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La condizione della donna dal mondo greco ad oggi

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La condizione della donna dal mondo greco ad oggi
LA DONNA NEL MONDO GRECO
Quello che noi oggi conosciamo sulla donna ai tempi di Omero ci viene filtrato
attraverso l’interpretazione maschile degli uomini dotti dell’epoca e per la maggior
parte delle volte si tratta di donne appartenenti a famiglie ricche. Quindi la loro
immagine potrebbe a volte sembrare un po’ alterata in dipendenza dalla sensibilità
dello scrivente e dalla sua opinione in merito. In generale però possiamo delineare
con precisione il ruolo della donna nella società, le sue attività, le sue caratteristiche,
la considerazione di cui godeva. Innanzi tutto la donna, a differenza dall’uomo, non
godeva di diritti politici e nemmeno di un’istruzione perché ciò poteva ampliare la
sua capacità critica e diventare meno facile da gestire e controllare anche se il
filosofo Platone sosteneva il contrario. Oltre ad essere analfabete, le donne erano
anche costrette a vivere nell’ombra rinchiuse nelle stanze più remote o sul piano
superiore delle abitazioni e forse a questa scarsa esposizione al sole si può ricondurre
la chiarezza del loro volto: Il viso pallido rendeva onore alla donna e ne indicava
l’origine nobile. Le contadine invece, avevano la pelle scura poiché costrette a
lavorare nei campi. Le poche occasioni che consentivano a una donna di abbandonare
la mura domestiche erano le festività pubbliche e le cerimonie religiose o magari
anche qualche particolare avvenimento della famiglia come la nascita di un bambino.
Nell’antica Grecia si distinguevano tre tipi di donne e non tutte potevano sposarsi:
solo quelle vergini e adatte al ruolo di moglie si sposavano e il loro ruolo
fondamentale era quello di procreare e generare figli legittimi; gli uomini però oltre
alla moglie potevano avere anche altre compagne tra le quali la concubina (pollakis)
che doveva avere cura del loro corpo e l’etera per soddisfare i loro piaceri. Il ruolo
della concubina era in un certo senso simile a quella della moglie anche perché a loro
era consentito vivere in casa affianco alla moglie legittima. I figli generati dalle
concubine, chiamati nothoi, non venivano riconosciuti come legittimi; solo i gnesioi,
quelli legittimi, potevano accedere all’eredità. Le concubine erano per lo più donne
straniere spesso sottratte dalla professione di etera. Queste ultime erano povere e non
godevano di alcun diritto perciò erano costrette a vendere il loro corpo per
sopravvivere. Alcune però si sono distinte per le loro doti intellettive come la famosa
Aspasia di Mileto, amata da Pericle. Lei come tutte le etere partecipava ai simposi
maschili, prendeva la parola nei discorsi politici, etc. Si era affermata socialmente a
tal punto che non furono solo gli uomini più ragguardevoli a frequentarla ma anche le
loro mogli e in un certo senso Aspasia ha contribuito a migliorare la loro educazione.
Il momento più importante nella vita della donna era senza dubbio il matrimonio.
Esso veniva spesso celebrato nel mese di gennaio perché era quello dedicato alla dea
Era protettrice del matrimonio e gli uomini erano liberi dagli impegni militari. La
donna veniva vista semplicemente come un dono nuziale e il marito
veniva scelto dal padre della ragazza. Una volta sposata la donna passava
dall’autorità paterna a quella del marito. Le nozze venivano celebrate da un corredo
di riti e duravano più di un giorno. La famiglia della sposa offriva molti doni nuziali e
la sposa portava con sé una griglia o un setaccio simbolo del suo lavoro domestico,
infatti la principale occupazione delle donne era la tessitura. Se erano ricche, le donne
dovevano badare al lavoro delle ancelle, mentre se erano povere dovevano fare le
pulizie di casa. Ci sono pervenuti vari esempi di donne che si dedicano alla tessitura:
Penelope che tesseva la tela per il vecchio Laerte;
Calipso viene vista tessere da Ermes; la maga Circe
tesseva prima dell’arrivo dei compagni di Ulisse. La
giovane Nausicaa invece lava i panni al fiume
accompagnata dalle ancelle. Situazione insolita per
una donna però come vediamo pur sempre possibile.
La donna oltre a dover ubbidire all’uomo e gestire i
lavori domestici doveva essere fedele al marito.
L’esempio più celebre di fedeltà da parte della donna
lo ritroviamo nella figura di Penelope. Ella sembra si
dedicasse ai suoi lavori domestici, non tradisse il
marito ormai lontano da anni rifiutando di andare in sposa a nessuno dei suoi
numerosissimi pretendenti. La sua figura presentata quindi come modello perfetto di
fedeltà in realtà è molto più ambigua di quanto non sembri! In alcuni versi
dell’Odissea viene anche messo in dubbio la paternità del figlio Telemaco. E in altri
versi lei viene colta mentre dà false speranze ai proci! Un’altra figura importante
femminile è Elena, colei che provocò la guerra di Troia tradendo il marito. Per molto
tempo questa considerazione rimane viva fino a che il sofista Gorgia attraverso un
gioco retorico, e già Omero nel libro IV dell’Odissea, non dimostra la sua innocenza:
Elena è scappata dalla casa del marito Menelao per volere di Afrodite e nessuno può
sottrarsi al volere divino, e anche se non fosse stata condizionata dalla dea comunque
sarebbe innocente perché in questo caso sarebbe stata persuasa dalle parole di Paride
dato che il discorso più convincente è sempre vero. Lo stesso Priamo la biasima non
ritenendola colpevole perché appunto avrebbe agito solo secondo il volere divino. Ma
a testimoniarci la sua innocenza è lei stessa quando afferma che per volere di un dio
ha tradito il talamo nuziale. E questa sua affermazione viene appoggiata dal marito
Menelao. Un caso eccezionale quello di Elena. Lei viene di nuovo accettata dal
marito mentre sarebbe dovuta essere ripudiata. Il marito inoltre secondo la legge
poteva uccidere l’amante se colto in flagrante. Questo ci viene descritto meglio nel
mito dell’adulterio di Afrodite con il dio Ares. Suo marito Efesto infatti li coglie in
flagrante e li mette in ridicolo davanti a tutti gli dei. Sono diversi da Penelope altri
personaggi femminili incontrati nell’Odissea: Calipso e Circe. Sono innanzi tutto due
divinità e perciò molto più belle delle donne mortali, però vivono da sole, sono delle
seduttrici; Circe in particolare conosce e pratica tanti riti magici. Queste donne
seduttrici vengono allontanate dagli uomini in quanto pericolose: Calipso ad esempio
trattiene Ulisse per tanti anni grazie alla forza della sua seduzione e per trattenerlo
ancora gli promette il dono dell’immortalità. Perciò è molto facile farsi ingannare da
loro. Altra figura femminile altrettanto importante è senz’altro Nausicaa la
giovanissima figlia del re Ancinoo; ella è una ragazza ben educata, obbediente e
rispettosa nei confronti dei familiari e degli dei, rappresenta l’orgoglio del padre, in
lei infatti si dovevano rispecchiare tutte le ragazze ancora nubili.
LA DONNA NEL MEDIOEVO
La donna nel Medioevo era considerata come dice Le Goff la peggiore incarnazione
del male.
In primo luogo era la Chiesa a diffidare della donna, e avendo quest’ ultima un ruolo
egemone e dominante nella società medievale attraverso gli alti prelati diffondeva
questo messaggio.
Questa visione misogina risale alla Genesi, e più precisamente al racconto della
creazione,
infatti è stata proprio Eva, mangiando il frutto proibito e non rispettando gli ordini
supremi di Dio a scaraventare l’umanità nell’abisso dei mali. Ma nel Medioevo il
peccato originale che di per sé è un peccato di orgoglio
intellettuale, viene trasformato in peccato sessuale, e la
donna e il corpo da Eva alle streghe diventano luoghi
diabolici.
È proprio il corpo della donna e quindi la sessualità a
rappresentare il male maggiore.
Secondo Sant’Agostino l’anima dell’uomo in generale era
costituita fondamentalmente da due parti: la pars animalis
quella in cui l’istinto prevale sulla ragione e la pars
rationalis, quella in cui,invece, la ragione prevale
sull’istinto. Nella donna è la pars carnalis a predominare
sull’altra.Tuttavia questo giudizio non era unanime.
Secondo alcuni il sesso femminile non era solo “sensualità”
e nemmeno era privo di intelligenza, ma di contro la natura femminile era
caratterizzata dall’Infirmitas ovvero la debolezza e se una donna possedeva qualche
virtù ciò era concepito come qualcosa di eccezionale; infatti la virtus era rara nelle
donne.
Ma non era solo l’eccessiva sensualità, la propensione al gaudium, l’arma infallibile
del corpo a rappresentare un pericolo per gli uomini di Chiesa.
Tuttavia come nel mondo greco anche nel Medioevo la donna era sottomessa
all’uomo e ancora una volta la società giustificava questo alla luce del racconto della
creazione.
Secondo quest’ultimo la donna fu creata da Dio non dalla terra, come era accaduto
per Adamo, ma da una costola di questo e pertanto ciò implicava una forte
dipendenza nei suoi confronti.
La donna infatti era considerata un oggetto nelle mani dell’uomo il quale aveva il
compito di guidarla ed esortarla alla rettitudine.
Le donne nel Medioevo erano considerate passive e perciò era compito del marito
educarle e distoglierle dal male, ma non potendo accedere al gineceo dove queste si
intrattenevano e ordivano contro l’uomo preferiva esortarle a confidarsi con uomini
di chiesa.
Questa condizione si ribalta nell’alta società cortese dove le dame,oggetto di
ammirazione da parte dei cavalieri presenti nella
corte, erano a capo di quei rituali di corteggiamento
nei quali proprio come il signore nel mondo feudale
concedeva un privilegium, consistente in uno
sguardo, o più spesso in una promozione sociale in
cambio del serivitium amoris, ovvero degli elogi del
cavaliere.
Questa condizione privilegiata rappresentava la realtà
di una parte minima della società femminile. Per
quanto riguarda il resto delle donne queste erano
costretta a prostrarsi all’imperium del marito e non
avevano nessun importanza.
A questo punto molti eruditi, alti prelati si chiesero perché la donna era stata creata.
Forse per valorizzare il giardino dell’ Eden? Ma chi più di un uomo con la sua
bellezza fisica e soprattutto con la sua virtus avrebbe potuto rispondere a questa
esigenza? Forse per fare compagnia ad Adamo? Anche qui un uomo piuttosto che una
donna sarebbe stato in grado di soddisfare questa necessità.
La risposta è semplice ed è condivisa dalla maggior parte della società: la funzione
ultima della donna è quella di procreare, l’unico fine che giustificasse la sua
esistenza.
LA DONNA OGGI
<<Women Unite for Women's Liberation!>> , (donne unitevi per la liberazione delle
donne!).
È proprio con questo grido che negli anni Sessanta è iniziato quel processo di
emancipazione della donna che è in atto ancora oggi. Infatti soprattutto nel mondo
occidentale la condizione femminile ha compiuto passi da gigante verso una maggior
consapevolezza individuale e sociale dei diritti della donna, sia in ambito familiare
che in un più vasto contesto pubblico, e soprattutto nel mondo del lavoro.
Le donne in questa lotta per la conquista
della parità hanno raggiunto importanti
traguardi come in primo luogo il diritto
di voto, in seguito la possibilità di
divorziare, la legalizzazione dell’aborto
e l’indipendenza economica.
Tuttavia nonostante il raggiungimento
di questi obiettivi e i grandi progressi la
strada da percorrere è ancora lunga.
"Questo è un mondo che ha sempre
appartenuto al maschio", scrisse Simone
de Beauvoir ne Il secondo sesso. Questa definizione è valida nel mondo odierno
anche se ha un significato più attenuato rispetto a quello che avrebbe potuto
significare in passato e riguarda alcune sfaccettature della realtà.
Infatti nei paesi del Terzo Mondo e nei Paesi in cui vige la teocrazia sono stati
compiuti solo alcuni passi di quel cammino verso quella parità di diritti,
quell’uguaglianza tanto sognata e tanto ambita.
Ci sono donne che sono costrette a celare il proprio volto
dietro a un velo per poter meritare una minima dignità, e al
contrario in una realtà opposta a questa ci sono donne che
credono sia necessario nascondere ogni dignità dietro
l’esibizione sfrontata di un corpo troppo poco vestito e c’è
anche chi ha visto sfumare tutti i suoi sogni, le sue
ambizioni, i suoi progetti lavorativi solo perché
“Qualcuno” ritiene che per quello siano più adatti gli uomini, e c’è chi invece nasce
con la convinzione, o meglio dire la sola rassegnazione che il suo futuro si condensi
in due sole parole “ moglie” e “mamma”.
Tuttavia questo non accade solo in realtà a noi estranee, lontane ma spesso basta solo
un po’ di attenzione e sensibilità per capire che questa sotto alcuni aspetti è una
realtà che ci appartiene.
Basta pensare a tutte quelle
donne, la cui dignità viene
calpestata, quelle donne che sono
vittime ogni giorno, come si
potrebbe evincere dando uno sguardo alle prime pagine dei quotidiani, di
maltrattamenti e soprusi, quelle donne che vorrebbero urlare ma sono costrette a
tacere.
Il percorso della donna nelle varie epoche, dalla Penelope cantata da Omero, alle
dame di corte del Medioevo alla donna “quasi emancipata” dei nostri giorni ci
permette di vedere le varie tappe e i vari obiettivi che questa ha potuto in parte
raggiungere ma tuttavia la misoginia che ha caratterizzato questi millenni ha lasciato
inesorabilmente una traccia nella nostra società, una traccia quasi invisibile e pur così
percepita e sentita dalle donne: il pregiudizio.
Bibliografia :
Itaca, Eva Cantarella
I peccati delle donne nel Medioevo, G. Duby
La Repubblica
Classe:
ID
Alunni:
Marika Angelastri
Rosita Mirgaldi
Ana Piro
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