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Novità fiscali

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Novità fiscali
Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana
Dipartimento scienze aziendali e sociali
Centro di competenze tributarie
Novità fiscali
L’attualità del diritto tributario
svizzero e internazionale
n° 2 - Febbraio 2011
Indice
Diritto tributario svizzero
Una tassa sul matrimonio in Svizzera? ......................................................................... 2
Politica fiscale
L’imposizione dei coniugi nel Canton Ticino:
meglio la doppia tariffa o lo splitting? ........................................................................... 8
Diritto tributario italiano
La famiglia nel sistema dell’imposizione reddituale in Italia............................ 13
Nuovi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate in materia di trust .................... 16
Diritto tributario internazionale e dell’UE
L’Italia permette la detrazione delle
imposte estere dall’Irap, oltre che dall’Ires? ................................................................ 19
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero
L’imposizione della famiglia vige anche
quando i due coniugi vivono in domicili diversi? ..................................................... 21
Rassegna di giurisprudenza di diritto dell’UE
Un regime fiscale penalizzante per i dividendi di fonte
estera costituisce una restrizione ai movimenti di capitale
che contraddice il principio della libera circolazione? ........................................... 23
L’Accordo sulla libera circolazione delle persone
tra Svizzera ed UE si applica anche all’esercizio
venatorio e alle tasse ad esso connesse? ..................................................................... 25
Offerta formativa
Un Master tributario sempre più legato al territorio .............................................. 26
Seminari e corsi di diritto tributario .................................................................................. 28
www.fisco.supsi.ch
Diritto tributario svizzero
Una tassa sul matrimonio in Svizzera?
Splitting, doppia tariffa, quoziente familiare, aliquota unica…
L’imposizione della famiglia è da decenni e rimane ancora uno
dei grandi problemi del sistema tributario svizzero
Il legislatore cantonale per ridurre tali disparità è quindi
chiamato ad un compito arduo poiché il sistema del
cumulo dei redditi della famiglia gli impone in ogni caso
di garantire un’imposizione equa delle diverse forme di
famiglia oggi diffuse: coniugi con e senza figli, concubini
con e senza figli, famiglie monoparentali, indipendentemente dal sistema utilizzato.
2.
1.
I principi dell’imposizione della famiglia
In Svizzera, Stato in cui vige il principio dell’imposizione
della famiglia, i redditi e la sostanza dei coniugi non separati legalmente o di fatto sono cumulati, qualunque
sia il regime dei beni. Anche i redditi dei figli minorenni,
ad eccezione dei proventi da attività lucrativa, sono cumulati con il reddito dei genitori [articolo 9 della Legge
federale sull’imposta federale diretta (di seguito “LIFD”) e
articolo 3 capoverso 3 della Legge federale sull’armonizzazione delle imposte dirette dei Cantoni e dei Comuni
(di seguito “LAID”)]. La famiglia viene dunque considerata
una comunità economica e costituisce un’entità anche
sotto il profilo fiscale. I concubini, invece, sono sempre
tassati individualmente. I loro redditi non sono addizionati e per effetto della progressività della tariffa fiscale
possono risultare notevoli differenze di carico fiscale fra
le coppie coniugate e i concubini in condizioni reddituali
analoghe.
Per ovviare a questa situazione discriminatoria il legislatore
federale ha prescritto ai Cantoni che “Per le persone
coniugate che vivono legalmente e di fatto in comunione
domestica l’imposta deve essere ridotta in modo adeguato
rispetto a quella dovuta dalle persone sole” (articolo 11 capoverso
1 prima frase LAID). In base alla sovranità fiscale dei
Cantoni in materia di aliquote, il legislatore federale
non ha posto nessun vincolo particolare ai Cantoni sulla
modalità per attenuare l’imposizione dei coniugi rispetto
alle coppie di concubini, limitandosi ad indicare che “la
riduzione è concessa sotto forma di una deduzione percentuale
dell’ammontare dell’imposta, limitata a una somma espressa
in franchi, oppure sotto forma di tariffe speciali per le persone
sole e per le persone coniugate” (articolo 11 capoverso 1
ultima frase LAID).
2
| n° 2 - Febbraio 2011 |
La giurisprudenza del Tribunale federale
Il Tribunale federale nella sentenza Hegetschweiler del 13
aprile 1984 (cfr. DTF 110 Ia 7) ha avuto modo di soffermarsi concretamente sui principi fondamentali che un
legislatore deve osservare nel definire le modalità di
imposizione dei coniugi, dei concubini e delle persone
sole. Sotto accusa il cumulo dei redditi conseguiti dal
marito e dalla moglie in regime di matrimonio, il quale
può determinare un maggior aggravio fiscale delle
famiglie rispetto alle coppie non sposate. Secondo i
giudici, qualora una legislazione tributaria preveda delle
differenze impositive tra coniugati e concubini superiori
al 10%, la stessa deve essere considerata incostituzionale.
Inoltre, il Tribunale federale ha stabilito che il carico
fiscale dei coniugi non deve dipendere in linea di principio
dalla ripartizione del reddito fra i coniugi o dal fatto che
soltanto un coniuge oppure entrambi conseguano un
reddito. Eventuali privilegi fiscali devono essere accordati in linea di principio ai coniugi e non ai concubini.
Siccome l’Alta Corte non ha però la facoltà decisionale di
esaminare la costituzionalità delle leggi federali (articolo
191 Costituzione federale), non si è potuta pronunciare
sull’imposizione dei coniugi ai fini dell’imposta federale
diretta, la quale comporta, ancora oggi, una discriminazione fiscale incostituzionale dei coniugi con doppio
reddito rispetto ai concubini che conseguono lo stesso
reddito complessivo. Questa discriminazione tocca in
particolare le coppie sposate del ceto medio e alto, in cui
entrambi i coniugi partecipano in modo determinante al
conseguimento di un reddito familiare lordo compreso
tra 80’000 e 500’000 franchi (cfr. Tabella 2).
Dieci anni più tardi, il Tribunale federale ha in seguito
relativizzato la sentenza Hegetschweiler ed ha stabilito
che l’onere supplementare relativo del 10% di una coppia
coniugata con figli rispetto a una coppia non coniugata
con figli non rappresenta una violazione del principio della
parità di trattamento previsto dalla Costituzione federale.
L’Alta Corte ha ricordato che nel calcolo dell’imposta
delle coppie sposate con figli il confronto non va effettuato in primo luogo con l’onere fiscale delle coppie non
sposate con figli, bensì con l’onere fiscale degli altri gruppi
di contribuenti, in particolare con le persone sole e i
concubini senza figli, e che è ammissibile una “imposizione
relativamente più elevata” di un gruppo (cfr. DTF 120 Ia 329,
si vedano anche le considerazioni del Consiglio federale,
Messaggio numero 06.037, 2006, pagina 4092).
Nel 2008, il Tribunale federale, chiamato ad esaminare
la costituzionalità delle aliquote turgoviesi dell’imposta
sul reddito, ha escluso di poter considerare contrario alla
Costituzione federale un onere fiscale di una persona
sola, superiore di circa 3 volte rispetto a quello di coniugi
che dispongono dello stesso reddito. L’Alta Corte, oltre a
indicare che per comparare il carico fiscale delle persone
coniugate e sole si deve tener conto di tutti i fattori
che influenzano l’onere fiscale (aliquote, deduzioni e importi esenti da imposta), ha ritenuto ammissibile che la
progressione delle aliquote sia più accentuata all’inizio
nel caso delle persone sole, in considerazione del fatto
che, nel caso dei coniugi, il reddito deve bastare al mantenimento di due persone. Allora, per i redditi più bassi
può verificarsi una differenza percentuale superiore (cioè
oltre 1.5 volte) fra l’onere fiscale dei coniugi e quello di
una persona sola con lo stesso reddito, senza che ciò sia
incostituzionale (cfr. Pedroli Andrea; Novità e tendenze
legislative nel campo del diritto tributario, in: RtiD II-2009,
pagina 597 e seguente con riferimento alla DTF 134 I 248).
La sentenza Hegetschweiler del 1984 ha tuttavia obbligato i Cantoni ad adeguare le proprie leggi tributarie accordando degli sgravi fiscali alle coppie coniugate. Tale
adeguamento non è però avvenuto ai fini dell’imposta
federale diretta, dove una proposta di modifica è stata
respinta con il rifiuto del pacchetto fiscale 2001 che prevedeva di correggere l’imposizione dei coniugi rispetto
alle coppie non sposate attraverso l’utilizzo del metodo
dello splitting (cfr. Consiglio federale, Messaggio numero
06.037, 2006, pagina 4092).
3.
I sistemi in uso nei diversi Cantoni e nella Confederazione
3.1. Il metodo della doppia tariffa
Si utilizzano due scale delle aliquote differenti per determinare la relativa imposta sul reddito: la prima per le persone
sole, la seconda – più favorevole – per le persone coniugate.
Questo sistema permette di considerare differentemente
la capacità economica delle due categorie di contribuenti
e di stabilire, per ciascun scaglione di reddito, l’aliquota
(marginale) desiderata.
Questo sistema è utilizzato dalla Confederazione e dai
Cantoni di Appenzello Esterno, Basilea Città, Berna, Giura,
Lucerna, Ticino, Zugo e Zurigo (cfr. Tabella 1).
3.2. Il metodo splitting
Nel sistema basato sulla separazione dei redditi (splitting),
viene adottata un’unica scala delle aliquote ed il reddito
3
| n° 2 - Febbraio 2011 |
della famiglia viene diviso per un coefficiente al fine di stabilire l’aliquota applicabile e ciò senza considerare la quota
parte dei coniugi alla formazione del reddito. Se il coefficiente è pari a 2 si tratta di uno splitting integrale (50/50),
se invece è inferiore a 2 si tratta di uno splitting parziale.
Se per esempio un Cantone si avvale dello splitting integrale
e una coppia coniugata dichiara un reddito imponibile di
100’000 franchi, la stessa verrà tassata sull’aliquota corrispondente ad un reddito imponibile di 50’000 franchi; se
invece un Cantone si avvale dello splitting parziale, come
per esempio del 52.63% (divisione per 1.9), la medesima
coppia verrà tassata sull’aliquota corrispondente ad un
reddito imponibile di 52’630 franchi.
Lo splitting integrale è utilizzato da Argovia, Appenzello
Interno, Basilea Campagna, Ginevra e San Gallo; mentre
quello parziale da Friborgo, Glarona, Grigioni, Neuchâtel,
Nidvaldo, Sciaffusa, Soletta, Svitto e Turgovia (cfr. Tabella 1).
3.3. Il metodo del quoziente familiare
La totalità del reddito familiare viene divisa per un coefficiente in funzione della composizione del nucleo familiare
e presuppone l’esistenza di una sola scala delle aliquote
e l’abbandono delle deduzioni per i figli a carico. Tale sistema
è usato unicamente dal Canton Vaud, il quale adotta un
coefficiente di un’unità per le persone sole, dell’1.8 per i
coniugi e le famiglie monoparentali, dello 0.5 per ogni figlio
a carico (cfr. Tabella 1).
Se per esempio una coppia coniugata con due figli a
carico totalizza un coefficiente del 2.8 e dichiara un reddito
imponibile di 100’000 franchi, verrà tassata con l’aliquota
corrispondente ad un reddito imponibile di 35’700 franchi.
3.4. Il metodo della deduzione dal reddito netto
Questo sistema prevede una deduzione sociale fissa o in
percentuale del reddito imponibile, che i coniugi possono
far valere per abbattere la loro base imponibile e, di conseguenza, l’onere fiscale. Tale metodo è sovente utilizzato
parallelamente al metodo della doppia tariffa e (sempre)
quando si utilizza un’aliquota unica proporzionale
accompagnata da una deduzione sociale personale (Flat
Rate Tax). I Cantoni che utilizzano una deduzione sociale
espressa in franchi sono Berna, Basilea Città, Neuchâtel,
Obvaldo, Svitto, Uri e Zugo (cfr. Tabella 1).
La Flat Rate Tax (sistema usato da Obvaldo e Uri) sembrerebbe rappresentare la soluzione ideale per ovviare alle
disparità impositive tra le persone sole e quelle coniugate, come illustrato dal seguente esempio. Nell’anno
n il signor X, residente a Sarnen (Canton Obvaldo, la cui
aliquota d’imposta semplice è pari all’1.8%), dichiara un reddito imponibile (prima della deduzione sociale personale
di 10’000 franchi) di 80’000 franchi; la relativa imposta
semplice ammonta a 1’260 franchi. La signora Y, anche lei
residente a Sarnen, dichiara nello stesso anno un reddito imponibile di 90’000 franchi (prima della deduzione
sociale personale di 10’000 franchi); la relativa imposta
semplice ammonta a 1’440 franchi. Nel medesimo anno
il signor X e la signora Y decidono di sposarsi e dichiarano
un reddito imponibile complessivo di 170’000 franchi
(90’000+80’000). Se si considera la deduzione sociale
per coniugi di 20’000 franchi (pari al doppio di quella delle
persone sole), l’imposta semplice corrisponde a 2’700
franchi, importo pari alla somma d’imposta semplice della
coppia che avrebbero dovuto pagare se non si fossero sposati (1’260+1’440). L’onere fiscale rimane dunque uguale
prima e dopo il matrimonio (cfr. Richner Felix; Steuertarifliche
Besonderheiten für natürliche Personen in der Schweiz, in:
ASA, 77/2008, pagina 217).
3.5. Il metodo della deduzione dall’ammontare dell’imposta
In alternativa al metodo della deduzione dal reddito
netto, questo metodo prevede una deduzione fissa o
percentuale dall’ammontare dell’imposta, che i coniugi
possono far valere per ridurre il loro onere fiscale. È
attualmente usato dal Canton Vallese (cfr. Tabella 1).
Tabella 1: I sistemi utilizzati dai Cantoni e dalla Confederazione per alleggerire l’onere fiscale dei coniugi
rispetto alle persone sole
Cantone
4
Metodo utilizzato
Articolo legge tributaria
AG
Splitting integrale (50% del reddito, divisione per 2)
43 capoverso. 2
AI
Splitting integrale (50% del reddito, divisione per 2)
38 capoverso 3
AR
Doppia tariffa
39 capoverso 1
BE
Doppia tariffa
Deduzione sociale personale per coniugi e persone sole
42 capoverso 1
40 capoverso 1
BL
Splitting integrale (50% del reddito, divisione per 2)
34 capoverso 2
BS
Doppia tariffa (con due scaglioni)
Deduzione sociale personale per coniugi e persone sole
36 capoverso 2
35
FR
Splitting parziale (56% del reddito, divisione per 1.79)
37 capoverso 3
GE
Splitting integrale (50% del reddito, divisione per 2)
41 capoverso 2
GL
Splitting parziale (62.5% del reddito, divisione per 1.6)
34 capoverso 2
GR
Splitting parziale (52.63% del reddito, divisione per 1.9)
39 capoverso 2
JU
Doppia tariffa
Deduzione sociale personale per persone sole e famiglie monoparentali
35 capoverso 1
34 capoverso 1
LU
Doppia tariffa
57 capoverso 2
NE
Splitting parziale (55% del reddito, divisione per 1.82)
Deduzione sociale personale (regressiva) per coniugi e persone sole
40 capoverso 3
38
NW
Splitting parziale (54.05% del reddito, divisione per 1.85)
40 capoverso 2
OW
Aliquota unica
Deduzione sociale personale per coniugi e persone sole
38 capoverso 1
37 capoverso 1
SG
Splitting integrale (50% del reddito, divisione per 2)
50 capoverso 3
SH
Splitting parziale (52.63% del reddito, divisione per 1.9)
38 capoverso 2
| n° 2 - Febbraio 2011 |
Cantone
Metodo utilizzato
Articolo legge tributaria
SO
Splitting parziale (52.63% del reddito, divisione per 1.9)
44 capoverso 2
SZ
Splitting parziale (52.63% del reddito, divisione per 1.9)
Deduzione sociale personale per coniugi e persone sole
36 capoverso 2
35 capoverso 1
TG
Splitting parziale (52.63% del reddito, divisione per 1.9)
37 capoverso 2
TI
Doppia tariffa
UR
Aliquota unica
Deduzione sociale personale per coniugi e persone sole
VD
35 capoverso 2
Quoziente familiare
43 capoverso 1
Divisione del reddito per:
- 1.0 altri contribuenti
- 1.8 coniugi e famiglie monoparentali
- 0.5 ogni figlio a carico
43 capoverso 2
Deduzione sociale personale (regressiva) per coniugi
Riduzione dell’ammontare dell’imposta (del 35%)
32 capoverso 3
ZG
Doppia tariffa
Deduzione sociale personale per coniugi e persone sole
35 capoverso 2
33 capoverso 1
ZH
Doppia tariffa
35 capoverso 2
Doppia tariffa
Deduzione sociale personale per coniugi
Un confronto dell’imposizione dei coniugi e dei
concubini ai fini dell’imposta cantonale ticinese
e federale
Con l’ausilio del calcolatore d’imposta disponibile nel sito
internet dell’Amministrazione federale delle contribuzioni
(di seguito “AFC”), il quale tiene conto delle deduzioni
da accordare alle singole categorie di contribuenti, è stato
calcolato - ai fini dell’imposta cantonale ticinese e
federale e per il periodo fiscale 2010 - il maggior onere
fiscale di una coppia sposata rispetto ad una coppia di
concubini in condizioni di reddito analoghe (cfr. Tabella
2, si rileva che ogni persona ha conseguito un reddito
da lavoro dipendente pari al 50% della somma totale).
Esaminando in primo luogo l’andamento dell’onere
5
42a
VS
Confederazione
4.
42
41 capoverso 1
| n° 2 - Febbraio 2011 |
214 capoverso 2 LIFD
213 capoverso 1 LIFD
fiscale dell’imposta federale diretta, si evince che i
coniugi sono avvantaggiati fiscalmente fino ad un
reddito lordo di circa 80’000 franchi rispetto ai concubini che conseguono lo stesso reddito. Tuttavia
oltre tale soglia, si osservano aggravi fiscali per i coniugi
rispetto ai concubini, con picchi fino all’80% per redditi
lordi di 200’000 franchi. L’aggravio dei coniugi tende
poi ad attenuarsi all’aumentare del reddito lordo, fermo
restando che tra 100’000 e 400’000 franchi di reddito
lordo le differenze risultano essere superiori al 40%.
Dalla sentenza Hegetschweiler sono ormai trascorsi
ben 26 anni (!) e l’incostituzionalità dell’onere fiscale dei
coniugi rispetto ai concubini continua (e continuerà) a
perdurare ancora per diverso tempo.
In Ticino la situazione è meno grave di quella osservata
ai fini dell’imposta federale diretta. Fino ad un reddito
lordo di circa 130’000 franchi, i coniugi sono avvantaggiati fiscalmente rispetto ai concubini, le cui differenze
più importanti si evidenziano nei bassi redditi. Si osserva
che a partire da un reddito lordo di circa 100’000 franchi,
il carico fiscale dei coniugi in confronto a quello di concubini rimane stabilmente nella forchetta del 10%.
Da quanto si può esaminare dal grafico, e in considerazione della giurisprudenza del Tribunale federale, la
situazione fiscale dei coniugi rispetto ai concubini nel
Canton Ticino può essere considerata complessivamente
accettabile, eccezion fatta i per i bassi redditi.
Tabella 2: Maggior onere fiscale calcolato sul reddito lordo del lavoro (50:50) di una coppia di coniugi rispetto
ad una coppia di concubini ai fini dell’imposta cantonale ticinese e federale nel 2010
Differenza di onere fiscale
Maggior onere
coniugi rispetto
concubini
Maggior onere
concubini
rispetto coniugi
Reddito lordo in migliaia di franchi
Imposta cantonale ticinese
Imposta federale diretta
Fonte: AFC; Calcolatore d’imposta. Berna 2010
Nel grafico seguente (cfr. Tabella 3), si propone l’evoluzione
dell’onere fiscale calcolato sul reddito lordo conseguito
nell’ambito dell’attività lucrativa dipendente da due
persone sposate e due persone sole che vivono in regime
di concubinato e che conseguono ambedue il 50% del
reddito totale. Anche in questo caso, e non poteva essere
diversamente, ai fini dell’imposta federale si riscontrano
importanti differenze riguardanti il maggior onere fiscale
dei coniugi rispetto ai concubini a partire da 80’000
franchi di reddito lordo, mentre a livello ticinese tali
differenze, seppur molto contenute, si evidenziano a
partire dai 130’000 franchi di reddito lordo.
Tabella 3: Onere fiscale calcolato sul reddito lordo del lavoro (50:50) di una coppia di coniugi e di una coppia
di concubini ai fini dell’imposta cantonale ticinese e federale nel 2010
Onere fiscale
Reddito lordo in migliaia di franchi
Concubini - Imposta federale
Concubini - Imposta cantonale
Fonte: AFC; Calcolatore d’imposta. Berna 2010
6
| n° 2 - Febbraio 2011 |
Coniugi - Imposta federale
Coniugi - Imposta cantonale
5.
Conclusioni
Per maggiori informazioni:
Dopo la storica sentenza Hegetschweiler, che nel 1984
aveva affermato alcuni fondamentali principi cui deve
attenersi il legislatore cantonale nel definire le modalità
d’imposizione dei coniugi, dei concubini e delle persone
sole, il Tribunale federale ha in seguito mostrato una sempre minor propensione a sindacare le scelte del legislatore.
D’altra parte, dopo l’entrata in vigore della LAID, il Tribunale federale ha le mani ancor più legate di prima, per il fatto
che gli è precluso il sindacato di costituzionalità delle leggi
federali. Di conseguenza, neppure se lo volesse potrebbe
mettere in discussione il fondamento da cui originano tutti i problemi evocati, cioè il cumulo dei redditi dei coniugi
(cfr. Pedroli Andrea; Novità e tendenze legislative nel campo del diritto tributario, in RtiD II-2009, pagina 601).
A quasi trent’anni di distanza dalla sentenza Hegetschweiler permangono ancora notevoli differenze ai fini dell’imposta federale diretta, nonostante i diversi “cerotti” inseriti
nella legge dalle Camere federali (si pensi ad esempio alla
deduzione sociale per i coniugi o alla terza tariffa per i genitori), che tuttavia non hanno aggiustato l’incostituzionalità dell’imposizione dei coniugi nei confronti dei concubini senza figli che conseguono redditi uguali.
A livello cantonale il problema è stato invece risolto, sebbene permangano ancora talune disparità, e il caso turgoviese lo insegna, dovute al difficile compito a carico del
legislatore cantonale nel garantire la parità di trattamento
tra le diverse categorie di contribuenti (coniugi, famiglie
monoparentali, concubini, singles).
Il sistema della Flat Rate Tax sembrerebbe di primo acchito
la panacea ai mali che affliggono l’imposizione della famiglia, tuttavia tale sistema non è anch’esso immune da altri
problemi, tra i quali cito la socialità delle aliquote.
Nel Canton Ticino, le cui disparità di trattamento tra coniugi e concubini sono state immediatamente aggiustate
a seguito della decisione del 1984 del Tribunale federale, si
rileva una situazione accettabile nel suo complesso.
Amministrazione federale delle contribuzioni; Brochures
fiscales 2010, Impôts sur le revenu et sur la fortune des
personnes physiques, Berna, 1. novembre 2010, in:
http://www.estv.admin.ch/dokumentation/00079/
00080/00734/01108/index.html?lang=fr
[21.02.2011]
Amministrazione federale delle contribuzioni; Calcolatore
d’imposta, Berna 2010, in:
http://www.estv2.admin.ch/d/dienstleistungen/steuerrechner/
steuerrechner.htm
[21.02.2011]
Amministrazione federale delle contribuzioni; L’imposition
de la famille, Ufficio d’informazione fiscale, Maggio 1997, in:
http://www.estv.admin.ch/dokumentation/00079/
00080/00736/index.html?lang=fr
[21.02.2011]
Amministrazione federale delle contribuzioni; L’impôt sur
le revenu des personnes physiques: texte integral, Ufficio
d’informazione fiscale, Settembre 2009, in:
http://www.estv.admin.ch/dokumentation/00079/
00080/00736/index.html?lang=fr
[21.02.2011]
Consiglio federale; Messaggio numero 01.021 concernente
il pacchetto fiscale 2001, del 28 febbraio 2001, in:
http://www.admin.ch/ch/i/ff/2001/2655.pdf
[21.02.2011]
Consiglio federale; Messaggio numero 06.037 concernente
misure immediate nell’ambito dell’imposizione dei coniugi,
del 17 maggio 2006, in:
http://www.admin.ch/ch/i/ff/2006/4087.pdf
[21.02.2011]
Pedroli Andrea; Novità e tendenze legislative nel campo del
diritto tributario, in: RtiD II-2009, pagina 557 e seguenti
Richner Felix; Steuertarifliche Besonderheiten für natürliche
Personen in der Schweiz, in: ASA, 77/2008, pagina 201
e seguenti
Vorpe Samuele; Flat Rate Tax - Tra le pieghe dell’aliquota
piatta, Lavoro di tesi, Master of Advanced Studies SUPSI
in Tax Law, Manno 2009, in:
Samuele Vorpe
Docente-ricercatore SUPSI
http://www.fisco.supsi.ch/Content/main/uploaded/pdf/
Flat-Rate-Tax_Tesi_2008.pdf
[21.02.2011]
Politica fiscale
L’imposizione dei coniugi nel Canton Ticino:
meglio la doppia tariffa o lo splitting?
Conseguenze sulla possibile introduzione del metodo splitting nella legislazione tributaria ticinese
1.2. Esempio di calcolo dell’onere fiscale dei coniugi nel Cantone
Ticino con il metodo splitting applicando un coefficiente di 1.6
I coniugi X conseguono un reddito totale imponibile di
215’200 franchi. Si divide il reddito per 1.6 ottenendo 134’500
franchi. L’aliquota corrispondente a questo reddito,
nella scala delle aliquote per le persone sole attualmente
in vigore nel Cantone (articolo 35 capoverso 1 LT-TI)
ammonta a 10.186%. L’aliquota così ottenuta viene poi
applicata al reddito imponibile di 215’200 franchi ottenendo così un’imposta cantonale di 21’900 franchi.
a
1.
Introduzione
Nel Canton Ticino, il legislatore ha optato per l’introduzione di una tariffa speciale per i coniugi (cosiddetto
metodo della “doppia tariffa”), sistema che permette di
mantenere delle differenze impositive tra coniugi e concubini in una forchetta del 10%, come sancito dal Tribunale
federale.
Il metodo della doppia tariffa non è l’unico sistema di
imposizione dei coniugi adottato dai Cantoni. Il metodo
splitting ad esempio è applicato da ben 14 Cantoni (cfr.
contributo precedente di Samuele Vorpe).
In questo contributo si vuole paragonare, unicamente
ai fini dell’imposta cantonale ticinese, il sistema della
doppia tariffa attualmente in vigore nel Canton Ticino,
con la possibile introduzione del metodo splitting, che
consiste nel dividere il reddito totale della famiglia per un
determinato coefficiente fisso, utilizzando poi il reddito
così ottenuto per ricercare l’aliquota corrispondente nella
scala per le persone sole ed infine applicando tale aliquota
al reddito totale originario. Nel metodo splitting si ha
dunque una sola scala delle aliquote.
1.1. Esempio di calcolo dell’onere fiscale dei coniugi nel Cantone
Ticino con il metodo della doppia tariffa (attualmente in
vigore, articolo 35 capoverso 2 LT-TI)
I coniugi X conseguono un reddito totale imponibile di
215’200 franchi. A tale reddito si applica l’aliquota corrispondente nella scala delle aliquote per coniugi: 10.354%
(articolo 35 capoverso 2 LT-TI). L’imposta cantonale
ammonta quindi a 22’200 franchi.
8
| n° 2 - Febbraio 2011 |
In alternativa si potrebbe decidere di utilizzare solamente
la scala delle aliquote per i coniugi e applicare il metodo
splitting a contrario per poi trovare il reddito corrispondente conseguito da una persona sola; nell’esempio dei
coniugi X, abbiamo stabilito che l’aliquota per i coniugi attualmente in vigore ammonta al 10.354%, quindi il
reddito corrispondente conseguito da una persona sola
e sul quale verrà applicato tale tasso d’imposizione è
134’500 franchi (=215’200 franchi diviso 1.6).
2. L’adozione del metodo splitting con coefficiente 1.6
Il grafico seguente (cfr. Tabella 1), mostra l’evoluzione
dell’onere fiscale con il metodo della doppia tariffa attualmente in vigore per i coniugi e di quello con l’introduzione
del metodo splitting, applicando al reddito complessivo
dei coniugi un coefficiente fisso di 1.6. Si può notare come
l’andamento delle due curve sia molto similare. Il grafico
successivo ci permette di stabilire che fino ad un reddito
famigliare di circa 150’000 franchi, l’onere fiscale risulta
minore se si applica il metodo della doppia tariffa. La differenza è comunque minima, oscillando in una forchetta
dello 0.8% (cfr. Tabella 2).
Tabella 1: Onere fiscale di una coppia di coniugi calcolato con il metodo splitting (1.6) e ai fini dell’imposta
cantonale ticinese nel 2010
Onere fiscale in %
Reddito imponibile in franchi
Imposta cantonale 2010
Splitting 1.6
Fonte: Divisione delle contribuzioni; Calcolatore d’imposta, Bellinzona 2010
Tabella 2: Maggior onere fiscale di una coppia di coniugi ai fini dell’imposta cantonale ticinese nel 2010 rispetto
all’onere calcolato con il metodo splitting (1.6)
Differenza onere fiscale in %
Maggior onere
fiscale dell’imposta
cantonale nel 2010
Maggior onere
fiscale del
metodo splitting
Reddito imponibile in migliaia di franchi
Imposta cantonale 2010
Fonte: Divisione delle contribuzioni; Calcolatore d’imposta, Bellinzona 2010
9
| n° 2 - Febbraio 2011 |
3.
L’adozione del metodo splitting con coefficiente 1.8
Aumentando leggermente di 0.2 punti il coefficiente
notiamo che il “punto morto” si sposta a circa 90’000
franchi, vale a dire che fino ad un reddito famigliare
di 90’000 franchi l’onere fiscale risulta minore se si
applica il metodo della doppia tariffa (cfr. Tabelle 3 e 4).
Anche qui la differenza tra i due modelli è trascurabile.
Tabella 3: Onere fiscale di una coppia di coniugi calcolato con il metodo splitting (1.8) e ai fini dell’imposta
cantonale ticinese nel 2010
Onere fiscale in %
Reddito imponibile in franchi
Imposta cantonale 2010
Splitting 1.8
Fonte: Divisione delle contribuzioni; Calcolatore d’imposta, Bellinzona 2010
Tabella 4: Maggior onere fiscale di una coppia di coniugi ai fini dell’imposta cantonale ticinese nel 2010 rispetto
all’onere calcolato con il metodo splitting (1.8)
Differenza onere fiscale in %
Maggior onere
fiscale dell’imposta
cantonale nel 2010
Maggior onere
fiscale del
metodo splitting
Reddito imponibile in migliaia di franchi
Imposta cantonale 2010
Fonte: Divisione delle contribuzioni; Calcolatore d’imposta, Bellinzona 2010
10 | n° 2 - Febbraio 2011 |
4. L’adozione del metodo splitting con coefficiente 2.0
Adottando il metodo splitting integrale, vale a dire attribuendo il reddito famigliare per metà a ciascuno dei coniugi
al fine di stabilirne l’aliquota da applicare, possiamo notare
come l’andamento della curva riferita al metodo splitting
sia sempre al di sotto della curva di aliquote definita
secondo il metodo della doppia tariffa attualmente in
vigore (cfr. Tabelle 5 e 6). Adottando questo metodo tutte
le classi di reddito famigliare beneficerebbero di sgravi fiscali.
Lo sgravio massimo raggiunge l’1.2% per un reddito imponibile
di 450’000 franchi (cfr. Tabella 6), pari a circa 5’339 franchi.
Tabella 5: Onere fiscale di una coppia di coniugi calcolato con il metodo splitting (2.0) e ai fini dell’imposta
cantonale ticinese nel 2010
Onere fiscale in %
Reddito imponibile in franchi
Imposta cantonale 2010
Splitting 2.0
Fonte: Divisione delle contribuzioni; Calcolatore d’imposta, Bellinzona 2010
Tabella 6: Maggior onere fiscale di una coppia di coniugi ai fini dell’imposta cantonale ticinese nel 2010 rispetto
all’onere calcolato con il metodo splitting (2.0)
Differenza onere fiscale in %
Maggior onere
fiscale dell’imposta
cantonale nel 2010
Maggior onere
fiscale del
metodo splitting
Reddito imponibile in migliaia di franchi
Imposta cantonale 2010
Fonte: Divisione delle contribuzioni; Calcolatore d’imposta, Bellinzona 2010
11
| n° 2 - Febbraio 2011 |
5.
Conclusioni
Adottando il metodo splitting al posto del metodo della
doppia tariffa, attualmente in vigore in Ticino, la situazione
dei coniugi dal punto di vista fiscale non migliorerebbe in
modo sostanziale (per i redditi oltre i 150’000 franchi con
il coefficiente pari a 1.6, rispettivamente oltre i 90’000
franchi con il coefficiente pari a 1.8) né peggiorerebbe in
modo sostanziale (per i redditi minori di 150’000 franchi
con il coefficiente pari a 1.6, rispettivamente minori di
90’000 franchi con il coefficiente pari a 1.8).
Per contro, con l’adozione del metodo splitting integrale
(coefficiente a 2.0) il carico fiscale si alleggerirebbe per
tutte le categorie di reddito, ma anche qui gli importi
sono trascurabili se non per i redditi famigliari da 300’000
a 600’000 franchi, dove lo sgravio massimo può arrivare
a circa l’1.2%, pari ad un risparmio di circa 5’339 franchi su
circa 57’009 franchi d’imposta per l’anno 2010.
Il cambiamento del metodo per stabilire l’imposizione dei
coniugi appare quindi una scelta sostanzialmente politica,
poiché, a mio avviso, appare intuitivo dividere un reddito
Sabina Rigozzi
Assistente SUPSI
famigliare per 2 e poi applicare l’aliquota delle persone sole,
in questo modo la progressione verrebbe neutralizzata.
Il metodo della doppia tariffa, pur ottenendo, in pratica,
lo stesso risultato del metodo della separazione dei redditi, appare meno trasparente al contribuente (ad esempio
perché non si conoscono i criteri con i quali si è costruita
la tariffa per i coniugi).
Occorre comunque considerare che il metodo splitting
ignora la reale ripartizione del reddito famigliare complessivo tra i due coniugi (cfr. contributo precedente a
cura di Samuele Vorpe); ad esempio anche se solamente uno dei due coniugi conseguisse l’intero reddito
famigliare, per stabilire l’onere fiscale il reddito verrebbe
comunque diviso per il coefficiente stabilito. In questo
caso sarebbero i concubini e le persone sole ad essere
discriminate, poiché si vedrebbero addossare un carico
fiscale più elevato, pur conseguendo lo stesso reddito di
una coppia coniugata. Con riferimento alle persone sole,
il Tribunale federale ha comunque giustificato l’onere
fiscale più gravoso, sostenendo che nel caso dei coniugi,
il reddito deve bastare al mantenimento di due persone
(cfr. DTF 134 I 248).
Per maggiori informazioni:
Divisione delle contribuzioni; Calcolatore d’imposta,
Bellinzona 2010, in:
http://dfe.ti-edu.ch/DFE/DC/calcolatori/reddito_sostanza.htm
[21.02.2011]
Pedroli Andrea; Novità e tendenze legislative nel campo
del diritto tributario, in: RtiD II-2009, pagina 557 e seguenti
Diritto tributario italiano
La famiglia nel sistema dell’imposizione
reddituale in Italia
Esame delle diverse disposizioni disciplinate dal TUIR
Quando, nell’arena politica italiana, si parla di necessità
di interventi a sostegno dei redditi familiari, vari esponenti della vita pubblica, spesso rappresentanti di coorti
politiche diverse (appoggiati, chi più chi meno, da think
tank o associazioni) propongono lo schema del “quoziente
familiare” come rimedio ai problemi di iniquità creati
dallo schema della tassazione individuale vigente sin dalla
riforma degli anni settanta.
Attualmente, in Italia, a differenza - ad esempio - di quanto
avviene nel sistema francese e svizzero, la tassazione
segue l’individuo e non il nucleo familiare.
Ma non è sempre stato così. Nel sistema precedente
alla riforma tributaria del 1972, ai fini dell’imposizione
reddituale, la famiglia assumeva rilievo in due prospettive:
da un lato vigeva una “imposta di famiglia” introdotta nel
lontano 1868; dall’altro l’imposizione progressiva sulle
persone fisiche, nell’ambito di applicazione dell’imposta
complementare disciplinata dal Testo Unico di cui al
Decreto del Presidente della Repubblica (di seguito
“D.P.R.”) n. 645/1958, assoggettava le persone fisiche per
la somma dei redditi propri nonché per i redditi altrui
dei quali si aveva la libera disponibilità. Tali disposizioni,
inoltre, prevedevano che “i redditi della moglie si cumulano
con quelli del marito”.
Con il decreto istitutivo dell’imposta sul reddito delle persone fisiche (di seguito “IRPEF”), nel testo originario del
D.P.R. n. 597/1973, permaneva l’imputazione al capo famiglia dei redditi della moglie convivente e non legalmente
separata, come pure dei figli minori e non emancipati.
13
| n° 2 - Febbraio 2011 |
Tuttavia, tale sistema fu causa di rilevanti dubbi di
costituzionalità sfociati nella pronuncia della Corte
Costituzionale del 15 luglio 1976, n. 179, con cui fu dichiarato
il contrasto del “cumulo” del redditi familiari con il principio
di capacità contributiva e con quello di uguaglianza.
Nel sistema dell’IRPEF risultante attualmente dal TUIR,
l’imposta è dunque applicata separatamente nei confronti di ogni familiare secondo la capacità contributiva
di ciascuno di essi, distinguendo, anche in termini di
adempimenti, la soggettività passiva e le obbligazioni a
carico del singolo contribuente.
Tuttavia, anche se ciascun componente della famiglia
rappresenta un autonomo soggetto passivo all’IRPEF,
l’attuale normativa prevede un sistema di detrazioni e
deduzioni che rappresentano un riconoscimento ai fini
tributari dei doveri di assistenza e/o di mantenimento
all’interno del nucleo familiare.
Ed infatti, nella determinazione dell’imposta, i costi sostenuti nell’ambito della gestione della famiglia assumono
rilevanza sia tra gli oneri deducibili sia tra le detrazioni
dall’imposta.
Così dal reddito complessivo (la “somma” dei vari redditi
- ad esempio redditi fondiari, di lavoro, di capitale calcolati in base alle regole specifiche previste dal TUIR)
si sottraggono quegli oneri deducibili, ritenuti dal legislatore meritevoli di particolare considerazione.
Selezionando - ai fini della presente trattazione dalla rassegna prevista dall’articolo 10 TUIR, si segnala la
disposizione specifica in base alla quale chi sostiene
finanziariamente talune spese per le persone indicate
nell’articolo 433 del Codice civile può comunque dedurle
dal proprio reddito.
Tale norma rappresenta una deroga al principio della
correlazione, ai fini della deducibilità, tra soggetto che
paga l’onere e soggetto che usufruisce della spesa. Le
persone indicate nell’articolo 433 del Codice civile sono:
(i) il coniuge; (ii) i figli legittimi o legittimati naturali o
adottivi o, in loro mancanza, i discendenti prossimi anche
naturali; (iii) i genitori e, in loro mancanza, gli ascendenti
prossimi anche naturali; (iv) gli adottanti; (v) i generi e le
nuore; (vi) il suocero e la suocera; (vii) i fratelli e le sorelle
germani o unilaterali, con precedenza dei germani sugli
unilaterali.
Le spese richiamate dalla norma sono le spese mediche
generiche e di assistenza specifica sostenute per i
soggetti che si trovano in una situazione di handicap. Le
predette spese possono essere dedotte anche se il familiare cui si riferiscono non è fiscalmente a carico.
È poi previsto che siano deducibili dal familiare che sostiene
l’onere anche quanto sostenuto per assolvere contributi
previdenziali e assistenziali versati in adempimento
di un obbligo di legge, tra cui i contributi versati per il
riscatto degli anni di laurea. Per questa tipologia di
costi, è necessario che le persone di cui all’articolo 433
del Codice civile siano fiscalmente a carico di chi ha
sostenuto la spesa.
Un terzo gruppo di oneri deducibili, ma entro la soglia di
1’549.37 euro, riguarda i contributi previdenziali ed assistenziali per la quota a carico del “datore di lavoro”, versati
per gli addetti a servizi domestici e all’assistenza personale
anche dei familiari di cui all’articolo 433 del Codice civile.
Tale norma riconosce la rilevanza delle spese sostenute
in primis per l’impiego delle cosiddette badanti che coadiuvino la famiglia nell’assistenza di persone non autosufficienti.
Per completezza espositiva, in quanto pur sempre costi
relativi a vicende familiari, si evidenzia che tra gli oneri
deducibili rientrano anche gli assegni di mantenimento
periodici corrisposti al coniuge, in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio, o
cessazione dei suoi effetti
civili, nella misura in cui
risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria. È
d’uopo sottolineare che gli
assegni destinati al mantenimento dei figli, ovvero la
quota dell’assegno a tal fine
destinata, non costituiscono
reddito per chi li percepisce e non sono deducibili
dall’erogante.
Inoltre, in base alla lettera lbis
dell’articolo 10 TUIR , introdotta nel 1998, è prevista la
deduzione, nei limiti del 50%, delle spese sostenute per
l’espletamento della procedura di adozione.
Passando alle detrazioni dall’imposta lorda, l’articolo 12
TUIR fornisce una disciplina articolata. Tale disposizione
è rubricata “Detrazioni per carichi di famiglia” e prevede
che la spettanza delle stesse e l’ammontare dipenda
da diversi elementi: reddito complessivo, età dei figli,
numerosità degli stessi, portatori di handicap, separazione
legale ed effettiva, mancanza del coniuge o mancato
riconoscimento dei figli.
In particolare la norma prevede: detrazione per coniuge a
carico (di importo variabile partendo da una base di 800
euro ridotta man mano che il reddito aumenta); detrazioni
per figli a carico (il cui ammontare è in funzione delle
dimensioni delle famiglia, anche in questo caso rileva il
reddito); detrazioni per altri familiari a carico (detrazione
teorica pari a 750 euro che decresce all’aumentare del
reddito). Con la Legge finanziaria 2008, n. 244/2007, per le
famiglie numerose, è stata introdotta un’ulteriore detrazione
qualora i figli a carico siano almeno quattro.
14
| n° 2 - Febbraio 2011 |
Lo status di familiare a carico dipende dal reddito complessivo di quest’ultimo conseguito nel periodo d’imposta
di riferimento per il quale si intende beneficiare della
detrazione. Il limite di reddito è di 2’840.51 euro.
Altre detrazioni rilevanti nella “fiscalità familiare” sono
previste dall’articolo 15 TUIR, il quale dispone la detraibilità
nei limiti del 19% dell’ammontare di una serie di costi
sostenuti per familiari a carico tra cui si annoverano: spese
sanitarie diverse da quelle contemplate nell’articolo 10,
comma 1, lett. b, TUIR; spese per frequenza di corsi di
istruzione secondaria ed universitaria in misura non
superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli
istituti statali; premi per assicurazioni aventi per oggetto
il rischio di morte o invalidità permanente o non autosufficienza al sussistere di determinate condizioni; le spese,
per un importo non superiore a 210 euro, sostenute per
l’iscrizione annuale e l’abbonamento, per i ragazzi di
età compresa tra 5 e 18 anni, ad associazioni sportive,
palestre, ecc.; canoni relativi alle abitazioni degli studenti.
Ai sensi della medesima norma sono altresì detraibili, nei
limiti del 19%, le spese funebri sostenute in dipendenza
della morte di persone indicate nel predetto articolo 433
del Codice civile e di affidati o affiliati (entro la soglia di
1’549.37 euro).
Da ultimo si segnala che, in materia di trattamento della
famiglia, nel TUIR vi sono norme che riguardano la
comunione legale dei coniugi, il fondo patrimoniale e i
redditi dei figli minori. In materia di comunione legale
e di fondo patrimoniale, la legge prevede che i relativi
redditi si imputano a ciascun coniuge per metà del loro
ammontare netto, salva diversa pattuizione convenzionale.
I redditi dei figli minori, che sono soggetti all’usufrutto
legale dei genitori sono imputati per metà a ciascun
genitori.
Dalla pratica applicazione della disciplina di cui si è fornita
una (senz’altro non esaustiva) sintesi emerge una penalizzazione delle famiglie monoreddito rispetto a quelle
che fruiscono di redditi prodotti da più componenti: per
questo motivo, soprattutto negli ultimi anni, da più parti
si avanzano proposte aventi ad oggetto l’applicazione del
quoziente familiare.
Per maggiori informazioni:
Legge del 24 dicembre 2007 n. 244 (Finanziaria 2008); in:
http://def.finanze.it/DocTribFrontend/getAttoNormativo
Detail.do?id={29A2B112-F038-4C70-9383-BD9F58A6A3E4}
[21.02.2011]
Martone Angela; Quant’è complicato il sistema familiare,
5 marzo 2007, in:
http://www.lavoce.info/articoli/pagina2603.html
[21.02.2011]
Giovanna Costa
Dottore Commercialista
Studio Marino & Associati,
Milano
Rapallini Chiara; Il Quoziente Familiare: valutazione di
un’ipotesi di riforma dell’imposta sul reddito delle persone
fisiche, Working Paper n. 475, Società Italiana di Economia
Pubblica, Pavia 2006, in:
http://www-3.unipv.it/websiep/wp/475.pdf
[21.02.2011]
Nuovi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
in materia di trust
Un primo commento alla Circolare 61/2010
Sotto un profilo eminentemente tributario, invece,
la Convenzione lascia impregiudicata l’autonomia di
ciascun Paese per la disciplina degli aspetti fiscali del trust.
A tal riguardo, il legislatore italiano è intervenuto con la
legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge Finanziaria per il
2007), che – tra l’altro – ha espressamente incluso il trust
tra i soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società.
L’Amministrazione finanziaria è in più occasioni intervenuta al fine di illustrare la disciplina tributaria applicabile
al trust; da ultimo, con la Circolare del 27 dicembre 2010,
n. 61/E (di seguito “Circolare 61”), l’Agenzia delle Entrate
ha fornito alcune precisazioni che si caratterizzano per
un approccio estremamente restrittivo rispetto alle
possibilità di utilizzo di tale istituto.
Come noto, l’istituto del trust consiste in un negozio giuridico fondato su un rapporto fiduciario tra un soggetto
disponente (il cosiddetto settlor) e un soggetto gestore
(il cosiddetto trustee) ai sensi del quale il disponente
trasferisce uno o più beni di sua proprietà al trust, affidandone la gestione al trustee. Il gestore provvederà poi
all’amministrazione dei beni trasferiti al trust nell’interesse
- solitamente - di alcuni beneficiari, i quali potranno
essere individuati già all’atto di istituzione del trust ovvero,
in alternativa, in un momento successivo; per quanto
riguarda l’amministrazione dei beni in trust, la stessa
potrà essere svolta in vista del raggiungimento di un
determinato fine o scopo prestabilito dal disponente.
Appare evidente come l’effetto principale dell’atto istitutivo del trust risiede nella segregazione patrimoniale
dei beni oggetto di attribuzione al trust; tali beni, infatti,
non possono più essere considerati quali facenti parte del
patrimonio del settlor, né tantomeno entrano a far parte
del patrimonio del trustee o dei beneficiari.
Ad oggi, nonostante alcuni tentativi di riforma dell’istituto
che, sul piano civilistico, non risulta ancora puntualmente
disciplinato, le uniche disposizioni volte a regolamentare
l’istituto del trust risultano quelle di cui alla legge 16 ottobre
1989, n. 364, di recepimento delle previsioni contenute
nella Convenzione dell’Aja del 1. luglio 1985.
Sulla base delle disposizioni contenute nei citati testi
normativi, i tratti caratterizzanti del trust “convenzionale”
sono sostanzialmente sintetizzabili nei seguenti:
1. la separazione dei beni del trust rispetto al patrimonio
del disponente, del trustee e dei beneficiari;
2. l’intestazione dei medesimi beni in capo al trustee;
3. il potere-dovere del trustee di amministrare, gestire e
disporre dei beni secondo il regolamento del trust e
le norme di legge applicabili.
16
| n° 2 - Febbraio 2011 |
In particolare, l’Agenzia delle Entrate con la Circolare
61 ha affrontato nuovamente la tematica relativa alla
qualificazione di un trust quale “trust trasparente” ai fini
della imposizione sui redditi.
Come noto, ai fini dell’applicazione delle imposte dirette,
vengono individuate due principali tipologie di trust, ossia:
1.
trust con beneficiari di reddito individuati, i cui redditi
vengono imputati per trasparenza ai beneficiari
(cosiddetti “trust trasparenti”);
2. trust senza beneficiari di reddito individuati, i cui
redditi vengono direttamente attribuiti al trust
medesimo (cosiddetti “trust opachi”).
Nella propria prassi consolidata, confermata esplicitamente dalla Circolare 61, l’Amministrazione finanziaria
ha altresì individuato una figura “intermedia” tra le due
sopra citate (cosiddetto “trust misto”), caratterizzata per
la contemporanea presenza di elementi riconducibili
al “trust trasparente” e al “trust opaco”. In particolare,
un trust dovrebbe essere qualificato quale “trust misto”
quando, per esempio, l’atto istitutivo prevede che parte
del reddito del trust sia accantonata a capitale e parte sia,
invece, distribuita ai beneficiari. In questo caso, la parte
di reddito accantonata dovrà essere tassata in capo al
trust mentre l’altra verrà imputata ai beneficiari qualora
ricorrano i presupposti per l’imputazione, vale a dire
quando i beneficiari abbiano diritto di percepire il reddito
non accantonato a capitale.
Con riferimento alla ipotesi di “trust opaco”, ai sensi della
imposte sui redditi, questo assumerà direttamente la
qualifica di soggetto passivo d’imposta sui redditi delle
società (IRES).
Nel caso, invece, di trust con beneficiari individuati, il trust
dovrà come detto considerarsi alla stregua di soggetto
trasparente ai fini dell’imposizione e i redditi da questo
prodotti saranno imputati per trasparenza, direttamente
e indipendentemente dall’effettiva percezione, in capo ai
beneficiari. Come noto, infatti, i redditi imputati ai beneficiari, giusto il disposto dell’articolo 44, comma 1, lettera
g-sexies, TUIR, sono qualificati quali redditi di capitale.
L’Agenzia delle Entrate, con la precedente Circolare del 6
agosto 2007, n. 48/E (di seguito “Circolare 48”), aveva precisato che nell’ambito del dato normativo appena descritto
il concetto di “beneficiario individuato” dovesse intendersi
quale “beneficiario di un reddito individuato, ossia quale
soggetto in grado di esprimere con riferimento a quel determinato reddito una capacità contributiva attuale.” A tal proposito, l’Agenzia delle Entrate aveva ritenuto necessario
che il beneficiario, oltre che espressamente individuato,
risultasse titolare di un diritto di pretendere dal trustee
l’assegnazione di quella parte di reddito imputata
per trasparenza. Conseguentemente, sarebbero stati
da qualificare quali “trust opachi”, ad esempio, i “trust
discrezionali” dove, seppur in presenza di beneficiari puntualmente individuati, l’effettiva distribuzione dei redditi
dipendesse da una scelta (effettivamente) discrezionale e
insindacabile del trustee.
stessi; al contrario sembrerebbe ora richiesta una espressa
identificazione nominativa dei beneficiari, pena l’applicazione del regime di tassazione proprio dei “trust opachi”.
La Circolare 61 si sofferma poi sulle fattispecie nelle quali un
trust possa essere considerato quale soggetto interposto
ai fini dell’imposizione sui redditi. In particolare, sull’assunto
che elemento essenziale del trust è, oltre a quelli sopra ricordati, l’effettivo potere attribuito al trustee di amministrare,
gestire e disporre dei beni a lui affidati, l’Amministrazione
finanziaria ritiene che ove il potere di amministrazione,
gestione o disposizione permanga in tutto o in parte in
capo al disponente, il trust debba considerarsi inesistente
dal punto di vista dell’imposizione dei redditi.
In tale circostanza, infatti, in carenza dell’effettivo spossessamento dei beni per il disponente, il trust si configurerebbe quale struttura meramente interposta rispetto al
disponente stesso, al quale, pertanto, devono continuare
ad essere attribuiti i redditi prodotti dal trust.
A tal proposito, la citata Circolare 61, a maggiore specificazione di quanto precedentemente sostenuto nella
Circolare del 10 ottobre 2009, n. 43/E, provvede in via
esemplificativa alla individuazione di una casistica in cui
il trust deve considerarsi inesistente in quanto interposto,
e segnatamente:
1.
2.
3.
Ciò premesso, benché il dato letterale della Circolare 61
non risulti del tutto chiaro sul punto, potrebbe sostenersi
che l’Amministrazione finanziaria abbia mutato il proprio
orientamento con riguardo alla qualificazione delle fattispecie in cui un beneficiario può ritenersi “individuato”.
Secondo l’Agenzia, infatti, qualora l’atto istitutivo contenga una espressa individuazione nominativa dei beneficiari del trust, questo “assume ai fini delle imposte sui redditi
la qualifica di soggetto trasparente per natura” (sottolineatura
aggiunta). Da ciò deriverebbe, secondo una possibile interpretazione, il venir meno del requisito precedentemente
richiesto dall’Amministrazione finanziaria consistente
nella sussistenza di un diritto attuale e incondizionato
dei beneficiari alla percezione del reddito prodotto dal
trust. In altre parole, secondo una tale tesi anche i trust
discrezionali con beneficiari nominativamente individuati
potrebbe qualificarsi come “trasparenti” ai fini dell’imposizione reddituale.
Inoltre, sulla base di tale nuova interpretazione fornita
dall’Amministrazione finanziaria, parrebbe concludersi
che, ai fini della individuazione dei beneficiari del trust, non
sia sufficiente una mera indicazione per categorie degli
17
| n° 2 - Febbraio 2011 |
4.
5.
6.
7.
8.
9.
trust che il disponente (o il beneficiario) può far cessare
liberamente in ogni momento, generalmente a proprio
vantaggio o anche a vantaggio di terzi;
trust in cui il disponente è titolare del potere di
designare in qualsiasi momento sé stesso come
beneficiario;
trust in cui il disponente (o il beneficiario) risulti,
dall’atto istitutivo ovvero da altri elementi di fatto,
titolare di poteri in forza dell’atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust,
non può esercitarli senza il suo consenso;
trust in cui il disponente è titolare del potere di porre
termine anticipatamente al trust, designando sé
stesso e/o altri come beneficiari (cosiddetto “trust a
termine”);
trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere attribuzioni di patrimonio dal trustee;
trust in cui è previsto che il trustee debba tener conto
delle indicazioni fornite dal disponente in relazione
alla gestione del patrimonio e del reddito da questo
generato;
trust in cui il disponente può modificare nel corso
della vita del trust i beneficiari;
trust in cui il disponente ha la facoltà di attribuire
redditi e beni del trust o concedere prestiti a soggetti
dallo stesso individuati;
ogni altra ipotesi in cui potere gestionale e dispositivo
del trustee, così come individuato dal regolamento
del trust o dalla legge, risulti in qualche modo limitato
o anche semplicemente condizionato dalla volontà
del disponente e/o dei beneficiari.
ai beneficiari. Al proposito, si segnala la necessità per i
beneficiari residenti di reperire adeguata documentazione comprovante la effettiva tassazione dei redditi del
trust di fonte italiana con riferimento ai quali richiedere la
non imponibilità.
Da ultimo, la Circolare 61, contiene alcune precisazioni in
materia di trust esteri; a tal proposito si ricorda infatti come
l’articolo 44, comma 1, lettera g-sexies, TUIR, qualifica
quali redditi di capitale “i redditi imputati al beneficiario di
trust ai sensi dell’articolo 73, comma 2, anche se non residenti.”
Secondo l’interpretazione proposta dall’Agenzia, la locuzione “anche se non residenti” non potrebbe che intendersi
riferita ai trust, posto che la finalità della norma è quella
di rendere il beneficiario residente individuato soggetto
passivo con riferimento ai redditi ad esso imputati dal
trust medesimo, a prescindere quindi dalla residenza di
quest’ultimo.
Ne deriverebbe, seguendo tale interpretazione, che
il reddito imputato dal trust a beneficiari residenti è
imponibile in Italia in capo a questi ultimi quale reddito di
capitale, a prescindere dalla circostanza che il trust sia o
meno residente in Italia e che il reddito sia stato prodotto
o meno nel territorio dello Stato. Tale posizione costituisce
un deciso revirement rispetto a quanto precedentemente
sostenuto nella Circolare 48, secondo cui i redditi di fonte
estera prodotti da un trust estero non dovevano essere
imputati per trasparenza a beneficiari individuati residenti.
Ai fini (parrebbe) di evitare una penalizzante doppia
imposizione, è peraltro precisato che, qualora il reddito
imputato ai beneficiari residenti sia stato prodotto dal
trust direttamente in Italia e qui soggetto a tassazione, lo
stesso non sconterà ulteriori forme di tassazione in capo
Raul-Angelo Papotti
e Giuseppe Zorzi
Chiomenti studio legale,
Milano-Londra
Segnaliamo, infine, una ulteriore interessante precisazione
offerta dalla Circolare 61, e segnatamente che - nel caso
di trust residente con beneficiari individuati non residenti
in Italia – l’imputazione del reddito in capo ai beneficiari residenti debba avvenire indipendentemente dalla
effettiva corresponsione, con ciò derogando al letterale
disposto dell’articolo 23, comma 1, lettera b, TUIR, in tema
di territorialità dell’imposizione.
Per maggiori informazioni:
Agenzia delle Entrate; Circolare 48/E del 6 agosto 2007, in:
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/
5f255c80426e0146b4d5bfc065cef0e8/circ++n++48E
+del+06+agosto+2007.pdf?MOD=AJPERES&CACH
EID=5f255c80426e0146b4d5bfc065cef0e8
[21.02.2011]
Agenzia delle Entrate; Circolare 43/E del 10 ottobre 2009, in:
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/
1f9d8f80426e0428b960bbc065cef0e8/circ43Edel10ottobre
2009.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=1f9d8f80426e0
428b960bbc065cef0e8
[21.02.2011]
Agenzia delle Entrate; Circolare 61/E del 27 dicembre 2010, in:
http://www.agenziaentrate.gov.it/wps/wcm/connect/
ecb2fb0045326a8190909a4da8614bb5/Cir61e+
del+27+12+10+_2_.pdf?MOD=AJPERES&CACHEID=ec
b2fb0045326a8190909a4da8614bb5
[21.02.2011]
Diritto tributario internazionale e dell’UE
L’Italia permette la detrazione delle
imposte estere dall’Irap, oltre che dall’Ires?
Convenzioni bilaterali contro le doppie imposizioni, Irap e credito per imposte estere: esame della situazione
Con la Legge n. 20 del 3 marzo 2009, il Parlamento
italiano ha autorizzato il Presidente della Repubblica a
ratificare la Convenzione contro le doppie imposizioni tra
Italia e Stati Uniti d’America [1] (di seguito “Convenzione”)
e ha dato esecuzione alla stessa. La Convenzione è entrata in vigore il 16 dicembre 2009, data dello scambio
degli strumenti di ratifica, e le sue disposizioni sono divenute applicabili a partire dal 2010 [2].
L’articolo 2 Convenzione elenca le imposte italiane e
statunitensi alle quali la stessa si applica. Nonostante il
comma 1 disponga che la Convenzione si applica soltanto
alle imposte sul reddito prelevate per conto degli Stati
contraenti, il comma 2 include l’Imposta Regionale sulle
Attività Produttive (di seguito “Irap”) tra le imposte italiane
alle quali la Convenzione si applica. In particolare, la
lettera b)-(iii) del citato comma 2 sancisce che, ai fini
dell’applicazione della Convenzione, l’Irap rileva per la
sola parte considerata imposta sul reddito in conformità
al comma 2(c) dell’articolo 23 [3].
Ai sensi del predetto comma 2(c) dell’articolo 23 Convenzione,
la quota di Irap rilevante ai fini convenzionali è determinata applicando all’imposta (Irap) la seguente frazione:
Base imponibile Irap - costo del lavoro indeducibile Irap
- interessi passivi indeducibili Irap [4]
Base imponibile Irap
Il combinato disposto degli articoli 2, comma 2(b)-(iii) e
23, comma 2(c) risolve dunque l’annosa questione della
accreditabilità nello Stato estero dell’Irap riscossa in Italia
il relazione alle attività produttive ivi esercitate da persone
non residenti. In tal senso, la Convenzione sostituisce l’accordo temporaneo ad hoc concluso da Italia e Stati Uniti
d’America il 31 marzo 1998, a seguito dell’entrata in vigore
dell’imposta. Tale Convenzione si inserisce pertanto nel
19
| n° 2 - Febbraio 2011 |
novero delle convenzioni bilaterali per evitare le doppie
imposizioni, concluse dall’Italia a partire dal 1998, che
includono l’Irap tra le imposte alle quali la convenzione
si applica [5]. Con riferimento alle convenzioni, concluse
precedentemente all’introduzione dell’Irap, che includono
l’Imposta Locale sui Redditi (di seguito “Ilor”) tra le imposte
elencate all’articolo 2, è interessante notare come la prassi
applicativa delle amministrazioni finanziarie dei diversi
Stati contraenti è sostanzialmente univoca nel trattare
l’Irap come un’imposta di natura analoga all’Ilor e, pertanto,
come inclusa nell’ambito oggettivo di applicazione delle
rispettive convenzioni [6].
L’articolo 23 Convenzione, però, non affronta esplicitamente
la questione attinente alla detraibilità, dall’Irap dovuta da
persone fiscalmente residenti in Italia, delle imposte sul
reddito che l’altro Stato contraente possa legittimamente
riscuotere ai sensi della Convenzione [7]. La questione, di
fatto comune a tutte le convenzioni bilaterali per evitare
le doppie imposizioni che si applicano all’Irap, non può
essere semplicisticamente liquidata rilevando che l’Irap è,
per propria natura, un’imposta con un ambito geografico
di applicazione territoriale. È indubbiamente vero che l’imposta si applica alle sole attività produttive esercitate nel
territorio delle regioni dello Stato italiano e, in particolare,
sul valore della produzione netta derivante da tali attività [8].
Ma ciò non implica che il concetto di territorialità rilevante
ai fini Irap sia il medesimo (indirettamente) individuato
dalle convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni
e, pertanto, che non sussista alcuna questione concernente
la detraibilità dall’Irap di imposte sul reddito riscosse dagli
Stati con i quali l’Italia ha concluso le suddette convenzioni.
All’opposto, esistono diverse fattispecie nelle quali è
ragionevole affermare che un reddito territoriale ai fini
Irap è, in tutto o in parte, extraterritoriale ai fini delle
rilevanti convenzioni bilaterali. Infatti, mentre ai fini Irap il
valore della produzione netta
che si considera prodotto
nel territorio dello Stato
(e pertanto assoggettato
all’imposta) è determinato
forfetariamente, come quota
proporzionalmente corrispondente all’ammontare delle
retribuzioni spettanti al personale operante con continuità nel territorio dello Stato
(ovvero, per le società finanziarie, all’ammontare dei
depositi in denaro o in titoli verso la clientela, nonché
degli impieghi e degli ordini eseguiti nel territorio dello
Stato) [9], ai fini convenzionali il reddito si considera prodotto
nel territorio di uno, ovvero dell’altro Stato contraente
in base criteri analitici di attribuzione. Nel caso in cui il
valore della produzione netta di una persona fiscalmente
residente in Italia, che sia territorialmente rilevante ai fini
Irap, includa in tutto o in parte elementi di reddito che si
considerano prodotti nell’altro Stato contraente ai sensi
della convenzione bilaterale, e che sono ivi assoggettati
ad imposta conformemente alle disposizioni della stessa,
si è in presenza di una doppia imposizione giuridica
che l’Italia sembrerebbe obbligata ad eliminare ai sensi
dell’articolo 23 della medesima convenzione [10].
Si rifletta, a titolo meramente esemplificativo, sulle seguenti
fattispecie: (i) una società di capitali fiscalmente residente
in Italia, la quale non possiede alcuna sede di affari all’estero,
riceve canoni corrisposti da una società fiscalmente
residente in uno Stato con cui l’Italia ha concluso una
convenzione che ammette la tassazione (limitata) di tali
canoni da parte dello Stato della fonte; (ii) una società
di capitali fiscalmente residente in Italia, la quale non
possiede alcuna sede o ufficio all’estero, deriva una parte
consistente dei propri utili dal trasporto di petrolio, di
proprietà di terzi, effettuato per mezzo di una stazione
automatica di pompaggio e di un oleodotto [11] situati
nel territorio di uno Stato con cui l’Italia ha concluso una
convenzione bilaterale per evitare le doppie imposizione;
(iii) una società di capitali fiscalmente residente in Italia
deriva una parte consistente dei propri utili dall’attività
svolta dal personale altamente qualificato, che svolge
funzioni connotate da un elevato rischio imprenditoriale,
di una sede secondaria estera: l’utile attribuibile a tale
sede secondaria ai sensi dell’articolo 7 della convenzione
in vigore tra l’Italia e lo Stato in cui tale sede secondaria è
ubicata è pari al 60% dell’utile complessivo della società,
mentre l’utile (e il valore netto della produzione) che si
considera prodotto all’estero ai fini dell’Irap è pari al 20%
di quello totale.
Nei primi due casi prospettati, la problematica appare con
evidenza tale da non richiedere alcuna osservazione o commento. L’ultimo caso può apparire, ad un primo sguardo,
più complesso. In esso, il diverso metodo di determinazione
dell’utile e del valore netto della produzione prodotti
all’estero (metodo forfetario di allocazione in base alle
Note: 1) Convenzione conclusa a Washington il 25
agosto 1999. 2) Più precisamente, le disposizioni della
Convenzione sono applicabili (i) con riferimento alle
imposte prelevate alla fonte, alle somme pagate o
accreditate il, o successivamente al, 1. febbraio 2010;
(ii) con riferimento alle altre imposte, ai periodi di
imposta che iniziano il, o successivamente al, 1. gennaio
2010. 3) Cfr. articolo 2, comma 2, lettera (b)-(iii) della
Convenzione tra Italia e Stati Uniti d’America (testo
autentico in lingua inglese); tale disposizione è recata
dalla lettera (a)-(iii) dell’articolo 2, comma 2, nel testo
autentico in lingua italiana. 4) Qualora il numeratore della frazione sia negativo, allo stesso è convenzionalmente attribuito valore nullo (cfr. articolo 23,
paragrafo 2(c)-(ii)-(A) della Convenzione tra Italia e
Stati Uniti d’America). 5) Tra le convenzioni concluse
(ossia firmate) dall’Italia a decorrere dal 1. gennaio
1998, soltanto quelle con Senegal e Uzbekistan non
includono l’Irap. Si rileva che la convenzione conclusa
con la Danimarca, firmata a Copenaghen il 5 maggio
1999, include l’Ilor tra le imposte alle quali la convenzione si applica; ciò nonostante, l’Amministrazione
retribuzioni, ai fini Irap; metodo analitico basato sull’analisi
funzionale della catena del valore dell’impresa, ai fini convenzionali [12]) conducono all’inclusione nella base imponibile
Irap di una quota sostanziale dell’utile attribuibile alla stabile
organizzazione estera (al netto del costo del lavoro e degli
interessi passivi, tale quota è approssimativamente pari
al 40% dell’utile complessivo) [13]. Pertanto, dato un utile
complessivo di 100, 80 è l’utile incluso nella base imponibile
Irap assoggetta ad imposta in Italia; di tale 80, (almeno) 40
è la parte attribuibile alla stabile organizzazione estera.
Qualora lo Stato contraente in cui la fonte del reddito è
ubicata ai fini convenzionali assoggetti ad imposta detto
reddito e l’Imposta sul reddito delle società (di seguito
“Ires”) attribuibile allo stesso non sia sufficientemente capiente per assorbire interamente tale imposta (ad esempio
a causa di perdite fiscali riportate), per la parte residua
l’imposta estera dovrebbe essere detratta dall’Irap
gravante sul medesimo.
Tale conclusione non è inficiata dall’assenza, tra le norme
che disciplinano l’Irap, di una regola sulla detrazione delle
imposte estere. In ragione della prevalenza delle convenzioni bilaterali per evitare le doppie imposizioni sulle
norme interne potenzialmente antinomiche [14], l’Italia
dovrebbe permettere, ove ve ne ricorrano i presupposti,
la detrazione delle imposte estere dall’Irap (oltre che
dall’Ires) in diretta applicazione dell’articolo 23, o equivalente, della rilevante convenzione bilaterale [15], il quale
statuisce un diritto soggettivo a beneficio delle persone
fiscalmente residenti negli Stati contraenti.
finanziaria danese ha sempre applicato la convenzione
come se l’Irap fosse un’imposta di natura sostanzialmente analoga all’Ilor, pertanto accordando un credito
d’imposta ai propri residenti assoggettati ad Irap in
Italia. 6) Cfr., in senso sostanzialmente conforme,
Piazza M., Guida alla fiscalità internazionale, 2004,
Milano, pagine 934-935. 7) Sul tema, cfr. Ludovici P.,
L’accordo temporaneo italo-statunitense in materia di Irap,
in: Rivista di diritto Tributario, IV, pagina 201 e seguenti.
8) Cfr. articoli 1 e 4 D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
9) Cfr. articoli 4 e 12 D. Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446.
10) Cfr., in senso contrario, Corte Amministrativa del
Lussemburgo, 17 gennaio 2006, causa Re XXX SA, in:
9 ITLR 176, in merito all’analogo caso attinente la
detraibilità delle imposte spagnole dall’imposta commerciale comunale lussemburghese ai sensi dell’articolo 24 della convenzione bilaterale per evitare
le doppie imposizioni conclusa da Lussemburgo e
Spagna nel 1986. 11) Cfr., in relazione all’esistenza di
una stabile organizzazione nell’altro Stato contraente
nel caso prospettato, Commentario all’articolo 5 del
Modello OCSE, paragrafi 10 e 42.6. 12) Sul metodo
Paolo Arginelli
Dottore commercialista,
Lugano
Cultore della materia,
Università Cattolica del Sacro Cuore
Dottorando di ricerca,
Università di Leiden
analitico funzionale si vedano le recenti modifiche al
Commentario OCSE (2008 e 2010) e il Report on the
Attribution of Profits to Permanent Establishments,
OCSE, 2008. 13) È, in merito, interessante rilevare che
la Convenzione tra Italia e Stati Uniti d’America, come
altre convenzioni concluse dall’Italia, non ammette
l’attribuzione dell’utile alla stabile organizzazione in
applicazione del metodo forfetario (come viceversa
ammesso dal paragrafo 4 dell’articolo 7 del Modello OCSE
2008). Nelle convenzioni che ammettono tale metodo,
in ogni caso, l’applicazione dello stesso è generalmente
subordinata al fatto che il risultato derivante dalla sua
applicazione risulti conforme ai principi dettati con
riferimento al metodo analitico. 14) Cfr. Corte Costituzionale, sentenze 348 e 349 del 22 ottobre 2007, commentate in: Arginelli P./Innamorato C., The interaction
between tax treaties and domestic law: an issue of
constitutional legitimacy, 48 European taxation (2008),
n. 6, pagine 299-304. 15) Un ulteriore questione di
interesse, che non si ha qui lo spazio per sviluppare, consta nel metodo di ripartizione delle imposte estere tra
quota da detrarsi ai fini Ires e quota da detrarsi ai fini Irap.
Rassegna di giurisprudenza di diritto tributario svizzero
L’imposizione della famiglia vige anche
quando i due coniugi vivono in domicili diversi?
Sentenza della Camera di diritto tributario, del 1. ottobre
2010, numero d’incarto 80.2010.52, in:
mezzi finanziari a disposizione non sono più riuniti,
vale a dire quando – come ha sentenziato il Tribunale federale nei rapporti intercantonali – non esiste
più “alcuna unione dei mezzi per l’abitazione e il mantenimento.” Se invece i mezzi – oltre i consueti regali occasionali – vengono impiegati da entrambe le
parti per il tenore di vita in comune (non entrano in
considerazione le prestazioni alimentari fissate giudizialmente o convenute volontariamente), i coniugi
devono essere tassati congiuntamente malgrado
l’esistenza di una propria abitazione e eventualmente
di un proprio domicilio di diritto civile;
http://www.sentenze.ti.ch
[21.02.2011]
Articolo 9 LIFD – Tassazione dei coniugi, matrimonio con
persona residente all’estero, imposizione congiunta, non
separazione di fatto
La Camera di diritto tributario
del Tribunale d’appello del
Canton Ticino (di seguito
“Camera”), in una sentenza
del 1. ottobre 2010, si è pronunciata sulla tassazione
congiunta dei coniugi, la
cui moglie è domiciliata ed
imposta in Ticino e il cui marito
è domiciliato ed imposto in
Italia.
La ricorrente ha infatti ritenuto ingiusta la decisione
dell’autorità di tassazione,
con la quale gli è stata applicata l’aliquota riservata ai coniugi, determinata tenendo
conto anche dei redditi esteri del marito. A suo parere, la
situazione configura una separazione di fatto poiché non
esiste alcuna comunione di domicilio e di mezzi, nonché
di alcun conto bancario cointestato o in comune. Essa ha
poi affermato di aver contratto matrimonio il 26 giugno
2008, sostenendo però che l’unione coniugale “fiscale”
non sarebbe “mai nemmeno iniziata”, perché i coniugi hanno
sempre mantenuto il proprio domicilio separato e non
hanno mai instaurato una comunione di mezzi.
La Camera ha inizialmente ribadito il principio dell’imposizione della famiglia in base al quale, il reddito e la
sostanza di coniugi non separati legalmente o di fatto
sono cumulati, qualunque sia il regime dei beni. Ne consegue e contrario che, in caso di divorzio o di separazione
legale o di fatto, ogni coniuge è tassato individualmente
per tutto il periodo fiscale.
Secondo, la circolare numero 14 del 29 luglio 1994 dell’AFC i
criteri determinanti per procedere ad una tassazione indipendente dei coniugi che vivono separati sono i seguenti:
•
•
21
assenza di un’abitazione coniugale, sospensione della
comunione domestica, esistenza di un domicilio proprio;
utilizzazione dei mezzi finanziari a disposizione. La
tassazione separata può essere ammessa quando i
| n° 2 - Febbraio 2011 |
•
lo stato civile che risulta dal comportamento della
coppia in pubblico nell’ottica della buona fede;
•
la durata della separazione di fatto invocata (almeno
un anno).
Tali presupposti, secondo la giurisprudenza del Tribunale
federale, devono essere adempiuti cumulativamente
e, in ogni caso, deve esservi stata la sospensione della
comunione domestica ed i mezzi finanziari non devono
più essere impiegati in comune. (consid. 1)
Il Codice civile, all’articolo 25 capoverso 1, non subordina
più il domicilio della moglie a quello del marito. La moglie
può quindi avere un domicilio principale proprio diverso
da quello del marito.
Pertanto due coniugi che, pur continuando la comunione
matrimoniale e condividendo i mezzi comuni, hanno tuttavia due domicili fiscali separati, sottostanno comunque
ad una tassazione come quella cui hanno diritto i coniugi
che hanno un solo domicilio, cioè al cumulo dei fattori
imponibili. In altre parole, fintantoché i coniugi non sono
separati di fatto, continua a vigere il principio della tassazione congiunta. (consid. 2.2)
Interpretando l’articolo 9 LIFD, la Camera ricorda che l’Alta
Corte ha in particolare escluso che vi sia una separazione
di fatto nel caso di due coniugi che vivono separati
durante l’intera settimana e che non dispongono di
un’abitazione durevolmente usata in comune, pur mantenendo l’unione coniugale. In un caso esaminato nel
2001, dopo il matrimonio la moglie aveva mantenuto il
suo appartamento in un luogo ed il marito la sua casa
in un altro, i coniugi avevano continuato a lavorare allo
stesso posto, ognuno provvedeva al proprio mantenimento e apparentemente non disponevano neppure di
mezzi comuni. In questo caso l’Alta Corte ha stabilito che
non vi era una separazione di fatto (durevole) secondo
l’articolo 9 capoverso 1 LIFD e che pertanto si giustificava
la loro tassazione congiunta.
Una simile decisione è stata poi adottata anche in una sentenza del 2008, che si riferiva al caso di un marito tedesco
residente nel Canton Obvaldo, la cui moglie, a sua volta
cittadina germanica, tuttavia viveva ad Amburgo, dove
accudiva la madre anziana ed invalida. Anche qui, l’Alta
Corte ha sottolineato che la tassazione congiunta si giustifica fintantoché sussiste l’unione coniugale. (consid. 2.3)
La Camera venendo al caso della ricorrente, ricorda che
la stessa si è sposata proprio a metà del periodo fiscale
in discussione. Poiché, secondo l’articolo 159 Codice civile,
la celebrazione del matrimonio crea l’unione coniugale,
non potrà certo negare che la stessa sia data anche nel
suo caso.
La semplice circostanza che i coniugi mantengano il proprio domicilio precedente e che continuino a svolgere
la rispettiva attività lucrativa in un luogo separato non
basta a giustificare – continua la Camera – la conclusione
che vi sia una separazione di fatto e che quindi debba
venir meno la tassazione congiunta.
In queste circostanze, la Camera ha tuttavia lasciata aperta
la questione dell’esistenza di una unione dei mezzi fra la
ricorrente ed il marito, ritenendo che sussiste indiscutibilmente il requisito dell’unione coniugale. La Camera
ha poi ritenuto che i coniugi si incontrino almeno durante
i fine settimana e nelle vacanze e che, in tal modo, vi
sia anche qualche forma di messa in comune di mezzi
finanziari. (consid. 2.4)
In base alle considerazioni suesposte, la Camera ha respinto,
perché contrasta con la normativa applicabile, la tesi della
ricorrente secondo cui la tassazione congiunta dei coniugi
dipenderebbe dall’esistenza di un “matrimonio fiscale”, che
differirebbe da quello del diritto civile. Fintantoché è data
l’unione coniugale secondo l’articolo 159 Codice civile si procede all’imposizione congiunta dei coniugi, anche se questi
ultimi hanno un domicilio separato ed anche in mancanza
di un’unione dei mezzi finanziari.
È del resto piuttosto evidente – continua la Camera – che
la tesi ricorsuale trova il suo fondamento nel disagio
provocato dagli effetti del sistema fiscale previsto dal
diritto federale, che in molti casi - nonostante alcuni
interventi del legislatore - continua a penalizzare i coniugi,
soprattutto quando esercitano entrambi un’attività lucrativa e dispongono di redditi elevati. La Camera conclude
affermando che non è tuttavia possibile risolvere il problema attraverso un’interpretazione audace della nozione di
“coniugi non separati legalmente o di fatto”, prevista dalla legge
federale e da quella cantonale armonizzata. (consid. 2.5)
Rassegna di giurisprudenza di diritto dell’UE
Un regime fiscale penalizzante per i dividendi di fonte estera
costituisce una restrizione ai movimenti di capitale
che contraddice il principio della libera circolazione?
Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea,
C‑436/08 e C‑437/08 riunite, del 10 febbraio 2011, in:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?
uri=CELEX:62008J0436:IT:HTML
[21.02.2011]
Libera circolazione dei capitali - Imposta sulle società Esenzione dei dividendi di origine nazionale - Esenzione dei
dividendi di origine estera subordinata al rispetto di determinate condizioni - Applicazione di un sistema di imputazione ai dividendi di origine estera non esentati - Prove
richieste riguardo all’imposta estera imputabile
La Corte di Giustizia dell’Unione europea (di seguito “Corte”)
ha dichiarato:
1.
23
L’articolo 63 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea (di seguito “TFUE”) (libera circolazione dei
capitali) deve essere interpretato nel senso che esso
osta ad una normativa di uno Stato membro, la quale
preveda l’esenzione dall’imposta sulle società per i
dividendi di portafoglio provenienti da partecipazioni
detenute in società residenti, e che subordini tale
esenzione per i dividendi di portafoglio provenienti da
società stabilite negli Stati terzi aderenti all’Accordo
sullo Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992,
all’esistenza di un accordo generale di reciproca assistenza in materia amministrativa e di riscossioni tra
lo Stato membro e lo Stato terzo interessati, nella
misura in cui soltanto l’esistenza di un accordo di
reciproca assistenza in materia amministrativa risulta
necessaria per raggiungere gli obiettivi della normativa in questione.
| n° 2 - Febbraio 2011 |
2. L’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso
che esso non osta ad una normativa di uno Stato
membro, la quale esenti dall’imposta sulle società
i dividendi di portafoglio che una società residente
percepisce da un’altra società residente, assoggettando invece a tale imposta i dividendi di portafoglio
che una società residente percepisce da una società
stabilita in un altro Stato membro o in uno Stato terzo
aderente all’Accordo sullo Spazio economico europeo,
del 2 maggio 1992, a condizione però che l’imposta
pagata nello Stato di residenza di quest’ultima società
venga imputata all’imposta dovuta nello Stato membro
della società beneficiaria e che gli oneri amministrativi imposti a quest’ultima per poter beneficiare di tale
imputazione non siano eccessivi. Eventuali informazioni che vengano richieste dall’amministrazione
tributaria nazionale alla società beneficiaria dei dividendi in merito all’imposta effettivamente applicata
sugli utili della società distributrice dei dividendi nello
Stato di residenza di quest’ultima sono inerenti al
funzionamento stesso del metodo dell’imputazione
e non possono essere considerate come un onere
amministrativo eccessivo.
3. L’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso
che esso osta ad una normativa nazionale, la quale,
al fine di prevenire una doppia imposizione economica, esenti dall’imposta sulle società i dividendi
di portafoglio percepiti da una società residente e
distribuiti da un’altra società residente, e che, per i
dividendi distribuiti da una società stabilita in uno Stato
terzo diverso da quelli aderenti all’Accordo sullo
Spazio economico europeo, del 2 maggio 1992, non
preveda né l’esenzione dei dividendi, né un sistema
di imputazione dell’imposta pagata dalla società
distributrice nel suo Stato di residenza.
4. L’articolo 63 TFUE non osta alla prassi di un’autorità
tributaria nazionale che, per i dividendi provenienti
da alcuni Stati terzi, applichi il metodo dell’imputazione al di sotto di una certa soglia di partecipazione
della società beneficiaria nel capitale della società
distributrice ed il metodo dell’esenzione in caso di
superamento di tale soglia, ed applichi invece sistematicamente il metodo dell’esenzione per i dividendi
di origine nazionale, a condizione però che i meccanismi in questione intesi a prevenire o a attenuare
l’imposizione a catena di utili distribuiti conducano
ad un risultato equivalente. Il fatto che l’amministrazione tributaria nazionale richieda alla società beneficiaria dei dividendi informazioni in merito all’imposta
effettivamente applicata sugli utili della società
distributrice dei dividendi nello Stato terzo di residenza
di quest’ultima è inerente al funzionamento stesso
del metodo dell’imputazione e non pregiudica, in
quanto tale, l’equivalenza dei metodi dell’esenzione
e dell’imputazione.
5. L’articolo 63 TFUE deve essere interpretato nel senso:
•
che esso osta ad una normativa nazionale, la
quale conceda alle società residenti la possibilità
di riportare perdite subite nel corso di un esercizio
fiscale agli esercizi fiscali successivi, e che prevenga
la doppia imposizione economica dei dividendi
applicando il metodo dell’esenzione ai dividendi
di origine nazionale e, per contro, il metodo
dell’imputazione ai dividendi distribuiti da società
stabilite in un altro Stato membro o in uno Stato
terzo, se e in quanto tale normativa non consenta,
in ipotesi di applicazione del metodo dell’imputazione, di riportare l’imputazione dell’imposta
sulle società pagata nello Stato di residenza della
società distributrice dei dividendi agli esercizi
successivi nel caso in cui, per l’esercizio nel corso
del quale la società beneficiaria ha percepito i
dividendi di origine estera, tale società abbia
registrato perdite di esercizio, e
•
che esso non obbliga uno Stato membro a prevedere,
nella propria normativa tributaria, l’imputazione
dell’imposta prelevata sui dividendi mediante
ritenuta alla fonte in un altro Stato membro o
in uno Stato terzo, al fine di prevenire la doppia
imposizione giuridica dei dividendi percepiti da
una società stabilita nel primo Stato membro,
doppia imposizione che consegue dall’esercizio
parallelo, da parte degli Stati membri in questione,
della loro rispettiva competenza fiscale.
L’Accordo sulla libera circolazione delle persone
tra Svizzera ed UE si applica anche all’esercizio venatorio
e alle tasse ad esso connesse?
Sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea,
C‑70/09, del 15 luglio 2010, in:
http://eur-lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=
CELEX:62009J0070:IT:HTML
[21.02.2011]
Accordo tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri,
da una parte, e la Confederazione svizzera, dall’altra,
sulla libera circolazione delle persone - Aff itto di una
zona venatoria - Tassa regionale - Nozione di attività
economica - Principio della parità di trattamento
La Corte ha dichiarato:
•
con riferimento alla riscossione di una tassa per una
prestazione di servizi, quale la messa a disposizione
di un diritto di caccia, le disposizioni dell’Accordo
tra la Comunità europea ed i suoi Stati membri, da
una parte, e la Confederazione svizzera (di seguito
“Accordo”), dall’altra, sulla libera circolazione delle
persone, firmato a Lussemburgo il 21 giugno 1999,
non ostano a che un cittadino di una parte contraente sia assoggettato, sul territorio dell’altra parte
contraente, in veste di destinatario di servizi, a un
trattamento diverso rispetto a quello riservato alle
persone che hanno la loro residenza principale su detto
territorio, ai cittadini dell’Unione nonché alle persone
ad essi equiparati in forza del diritto dell’Unione.
status giuridico di questi ultimi sul territorio di una
delle parti contraenti, va osservato che, se è vero che
l’articolo 2 dell’Accordo riguarda il principio di non
discriminazione, esso però vieta in modo generale e
assoluto non qualsivoglia discriminazione dei cittadini di una delle parti contraenti che soggiornano sul
territorio dell’altra parte, bensì solo le discriminazioni
fondate sulla nazionalità e nei limiti in cui la situazione
di tali cittadini rientri dell’ambito di applicazione
materiale delle disposizioni degli allegati I‑III di tale
Accordo.
40.L’Accordo e i suoi allegati non contengono alcuna
norma specifica diretta a garantire il godimento, da
parte dei destinatari di servizi, del principio di non
discriminazione nell’ambito dell’applicazione delle
normative fiscali relative alle operazioni commerciali
aventi ad oggetto una prestazione di servizi.
41. Per di più, la Corte ha osservato che la Confederazione
svizzera non ha aderito al mercato interno della
Comunità diretto a rimuovere tutti gli ostacoli al fine
di creare uno spazio di libertà di circolazione completa simile a quello che offre un mercato nazionale,
il quale comprende, inter alia, la libera prestazione di
servizi e la libertà di stabilimento (cfr. sentenza del 12
novembre 2009, causa C‑351/08, Grimme, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 27).
42.La Corte ha altresì precisato che, di conseguenza
l’interpretazione data alle disposizioni del diritto
dell’Unione relative a tale mercato interno non può
essere automaticamente trasposta all’interpretazione dell’Accordo, salvo disposizioni espresse a tal fine
previste dall’Accordo stesso (cfr. sentenza dell’11 febbraio 2010, causa C‑541/08, Fokus Invest, non ancora
pubblicata nella Raccolta, punto 28).
Nel motivare la sentenza, la Corte ha precisato quanto
segue (i numeri a sinistra indicano i paragrafi della motivazione della sentenza):
39. In merito alla questione se, al di là del regime relativo
al diritto di ingresso e di soggiorno dei destinatari di
servizi, l’Accordo intenda fissare un principio generale di parità di trattamento per quanto riguarda lo
25 | n° 2 - Febbraio 2011 |
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26 | n° 2 - Febbraio 2011 |
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La Direttiva europea sulle ristrutturazioni
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La gestione della variabile doganale: ridurre rischi e costi negli scambi commerciali
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Introduzione al diritto fiscale statunitense
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L’imposizione dei trusts e dei patti di famiglia in Italia
Durata: 4 ore, Calendario: 21 maggio 2011, Termine d’iscrizione: 19 maggio 2011
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Il trasferimento della residenza delle persone fisiche dall’Italia verso i paradisi fiscali
Durata: 4 ore, Calendario: 27 maggio 2011, Termine d’iscrizione: 25 maggio 2011
Iscrizioni e informazioni: http://www.fisco.supsi.ch/Content/main/uploaded/pdf/Pianificazione_PF_CH.pdf
Le problematiche IVA della strutturazione e del trading internazionale
Durata: 4 ore, Calendario: 3 giugno 2011, Termine d’iscrizione: 1. giugno 2011
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