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La Chiesa e lo sport
La Chiesa e lo Sport
di Maurizio Monego
La drammatica vicenda della rinuncia di Benedetto XVI ha dato origine ad analisi e riflessioni sulla eredità
che il Papa tedesco, ora “Papa Emerito”, lascia. È una eredità di fede, di pensiero, di dottrina e di magistero,
fra le più ricche e profonde, che per molti anni alimenterà studi e approfondimenti.
Per quanto riduttivo sia rivolgere l’attenzione agli scritti di
Joseph Ratzinger in tema di sport, è lecito per degli sportivi
gettare uno sguardo e meditare sui messaggi dedicati alla
materia. Anche più interessante è prendere spunto da questa
sommaria indagine per osservare come lo sport sia
progressivamente entrato nei pensieri e nella comunicazione
della Chiesa di Roma e come questi siano mutati nel tempo,
con l’evolversi della società e con il crescere dell’importanza
sociale dello sport.
Joseph Ratzinger con O Rei, Pelé,
Sul piano filosofico, la Chiesa si è sempre ancorata agli
insegnamenti di San Paolo. La trascendenza che trae spunto
dall’attività fisica e dall’agone – che noi oggi sintetizziamo come sport – rimane immutata. Solo la
comunicazione è cambiata seguendo le evoluzioni mediatiche.
nel 2005 -foto sky.it
Paolo di Tarso (5 – 67 d.C.) conosceva bene lo “sport” e lo utilizzò spesso per comunicare attraverso
metafore il cammino della fede 1. Non era il solo. Nella filosofia dell’epoca le metafore sportive erano entrate
nell’arte della retorica. Cicerone, un secolo prima, “lodava il pugile per la virtù della fortezza” 2, Seneca,
contemporaneo di Paolo, e dopo di lui Epitteto, lo stoico greco, paragonavano il filosofo all’atleta, mettendo
in relazione la paidèia3, l’allenamento per la formazione dei fanciulli, ovvero il modello educativo della
Atene classica tanto caro a Platone, con l’askesi4, l’ascetismo.
Anche nella cultura ebraica, un autorevole rappresentante della comunità alessandrina come Filóne di
Alessandria, quasi contemporaneamente a Paolo, sviluppava il suo pensiero come interpretazione allegorica
della Tōrāh attraverso l'utilizzo della cultura ellenistico-alessandrina, in cui lo “sport” aveva un suo posto.
Da quando il Barone de Coubertin ripristinò i Giochi Olimpici, anche i papi dovettero confrontarsi con
questo nuovo fenomeno. Leone XIII (Papa dal 1878 al 1903) fu il primo ad inserire lo sport tra i nuovi
1
Cfr, Edio Costantini e Kevin Lixey, ”San Paolo e lo Sport: un percorso per campioni”. Edizioni La Meridiana, Molfetta (BA), 2009.
Ibidem.
3
Il significato di paidèia (παιδεία) è quello di “allevamento e cura dei fanciulli”. È sinonimo di cultura e di educazione mediante la
cultura. Costituiva il modello educativo in vigore nell’Atene classica e prevedeva che l’istruzione dei giovani si articolasse secondo
due rami paralleli: la paideia fisica, comprendente la cura del corpo e il suo rafforzamento, e la paideia psichica, volta a garantire una
socializzazione armonica dell’individuo nella polis, ossia all’interiorizzazione di quei valori universali che costituivano l’ethos del
popolo. L’elemento fisico dell’educazione dei giovani ateniesi si basava in una prima fase su un rigoroso addestramento ginnico, in
base all’idea che un corpo sano favorisce un pensiero sano e viceversa; successivamente si aggiungeva quello bellico, essendo la
guerra una fra le attività considerate più nobili e virili dell’uomo greco; per arrivare infine al completamento dell’istruzione
rappresentato dalla formazione politica, vero centro della cittadinanza ateniese, e apice verso il quale era indirizzato l’intero processo
educativo.
4
Dal greco ἄσκησις "esercizio", che originariamente si disse dell'allenamento usato dagli atleti per acquistare le doti corporali
necessarie a trionfare nella lotta, e poi, nella filosofia cinica e stoica, dell'educazione delle forze dello spirito per acquistare le virtù
necessarie a dominare le passioni, è venuto l'uso di ascesi (con i derivati asceta, ascetismo) nel senso religioso di pratica o di
astensione da certi atti nella persuasione di acquistare così una capacità superiore di comunicare col divino o di piacere a Dio.
Attraverso il pitagorismo, i misteri, e soprattutto il cristianesimo, il vocabolo è passato al linguaggio religioso moderno.
2
strumenti di comunicazione di massa – scrivono gli autori di Lo Sport in Vaticano 5- e i movimenti cattolici
italiani dettero vita, nei primi anni del ventesimo secolo, a una propria organizzazione che ebbe in Papa Pio
X un convinto assertore ed uno strenuo sostenitore.
Nel 1905, Papa Sarto accolse il Barone Pierre de
Coubertin, a Roma per selezionare i luoghi dei Giochi
Olimpici del 1908 – l’organizzazione dei quali sarebbe
stata poi surrogata da Londra - incoraggiando l’iniziativa
del recente ripristino dei Giochi Olimpici.6
Il primo Papa, per così dire, “olimpico” invitava alla
“fortezza” come virtù che aiuta i giovani a difendere e
irrobustire la propria fede.
Il suo discorso ai giovani italiani l’8 ottobre 1905 lo
potremmo quasi considerare una magna charta:
«...ammiro e benedico di cuore tutti i vostri giochi e
passatempi, la ginnastica, il ciclismo, l’alpinismo, la nautica, il podismo, le passeggiate, i concorsi e le
accademie, alle quali vi dedicate; perché gli esercizi materiali del corpo influiscono mirabilmente sugli
esercizi dello spirito; perché questi trattenimenti richiedono pur lavoro, vi toglieranno dall’ozio che è padre
dei vizi; e perché finalmente le
stesse gare amichevoli saranno in voi una immagine dell’emulazione
7
dell’esercizio della virtù».
In anni più recenti abbiamo conosciuto la straordinaria figura di Papa
Giovanni Paolo II, anche come sportivo, perfino praticante nei primi
anni del suo pontificato. Molti lo ricordano con gli sci ai piedi sulle nevi
dell’Adamello nel 1984 (foto a lato).
Fu anche l’unico Pontefice a partecipare ad un meeting internazionale di
atletica leggera nello stadio olimpico di Roma durante il Giubileo della
Redenzione del 1985.
Per Karol Wojtyla, come disse nel Giubileo di quello stesso anno, “la
fondamentale validità dello sport [sta] non soltanto come termine di
paragone per illustrare un superiore ideale etico e ascetico, ma anche
nella sua intrinseca realtà di coefficiente per la formazione dell’uomo e
di una componente della sua cultura e della sua civiltà”.
Fra i suoi predecessori c’era stato un altro Papa che, da giovane sacerdote, aveva
praticato l’alpinismo: Pio XI.
A ricordalo fu il suo successore Pio XII. In un suo discorso nella solennità di
Pentecoste 1945, esaltò la “calma semplicità” del racconto che Achille Ratti (Pio
XI) aveva fatto “di quella notte passata tutta intera, dopo un'ardua ascensione di
venti ore, sopra una stretta sporgenza di roccia del Monte Rosa, a 4600 metri di
Pio XI
5
6
Roberto e Stefano Calvigioni “Lo sport in Vaticano”, Libreria editrice Vaticana, Roma, 2011
L’episodio e i contenuti del colloquio sono stati riportati nel libro uscito quasi contemporaneamente ai Giochi di Londra 2012, “Pio
X, le Olimpiadi e lo sport” scritto da Antonella Stelitano, Quirino Bortolato e Alejandro Mario Dieguez per l’Editrice San Liberale di
Treviso.
7
Vedi Mons. Georg Gänswein, ora Arcivescovo, Segretario personale di Benedetto XVI, nella prefazione del libro “Lo sport in
Vaticano” sopra citato.
altezza sul livello del mare, con un freddo glaciale, in piedi, senza poter fare un passo in nessun senso, senza
potersi lasciar vincere un solo istante dal sonno, ma nel centro di quel grandiosissimo fra i più grandiosi
teatri alpini, dinanzi a quella imponentissima rivelazione della onnipotenza e della maestà di Dio”. 8
Con Pio XII si fanno più intensi gli incontri con atleti e
dirigenti sportivi.
Nella memoria degli appassionati c’è l’incontro con Gino
Bartali, il campione di ciclismo e di cattolicità, al ritorno
trionfale dalla vittoria al Tour del 1948, che contribuì fra
l’altro a calmare gli animi sconvolti dall’attentato a Togliatti.
(foto: fondazionebartali.it)
Il ruolo di testimoni che gli atleti rivestono assume sempre
più importanza nella comunicazione. Un esempio legato al
Giubileo del 2000 è offerto dal fortunato libro di Bruno e
Fabio Pizzul “Credere nello sport” che raccoglie una decina
di interviste a grandi campioni.
Gino Bartali con Pio XII
Nell’udienza per i Giochi della XVII Olimpiade (26 Agosto 1960) Giovanni
XXIII esortò a rispettare “le regole d’una sana educazione familiare e della
formazione della gioventù” ridimensionando l’impalcatura della competizione
sportiva. Rivolto agli atleti di 83 nazioni, nell’occasione riuniti in Piazza San
Pietro, disse: “siate di esempio d’una sana competizione, priva di invidia e di
astio; nel gareggiare mostrerete la vostra serena costanza e buon umore; nella
vittoria apparirete modesti; nell’avversa fortuna equanimi; nelle difficoltà
perseveranti; vi mostrerete atleti genuini; e confermerete davanti alla moltitudine
degli spettatori la verità di quel detto: Mens sana in corpore sano”.
Giovanni XXIII
Paolo VI, assertore che l’esercizio sportivo contribuisce a formare una nuova società e a facilitarne
l’incontro con Cristo, esaltava lo sport come “fattore di educazione morale e sociale”: “non v’è scuola di
lealtà migliore della pratica sportiva! In quale onore, infatti, è tenuto il Fairplay!”, si legge nel discorso pronunciato al CIO riunito nella 64^ sessione, il 22
Aprile 1066, alla vigilia dei Giochi Olimpici di Montreal. Raccomanda poi la
difesa dello sport amatoriale “contro l’invasione del professionismo, del
gladiatore pagato come lo chiamava il fondatore dei Giuochi Olimpici. Dite un
no energico sia all’esagerazione commerciale che all’ingerenza politica”. Non
mancava, Paolo VI, di sottolineare la dimensione mondiale dello sport, “un mezzo
di educazione internazionale”, dal momento che ignora ogni discriminazione e
“ciascuno si impone per il proprio valore”. Ne consegue che i Giochi Olimpici si
rivelano “un fattore importantissimo per la difesa della fraternità tra gli uomini e
Paolo VI
dell’ideale della pace tra le nazioni”.
Di Giovanni Paolo II sarebbero molte le pagine da scrivere. Basti pensare che degli oltre 200 discorsi di
Papi sullo sport, 120 gli appartengono. Con convinzione affermava che “lo sport può e deve essere
formatore, cioè contribuire allo sviluppo integrale della persona”. Questa impresa umanistica può, nei
cristiani, facilitare la crescita delle virtù cardinali di forza, temperanza, prudenza e giustizia.” Il
rafforzamento delle doti fisiche e della destrezza, - disse rivolto al Consiglio della FIS andato a fargli visita il
6 Dicembre 1982 - danno allo sciatore “una forza d’animo che trascende le capacità muscolari”. Il regime
alimentare a cui l’atleta si sottopone, lo porta vicino alla temperanza che, se ben compresa, appare come una
ascesi che fa perseverare nel dare sempre la priorità ai valori spirituali”. La preziosa virtù cardinale della
8
Cfr. A.Ratti, Scritti alpinistici, Milano 1923, pp. 42-43.
prudenza è richiamata nell’azione di sprone “a vivere in uno stato di discernimento di ciò che è meglio per
Dio e per i fratelli uomini”. La giustizia nelle gare sportive, infine, richiede uguaglianza e imparzialità.
La visione di Papa Wojtyla è stata quella che forse abbiamo sentita più
familiare: esaltazione delle virtù sportive e denuncia di ciò che può
corromperle sono facce della stessa medaglia. Davanti ai vertici del
CIO, nel 1982 pronunciò queste parole: ”Come manifestazione
dell’agire dell’uomo, [lo sport] deve essere una scuola autentica e
un’esperienza continua di lealtà, sincerità, fair-play, sacrificio,
coraggio, tenacia, solidarietà, disinteressamento, rispetto! Quando,
nelle competizioni sportive, vincono la violenza, l’ingiustizia, la frode,
la sete di guadagno, le pressioni economiche e politiche, le
discriminazioni, allora lo sport è relegato al rango di uno strumento di
forza e denaro”. In un altro passaggio dell’omelia per il Giubileo
Internazionale degli Sportivi 1984 tocca tasti che lo sport non ha
ancora saputo ben accordare: “Lo sport è gioia di vivere, gioco, festa,
e come tale va valorizzato e forse riscattato, oggi, dagli eccessi del
tecnicismo e del professionismo mediante il recupero della sua
gratuità, della sua capacità di stringere vincoli di amicizia, di favorire
il dialogo e l’apertura degli uni verso gli altri, come espressione della
ricchezza dell’essere, ben più valida e apprezzabile dell’avere, e
Giovanni Paolo II
quindi ben al di sopra delle dure leggi della produzione e del consumo
e di ogni altra considerazione puramente utilitaristica ed edonistica della vita.”
In una pubblicazione di meditazioni stampata nel 2005, Papa Benedetto XVI ha permesso che fosse inserito
il testo di una sua intervista rilasciata nel 1978 quando era da poco diventato cardinale e Arcivescovo di
Monaco-Frisinga, in occasione dell’apertura dei Mondiali di Calcio di Argentina. Poneva in rilievo come “il
gioco, in un senso profondo, è una attività, che è completamente gratuita, senza limiti o costrizioni,
coinvolgente e che richiede tutte le energie di un essere umano. Una sorta di tentativo di tornare in paradiso:
come una fuga dalla "schiavitù faticosa della vita
quotidiana" al fine di soddisfare il nostro bisogno di
'serietà libera’ (freien Ernst ) di qualcosa che non è
necessario e proprio per questo è bello.9 In questo
consiste la capacità attrattiva dello sport. Ma è anche
scuola di vita, che attraverso l’auto disciplina porta
alla padronanza di sé e quindi alla libertà. “Il calcio –
a questa disciplina si riferiva nell’intervista, ma vale
per ogni tipo di sport e per quelli di squadra in
particolare – può anche insegnare il fair play”. Il
mondo illusorio che certo sport propone in
dipendenza dal mercantilismo, non può esistere
quando lo sport si basa su valori positivi: come un
allenamento per la vita (Vorübung) e come un passo
oltre (Überschreitung) la nostra vita quotidiana in direzione del nostro Paradiso perduto. Entrambi gli aspetti
richiedono la disciplina della libertà. Il rispetto delle regole implica lavoro di squadra (Miteinander),
concorrenza (Gegeneinander) e armonia con se stessi (mit sich selbst Auskommen).
Da Papa, Joseph Ratzinger è ritornato sovente – non meno di 50 sono i discorsi pronunciati nei primi tre anni
di pontificato, su questi concetti. Lo ha fatto in particolare in due occasioni. Alla Udienza speciale concessa
alla Squadra Nazionale Austriaca di Sci (6 ottobre 2007) ricordava che lo sport può contribuire a promuovere
la virtù e i valori fondamentali come "la perseveranza, la determinazione, lo spirito di sacrificio, la disciplina
interna ed esterna, l'attenzione per gli altri, il lavoro di gruppo, la solidarietà, la giustizia, la cortesia, e il
9
Questa e altre citazioni sono inserite nel testo di mons, Josef Clemens, Segretario del Pontificio Consiglio per i Laici, dal titolo
“L’attività sportiva nel pensiero di Jioseph Ratzinger / Benedetto XVI”, inserito nell’originale in inglese e nella traduzione italiana in
www.panathlon.net / Attività /Articoli e saggi / per autore.
riconoscimento dei propri limiti. Queste stesse virtù entrano in gioco in modo significativo anche nella vita
di tutti i giorni e hanno bisogno di essere continuamente esercitate e praticate." Torna alla mente l’Etica
Nicomachea di Aristotele: “le virtù non si generano né per natura, né contro natura, ma è nella nostra natura
accoglierle, e sono portate a perfezione in noi per mezzo dell’abitudine”.
Agli sciatori austriaci e ai partecipanti dei Campionati Mondiali di Nuoto (1° agosto 2009), con diversi
accenti propose delle riflessioni su virtù e valori inerenti l’attività sportiva come "la perseveranza, la
determinazione, lo spirito di sacrificio, la disciplina interna ed esterna, l'attenzione per gli altri, il lavoro di
gruppo, la solidarietà, la giustizia, la cortesia, e il riconoscimento dei propri limiti. Lo sport è anche scuola di
vita e gli atleti hanno un ruolo di testimonianza dei valori. Da questo punto di vista assumono la
responsabilità di essere essi stessi educatori. Ruolo tanto più importante di fronte alla “emergenza educativa”
in cui si dibatte una società che sembra preda del relativismo.
Un tema caro a Papa Ratzinger è stato anche quello
della capacità dello sport di unire i popoli e favorire
la pace come ebbe a ribadire all’Angelus di
Domenica 12 febbraio 2006, pochi giorni prima delle
Olimpiadi invernali di Torino. Il Santo Padre
espresse il desiderio: "questa grande competizione
sportiva sia imbevuta dei valori olimpici di lealtà,
gioia e relazioni fraterne e così facendo, contribuisca
a promuovere la pace tra i popoli”. Analogamente,
ricevendo gli atleti in partenza per i Giochi di
Pechino augurava che quell’evento potesse “offrire
alla comunità internazionale un valido esempio di
convivenza tra persone delle più diverse provenienze,
nel rispetto della loro comune dignità. Lo sport torni
ad essere pegno di fraternità e di pace tra i popoli!"
Inserendo l’attività sportiva in un contesto antropologico ampio, Joseph Ratzinger – come Cardinale e come
Papa Benedetto XVI - ha cercato di portarla fuori da un percorso senza uscita come sarebbe considerandola
solo come mero intrattenimento o contrassegnato da una sterile autoreferenzialità.
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