico di prim’ordine. Resta comunque una delle scelte preferite dagli amanti del settore, con decine di Campioni che sono stati aggiunti nel tempo a quelli iniziali e un gameplay quasi impeccabile. Pagina 13 Per chi non avesse mai giocato ad un MOBA, spiego brevemente di che si tratta: La partita è divisa in due squadre da tre o da cinque. Ognuna di queste parte dalla propria base ed ha tre possibili strade per raggiungere quella avversaria. Inoltre, ogni tot di tempo, partono dalla base tre gruppi di minions (piccoli combattenti guidati dall’intelligenza artificiale) che seguono ognuno una delle tre vie. All’interno della mappa ci sono delle torrette posizionate sempre negli stessi punti, volte a rallentare l’avanzata nemica uccidendo chi si avvicina. Lo scopo principale sarà quindi quello di uccidere i minions man mano che si presenteranno, distruggere le torri di guardia e raggiungere il cuore della base nemica per distruggerlo e vincere. Uccidendo i giocatori avversari, le torri e i minions, guadagneremo soldi e punti esperienza utili a farci salire di livello. In questo modo sbloccheremo nuove abilità o ne potenzieremo di già attive, mentre con il denaro potremo acquistare nello store di gioco utili equipaggiamenti, suddivisi per genere. Gli oggetti sono acquistabili solo dalla base e possono esser sfruttati per potenziare l’attacco, la difesa, la rigenerazione dei punti vita e del mana, aumentare il livello massimo di HP e MP e così via. Questa in sintesi è la dinamica di gioco, con gli eroi potenzialmente liberi di muoversi dove vogliono, sfruttando la strategia più consona alla situazione e senza però dimenticarsi che il gioco di squadra la fa da padrone. Questo genere di gioco non è infatti adatto a chi ama far l’eroe e lanciarsi nella mischia, dato che anche riuscendo a raggiungere alti livelli, le possibilità di sopravvivere da soli rasentano lo zero. Una buona strategia e comunicazione tra compagni rappresenteranno la chiave vincente di ogni partita tra giocatori esperti. Gameplay intuitivo e tipico di un RTS. Saremo al comando del no(Continua a pagina 14) Studenti.Vit Pagina 14 stro eroe e potremo scegliere sulla base del tipo di squadra composta, a quale posizione dedicarci. Avremo bisogno solo del mouse, per poterci spostare e cliccare sul nemico da attaccare o la skill da utilizzare. Un gioco strategico e di squadra, due elementi che non possono esser trascurati se si intende diventare giocatori professionisti e soprattutto vincenti. A tal proposito, l’avanzato sistema di ma- le varie postazioni all’interno della mappa vengono solitamente chiamate BOT, MID e TOP, le quali indicano rispettivamente la parte più bassa, la parte centrale e la parte più alta della mappa. Quando nella chat avremo bisogno di assegnare il ruolo e la postazione di ogni giocatore, vedremo di frequente utilizzare questi termini per velocizzare le discussioni. All’interno della mappa sono presenti dei mostri guidati dall’intelligenza artificiale, i tchmaking si occupa di abbinare giocatori di livello e capacità simili, per evitare il crearsi di squadre squilibrate e quindi dar vita a partite piuttosto noiose e poco stimolanti. Un’innovazione quanto mai importante per evitare di demoralizzare i novizi e portarli all’abbandono del gioco. quali se ne stanno buoni e tranquilli senza disturbare l’andamento di gioco. Potremo sfruttare la loro posizione isolata per attaccarli e guadagnare esperienza e punti extra, salendo di livello e tornando quindi sul campo di battaglia più forti e potenziati di prima. Alcuni usano questa tecnica, ma ciò dipende molto dall’eroe scelto e dal tipo di squadra con cui si avrà la fortuna di giocare. Conclusioni League of Legends è un ottimo Multiplayer Online Battle Arena, ricco di personaggi, skill e costumi. Vanta inoltre di una community che conta circa 15 milioni di giocatori, il che basta a confermare quanto di buono già lascino presagire le prime impressioni. Pontoglio Andrea 5^ Bi Studenti.Vit Anno XVII - Numero 2 Sicuramente molti di voi già li conoscono, altri ne avranno sentito parlare, ma ad alcuni probabilmente il nome suonerà nuovo. Si fanno chiamare Anonymous e, come il nome suggerisce, nessuno conosce la loro identità, anche perchè sarebbe difficile identificarli tutti, visto che sono sparsi per tutto il mondo. Sono un organizzazione di hacker (termine che indica persone con grandi abilità informatiche messe al servizio della comunità per evidenziare problemi o, come nel loro caso, per scopi sociali), che hanno come scopo principale la difesa delle libertà di parola e di pensiero o dei diritti umani (sono famosi, ad esempio, per il loro accanimento nei confronti delle carceri in cui certi diritti non vengono garantiti ai detenuti o nei confronti dei governi di molte nazioni che secondo loro abusano della censura). Tuttavia loro si autodefiniscono hacktivisti e non hanno capi o superiori, come suggerisce il loro simbolo, il busto senza capo Pagina 15 (prima foto), che sta a significare proprio questa mancanza di un ordine gerarchico all'interno del gruppo. Il loro modo di pensare, che sono soliti diffondere attraverso video postati su siti come YouTube o sulle loro pagine Twitter e Facebook, ricorda molto quello di V, protagonista del film V per vendetta, dal quale prendono il loro secondo simbolo, la maschera di Guy Fawkes (seconda foto). Il loro motto è “Noi siamo Anonymous. Noi siamo una legione. Noi non perdoniamo. Noi non dimentichiamo. Aspettateci!”. Forse come messaggio suonerà un po' inquietante, ma proviamo a conoscerli meglio: sono celebri per alcune operazioni che senza dubbio, per quanto possano essere considerate illegali, hanno aiutato molte persone. Una delle prime, ad esempio, riguarda il social network Habbo. Viene definita come “Great Habbo Raid”; è stata scatenata da manifestazioni di razzismo avvenute sull'hotel virtuale e ha portato all'espulsione da Habbo di decine di utenti che avevano a che fare con queste manifestazion i . Sicuramente, penserete, non è normale che un gruppo così ben organizzato di hacker si incentri su pesci piccoli come “l'espulsione di qualche utente da un social network”, ma non è questo il punto. Gli Anonymous infatti hanno più di una volta ribadito che il loro vero fine è l'affronto delle ingiustizie e lo hanno dimostrato con le successive e più recenti operazioni, quali l'arresto del pedofilo Chris Forcand attraverso uno stratagemma usato per ingannarlo, oppure i molteplici attacchi contro siti web di governi e politici (in gran parte anche italiani) a causa delle troppe censure su informazioni che, secondo l'organizzazione, dovrebbero essere di dominio pubblico o di comportamenti ritenuti scorretti. Le più recenti operazioni del gruppo invece riguardano attacchi a numerosi siti (tra cui quello Anno XVII - Numero 2 Periodico dell’I.T.I.S. - L.S.T. “E. Alessandrini” - Vittuone Anno XVII, n.° 2 Via Zara 23/c 20010 — Vittuone (MI) Tel. 02.90111011 Editore Dott. Carlo Vincenzo Manzo Referente area di progetto Prof. Eros Griggio Direttore responsabile Mirko Bertani Impaginazione e grafica Riccardo Clerici Prof. Alberto Cardillo Redazione Francesca Tunesi Davide Bisi Andrea Pontoglio Matteo Picozzi Mirko Bertani Matteo Negri Matteo Ceriani Vladimir Salerio Martina Ghidoli Riccardo Clerici Marco Ferrè Guglielmo Galimberti Marco Figino Collaboratori Dario Bonito Andrea Balbo Ilenia Romeo Stampa Elena, Lucia e Maria dello stesso FBI e di moltissime case discografiche) a causa della chiusura per violazione del copyright, ritenuta ingiusta, del sito Megaupload (questa operazione viene definita “Operazione Blackout”), o l'attacco al sito del Vaticano: i motivi che avrebbero spinto Anonymous in quest'ultimo caso sono le troppe interferenze della Chiesa con lo sviluppo in campo medico e scientifico, che provocherebbero un'arretratezza inammissibile nel 2012. Ma il motivo che più mi ha spinto a scrivere questo articolo riguarda il caso di Amanda Todd, una ragazza morta suicida nello scorso settembre a causa di uno stalker che ha pubblicato in rete alcune sue foto osè. Anonymous infatti, in seguito alla notizia della morte della ragazzina, si è subito mobilitato per trovare il colpevole di questa atrocità, consegnando i nomi di due possibili indiziati di cui purtroppo non è ancora stata confermata la colp e v o l e z z a . A mio parere il fatto che un'intera e importante organizzazione come Anonymous concentri le sue forze per aiutare anche solo una singola persona dimostra che forse le loro non sono manie di grandezza, o una manifestazione di superiorità alla legge come molti dicono, ma sono prova che forse il loro ideale è sincero. In una delle scorse edizioni, il pro- Pagina 16 gramma “Le Iene” ha intervistato un uomo che si definiva membro dell'organizzazione e che, oltre a sostenere la causa del gruppo, ha ammesso di avere, qualche volta, usato le sue abilità per s c o p i p e r s o n a l i . Leggendo questo qualcuno penserà che con elementi del genere la buona causa di Anonymous possa essere messa in dubbio, ma sono del parere che il pensiero di una comunità non possa crollare per colpa del singolo, in quanto l'uomo può peccare, l'i deale no. Molte persone tuttavia sono contrarie all'“opera” di Anonymous e più volte qualcuno ha cercato di infangare il loro nome con attacchi che inizialmente sono stati attribuiti al gruppo, ma che quest'ultimo ha smentito in quanto “andava contro i loro principi”. Ora la domanda che voglio far sorgere nei lettori è questa: la causa che Anonymous supporta va condivisa? Certo, non tutte le loro azioni forse si possono definire corrette, ma di sicuro hanno anche aiutato moltissime persone, nonostante abbiano infranto moltissime leggi di tutto il mondo. Ma quando si tratta di consegnare alla legge persone che hanno provocato omicidi o che non rispettano i principali diritti dell'uomo il fine non giustifica i mezzi? Mirko Bertani 5^ Bi