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Il legato di fideiussione in Famiglia, Persone e Successioni, 2011, 6

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Il legato di fideiussione in Famiglia, Persone e Successioni, 2011, 6
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IL COMMENTO
» Legato
Il legato di fideiussione(*)
Vincenzo Barba
Professore associato di Istituzioni di diritto privato
»
SOMMARIO
1. La razionalità del succedere – 2. I legati: pura forma immune da condizionamenti contenutistici – 3. Legato di fideiussione a favore del creditore – 4.
Segue: vicende e disciplina del rapporto di fideiussione a favore del creditore – 5. Legato di fideiussione a favore del debitore – 6. Negazione di un legato
di fideiussione reale – 7. Legato di garanzia personale
1. La razionalità del succedere
I
l tema delle garanzie personali(1), largamente approfondito
dalla letteratura e variamente esplorato nella prassi giudiziaria, può rappresentare un interessante laboratorio per verificare
se importanti vicende di rapporti giuridici, tradizionalmente, storicamente e positivamente legate alla struttura contrattuale possano presentare una compatibilità, immediata o mediata, anche
con altre e diverse strutture e, in particolare, con il testamento.
L’assenza di una norma che consenta al testatore di legare il diritto
a una garanzia personale e l’esistenza, per contro, di una norma
che vieta la costituzione di ipoteca per testamento, aprono l’indagine al noto problema del se esista un limite di natura essenzialmente strutturale o funzionale alla produzione di talune vicende
di rapporti giuridici, ovvero se possa, con la sola esclusione delle
ipotesi testualmente escluse, ammettersi, anche in difetto di una
previsione espressa, che vicende di rapporti giuridici che nella
circolazione inter vivos richiedono, di necessità, un atto di natura
contrattuale, o, più genericamente, un patto o una convenzione,
possano, invece, nella vicenda mortis causa, anche in assenza di
una specifica previsione, realizzarsi mercé l’unico e solo atto che
l’ordinamento conosce.
(*) Lo scritto è destinato agli studi in onore di Lelio Barbiera.
(1) L. BARBIERA, Garanzia del credito e autonomia privata, Napoli, 1971;
ID., Le garanzie atipiche e innominate nel sistema del codice del 1942, in
Banca borsa e tit. credito, 1992, I, 727 ss.; M. SESTA, Vendita, cessione del
credito, mandato a scopo di garanzia, contratto autonomia di garanzia,
Padova, 1988; G. BISCONTINI, Assunzione del debito e garanzia del credito,
Napoli, 1993.
(2) L’idea è chiara in G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I
legati cosı̀ detti atipici, Milano, 1990, 11 s. e spec. 48 ss.; ID., I legati. Artt.
649-673, in Comm. Schlesinger, Milano, 2001, 14 ss.; ID., Testamento, in
Digesto civ., XVII, Torino, 1999, 338 ss. A conferma della penetrazione
dell’idea anche a livello manualistico, ID., Manuale di diritto ereditario e
delle donazioni, 5ª ed., Torino, 2010, 205 ss. In senso parzialmente differente M. ALLARA, Principı̂ di diritto testamentario, Torino, 1957, 28, secondo
il quale il tratto della patrimonialità, in uno con quello della capacità di
regolare gli interessi post mortem, sarebbe necessario ai fini della qualificazione del testamento. Secondo l’A. il nostro ordinamento conosce anche
negozi a causa di morte non patrimoniali sicché, come precisa a 103 s., «le
disposizioni di cui al 2º co. dell’art. 587 c.c. non sono disposizioni testamentarie anche se il legislatore ha stabilito per esse un formalismo uguale
a quello, che lo stesso legislatore ha stabilito nei riguardi del negozio
testamentario». In definitiva per l’A., nella materia testamentaria il tratto
della patrimonialità è essenziale, con la precisazione (102) che esso, a
differenza di quanto non accada nella materia del contratto, rileva non
già sul piano del rapporto giuridico, bensı̀ su quello dell’oggetto del negozio stesso.
(3) Almeno, G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I legati cosı̀
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Con l’ulteriore corollario che una eventuale risposta di segno
positivo a codesto quesito non soltanto finirebbe con il confermare l’autorevole idea che il testamento serve alla regolamentazione post mortem degli interessi, anche non patrimoniali,
del de cuius(2), ma, aprirebbe importanti e fondamentali spazi
all’autonomia testamentaria, riempiendola di nuovi e ricchi
contenuti(3). Tutti resi possibili dalla validità delle due uniche
forme di chiamata che l’ordinamento, di là del loro contenuto,
conosce e ordina.
A differenza delle disposizioni che attribuiscono la qualità di
erede, le quali sono positivamente definite dal nostro legislatore, in ragione del loro comprendere l’universalità o una quota
dei beni del testatore(4), le disposizioni che attribuiscono la
qualità di legatario sono definite in via residuale e in ragione
della loro non riconducibilità alle prime(5).
Esse, quindi, nell’assorbire tutte le disposizioni testamentarie
istitutive che non possono essere considerate a titolo universale, valgono, altresı̀, a chiudere, tassativamente, le forme della
chiamata.
Le quali, sciolte da qualsiasi vincolo
e condizionamento, insensibili al merito
detti atipici, cit., passim; A. TRABUCCHI, L’autonomia testamentaria e le
disposizioni negative, in Riv. dir. civ., 1970, I, 39 ss.; N. LIPARI, Autonomia
privata e testamento, Milano, 1970.
(4) Precisa l’osservazione di M. ALLARA, Principı̂ di diritto testamentario,
Torino, 1957, 120, il quale, dopo aver chiarito che è vocazione a titolo universale quella il cui oggetto «è determinato per relationem alla situazione patrimoniale dell’autore della successione nel momento della morte», conclude
che vocazione a titolo universale e particolare sono l’una rispetto all’altra,
contrarie. Non potrebbe, dunque, esistere un terzo genere.
(5) Sul punto, almeno, G. AMADIO, La divisione del testatore senza predeterminazione di quote, in Riv. dir. civ., 1986, I, 243 ss.; ID., La divisione del
testatore, in Successioni e donazioni a cura di Rescigno, II, Padova, 1994, 73
ss., spec. 104-107; L. MENGONI, L’istituzione di erede «ex certa re» secondo
l’art. 588, 2º co., c.c., in Riv. trim. dir. e proc. civ., 1948, 762; S. DELLE MONACHE, Revoca tacita dell’istituzione ex re certa, in Riv. dir. civ., 2008, I, 396 ss.;
G. BONILINI, Institutio ex re certa e acquisto per virtù espansiva, dei beni
non contemplati nel testamento, in Tratt. dir. successioni e donazioni diretto da Bonilini, II, La successione testamentaria, Milano, 2009, 239 s.; ID.,
Institutio ex re certa e acquisto, per virtù espansiva, dei beni non contemplati, in Fam. pers. succ., 2008, 532 ss.; S. D’ANDREA, La heredis institutio ex
re certa, in Tratt. dir. successioni e donazioni diretto da Bonilini, II, La
successione testamentaria, cit., 223 s.; G. PERLINGIERI, Heredis institutio ex
re certa, acquisto di beni non contemplati nel testamento e l’art. 686 c.c., in
Studi in onore di Giovanni Gabrielli, anche in Le corti Salernitane, 2010, e
in Riv. trim dir. e proc. civ., 2011, 6 ss. Per ulteriori riferimenti, sia consentito il rinvio anche al nostro Istituzione ex re certa e divisione fatta dal
testatore, in Riv. dir. civ., in corso di pubblicazione.
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IL COMMENTO
dei contenuti(6), sole garantiscono la razionalità
del succedere.
Nella materia del diritto ereditario, il tema delle garanzie(7),
almeno nella misura in cui si voglia far riferimento alla costituzione di un rapporto giuridico obbligatorio accessorio rispetto ad altro, trova, di necessità, il suo terreno di elezione nella
chiamata a titolo particolare, ossia in quel tipo di chiamata che
rende possibile la costituzione di un rapporto giuridico non
esistente nel patrimonio del de cuius.
È ovvio, infatti, che, se al tempo della apertura della successione, il rapporto obbligatorio di garanzia esisteva già nel patrimonio dell’ereditando, si tratterà semplicemente e nei limiti in
cui il tratto personale della garanzia non lo escluda a priori, di
una mera successione nel rapporto(8).
L’ipotesi alla quale intendo riferirmi è, dunque,
la costituzione di un rapporto giuridico
obbligatorio di garanzia non esistente
nel patrimonio dell’ereditando, avente fonte
nella disposizione testamentaria.
momento che la sua struttura, in uno con la sua costante capacità di importare una successione a titolo particolare inducono a considerare il legato stesso un costante modello tipologico(10). Un’astratta struttura sempre eguale a se stessa, indipendentemente dal contenuto con il quale essa venga, vòlta a
vòlta, riempita e in grado, perciò, di garantire la razionalità del
succedere. Una pura forma la quale, proprio perché tale, è
indifferente ai contenuti e, perciò, capace di tutti quelli che
l’ordinamento giuridico consente e tollera.
Il legato, dunque, non sarebbe capace soltanto
degli effetti reali o degli effetti obbligatori
espressamente disciplinati, bensı̀ di un qualunque
effetto reale o obbligatorio che l’ordinamento
possa approvare.
a puntuale verifica della compatibilità tra legato e garanzie
personali muove da una più generale e fondamentale premessa: che l’ordinamento giuridico tolleri disposizioni testamentarie a titolo particolare aventi un contenuto diverso da
quello espressamente e specificamente preveduto nelle non
poche e non rare norme dedicate al legato. Perché la negazione
di una tale premessa, rovinerebbe in punto d’inizio il matrimonio che mi riprometto di celebrare.
La migliore dottrina ha largamente dimostrata l’esistenza di una
vera e propria autonomia testamentaria: il testatore, nel limite del
lecito, possibile e determinato, è libero di fissare il contenuto della
disposizione testamentaria e, in specie, del legato(9).
Non si tratta punto di affermare la atipicità del legato, quanto,
piuttosto, l’atipicità del suo oggetto o del suo contenuto, dal
Tra gli altri, può avere a proprio oggetto anche un facere a
favore dell’onorato sia che esso consista in un’attività materiale(11), sia che esso consista in un’attività o un comportamento
negoziale(12).
I legati espressamente disciplinati non sarebbero, allora, tipi di
legato, ma soltanto specie di legati, e, in logica conseguenza, i
legati di contenuto diverso da quello espressamente regolato
non sarebbero atipici, ma soltanto privi di una disciplina del
loro rapporto(13).
Con la fondamentale conseguenza teorica e pratica che l’ammissibilità degli ultimi non reclamerebbe una valutazione di
meritevolezza, ossia una valutazione sulla idoneità astratta della struttura giuridica a realizzare interessi approvati dall’ordinamento giuridico, bensı̀ una valutazione del concreto rapporto giuridico e della precisa vicenda che da esso deriva.
Inappropriato ed erroneo è, dunque, il riferimento all’art.
1322 c.c.(14).
Non soltanto perché l’applicazione analogica di questa norma
alla materia del legato è seriamente discutibile(15), quanto e soprattutto perché essa, nel preoccuparsi di fissare i criterı̂ per dare
cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico a modelli contrattuali capaci di realizzare assetti di interessi diversi da quelli tipici,
risolve un problema certamente estraneo al legato, ché indipendentemente dal suo contenuto, è costante modello di chiamata.
(6) Nei limiti in cui quei contenuti siano tollerati dall’ordinamento giuridico. Il quale non pone un veto pregiudiziale o preconcetto a che quella
forma sia riempita di qualunque contenuto, ma soltanto i veti e le limitazioni che derivano, immediatamente e direttamente, dalla previsione di un
rapporto giuridico che l’ordinamento disapprova, secondo i suoi consueti
meccanismi normativi di controllo.
(7) Sul tema in genere, almeno, M. FRAGALI, Garanzia. II. Garanzia e
diritti di garanzia (dir. priv.), in Enc. dir., XVIII, Milano, 1969; G. GORLA,
Le garanzie reali dell’obbligazione, Milano, 1935.
(8) Proprio con riferimento alla fideiussione, osserva M. FRAGALI, Delle
obbligazioni, Fideiussione – mandato di credito, Art. 1936 – 1959, in Comm.
Scialoja e Branca, Bologna – Roma, 1957, 48, «è d’uopo avvertire che non
ha carattere testamentario la fideiussione alla quale lo stesso testatore era
tenuto in base a un contratto definitivo da lui concluso e che si trasmette
all’erede o al legatario in virtù della vocazione testamentaria».
(9) L’impianto di questa tesi è di G. BONILINI, Autonomia testamentaria e
legato. I legati cosı̀ detti atipici, cit., 44 ss.
(10) Secondo G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I legati cosı̀
detti atipici, cit., 55, deve censurarsi l’idea che volesse considerare le norme, previste agli artt. 651 ss. c.c., capaci di descrivere una varietà tipologica del legato «È esso, invero, un «tipo» delle tassative disposizioni testamentarie patrimoniali attributive, che può affiancarsi al sub ingresso, nella
massa, di un erede; è costante il suo valore tipologico; trova nella legge
anche la disciplina spicciola di alcune delle sue specie».
(11) Segnala G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I legati cosı̀
detti atipici, cit., 103 ss., che all’interno dei cc.dd. legati di un fatto dell’onerato, assumono larga importanza quelli aventi a oggetto un facere
negoziale, mentre quelli relativi a un facere materiale, «sono oggi sicuramente inconsueti, e ci riportano il sapore di un tempo che è andato smarrito».
(12) F. P. LOPS, Il legato, in AA.VV., Successioni e donazioni a cura di Rescigno, I, Padova, 1994, 1036, precisa che si tratta di strumento capace di
realizzare interessi rispetto ai quali risulterebbe inadeguato il ricorso al
legato modale o al sublegato. Il legato di contratto, infatti, conferisce al
legatario «una pretesa creditoria [...], per cui l’onerato sarà tenuto ad un
rapporto contrattuale con un terzo».
(13) G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I legati cosı̀ detti atipici, cit., 57.
(14) Cosı̀, chiaramente, BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I
legati cosı̀ detti atipici, cit., 61 ss. e spec. par. 10, 64 ss. e 69, «il testamento,
in quanto tipo negoziale legislativamente prefigurato, non tollera codesta
valutazione di meritevolezza». In senso contrario, e per una immediata e
diretta applicazione della norma di cui all’art. 1322 c.c., G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, II, Milano, 1982, 651.
(15) Ancora più discutibile ci pare l’applicazione di questa norma attraverso
la mediazione dell’art. 1324 c.c. Non soltanto perché il referente logico dell’ultima disposizione è l’atto a contenuto necessariamente patrimoniale,
quanto e soprattutto perché è l’atto unilaterale inter vivos. Ma, in questo
senso, ossia per l’applicabilità della norma di cui all’art. 1322 c.c. pel tramite
della norma di cui all’art. 1324 c.c., V. PIETROBON, L’errore nella dottrina del
negozio giuridico, Padova, 1963, 458 ss.; M. BIN, La diseredazione. Contributo
alla studio del contenuto del testamento, Torino, s.d., ma 1966, 184. In senso
contrario, N. LIPARI, Autonomia privata e testamento, cit., 37; G.B. FERRI, Causa e
tipo nella teoria del negozio giuridico, Milano, 1966, 35-39.
2. I legati: pura forma immune da condizionamenti
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Appropriato e utile, invece, limitatamente ai legati a contenuto
obbligatorio, il riferimento alle norme sulla patrimonialità della
prestazione e sui caratteri di liceità, possibilità e determinatezza o determinabilità dell’oggetto(16).
Perché il nostro ordinamento giuridico non potrebbe tollerare,
indipendentemente da quale che sia la sua fonte, un rapporto
giuridico obbligatorio la cui prestazione non abbia carattere
patrimoniale, o il cui oggetto sia contrario alla legge o impossibile o indeterminato(17).
L’indagine, quindi, è destinata a mutare il proprio consueto
orizzonte.
Le norme votate a regolare il contenuto del negozio testamentario, divise tra quelle che espressamente consentono la produzione di una certa vicenda di rapporto giuridico(18) e quelle
che, invece, espressamente la vietano, assumono, pur in assenza di una norma generale sugli effetti del testamento, un diverso significato.
Poiché la struttura del legato è indifferente ai suoi contenuti, le
norme che disciplinano talune vicende di rapporti giuridici da
esso generati non servono a fissare, secondo il doppio registro
del permesso e vietato, tutti i contenuti possibili e consentititi
della disposizione testamentaria, bensı̀ a segnare, secondo una
logica più marcatamente tipologica, soltanto la disciplina di
quelli. Con l’ovvio corollario che il testamento risulta capace
di produrre non soltanto le precise e individue vicende di rapporto giuridico che il legislatore espressamente gli commette
nelle norme dedicate al legato, ma una più ampia e vasta gamma di vicende(19).
Nella indagine e verificazione della quale rimane determinante
la responsabilità dell’interprete al quale, per un verso, compete
di verificare se, in che misura e soprattutto sulla base di quali
principii normativi ciò possa accadere e, per altro verso, di
pensare o ripensare all’autonomia testamentaria.
La quale finisce con il confermare l’idea che, ferma la tassati-
(16) G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I legati cosı̀ detti atipici, cit., 81 ss, spec par. 13 «Legati obbligatorii, patrimonialità della prestazione, e liberalità» e par. 14 «I requisiti della prestazione oggetto di
legato».
(17) Con riferimento al legato di contratto la considerazione di G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I legati cosı̀ detti atipici, cit., 112 ss.
e spec. 114 s., ID., I legati. Artt. 649-673, cit., 128, il quale individua nel
tratto di fiducia che caratterizza taluni tipi contrattuali, la ragione che
impedisce la imposizione di un contratto in via testamentaria. Il legato
di contratto, infatti, finirebbe con il tradursi in una intollerabile violazione
della libertà: «L’ordinamento consente che il testamento venga anche a
realizzare un impaccio all’altrui libertà di contrattare, purché esso non si
verifichi odioso, ed intollerabile alla luce di sovrastanti principii normativi,
pur dovendosi ammettere che le obbligazioni imposte con testamento non
sono di regola atte a violare il principio generale secondo cui nessuno può
essere obbligato contro la propria volontà».
(18) L’impostazione concettuale che ci induce a considerare unici e
possibili effetti delle norme giuridiche le vicende di un rapporto giuridico, ossia, la costituzione, modificazione o estinzione, di un rapporto
giuridico assoluto, relativo o potestativo è in M. ALLARA, Vicende del
rapporto giuridico, fattispecie, fatti giuridici, rist. con prefazione di N.
Irti, Torino, 1999, passim; ID., Le nozioni fondamentali del diritto civile,
I, 5ª ed., Torino, s.d., 50 ss.
(19) G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I legati cosı̀ detti atipici, cit., 70, a proposito del legato, precisa che esso è «il solo schema
legislativo approntato per l’attribuzione, ad un soggetto specificato in
via testamentaria, di un quid determinato avente carattere patrimoniale;
ma detto schema non rappresenta che la traccia, che il testatore vivifica
pel tramite di una prodigiosa varietà di contenuto».
(20) L’impostazione è di M. ALLARA, Vicende del rapporto giuridico, fattispecie, fatti giuridici, cit., 119 s., il quale distingue i fatti giuridici a efficacia
corrispondente al contenuto del fatto da quelli a efficacia non corrispondente, precisando che in caso di cospicua corrispondenza dell’elemento
oggettivo deve discorrersi di negozio; «Fuori del campo negoziale il fenomeno della corrispondenza dell’elemento oggettivo può presentarsi in
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vità delle forme della chiamata, il contenuto del testamento
non è esclusivamente patrimoniale; che il contenuto patrimoniale non è necessariamente attributivo e, infine, che l’atto
mortis causa, benché non sia espressamente menzionato, merita a pieno titolo di essere annoverato, da un punto di vista
positivo, tra le fonti dell’obbligazione e, da un punto di vista
dogmatico, tra i negozii giuridici, ossia tra gli atti a efficacia
corrispondente al contenuto del fatto(20).
3. Legato di fideiussione a favore del creditore
L
a più semplice e tipica garanzia personale è la fideiussione(21).
La quale, non soltanto per la singolarità strutturale che la contraddistingue, ma anche per il singolare effetto in cui consta, è
definita dal legislatore, anziché nella consueta prospettiva oggettiva del rapporto contrattuale, in quella schiettamente soggettiva di una delle sue parti: il fideiussore. Ossia colui che,
obbligandosi personalmente verso il creditore, garantisce l’adempimento dell’obbligazione altrui.
Di là del problema della fattispecie(22), il quale, dovendo trasporre il tema alla materia testamentaria interessa certamente
di meno, l’effetto essenziale della fideiussione consiste nella
costituzione di un rapporto giuridico obbligatorio in forza del
quale il fideiussore garantisce l’adempimento di una obbligazione altrui, ossia si obbliga in solido, salva la previsione negoziale del beneficio di preventiva escussione, con il debitore
principale al pagamento del debito. Modificando, cosı̀, l’originaria struttura soggettiva del rapporto obbligatorio, il quale si
arricchisce, ex latere debitoris, di un nuovo rapporto.
All’originario debitore se ne aggiunge un altro
a titolo di garanzia, il fideiussore.
Il primo è tenuto alla prestazione originariamente dedotta nel
maniera meno accentuata, riguardando tale corrispondenza non già il tipo
di mutamento del rapporto, ma soltanto il contenuto di quest’ultimo».
Anche in N. IRTI, Introduzione allo studio del diritto privato, Milano,
1990. Per un’applicazione di questo criterio il mio La rinunzia all’eredità,
Milano, 2008, 301 ss.
(21) Impossibile proporre una selezionare dei lavori sulla fideiussione.
Ma, tra quelli che, almeno, lambiscono il tema, valga il rinvio a M. FRAGALI,
Delle obbligazioni, Fideiussione – mandato di credito, Art. 1936 – 1959, cit.,
22 s.; M. D’ORAZI FLAVONI, Fideiussione – mandato di credito – Anticresi, in
Tratt. Grosso e Santoro-Passarelli, Milano, s.d., ma 1961, 25; B. MORETTI, La
Fideiussione, in B. MORETTI – F.P. NICITA – N. VISALLI, Sequestro convenzionale –
Fideiussione – Mandato di credito – Anticresi – Transazione – Cessione dei
beni ai creditori, in Giur. sist. Bigiavi, Torino, 1968, 60 s.; G. BOZZI, La
fideiussione, le figure affini e l’anticresi, in Tratt. Rescigno, 13, Obbligazioni
e contratti, t. V, Torino, s.d., ma 1985, 208.
(22) Indubbio che la fideiussione si atteggi a c.d. contratto unilaterale,
ossia, pur nella bruttura della formula, a contratto dal quale derivano
obbligazioni a carico di una sola parte. Ciò importa che se l’iniziativa alla
conclusione proviene da parte del fideiussore, la conclusione del contratto
è inevitabilmente soggetta alla disciplina dettata nell’art. 1333 c.c. Norma,
intorno alla quale, come è noto, ruota un intenso dibattito dottrinale nel
quale da autorevole dottrina si nega, perfino, che i rapporti realizzati attraverso quella tecnica procedimentale possono essere considerati riconducibili allo schema del contratto. Cosı̀, di là dell’impostazione classica e
tradizionale, la quale discorre di contratto concluso mediante accettazione
tacita, vi è, da una parte, R. SACCO, La conclusione dell’accordo, in R. SACCO e
G. DE NOVA, Il contratto, Trattato di diritto civile diretto da Sacco, 3ª ed.,
Torino, 2004, 245 s., il quale discorre di contratto unilaterale, lamentando
che «Ciò che la dottrina non vuole ammettere non è dunque l’acquisto
involontario, ma è semplicemente il contratto con unica dichiarazione» e,
d’altra parte, G. BENEDETTI, Dal contratto al negozio unilaterale, Milano,
1969, il quale ha teorizzato la fondamentale figura del negozio unilaterale
a rilievo bilaterale, ossia di un negozio unilaterale strutturalmente e funzionalmente efficace, il cui effetto è, però, eliminabile, per volontà del
soggetto destinatario di esso.
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rapporto obbligatorio, il secondo, di necessità e indipendentemente dal contenuto della prima, a un’obbligazione accessoria
di carattere pecuniario capace di soddisfare la pretesa di aspettativa del creditore frustrata dall’eventuale inadempimento del
primo.
Le obbligazioni dei due debitori, ove pure il loro oggetto fosse il
medesimo, ove pure, cioè, l’obbligazione principale fosse di
natura meramente pecuniaria, rimangono distinte per titolo e
causa, avendo fonte in atti diversi e la seconda una mera funzione accessoria alla prima, che, invece, conserva la funzione
originaria e legata soltanto al titolo che ne reca l’origine.
I concetti di attesa di prestazione e pretesa di soddisfazione
consentono di avvertirne la diversità con tratto di assoluta
chiarezza(23).
Svolte queste elementari precisazioni, nella consapevolezza
dell’autonomia testamentaria, si tratta di verificare la compatibilità e la realizzabilità di una fideiussione per testamento(24).
Poiché il legato si è confermato una pura struttura del succedere,
indifferente ai contenuti e, quindi, capace di tutti quelli che l’ordinamento possa reputare meritevoli di tutela, non credo si possa
revocare in dubbio l’ammissibilità di un legato di fideiussione.
Si tratterà di una disposizione testamentaria a titolo particolare, avente a oggetto un facere negoziale, in virtù della quale il
testatore impone all’onerato, sia esso erede o legatario, l’obbligo di prestare il consenso.
Un legato o un sublegato, a seconda che esso sia posto a carico
dell’erede o di altro legatario, che costituisce in capo all’onerato l’obbligo di stipulare il contratto di fideiussione e a favore
del legatario il diritto a pretenderne la stipulazione(25).
Indipendentemente dall’idea che la fideiussione sia da considerare un contratto con obbligazioni a carico di una sola parte
ovvero un negozio unilaterale a rilievo bilaterale soggetto a
rifiuto(26), non v’ha dubbio che il facere negoziale dovuto dall’onerato e preteso dall’onorato per effetto della disposizione
testamentaria a titolo particolare sia costante.
L’onerato è obbligato a prestare una dichiarazione con la quale
si obblighi personalmente verso il creditore a garantire l’adempimento di un’obbligazione altrui(27).
L’adesione all’una o all’altra ipotesi ricostruttiva non desta,
dunque, particolari problemi, dal momento che gli effetti della
(23) E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, II, Struttura dei rapporti
d’obbligazione, Milano, 1953, 35 ss.
(24) Il tema non ha costituito oggetto di precisi studi della dottrina. Ma
importanti le considerazioni di G. BONILINI, Autonomia testamentaria e
legato. I legati cosı̀ detti atipici, cit., 128-131; ID., I Legati. Artt. 649-673,
cit., 123 ss. e spec. 124, e di M. FRAGALI, Delle obbligazioni, Fideiussione –
mandato di credito, Art. 1936 – 1959, cit., 22 s. Alla questione dedicano
soltanto un cenno, o poco più: G. CRISCUOLI, Le obbligazioni testamentarie,
2ª ed., Milano, 1980, 162; F .P. LOPS, Il legato, cit., 1036, M. D’ORAZI FLAVONI,
Fideiussione – mandato di credito – Anticresi, cit., 25; B. MORETTI, La Fideiussione, cit., 60 s.; G. BOZZI, La fideiussione, le figure affini e l’anticresi,
cit., 208.
(25) Rispetto all’obbligazione di stipulare la fideiussione nascente da
testamento, M. FRAGALI, Delle obbligazioni, Fideiussione – mandato di credito, Art. 1936 – 1959, cit., 47 s., precisa che «l’obbligazione è di natura
unilaterale perché unilaterale è il negozio testamentario che la racchiude».
(26) Come ho anticipato, noto è il dibattito in dottrina intorno all’art.
1333 c.c. tra chi considera la figura in esso descritta un contratto con
accettazione tacita, chi un contratto unilaterale (R. SACCO, La conclusione
dell’accordo, cit., 245 ss.) e chi un negozio unilaterale a rilievo bilaterale (G.
BENEDETTI, Dal contratto al negozio unilaterale, cit., passim). Di là di questo
dibattito, il cui senso non può e non dovrebbe mai prescindere dalla genesi del tempo in cui esso è fiorito, il quale, soltanto, è capace di spiegare
la ragione di alcune enfatizzazioni e ricondurle, infine, a comune unità
concettuale, resta il fatto che tutte queste costruzioni, ove volessero essere
applicate alla fideiussione, non consentirebbero, comunque, di trarre una
considerazione di carattere generale. Perché essa potrebbe valere nel solo
fideiussione si realizzano quando la dichiarazione di obbligarsi
giunga all’indirizzo del destinatario, salvo che costui, con una
propria dichiarazione, la quale nell’un caso è da considerare
rifiuto dell’atto, mentre nell’altro, rifiuto del rapporto, dichiari
di non volersene valere.
La struttura del legato mentre lascia trasparire con sobria ovvietà che l’onerato della disposizione è sempre colui che assume la veste di fideiussore, ossia colui in capo al quale sorge
l’obbligo di prestare fideiussione, profila, con minor sicurezza,
colui che assume la qualità di legatario, ossia il reale beneficiario di codesta disposizione testamentaria.
Perché, da un punto di vista economico, la garanzia in parola
potrebbe avvantaggiare non soltanto il creditore, la cui posizione, come è ovvio, è rafforzata dalla esistenza di un doppio
debitore, ma anche il debitore originario, il quale, assistito da
un fideiussore, potrebbe avere maggiore facilità di accedere al
credito o potrebbe accedere al credito a talune e particolari
vantaggiose condizioni, altrimenti non consentitegli.
Rinviando al paragrafo che segue la verifica dell’idea che considera onorato del legato di fideiussione anche o soltanto il
debitore originario, non v’ha dubbio che, nelle ipotesi più elementari e scolastiche che si possano immaginare, legatario è,
generalmente, il creditore originario.
Il quale, ove sia beneficiario del legato di fideiussione, ha diritto
di pretendere che l’onerato (erede o legatario) presti la fideiussione, ossia compia l’atto giuridico idoneo a determinare la
costituzione del rapporto di garanzia(28).
4. Segue: vicende e disciplina del rapporto
di fideiussione a favore del creditore
I
l beneficiario acquista il diritto di credito derivante dal legato automaticamente, senza bisogno di accettazione. Al
beneficiario, però, è concessa la facoltà di rifiutare, eliminando,
cosı̀, dal proprio patrimonio, il diritto legato.
Gli è, però, che il rifiuto del legato obbligatorio, a differenza del
legato reale(29), produce conseguenze giuridiche assai rilevanti
non soltanto nella sfera giuridica del rinunziante, bensı̀ anche
in quella dell’onerato, importando non soltanto l’estinzione del
credito, bensı̀ anche l’estinzione del corrispondente obbligo.
caso in cui l’iniziativa alla conclusione dell’affare provenga dal fideiussore,
ma non anche nel caso inverso. Nel quale, di là della impostazione che si
preferisca di accogliere, non v’ha dubbio che la conclusione del contratto
di fideiussione è rimessa alla struttura procedimentale di cui all’art. 1326
c.c.
(27) Ricorda F. P. LOPS, Il legato, cit., 1037, l’opportunità e, quasi, la necessità di distinguere la fase genetica di nascita del vincolo da quella
funzionale. La prima non può che essere soggetta alla disciplina del diritto
successorio, mentre la seconda a quella del diritto delle obbligazioni.
(28) F. P. LOPS, Il legato, cit., 1033, precisa che l’adempimento dell’obbligo
nascente dal legato si realizza con la stipulazione del contratto «cosı̀ come
disposto dal testatore». Con la precisazione che nel caso in cui si tratti di
legato di contratto a esecuzione istantanea, «tutto si esaurisce nell’ambito
della normale attuazione delle prestazioni negoziali secondo i principi
generali», mentre nel caso in cui si tratti di legato di contratto di durata,
«si impongono numerose questioni relative al perdurare del contratto, al
recesso da esso ed alla sua estinzione».
(29) Sul rifiuto almeno, G. BONILINI, I Legati. Artt. 649-673, cit., 175 ss.. Per
un’analisi più generale, F. ATZERI VACCA, Delle rinunzie secondo il codice civile
italiano, Torino, 1915; S. PIRAS, La rinunzia nel diritto privato, Napoli, 1910; ID.,
La rinunzia nel diritto successorio, in Riv. notariato, 1962, I, 725 ss.; E. TILOCCA,
La remissione del debito, Padova, 1955; L. FERRI, Rinunzia e rifiuto nel diritto
privato, Milano, 1960; F. RANIERI, Rinuncia tacita e verwirkung. Tutela dell’affidamento e decadenza da un diritto, Padova, 1971; F. MACIOCE, Il negozio di
rinuncia nel diritto privato, Napoli, 1992. Note importanti in A. TRABUCCHI,
Forma necessaria per la rinunzia al legato immobiliare e natura della rinunzia
al legato sostitutivo, in Giur. it., 1954, I, 1, cc. 911 ss.
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IL COMMENTO
Provoca, cioè, un risultato che, nella circolazione inter vivos,
sembra precluso a un solo atto unilaterale, se soltanto si consideri che il destinatario della dichiarazione di remissione del
debito ha facoltà di dichiarare di non volerne profittare e impedire, cosı̀, l’estinzione dell’obbligazione(30).
L’anomalia, tuttavia, è soltanto apparente.
Per avvedersene sarà sufficiente rimarcare che la dichiarazione
di rifiuto del legato, per quanto, da un punto di vista effettuale,
porti l’estinzione dell’obbligazione, non può essere conformata
alla remissione del debito.
Di là della circostanza che il rifiuto del legato è un atto del
procedimento successorio a titolo particolare, non deve trascurarsi che la dichiarazione di rifiuto, ove si voglia considerare, ex
latere debitoris, quale modo di estinzione dell’obbligazione diverso dall’adempimento, potrebbe essere approssimata soltanto alla rinunzia al credito.
L’autore della dichiarazione, mercé tale atto, dispone, infatti,
direttamente e immediatamente soltanto della propria situazione giuridica soggettiva ma non anche di quella del debitore.
Acconsentendo all’idea che esiste una distinzione strutturale e
funzionale tra remissione del debito e rinunzia al credito(31) e
che la reazione del debitore è consentita soltanto nella prima,
ma non anche nella seconda, non può dubitarsi della stabilità
degli effetti derivanti dall’eventuale rifiuto del legato, cosı̀ come
deve escludersi che l’onerato possa, con una propria dichiarazione, mettere in discussione l’effetto estintivo del rapporto
obbligatorio.
In conclusione, in caso di legato di fideiussione
a vantaggio del creditore originario, quest’ultimo,
in quanto legatario, acquista, automaticamente
e per effetto dell’apertura della successione,
il diritto di credito a pretendere, da parte
dell’onerato, che quegli presti in suo favore
la fideiussione.
stazione derivante da causa a lui non imputabile, risulterà responsabile nei confronti del legatario.
Il quale ha diritto di chiedere, senz’altro, il risarcimento del
danno e, salvo che non sia espressamente escluso dal testamento o che non sia, altrimenti, impossibile, il diritto di ottenere una sentenza che produca gli effetti del contratto non
concluso(32).
D’altra parte, il legatario come è libero di acquistare è, altresı̀,
libero di rifiutare il legato(33) e, quindi, di eliminare l’effetto di
costituzione del diritto di credito prodottosi al tempo dell’apertura della successione in ragione della disposizione a titolo
particolare.
Il potere di rifiuto del legato, in quanto atto strumentale del
procedimento successorio(34) a titolo particolare, posto a garanzia della libertà del soggetto, affinché non gli vengano imposti, ma soltanto proposti effetti(35), anche vantaggiosi, non
può subire alcuna limitazione. Ciò porta l’ovvia conseguenza
che, una volta manifestato il rifiuto, si estingue, immediatamente, il rapporto obbligatorio oggetto del legato e, quindi,
non soltanto il diritto di credito in capo al legatario, ma anche
l’obbligo in capo all’onerato.
Il quale, a sua volta, non ha un potere di reazione.
Non soltanto perché il diritto del legatario al rifiuto non è suscettibile di alcuna limitazione o compressione, ma soprattutto
perché l’atto di rifiuto del legato, ove venga riguardato quale
modo di estinzione del rapporto obbligatorio, risulta assimilabile non già alla remissione del debito, bensı̀ alla rinunzia al
credito, ovvero a un atto che, in ragione della sua capacità di
non incidere immediatamente e direttamente su situazioni giuridiche soggettive altrui, non reclama la necessità di riconoscere ad altri alcun potere di reazione.
5. Legato di fideiussione a favore del debitore
L’
L’onerato, per contro, è obbligato a prestare la fideiussione,
ossia a prestare il consenso, e, nell’ipotesi in cui non esegua
esattamente la prestazione dovuta, senza provare che l’inadempimento sia stato determinato da impossibilità della pre-
idea che il beneficiario del legato di fideiussione sia o
debba necessariamente essere il creditore originario credo
dipenda da un pregiudizio strutturale e, in particolare, dalla
circostanza che il fideiussore debba obbligarsi personalmente
verso il creditore.
Altro, però, è la struttura necessaria di un atto o un contratto, altro
la titolarità del diritto alla conclusione di un certo rapporto.
(30) Osserva M. FRAGALI, Delle obbligazioni, Fideiussione – mandato di
credito, Art. 1936 – 1959, cit., 48, che fideiussione testamentaria è soltanto
quella che trova fonte nel testamento «l’accettazione dell’erede, richiesta
come condizione di acquisto dell’eredità, non trasferisce dalla volontà del
testatore a quella dell’erede la fonte dell’attribuzione, perché l’accettazione, se dà effetto alla disposizione testamentaria non concorre a formarla e,
dalla parte del legatario, la volontà di questi è efficiente soltanto come
fatto estintivo dell’acquisto, anche se l’effetto retroagisca fino al tempo
della delazione». Al riguardo credo opportuno precisare che le considerazioni in merito all’accettazione dell’eredità possano valere soltanto riguardando il fenomeno del legato di fideiussione dal lato del soggetto onerato
e ipotizzando che esso sia erede e non già mero legatario. Secondo la
nostra prospettiva, infatti, la costituzione di un obbligo a concludere un
contratto di fideiussione, avendo a oggetto la costituzione di un rapporto
giuridico non esistente nel patrimonio del de cuius, può, esclusivamente,
trovar fonte nel legato.
(31) Sulla distinzione tra remissione del debito e rinunzia al credito, P.
PERLINGIERI, Remissione del debito e rinunzia al credito, Napoli, 1968, 176
ss., il quale, in linea di discontinuità rispetto alla tradizione, distingue le
due figure sulla base di una valutazione di tipo effettuale: la prima importa
soltanto la mera dismissione del diritto, mentre la seconda l’estinzione del
rapporto giuridico. Solo la seconda, ma non anche la prima, per incidere
sull’altrui sfera giuridica, attribuisce all’altra parte un potere di reazione. A
tal fine, a 177, l’A. precisa: «l’esistenza di una serie di fattispecie, nelle quali
alla rinunzia al credito si ricollega la dismissione del diritto, da parte del
suo titolare, ed in più, effetti diversi da quelli estintivi dell’obbligazione,
rende attendibile la configurabilità di una rinunzia non remissoria e consente d’individuare, nel contempo, una seria ragione per dubitare dell’affermazione secondo cui la remissione sarebbe l’unico schema di rinunzia
in tema di diritti di obbligazione». In senso contrario E. TILOCCA, La remissione del debito, cit., passim, il quale esclude che possa istituirsi una distinzione tra le due ipotesi, esistendo un unico schema rinunciativo in
materia di diritto di credito. Sia consentito anche il rinvio al mio La rinunzia all’eredità, cit., 239 ss.
(32) Ammettono questa possibilità, M. FRAGALI, Delle obbligazioni, Fideiussione – mandato di credito, Art. 1936 – 1959, cit., 22 s., G. BONILINI,
Autonomia testamentaria e legato. I legati cosı̀ detti atipici, cit., 223 ss. e F.
P. LOPS, Il legato, cit., 1039 s.
(33) G. BONILINI, I legati. Artt. 649-673, cit., 175 ss.
(34) Quello successorio è un autentico procedimento «caratterizzato
da un atto iniziale e da uno finale, il primo destinato ad aprirlo e
avviarlo, l’altro a chiuderlo e finirlo». Cosı̀, il nostro La rinunzia all’eredità, cit., 10 ss.
(35) Ciò che l’ordinamento ripudia non è l’astratta categoria dell’atto
produttivo di effetti nei confronti dei terzi, ma la categoria dell’atto impositivo di un effetto nei confronti del terzo, perché l’ordinamento giuridico
solo a sé avoca e riserva questa capacità invasiva. In questo senso, L.
CARRARO, La vocazione legittima alla successione, Padova, 1979, 207, osserva
che nel nostro ordinamento «[...] la sfera giuridico patrimoniale di alcuno
non può essere modificata in maniera definitiva senza il consenso del suo
titolare, o almeno senza che il suo titolare non possa respingere tale modificazione, anche se a lui vantaggiosa».
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IL COMMENTO
Immaginare un’ipotesi in cui in cui una fideiussione possa
generare un vantaggio economico per il debitore è finanche
troppo facile, se solo si pensi che, tendenzialmente, un mutuo ipotecario per l’acquisto di prima casa è concesso a giovani con lavori occasionali o con lavori a tempo determinato
soltanto ove esista la contestuale garanzia fideiussoria rilasciata da parte di genitori o facoltosi soggetti che si rendano
a ciò disponibili.
Casi di tal sorta non credo che possano seriamente porre in
discussione che la fideiussione, per quanto avvantaggi economicamente e giuridicamente il creditore, finisca, fatalmente e
ineluttabilmente, per tradursi in un vantaggio economico e
giuridico anche del debitore. Il quale, in assenza di quella,
non avrebbe avuta la possibilità di accedere alla linea di credito
necessaria per l’acquisto della casa o avrebbe avuta la possibilità di accedervi a condizioni particolarmente onerose o più
onerose di quelle alle quali può accedervi in presenza di fideiussore.
L’ipotesi, poi, è, immancabilmente, destinata ad assumere
significati decisamente più considerevoli se solo, abbandonando la domestica e famigliare immagine del genitore che
presta fideiussione a vantaggio del figlio nell’acquisto della
prima casa, si trascende alle macroeconomiche ipotesi che
concernono i rapporti tra società di un medesimo gruppo o
di gruppi diversi o, ancóra, alle ipotesi in cui importanti linee
di credito, spesso necessarie addirittura per il mantenimento
in vita dell’intero gruppo, vengano concesse da banche o altri
importanti istituti finanziari soltanto qualora esista la fideiussione di una persona fisica particolarmente influente
o di nota solidità economica e finanziaria.
Ovvio che, in ipotesi di tal sorta, si pone seriamente il problema
del beneficiario del legato.
Se, infatti, in linea di massima, non credo che possa revocarsi
in dubbio che beneficiario del legato e, dunque, legatario, possa essere il creditore, nei confronti del quale, per altro, è necessario che il fideiussore si obblighi, non essendo, per contro,
necessario che quegli si obblighi verso il debitore, considerato
che la fideiussione è efficace anche se l’ultimo non ne abbia
conoscenza, credo che non possa a priori escludersi che legatario possa essere anche o, addirittura, soltanto il debitore.
Soprattutto nei casi in cui la fideiussione venga prestata in un
tempo contestuale a quello in cui sorge l’obbligazione principale o, meglio ancora, nel caso in cui l’obbligo di prestare la
fideiussione nasca anteriormente(36) al costituirsi del rapporto
obbligatorio che la fideiussione si propone di garantire.
L’ipotesi di una disposizione testamentaria, recante un legato
infamante, può giovare nell’intelligenza del fenomeno.
«Istituisco erede universale il mio amico fidato e potente uomo
d’affari, Tizio.
Al mio povero, inetto e reprobo nipote, Caio, per l’ipotesi in cui
quegli, entro il gennaio 2021, decida di comprare in Roma una
casa da destinare a propria abitazione personale e purché il
prezzo di acquisto non ecceda la somma di un milione di euro,
lego il diritto a pretendere da parte di Tizio, anche in ragione
della sua nota influenza nel mondo bancario e finanziario, una
fideiussione a garanzia dell’adempimento delle obbligazioni
nascenti dal mutuo ipotecario per l’acquisto della predetta ca-
sa. Mutuo che, in assenza di questa fideiussione, sono certo
nessun istituto bancario potrebbe concedere a Caio, anche
avuto riguardo alle di lui modeste capacità economiche».
Il testo congetturato credo non possa lasciare dubbı̂.
Si tratta di un legato di contratto, sottoposto a una duplice
condizione sospensiva, a carico dell’erede, Tizio, e a vantaggio
del legatario, Caio.
L’ipotesi proposta, mentre dimostra, senza tema di smentita,
che il beneficiario del legato di fideiussione può essere il
debitore, benché il fideiussore debba obbligarsi nei confronti
del creditore e benché l’efficacia della fideiussione prescinda
dalla partecipazione negoziale del debitore medesimo, sollecita un complesso interrogativo: se legatario possa essere
considerato soltanto Caio o se, invece, debba considerarsi
legatario anche il creditore.
In altri e diversi termini, occorre domandarsi se, di là dell’indirizzo impresso dal testatore alla disposizione testamentaria e di
là dell’evidente e palese intenzione del testatore di favorire, con
codesto legato, il solo debitore, essendo per altro, al tempo di
confezionamento della scheda testamentaria, anche ignoto il
soggetto che assumerà la veste di creditore e nei confronti del
quale il fideiussore dovrà obbligarsi, la mera e obiettiva circostanza che l’effetto essenziale e caratterizzante della fideiussione consista nella costituzione di un rapporto obbligatorio e che
il soggetto attivo di codesto rapporto giuridico obbligatorio sia,
per antonomasia, il creditore del rapporto originario, debba
indurre la conclusione che quest’ultimo debba, di necessità,
assumere la veste di legatario.
La questione, come è ovvio, non è scolastica né fine a se stessa,
dal momento che da essa discendono importanti conseguenze,
non soltanto sul piano dei rapporti tra eventuali con-successori
a titolo particolare tra loro e con l’onerato, ma anche su quello
della tecnica testamentaria e della validità della disposizione
medesima.
Qualora si considerasse legatario anche il creditore, diventerebbe necessaria la precisa indicazione, da parte del testatore, dell’ente o, almeno, di una pluralità di enti tra i quali si
possa scegliere. In difetto, il legato sarebbe nullo, perché a
favore di persona incerta o a favore di persona rimessa all’arbitrio del terzo.
La soluzione della questione, onde si eviti una
sovrapposizione di profili che non aiuterebbero
l’intelligenza del caso, credo che debba
mantenere distinto il piano del rapporto
sostanziale nascente dalla fideiussione
da quello del rapporto sostanziale nascente
dal legato.
Sebbene i due piani sembrino condizionarsi e, addirittura, dipendere l’un l’altro, la distinzione è inevitabile. Perché altro è il
rapporto che nasce per effetto del legato, rapporto che obbliga
taluno a prestare la garanzia e attribuisce ad altri il diritto a
pretendere che quella garanzia venga prestata; altro è il rapporto che nasce per effetto della stipulazione della fideiussione,
rapporto in forza del quale il fideiussore si obbliga verso il
creditore a garantire l’adempimento del terzo.
(36) L’art. 1938 c.c. ammette, chiaramente, la validità di una fideiussione
per un’obbligazione futura, purché sia determinato l’importo massimo
garantito.
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IL COMMENTO
Per stabilire chi sia onerato e onorato del legato deve aversi
esclusivo riguardo al rapporto generato immediatamente e
direttamente dal legato e non anche, qualora il legato abbia
carattere obbligatorio, all’eventuale rapporto che deriva dall’attuazione del legato. Il quale può, senz’altro, comportare
vantaggi e svantaggi a favore e carico dei protagonisti della
vicenda successoria, senza, però, che i destinatari dei predetti vantaggi mediati e indiretti o condicionis implendae causa
capiens, ciò per questo, diventino protagonisti del procedimento successorio(37).
La circostanza che il soggetto passivo del rapporto immediatamente e direttamente generato dal legato sia, di necessità, anche e sempre il soggetto passivo del rapporto generato immediatamente e direttamente dalla fideiussione esclude che, rispetto a quello, si possano ingenerare equivoci.
Quegli sicuramente è, per un verso, onerato della disposizione
testamentaria a titolo particolare, perché su di lui grava l’obbligo di prestare il consenso alla fideiussione, e, per altro verso,
soggetto passivo del rapporto generato dalla fideiussione, perché su di lui grava l’obbligo di garantire personalmente l’adempimento dell’obbligazione altrui.
Diversamente, invece, è a dirsi per gli altri due soggetti coinvolti.
Il creditore originario, infatti, è sempre soggetto attivo del rapporto generato dalla fideiussione.
Non per questo, però, può dirsi che quegli sia anche e sempre
soggetto attivo del rapporto generato dal legato, dal momento
che il beneficiario del legato non è colui a favore del quale il
fideiussore presta la garanzia, bensı̀ il soggetto che ha il diritto
di pretendere che quegli conceda la garanzia.
Per quanto, infatti, la garanzia fideiussoria finisca inevitabilmente per avvantaggiare il creditore originario, non è detto
che costui, prima che la garanzia venga resa, possa pretendere
alcunché e soprattutto che la medesima venga offerta.
Tale pretesa spetta soltanto a colui che tale diritto toglie direttamente e immediatamente dal legato.
Il beneficiario del legato, allora, è il diretto beneficiario della
disposizione; colui che il testatore ebbe direttamente presente
nel disporre l’attribuzione del legato; colui che, sulla base della
disposizione testamentaria, risulti il titolare del diritto a pretendere che l’onerato presti garanzia; colui che, in via immediata e diretta, risulta giuridicamente favorito dalla disposizione a titolo particolare, da essa traendo, a suo favore, una situazione giuridica soggettiva di vantaggio(38).
Quando il beneficiario del legato è il debitore originario, il creditore originario, pur beneficiato dalla fideiussione, non è, né
potrebbe essere considerato, legatario.
Prima che la garanzia venga resa, quegli, infatti, non ha alcun
diritto, né alcuna pretesa.
Si assiste, in queste ipotesi, a una scissione tra parti del rapporto successorio e parti del rapporto generato in attuazione
del primo. Il rapporto successorio corre, infatti, tra onerato
(terzo) e legatario (debitore), il rapporto di fideiussione, invece,
tra fideiussore (terzo) e garantito (creditore)(39).
Né giova, in senso contrario e al fine di considerare legatario
anche il creditore, ipotizzare che il legato di fideiussione a
vantaggio del debitore integri gli estremi di un contratto a favore del terzo.
Ove pure si venisse a una tale conclusione, difficilmente potrebbe affermarsi che il creditore diventi parte del rapporto
successorio.
Non soltanto perché il terzo acquista il diritto per effetto della
stipulazione, con l’ovvia conseguenza che prima di tale momento e, quindi, al tempo dell’apertura della successione,
non potrebbe vantare, comunque, alcuna pretesa giuridicamente tutelata, ma soprattutto perché, a stretto rigore, il ruolo
di terzo dovrebbe essere interpretato dal debitore originario e
non già dal creditore, al quale, invece, parrebbe competere la
veste di stipulante.
Problematico, se non proprio impossibile, immaginare una fideiussione a favore del terzo in cui il creditore, in luogo di
assumere la veste di stipulante, assuma quella di terzo, ossia
di colui che acquista, per effetto della stipulazione a suo favore,
il diritto contro il promittente.
Un tale risultato imporrebbe, infatti, di ipotizzare che il contratto generatore del vantaggio a favore del terzo corra tra debitore e fideiussore, ossia tra i soggetti che, per definizione, non
sono parti formali del rapporto di fideiussione.
D’altro canto, poi, non parrebbe plausibile ripartire tra fideiussore e terzo i ruoli di stipulante e promittente, perché se il
debitore fosse promittente non potrebbe promettere alcunché
a vantaggio del terzo, mentre se fosse stipulante, la sua posizione diventerebbe incompatibile con quella di legatario, contraddicendo l’assunto dal quale muoviamo, ossia la premessa
che il legato sia, comunque, a vantaggio del debitore.
Di là di questi rilievi, che pure paiono assorbenti, la non riconducibilità all’interno dello schema del contratto a favore di terzo
pare, in ogni caso, discendere dalla strutturazione della disposizione testamentaria a titolo particolare che poniamo in tesi.
Ove pure con qualche artifizio logico si riuscisse a ipotizzare
la configurabilità di un contratto di fideiussione a favore del
creditore, assumendo, quindi, esistente un interesse dello
stipulante, si dovrebbe, ragionevolmente, ipotizzare che il
testatore, con la propria disposizione testamentaria, abbia
deliberatamente e univocamente inteso avvantaggiare non
soltanto il debitore originario, bensı̀ anche il creditore. Il
quale, perché destinatario immediato e diretto del beneficio,
dovrebbe, sotto pena di nullità, essere precisamente individuato nei modi e secondo le modalità stabilite al 2º co. dell’art. 631 c.c. Il che, però, parrebbe contraddire l’assunto dal
quale l’indagine e l’esempio tolto a paradigma della medesima ha mosso: ovvero che si tratti di un legato a favore del
debitore.
(37) G. BONILINI, I legati. Artt. 649-673, cit., 58.
(38) G. BONILINI, I legati. Artt. 649-673, cit., 57 ss.
(39) Secondo M. FRAGALI, Delle obbligazioni, Fideiussione – mandato di
credito, Art. 1936 – 1959, cit., 22, la disposizione testamentaria di fideiussione, pur atteggiandosi in genere a legato potrebbe anche integrare, qualora avesse «carattere accessorio e di vantaggio indiretto per il
terzo», la fattispecie di modus. L’ipotesi non convince. Ove pure la disposizione avesse carattere accessorio e importasse, per il terzo, un
vantaggio indiretto per il terzo, nondimeno la precisa individuazione
del soggetto beneficiario induce a escludere la possibilità di reputarlo
beneficiato da un modo. Benché la distinzione tra legato e modo sia
complessa, credo che mentre il primo si riferisce a persona determinata
o determinabile, la quale toglie dalla disposizione un beneficio diretto,
il modo, si riferisce, invece, a un interesse di natura ideale o a un’intera
categoria di persone o a persona indeterminata, che riceve un beneficio
indiretto o strumentale alla realizzazione dell’interesse primario del
disponente. Cosı̀, G. BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle successioni, cit., 254; L. BIGLIAZZI GERI, U. BRECCIA, F. D. BUSNELLI, U. NATOLI,
Diritto civile, 1**, Fatti e atti giuridici, Torino, 1987, 778). F. S. AZZARITI,
G. MARTINEZ, GIU. AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazione, 6ª
ed., Padova, 1973, 557. Va da sé che, movendo da questa premessa, è
difficile ipotizzare che una disposizione testamentaria che impegni a
stipulare una fideiussione possa essere costruita o atteggiarsi in termini
di fattispecie modale.
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Raccogliendo il risultato dell’indagine condotta, credo che il
legato di fideiussione possa essere a vantaggio del creditore o
a vantaggio del debitore.
In quest’ultimo caso, il creditore, sebbene riceva o possa ricevere dal legato un vantaggio economico e giuridico, perché
quegli diventa parte formale e sostanziale della fideiussione,
nondimeno non acquista, necessariamente, anche la veste di
legatario. La quale compete, esclusivamente, a colui che risulti
direttamente e immediatamente beneficiato dalla disposizione
testamentaria.
iconosciuta l’autonomia testamentaria, si tratta, infine,
di verificare se il testatore possa soltanto costituire, in
capo all’onerato, l’obbligazione di prestare la fideiussione o
se possa realizzare tale risultato immediatamente e senza
passare attraverso la di lui mediazione negoziale(40), costituendo, direttamente e immediatamente, l’obbligazione fideiussoria.
Il discorso si sposta inevitabilmente sullo spinoso problema del
se e a quali condizioni il testatore possa costituire, in capo a
uno dei propri eredi o legatarı̂, un vero e proprio obbligo(41).
Il tema, come è ovvio, ha una ricaduta concettuale ben più
ampia di quella che la materia indagata offre. Perché, ove si
riuscisse a dimostrare l’esistenza in capo al testatore di un tale
potere, le applicazioni potrebbero estendersi anche ben di là
del tema che qui ci occupa, esonerando l’interprete dal dovere
di verificare, in via generale, il potere testamentario di costituire un obbligo e imponendogli la sola analisi dei limiti e delle
condizioni alle quali ciò possa realizzarsi.
Non v’ha dubbio che, nella materia testamentaria, salvo taluni
limiti ben tracciati, dal sapore decisamente eccezionale, sia
consentito al testatore di realizzare immediatamente e direttamente tutte le principali vicende di rapporto giuridico reale. Il
de cuius, infatti, attraverso il legato può immediatamente generare una vicenda di costituzione (costituzione di usufrutto o
altro diritto reale su bene, ma vale il divieto di costituzione di
ipoteca), una vicenda di modificazione soggettiva (per definizione può trasferire diritti reali), una vicenda di modificazione
oggettiva (può modificare il contenuto di un rapporto giuridico
reale, come, a esempio una servitù) e, infine, una vicenda di
estinzione (può estinguere un diritto reale minore).
Non v’ha, del pari, dubbio che il testatore abbia il potere di
realizzare immediatamente e direttamente talune delle fondamentali vicende di rapporto giuridico obbligatorio.
Le norme raccolte intorno agli artt. 658(42) e 659(43) c.c., assumendo a loro referente oggettivo le generali e paradigmatiche
figure del credito e del debito, ne offrono piena prova.
Tali disposizioni, nel disegnare il legato di liberazione da
debito(44), il legato a favore del creditore e il legato di credi-
(40) Il legato a efficacia obbligatoria è quello che produce mere obbligazioni a carico dell’onerato. Cosı̀ F. P. LOPS, Il legato, cit., 1013. Precisamente
G. BONILINI, I Legati. Artt. 649-673, cit., 118 s., ricorda l’origine romanistica
dei legati, «i quali si fanno risalire al legatum per damnationem, con cui il
testatore poteva legare anche prestazioni personali dell’erede»; in altri
termini, «il testatore non trasmette nulla al legatario, ma ordina all’erede
di fare a questo una prestazione patrimoniale; facere, che può essere tanto
positivo quanto negativo». Già C. FADDA, Concetti fondamentali del diritto
ereditario romano, I, Napoli, 1900, 52, aveva avvertito che il legato, originariamente nato per consentire la trasmissione del diritto di proprietà,
giunge sino al legatum per damnationem, capace «di rendere possibile la
imposizione all’erede di qualunque specie di obbligazione compatibile col
concetto generale di questa».
(41) Precisa G. BONILINI, Autonomia testamentaria e legato. I legati cosı̀
detti atipici, cit., 80, che la regola sulla irrilevanza dei negozi sul patrimonio altrui, «cede di fronte al testamento rispetto agli onorati, ché il medesimo può direttamente costituire, in capo ad eredi e legatarii, determinate
obbligazioni, o, in genere, predeterminate posizioni, che sono nuove, o
diverse rispetto a quelle tenute dal testatore».
(42) La norma contenuta all’art. 658 c.c. ripropone, nel suo contenuto,
quella di cui all’art. 844 del codice civile previgente e disciplina, in fatto,
due distinte ipotesi: il caso in cui il testatore faccia oggetto della disposizione particolare il credito vantato nei confronti di un terzo (c.d. legatum
nominis) e il caso in cui il testatore faccia oggetto della disposizione particolare la liberazione di un debito che il legatario abbia verso il testatore
(legatum liberationis). Cosı̀ G. BONILINI, I Legati. Artt. 649-673, cit., 283; G.
BRUNELLI, Dei legati, in G. BRUNELLI e C. ZAPPULLI, Il libro delle successioni e
donazioni, Milano, 1940, 558 ss.; A. MASI, Dei legati, in Comm. Scialoja e
Branca, Bologna –Roma, 1979, 78 ss.; F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e
commerciale, VI, Diritto delle successioni per causa di morte, 9ª ed., Milano,
1962, 480 ss.; C. GANCI, La successione testamentaria nel vigente diritto
italiano, II, 2ª ed., Milano, 1964, 27 ss.; E. PEREGO, I legati, in AA.VV., Tratt.
Rescigno, VI, Successioni, 2, Torino, 1997; C. ROMANO, I Legati, cit., in AA.VV.,
Diritto delle successioni a cura di Calvo e Perlingieri, Napoli, 2008, 2, 979 ss.
e spec. 1073-1082. Già A. GIORDANO MONDELLO, Legato, cit., in Enc. dir.,
XXIII, Milano, 1973, 764, ha chiarito che la norma disciplina anche i casi
di legato di un credito dell’onerato o di un terzo e i casi di liberazione da
un debito del legatario nei confronti dell’onerato o di un terzo.
(43) La norma in parola consente di ricavare l’esistenza della figura del
c.d. legato satisfacendi causa Cosı̀, F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e
commerciale, cit., 517; G. BONILINI, I Legati. Artt. 649-673, cit., 298. Secondo
parte della dottrina si tratta di una vera e propria norma di interpretazione
(E. PEREGO, I legati, cit., 249; C. ROMANO, I Legati, cit., 1078). Quanti escludono che si tratti di norma di interpretazione, dibattono sulla natura assoluta (A. BUTERA, Il codice civile commentato secondo l’ordine degli articoli.
Libro delle successioni per causa di morte e delle donazioni, Torino, 1940,
348) o relativa (A. GIORDANO MONDELLO, Legato, cit., 765; G. BRUNELLI, Dei
legati, in G. BRUNELLI e C. ZAPPULLI, Il libro delle successioni e donazioni,
Milano, 1940, 343; F. S. AZZARITI, G. MARTINEZ, GIU. AZZARITI, Successioni per
causa di morte e donazione6, cit., 532. Cosı̀ anche la giurisprudenza: Cass.,
2.2.1990, n. 706, in Foro it., 1990, I, cc. 1532 ss., con nota di De Marzo;
Cass., 21.6.1988, n. 4238, in Mass. Giur. it., 1988; Cass., 4.4.1985, n. 2306, in
Mass. Giur. it., 1985) della presunzione in essa posta. Secondo L. BIGLIAZZI
GERI, U. BRECCIA, F. D. BUSNELLI, U. NATOLI, Diritto civile. 4.2, Le successioni a
causa di morte, Torino, 1996, 186, la norma ha un carattere meramente
sussidiario, sicché stabilire se il legato sia disposto o no, al fine di soddisfare la pretesa del creditore, è una mera questione di interpretazione della
c.d. volontà testamentaria, nell’indagare la quale si deve prescindere dalla
effettiva menzione o non menzione del debito. La regola dovrebbe, pertanto, operare soltanto nei casi in cui non sia stato possibile attraverso
l’interpretazione del testo e del contesto del testamento ricostruire l’intenzione del testatore.
(44) Si tratta di una disposizione testamentaria che determina l’estinzione del rapporto obbligatorio. Le affinità della ipotesi con la figura della
remissione del debito inter vivos sono evidenti, ma non sempre condivise.
Secondo la migliore dottrina si tratterebbe, infatti, di una remissione del
debito mortis causa, con la conseguenza che dovrebbero applicarsi, al
legato di liberazione del debito, nei limiti di compatibilità, le norme sulla
remissione del debito. Cosı̀, F. S. AZZARITI, G. MARTINEZ, GIU. AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazione, Padova, 6ª, ed., 1973, 529; F. MESSINEO, Manuale di diritto civile e commerciale, VI, Diritto delle successioni
per causa di morte, 9ª ed., Milano, 1962, 517; A. GIORDANO MONDELLO, Legato, cit., 764. Secondo altri le due ipotesi differirebbero, perché il legato di
liberazione da un debito sarebbe sempre una disposizione liberale a titolo
particolare a favore del debitore, mentre la remissione del debito non è
necessariamente una liberalità. Cosı̀, G. CAPOZZI, Successioni e donazioni,
II, cit., 669; C. ROMANO, I Legati, cit., 1077. Si ammette che il testatore, con
tale legato, possa liberare il legatario dalla solidarietà con altri debitori,
possa liberare il legatario dall’obbligo di pagare alla scadenza, possa liberare il legatario dall’obbligo di pagare la penale o possa liberare l’amministratore dal rendere il conto (C. LOSANA, Le successioni testamentarie secondo il Codice civile italiano, Torino, 1884, 300), o dall’obbligo di pagare in
Ciò, beninteso, non significa che non si possano
dare casi di legato di fideiussione a carico
del fideiussore e a vantaggio sia del debitore sia
del creditore, ma, significa, più semplicemente,
che, nel caso di legato di fideiussione a vantaggio
del debitore, il creditore non assume, di necessità,
la veste di legatario.
6. Negazione di un legato di fideiussione reale
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to(45) ammettono, in via generale e astratta, che una disposizione testamentaria a titolo particolare possa produrre rispetto a un qualunque rapporto giuridico obbligatorio, indipendentemente da quale sia il suo oggetto e il suo contenuto,
una vicenda di estinzione, una vicenda di modificazione oggettiva o, infine, una vicenda di modificazione soggettiva.
Sicché, dalle ipotesi normative descritte nelle due menzionate disposizioni legislative, parrebbe rimaner fuori soltanto la
vicenda di costituzione.
La quale, tuttavia, non soltanto per le considerazioni svolte
proprio in tema di legato obbligatorio di fideiussione, ma,
più in generale, per le importanti considerazioni svolte intorno all’atipicità del contenuto del legato, che hanno addirittura permesso di annoverarlo tra le fonti dell’obbligazione,
non è certamente preclusa, ma, anzi, riconosciuta e accordata al testatore.
In via generale, dunque, il testatore, tra gli altri, non ha soltanto
il potere di estinguere o modificare un rapporto giuridico obbligatorio, bensı̀ anche quello di
costituirlo, ossia di porre in essere una
disposizione testamentaria a titolo particolare
che abbia, come oggetto e per effetto,
la costituzione in capo all’onerato di un rapporto
giuridico obbligatorio.
Tra l’uno e l’altro, da un punto di vista meramente strutturale,
non corre, infatti, alcuna differenza: si tratta, sempre, di un
rapporto giuridico obbligatorio, ossia di un rapporto giuridico
in forza del quale un soggetto, debitore, è tenuto a osservare
una certa condotta per soddisfare l’interesse di altro soggetto,
creditore, il quale, a sua volta, ha il diritto di pretendere da
parte del primo e soltanto da quegli la prestazione oggetto
dell’obbligazione.
Poiché strutturalmente i due rapporti giuridici sono esattamente identici, e poiché si ammette che il legato possa, senz’altro,
essere fonte dell’obbligo di stipulare una fideiussione, ne deriva
che il negare che il legato possa essere fonte immediata e diretta dell’obbligo fideiussorio esige una spiegazione ben diversa da quella che volesse riposare sulla mera struttura o sulla
vicenda del rapporto giuridico e più profonda di quella che
volesse negarlo per un solo preconcetto o pregiudizio.
In questo tentativo credo che un ruolo assai importante possa
svolgere la nozione positiva di fideiussore recata nella norma di
cui all’art. 1936 c.c., nella parte in cui stabilisce che il fideiussore è colui che «obbligandosi personalmente verso il creditore» garantisce l’adempimento di un’obbligazione altrui.
L’avverbio personalmente assume un tratto
di straordinaria rilevanza, al quale si accompagna
una non pronta e facile intelligenza del suo senso.
Il riconoscere in via generale un simile potere propone, inevitabilmente, all’interprete il tema della costituzione immediata e
diretta dell’obbligazione fideiussoria. Perché, nel momento in
cui si concede al testatore, mercé il legato, di costituire un qualunque obbligo in capo all’onerato, diviene difficile scovare l’esatta ragione che giustifica il perché gli sia consentito di costituire un
obbligo avente a oggetto la stipulazione di un contratto e negato
di costituire un obbligo avente a oggetto, direttamente e immediatamente, la prestazione fideiussoria(46).
Infatti, sebbene non v’abbia dubbio che possa essere forte la
tentazione di considerare svolta ed esaurita la sua funzione nel
mero disegnare il carattere obbligatorio del rapporto giuridico,
ossia il carattere meramente personale e non reale del rapporto
nel quale si vincola il fideiussore(47), nondimeno credo che la
sua funzione debba estendere i confini ben oltre questo valore
significazionale, spostando il suo baricentro dall’effetto alla
fattispecie per conquistare, cosı̀, il terreno della dichiarazione.
Anche in ragione dell’effetto della fideiussione e del rilievo che
un’unica soluzione, consentendo, quindi, il pagamento rateizzato (C. GANCI, La successione testamentaria nel vigente diritto italiano, II, cit., 84; A.
CICU, Testamento, Milano, 1969, 2ª ed., 238; E. PEREGO, I legati, cit., 241). Si
ammette, inoltre, che il legato di liberazione dal debito possa aver a oggetto tanto un debito specifico del legatario nei confronti del testatore,
quanto tutti i debiti del legatario. In tale caso, secondo la dottrina (E.
PEREGO, I legati, cit., 242; C. ROMANO, I Legati, cit., 1078) si deve presumere,
salvo che il testatore non abbia espressa una volontà diversa, che il legato
abbia a oggetto la liberazione da tutti i debiti esistenti al momento della
confezione del testamento e non già da quelli esistenti al momento della
apertura della successione. Nel caso di legato di liberazione da tutti i debiti
si è in presenza di una disposizione testamentaria il cui contenuto è determinabile per relationem (sul punto le osservazioni di V. PESCATORE, Il
negozio testamentario. Sezione II Il testamento per relationem, in Tratt.
dir. successioni e donazioni, diretto da Bonilini, II, La successione testamentaria, Milano, 2009, 47 ss.). Quanto alla efficacia di codesto legato, occorre
che il debito del legatario sussista al tempo della apertura della successione. Mentre deve escludersi che se il legatario abbia già provveduto al
pagamento possa ripetere dagli eredi quanto pagato, in vita, al de cuius
(A. GIORDANO MONDELLO, Legato, cit., 764; C. ROMANO, I Legati, cit., 1077).
(45) Il legato di credito del testatore è quella disposizione a titolo particolare per effetto della quale si realizza una cessione del credito. Onerato è
l’erede, il quale non potrà più pretendere dal creditore del de cuius la
prestazione, mentre beneficiario è il legatario C. ROMANO, I Legati, cit.,
1074. Le affinità della ipotesi con la figura della cessione del credito inter
vivos suggeriscono di applicare al caso di legato di credito, nei limiti di
compatibilità, le regole dettate in tema di cessione del credito. Si precisa,
al riguardo, che non trova applicazione la norma di cui all’art. 1263 c.c.
nella parte in cui prevede che la cessione del credito importa anche il
trasferimento delle garanzie reali, la cui cessione richiede il consenso
del costituente Cosı̀, G. BONILINI, I Legati. Artt. 649-673, cit., 286; E. PEREGO,
I legati, cit., 241. In senso contrario sembrano orientati F. S. AZZARITI, G.
MARTINEZ, GIU. AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazione, 6, cit.,
530; C. M. BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia e le successioni, 3ª ed.,
Milano, 2001, 697. Non troverebbe applicazione neppure l’art. 1265 c.c.,
poiché si tratta di norma descrittiva di una fattispecie incompatibile con la
materia testamentaria. Essa presuppone, infatti, che il credito abbia formato oggetto di più cessioni. In materia testamentaria, infatti, un eventuale legato di credito incompatibile con il precedente varrebbe a revocare
il precedente, incompatibile col primo. Cosı̀, F. S. AZZARITI, G. MARTINEZ, GIU.
AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazione, 6, cit., 531. Perché si
possa discorrere di legato di credito occorre, però, che l’oggetto della disposizione a titolo particolare sia il diritto di credito e non anche la somma
del credito, la quale, ove fosse l’oggetto immediato e diretto del legato,
renderebbe quest’ultimo non già un legato di credito, bensı̀ un legato di
quantità, rispetto al quale il credito, in luogo di essere l’oggetto della
disposizione testamentaria, è, piuttosto, il mezzo suggerito dal testatore
per soddisfare la pretesa del legatario (A. GIORDANO MONDELLO, Legato, cit.,
764; E. PEREGO, I legati, cit., 241; C. ROMANO, I Legati, cit., 1074). Ciò comporta che, in caso di legato di quantità, il legato ha effetto per l’intero
anche se, successivamente alla confezione del testamento, abbia parzialmente o totalmente riscosso il credito (F. S. AZZARITI, G. MARTINEZ, GIU.
AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazione, 6, cit., 529).
(46) In senso critico, G. CRISCUOLI, Le obbligazioni testamentarie, 2ª ed.,
cit., 162, nt. 17, il quale esprime «le più ampie riserve sulla legittimità della
tesi che ammette la fideiussione testamentaria come obbligazione unilaterale nascente direttamente dall’atto di ultima volontà». Secondo l’A.,
poiché il disponente, con il testamento, non impegna se stesso, giacché
quando il suo atto acquista efficacia giuridica esterna quegli non è più in
vita, l’obbligazione testamentaria sarebbe destinata a sorgere ex novo in
capo all’onerato. Secondo l’A., però,«la costituzione originaria di una obbligazione testamentaria non è una vicenda che dipende ad libitum dalla
volontà del de cuius. Conseguentemente non è esatto individuare «la fonte
dell’obbligazione medesima (id est: testamentaria fideiussione) in una
promessa unilaterale vincolante».
(47) In questo senso, anche avuto riguardo alla formulazione della medesima norma, nel codice previgente, M. FRAGALI, Delle obbligazioni, Fideiussione – mandato di credito, Art. 1936 – 1959, cit., 59.
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il fideiussore, attraverso questo singolare strumento negoziale,
finisce con l’offrire il proprio intero patrimonio a generica garanzia di un terzo, ossia di un soggetto rispetto al quale quegli
non è neppure debitore, il legislatore reclama la personalità.
La quale non è punto e soltanto del rapporto, quanto della
fattispecie, ossia della dichiarazione, come risulta chiaro, sotto
un diverso profilo, anche dalla norma posta nell’art. 1937 c.c.,
nella quale, con la rubrica «manifestazione della volontà», il
legislatore precisa che l’intenzione di prestare fideiussione deve essere espressa.
Benché la fideiussione importi, quale suo proprio e unico effetto, la costituzione di un solo ed esclusivo rapporto giuridico
obbligatorio, in forza del quale il fideiussore garantisce l’adempimento di un’obbligazioni altrui, nondimeno la sua costituzione reclama, sempre, in punto di fattispecie, la personalità
della dichiarazione, ossia che la volontà di obbligarsi non soltanto risulti in modo espresso, ma che sia anche il frutto di una
personale dichiarazione del suo autore, ossia di una dichiarazione che, in via immediata e diretta o in via mediata e indiretta
(come nel caso della rappresentanza) sia puntualmente riferibile al soggetto.
Credo che questa precisazione possa spiegare e giustificare
perché, con il legato, il testatore, mentre abbia il potere di
costituire l’obbligo di prestare fideiussione, ossia il potere di
obbligare l’onerato a contrarre, non abbia, altresı̀, il potere di
costituire l’obbligo fideiussorio, ossia il potere di istituire l’onerato immediatamente nella posizione contrattuale.
Il tratto della personalità della fideiussione, inteso in questi
termini, nel mentre relega al rango di eccezioni tutte le ipotesi
in cui l’effetto proprio della fideiussione trovi fonte direttamente nella legge o nella sentenza del giudice, finisce con l’escludere che una valida ed efficace fideiussione possa trovare fonte
in un atto negoziale rispetto al quale il fideiussore sia estraneo.
7. Legato di garanzia personale
L’
autonomia testamentaria ma, soprattutto, le importanti
ipotesi descritte agli artt. 658 e 659 c.c., di là della generale
ipotesi del legato di fideiussione, offrono al testatore la possibilità di realizzare, anche attraverso ulteriori strumenti negoziali, un risultato per taluni versi analogo a quello proprio del
legato di garanzia e, più in generale, di garantire l’adempimento di una obbligazione.
Risolta positivamente e in via di principio l’ammissibilità, nel
nostro ordinamento, di garanzie del credito atipiche o innominate, ossia l’ammissibilità di usare determinati strumenti negoziali al fine di sfruttare il loro effetto e, quindi, la vicenda di
rapporto giuridico di cui essi sono capaci, allo scopo di garantire l’adempimento di una certa obbligazione, in materia suc-
(48) Sul tema, più di recente, U. STEFINI, La cessione del credito con causa
di garanzia, Padova, 2007.
(49) In giurisprudenza, Cass., 1.4.2003, n. 4930, in Gius, 2003, 1729 ss. Per
una sintesi, M. SESTA, Le garanzie atipiche, Padova, 1988, spec. 225 ss.
(50) In giurisprudenza per la nullità, v., Trib. Roma, 16.9.2008, in Obbligazioni e contratti, 2009, 982 ss., con nota di A. BENUSSI, Patto commissorio
e garanzie sul diritto d’autore. Sul punto le considerazioni di L. BARBIERA, Le
garanzie atipiche e innominate nel sistema del codice del 1942, cit., 747, il
quale, a conferma dell’idea che debba essere forte il sospetto della invalidità della cessione in garanzia per violazione del divieto di patto commissorio, osserva che non sembrano decisivi al riguardo gli argomenti
fondati sul richiamo al c.d. patto marciano (in questo senso P. PERLINGIERI,
Cessione dei crediti (artt. 1260-1267), in Comm. Scialoja e Branca, Bologna
– Roma, 1982, 41) o sul richiamo all’art. 2803 c.c. (in questo senso, M.
FRAGALI, Garanzia. II. Garanzia e diritti di garanzia (dir. priv.), cit., 458).
cessoria si tratterà, soltanto, di verificare se e in che misura il
singolo strumento, proprio della circolazione inter vivos, possa
essere reso nella circolazione mortis causa, mercé la chiamata a
titolo particolare.
Il tema, svolto nella chiave di lettura propria del diritto ereditario, si risolve, allora, nella verifica di compatibilità dello strumento e nell’individuazione del mezzo tecnico con il quale
esso possa essere reso. Non va oltre l’individuazione del contenuto con il quale riempire la disposizione testamentaria a titolo
particolare.
Assumendo, dunque, per svolti e risolti, i principali nodi che il
tema delle garanzie atipiche e innominate sollecitano nella
circolazione inter vivos e che, in sintesi, può compendiarsi nella verifica della compatibilità strutturale e funzionale del singolo istituto al fine di realizzare l’ulteriore risultato di garanzia,
onde si possa accertare non soltanto che l’ordinamento ne
tolleri e approvi l’uso, ma soprattutto che non reagisca, sanzionando l’autore con la nullità dell’atto, la materia del diritto
ereditario non reclama una ulteriore verifica, chiudendosi, come già precisato, intorno al tema del contenuto atipico del
legato.
Ciò chiarito credo che, tra tutti, anche per la sicura rilevanza
che esso ha nell’orizzonte del diritto ereditario, merita più di un
riferimento il tema della cessione del credito in funzione di
garanzia(48), ossia l’ipotesi in cui il titolare di un diritto di credito trasferisce ad altri il proprio diritto, non già e soltanto
perché vuole il trasferimento, ma perché, con ciò, intende garantire il proprio o l’altrui adempimento.
Prescindendo dal problematico nodo intorno alla liceità dello
strumento, avuto soprattutto riguardo alla violazione della norma sul divieto del patto commissorio, il quale, per verità, non
mi pare, sebbene esista un coro di voci contrarie(49), che possa
essere sicuramente superato(50), non v’ha dubbio che, ammessane in via d’ipotesi la validità, il tema debba essere coordinato
con le norme di cui agli artt. 658 e 659 c.c., le quali, in questo
preciso orizzonte, profilano all’interprete un complesso di domande e problemi.
Converrà, nell’indagine, tener distinto il caso in cui il testatore
intenda trasferire un proprio credito(51) in funzione di garanzia
dell’adempimento di un’obbligazione propria da quello in cui
intenda trasferire il credito per garantire un’obbligazione altrui.
Ove volesse trasferire il credito nel tentativo
di garantire l’adempimento dell’obbligazione
propria, ossia di un’obbligazione che quegli
ha nei confronti di un certo creditore,
non si sfugge da una necessaria alternativa.
Se trasferisce il credito, menzionando(52), ancorché a soli fini di
(51) La cessione del credito in garanzia potrebbe avere a oggetto anche
un credito futuro. Parte della dottrina (A. MASI, Dei legati, in Comm. Scialoja e Branca, Bologna –Roma, 1979, 79; C. ROMANO, I Legati, cit., 1074; C.
M. BIANCA, Diritto civile. 2. La famiglia e le successioni, cit., 698) ammette,
infatti, la cedibilità del credito futuro, purché si tratti di crediti sufficientemente determinati. Possono essere oggetto di legato di credito sia un
singolo credito, sia più diritti di credito, sia la totalità dei crediti del testatore o una quota di essi (E. PEREGO, I legati, cit., 241).
(52) La menzione del debito può consistere nella sola indicazione della
somma dovuta al legatario, mentre non sarebbe necessaria una espressa
dichiarazione del testatore in tal senso. F. S. AZZARITI, G. MARTINEZ, GIU.
AZZARITI, Successioni per causa di morte e donazione, 6, cit., 531, considerano sufficiente la menzione del debito in una qualunque parte del testamento. Secondo la giurisprudenza è sufficiente anche una menzione implicita (Trib. Lucca, 27.5.2002, massima redazionale; Cass., 2.2.1990, n. 706,
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garanzia, il proprio debito, a norma degli artt. 658 e 659 c.c., la
cessione del credito si presume fatta per soddisfare il legatario
del suo credito, sicché la cessione, per un verso, finirebbe con
l’acquistare una necessaria funzione solutoria(53), atteggiandosi a cessione di un credito in luogo di adempimento e, per altro
consequenziale verso, non potrebbe svolgere alcuna funzione
di garanzia(54).
Se il testatore, viceversa, trasferisce il credito, non menzionando il proprio debito, il legato non si presume fatto per soddisfare il legatario del suo credito e quest’ultimo acquista, automaticamente, il diritto legato. Tuttavia, perché la cessione del
credito possa continuare ad assolvere una sola funzione di garanzia, senza trasformarsi in una mera e semplice disposizione
liberale, volta ad arricchire il legatario-creditore, occorre, però,
che il testatore preveda un qualche ulteriore meccanismo che
consenta di conservare alla cessione la funzione per la quale
essa è stata pensata e disposta.
Occorrerebbe, cioè, che fosse chiaro, a eredi e legatario, che il
credito oggetto del legato serve soltanto a garantire l’adempimento della obbligazione del testatore, sicché se gli eredi o
l’erede, sui quali grava l’obbligo, provvedono al pagamento
del debito, il diritto deve tornare nella massa; se, invece, gli
eredi o l’erede, sui quali grava l’obbligo, non provvedono al
pagamento, allora il legatario ha diritto di riscuotere il credito,
salvo l’obbligo di restituire alla massa la somma che avesse
riscosso in eccedenza rispetto alla pretesa.
Il che, però, diventa assai complesso in materia successoria,
soprattutto perché rischia di trasformare il legato in una sorta
di disposizione fiduciaria.
Una cessione del credito risolutivamente condizionata all’adempimento da parte degli eredi parrebbe risolvere soltanto
in parte il problema.
Ove si ammettesse per risolto il problema del se possa essere
dedotto l’adempimento come fatto condizionante e si ammettesse, proprio perché si tratta, in questo caso, del fatto di un
terzo, possibile sottoporre questo legato alla condizione risolutiva dell’adempimento da parte degli eredi, rimarrebbe del tutto irrisolto il caso in cui gli eredi non eseguano il pagamento
dovuto. In tale ipotesi, infatti, il creditore legatario non soltanto
potrebbe incassare il credito legato, ma avrebbe, altresı̀, il diritto di pretendere da parte degli eredi il pagamento del proprio
credito.
Questo secondo aspetto potrebbe essere risolto arricchendo la
disposizione testamentaria a titolo particolare del tratto solutorio, ossia costruendola in modo che essa si atteggi anche a
legato di credito in luogo di adempimento.
In questo caso, e sempre ammettendo possibile che il legato
possa essere risolutivamente condizionato all’adempimento(55), il testatore riuscirebbe a risolvere buona parte dei propri
interessi.
Se gli eredi provvedono a pagare, il legato si risolve e il credito
torna, cosı̀, alla massa. Se, invece, gli eredi non pagano, il legato
produce il suo effetto ed estingue l’obbligazione, assicurando,
cosı̀, al creditore soddisfazione alla propria pretesa.
Va da sé, che se gli eredi pagano il legatario-creditore in un
tempo successivo a quello in cui quegli (che ha acquistato il
diritto di credito automaticamente e sin dall’apertura della successione) ha già riscosso il proprio credito, nella massa non
potrà più rifluire l’originario diritto di credito, il quale si sarà
estinto per il fatto dell’adempimento, bensı̀ un nuovo debito
del creditore-legatario, tenuto alla restituzione di quanto il medesimo abbia incassato in esecuzione di un legato, successivamente divenuto inefficace per l’avveramento della condizione
risolutiva.
Starà agli eredi, ove non siano tempestivi, di valutare se, una
volta che il legatario abbia già incassato il credito, convenga
loro adempiere e risolvere la disposizione testamentaria o non
adempiere e lasciarla in efficacia.
Ciò significa che il testatore, proprio giocando sull’eventuale
differenza di valore tra il credito legato e il debito potrebbe
rafforzare o indebolire la posizione del creditore che intende
garantire.
Tanto maggiore sarà il valore del credito legato rispetto al debito originario, tanto maggiore sarà la garanzia del creditorelegatario: non soltanto perché, in caso di inadempimento degli
eredi, il legatario finirebbe con il conseguire un credito di valore maggiore rispetto a quello originario, ma anche perché
tanto maggiore sarà il valore del credito legato tanto maggiore
sarà l’interesse degli eredi di adempiere l’obbligazione e sterilizzare l’efficacia del legato. All’esatto contrario, tanto minore
sarà il valore del credito legato rispetto al debito originario,
tanto minore sarà la garanzia del creditore-legatario: non soltanto perché, in caso di inadempimento degli eredi, il legatario
finirebbe con il conseguire un credito di valore inferiore rispetto a quello originario, ma anche perché minore sarà l’interesse
degli eredi di adempiere l’obbligazione e sterilizzare l’efficacia
del legato(56).
Rimane da verificare se il testatore possa garantire, con la cessione del credito, anche l’adempimento di una obbligazione
altrui(57).
Diversamente dal caso precedente, poiché il legato è rivolto
all’indirizzo di un soggetto che risulta creditore di un terzo,
in Foro it., 1990, I, cc. 1532 ss., con nota di G. De Marzo; Cass., 10.3.1980, n.
1590, in Mass. Giur. it., 1980). Secondo A. MASI, Dei legati, in Comm. Scialoja e Branca, Bologna –Roma, 1979, 84 s., in caso di menzione del debito,
il legato deve sempre considerarsi disposto al fine di soddisfare il legatario
del proprio credito. Credo, però, che colga nel segno G. BONILINI, I Legati.
Artt. 649-673, cit., 299 s., il quale, anche richiamando un indirizzo della
Suprema Corte di Cassazione, precisa che la mancata menzione del debito
non esclude, di necessità, che il legato sia stato disposto al fine di soddisfare il legatario del suo credito. In relazione al tenore testuale della norma, credo che l’eventuale menzione del debito importi, di necessità, che il
legato debba considerarsi disposto al fine di soddisfare il legatario del suo
credito.
(53) Precisa L. BARBIERA, Garanzia del credito e autonomia privata, cit.,
178 che con tale espressione ha da intendersi la soddisfazione dell’interesse finale sottostante «il lato attivo del rapporto obbligatorio, indipendentemente dalla compresenza nel fatto solutorio di un atto di adempimento dell’obbligo».
(54) L. BARBIERA, Garanzia del credito e autonomia privata, cit., 183 rileva
che nella cessione dei beni il negozio produce oltre all’effetto solutorio
anche quello di garanzia. Con la precisazione che «qualora il bene non sia
ancora nel patrimonio del cedente, l’unico effetto di garanzia sarà legato
alla idoneità [...] del bene futuro a realizzare questa funzione», viceversa,
qualora il credito non sia certo, liquido ed esigibile «si può pensare ad un
prevalere dell’effetto di garanzia rispetto a quello solutorio».
(55) Sul tema, almeno, G. AMADIO, La condizione di inadempimento: contributo alla teoria del negozio condizionato, Padova, 1996.
(56) In un certo qual senso, la disposizione parrebbe atteggiarsi a legato a
titolo di pena. Con le parole di L. BARASSI, Le successioni per causa di morte,
Milano, 1941, 276, il legato parrebbe fatto «non in considerazione diretta e
principale del legatario, bensı̀ come onere dell’erede, cioè come forma di
pressione per indurlo a far qualcosa, o trattenerlo da qualche azione».
(57) Diverso sarebbe il caso in cui il testatore cedesse non già un
proprio credito, bensı̀ un credito altrui. Valida sarebbe, infatti, la disposizione a titolo particolare per effetto della quale il testatore ceda al
legatario un credito dell’onerato o di un terzo. Si tratterebbe di un caso
di legato di cosa dell’onerato o di un terzo, le cui condizioni di validità
dipenderebbero, quindi, dalla disciplina contenuta all’art. 651 c.c. (E.
PEREGO, I legati, cit., 240; C. ROMANO, I Legati, cit., 1076). Va da sé che in
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pagi-
IL COMMENTO
ma non del testatore, non v’ha dubbio che non ci sono i presupposti perché possa trovare applicazione la norma di cui
all’art. 659 c.c.: non v’ha, dunque, possibilità che la cessione
del credito abbia, rispetto al rapporto giuridico da garantire,
una funzione solutoria.
Ciò, come è ovvio, complica non poco la situazione e rende
assai più difficoltoso per il testatore porre in essere, sempre
nel presupposto che sia valida e non in contrasto con la norma
sul divieto del patto commissorio, una cessione del credito in
funzione di garanzia, che non integri gli estremi di una disposizione fiduciaria.
Inoltre, la circostanza che il debitore sia un terzo esclude, quasi
in radice e a meno che quegli non sia contemplato nel testa-
mento quale erede o legatario, la possibilità che il testatore
possa incidere, o, più semplicemente, anche soltanto orientarne la condotta.
In conclusione, il testatore, mentre parrebbe avere, in astratto, la
possibilità di garantire l’adempimento di una obbligazione propria, mediante la cessione di un credito, non credo che, del pari,
abbia l’astratta possibilità di garantire l’adempimento di una obbligazione altrui mediante la cessione. Sicché, in un caso del genere, ove fosse intenzione del testatore di garantire il terzo creditore, non gli resta che legare un diritto al debitore sotto la condizione sospensiva che adempia la propria obbligazione o, più semplicemente, e nel presupposto di nominare erede o legatario il
debitore, di attribuire al creditore un legato di fideiussione. &
un caso di questo tipo il legato non potrebbe, per definizione, avere una
efficacia immediata e diretta. Esso non determinerebbe il trasferimento
del diritto di credito in capo al legatario, ma soltanto l’obbligo per
l’onerato di trasferire al legatario il proprio credito o di far trasferire
dal terzo al legatario il credito del primo, salva la possibilità di pagare
direttamente al legatario il «giusto prezzo». Si tratterebbe, quindi, di un
legato a efficacia meramente obbligatoria (G. BONILINI, I legati. Artt. 649673, cit., 289).
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