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Relazione gruppo Dimissioni difficili

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Relazione gruppo Dimissioni difficili
GRUPPO DI LAVORO DIMISSIONI DIFFICILI
Relazione finale
Maggio 2013-febbraio 2014
Il gruppo di lavoro dimissioni difficili, costituitosi all’interno del progetto di innovazione dei Tavoli
Tematici partecipativi attivi nella programmazione di zona, si è riunito in fase iniziale per 4 incontri
(29 maggio 2013, 19 giugno 2013, 16 settembre 2013, 8 ottobre 2013).
Durante questi primi incontri ci si è concentrati sulla ricognizione del fenomeno “dimissioni
difficili” la cui complessità, come peraltro altri fenomeni sociali, risiede nelle multidimensionalità
delle problematiche ad esso connesse. Il gruppo ha lavorato, in un clima altamente cooperativo e
con forte interesse al confronto, peraltro già rodato negli anni in esperienze partecipative di vario
tipo e nella quotidiana collaborazione, alla descrizione e condivisione dell’oggetto di lavoro, nella
costruzione di ipotesi problematiche che, partendo dalle esperienze e visioni dei singoli
servizi/soggetti componenti del sistema, tutte costituenti verità parziali, potessero trasformarsi in
oggetti di lavoro condivisi e prendibili.
La discussione approfondita nel corso degli incontri ha portato ad invidiare quattro aree di lavoro
sulle quali il gruppo, allargandosi ad altre partecipazioni e definendosi in sottogruppi, si è cimentato
in dimensione progettuale.
In sintesi e a grandi titoli, le problematiche evidenziate sono state:
-
TEMA DELL’ACCOMPAGNAMENTO: grande complessità delle figure che ruotano
intorno al paziente, mancanza di conoscenza dei nostri servizi da parte delle famiglie,
cittadini che portano bisogni non completamente elaborati, perno sulle famiglie spesso
anche nelle comunicazioni tra servizi, bisogni sanitari spesso rilevanti (molto più rilevanti
che in passato)
-
TEMA DELLA COMUNICAZIONE: percorsi strutturati tra PUA/OSPEDALE, PUA/SSO,
PUA/SST, PUA/SERT/DSM, SSO/SST,
OSPEDALE/CRA,
CRA/OSPEDALE,
CRA/MCA, rendere più fluidi i percorsi e la reciproca conoscenza.
-
TEMA DEL TEMPO: utilizzo delle nostre strutture (in particolare posto il tema della
lungodegenza), tempi sanitari di diagnosi non coincidenti con i tempi della diagnosi sociale:
come ulteriormente avvicinarli?
-
TEMA DELLA CONOSCENZA RECIPROCA: approfondire la conoscenza di come
funzionano i vari servizi (individuati: SST, SSO, CRA, PUA, ancora da individuare i vari
“pezzi” dell’Ospedale) per accrescere l’efficienza della comunicazione (alla base di
comunicazioni efficaci sta la conoscenza).
I sottogruppi creati sono stati:
1. sottogruppo PUA con obiettivo di entrare nel dettaglio del progetto PUA
complessivamente con la prospettiva di sviluppo in particolare sui temi:
• analisi procedure coinvolte (facilitazione alle dimissioni sia con prevalenza di problematiche
sanitarie che con prevalenza di problematiche sociali, ADI, erogazione ausili, modalità e
strumenti di segnalazione dai reparti etc)
• organizzazione attuale e futura (apertura al pubblico quando e come, con che modalità
coinvolgendo quali servizi anche di supporto – es. possibile ruolo dello sportello assistenti
familiari -, quali modalità di coinvolgimento della comunità nell’individuazione del PUA
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come luogo risorsa – es. potenziale ruolo del volontariato, coinvolgimento dei tavoli di
quartiere)
affondo con i gestori del sistema informativo rispetto alla scheda di accoglienza in comune
tra SST e SSO
2. sottogruppo PAZIENTI CON PROBLEMATICHE COMPLESSE (c.d. “olders”) per
l’elaborazione di linee di dimissioni più efficienti per gli utenti dei servizi di salute mentale
e dipendenze patologiche e non solo – tutti quegli utenti per i quali la marginalità sociale
acutizza ogni evento patologico e pone problemi di emergenza/urgenza e trasversalità e
complessità di problematiche.
3. sottogruppo CRA – MCA – MMG di struttura – OSPEDALE – VILLA VERDE per
capire come strutturare meglio i reciproci rapporti, in particolare rispetto a:
• ricoveri notturni con dubbi di appropriatezza
• “cartelle”/informazioni sanitarie reperibili in struttura
• dimissioni su CRA da struttura ospedaliera
4. sottogruppo FORMAZIONE con l’obiettivo di individuare tematiche formative sul tema
della conoscenza reciproca con riflessioni che possiamo utilizzare nell’ambito dei vari
progetti formativi cui le organizzazioni stanno lavorando.
Quelli che seguono sono gli esiti dei sottogruppi che si sono riuniti altre 3 o 4 volte. Il giorno 28
gennaio 2014, inoltre, il gruppo si è ritrovato in plenaria per condividere e discutere gli esiti dei vari
lavori di gruppo e valicare i documenti finali che si trovano qui di seguito.
I coordinatori: Mirco Pinotti, Silvia Guidi
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Gruppo dimissioni difficili  sottogruppo PUA
COORDINATORI: Silvia Guidi, Sonia Romani
COMPONENTI GRUPPO:
Sabina Giovanardi e Lorena Ficarelli (SSO)
Dorella Pane (SST)
Mattia Rossi (SST)
Marzia Prandi (ASMN)
Maria Beatrice Bassi (CURE PRIMARIE)
Paola Castellini (ASP RETE)
Rino Fornaciari (ASP OPUS CIVIUM)
Linda Bottazzi (COOPSELIOS)
1. PREMESSA – CIO’ CHE C’E
Il Punto Unico di Accesso (PUA) alle cure domiciliari secondo la più recente normativa (PSSR
2008-2010 e relative linee di indirizzo regionali – DGR n.427/09) rappresenta uno dei presupposti
fondamentali per lo sviluppo delle cure domiciliari, in quanto ha la funzione di promuovere la
conoscenza e l’accesso alle cure.
Nell’Accordo di Programma sull’integrazione socio-sanitaria (area anziani) il PUA è quindi definito
come “porta di accesso per i cittadini alla rete delle risorse socio-sanitarie” ed è stato incardinato in
particolare nell’ambito delle dimissioni protette o difficili. Si definisce inoltre che il PUA dovrà
“realizzare una fase di accoglienza della domanda, una fase di valutazione e di presa in carico e una
fase di dimissione che corrisponderà al passaggio al servizio di competenza”. (servizio sociale
territoriale, SID, attivazione ADI, NAD, attivazione e assegnazione ausili, attivazione consulenze
specialistiche a domicilio).
Il Punto Unico di Accesso (PUA) del Dipartimento Cure Primarie del Distretto di RE è attivo da
marzo 2012, dopo un primo periodo presso l’ex Ospedale Spallanzani è oggi collocato presso
l’ASMN nella zona retrostante gli sportelli CUP.
In questa prima fase gli operatori ad esso assegnati svolgono funzioni prioritariamente nell’alveo
del SID di: accoglienza, valutazione della domanda, valutazione integrata dei bisogni in un’ ottica
multidimensionale, al fine di indirizzare la risposta al servizio della rete assistenziale più idoneo ed
avviare la presa in carico dei pazienti dimessi dai reparti dell’ASMN.
Troppo spesso le segnalazioni ai servizi territoriali avvengono con tempistiche non sufficienti
(minimo tre giorni) all’attivazione di tutti gli interventi necessari alla presa in carico. Nell’anno
2010 delle 503 dimissioni ospedaliere segnalate al Servizio Infermieristico Domiciliare (SID) , solo
l’8,8% (n.44) è’ stata comunicata nei 3 giorni precedenti la data di dimissione.
L’obiettivo principale del servizio è quello di raccogliere e gestire richieste/segnalazioni
dall’ospedale e promuovere la presa in cura complessiva dell’utente attraverso l’integrazione
funzionale dei servizi dell’area sociale e dell’area sanitaria.
La componente sanitaria del PUA è inserita all’interno del Servizio Cure Domiciliari ed è costituita
da:
• 2 infermieri
• 1 OSS
In base alla procedura concordata con i reparti i pazienti vengono segnalati al PUA attraverso la
scheda BRASS (informatizzata) entro le 72h dall’ingresso o dalla stabilizzazione delle condizioni,
le infermiere si recano in reparto per approfondire la conoscenza del caso e raccogliere le
informazioni necessarie alla eventuale presa in carico del SID (su scheda cartacea). In caso si
preveda l’attivazione di un ADI viene informato il ROAD. Il PUA formalizza la dimissione
all’MMG (tramite mail) ed al SID almeno 24 ore prima dell’effettiva uscita del paziente (inviando
la scheda compilata durante il ricovero attraverso la scannerizzazione). I pazienti segnalati vengono
registrati in un file Excel per il monitoraggio dei dati di attività.
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Alla fine del 2012 (9 mesi di attività) le dimissioni avvenute attraverso il PUA sono state 999 di cui
443 (44%) segnalate dai reparti attraverso la scheda BRASS (i restanti intercettati dalle infermiere
durante le visite in reparto. Di questi 356 (36%) sono stati intercettati entro i tre giorni dall’ingresso
e per 341 (34%) la dimissione è stata confermata almeno 24 ore prima dell’uscita.
Nel 2013 le dimissioni avvenute attraverso il PUA sono state 1862 di cui 1685 (90%) segnalate dai
reparti attraverso la scheda BRASS (i restanti intercettati dalle infermiere durante le visite in
reparto. Sul numero totale, 832 (45%) sono stati intercettati entro i tre giorni dall’ingresso e per
481 (26%) la dimissione è stata confermata almeno 24 ore prima dell’uscita.
Durante questi anni sono stati attivati due percorsi collegati a bisogni specifici:
• Per i pazienti chi evidenziano disturbi del comportamento che vengono segnalati dal PUA al
Centro Disturbi Cognitivi di Albinea attraverso specifica scheda informatizzata proveniente
dai reparti di : neurologia, geriatria e pronto soccorso
• Per pazienti che accedono al PS per i quali il medico evidenzi una critica gestione del
quadro al domicilio. Il PUA, in caso di segnalazione tramite mail del PS, comunica il
nominativo al SID, se paziente in carico, o al ROAD se il paziente non è noto per la
comunicazione al MMG.
La componente sociale del PUA è inserita all’interno del Servizio Sociale del Distretto di RE e
composta da :
• 4 assistenti sociali
• 1 amministrativo
Prende in carico le dimissioni con prevalenza o compresenza di problematiche di tipo sociale. Il
ruolo di accoglienza delle segnalazioni che possono arrivare da familiari, dall’interessato/a e dalle
unità operativi dell’ASMN, dalla Lungodegenza di Villa Verde e dalla RSR di Albinea, dai servizi
sociali e sanitari territoriali viene svolto dal SSO. Le segnalazioni possono essere dirette: verbali e/o
scritte. Le UO ospedaliere utilizzano la scheda informatizzata, le segnalazioni dal PS, spesso con
tempi stretti ed emergenze, utilizzano un’apposita linea telefonica sulla quale il SSO riconosce la
priorità.
Il SSO prende contatti diretti in reparto con il paziente, con il personale sanitario referente, con la
rete familiare se presente o con altre figure di riferimento significative per il paziente (tra cui anche
servizi sociali o sanitari pubblici e privati, volontariato sociale ecc. già presenti sul caso o da
coinvolgere) al fine di raccogliere informazioni per la conoscenza del caso cui farà seguito
l’impostazione di un percorso che proseguirà fuori dalla struttura ospedaliera, sul territorio e dovrà
essere condiviso e coordinato tra tutti gli interlocutori sia interni che esterni all’ospedale.
Se nel percorso è prevista e necessaria, si ha l’attivazione del SST di residenza della persona
ricoverata tramite mail inviata all’assistente sociale competente per territorio (sottogruppo
“accoglienza” per il Comune di Reggio Emilia). Entro 24/48 ore dalla segnalazione il SST
comunica al SSO il nominativo dall’AS responsabile del caso.
L’integrazione della parte sociale nel PUA appare ancora incompleta per motivi prevalentemente
logistici (sedi di lavoro non integrate) e per la fase di avvio ancora “fresca” del PUA stesso, ma
appare uno dei principali obiettivi del prosieguo del lavoro.
2. LE AZIONI PROGETTUALI CONCRETE E PROPOSTE
Per il 2014 si sono progettate alcune linee di miglioramento e sviluppo del servizio, accomunate da
un’ottica di facilitazione agli utenti rispetto ai percorsi delle dimissioni difficili e di identificazione
del PUA come un vero punto unico, riconosciuto ed identificabile nella struttura ospedaliera ed
addetto al raccordo con il territorio:
• Migliorare il percorso di prescrizione degli ausili, attraverso la diretta collaborazione del
personale infermieristico assegnato al servizio protesica del Dipartimento, che a partire dal
mese di febbraio 2014 sarà presente (uno o due giorni a settimana) presso la sede del PUA
per una consulenza diretta ai reparti e per il ritiro della documentazione redatta dai medici
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di reparto. Inoltre, nei confronti dell’utenza si svilupperà un’azione di attivazione diretta
degli ausili presso lo sportello PUA presente all’Ospedale senza dover ulteriormente
rivolgersi allo sportello di Viale Monte San Michele come attualmente avviene, attuando
quindi nei confronti dell’utenza un’azione di back office che coordina i servizi tra di loro
evitando ulteriori passaggi alle famiglie
Ampliare la sede, per consentire alla componente sociale (servizio sociale ospedaliero che è
parte integrante della dotazione del PUA) e sanitaria di lavorare in spazi attigui e creare
spazi per collaboratori esterni e per eventuali colloqui. Al momento si possono ipotizzare 5
uffici (con due postazioni), 1 ufficio con una postazione da utilizzare in modo condiviso
per colloqui o incontri. Lo spazio individuato dovrà essere accessibile, facilmente
identificabile e possibilmente introdotto da una piccola reception.
Adottare un sistema informatico/informativo che consenta la registrazione dei pazienti e la
conseguente condivisione con il servizio infermieristico domiciliare nel caso si realizzi la
presa in carico e l’elaborazione diretta dei dati di attività. Il personale infermieristico
potrebbe essere dotato di tablet dedicati, per l’inserimento diretto delle informazioni al
momento della visita in reparto. Si eviterebbero in questo modo: la compilazione della
scheda cartacea, la scannerizzazione della scheda per l’invio al SID e la trascrizione dei dati
nel file Excel. Le ipotesi potrebbero essere quelle di lavorare direttamente sul programma
attualmente in uso al SID (ASDOM) o, al fine di evitare un suo ulteriore appesantimento,
creare uno specifico data base in grado poi di interfacciarsi con lo stesso ASDOM. Si
intende inoltre valutare, tramite l’attivazione di uno specifico gruppo di lavoro, la
condivisione del sistema informativo utilizzato dal Servizio sociale territoriale (GARSIA)
per la definizione di termini comuni di accoglienza tra i servizi sociali (del territorio SST e
dell’ospedale SSO) garante altresì di passaggi e segnalazioni e feedback tra i due servizi
(es. è possibile per il SSO reperire già da subito il Responsabile del Caso ove presente e la
“storia” dell’utente nei servizi; è possibile per il SSO organizzare l’accoglienza del caso
tramite l’iter “di pensiero” e rilevazione già presente nel SST in modo da consentire una più
efficiente presa in carico; è possibile per il SSO tracciare le fasi seguenti della presa in
carico tramite il sistema informativo ecc.)
Rivedere il sistema di segnalazione al MMG. Ipotizzabile l’istituzione di un piccolo gruppo
di lavoro (ROAD, PUA ed MMG) per definire in che momento del ricovero realizzare la
segnalazione e quali informazioni trasmettere. Anche in questo caso si ipotizza di sfruttare
l’informatizzazione delle informazioni per evitare trascrizioni o compilazioni di nuovi
documenti da parte del personale del PUA
Progettare un utilizzo (tramite approfondimento della conoscenza e con l’istituzione di un
piccolo gruppo di lavoro PUA, SST, SSO, OPUS CIVIUM e RETE) del sistema tutoring
domiciliare/Sportello Assistenza Familiare (del Comune di Reggio Emilia e dell’Unione
Terra di Mezzo) tramite l’attivazione anche diretta (su tipologie di casistica da definire)
della visita domiciliare del servizio stesso e dell’intervento eventuale dello Sportello
Assistenza Familiare ed utilizzando il servizio stesso come terminale di collegamento con il
domicilio dell’utente in dimissione.
Trasformare il PUA in snodo centrale della rete dei servizi mediante due fondamentali linee
di lavoro:
conoscenza specifica ed approfondita da parte del PUA della rete dei servizi mediante
incontri in situazione (piccoli stage?) dei servizi coinvolti (Poli territoriali di servizio
sociale, tutti i servizi territoriali a cominciare dai servizi territoriali anziani intesi in senso
ampio, residenze anziani e residenze disabili ecc.) così da commisurare il proprio lavoro
all’effettiva conoscenza dei setting assistenziali, dei margini di flessibilità e delle
potenzialità dei servizi coinvolti
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•
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viceversa spargere la conoscenza tra i servizi coinvolti delle attività del PUA, creare
referenze e modalità di accesso ed attivazione appropriate e riconoscibili (il gruppo
concorda che più che la formazione in questo ambito vale l’incontro e l’osservazione delle
modalità di lavoro) in modo da consentire al PUA l’ampliamento della propria modalità di
attivatore e segnalatore di dimissioni difficili.
Dare riconoscibilità, identificazione ai case manager al di fuori dello
stretto ambito ospedaliero e fornire loro conoscenza approfondita (in modo del tutto analogo
a quanto descritto nel paragrafo precedente) della rete dei servizi elevando il loro livello di
riconoscibilità esterna e il loro livello di conoscenza delle specificità della rete dei servizi. A
seguito del consolidamento delle funzioni dei Case Manager presenti in Area Medica e
Chirurgica presso ASMN, verranno individuate le modalità di diffusione del loro profilo,
allo scopo di migliorare il livello di integrazione all’interno della Rete dei servizi preposti e
garantire la continuità assistenziale.
E’ stato sollevato il tema dell’assistenza privata in corsia. L’Azienda
Ospedaliera, si impegna a verificare il fenomeno attraverso una ricognizione interna di cui
darà conto al gruppo di lavoro.
Si propone di avviare un progetto di ricerca qualitativa allo scopo di rappresentare il vissuto
dei pazienti e dei familiari (soggetti dei percorsi di dimissione) quale utile stimolo al
miglioramento, utilizzando ad esempio il metodo della narrazione (già applicato
all’assistenza al paziente oncologico).
3. TEMPISTICA, IMPEGNI E RUOLO DEL GRUPPO
Le azioni progettuali previste presentano ovviamente tempistica e livelli di realizzazione e
complessità molto diversi. Ad opinione del gruppo di lavoro si tratta di azioni progettuali
prendibili e concrete che possono essere attuate nell’arco dei prossimi 12/18 mesi – alcune
di queste tra l’altro presuppongono un’azione continua di implementazione.
Vorremmo proporre un duplice ruolo dell’attuale gruppo di lavoro che si sostanzierebbe
essenzialmente in:
- riportare da parte di ogni componente del gruppo nelle proprie organizzazioni di
appartenenza non solo gli esiti ma anche gli impegni che ogni organizzazione si prende in
carico rispetto alle azioni progettuali previste, facendosi garante per conto
dell’organizzazione stessa
- un ruolo di monitoraggio sulle azioni progettuali previsto su una cadenza semestrale in cui
il gruppo nella sua composizione si riattiva per stilare una ricognizione ed un monitoraggio
dello stato di attuazione delle azioni progettuali stesse, una loro valutazione e
riaggiornamento/attualizzazione, nonché messa in campo delle ulteriori riflessioni generate
dalle azioni in corso.
(Documento finale degli incontri del gruppo tenutisi in data: 20 novembre 2013, 10 dicembre 2013
e 24 gennaio 2013)
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Gruppo dimissioni difficili  sottogruppo PROBLEMATICHE COMPLESSE E PERSONE
IN CONTESTI DI MARGINALITÀ SOCIALE.
COORDINATORI: Mirco Pinotti (AUSL), Antonio Lanzoni (Ceis)
COMPONENTI GRUPPO: Roberto Bosi e Nicola Bussolati (Sert AUSL), Lucilla Cabrini, Elena
Davoli e Germana Corradini (Comune Reggio E.), Mila Bertocchi (SSU Unione Terre di Mezzo),
Elisabetta Negri (DASS AUSL), Ruta Rosaria (DSM DP AUSL), Paola Bigi (La Quercia),
Donatella Rimoldi (Papa Giovanni XXIII), Noemi Sgarlata (Ceis), Sonia Romani (PUA AUSL),
Lucia Cavazzuti (ASMN)
Sintesi dei tre incontri che si sono tenuti il 21/11/2013, 18/12/2013, 15/01/2014
Sempre più di frequente i nostri servizi impattano situazioni ad elevato grado di complessità che si
acutizzano in corrispondenza di alcune specifiche circostanze legate ad accadimenti imprevisti e
ingovernabili. Gli esili equilibri a cui queste persone ancorano le loro esistenze possono venir
pesantemente compromessi a seguito dell’insorgere o dell’aggravarsi di una malattia, dal
riacutizzarsi della patologia, dal venir meno di figure di riferimento importanti, dall’aver perso
l’abitazione, dal perdurare di situazioni conflittuali nelle relazioni familiari, anche per le semplici
dimissioni da una struttura sanitaria..
Come i servizi possono attrezzarsi, di quali dispositivi possono dotarsi per evitare di rimanere
trappola dell’emergenza quando tutto ciò accade? Quali criteri adottare per orientare le prassi
secondo logiche condivise..
Servono servizi nuovi o un modo nuovo di concepire l’uso e la fruizione degli attuali sistemi?
Come poter sostenere gli operatori in questo faticoso compito di riposizionamento? Che spesso è
culturale ancor prima che organizzativo?
Gli accordi di programma di più recente sottoscrizione (Dipendenze e Salute mentale, e disagi
sociali correlati) avevano già intercettato le contraddizioni e le fatiche del Sistema dei servizi e in
particolare con articolo di cui in allegato – tratto dall’adp dipendenze patologiche…. - è stato fatto
un tentativo per andare nella direzione di formulare alcuni criteri orientativi nei quali riconoscersi e
sperimentare.
In tale prospettiva può essere interessante ripartire da qui per riattraversare insieme alcuni dati
esperienziali e così, a partire dai dati di alcune storie difficili, di situazioni che ci hanno messo in
scacco, così come da qualche sperimentazione condotta sull’intuizione di cosa potesse essere più
utile a partire dai bisogni immediati di queste persone, ne sono uscite le note che proponiamo.
 A quale tipologia di persone ci riferiamo? Che disagio esprimono?
Le situazioni che sono state oggetto del confronto presentano tratti e caratteristiche che sono
rintracciabili nel sintetico quadrante A – cfr articolo 4 dell’AdP – con un profilo personale e di
contesto alquanto deprivato, compromesso, difficilmente trattabile con le più consolidate modalità e
accompagnamenti, e con le forme della presa in carico tradizionale; ma la cui gravosità è tale da
richiedere investimenti in termini di risorse umane e progettuali alquanto intensi, quanto articolati e
flessibili.
Cosa emerge da un primo quadro d’analisi – cfr Bosi: Circa 25 persone, solo del distretto di Reggio
Emilia forse esplorare anche il resto?…
Proviamo a tratteggiarne alcuni elementi descrittivi utili per una più efficace progettazione degli
interventi.
- sono persone che presentano trascorsi di tossicodipendenza e altre patologie importanti croniche
e associate a problemi cognitivi, e problemi sociali rilevanti
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soggetti poco complianti, non in grado di costruire una qualsiasi rete con alcuno e nemmeno con
i servizi, con tripla e multipla diagnosi,
in alcuni casi sono persone i cui problemi alcolcorrelati vengono fuori in età più avanzata,
quindi forse risposte in Cra
ci sono anche i malati di Aids non td
alcuni non usano sostanze,
hanno un’età media tra i 45/60 anni, superiore a quella delle tradizionali tipologie di utenti td, e
talvolta con caratteristiche di non autosufficienza tali da renderli assimilabili agli anziani ma non
per questo così facilmente comparabili ad essi nella fruizione delle opportunità offerte da questo
ambito di servizi
situazioni dove prevale la componente psicosociale, e il quadro clinico e le stesse patologie sono
talvolta correlate allo stile di vita
comportamenti ed agiti faticosamente gestibili specie nei ricoveri nelle strutture sanitarie
 Criticità di contesto
- le collaborazioni fra servizi (afferenti alle diverse organizzazioni) hanno consentito di trovare
delle risposte, anche se non sempre appropriate (ad esempio: degenze prolungate nei reparti o
nelle Case di cura o in strutture residenziali dedicate ad altre tipologie di utenza), sottraendo
risorse per altre destinazioni più coerenti
- ci sono difficoltà a costruire i percorsi variamente articolati così come richiesto nei casi di
dimissioni ospedaliere e a connettersi con il territorio
- non è sempre così chiaro di quali risorse si dispone e ad appannaggio di quali ambiti di spesa
- le sole realtà del volontariato non sempre sono in grado di sopperire a tale complessità
- fatica delle organizzazioni a connettersi su ipotesi progettuali condivise e sufficientemente
rappresentate
- scarsa chiarezza delle “regole” e delle prassi
- regia progettuale discontinua, poco visibile e/o non riconosciuta
 Preservare i legami: un obiettivo che orienta il nostro lavoro
Seppur in contesti di marginalità estrema, di precarietà e di fragilità, di grandi difficoltà di fronte a
situazioni conflittuali, in questi anni è molto migliorata la compliance. L’esperienza ci restituisce
che l’essenziale è lavorare per preservare i legami che queste persone, negli anni, hanno costruito.
Separare i conflitti dai legami: questo è il solco nel quale collocare le nostre azioni progettuali.
Ogni nostro intervento, ogni servizio va allestito avendo cura di lavorare per la
costruzione/conservazione dei legami, sia fra le persone che fra servizi; in questo senso il cardine
essenziale che caratterizza questi interventi è “l’essere luogo che preserva i legami”.
Relazioni e legami, seppur frammentati e discontinui esistono e vanno recuperati: persone del
contesto familiare o sociale, rete parentale o amicizie dei contesti territoriali, operatori dei servizi …
tutti possono rappresentare quel legame su cui articolare il cammino
Se questo è il paradigma attorno a cui riformulare i nostri interventi, ne derivano alcune
conseguenze:

il significato (traduzione operativa) che diamo alla parola legami: ad esempio, riattraversare le
vite e le storie e recuperare legami anche esili, ma significativi per quella persona, contatti avuti
in precedenza con operatori o semplici amicizie….concedersi tempo per leggere e analizzare le
risorse materiali e immateriali legate all’utente e al suo contesto di vita

i risvolti operativi/organizzativi: concetti come espulsione, interruzione vanno rivisti; i
cosiddetti criteri di trattamento rientrano in un quadro più ampio, con uno sguardo sulla persona,
per farne uno strumento di negoziazione e reciprocità, non in una logica ricattatoria ma come
strumento su cui ancorare patti..; così pure in venir meno o disattendere agli accordi non implica
un giudizio di merito quanto un farne un ulteriore elemento di lavoro con l’utente: perché ha
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


-
-
-
-
agito così? Cosa ci sta dicendo con quel comportamento? Con chi possiamo aprire sguardi di
confronto e/o alleanza progettuali?..
smettere di ragionare in sequenzialità ma assumere un approccio CIRCOLARE, e più flessibile:
con la persona si valutano i percorsi, le tappe del cammino dove il ruolo dei servizi è essenziale
nel garantirne la tenuta, l’accompagnamento, la regia ….con flessibilità, adattamento, senso del
limite e consapevolezza della parzialità di ciascuno. Anche qui semplici esempi: una badante, un
contributo economico, un appartamento, un vicino di casa, una rete amicale, vicinanza con
l’ospedale, un pranzo in struttura …
complementarietà fra servizi: sociali, sanitari, educativi; operatori di strada, drop in, strutture,
operatori domiciliari… Spesso l’azione di uno diviene fondamentale per l’efficacia dell’altro.
Esempio: ricercare un contatto con il medico di base, utilizzare la consulenza di un altro
servizio…
Se questo è lo sfondo cosa diviene strategico?
Le competenze nella gestione dei legami, stare nella relazione, sviluppare accompagnamento
Uscire dalla logica dei servizi esclusivi e specialistici riposizionare l’esistente
Spostare l’asse dell’attenzione sui luoghi organizzativi  Unità di valutazione (flessibile e
modulare) composta da tutti quei professionisti che per quella persona e in quel particolare
momento vi concorrano con un apporto progettuale che ancor prima è di analisi del problema e
di individualizzazione delle ipotesi su cui allestire mandati operativi; e di monitoraggio e
verifica e accompagnamento.
Responsabilità e coordinamento.  identificazione del responsabile del caso non su ruoli e
funzioni definite ma secondo criteri di vicinanza e prossimità alla persona che ha cura del
presidio delle relazioni, dei passaggi informativi, delle comunicazioni in una logica di
cocostruzione progettuale; è riconosciuto dagli altri professionisti per le attivazioni delle UvM e
di ogni altro passaggio concordato congiuntamente …
Monitoraggio dei costi nella costante ricerca di una maggior efficacia di sistema
rimodulazione dell’attuale offerta;analisi integrata delle elaborazioni della Commissione di
monitoraggio, del Gruppo Interistituzionale dell’Adp, di Servizi diversi e agenzie esterne;
attenzione (ricerca) alle opportunità offerte dai contesti locali..
Osservazione e analisi delle sperimentazioni che vengono realizzate dal sistema sia interno alla
rete che esterno  esperienze come quella realizzata dal Ceis con Casa Flora cosa ci dicono?
Cosa osservare? Con chi condividerne le letture? Come suscitare la condivisione delle
esperienze e degli apprendimenti?…. esiste altro di analogo? ..
 Le risorse e gli strumenti di lavoro
Oggi il nostro sistema può avvalersi di alcuni strumenti così come identificati dall’AdP anche se
non adottati nella pratica operativa quali ad esempio le:
- Tipologie/scheda utente
- Mappa dell’offerta/servizi e interventi della rete
Restano sicuramente da approfondire l’analisi e la conoscenza di altri materiali (documenti,
dispositivi, modulistica…) in uso alle diverse organizzazioni coinvolte, a supporto dei processi di
lavoro.
 MMG: un’alleanza professionale imprescindibile
In questo contesto appare più che mai indispensabile un appropriato coinvolgimento del Medico di
medicina Generale: appare scontato ma l’esperienza ci insegna che seppur ritenuto snodo essenziale
nell’accompagnamento dei percorsi di cura, e non solo, degli utenti (pazienti), il loro ruolo non è
sempre reciprocamente ben identificato, valorizzato e attivato; ma laddove le sensibilità e le
competenze si sono alleate si sono potute registrare pratiche virtuose anche a fronte di situazioni
molto complesse. In tal senso – nello specifico di questo ambito progettuale – anche la
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collaborazione con il Mmg deve essere assunta come un oggetto di lavoro perseguibile: laddove
questo già avvenga va preservato e dove non sia ancora così va ricercato e promosso, forse
introducendo qualche accorgimento dedotto dall’esperienza e dalla pratica di questi anni, magari
facendo leva su sensibilità e motivazioni personali.
Per una coerente visione delle cose è doveroso riconoscere che il panorama è fortemente
eterogeneo, in termini di competenze, di preparazione, di possibilità di coinvolgimento: a fronte di
ciò potrebbe essere utile l’individuazione di un gruppo di approfondimento dedicato, facendo di
questa interazione professionale un’area di lavoro articolato, variamente strutturato per
corrispondere alle molteplici caratteristiche/esigenze di questa parte del sistema sanitario locale.
 Come tradurre questi orientamenti in pratica quotidiana e accompagnarne
l’implementazione?
Quanto sin qui delineato va nella direzione di sostenerne l’immissione nel quadro operativo attuale,
tuttavia ci parrebbe opportuno immaginare alcune fasi più connotate su cui avviare un percorso di
accompagnamento e monitoraggio con alcuni operatori magari designati quale espressione di questo
nostro Gruppo interistituzionale, che ne individua mandato ed obiettivi.
In questo senso ci potrebbe aiutare ..
partire dalle situazioni conosciute, provando a tracciarne un’analisi articolata che ne definisca
un profilo in termini di caratteristiche prevalenti, problematiche rilevanti, risorse personali e di
contesto….in modo da individuarne le tipologie di bisogno (ad esempio sul versante
assistenziale, sanitario, di socializzazione…) e le possibilità in termini di offerte del sistema sia
quelle più strutturate e più note come quelle più informali;
elaborare qualche ipotesi progettuale identificandone i diversi aspetti con particolare riferimento
al processo di lavoro e alla tenuta in termini di presidio/responsabilità
accompagnamento alla realizzazione di alcune Unità di valutazione (e monitoraggio sul
funzionamento in termini di responsabilità, coordinamento, attivazioni…così come anche in
precedenza richiamato)
identificazione degli attori del sistema prioritariamente coinvolti, accompagnamento alle
eventuali modifiche operative, condivisione degli orientamenti….eventuali identificazione di
ruoli di referenza progettuale…
co-costruzione e definizione di alcuni criteri di valutazione e modalità operative
analisi e valutazione del sistema complessivamente inteso: cosa c’è e come funziona e come
potrebbe riformularsi alla luce delle nuove esigenze/opportunità. In particolare – e solo a titolo
esemplificativo - nel corso della discussione sono più volte emerse alcune opportunità
rappresentate da realtà quali la Caritas, il SEEd, le stesse comunità ..: forse non ne sono noti,
con chiarezza a tutti gli attori del sistema, i funzionamenti e, dall’altra, l’attuale contesto
richiederebbe la messa a punto di nuove modalità di intervento?…
verifica degli esiti







A parziale completamento delle riflessioni proposte si richiama la necessità di riportare questo
specifico ambito d’analisi progettuale – attualmente incardinato nel contesto sociosanitario del
Distretto di Reggio Emilia – ad una livello organizzativo più esteso, in particolare per quanto
riguarda l’Azienda Ausl, all’ambito Dipartimentale con uno sguardo anche ai diversi distretti della
provincia.
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10
allegato
ART. 6.2.3 - DIMISSIONI
OSPEDALIERE DI PERSONE AFFETTE DA DIPENDENZA PATOLOGICA E
QUADRO COMPLESSO DI NON AUTOSUFFICIENZA.
Le persone affette da dipendenza patologica e ricoverate in strutture sanitarie per le quali si siano
verificati cambiamenti significativi nelle autonomie e nelle abilità devono essere inserite in un
percorso protetto di dimissione.
Ciò necessita una conoscenza e un coordinamento tra i diversi servizi che necessariamente
concorrono, con proprie metodologie e strumenti, ad approfondimenti di contesto (familiare,
sociale) ed elaborazione di un progetto di sostegno socio-sanitario che garantisca la continuità
assistenziale.
Da qui possono prendere forma eventuali interventi psico-sociali di sostegno, socio-sanitari, di
orientamento e di cura.
DESTINATARI. Persone in situazioni di fragilità e con problematiche sociali e sanitarie che
devono essere individuate il più precocemente possibile da parte di operatori sia sanitari che sociali.
Sono in particolare le persone con ridotta autonomia a seguito di patologia acuta che presentano una
situazione di precarietà assistenziale e/o sanitaria, persone sole con difficoltà ambientali e/o
economiche, persone con importanti patologie croniche e degenerative che necessitano di assistenza
domiciliare programmata o integrata con eventuali interventi infermieristici da realizzare al
domicilio del paziente e/o presso altre strutture residenziali.
L’Area Sociale del Settore Ospedaliero si pone l’obiettivo di creare un raccordo di rete con i Servizi
Territoriali competenti, la struttura sanitaria e la famiglia, in modo da ipotizzare e programmare
insieme percorsi socio-assistenziali e socio-sanitari adeguati.
Tra i possibili interventi socio-sanitari si evidenziano: Case di Convalescenza per malati di AIDS,
percorsi di accompagnamento residenziale per pazienti multiproblematici e/o parzialmente
autosufficienti e di rientro a domicilio con attivazione di assistenza domiciliare integrata o
programmata di tipo sanitario (infermiere del DCP, MMG) e/o sociale (assistenza domiciliare
comunale), SSED, progetti a bassa o media intensità.
ART. 6.2.4 - INTERVENTI MIRATI PER PERSONE TOSSICO-ALCOLDIPENDENTI CON GRAVI
PATOLOGIE MULTIPLE E CRONICHE.
Malati di AIDS
È presente nel territorio del Distretto una Casa di Convalescenza (“Casa Flora”) con una recettività
complessiva di 10 posti. L’accoglienza è rivolta a persone residenti in provincia di Reggio Emilia,
prevalentemente affette da AIDS conclamato. L’accesso è regolato da una procedura che prevede
una richiesta documentata inviata, dai Servizi Sociali e/o Sanitari competenti che hanno in carico i
pazienti, ad una Commissione di Valutazione composta da Dipartimento Cure Primarie, Area
Sociale-AUSL, SERT, Malattie Infettive-ASMN. Fin dall’ingresso ogni paziente dispone di un
piano socio-assistenziale e sanitario condiviso tra i Servizi di riferimento, che prevede un percorso
di uscita supportato da soluzioni domiciliari, a diverso grado di protezione. La Commissione di
Valutazione prevista dalla procedura e di cui fa cenno la Convenzione tra AUSL e Casa di
Convalescenza,potrà valutare eccezionalmente la possibilità di accesso anche per pazienti con
dipendenza patologica affetti da gravi patologie correlate (cirrosi epatica, neuropatie centrali e/o
periferiche, casi affetti da patologie che rappresentano un pericolo per la salute pubblica come ad
es. gravi malattie contagiose che necessitino di un analogo livello assistenziale) in soggetti che
presentano fragilità sociali e/o familiari e per questo non in grado di garantire la continuità di cure.
Allo scopo verrà utilizzata una scheda di valutazione del grado di autonomia e del fabbisogno
assistenziale medico e infermieristico, compilata dall'inviante e valutata dalla commissione, insieme
all'altra documentazione sanitaria.
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Pazienti con gravi patologie e in condizione di marginalità sociale
1. Interventi del Servizio Socio-Educativo Domiciliare – SSED. Obiettivo del progetto è offrire un
sistema (pubblico e privato sociale) nell’area del disagio complesso, secondo criteri di forte
integrazione fra servizi sociali, sanitari e le organizzazioni del privato sociale attraverso il
consolidamento del percorso di accompagnamento educativo, a supporto di persone con disagio
psico-fisico e sociale grave. Il progetto si fonda sulla presa in carico e monitoraggio da parte di
una equipe multiprofessionale afferente ai diversi Servizi coinvolti.
2. Interventi educativi territoriali a bassa e media intensità assistenziale, realizzati da operatori del
Privato sociale. A fronte di progettazioni sperimentali per situazioni estreme, si attuano percorsi
personalizzati, modulati, flessibili, volti ad “accompagnare” persone in situazioni di estrema
marginalità e compromissione psichica o fisica verso livelli di autonomia progressivamente
maggiore. La gradualità dei passaggi fra interventi con diversa intensità assistenziale è
finalizzata al raggiungimento del massimo grado di autonomia clinicamente possibile sia in
contesti residenziali protetti che in soluzioni abitative autonome.
3. Percorsi di Accoglienza Residenziale Socio-Sanitaria, rivolti a pazienti multiproblematici con
abuso alcolico e con autonomie parziali, pazienti con deficit cognitivi e problemi sanitari
acquisiti come esito di abuso di sostanze e stili di vita a rischio, che necessitano di accoglienza
residenziale e accompagnamento a lungotermine, finalizzato al mantenimento delle abilità
residue e alla protezione dalla ricaduta nella dipendenza da alcol e sostanze. Per la complessità
delle problematiche da trattare possono rendersi necessarie collaborazioni con i Servizi Disabili
Adulti, Servizio Infermieristico Domiciliare, Servizi Sociali (AUSL e Territoriali). In questi casi
è fortemente raccomandata una progettazione socio-sanitaria riferita, oltre che a singoli casi,
anche alla ricerca di soluzioni per tipologie. Per questa tipologia di utenti si ritiene
indispensabile l’attivazione di UVM.
Pazienti con Comorbilità Psichiatrica
Presentano problematiche tali da richiedere risposte articolate che in parte rientrano a pieno titolo
nel sistema di cura ambulatoriale (SERT, CSM), residenziale (La Mandria, COD Carpineti,
Comunità Specializzate e non, Residenze a Trattamento Intensivo e Protratto - RTI e RTP),
ospedaliero (SPDC, SPOI) e in parte evidenziano criticità nella costruzione dei percorsi postdimissione. Si tratta infatti di soggetti esposti sia ai rischi della ricaduta nell’uso di sostanze sia
nello scompenso psichico che richiedono, a lungotermine, accompagnamento e protezione sociale e
sanitaria da eventi troppo stressanti e stili di vita a rischio. Anche per questa tipologia di utenti si
ritiene indispensabile l’attivazione di UVM.
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Gruppo dimissioni difficili  sottogruppo “Criticità di invio dell’ospite dalla CRA a PSASMN e successiva dimissione verso strutture territoriali”
Dal tavolo madre delle dimissioni difficili si è costituito un sottogruppo che ha valutato le criticità
relative all’invio di pazienti “fragili” (soprattutto dal punto di vista sanitario) da strutture territoriali
al Pronto Soccorso e, viceversa , dimissioni degli stessi pazienti, con cambiamenti delle condizioni
cliniche di base, verso strutture territoriali (CRA e Villa Verde).
L’obiettivo è quello di apportare miglioramenti dei percorsi per tutelare i bisogni assistenziali del
paziente.
Criticità emerse:
● Comunicazione fra i vari professionisti ed operatori coinvolti nel percorso assistenziale
● “Isolamento” della MCA rispetto alle altre strutture assistenziali (cure primarie, PS,
CRA, SID ecc)
● Mancanza di infermiera notturna all’interno delle CRA
● Necessità di un documento/griglia di invio del paziente al PS
● Necessità di formazione congiunta
Per quanto riguarda la comunicazione è emerso che manca un profilo del paziente con bisogni
assistenziali che viene allocato in strutture territoriali, ad esempio paziente con PEG, paziente con
ossigeno, e più in generale una mancanza di conoscenza dei bisogni assistenziali del paziente da
parte del personale assistenziale e sanitario che dovrà farsi carico del paziente nella struttura
residenziale..
Il miglioramento della comunicazione facilita la dimissione e la presa in carico sul territorio e può
consentire di non trattenere in ospedale pazienti dimissibili il sabato o la domenica (in OBI il
paziente può rimanere fino a 24 h, poi se non è possibile dimetterlo deve essere ricoverato).
Si porta ad esempio di buona pratica la comunicazione tra i case manager dell’ospedale ed il case
manager di Villa Verde (percorso in fase di strutturazione).
In analogia si ipotizza una simile comunicazione, almeno 72 ore prima della dimissione, con un
referente/case manager delle CRA; talvolta, infatti, la lettera di dimissione non approfondisce il
dettaglio assistenziale e non è sufficientemente tempestiva rispetto ai tempi necessari alla struttura
di accoglienza per organizzarsi a ricevere ospiti con complesse necessità assistenziali.
L’esperienza attuale del PUA porta a valutare la possibilità di un passaggio comunicativo attraverso
questa struttura, in analogia alla dimissione dei pazienti a domicilio o in hospice; l’ipotesi è
praticabile ma è vincolata ad un aumento del personale del PUA..
Sempre nell’ambito di una carente comunicazione, emerge la necessità di avere una
“griglia”univoca, condivisa fra tutte la strutture, che accompagni il paziente in fase di invio al PS.
Tale documento deve contenere le patologie principali, l’anamnesi recente, la terapia in corso ed il
motivo di invio e un recapito telefonico o di posta elettronica della struttura inviante a cui fare
riferimento per successive comunicazioni.
È preferibile che criticità di gestione, in casi di particolare complessità, siano comunicate al
personale delle CRA ai recapiti indicati nella griglia, piuttosto che direttamente ai famigliari.
Da tutti è condiviso che la mancanza dell’infermiere notturno nelle CRA può essere la causa di
maggiori invii, durante la notte, dei pazienti in PS.
D’altra parte l’esperienza condotta con la presenza di un infermiere notturno reperibile è fallita in
quanto era completamente avulso dal sistema e non conosceva né pazienti né organizzazione delle
strutture.
La mancanza di un infermiere e di un medico nelle strutture di notte impone la necessità da parte
del MMG responsabile clinico di compilare accuratamente la cartella e di esplicitare per iscritto
tutto ciò che può essere utile ad un intervento da parte del medico della continuità assistenziale (ad
Patto per il Welfare
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13
esempio la volontà del paziente o della sua famiglia di non precedere ad un ricovero in fase di
terminalità).
Alla stessa maniera, l’infermiere del turno pomeridiano deve comunicare per iscritto agli OSS del
turno di notte i bisogni assistenziali degli ospiti.
Viene proposto di creare una mini-equipe medico MCA-infermiere dedicata agli interventi nelle
CRA.
La complessità degli utenti dimessi sul territorio fa sì che sia necessaria una formazione congiunta
e continua sulla gestione, nelle CRA che ricevono pazienti ad alta valenza assistenziale, di presidi
complessi (PEG, tracheotomie) e di applicazioni di linee guida condivise rispetto a vari aspetti
assistenziali (lesioni da decubito, prevenzione delle cadute ecc).
Strumenti/azioni di miglioramento:
a. Strutturazione di una griglia di invio del paziente al PS
b. Predisposizione di una linea guida di dimissione protetta del paziente verso le strutture,
in analogia con quanto già in corso con Villa Verde
c. Formazione di personale referente all’interno delle CRA per gestire pazienti
particolarmente complessi (accordo con sottogruppo del tavolo madre sulla formazione)
d. Miglioramento del “passaggio” di consegne tra i vari operatori/professionisti
e. Valutazione periodica delle azioni di miglioramento
a. è stata strutturata una griglia (vedi allegato) che accompagna il paziente al Pronto
Soccorso; la scheda viene compilata dal coordinatore della CRA o dall’OSS durante la
notte. Alla scheda viene allegata copia del foglio di terapia, dell’ultima lettera di
dimissione e il diario clinico più recente. La scheda è stata sperimentata presso le
Esperidi e verrà adottata in tutte le CRA; sarà inoltre illustrata a tutti gli operatori del PS.
b. È stata strutturata una scheda di dimissione (vedi allegato) utilizzata dal responsabile
infermieristico della CRA o di Villa Verde per condurre un’intervista telefonica 24
prima della dimissione per raccogliere dati utili per organizzare l’assistenza in struttura
dal case manager ove presente o dal coordinatore. La scheda è stata sperimentata presso
le Esperidi è verrà adottata dalle altre strutture, anche per passaggi da struttura ad altra
struttura (ad esempio su posto protetto a posto definitivo).Dal 1 Febbraio Villa Verde
utilizzerà la scheda integrata di dimissioni verso tutte le CRA ed i MMG; è inoltre in
fase di completamento un percorso di dimissione protetta con l’ASMN.
c. Viene ipotizzata formazioni sul campo:
- per gestire pazienti complessi con infermieri esperti del reparto che ha in carico il
paziente e con il personale che lo prenderà in carico nelle strutture territoriali
- per gestire pazienti complessi ricoverati nell’ospedale di Correggio
- per gestire pazienti con pompa elastomerica o VAC al domicilio con infermiere
del SID
d. per migliorare il passaggio di consegne fra professionisti coinvolti nel percorso di cura
del paziente (in particolare MMG e MCA) il Dipartimento Cure Primarie si impegna ad
organizzare un tavolo di lavoro e confronto fra MMG, MCA, medici del PS e
personale di assistenza sulla “corretta” compilazione della scheda sanitaria al fine di
facilitare il raccordo fra ospedale e territorio e fra medici del territorio. Si inserirà tra gli
obiettivi dei medici di casa protetta( da parte del Direttore di Dipartimento) l’impegno
alla comunicazione con i colleghi della MCA.
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e. Nel secondo semestre 2014 il gruppo di lavoro effettuerà la valutazione degli strumenti messi in
atto; Incontro periodico di confronto annuale tra i componenti del gruppo.
Partecipanti al Gruppo:
Marina Greci (Dipartimento Cure primarie Distretto RE) , Cavazzuti Laura (ASMN), Lattuada
Ivana (PS ASMN), Prandi Marzia (Direzione Infermieristica ASMN) ,Monica Venturi.(Hesperidi),
Rino Fornaciari (OPUS CIVIUM Castelunovo Sotto), Bortolzzi Patrizio (RETE), Gorini Sibilla
(Casa Insieme) Gabbi Monica (SAA) Cassiani Orazio (Villa Verde) Filetti Giuseppe(MMG)
Bazzoli Anna (MCA)
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Coordinatore infermieristico:
Guardiola Infermieri 0522 - XXXX
Fax
0522 - XXXXXX
SCHEDA INFORMATIVA
Cognome
Nome
Nato/a a
Codice fiscale
Tessera sanitaria
Esenzioni
Famigliare di riferimento
Tel
Tutore
tel
Patologie/Problematiche prevalenti:
□ Demenza
□ Scompenso cardiaco
□ Disturbi comportamentali
□ Dispnea
□ BPCO
□ Emiparesi sx
□ Insufficienza renale
□ Diabete
□ Emiparesi dx
□ Pregresso infarto
□ Cardiopatia ischemica
□ Afasia
□ __________________ □ _________________
□ _________________
Eventuali Allergie: _______________________________________________________
___________________________________________________ ____
AUTONOMIE
deambula
SI NO
wondering SI NO
alimentazione autonoma
usa l’ausilio ____________
SI
NO
Medico __________________________
tel 0522 - 605276
Firma del compilante __________________
in data _________________
Data ultima evacuazione:_________________________________
Allegare:
- fotocopia terapia farmacologica in atto (indicare nella scheda successiva se somministrata
terapia al bisogno o in emergenza)
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- fotocopia ultima pagina diario clinico
- fotocopia ultima lettera di dimissione ospedaliera (se recente)
A cura di:
MEDICO 
IP 
OSS 
Motivo dell’invio:
data:
________________________________________________________________________
________________________________________________________________________
________________________________________________________________________
Somministrata terapia in urgenza ____________________________________________
_______________________________________________________________________
Segnalare eventuali malesseri manifestati nelle ultime 12 ore:
________________________________________________________________________
________________________________________________________________________
________________________________________________________________________
FIRMA DEL COMPILANTE
______________________________
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17
NOME COGNOME
DATA DI NASCITA
U. O. DI PROVENIENZA
DIAGNOSI DEL RICOVERO
PATOLOGIE CONCOMITANTI
MOTIVO
TRASFERIMENTO
DEL
TERAPIE PARTICOLARI
ALLERGIE
CONTESTO SOCIALE
SERVICE ATTIVATO □ SÌ
□ NO
STATO DI COSCIENZA

Orientamento spazio-tempo

Disorientamento spazio-tempo

Agitazione psico-motoria

Sopore/Coma/Demenza
MOBILITA’

Completamente autonoma

Deambulazione e trasferimenti
con
ausili
……………………………………
……………

Si sposta solo con l’aiuto di altre
persone

Allettato, deve essere alzato e
mobilizzato
ELIMINAZIONE
ultima
evacuazione ………………

Continente e completamente
autonomo

Dipendente
nell’utilizzo
di
ausili/presidi
……………………………………
……………

Presenza ureterostomie/catetere
vescicale/stomia intestinale
…………………………………………
………

Incontinente a feci e urine
OSSIGENOTERAPIA □ NO
□ SÌ LT/MN______
ALIMENTAZIONE
Completamente autonoma

Necessita di supervisione ai
pasti

Deve essere imboccato

NPT/NET
SONNO

Senza problemi

Non continuativo ma riposante

Compensato
dalla
terapia
ipnotica

Agitazione psicomotoria
e
confusione mentale notturna
CUTE

Integra

Ferita chirurgica
………………………………

Rischio potenziale di sviluppare
lesioni

Lesioni da decubito
……………………………

NOTE
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18
IGIENE E CURA DI SE’
Autonoma

Necessita di supervisione minima

Igiene intima a letto ma uso
quotidiano dei servizi

Totalmente dipendente

Riferimento di provenienza
Data
Firma compilatore
_______________________
_____________
___________________
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Gruppo dimissioni difficili  sottogruppo FORMAZIONE
COMPONENTI DEL SOTTOGRUPPO: Gabbi Monica (Coord. SAA), Saccani Federica (SST
Bagnolo), Eleonora Zodiaco (Coop.Ancora), Gorini Sibilla(Coord. Casa Insieme), Perone
Palma(Coord.CoopElios), Tosini Serena(ASP Opus Civium), Venturi Patrizia(Coop.Ancora), Rita
Lorenzutti (Coop.Ancora), Guidetti Isabella Fedisa)
Il mandato del sottogruppo formazione è stato di individuare tematiche formative sul tema della
conoscenza reciproca con riflessioni che possono essere utilizzate nell’ambito ad esempio del
progetto formativo sull’area anziani che stanno congiuntamente elaborando AUSL e Servizi Sociali
Comunali .
Durante i tre incontri programmati si sono condivisi , discussi vari aspetti legati alle dimissioni
difficili, ci si è confrontati su problematiche che si verificano nei vari servizi territoriali
rappresentati. Sono state fatte riflessioni sulla non conoscenza dei percorsi , dei vari servizi
presenti sul territorio, sulla non adeguata formazione per la gestione di casi complessi .
La dimissione è “ meno difficile” se i vari setting si conoscono, se l’operatore che gestisce l’anziano
lavora utilizzando approcci , tecniche basate su evidenze scientifiche ….
Dal gruppo sono emerse alcune criticità, per cui si sono ipotizzate soluzioni o azioni di
miglioramento attraverso la progettazione di eventi formativi .
Va evidenziato che numerosi sono stati gli eventi formativi organizzati in passato , volti alla
conoscenza dei servizi ,ad una visione del lavoro multidisciplinare, multi professionale.
Ci siamo chiesti :
“Cosa non ha funzionato in queste formazioni? A chi dovremmo rivolgere le nostre proposte
formative?
Quale approccio metodologico dovremmo utilizzare per non rischiare ancora di incorrere nello
stesso risultato?”
Si è convenuto che “NON C’E’ CAMBIAMENTO SE LA PERSONA NON VUOLE
CAMBIARE”, è indispensabile riuscire ad individuare all’interno dei nostri servizi le persone
“giuste “ da formare , da plasmare per farle diventare operatori di “rete” , che si faranno
divulgatori, da agente contaminante verso i colleghi .
Le criticità individuate sono :
1. Mancanza di conoscenze dei servizi presenti sul territorio -> Quali sono, dove sono ubicati,
chi può afferirvi , con quali modalità? Come sono organizzati ? Quali professioni vi
operano? Quali servizi/prestazioni erogano?
2. Non adeguata conoscenza dei percorsi di ricovero
ospedaliero, in seguito alla
riorganizzazione per intensità di cura .
3. Inadeguate conoscenze rispetto all’attivazione di percorsi di presa in carico sociosanitaria,sia da parte del personale coinvolto che da parte della cittadinanza con il rischio di
sbagliare il setting assistenziale.
4. Necessità di approfondire le conoscenze sui ruoli, competenze e responsabilità delle varie
figure professionali che operano all’interno dei servizi, occorre creare percorsi di
integrazione multi professionale.
5. Mancanza di percorsi formativi per la gestione di casi clinicamente complessi
6. Non adeguato aggiornamento su tecniche sanitarie – assistenziali complesse.
Patto per il Welfare
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7. Necessità di costruire e/o mantenere relazioni con chi opera sul territorio,in particolare per i
casi che fruiscono di più servizi nel percorso di gestione.
Fra le criticità segnaliamo l’assenza a questo di gruppo di lavoro di un rappresentante del ASMN ,
probabilmente avremmo potuto esplorare , approfondire meglio alcuni aspetti , auspichiamo una
loro rappresentanza ai prossimi incontri se dovessero esserne organizzati.
Il gruppo ha deciso di esplorare quattro piste di lavoro , auspicando possano diventare progetti
formativi da sviluppare in futuro,12/18 mesi :
1. FORMAZIONE SPETTACOLO
2. FORMAZIONE SUL CAMPO PER CASE-MANAGER E OPERATORI PUA
3. FORMAZIONE
COMPLESSE
SUL
CAMPO
PER
TECNICHE
ASSISTENZIALI
4. AGGIORNAMENTO PER TEMATICHE SPECIFICHE
1.FORMAZIONE SPETTACOLO:
Premessa:
Le pratiche teatrali costituiscono una preziosa e insolita risorsa per osservare, esaminare e
comprendere i comportamenti nelle organizzazioni. I comportamenti rappresentano la nostra
essenza, il nostro saper essere, la dimensione emotiva, l’interazione tra le nostre capacità, le nostre
conoscenze e i nostri valori interiorizzati. Scomporre la realtà esistente in minuscoli frammenti per
poi ricomporli in modelli originali e vedere ogni problema da tutti i punti di vista e attraverso
differenti tecniche facilita la percezione del problema.
Inoltre, il percorso pedagogico attraverso le pratiche teatrali induce numerosi vantaggi permettendo
di rafforzare in ognuno la fiducia in sé, l’energia nelle principali fonti di piacere e di volontà,
l’indipendenza di pensiero e di azione, l’acutezza di percezione, l’intuizione, la tolleranza
dell’ambiguità, l’accoglienza delle immagini mentali e della ricchezza del sogno, l’ampiezza dei
propri centri di interesse, lo spirito di squadra, la propensione a pensare e agire in modo creativo.
In definitiva, ciò che si chiede è di provare a cambiare paradigma, di cercare di rileggere in modo
parziale o complessivo quelle verità e comportamenti che costituiscono da anni il nostro indiscusso
quadro di riferimento. Non è sufficiente che il cambiamento sia accettato, occorre anche che sia
integrato e che le persone lo realizzino con intelligenza e spirito di adattamento. Ogni cambiamento
è una sfida a una realtà esistente. Il clima di non giudizio e lo stile relazionale del teatro
incoraggiano tutti coloro che hanno delle idee da esprimere, idee piccole o grandi, tracce appena
delineate o sviluppate con ordine.
Pensare a un’organizzazione come a una compagnia di teatro può essere molto interessante,
perché stimola un atteggiamento partecipativo. La cosciente rappresentazione di ogni collega di
lavoro come un attore della stessa compagnia teatrale è un primo importante passo verso una reale
Patto per il Welfare
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interazione di gruppo. Il teatro evoca emozioni, sviluppa empatia, stimola le capacità riflessive e
critiche, facilita il lavoro in equipe degli operatori sanitari.
Goffman sostiene che i rapporti sociali fra singoli soggetti o tra i gruppi siano determinati da
procedimenti teatrali: nella vita di tutti i giorni ci comportiamo come se fossimo su una sorta di
palcoscenico dell’esistenza.
Recentemente la ricerca nel campo della salute ha iniziato a mostrare interesse verso il teatro quale
esperienza formativa privilegiata per lo sviluppo di competenze professionali degli operatori
sanitari e quale pratica e linguaggio per la prevenzione, la promozione della salute, l’accessibilità ai
servizi e il sostegno alla cittadinanza attiva (vedi fact sheet Teatro e Salute di DoRS).
Le prime esperienze formative di teatro e salute risalgono agli anni Settanta e sono state realizzate
in ambito psichiatrico. Quelle più strettamente connesse alla formazione professionale del medico e
dell’infermiere sono invece attive in Italia da circa dieci anni.
Ad esempio, nella Regione Piemonte sono state realizzate diverse esperienze teatrali, che sono state
raccolte in un recente volume (Teatro e Salute, la scena della cura a cura di Alessandra Rossi
Ghiglione Ananke, 2011) e che hanno coinvolto pazienti oltre ad interessanti progetti di formazione
rivolti ai soli operatori.
Il “percorso teatrale” è stato elaborato con la finalità di creare con gli operatori uno spazio di
rielaborazione critica dei loro vissuti, stimolandoli a prendere consapevolezza delle proprie
potenzialità e dei propri limiti e facendo da ponte tra l’esperienza teatrale e la realtà professionale e
personale. Ciò consente di partire dalla riflessione sugli elementi più significativi emersi nella
relazione di cura sperimentata sul campo per poi favorire, attraverso il percorso teatrale, i processi
di cambiamento. Il percorso teatrale prevede diverse fasi e livelli di approfondimento: incontri,
laboratori, scrittura di narrazioni ad hoc, costruzione del testo teatrale, performance conclusiva.
L’attore e lo spettatore, come tutti gli operatori in campo assistenziale che cooperano
quotidianamente, sono in presenza l’uno dell’altro, uno in relazione con l’altro, in uno spazio
delimitato dall’azione di corporeità e all’interno di un’intensa comunicazione.
Attraverso la rappresentazione, il teatro riproduce la realtà della vita quotidiana, con i suoi riti, ma
in una situazione che, proprio perché simulata, consente di portare a consapevolezza questa ritualità.
L’esplicitazione di questa quotidianità attraverso la rappresentazione scenica, che nel caso delle
professioni sanitarie, si riferisce soprattutto alla messa in scena di situazioni legate alla pratica
assistenziale, consente di vivere un’esperienza nella quale non si è più semplici esecutori
inconsapevoli, ma attori di un processo che costituisce un’importante tappa formativa per il futuro
professionista della salute che dovrà inserirsi in un complesso sistema organizzativo, quello
sanitario, che fa della ritualità la sua struttura fondante.
L’idea di mettere in scena “chi fa che cosa” permette di capire come a volte ci si arena nella
messa in atto di ritualità portandoci spesso lontano dall’obbiettivo, invece che avvicinarci ad esso.
Chiarire, capire, sentire e vivere come le diverse figure sanitarie possano, nella cura del
paziente/ospite, allinearsi, coordinarsi e così raggiungere il fine comune è l’obiettivo da mettere in
scena! ( Rita Lorenzutti 2014)
La formazione spettacolo potrebbe divenire proposta come formazione congiunta AUSL /Comune
OBBIETTIVO-> prendere coscienza della realtà che vive il soggetto “rimpallato “ nei vari setting
organizzativi.
Ridere prendendo coscienza della realtà
DESTINATARI -> dirigenti,coordinatori infermieristici , case manager ospedalieri ,SID, personale
del PUA,assistenti sociali ospedalieri e territoriali, MMG, rappresentanti dei
Patto per il Welfare
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Caff.
INTERVENTI -> i componenti del gruppo metteranno in scena un testo dal titolo “ CHI FA CHE
COSA” in cui il protagonista,il paziente, viene “ rimpallato” nei vari servizi
ospedalieri e territoriali .
Verranno fatte emergere le criticità della valutazione, del setting assistenziale
Ideale, la perdita di vista dell’obbiettivo .
Al termine verrà aperto un dibattito guidato , per approcciarsi meglio alla
criticità esplorata.
2.FORMAZIONE SUL CAMPO PER CASE-MANAGER E OPERATORI PUA
Premessa:
Nella nuova organizzazione del ASMN per intensità di cura si sta sviluppando la figura del Casemanager, fra i cui mandati rientra quello di seguire il percorso delle dimissioni protette lavorando
in stretta collaborazione con il personale del PUA per i soggetti che rientreranno al proprio
domicilio.
Vogliamo ipotizzare in un prossimo futuro che il personale del PUA si occuperà anche delle
situazioni provenienti dalle CRA o che ad esse accederanno dopo il percorso di ricovero
ospedaliero.
Questa ipotesi , se realizzata, permetterebbe di seguire il percorso del paziente nella sua complessità
, il PUA diventerebbe attivatore , promotore , intermediario fra il case manager ospedaliero e il
personale della CRA.
A Villa Verde la figura del case-manager è già attiva da anni , si rapporta con il personale del SID
per le dimissioni verso il domicilio e con il personale delle CRA per le dimissioni protette e su
posti temporanei.
Per poter attuare questa nuova metodologia di lavoro è necessario che i case manager e il
personale del PUA conoscano come sono organizzati , strutturati i servizi territoriali di cui la
cittadinanza anziana può fruire
OBBIETTIVI -> conoscere le finalità,l’organizzazione dei servizi territoriali quali CRA, Cd e AD.
Apprendere quali figure professionali operano all’interno dei servizi territoriali ,
quali il loro ruolo, le loro potenzialità e limiti.
Conoscere le modalità d’accesso , le modalità progettuali ecc ecc.
DESTINATARI -> i case –manager ospedalieri , di Villa Verde , gli operatori del PUA,
INTERVENTI -> organizzare un periodo di stages presso le CRA che effettuano ricoveri a
tempo indeterminato , temporaneo , di dimissione protetta e di NSD.
Prevedere una giornata formativa/informativa con un equipe UVM, altre
presso il servizio di assistenza domiciliare e il centro diurno.
Fornire al PUA e i case manager di brochure, di materiale informativo da
distribuire ai cittadini interessati.
Patto per il Welfare
comune.re.it/welfare
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3.FORMAZIONE SUL CAMPO PER TECNICHE ASSISTENZIALI COMPLESSE
Premessa:
L’aumento della prospettiva di vita , l’evoluzione della scienza medica e infermieristica fanno si
che all’interno dei servizi territoriali vengano inseriti soggetti clinicamente “complessi” , per cui è
necessario avere conoscenze , competenze adeguate , costantemente aggiornate, supportate da
evidenze scientifiche.
E’ inutile prevedere eventi formativi per insegnare la gestione di complessità non presenti nelle
strutture , si apporterebbero informazioni che andrebbero perse , perché non applicabili alla realtà
lavorativa.
Prevedere formazioni sul campo nel momento in cui si presenta il bisogno , porta gli operatori ad un
maggiore interesse nell’apprendimento , ad un confronto con operatori esperti , a instaurare
relazioni continuative.
OBBIETTIVI-> apprendere tecniche , acquisire competenze necessarie alla gestione di casi
complessi all’interno delle CRA
DESTINATARI -> infermieri delle CRA,infermieri esperti del ASMN o degli ospedali AUSL e
del SID.
INTERVENTI -> prima della dimissione del paziente “complesso” dalla U.O ospedaliera
organizzare un percorso di formazione , di addestramento alla gestione della
complessità. Esempio : il paziente dovrà rientrare in struttura con dialisi
peritoneale o con tracheotomia o con CVC, è fondamentale che prima della
dimissione il personale della struttura venga istruito,da personale esperto,
adeguatamente e raggiunga le competenze necessarie per essere autonomo nella
successiva gestione del paziente in struttura .
Il case manager e/o il personale del PUA dovranno mantenere i contatti con il
personale sanitario della struttura e farsi da promotori nell’organizzazione del
percorso.
Lo stesso percorso formativo è ipotizzato per quei pazienti in carico al SID per
cui si prevede un ingresso in CRA temporanea o definitiva . Esempio: paziente in
tx palliativa che utilizza pompe elastomeriche oppure paziente con LDD per cui è
necessario l’utilizzo della VAC.
4. AGGIORNAMENTO CONTINUO PER TEMATICHE SPECIFICHE
Patto per il Welfare
comune.re.it/welfare
24
Premessa:
Occorre prevedere momenti di aggiornamento su tecniche infermieristiche, assistenziali , note e
presenti nelle varie realtà territoriali,come ad esempio la gestione della PEG , dei SNG , dei CV.
Purtroppo accade che si continuino ad applicare tecniche sbagliate o non completamente corrette
per abitudini consolidate nel tempo, senza o con poche evidenze scientifiche , correndo il rischio di
effettuare ricoveri ospedalieri impropri .
OBBIETTIVO-> garantire un adeguata formazione su tecniche “tipiche “ presenti
nelle varie realtà territoriali.
Uniformare a livello distrettuale le modalità di esecuzione , gestione di tecniche
non complesse
.
DESTINATARI -> infermieri e personale medico delle CRA
INTERVENTI -> organizzare eventi formativi per il personale delle strutture territoriali , dove i
“formatori” sono il personale AUSL e/o ASMN.
Esempio: il team nutrizionale in collaborazione con l’infermiere esperto del
ASMN o AUSL illustra come gestire al meglio i soggetti portatori PEG e i SNG
I partecipanti hanno fatto emergere quanto sia importante , indispensabile confrontarci fra le varie
realtà territoriali ed ospedaliere , abbiamo un obbiettivo comune “ L’ANZIANO”, avere dei
momenti di condivisione, di discussione , fa rendere meno pesante il nostro lavoro e ci apre la
mente alle varie soluzioni possibili .
Patto per il Welfare
comune.re.it/welfare
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