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BASTA GUARDARE IL CIELO - Portale per l`educazione

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BASTA GUARDARE IL CIELO - Portale per l`educazione
BASTA GUARDARE IL CIELO
a cura di Patrizia Canova
Prodotto da: Jane Startz, Simon Fileds
Produttori esecutivi: Bob Weinstein, Julie Goldstein
Regia: Peter Chelsom
Soggetto: tratto dal romanzo "Freak the Mighty" di Rodman Philbrick
Sceneggiatura: Charles Leavitt
Fotografia: John De Borman, B.S.C.
Montaggio: Martin Walsh
Costumi: Marie Sylvie Deveau
Scenografie: Caroline Hanania
Musiche: Trevor Jones
Interpreti: Kieran Culkin (Kevin Dillon), Elden Henson (Maxwell Kane), Sharon
Stone (Gwen Dillon), Harry Dean Stanton (Grim), Gena Rowlands (Gram), Joe
Perrino (Blade), Gillian Anderson (Loretta Lee), Meatloaf (Iggy),Jennifer Lewis
(Sig.ra Addison), James Gandolfini (Kenny Kane)
Durata: 106’
Origine: Usa 1998
Distribuzione italiana: Cecchi Gori Distribuzione
Distribuzione Lombardia: Zenith
TRAMA
Tratto dal romanzo di successo di Rodman Philbrick, Basta guardare il cielo è la
storia divertente e avventurosa di due ragazzi che, ispirati dalle avvincenti
vicende di Re Artù e dei suoi Cavalieri della Tavola Rotonda, danno inizio a un
viaggio alla ricerca della grandezza del bene, per scoprire alla fine il più grande
tesoro che ci sia: l’amicizia.
Tutto ha inizio quando il giovane Kevin Dillon (Kieran Culkin) e sua madre
(Sharon Stone) si trasferiscono nella casa accanto a quella di Maxwell Kane
(Elden Henson) e dei suoi nonni (Gena Rowlands, Harry Dean Stanton).
Kevin è piccolo, magro, affetto da una patologia degenerativa che lo costringe a
portare i tutori alle gambe. In compenso ha un cervello straordinario e trascorre
tutto il suo tempo a leggere libri complessi o a inventare originali congegni
meccanici. Kevin, senza padre, ha una madre che lo ama moltissimo, ma molto
apprensiva e che, per paura che le sue condizioni fisiche possano peggiorare, a
volte gli impedisce di condurre una vita ‘normale’ come i suoi compagni.
Il tredicenne Max invece è un ragazzo grande e grosso, che porta il 48 di scarpe,
ma che pare avere un cervello ‘piccolo, piccolo’. A scuola è lento, fatica ad
apprendere qualsiasi nozione e viene considerato perciò un ‘ritardato’. Ha poco
coraggio e non riesce mai a reagire quando i compagni lo prendono in giro.
Quotidianamente è vittima di soprusi e scherzi di cattivo gusto. Quando qualcuno
combina qualche guaio, lui è il capro espiatorio preferito. Anche Max ha una
condizione familiare difficile: la madre è morta e il padre è rinchiuso in carcere
con l’accusa di aver ucciso la donna ed è considerato da tutti, compreso i nonni e
Max, un uomo pericoloso e violento.
Per tutta la loro vita Kevin e Max sono stati degli esclusi. Per la gente del posto
sono "Frankenstein e Igor" e ogni occasione è buona per deriderli, prendersi gioco
di loro o, peggio ancora, per metterli in seria difficoltà. I compagni di scuola, uniti
nella classica banda dei ‘bulli’, cercano sempre di far cadere Kevin, ne
sottolineano le menomazioni fisiche, lo chiamano "storpio" e lo escludono da ogni
gioco. Insultano Max con frasi offensive: "Maialino, maialino, tu sei figlio
dell’assassino" oppure "Scimmione con le cuffie" e sembrano godere della sua
sottomissione passiva. Anche gli adulti che gravitano attorno al loro mondo, fatta
eccezione per la mamma di Kevin e per i nonni di Max, sembrano disinteressarsi
ai due ragazzi o, comunque, non ripongono in essi nessuna stima né fiducia.
Ma quando Max e Kevin si conoscono, le loro esistenze però cambiano
radicalmente.
Dopo un iniziale momento di diffidenza, l’esile ‘Einstein’ colpisce l’attenzione e la
curiosità di Max, conquista la sua fiducia e i due iniziano a frequentarsi. Kevin
aiuta molto Max nello studio e cerca di appassionarlo alla lettura, facendolo
viaggiare con l’immaginazione nel mondo fantastico di Re Artù. E Max aiuta molto
Kevin nella deambulazione: se lo carica sulle spalle e lo porta in giro per la città,
esaudendo tutti i suoi desideri di scoperta e conoscenza.
"Tu hai bisogno di un cervello e io di un paio di gambe, insieme formiamo una
persona perfetta" ripete più volte Kevin e con questa consapevolezza sempre
presente, i due si avventurano alla scoperta del mondo.
Ogni volta che i due si uniscono, con il piccolo Kevin arrampicato sulle spalle del
gigante Max, formano un unico coraggioso guerriero: una forza imponente con
una volontà di ferro, un’immaginazione galoppante e la più potente aria di nobiltà
dal tempo del regno di Re Artù. Insieme questa combinazione senza paura si
tufferà in mille avventure: riparare ai torti subiti, uccidere i draghi e salvare le
damigelle in pericolo in un regno crudele e pieno di forze oscure come la loro
città…
Un’avventura un po’ più rischiosa delle altre provocherà però a Kevin dei seri
problemi fisici che lo porteranno a lasciare il mondo terreno, ma non quello di
Max che continuerà a vivere nel suo ricordo, rafforzato dagli insegnamenti
ricevuti e capace di ritrovare immaginazione, coraggio di vivere e profonda
consonanza amicale anche semplicemente alzando gli occhi al cielo...
IO NON HO PAURA
di Gabriele Salvatores
Io non ho paura
Titolo
originale:
Io non ho paura
Paese:
Italia
Anno:
2003
Durata:
108'
Colore:
colore
Audio:
sonoro
Genere:
drammatico / thriller
Regia:
Gabriele Salvatores
Soggetto:
Niccolò Ammaniti (romanzo
omonimo)
Sceneggiatura: Niccolò Ammaniti, Francesca
Marciano
Interpreti e personaggi
Giuseppe Cristiano: Michele
Mattia Di Pierro: Filippo
Adriana Conserva: Barbara
Fabio Tetta: Antonio Natale 'Teschio'
Giulia Matturo: Maria
Stefano Biase: Salvatore
Fabio Antonacci: Remo
Aitana Sánchez-Gijón: Anna
Dino Abbrescia: Pino
Giorgio Careccia: Felice
Antonella Stefanucci: Assunta
Riccardo Zinna: Pietro
Michele Vasca: Candela
Diego Abatantuono: Sergio
Fotografia:
Italo Petriccione
Montaggio:
Massimo Fiocchi
Musiche:
Ezio Bosso, Ennio Morricone, Pepo
Scherman
Già dal titolo si capisce che si tratta di
un racconto in prima persona. Questa
persona è un bambino, sono i suoi
occhi che ci raccontano il mondo e la
storia di cui è protagonista. Bisogna,
quindi, posizionare i nostri occhi (la
macchina da presa) all'altezza dei
suoi. Al cinema un'inquadratura
dall'alto genera uno sguardo oggettivo,
distante; ci si sente meno coinvolti,
siamo
più
osservatori
che
protagonisti. Un'inquadratura
dal
basso, invece, anche se non è il nostro
abituale punto di osservazione della
realtà, ci fa sentire coinvolti in quello
che sta succedendo. Sembra che
questo fatto sia dovuto alla nostra
memoria
visiva:
non
abbiamo
esperienza di visioni dall'alto ma
conosciamo bene il mondo visto dal
basso, perché era così che lo
osservavamo
quando
eravamo
bambini.
1978. Un posto nel sud, tra la
Basilicata e la Puglia. Un posto caldo.
Un'estate in cui l'afa è insopportabile.
Un deserto di grano. Il niente: niente
da fare, niente da vedere. Una landa
desolata dove può capitare di
confondere la fantasia, che sconfigge
la noia, con la realtà. E' un luogo più mentale che fisico, da cercare nella nostra
memoria.
Un bambino e la sua sorellina più piccola
corrono
a
perdifiato,
hanno
un
appuntamento e sono in ritardo: devono
raggiungere gli altri alla casa abbandonata!
Il protagonista è Michele (Giuseppe
Cristiano) ha 9 anni e uno sguardo sincero
e curioso. Immerso nei suoi giochi scopre
un buco nel terreno coperto da una
lamiera, la solleva e nel buio scorge
qualcuno. La paura è tanta e lo fa
scappare. Ma si sa, i bambini vivono di scoperte e di sogni, così decide di tornare
e di capire. Nel buco c'è Filippo (Mattia Di Pierro) un altro bambino, biondo,
timido e terrorizzato. E' tenuto in ostaggio. Michele non sa da chi e non capisce il
perché. Ancora una volta la fantasia cerca di rassicurarlo ma la realtà è ben più
cruda...
Non puoi ingannare i bambini, questo i genitori non lo capiscono. I due universi
vedono le cose in maniera diversa e non si comprendono. E' proprio per questo
che nascerà la solidarietà tra i piccoli protagonisti: Michele aiuterà Filippo, gli
porterà da mangiare e da bere, gli farà capire che non è morto, lo farà ridere. È la
gioia di scoprire di essere uguali a qualcun altro, di non essere soli e di avere
sempre un angelo custode accanto che ci protegge.
È il trionfo della pietas, di un sostegno
puro e genuino tanto difficile da trovare al
giorno d'oggi.
Salvatores rasenta la perfezione quasi in
ogni aspetto: la fotografia di Italo
Petriccione è sorprendente, i colori sono
perfetti, soprattutto quando si sottolinea la
grande differenza tra il mondo esterno
simbolo della vita e della libertà, e il buco
simbolo della paura, il non luogo dove si
può arrivare a pensare di essere morti. Il quartetto d'archi diretto da Ezio Bosso
gioca un ruolo fondamentale: fa scorrere le immagini in maniera calzante, senza
mai invadere la scena, come farebbe il vento in un campo di grano. Il montaggio,
come al solito molto curato, è pulito e non sperimentale. I costumi sono realistici
e precisi. Poi c'è il testo. Il libro di Ammaniti era già splendido, ma Salvatores ha
avuto la grandezza di lasciare la sceneggiatura in mano allo scrittore che, con
l'apporto di Francesca Marciano, è riuscito a riportare una trascrizione fedele ed
adeguata del romanzo. I bambini così bravi e veri e un Abatantuono così
ingrassato e incattivito danno un'ulteriore spinta verso lo splendore.
STAND BY ME - RICORDO DI UN'ESTATE
Stand by me - ricordo di un'estate
Titolo
originale:
Stand by Me
Paese:
Stati Uniti
Anno:
1986
Durata:
89'
Colore:
colore
Audio:
sonoro
Genere:
avventura
Regia:
Rob Reiner
Soggetto:
Stephen King, Il corpo (racconto)
Sceneggiatura: Bruce A. Evans, Raynold Gideon
Interpreti e personaggi
Wil Wheaton:Gordie Lachance
River Phoenix: Chris Chambers
Corey Feldman: Teddy Duchamp
Jerry O'Connell: Vern Tessio
Kiefer Sutherland: "Asso" Merrill
Bradley Gregg: "Caramello" Chambers
Marshall Bell: padre di Gordie
Frances Lee McCain: madre di Gordie
Richard Dreyfuss: narratore
John Cusack: Denny Lachance
Fotografia:
Thomas Del Ruth
Montaggio:
Robert Leighton
Stand by Me - Ricordo di un'estate è un film statunitense del 1986 diretto dal
regista Rob Reiner. Tratto dal racconto Il corpo di Stephen King (nella raccolta
Stagioni diverse, edita in Italia dalla Sperling & Kupfer), si ispira, nel titolo, alla
celebre canzone di Ben E. King, che accompagna i titoli di coda. La traduzione del
titolo originale potrebbe essere "Stai accanto a me" o "Stai dalla mia parte". Vi
hanno partecipato Wil Wheaton, River Phoenix, Kiefer Sutherland, Jerry
O'Connell, Corey Feldman e, unico attore allora noto,
Trama
Stand By Me racconta la storia, dal punto di vista dell'ormai adulto Gordie
Lachance (Richard Dreyfuss), l'avventura che condivise, a 12 anni, (Wil Wheaton).
Nell'agosto 1959, nella cittadina immaginaria di Castle Rock (ambientazione
ricorrente in Stephen King) nel Maine, quattro dodicenni si mettono in viaggio alla
ricerca del corpo di Ray Brower, un coetaneo scomparso da casa e ucciso da un
treno, spinti dal desiderio di avere una foto sul giornale e della pubblicità in
televisione.
Gordie Lachance è un ragazzo con la passione per la scrittura, segnato però dalla
tragica morte del fratello Denny (John Cusack), un evento che ne ha determinato
l'isolamento dai genitori. Al suo fianco si trova l'amico Chris Chambers (River
Phoenix), intelligente ma afflitto da una fama da poco di buono del tutto falsa, che
è in parte il padre spirituale di Gordie. Gli altri due ragazzi, Teddy (Corey
Feldman) e Vern (Jerry O'Connell) sono altrettanto problematici: il primo, in
particolare, è figlio di un reduce dello sbarco in Normandia con gravi problemi
psichici, che gli ha ustionato un orecchio premendolo contro una stufa; il
secondo è sovrappeso, pavido e facile al pianto. Nonostante le difficoltà della
peripezia, non esclusa la concorrenza dei bulletti più grandi della banda di Asso
(Kiefer Sutherland), i ragazzi riusciranno nel loro intento. L'esperienza segnerà il
loro passaggio dall'adolescenza all'età adulta.
Curiosità
All'inizio il titolo del film non doveva essere Stand By Me, ma The Body, il
corpo, cosicchè fosse omonimo del racconto di King da cui trae la trama. Però,
dato che i produttori avevano già deciso di inserire nella pellicola la famosa
canzone di Ben E. King, il nome fu modificato.
Per scegliere Richard Dreyfuss nella parte di Gordie adulto e quindi del
narratore, hanno dovuto fare moltissime prove.
Le sigarette che i ragazzi fumano sono in realtà foglie di lattuga.
Nel libro, è Chris Chambers a prendere la pistola e a puntarla contro Asso;
nel film è Gordie, che ha compiuto il suo rito di passaggio.
Rob Reiner si sentiva molto simile al personaggio di Gordie da piccolo
(insicuro, che ha un rapporto conflittuale col padre e cerca approvazione negli
amici) tanto da renderlo il protagonista della vicenda. Secondo l'autore invece,
l'eroe tragico è Chris, e per lui Gordie è solo il narratore. Ma, dice, "non è stato
un problema, perché film e libri sono come mele e arance, sono entrambi
buonissimi ma hanno sapori completamente diversi. Se funziona, sono felice. È
fantastico."
Rob Reiner si arrabbiò moltissimo quando Wil Wheaton e Jerry O'Connell
dovevano fare la scena del treno sui binari, e non riuscivano a sembrare
spaventati.
Nelle interviste molti hanno chiesto perché Asso non ha restituito il
cappello di Denny a Gordie alla fine. Reiner ha detto "l'ha buttato
nell'immondizia. Per lui non era importante. Perciò non l'ha ridato a Gordie."
Nel racconto The Body e nel film in lingua originale Vern viene chiamato
spesso "Vern-0" dagli altri e soprattutto da Teddy, cioè Vern-zero, mentre la
traduzione italiana non ha rispettato questo gioco di parole.
Nell'ultima parte del film, quando Chris Chambers (interpretato da River
Phoenix) scompare, Reiner ha dichiarato che è dura rivedere quella scena per
lui perché non aveva idea di ciò che sarebbe accaduto a River anni dopo.
In un episodio de I Simpson, Homer ricorda una parte della sua infanzia
insieme a Lenny, Carl e Boe. Probabilmente è un riferimento a Stand by Me.
A CONCLUSIONE DEL PROGETTO INTERDISCIPLINARE, MERCOLEDÍ 12
MARZO 2008 ALLE ORA 9:30, TUTTI I RAGAZZI DELLE CLASSI SECONDE SI
SONO RECATI AL TEATRO CONCORDIA DI BORGO MAGGIORE PER
ASSISTERE ALLO SPETTACOLO TEATRALE: “PER LA STRADA”.
Si allega breve scheda
drammaturgia di Bruno Stori
con
ROSSELLA RAPISARDA
SALVATORE MEREU
DAVIDE VISCONTI
e
GLI ECCENTRICI DADARÒ
Regia di Bruno Stori e Fabrizio Visconti
Costumi Vittoria Papaleo
Scenografie Paride Pantaleone
PRESENTAZIONE
L’esigenza di trovare un senso, il proprio senso di esistere: questo il tema dello
spettacolo. È così che abbiamo immaginato la storia di tre ragazzi in fuga da casa
verso il mare, in attesa di una nave che forse non arriverà: come quell’occasione
di crescere che si sogna e si teme allo stesso tempo. È la storia di una notte di
iniziazione all’età più adulta, in cui sono successe molte cose che non saranno
dimenticate...
Per la strada è uno spettacolo d’arte varia, in cui tre attori, chiusi in un Teatro, ci
raccontano quel desiderio di andare per la strada… e poiché la strada è una fonte
inesauribile di occasioni, lungo il cammino dello spettacolo incontreranno Fellini,
i ricordi della loro “età inquieta” e il sapore di tutte quelle scelte difficili che non
puoi non fare.
TRAMA
Bianca, Carlo e Marzio in una notte piena di stelle corrono in fuga da casa verso il
mare, nell’attesa di una nave che forse non arriverà.
Amici per la pelle, aspettando l’agognata partenza, si raccontano le paure, i
desideri, le speranze che la foga emotiva della loro adolescenza ha sempre
nascosto.
In un’età in cui tutto è estremo, in cui ogni cosa è una tempesta, i tre ragazzi uniti nella voglia di cambiare il mondo, ma diversi per sensibilità - per la strada si
confrontano e si scontrano, confidandosi le motivazioni assolutamente ineguali
del loro disagio, in un continuo gioco di sensazioni e di sentimenti.
Questa notte di iniziazione all’età più adulta - in cui il difficile ritorno a casa è
metafora esplicita di come certe volte sia più difficile ritornare che andarsene - si
conclude con un epilogo ‘da adulti’, poiché i tre amici comprendono che crescere
significa saper anche aspettare di essere cresciuti.
LA CREAZIONE DELLO SPETTACOLO
Alla base dello spettacolo c’è l’incontro creativo tra la compagnia - che nel tempo
ha sviluppato un proprio metodo di lavoro - e un secondo regista esterno, Bruno
Stori, a sua volta portatore di una metodologia personale.
Gli Eccentrici Dadarò da sempre mettono al centro di ogni produzione la tematica
da sviluppare. Questo significa che le improvvisazioni sceniche, la scrittura
drammaturgia, le scelte musicali e scenografiche vengono finalizzate alla
comunicazione di quello che si intende dire e che gli attori ne sono i portavoce.
La forte capacità testuale e drammaturgica di Bruno Stori si è affiancata al
linguaggio specificatamente fisico della compagnia, alla sua metodologia e ha dato
luogo ad una serie di improvvisazioni e poi via via alla storia dello spettacolo.
Fulcro irrinunciabile di questo lavoro fatto insieme il film di Fellini La strada, che
ha ispirato l’anima poetica - anche se non narrativa - della storia che si andava
componendo. Per l’attenzione prestata al mondo dell’adolescenza, alle sue
dinamiche comportamentali e psicologiche, la compagnia ha prestato ascolto alle
esigenze espresse dalle nuove generazioni e si è avvalsa dell’assistenza di alcuni
esperti nel settore della psicologia dell’infanzia.
LE SCENOGRAFIE
La scenografia e i costumi si ispirano a due elementi essenziali: 1) il linguaggio
dichiaratamente artificioso utilizzato da Fellini per i suoi film (basti pensare ai
sacchi di plastica nera per ricostruire il mare in Amarcord). Anche la compagnia
ha usato pochi elementi marcatamente riconoscibili per costruire il mondo
scenografico dello spettacolo: un grande fondale di gomma nera per il cielo
notturno, una gigantesca luna che cambia colore, un masso di gommapiuma per
il molo della spiaggia e un bidone di metallo blu. 2) L’uso del bianco e nero, sia
per i costumi che per la scenografia, sempre come riferimento ad un certo mondo
felliniano, quello del film La strada. Un solo elemento colorato identifica ogni
personaggio secondo le sue caratteristiche prevalenti: il maglioncino colorato della
ragazza segnala ad esempio, simbolicamente parlando, il buon cuore del
personaggio.
GLI ECCENTRICI DADARÒ
Gli Eccentrici Dadarò nascono nel 1997. Da subito concentrano la loro attività
nell’ambito del Teatro Ragazzi, producendo spettacoli caratterizzati dalla fusione
di tecniche teatrali differenti (clownerie, teatro d’attore, musica dal vivo,
Commedia dell’Arte, acrobatica, arti circensi).
Proprio questo elemento di eterogeneità ha permesso la realizzazione di progetti
artistici destinati a tipologie di pubblico differenti e proposti con linguaggi distinti,
a cui si sono aggiunte la progettazione e la conduzione di percorsi educativi rivolti
all’infanzia e a chi opera nel settore. Davide e Rossella si conoscono da 20 anni e
sono alla terza boa della loro vita da amici: la prima fino al ‘90 da studenti e da
insegnanti di ginnastica, la seconda da apprendisti teatranti con spettacoli nelle
scuole.
Dal ‘97 sono padroni della lingua e dei trucchi del mestiere, tra il ‘98 e oggi la loro
metamorfosi ha un lievito speciale: Jurij Alshitz, allievo di Vasiliev. Laboratori a
Mosca, Milano e Bari. Lì hanno definitivamente deciso che il loro teatro deve
parlare di cose grosse, di temi forti. Lì hanno incontrato Fabrizio Visconti, regista.
Il gruppo si dedica al teatro ragazzi e al teatro di strada di giorno e, di sera, al
teatro comico e per adulti.
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