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Service “Terapia della bambola”
Ines Marzi Service “Terapia della bambola” Nel 1901 il Dottor Alois Alzheimer, uno psichiatra tedesco, intervistò una sua paziente, la signora Auguste D., di 51 anni. Le mostrò parecchi oggetti e successivamente le chiese cosa le era stato fatto vedere. Lei non poteva ricordare. La signora Auguste D. fu la prima paziente a cui venne diagnosticata quella che in seguito sarebbe stata conosciuta come malattia di Alzheimer. Il morbo di Alzheimer è una demenza degenerativa invalidante ad esordio prevalentemente senile dalla prognosi infausta. Ad oggi non esiste nessuna cura che permetta di guarire la malattia, arrestarne la progressione. Tuttavia esistono diverse terapie che permettono di mantenere più a lungo l’autonomia del pa-ziente; esistono infatti due tipi di terapie per curare la malattia di Alzheimer: la terapia con i medicamenti e quella senza. È utile combinare le due tenendo conto in particolare del paziente, visto che la malattia evolve in modo differente da paziente a paziente. Dunque sono utili le cure con i medicamenti, cure senza medicamenti, allenare la memoria per una migliore gestione del quotidiano, incontri con specialista sia individuali che di coppia, terapia creativa, organizzazione della vita quotidiana a caso, attività sportive e conviviali, passeggiate, riconoscere e curare i sintomi secondari e le malattie fisiche, o il gioco. Se il compito delle scienze è quello di trovare cure e rimedi, il compito di noi Rotariani è quello di agevolare, di stare accanto con le nostre risorse a coloro i quali si prendono cura dei pazienti afflitti da questa condizione che li allontana giorno dopo giorno dalla luce della coscienza. Come ha detto già qualcuno, quando si cura una malattia si può vincere o si può perdere, quando invece ci si prende cura del malato si vince sempre. Ed è con questo spirito dell’essere al servizio inteso come “prendersi cura”, che la Commissione Progetti del Club, che mi onoro presiedere, si è avvicinata a questa problematica incontrando i pazienti e gli operatori del Centro “D. Maestrini” di Via Golgi n° 10 di Arezzo. Da questi incontri, dalle riflessioni sui bisogni degli utenti con gli operatori nelle loro diverse specializzazioni è nato il progetto “Terapia della Bambola”. Permettere ad operatori competenti di presentare ad orari stabiliti, a pazienti del Centro Diurno che hanno delle abilità residue, bambole simili a lattanti può favorire una serie di riduzioni dei disturbi comportamentali e un miglioramento dei processi affettivi ed emozionali oltre che una facilitazione al rilassamento ed alla memoria procedurale. Il progetto si è concluso il 5 gennaio 2011 con la consegna al Centro “D. Maestrini” di tutto il ma-teriale necessario, alla presenza degli utenti, operatori, cittadinanza e autorità, nonché di una folta schiera di Soci del Club, in una partecipata e sentita cerimonia, ripresa anche da televisioni e stampa locale. Essere rotariani rappresenta l’impegno per un progresso, un miglioramento, fatto insieme ma anche personale: l’esperienza rotariana può essere anche intesa come cocostruzione per dare un ulteriore senso alla nostra esistenza. Il “servire” non come sfida ma come educazione alla generosità, alla disponibilità, non di pochi ma di tutti. Aver frequentato il Centro D. Maestrini nei pochi momenti lasciati liberi dalla propria attività lavorativa, permette di ricordare l’importanza del “servire” chi, come in questo caso, è stato meno fortunato di noi, comunque impegnati ad onorare la vita. Alcune immagini della cerimonia del 5 gennaio 2011 al Centro “D. Maestrini”