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per farmi capire - Umbria OnLine Turismo Religioso
1 Sergio Andreoli PER FARMI CAPIRE 1 DON ANGELO MESSINI, DON FERDINANDO MERLI E DON ANGELO MERLINI Foligno dimentica presto coloro che l’hanno servita e hanno dato lustro al suo nome. Per questo, non sono molti quelli che sanno che l’ultimo direttoresacerdote della Biblioteca Comunale è stato monsignor – allora don – Francesco Conti, poi responsabile della Biblioteca “L. Jacobilli” del Seminario Vescovile, ora dislocata al Palazzo ElmiAndreozzi, di Piazza San Giacomo, 1. Dopo monsignor Michele Faloci Pulignani, storico di grande valore, del quale ancora molto si discute, prestò servizio presso la nostra massima istituzione culturale, il canonico don Angelo Messini; belfiorese di origine, fu per alcuni anni Parroco di Corvia. Purtroppo, i primi bombardamenti scatenati dagli Alleati su Foligno, colpirono, come è noto, oltre che il Seminario – vi morì don Consalvo Battenti, anch’egli della zona Belfiore/Liè/Ravignano-, l’antico Santuario della Madonna del Pianto, situato nell’attuale Piazza Ercole Giacomini, e don Angelo Messini e sua sorella Clementina vi persero la vita. Sotto le macerie di una chiesa si spense, così, un’intelligenza non comune e si interruppe una preziosissima azione pazientemente preparata in lunghi anni di studio e di specializzazione. Successore di don Angelo, alla direzione della Biblioteca, fu il professor don Ferdinando Merli, assassinato il 21 febbraio 1944 – lo stesso giorno in cui fu ucciso don Angelo Merlini, parroco di 2 Fiamenga-, a ridosso della sua nomina a direttore. Perché non prendere qualche iniziativa, per fare memori di questi Sacerdoti, che hanno operato per il bene della Chiesa e della Città? 2 MONSIGNOR MICHELE FALOCI PULIGNANI FA DISCUTERE 1. Il folignate monsignor Michele Faloci Pulignani (nato il 9 luglio 1856 e morto il 1 ottobre 1940), Priore del Capitolo della Cattedrale di San Feliciano, Professore nel Seminario Diocesano, Cancelliere della Curia Vescovile e per molti anni Vicario Generale della Diocesi di Foligno – fu anche Vicario Capitolare dal 22 dicembre 1894 al 18 marzo 1895 -, è noto a chiunque abbia anche una sola volta prestato interesse alla storia - a quella francescana e angelana, in particolare -, e tuttavia viene poco celebrato. Che pesi su di lui il fatto di aver operato per il bene della Chiesa e della sua città in un’epoca, che politicamente non suscita più simpatia? Sarebbe, questa, una forma di preconcetto pericoloso, che potrebbe generare ostracismi fuori della storia. La serenità dei giudizi è attualmente favorita da 3 quanto in Italia è avvenuto in questi ultimi anni e la capacità di distinguere, e quindi di riconoscere i meriti delle persone in campo culturale e i limiti in quello politico, dovrebbe caratterizzare il dialogo culturale. E i meriti di monsignor Faloci Pulignani non sono pochi. Basterebbe scorrere l’elenco della sua produzione letteraria, per convincersi che non è stato un qualsiasi erudito. Fu, infatti, uno studioso molto attento ai documenti e alla fonti, per ricostruire le vicende delle istituzioni cittadine e non solo. In questa sede voglio ricordare che nel 1932 favorì la trascrizione, la pubblicazione e la traduzione di un manoscritto riguardante la beata Angela da Foligno (+4 gennaio1309), conservato nella Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di S. Scolastica, di Subiaco. Solo questa sua iniziativa sarebbe sufficiente per collocarlo tra i benemeriti della cultura. Ma tante altre sono state quelle che egli ha portato a compimento e che lo rendono meritevole di attenzione maggiore e di pubbliche celebrazioni. Se a farlo fosse solo la Chiesa di Foligno o quella di Spoleto - monsignor Faloci Pulignani vi svolse dal i gennaio 1906 al 15 agosto 1912 il servizio di Vicario Generale -, qualcuno potrebbe pensare che egli fu soltanto un ecclesiastico. Poiché, però, a Foligno, fu anche Assessore alla Cultura e di Direttore della Biblioteca Comunale, – pochi anni fa è stata intitolata a Dante Alighieri -, auspicherei qualche iniziativa da parte dell’Amministrazione Comunale, per riportare l’attenzione dei folignati su uno dei suoi figli più illustri. Se, poi, la prestigiosa rivista Miscellanea Francescana, edita dalla Pontificia Facoltà Teologica dei Frati Minori Conventuali di Roma, troverà il modo per ricordare il suo fondatore e primo direttore, a poco più di settant’anni dalla morte, penso che la cosa tornerebbe gradita a molti folignati e a tutti gli studiosi. 4 Per questi sarà preziosissimo l’appuntamento dell’8-9aprile, quando si terrà il convegno promosso dalla Gazzetta di Foligno, fondata dal Faloci Pulignani nel 1888 – era la prosecuzione del foglio Il giornale di Foligno, nato nel 1886; da ricordare che egli fondò anche l’Archivio per la Storia Ecclesiastica dell’Umbria, pubblicato dal 1913 al1919, e, nel 1925, il periodico La Fiamma -. Chissà, poi, se anche la Deputazione di Storia Patria per l’Umbria – creata nel 1894 come Società umbra di storia patria e trasformata in Deputazione nel 1896 – si mobiliterà per celebrare l’illustre folignate, che fondò, insieme a Milziade Santoni, di Camerino, e Giuseppe Mazzatinti, di Gubbio, la rivista di studi storici Archivio storico per le Marche e per l’Umbria, che uscì dal 1884 al 1888? 2. Sorprendente quanto di monsignor Michele Faloci Pulignani è stato scritto nella I edizione della nota del novembre scorso, e nella II edizione disponibile, con la vecchia data, in http://www.micropolissegnocritico.it/mensile/, all’inizio di marzo di quest’anno; le riporto di seguito: I edizione “Revisionismo clericale. Siamo alle solite, il passato torna ad essere un terreno di battaglia. Ricorre quest’anno il 70° anniversario della morte di mons. Michele Faloci Pulignani, un colto quanto reazionario prete folignate, che in vita fu feroce oppositore di ogni forma di modernità, sanfedista e temporalista, contrario ad ogni anelito di cambiamento all’interno della Chiesa. Il settimanale della Curia folignate ‘Gazzetta di Foligno’ coglie l’occasione dell’anniversario per lanciare un campagna affinché gli venga dedicata la Sala di lettura della Biblioteca comunale, 5 istituzione alla quale aveva donato i suoi libri e il suo archivio. La “Gazzetta” non è diretta da tetri fascisti, ma dal prof. Nizzi, che in politica è vicino al Pd e che – fino all’assunzione dell’incarico di direttore – è stato iscritto a quel partito e segretario di un circolo. Ebbene Nizzi non difende il fascismo di Faloci, anzi dice che sbagliò, ma per rivalutarne la figura utilizza le categorie della “comprensione del passato”, della pacificazione della memoria, come fanno gli storici revisionisti quando vogliono rivalutare i combattenti di Salò. Fatto sta che Faloci aderì al fascismo, fu consigliere e assessore della giunta che governò la città dal 1923 al 1927, combatté i preti popolari che riteneva pericolosi seguaci del ‘modernismo’ ed usurpatori del “suo” giornale la “Gazzetta”, che aveva diretto per lunghi anni”. (Da: Micropolis, mensile umbro di politica, economia e cultura, http://www.micropolissegnocritico.it/mensile/ inserita da Re. Co. [Renato Covino?], l’11 novembre2010). II edizione. “Revisionismo clericale di Re. Co. •11 Nov. 2010 • Categoria: micropolis on line Siamo alle solite, il passato torna ad essere un terreno di battaglia. Ricorre quest’anno il 70° anniversario della morte di mons. Michele Faloci Pulignani, un colto quanto reazionario prete folignate, che in vita fu feroce oppositore di ogni forma di modernità, sanfedista e temporalista, contrario ad ogni anelito di cambiamento all’interno della Chiesa. Il settimanale della Curia folignate “Gazzetta di Foligno” coglie l’occasione dell’anniversario per lanciare una campagna affinché gli venga dedicata la Sala di lettura della Biblioteca comunale, istituzione alla quale aveva donato i suoi libri e il suo archivio. La “Gazzetta” non è diretta da tetri fascisti, ma dal prof. Nizzi, 6 che in politica è vicino al Pd e che – fino all’assunzione dell’incarico di direttore – è stato iscritto a quel partito e segretario di un circolo. Ebbene Nizzi non difende il fascismo di Faloci, anzi dice che sbagliò, ma per rivalutarne la figura utilizza le categorie della “comprensione del passato”, della pacificazione della memoria, come fanno gli storici revisionisti quando vogliono rivalutare i combattenti di Salò. Fatto sta che Faloci aderì al fascismo, fu consigliere e assessore della giunta che governò la città dal 1923 al 1927, combatté i preti popolari che riteneva pericolosi seguaci del “modernismo” ed usurpatori del “suo” giornale la “Gazzetta”, che aveva diretto per lunghi anni. Un suo estimatore, don Dante Cesarini, ha sostenuto che fu fascista per “civilizzare” i fascisti, per reazione all’anticlericalismo e alla violenza massonica e socialista e per amore della sua città. A noi sembra che la sua adesione al fascismo altro non sia stata che la logica conclusione della sua coerente ideologia reazionaria. Fabio Bettoni, opponendosi alla titolazione della Sala di lettura a Faloci, ha ricordato che già ci sono sui muri della città e di palazzo Trinci cinque epigrafi dedicate al monsignore e che a lui è titolata una piazza centrale, mentre sulla sua attività sono stati scritti ben sette volumi. Anche a noi ci pare possa bastare”. Mi chiedo: L’estensore della nota conosce veramente la vita e le opere di monsignor Faloci Pulignani? Segnalo una pubblicazione che si può consultare presso la Biblioteca “L. Jacobilli” (Q 1866/1): L’opera letteraria di Mons. M. Faloci Pulignani Priore della Basilica Cattedrale di Foligno, Quinta edizione, Poligrafica Salvati, Foligno-RomaMilano, 1939-XVII. 3. 7 Invito i lettori ad intervenire nella discussione, scrivendo aquesto indirizzo: [email protected] 3 NOTA BIBLIOGRAFICA In questo sito: http://opacsbn.regioneumbria.eu/SebinaOpac/Opa c Ricerca: “Andreoli Sergio” 4 LA CHIESA DI FOLIGNO: UN BEL VOLTO CON QUALCHE RUGA II edizione riveduta e corretta I edizione, in Il Giornale dell’Umbria, 2002-2003 Per ricordare la signora Lina Furlan IL DOPO-TERREMOTO DIMENTICA I PRETI IV (2003), n. 153, p. 18 Non parlo di me, ma di quei Confratelli, che hanno vissuto la terribile esperienza del terremoto in mezzo alla gente, come tutti sanno e come tanti sembrano aver dimenticato. Si dà il caso che, ora che qualche fetta di ricostruzione finisce, i poveri preti, così inseriti in quella realtà sociale che si chiama parrocchia, non sono neppure invitati, quando c’è da tagliare 8 qualche nastro o brindare a qualche successo. Anche oggi, domenica, avverrà qualcosa di simile, ma in un paesino di montagna è già capitato. Che strano! È vero che i preti sanno che la ricompensa che conta, non è quella degli uomini, ma non credo che tutti coloro che preti non sono, si appellino a questa dottrina, per dimenticarsi di loro, quando c’è da gustare un po’ di dolcezza, dopo tante amarezze post-terremoto. DON CESARINI DIRETTORE DELLA “JACOBILLI” IV (2003), n. 173, p. 18 È monsignor Dante Cesarini, responsabile del Centro Diocesano Vocazioni e Canonico della Cattedrale di Foligno, il nuovo Direttore della Biblioteca “L. Jacobilli” del Seminario Vescovile, ormai prossima al trasferimento alla nuova sede di Piazza San Giacomo. Succede a monsignor Francesco Conti, recentemente scomparso, dopo un lunghissimo e prezioso servizio, che ha portato la Biblioteca a sviluppi mai conosciuti. Di lui Don Dante ha scritto un commosso ricordo, pubblicato dal settimanale cattolico Gazzetta di Foligno. Vogliamo esprimere al nuovo Direttore gli auguri più cordiali, perché possa assolvere il nuovo impegno con la stessa passione e competenza con cui si dedica all’insegnamento della Teologia all’Istituto Teologico di Assisi e soprattutto all’animazione del Centro Diocesano Vocazioni. Troverà certamente la più ampia collaborazione nel personale, precisamente in Roberto, Cesarina, Leonardo e Maria Grazia, e in coloro che abitualmente frequentano la Biblioteca, sempre più ricca di volumi e riviste, anche a seguito del generoso atto di donazione del Parroco emerito della Beata Angela, don Giuseppe Cavaterra, studioso di letteratura latina e italiana, ben 9 conosciuto in città, e già docente apprezzato al Liceo Classico. RASIGLIA: RIAPERTO IL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLE GRAZIE IV (2003), n. 214, p. 19 È stata una bellissima sorpresa, per me, domenica scorsa, celebrare nella Chiesa-Santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia, riaperta al culto, dopo i lavori di restauro, resisi necessari, a seguito della bruttissima esperienza del terremoto del 1997. Gremita di gente, non solo del paese, grazie al nuovo sistema di illuminazione, mostrava la bellezza degli a affreschi agli occhi ammirati di tutti. La soddisfazione del Parroco, dell’Eremita e degli abitanti della frazione folignate, nota dappertutto per le sue sorgenti, era contenuta, per un fatto molto semplice: la Statua della Madonna non era ancora al suo posto, in quanto custodita in luogo sicuro. Quando durerà l’attesa? Sicuramente pochissimo, perché ormai il luogo è pronto ad accogliere l’Immagine così cara alla pietà dei folignati. Chi non sa, infatti, che, soprattutto durante l’estate, da Foligno non mancano persone che raggiungono il Santuario per una preghiera alla Vergine, che tanti segni di attenzione ha lasciato per chi si è trovato nelle più diverse difficoltà? Basterebbe interrogare la gente di Scopoli, di Roviglieto, di Casenove e di altri paesi, che ogni anno fanno il loro pellegrinaggio, in segno di memoria e di gratitudine per particolari grazie ottenute, dopo il ricorso fiducioso a lei. Allora, tutti attendiamo con ansia che venga il momento della grande festa attorno alla Sacra Immagine, ricollocata sul suo trono. 10 ANNUNCIO: CONVEGNO PASTORALE DIOCESANO N. 176, p. 19 Il Vescovo di Foligno, monsignor Arduino Bertoldo, che da quasi dieci anni guida la nostra Diocesi – fece, infatti, il suo ingresso solenne il 20 dicembre 1992 – ha annunciato, con una lettera ai Parroci e agli altri Sacerdoti, il Convegno Pastorale Diocesano. Il tema che quest’anno sarà posto all’attenzione dei convegnisti – clero, religiosi e laici – è: “Chiesa e giovani”. “Il Convegno – scrive il Vescovo – si aprirà giovedì 29 agosto con la preghiera comunitaria alle ore 16 e con l’introduzione del Vescovo; seguiranno poi due relazioni sul tema. La prima tornata del Convegno si chiuderà alle 20. Il giorno dopo, con lo stesso orario, si avranno altre due relazioni e la conclusione. Sarà un Convegno – precisa monsignor Bertoldo – agile e snello nei contenuti, ma che creerà, lo spero tanto, mentalità e consensi, intorno ad un comune sentire e ad un unico intento di programmazione pastorale per l’intera diocesi”. RAPPORTO TRA CHIESA E STAMPA IV (2003), n. 149, p. 19 Lessi, mesi fa, su questo Giornale che il prete noglobal don Vitaliano Della Sala era stato invitato a lasciare la parrocchia. I preti, dunque, fanno notizia. E questo avviene, purtroppo, soltanto quando qualcosa di strano li riguarda. La stampa, poi, gongola, allorché qualche scandalo si affaccia all’orizzonte, minacciando pioggia di particolari, confessioni, precisazioni, rivelazioni e provvedimenti. È capitato ad un Vescovo e continua ad avvenire, dopo il suo ritorno sulla scena televisiva e sugli scaffali delle librerie. Ma, noi preti vorremmo fare notizia – e la facciamo, ma nessuno la coglie -, per un fatto molto 11 più semplice: la fedeltà continua, giorno dopo giorno, direi: ora dopo ora, per tutta la vita, ad una missione talmente grande, da riempire totalmente la mente e il cuore di ciascuno: rendere presente Gesù Cristo. È questa, la nostra vera ambizione. È soltanto questo, il nostro programma, che non può essere messo in discussione da nessuno. Ai laici domandiamo di attendersi anzitutto questo da noi; il resto, in ogni caso, deve avere un aggancio con tale prioritario nostro dovere. Ai confratelli chiediamo di darci amichevolmente una mano. IL PARROCO DI SAN LORENZO IN ATTESA CHE SI MUOVA QUALCOSA IV (2003), n. 137, p. 18 Spello ha una bella tradizione di impegno dei cattolici nel sociale. Un’espressione eloquente ne è la pubblicazione, ripresa ormai da trent’anni, del mensile La Squilla, che nell’ultimo numero riporta, in prima pagina, una puntuale scritto del Priore-Parroco di San Lorenzo, monsignor Angelo Cappotti, da sempre in prima linea nell’annuncio della Parola di Dio e nel servizio dei fratelli. Chi non riconosce la sua dedizione assoluta per la formazione dei giovani, che dura da sessant’anni? Ebbene, mi ha un po’ sorpreso – in positivo, certamente – la sua franca richiesta di accelerare i tempi dei lavori di restauro del Circolo Cattolico, della Casa del Catechismo, dell’Oratorio, delle cinque chiese rionali: San Martino, San Gregorio, dell’Ospedale, San Giovanni Battista e San Claudio. Don Angelo ha dato al suo intervento il simpatico titolo Lettera aperta scritta contro nessuno e alla fine dice: “Grazie dell’attenzione verso quanti vorranno pazientemente leggermi”, mentre all’inizio, al titolo aveva fatto seguire queste parole: 12 “Ma perché sia letta da responsabili dell’Amministrazione Civica e della Curia Diocesana”. Volentieri gli vengo in soccorso, per quello che posso, con questo trafiletto, sapendo bene che le cose vanno avanti solo se se ne parla, e soprattutto se sono i giornali ad offrire il loro contributo per dare un colpo di accelerazione alle pratiche. Vedrà, don Angelo! Qualcosa si muoverà. ASSOCIAZIONE DEL CLERO CITTADINO IV (2003), n. 128, p. 19 Molto spesso sulle pagine del Giornale mi sono occupato di preti, anche perché io sono prete e ho piacere che figure del passato e non solo, che hanno onorato la Chiesa e la società, occupino per qualche spazio di tempo, l’attenzione della gente, presa, anzi violentemente conquistata da tante notizie veramente inconsistenti, ma attraenti in grado massimo. Lo faccio questa volta , per segnalare l’Associazione del Clero di Foligno, presieduta da don Nicola Pelati e associata alla Federazione nazionale nota con la sigla F.A.C.I. Anche i sacerdoti hanno bisogno, come tutte le categorie sociali, di aggregarsi, per difendere i propri diritti, sicuramente, ma anche e soprattutto per esprimere quel valore troppo dimenticato, un po’ dappertutto, che si chiama solidarietà. Il prete dà la sua vita a Cristo e alla Chiesa, senza stare a guardare troppo al futuro e senza preoccuparsi eccessivamente dei possibili imprevisti, sicché talvolta deve fare i conti con realtà e situazioni, che lo disturbano nella sua attività pastorale quotidiana. L’esistenza di una Associazione lo rende un po’ più tranquillo, dal momento che gli trasmette la convinzione che in ogni caso c’è qualcuno che pensa ai suoi problemi concreti, quelli della vita quotidiana, soprattutto legati alla malattia, alla vecchiaia e alla inabilità. 13 Il prete, che non è padrone di nulla – né di se stesso, per il fatto che, come dicevo, si è donato, e tanto meno della sua comunità parrocchiale -, ricorda a tutti i cristiani, più che con le parole, con la vita, che quello che conta è costruire il bene di tutti. Se si pensasse che il suo obiettivo è quello di assicurarsi un tenore di vita alto e una comoda sopravvivenza, significherebbe che nulla si è compreso della sua figura e della sua missione. Certamente, le tentazioni e le insidie di cadere in qualche tranello, che il mondo architetta contro di lui, non mancano e l’idea di poter fare e disfare là dove si trova solo provvisoriamente e a servizio degli altri, può affacciarsi in momenti di smarrimento alla sua mente, ma il contatto costante con i confratelli, il confronto e il dialogo e soprattutto la vicinanza a chi passa momenti difficili, sono la terapia giusta, anzi la medicina preventiva più efficace per simili malattie. La gratitudine della Società nei confronti dei preti, allora, passa anche attraverso la stima nei confronti di chi si occupa di loro, in particolare di quella Associazione, di cui parlavo all’inizio. IL NUOVO VOLTO DEL PRESBITERIO FOLIGNATE IV (2003), n. 97, p. 19 Dopo un digiuno di incontri ecclesiali durato quattro mesi, sono tornato il Mercoledì Santo, in obbedienza all’invito del Vescovo monsignor Arduino Bertoldo, che ha diramato una circolare, non solo ai preti, ma anche ai diaconi, ai seminaristi, alle religiose e agli aspiranti diaconi, ad una Concelebrazione, quella della Messa Crismale. Il Rito svoltosi, come è naturale, nella Cattedrale di Foligno, non ha visto una larghissima partecipazione di popolo. Se si confronta l’affluenza con quella che si registra in occasione della Festa di San Feliciano, si rimane un po’ sorpresi, ma forse è stata l’ora, le 17, a non 14 favorire una massiccia partecipazione. In ogni caso, è stata molto significativa la presenza, oltre che dei Vescovi Arduino Bertoldo e Giovanni Benedetti, quella di tanti preti secolari e regolari, che, a vario titolo, svolgono in Diocesi la loro missione tanto importante, quanto talvolta incompresa. Ciò che mi ha incuriosito ancora una volta, è stata la presenza di volti nuovi – rumeni, africani, indiani, latinoamericani -, che stanno a testimoniare come noi della Chiesa di Foligno, se stiamo sperimentando un passaggio difficile e delicato, per quanto riguarda il numero delle vocazioni, che nascono nelle nostre comunità parrocchiali, tuttavia abbiamo la grande opportunità, come ho già avuto modo di sottolineare, di confrontarci con mentalità e tradizioni diverse dalle nostre. Che non sono certamente le migliori possibili, come forse per campanilismo siamo portati a credere, visti gli effetti. Dialogare, allora, con un prete del Madagascar – è solo un esempio -, che fa servizio in una grande parrocchia della nostra periferia, può essere stimolante. A tempo opportuno, gli si potrebbe chiedere anche consiglio su come proporre la figura di Cristo in questa nostra società sempre più secolarizzata; la cosa risulterebbe certamente illuminante. Certo, non rinunciando a proporre anche le nostre ricchezze, che sono soprattutto del passato. Io, a don Claudio, in un’altra circostanza, ho detto di farsi una buona cultura riguardo alla Beata Angela, per poi parlarne, quando tornerà nella sua terra – con la stessa proposta ho interpellato anche un seminarista dell’India -; è proprio vero che le vie del Signore sono infinite. Ma, tante altre forme di scambio si potrebbero immaginare, per riuscire ad aprire gli occhi su quanto sta avvenendo da noi e fuori e per andare al passo dei tempi nella evangelizzazione e nella inculturazione della fede. Allora, nonostante la crisi, il meglio, che è di fronte 15 a noi, si appresserà più decisamente e tutti ne godremo i frutti preziosi. UN MESSAGGIO PASQUALE IV (2003), n. 91, p. 19 L’unico titolo, che mi autorizza in questa sede, a rivolgermi a voi, amici lettori del Giornale, è il fatto che ormai da molti mesi, quasi quotidianamente, ho l’opportunità di offrirvi, con la massima libertà, che il redattore delle pagine di Foligno mi concede, note e pensieri su persone e cose della nostra terra. In questa occasione, la Solennità della Pasqua del Signore mi suggerisce di dirvi qualche parola augurale, in un momento difficilissimo per il mondo intero e complicato per la nostra Italia, che nella questione dell’Iraq certamente non si è distinta per chiarezza di posizioni, lungimiranza e testimonianza di quei valori cristiani che ispirano il pensiero di moti fra voi e il mio. La prima parola è coerenza: vi auguro di non perdere mai di vista quel bene assoluto che il Signore risorto ci ha offerto, vale a dire la libertà dal male – ogni forma di male -, soprattutto quello morale, che insidia la coscienza di tutti. Restare coerenti con questa condizione di nondipendenza da quello che il mondo offre, come strumento di offesa ai fratelli, è il titolo più alto di dignità e nobiltà umana e cristiana. La seconda parola è altruismo; avrei potuto dire amore, se il termine non si prestasse ad interpretazioni fasulle. Chiedersi ogni giorno: “Cosa posso fare per gli altri?”, può essere utile a noi tutti, per non perdere il tempo, sciuparlo in vane esercitazioni, o peggio in azioni, che sprizzano veleno da ogni poro, contagiando anche chi semplicemente ci sfiora, peggio del virus della polmonite atipica, che in questi giorni fa tanto parlare di sé. Del resto, quel Cristo risorto che celebriamo, nient’altro ha fatto che dimenticare se stesso e donarsi a tutti, senza alcuna distinzione, e 16 soprattutto con quella larghezza di attenzione per ciascuno, che l’ha portato sulla Croce. La terza e ultima parola, alla quale vorrei affidare questo mio messaggio pasquale, potrà sembrare inopportuna; sui tratta della sapienza. Voglio dire che nessuno di noi può illudersi di conoscere tutto, sapere ogni cosa, aver approfondito ogni aspetto della vita degli uomini e del creato. C’è, quindi, da far costantemente lo sforzo di mettersi alla scuola di qualcuno e interrogare, chiedere, insistere, per arrivare a rendersi conto di quanto sia difficile conquistare la verità delle cose. Il Cristo risorto per molti di noi è il Maestro, con cui si può intrattenere un costante dialogo, per crescere proprio nella sapienza, quella che conta e che non dà diritto ad alcun titolo accademico, ma assicura quello essenziale di cristiano, che permette di guardare al futuro, con la certezza che il meglio è di fronte a noi. L’ENCICLICA DI PAPA GIOVANNI SULLA PACE È ATTUALE IV (2003), n. 76, p. 18 Non sono molti i gruppi, movimenti e associazioni, che a Foligno, nell’area cattolica, riescono ad attirare l’attenzione degli intellettuali. Il gruppo del Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale di tanto in tanto esce allo scoperto e suscita interesse, affrontando tematiche di grande attualità. È avvenuto anche sabato 22, quando il presidente dottor Alvaro Bucci ha presentato, inquadrandoli nel clima socio-politico dei primi anni ’60, i contenuti dell’enciclica Pacem in terris di Papa Giovanni XXIII. Lo ha fatto anche perché in maggio la Chiesa di Foligno terrà un Convegno su questo importante documento e in preparazione a tale evento, nelle parrocchie, ne saranno presentati i contenuti e illustrati i significati. Nella riunione del MEIC è stata anche colta 17 l’occasione, per dire quanto siano ancora attuali la lettera e lo spirito dell’Enciclica, E non sono mancati i riferimenti alla drammatica fase storica che si sta vivendo, a seguito della decisione degli anglo-americani di attaccare l’Iraq, senza alcun avallo dell’ONU. La pace va dunque posta al centro della riflessione di tutti: persone, piccole comunità, società intera, se non si vuole ricadere nel clima pericoloso della vendetta e della sopraffazione, in nome di non si sa quale presunto diritto. Autentico e universale è, infatti, quello di vivere in pace, cercando di risolvere eventuali questioni, non con il ricorso alle armi, ma con il dialogo, il confronto e il compromesso. Saremo capaci, noi di Foligno, di affrontare queste tematiche, superando le note differenze ideologiche e puntando ad una comunione di vedute, al di là di vecchie opposizioni e distinzioni? Sarà, la nostra Chiesa, all’altezza della situazione, elevandosi a superiori livelli di pensiero e di riflessione, capaci di interessare anche i noncredenti? Lo speriamo proprio. RIVIVE LA CHIESA DI BETLEM IV (2003), n. 76, p. 18 C’era grande attesa, per la riapertura della Chiesa di santa Maria di Betlem, a Foligno, in Via Umberto I, avvenuta ieri dopo i notevoli lavori di restauro, resisi necessari, a seguito dell’evento sismico del 1997. Nel corso della celebrazione, è stata data alla cittadinanza una notizia di rilievo assoluto circa la storia dell’edificio sacro, tornato a splendore del passato. Un plauso personale a quanti hanno operato, con ruoli diversi, per ridare a Foligno un altro gioiello artistico, legato alla nostra grande tradizione religiosa, in particolare monastica. Si spera che con tale recupero di alta qualità, manifestazioni culturali e artistiche di natura sacra 18 possano trovare lo spazio giusto, anzi ideale, per la loro realizzazione. Io ne suggerisco una molto suggestiva: la lettura pubblica del grande capolavoro medievale: Angelae Fulginatis Liber. Che ne dicono i lettori? LA F.U.C.I. CENTRO DI TALENTI FORSE RINASCE III (2002), n. 290, p. 18 Tra i documenti che conservo gelosamente, ce n’è uno, a cui tengo particolarmente: la tessera di iscrizione al Circolo di Foligno A. Mancini della F.U.C.I. – Federazione Universitaria Cattolica Italiana -, nella quale, , in alto campeggia la sigla A.C.I., che ricorda l’appartenenza degli iscritti all’Azione Cattolica Italiana. Presidente del Circolo, in quel periodo, era Antonio Laganà, ora stimatissimo docente; non riesco, invece , a decifrare il nome del Presidente del Consiglio Superiore della F.U.C.I. Si era nel 1967, un anno mitico; chi a buona memoria, ricorda cosa avvenne, soprattutto l’anno dopo, negli ambienti universitari di Perugia, in particolare alla Facoltà di Lettere e Filosofia, che frequentavo per le lezioni di Rigobello, Berti, Fabro, Mirri, ecc. Studente a tutti gli effetti, anche se impegnato a dirigere il Collegio I.R.C.A. – forse qualcuno ricorderà la squadra dibasket, allenata da Martini e protagonista, con altri sodalizi, dello sport folignate giovanile —, conobbi così la F.U.C.I. Molti anni dopo, mi sono ritrovato Assistente Ecclesiastico dello sesso Circolo, la cui sede, nel frattempo, dal pianterreno del Vescovado, dove campeggiava la sigla su pietra, era passata all’Istituto San Carlo. Fu in tale periodo che si tenne la celebrazione non so più di quale anniversario del gruppo, assistito in precedenza, per molti anni, da monsignor Dante Cesarini, ora impegnato in campo vocazionale, successore di don Giuseppe Cavaterra, a sua volta 19 erede dell’opera di don Francesco Conti, monsignor Dino Tomassini e del canonico Primo Tacchi. Convennero, ricordo, in molti per celebrare una storia gloriosa, che ha dato alla Città donne e uomini di valore sia per la loro testimonianza cristiana sia per il contributo culturale che le hanno assicurato e continuano ad assicurare. A metà del 1998, dopo il mio passaggio a San Giuseppe Artigiano, sono avvenuti dei cambiamenti, sui quali sicuramente i protagonisti sapranno dare puntuali informazioni. Questo, infatti, è il mio intento: riuscire a ricostruire le più recenti vicende, per individuare il modo di ridare vita alCircolo, nelle forme che lo spirito della F.U.C.I. prevede e in armonia, soprattutto con la direzione nazionale del movimento e con chi a Foligno ha responsabilità organizzative e decisionali. Mi sembra utile, per questo, se non proprio una convocazione degli ex-fucini, almeno questa mia uscita, per chiedere pubblicamente a chi sa, di fornire notizie, avanzare proposte e soprattutto dare disponibilità all’impegno. Credo che quanti hanno a cuore l’Istituto San Carlo, di cui la F.U.C.I. è componente vitale – non lo si dimentichi -, appoggeranno nelle forme che riterranno più opportune questa mia iniziativa. SI FESTEGGIA IN CATTEDRALE SANTA LUCIA III (2002), n. 292, p. 18 Anche quest’anno, in attesa che le Monache Clarisse ritornino dal Monastero di San Fortunato di Montefalco, dove, dopo il terremoto, sono ospiti da alcuni anni, a Foligno, nel loro antico e glorioso Monastero, la Festa di Santa Lucia vergine e martire, si celebrerà nella Cattedrale di San Feliciano, il 13 dicembre. Le Sante Messe saranno celebrate ogni ora, dalle alle 12 e dalle 17 alle 19. Alle 9 celebrerà il Vescovo emerito monsignor 20 Giovanni Benedetti, alle 11 il Vescovo diocesano monsignor Arduino Bertoldo – ricorre il decimo anniversario del suo ingresso a Foligno – e alle 18 dal Vicario Generale monsignor Giuseppe Bertini. Nel foglio Le campane di S. Lucia inviato a quanti seguono le vicende della comunità religiosa, l’abbadessa suor Angela Emmanuela Scandella, a nome di tutte le Sorelle Clarisse, fra l’altro, parla della professione temporanea di suor Maria Elena e di suor Chiara Caterina e di quella solenne di suor Maria Cristiana, avvenute nei mesi scorsi. In merito ai lavori di ristrutturazione della loro casa, suor Angela Emmanuela scrive: “Entro dicembre la Ditta si è impegnata a consegnare l’ala infermeria. Dovranno però trascorrere due mesi perché gli ambienti siano sufficientemente asciutti per essere abitati. Saremo allora in grado di rientrare… ma con il cantiere attivo per l’ala Noviziato che deve ancora essere ultimata”. I folignati, che ben conoscono l’importanza della presenza delle Clarisse, non solo dal punto di vista religioso, attendono con grande desiderio questo ritorno: lo dimostreranno anche in occasione della Festa del 13 dicembre, rinnovando la bella tradizione di onorare nella preghiera Santa Lucia e manifestando la loro solidarietà e simpatia verso le Monache, in questa fase molto delicata della loro plurisecolare storia. Avranno anche modo di ricordare le persone conosciute e apprezzate per la loro testimonianza di vita in Monastero o accanto ad esso, come sono portato a fare io per la professoressa Antonietta Saudino, docente di lingua francese nelSeminario Vescovile di Foligno negli anni ’50, succeduta, in tale compito, alla professoressa Merlo; un altro segno di quella inscindibile comunione tra tutte le componenti della nostra comunità ecclesiale. E le cialde, così invitanti, con i loro simboli e disegni non sempre facilmente interpretabili? Sicuramente faranno bella mostra di sé sulle bancarelle, come ormai tutti si aspettano, 21 attireranno chissà quanti a farne una bella scorta e ricorderanno ai folignati di lunga data e a quelli di recente acquisizione che la Città è come una grande famiglia, in cui devono regnare fiducia reciproca, rispetto vero, non semplice tolleranza e tanto meno sospetti e preconcetti di varia natura. LICEALI IN VISITA ALLA “JACOBILLI” III (2002), n. 293, p. 19 Una Classe III del Liceo Classico “Federico Frezzi” di Foligno, guidata dall’insegnante di Storia e Filosofia professor Antonio Nizzi, ha visitato la Biblioteca “Lodovico Jacobilli” del Seminario Vescovile, l’Archivio Capitolare e l’Archivio Storico Diocesano, ormai prossimi al trasferimento nella nuova sede di Piazza San Giacomo. I giovani, nella visita tanto intensa quanto rapida, hanno anzitutto ascoltato brevi relazioni si monsignor Francesco Conti, direttore della Biblioteca, e della dottoressa Caterina Marini, addetta all’Archivio Storico, per dividersi, poi, in due gruppi ed essere introdotti, con rapidi accenni, alle tematiche fondamentali della conservazione di documenti da parte degli esperti di biblioteconomia e archivistica Roberto Tavazzi e Cesarina Fioretti. La passione dei giovani studenti per la storia e per le altre discipline caratteristiche del loro corso di studi, sicuramente ha avuto un ulteriore stimolo nella delicatissima fase finale della loro preparazione agli Esami di Stato, che tante riforme hanno conosciuto in questi ultimi tempi. Tutto ciò è avvenuto alla vigilia di un importante appuntamento per il Liceo folignate, che ora, insieme all’Istituto Magistrale “Beata Angela” costituisce l’Istituto Statale di Istruzione Classica. Di passaggio, vorrei far presente, come ex-docente di Scienze Umane – ma, si chiamano ancora così? – delMagistrale che, con la nuova denominazione – la quale, purtroppo, prenderà piano piano il posto delle due gloriose sigle -, si farà fatica in futuro a riconoscere la storia specifica delle due istituzioni. Comunque, l’impegno del Liceo Classico, per ora, è 22 proprio quello di celebrare la sua storia, o almeno la sua prima fase, di cui furono protagonisti anche degli ecclesiastici. Il 20, infatti, si terrà una celebrazione del cinquantennale della statalizzazione, avvenuta nell’anno 1952. In tale occasione, fra l’altro, sarà presentato il libro curato dai professori Antonio Nizzi e Daniela Zappelli, Il Liceo Classico Comunale dal Fascismo alla Repubblica 1927-1952, del quale mi occuperò prossimamente, per una questione che mi sta particolarmente a cuore. L’incontro si terrà al Politeama Clarici, alle ore 17, e prevede anche un intervento del professor Mauro Moretti, dell’Università di Pisa, dopo il saluto del professor Faramelli e l’intervento musicale degli alunni della Scuola, diretti dai docenti D’Onofrio e Pascoletti. Tornando alla visita di martedì, mi piace additarla come esempio di interesse a istituzioni per troppo tempo rimaste nell’ombra; è ora che anche altre realtà scolastiche aprano i loro occhi su di esse, per conoscere direttamente il grande patrimonio culturale che conservano, senza il quale, non solo non si può ricostruire la storia della nostra Città, ma neppure immaginarne lo sviluppo autentico in tutti i settori del sapere e dell’agire. I PICCOLI FRATELLI A SPELLO III (2002), n. 294, p. 19 È da pochi giorni nelle mani degli amici dei Piccoli Fratelli del Vangelo del padre Charles de Foucauld della Fraternitàdi Spello, la lettera firmata da Ivo, Alberto, Arturo e Gerardo. Essi, fra l’altro, vi annunciano i novant’anni di fratel Arturo Paoli, notissimo anche per i suoi libri, che, dopo aver girato il mondo, il 30 novembre è tornato in Brasile. Aggiungono: “Gli auguriamo di poter continuare per molti anni a venire da noi per condividere la sua esperienza, la sua ricerca di Dio, il suo pensiero sulla vita, 23 l’uomo, la sua passione per la giustizia e il Regno”. Nella circolare i responsabili della Fraternità danno anche notizie sulla situazione postterremoto, informando che “[…] il San Girolamo è ancora in cantiere, i lavori vanno a rilento. Però osiamo sperare che sarà disponibile nell’anno 2003”. Poi una notizia tragica: “Alla fine del mese di luglio, il nostro confratello Yves Lescanne è stato ritrovato morto, assassinato, nella piccola casa La Belle Etoile che aveva sistemato per accogliere ragazzi di strada, nel nord del Camerun. Da molti anni Yves aveva dedicato tutta la sua vita a quei ragazzi”. Yves non era sconosciuto a Spello, in quanto anni fa “[…] durante un anno sabbatico, aveva passato un lungo tempo in eremo […] e ci ha lasciato – dicono i confratelli – un Crocifisso che aveva modellato con la terra del Subasio”. Attualmente al San Girolamo è presente anche fratel Gerardo, “[…] che viene dal Brasile dove ha vissuto per vent’anni, nel Nordest, e che prima ancora ha vissuto in fraternità in Sardegna”. Diamo queste notizie sul Giornale, sapendo che non sono pochi in Umbria coloro che apprezzano l’opera iniziata a Spello da fratel Carlo Carretto, la cui tomba si trova proprio nel vicino Cimitero. Egli continua ancora oggi in tutte le parti del mondo, con i suoi libri, un’azione preziosa di richiamo alla contemplazione di Dio e di vicinanza all’uomo che si trova in condizioni difficili. Una lezione che, da vivo, seppe trasmettere, come Diacono, anche alla gente della nostra Diocesi, che si spera non l’abbia dimenticato. Per quanto mi riguarda, non scorderò facilmente che, in una particolare occasione, fece pregare un gruppo di operai delle Officine Sanitarie, con cui andai da lui, alla fine degli anni ’60, quando il Vescovo Siro Silvestri mi aveva affidato la direzione dell’Orfanotrofio Maschile degli I.R.C.A. – Istituti Riuniti di Cura e Assistenza -. La sua capacità di aiutare le persone a volgere a Dio lo sguardo interiore, resta come prezioso 24 esempio di una forma di evangelizzazione, che, essendo insostituibile, va pure oggi praticata, anche perché la situazione si va evolvendo rapidamente, sotto la spinta del dialogo interreligioso. IL VESCOVO BERTOLDO DIECI ANNI FA III (2002), n. 295, p. 19 Si celebra nella Cattedrale di San Feliciano, alle ore 18, il X anniversario del ministero episcopale a Foligno di Sua Eccellenza Monsignor Arduino Bertoldo. Su questo Giornale ho già ricordato nei giorni scorsi il decennale della sua Consacrazione a Civita Castellana. In questa occasione, oltre che fargli i più cordiali auguri, mi piace riproporre l’intervista, che l’attuale Vescovo mi rilasciò nel novembre del 1992 per il mensile di Belfiore, Salire. Rileggerla mi sembra che sia utile per tutte le componenti della Chiesa locale. Monsignore, quali sentimenti ha provato, quando ha appreso la notizia della Sua nomina a Vescovo della Diocesi di Foligno? Il mattino in cui il Vescovo irruppe nel mio ufficio e con volto commosso e con fare quasi concitato, mi disse: “Le devo parlare con urgenza”, io subito pensai a un improvviso aggravamento delle condizioni di salute di sua madre, già in ospedale. Invece mi disse: “Il Santo Padre l’ha nominata Vescovo di Foligno: sono stato incaricato dal Nunzio di darle la notizia ufficiale”. In quel momento non seppi dire niente: pensai soltanto: “Signore, mi aiuti la tua misericordia!”. Ora, passati ormai alcuni giorni, sento crescere in me sempre più sentimenti di paternità profonda verso i cari fedeli della Chiesa che è in Foligno, ma anche misuro sempre più la sproporzione che c’è tra il ministero episcopale e le mie povere forze. 25 Conto tuttavia sulla preghiera e la collaborazione di tutti. Può dirci quali sono stati i momenti particolarmente significativi nella sua attività sacerdotale? La vita di ogni sacerdote è piena di momenti significativi, che lasciano un segno indelebile; l’esperienza dell’amore di Dio, della sua presenza, della dolcezza del suo perdono, la provvidenza con cui egli avvolge la nostra vita e tesse ogni giorno la trama del nostro futuro, sono gli ingredienti di quell’innamoramento felice e sereno, col quale ogni sacerdote, ma anche ogni buon cristiano, fa lieta la propria vita. Momenti particolarmente significativi certo ne ho avuti. Penso soprattutto agli incontri con i giovani, incontri di preghiera, di formazione, di spiritualità, durante i quali sentivo le loro anime aprirsi al Signore. Quale invito vuol rivolgere ai laici, in particolare agli operatori delle comunicazioni sociali? Il Concilio Vaticano II insegna che i laici “[…] sono chiamati da Dio affinché […] esercitino nel mondo il loro apostolato” e che essi “[…] derivano il dovere e il diritto all’apostolato dalla loro stessa unione con Cristo Capo” (A. A., nn. 2-3). Aggiunge inoltre: “Per l’esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo […] elargisce ai fedeli anche doni particolari, distribuendoli a ciascuno come vuole, affinché mettendo ciascuno a servizio degli altri il dono ricevuto, siano anch’essi come buoni dispensatori della multiforme grazia di Dio per l’edificazione di tutto il corpo nella carità” (A. A., n. 3). È dall’aver ricevuto questi carismi che nasce per i laici il diritto-dovere alla collaborazione nell’apostolato. Il mio, quindi, ancor più che un invito, è una preghiera, perché ogni laico scopra l’ampiezza e la profondità della sua chiamata e vi corrisponda con larghezza di cuore. Agli operatori delle comunicazioni sociali, poi, 26 tutta la mia considerazione e il mio pressante appello perché ricerchino sempre la verità, con quella carità che è come l’anima di ogni opera che vale. Ad essi inoltre va la mia riconoscenza per il lavoro prezioso che svolgono, con l’augurio che cooperino sempre alla edificazione di un mondo più giusto e più pacifico. FORSE QUESTA È UNA DELLE ULTIME DOMENICHE III (2002), n. 302, p. 20 Questa che precede il ricordo del Natale del Signore, è una domenica tutta particolare, non perché si sia ritornati alla giusta visione del giorno del Signore – dies dominica, questo vuol dire -, ma proprio per il contrario: si sta facendo del tutto, per considerarla come il lunedì o il martedì. Non sto a riassumere la notizia, che tutti i folignati hanno conosciuto attraverso i mezzi di comunicazione di massa; parlando da prete, in questo caso, ho in mente altro: polemizzare con chi, a livello europeo, per ora, e se la cosa andrà avanti, a livello italiano, fra qualche giorno, è pronto a rinunciare ad una consolidata tradizione, per essere in linea con i tempi, questi tempi così strani e travagliati. Non sono assolutamente d’accordo con coloro che pensano che la domenica sia come un altro giorno qualsiasi. È tutt’altro, anche se per molti si è gradualmente trasformata nel giorno della partita – adesso un po’ meno, perché si gioca tutti i giorni, a tutte le ore – e della gita. Non perché lo dice – o diceva – la legge, ma perché sono convinto, e non sono il solo, che il Mistero della Risurrezione di Cristo merita di per sé il più grande rispetto. La domenica è il giorno della Risurrezione: come si fa a cancellarla a cure leggero? Chi dovrà legiferare, lo ricordi; se vuole restare ancorato a quella tradizione cristiana, che è anche 27 cultura europea, e non solo, non faccia tale leggerezza. Chi verrà dopo di noi, lo giudicherà con estrema severità. Intanto, comunque, godiamoci in modo più cristiano possibile questa domenica 22 dicembre, in preparazione al Natale, nonostante gli assordanti richiami a cose, che nulla hanno a che fare con il Mistero, che fra qualche giorno sarà ricordato anche nelle case e nelle Chiese di Foligno. “Giù le mani dal Natale”, vien voglia di dire, ma almeno diciamo ai bambini che, nonostante tutti i tentativi che gli interessati fanno per manipolarla, trasformarla, adattarla ai loro gusti e alle loro mire terra-terra, quella che la Chiesa propone, non è una favola, ma la più grande Verità. GIUSEPPE CAVATERRA, PRETE DA 55 ANNI IV (2003), n. 14, p. 19 Se normalmente i titoli sono riservati ai fatti di cronaca nera, il Giornale dell’Umbria fa eccezione, almeno nelle pagine di Foligno, perché anche le buone notizie trovano largo spazio e meritano titoli a caratteri cubitali. È il caso di oggi. Lo tratto, perché don Giuseppe – i diminutivi o le storpiature dei nomi non mi piacciono – è un personaggio a Foligno, senza titoli aggiuntivi e soprattutto con una storia illustre alle spalle, tale che i suoi 55 anni di Sacerdozio – li celebrerà quest’anno – sono un evento che riguarda non dico tutti i nostri concittadini, ma buona parte certamente. Il servizio pastorale nella campagna folignate – Corvia, Scafali, Perticani, Torre di Montefalco: ho lasciato qualcosa? -, oltre che nell’attuale Parrocchia della Beata Angela, e la sua presenza nella scuola pubblica e soprattutto nel nostroSeminario Vescovile, hanno uno spessore tale, che da nulla può essere intaccato. Per questo, gli faccio gli auguri in anticipo su tutti, riandando ai tempi in cui, senza direttive pressanti, 28 la zona Sterpete-Scafali-Borroni viveva la bella esperienza di incontri continui – e noi chierichetti e seminaristi vi eravamo coinvolti felicemente per i cosiddetti Uffici, vale a dire la celebrazione di Sante Messe per i Defunti -. L’aspetto liturgico prevaleva su tutto, ovviamente, ma non mancava quello conviviale del primo mattino – allora non si poteva celebrare in altre ore e vigeva il precetto del digiuno dalla mezzanotte -. In quelle occasioni, i preti parlavano e vivevano in amicizia; noi, piccolini o grandicelli che fossimo, servivamo la Messa, vedevamo, ascoltavamo e imparavamo mille cose. Per esempio, a cantare: don Cesidio superava tutti, ma don Giuseppe non sfigurava, anzi, quando all’harmoniumc’era don Archimede, si faceva proprio sentire. Da quei tempi lontanissimi – metà degli anni ’50 – di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma la stima per quei preti non ha perso il suo smalto, anzi giorno dopo giorno cresce nel ricordo – don Cesidio e don Archimede, purtroppo, non sono più tra noi – o nella vita di tutti i giorni. A don Giuseppe, perciò, va l’augurio più fervido per il suo futuro, in una situazione che lo vede da poco privato della presenza preziosissima della Sorella, ma affiancato dal caro professor Fantauzzi e circondato da tanta amicizia e cordialità nella sua Comunità Parrocchiale, affidata recentemente a don Marcello Sorbelli. Mi è permesso, per finire, di salutarlo con un: “Caldi?”. Don Giuseppe capirà e risponderà: “Sambi”. REALTÀ EDUCATIVE FINITE IV (2003), n. 14, p. 19 Verso la fine degli anni ’60, scomparvero a Foligno tre istituti educativi, con una lunga e gloriosa storia alle spalle: l’Orfanotrofio Maschile – noto come Istituto I.R.C.A., in quanto appartenente agli Istituti Riuniti di Cura e Assistenza, di cui fu presidente prima l’onorevole Luciano Radi e poi 29 Hans Wolf Schoen -, quello Femminile, anch’esso degliI.R.C.A., e il Collegio “Sgariglia”, diretto dai Padri Somaschi. Rimasero in piedi, anche se con organizzazione diversa, il Seminario Vescovile, la Casa del Ragazzo fondata da monsignor Guglielmo Spuntarelli e ancora oggi operante nel campo dell’avviamento professionale, l’Istituto Miani dei Padri Somaschi di Belfiore e, se non erro, gli istituti collegati con le scuole dei Padri Dehoniani, delle Suore della Beata Angelina e delle Suore di San Giuseppe – su queste realtà educative possono pronunciarsi, con puntualità e ricchezza di informazioni, altre persone -. Il vento innovativo spazzò via, così, pagine di storia, con una certa furia – non si dimentichi la polemica che si sviluppò sulla stampa locale, per contrastare la chiusura dell’Istituto I.R.C.A. -, obbligando i giovani, che provenivano da luoghi diversi, a trovare rapidamente una soluzione, al fine di arrivare alla conclusione del loro corso di studi. Ma non è di questo che intendo qui parlare diffusamente. Mi interessa una cosa sola, per il momento: sapere dove sono finiti i documenti dell’Orfanotrofio Maschile, perché sarebbe mia intenzione ripercorrere almeno le vicende degli anni 1966-‘69, quando, prima insieme al canonico don Mariano Filippini e poi da solo, diressi l’Istituto nella sua nuova sede di Via Isolabella, dove attualmente opera il Liceo Scientifico. Sicuramente coloro che lavorano in seno all’amministrazione degli ex-I.R.C.A., sapranno aiutarmi ad orientarmi dopo tanto tempo e mi faciliteranno il lavoro, del tutto volontario, per fare in modo che non cadano nel dimenticatoio vicende, che hanno interessato tante persone: educatori, inservienti, collaboratori e collegiali – qualche luce si potrà anche gettare sulla storia di due realtà in qualche modo collegate: le Officine Sanitarie e il Centro di Psicologia, primo nucleo di quello che attualmente è il Reparto di Neurologia 30 dell’Ospedale Civile di Foligno -. Attraverso un paziente lavoro, non solo l’aspetto scolastico dell’esperienza dell’Istituto I.R.C.A. potrà essere illustrato, ma anche quello sportivo. Essi, infatti, avevano una bella squadra di basket, che partecipava regolarmente al campionato, sotto la guida dell’allenatore Martini, di Foligno. I FRATELLI DELLE SCUOLE CRISTIANE IV (2003), n. 15, p. 19 Nel 1868 il Vescovo di Foligno, monsignor Nicola Grispigni, che governò la Diocesi dal 1867 al 1879, stendeva la sua relazione in lingua latina sullo stato della sua Chiesa. Tra l’altro, annotava che, prima del 1848, a Foligno c’era una casa religiosa della Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane, fondata, come è noto da Giovanni Battista de La Salle. Era, tale presenza, un dono del papa Gregorio XIV, che regnò dal 1831 al 1846. Egli, infatti, aveva versato parecchie migliaia di scudi, perché, attraverso quei maestri, i fanciulli di Foligno venissero educati, sia dal punto di vista intellettuale che spirituale. Il Grispigni prosegue la sua relazione, annotando che nei pochi anni in cui i Fratelli rimasero in Città, si era formato un gruppo di adolescenti cattolici, dai quali ci si attendeva un gran bene. Purtroppo, però, come afferma il Vescovo, gli uomini nemici delle istituzioni ispirate cristianamente, prevalsero in ogni modo ed ottennero l’espulsione dei Religiosi. Dopo la loro partenza, “[…] ora dobbiamo vedere – osserva amaramente il Grispigni – una generazione totalmente infetta dai vizi”. Considerazioni amarissime, queste, che dovrebbero far riflettere coloro, che anche nel passato non lontano, hanno mantenuto un atteggiamento poco benevolo, se non ostile, verso tante forme di presenza nel sociale, soprattutto nel campo educativo e scolastico, della Chiesa e delle sue 31 diverse espressioni, in particolare delle Parrocchie. Gli ostracismi e le emarginazioni non producono il bene di nessuno e, alla distanza, tutto torna a galla, dando ai sopravvissuti almeno la possibilità di arrossire, e perché no?, pentirsi per aver assunto atteggiamenti certamente non di alto spessore civile. LA “PRIVACY” DEI PRETI IV (2003), n. 18, p. 19 Rimproveravo in passato ad un amico editorialista di sfarfallare – usavo proprio questo brutto termine – troppo, in quanto si occupava di tutto e di tutti e non si decideva a concentrare, come me, la sua attenzione e la sua penna operosa su un tema particolare. Oggi a sfarfallare coscientemente sono proprio io, dal momento che il redattore della pagine locali del Giornale, che me lo ha suggerito, me lo permette con larghissima liberalità, sconosciuta altrove. Per questo, oggi accenno ad un tema, che potrà sembrare clericale, ma che non lo è in assoluto. Vorrei, infatti, accennare alla privacy dei preti. È vero, e sono io il primo a dirlo, che noi siamo persone pubbliche, in quanto abbiamo una funzione da svolgere per gli altri, tra gli altri e con gli altri – mai contro gli altri -, ma c’è sempre una persona in ciascuno di noi, che va tutelata nei suoi diritti fondamentali. Tra questi, c’è anche quello al rispetto e alla valutazione per quello che uno dice e fa; per quello che uno sogna o pensa, nessuno può essere giudice, finché il pensiero e il sogno non diventano parola e magari scrittura, attraverso un processo, che solo chi non lo pratica, non apprezza appieno. Il che vuol dire che non si può a vanvera dire: “Don Tizio…”, se manca un riscontro reale, concreto, verificabile, vero, soprattutto, e genuino. Quando si viaggia in compagnia della parola sussurrata o strillata, sulla scia di chiacchiere, “si dice”, “sembra”, “mi hanno detto”, non si sa dove si può arrivare, senza neppure accorgersene, ma 32 con responsabilità oggettive, che nulla può occultare. Gli spazi di offesa alla privacy, ma soprattutto alla persona in sé, segnata da un carisma altissimo e da un ministero, che più vado avanti e più mi sembra appassionante, per tutti i suoi risvolti sociali, sono amplissimi. “Allora?”, si dirà. Niente!, o meglio: Tutto!, in quanto non si può essere cittadini degni di questo nome tanto strapazzato, se ci si lascia condizionare dall’andazzo della chiacchiera, nemica della verità, che trova nel vuoto lo spazio infinito per diffondersi e proliferare. Comunque, si fa sempre tin tempo ad arrestare la corsa veloce verso la meschinità TENERE APERTO IL DIALOGO CON TUTTI IV (2003), n. 23, p. 19 Chi ha buona memoria, sa che agli inizi degli anni ‘70, in alcune comunità parrocchiali e in altre realtà associative cattoliche e laiche, nacquero o risorsero alcuni periodici, nei quali tutti i temi della vita sociale ed ecclesiale venivano affrontati con molta libertà, passione e intelligenza. Di quell’epoca, popolata da Il grillo parlante – Borroni -, L’Obiettivo – Scafali -, Salire – Belfiore-, e da altri fogli, come quello che usciva a San Giuseppe Artigiano, a cui si aggiungevano ScuoLavoro ed altre piccole testate – sarò grato a chi mi segnalerà titoli e anni di pubblicazione -, qualcosa è restato. Non c’è più, però, la stessa passione per la scrittura – e più ampiamente per la cultura -, che in passato era traboccante, se non proprio travolgente. Prendere la penna in mano, allora – come sono cambiati i tempi! Oggi ci vuole il computer – era la prova più chiara del coraggio di esprimersi, per sottolineare carenze, additare esempi eloquenti, denunciare deficienze, proporre novità e soprattutto discutere, per capire e far capire quanto si andava formando nella Chiesa e nel 33 Mondo. Questa passione prendeva, poi, la strada più nobile del settimanale cattolico – la Gazzetta di Foligno – e trovava il modo per offrirsi alla sguardo di chi guidava la comunità, di chi cercava di fare opinione con i suoi editoriali, di chi aveva in mano la forza di uno strumento, che, se non unico, certamente era il più in vista e, per sua natura, era di tutti. Oggi le cose sono cambiate: i pulpiti si sono moltiplicati, sia quelli di carta che quelli elettronici, sia quelli con l’etichetta cattolica o laica che quelli senza etichette. Se non manca il coraggio di dire apertamente quello che si pensa, le occasioni e i mezzi non scarseggiano, per farlo. Un esempio: chi si sarebbe aspettato che un quotidiano, avrebbe aperto a Foligno, senza prevenzioni e pregiudizi, i suoi spazi a chi ha intuito che non basta più scrivere sulle pagine dei fogli propri o parlare ad una assemblea selezionata, per comunicare con l’uomo di oggi? Ricordo che alla fine degli anni ’60 mi si aprirono, per una polemica sulla chiusura dell’Istituto I.R.C.A. con il Presidente Hans Wolf Schoen, recentemente ricordato, le pagine di un quotidiano locale. Fu, però, un’eccezione! Giustamente, in ogni settore, ognuno ci tiene a mantenere le posizioni raggiunte. In quello dell’informazione, però dovrebbe esserci una grande elasticità, per permettere a ciò che è nuovo di emergere e alle idee di circolare liberamente. Ben venga, allora che in molti accettino di confrontarsi con gli altri, senza paura, su questo Giornale e, perché no?, anche su organi di stampa ufficiali, a cui non è impedito dalla tradizione di istituire uno spazio aperto, una tribuna delle idee, accessibile a quanti hanno a cuore il bene della Società e della Chiesa. 34 “ALLA CANDELORA DALL’INVERNO SEMO FORA” IV (2003), n. 29, p. 18 La celebrazione della Presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme, come è noto, si celebra il 2 febbraio – la gente è solita chiamarla La Candelora -. Quest’anno, dal momento che era domenica, anche a Roviglieto, che aveva i tetti imbiancati da un leggerissimo strato di neve, si è potuto fare la benedizione delle candeline, alla presenza di molta gente – se dicessi la percentuale, rispetto agli abitanti, creerei sensi di colpa nei colleghi che operano in Città, abituati ai grandi numeri, ma alle basse percentuali, perciò me ne astengo -. È un Rito molto semplice, ma anche suggestivo, che crea curiosità soprattutto nei bambini – a Roviglieto, sapete quanti sono in tutto, sotto i dieci anni? Tre -. Ora le candeline, non proprio eleganti come quelle che si possono prendere – si dice proprio così: “Ho preso la candelina” – in altre Chiese, ma comunque, belline, anche perché dono di un amico prete, che le conservava dalla Pasqua scorsa, si trovano nelle case a ricordare che il Signore è Luce. Del resto, non solo lo ha riconosciuto come tale il vecchio Simeone, ma Gesù stesso ha attribuito a sé questo bel termine, che contrasta con tante tenebre: menzogne, odio, cattiverie, ripicche, voglia di guerra, ecc. Basterebbe guardare ogni tanto quella candelina, per sentire il desiderio di fare del proprio meglio, anche per il bene di Foligno, ricca di molte luci, che sì, anch’esse, attirano, ma per fare comprare i prodotti esposti in vetrina. Chi ha detto che vivere intensamente queste belle tradizioni, è un fatto da retrogradi? Chi ancora definisce oscurantisti preti, suore e laici impegnati? Chi osa pensare che il Cristianesimo è fatto solo per i bambini e le vecchiette? È, al contrario un impegno da grandi, di quella 35 grandezza interiore che impedisce di guardare gli altri dall’alto in basso, come se si volesse dire: “Ma lei, non sa chi sono io!”. Guai, allora, ad ammantarsi di questa sublime realtà e poi fare cose che nulla hanno a che vedere con la luce che Cristo è venuto a portare anche a noi, gente di città, di campagna o di montagna. SAN VALENTINO E I FIDANZATI… VERI IV (2003), n. 38, p. 18 Mi è arrivata l’altro giorno, via Internet, una comunicazione molto positiva nei confronti di un editoriale – lo scrivo settimanalmente i www.diocesidifoligno.it – dal titoli I fidanzati. Oggi che è San Valentino – quante strumentalizzazioni si fanno di questo Santo! -, torno sull’argomento, per dire ai giovani di prendere seriamente in considerazione l’esperienza del fidanzamento. Non quindi, le avventure, ma la preparazione seria al matrimonio va ricercata anche se i mass-media propongono in modo sfacciato e martellante tutto il contrario, La nostra tradizione e la nostra cultura hanno sempre valutato positivamente la fase di avvicinamento al matrimonio e la Chiesa spende notevoli energie – anche a Foligno – per offrire un servizio aggiornato per la formazione dei giovani fidanzati. Perché lasciarsi prendere dalle mode e dall’andazzo del disimpegno e della leggerezza, sotto la pressione del così fan tutti e tutte, sotto l’impulso delle passioni, trascurando la morale cristiana? Non solo perché sono prete ed ho per tanti anni insegnato, scrivo queste cose. Credo che anche i genitori chiedano ai loro figli quello che sto reclamando io: serietà, ponderazione, autentica volontà di costruire un futuro, che non sia esposto ad ogni vento di novità, di cambiamento e del poco intelligente accodarsi alle indicazioni, che per lo più vengono da schermi 36 di varia natura. Del resto, basterebbe interrogare coloro che stanno facendo concretamente quello che io propongo. Essi sarebbero i migliori testimoni della bellezza di un istituto, che oggi sembra passato di moda, che addirittura viene offeso, preso in giro e ridicolizzato. Farsi beffe del fidanzamento, come lo si è inteso sempre nella civiltà cristiana, è un brutto segno. Il passo per arrivare a burlarsi del matrimonio è molto breve, con tutte le conseguenze che si possono immaginare, oltre che osservare in chi ha anticipato dolorosamente questi tempi funesti per il Sacramento dell’amore. Auguri, allora, ai fidanzati, quelli veri! AL M.E.I.C. SI È PARLATO DI IMPEGNO POLITICO IV (2003), n. 39, p. 18 Non eravamo una folla, purtroppo, l’altro giorno nella saletta del M.E.I.C. – Movimento Ecclesiale di Impegno Culturale-. In ogni caso, chi è mancato all’appuntamento, sappia che qualche idea grande, tratta dal documento conciliareGaudium et spes è venuta fuori e ha occupato per un po’ di tempo la scena, riaccendendo nei presenti la passione pura per la politica, cioè l’agire della persona, in vista del bene di tutti. Non sono mancate le critiche severe a certi andazzi del recente passato e accenni ai pericoli che l’attuale società nazionale e locale corrono, visto che il gioco dello scaricabarile e della delega smisurata da parte di cittadini conquista sempre più fans, con le conseguenze che abbiamo sotto gli occhi: insoddisfazioni, continue lamentele, ribellioni, se non addirittura insulti nei confronti di chi ha il potere, o meglio l’opportunità di governare la città, la provincia, la regione e la nazione. Tuttavia, qualcosa di buono, prima o poi, non solo si affaccerà all’orizzonte, ma conquisterà 37 l’attenzione della gente e questo avrà il volto attraente di donne e di uomini pronti a lanciarsi nella cosiddetta lotta politica, ma con spirito di servizio totale, irrobustito da fatti e esperienze vissute nella società civile e nelle aggregazioni ecclesiali o di volontariato. Questo, almeno, è il mio auspicio. Se il Concilio sembra per i più passato alla storia e non aver inciso nei comportamenti concreti dei laici cristiani – avremmo dovuto fare qualcosa di più anche noi preti? -, non è detto che chi lo visse da vicino, non abbia uno scatto di orgoglio, per riproporre il messaggio con lo stesso ardore di una volta – quaranta anni fa – e così conquistare e convincere quelli che hanno una reale disponibilità all’ascolto, oltre che le competenze, in vista di una generosa azione politica. Sarà, quello, il momento, in cui tutti diranno: “Ma, allora, è vero che la politica non è una cosa sporca, che imbratta le mani e la coscienza di chi se ne fa protagonista!”. Del resto, anche in questi nostri tempi disastrati, da noi e lontano da Foligno, non mancano esempi di protagonisti seri e impegnati in questa direzione. Dovrebbero diventare la maggioranza assoluta, se non la totalità, per ridare fiducia ai cittadini e riavvicinarli alla cosa pubblica con quella ingenuità e quel candore tipici della gente di una volta, non sfigurata dai sotterfugi, dalle tattiche e dalla menzogna. SE GLI ULTIMI DIVENTANO PRIMI IV (2003), n. 41, p. 18. La mia voglia di togliere dall’oblio donne e uomini, che hanno avuto un peso importante nella storia civile o religiosa della nostra Città, come i lettori del Giornale hanno ormai capito, non si arresta di fronte a nulla. Ed allora, anche se dovrebbero essere altri a farlo, per motivi particolari, mi assumo il compito, del resto molto gradevole, di riportare all’attenzione di tutti la simpatica, anche se austera immagine di 38 Rolando Buono, che, ad un certo punto della sua vita, cominciò a testimoniare l’amore verso i fratelli – soprattutto quelli in difficoltà, che siamo soliti chiamare ultimi -, come riflesso di quell’amore pieno per Dio, tipico di ogni autentico cristiano. Ormai è già storia, questa, e storia davvero bella della nostra Chiesa locale, che farebbe bene a non commettere anch’essa l’errore di archiviare in fretta testimonianze come quella di Rolando, per lasciarsi prendere da altre preoccupazioni. Lola, la sua Signora, che ha condiviso tutte le sue scelte e ha continuato con vera passione a camminare sulla strada segnata da Rolando, comunque, è lì, nella sua casa, pronta a fare memoria di quanto custodisce nel cuore e soprattutto ad indicare le persone, che, grazie alla generosa azione di Rolando, oggi vivono una vita degna pienamente di questo nome. Ed allora, perché non trovare il modo, per dire pubblicamente quanto resta dell’azione di Rolando e quanto, partendo da essa, ancora si può fare, soprattutto per i ragazzi e i giovani di Foligno bisognosi di cure, affetto, vicinanza e continua assistenza? Ed ancora: perché non consacrare ufficialmente il nome di Rolando, come si è fatto con altri concittadini, assegnandogli un riconoscimento postumo, per attestare la gratitudine di tutti i folignati? Sono sicuro che coloro che fanno parte della società civile, si troverebbero tutti concordi nel deciderlo e sarebbe, questa, un’altra lezione di vita, che Rolando ci darebbe a distanza di parecchi anni dalla sua morte. Sveglia, Foligno, e non dimenticare chi ha operato con intelligenza e passione per il tuo bene, quando molti erano distratti da altre piccole beghe. LO SCOUT GIACINTO CANDELLORI IV (2003), n. 53, p. 18 39 Giacinto non è stato dimenticato, come tanti altri benemeriti della Città e della Chiesa di Foligno. Recentemente l’associazione P.R.I.S.M.A. ha nuovamente fatto memoria di lui, molto lodevolmente, fedele ad un impegno pubblico, che coinvolge in particolare, ma non solo, chi lo ha conosciuto e con lui ha operato per il bene soprattutto dei giovani attraverso il metodo scout – quello scautismo cattolico, che ha segnato e continua a caratterizzare il nostro territorio, più di quanto comunemente si pensa e si riconosce -. Egli, nel momento in cui il mistero del dolore e della malattia lo investì, dette una grande testimonianza, non di semplice e passiva rassegnazione, ma di volontà di reagire e, nonostante tutto, agire ancora con e per gli altri. Io lo ricordo così, Giacinto Candellori. La sua carrozzina non fu il segno della rinuncia, assolutamente. Volle essere, lui – nella vita, nell’attività, nelle iniziative -, attivo, sempre, fino in fondo, insieme a sua moglie Fernanda, educato a non delegare agli altri le cose da fare, ma a farle, e abituato a spendersi, senza calcoli e soprattutto senza umane mire di riconoscimenti, applausi e cose simili, tanto desiderate e apprezzate dalle donne e dagli uomini poco avanzati nella scala della grandezza. Per questo, Giacinto continua ad essere uno di noi, che con generosità dà il suo contributo attraverso P.R.I.S.M.A., al miglioramento della società, che, secondo l’imperativo di B. P., va lasciato un po’ meglio di come la si è trovata, quando ci si è affacciati in modo consapevole sulla scena del mondo. Come si fa, allora, a non dirgli grazie, o meglio a non ripeterglielo di tanto in tanto? Quanti ragazzi – ora sono ovunque nella società folignate e non, e ormai hanno figlie e figli da educare ai valori della lealtà, del rispetto della natura, dell’amore per Iddio e per il prossimo e ad altre cose belle -, senza sforzo e senza suggerimenti possono dire: “Giacinto sì che testimoniava i valori cristiani!-. 40 Una bella lezione per tutti noi – anche per me prete, che feci la Promessa scout durante le Vacanze di Branco, di fronte al Vittorio Tacchi, ai Vecchi Lupi e ai Lupetti – e un bel richiamo a chi, distratto da mille effimere occupazioni, non pensa a dare, ma solo a chiedere, pretendere e ricevere. SONO CON DON LEONELLO IV (2003), n. 56, p. 18 È la seconda volta che leggo notizie relative alla dolorosa vicenda di don Leonello, il prete di Perugia che si è messo dalla parte degli stranieri bisognosi di lavoro, assistenza, aiuto e cristiana e sacerdotale vicinanza. Speravo di leggere qualcosa, dopo le recenti clamorose notizie provenienti dal Tribunale del capoluogo, sulla stampa cattolica locale e regionale: nulla, invece, se ho visto bene. A dire la verità, sono meravigliato. Istintivamente, infatti, sono portato a pensare che, quando una persona in vista, come lo è sempre un prete, si trova in difficoltà, tutti – confratelli e superiori -, dovrebbero essere pronti ad accorrere, per consolare, sostenere, difendere. Chi difende don Leonello, che si dichiara – e io gli credo, proprio perché è un prete – innocente e infangato da accuse gravi, durissime, addirittura umanamente insopportabili? Nessuno? Ebbene, aspettando che altri più autorevoli di me lo facciano, io dichiaro la mia solidarietà con una persona, che vede crollarsi addosso una serie di tribolazioni, che non possono non scuotere anche chi ha deciso un giorno di consegnare la vita al Signore e alla Chiesa. Ho fatto la stessa cosa, anche se per una questione di minore rilievo – sempre su questo Giornale – nei confronti di un Vescovo calunniato. Lo farò – spero di averne il coraggio, al momento giusto, quando si dovesse verificare qualcosa di analogo -, se ad essere colpito ingiustamente sarà un laico. 41 Non si deve, infatti, agire solo quando c’è di mezzo un confratello -, ma sempre, senza temere le noiose conseguenze di una eccessiva esposizione e quindi di una imprudente – così qualcuno più prudente la giudicherà – presa di posizione. FESTA DELL’IMMACOLATA III (2002, n. 288, p. 19 Quest’anno coincide con la domenica, la solennità dell’Immacolata Concezione di Maria e per questo, sicuramente saranno molti di più i fedeli, che parteciperanno alle sacre celebrazioni nella chiesa che porta tale titolo, quella che tutti a Foligno indicano come la chiesa di Via Oslavia. Il triduo di preparazione, con riflessioni sulla famiglia, il lavoro e la comunità, finisce questa sera e attraverso il foglio parrocchiale, che puntualmente viene recapitato nelle case, i fedeli conoscono il programma delle celebrazioni, che tendono a sviluppare quello spirito comunitario, così importante, anzi decisivo nel mondo di oggi, portato naturalmente alla frantumazione e al ripiegamento dei singoli su se stessi. A tale obiettivo punta l’azione pastorale dei sacerdoti don Giovanni Nizzi e monsignor Angelo Lini, rispettivamente parroco e e vicario parrocchiale, coadiuvati dal diacono Daniele Rimatori e da quanti sono attivi nei settori della evangelizzazione, della catechesi, della liturgia e della carità. Anche il Coro parrocchiale, che nei giorni scorsi si affermato nella sezione Classica del Premio di Canto sacro “Simone Sol”i, saprà dare il meglio di sé, per solennizzare la ricorrenza. Una tappa, quindi, importante nel cammino di una comunità, che, come è noto, non ha una lunga storia. Sono in molti a ricordare che la chiesa venne costruita durante l’episcopato di monsignor Siro Silvestri e che il primo parroco fu monsignor Dino Tomassini, già rettore del Pontificio Seminario Regionale “Pio XI” di Assisi, successivamente 42 Vescovo di Ischia e dopo qualche anno a Tursi, Vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo Tadino. Fu per lui, e anche per chi lo conosceva, un ritorno felicissimo, interrotto, purtroppo, non molti anni dopo, dalla morte. Don Dino – così lo chiamavamo – non è stato uno qualsiasi – ricordo che firmò pure un volumetto per l’educazione dei seminaristi -, nella nostra Diocesi, dopo l’esperienza di Assisi e prima di prendere il volo per Ischia – poco prima del Concilio Ecumenico Vaticano II -. Al suo posto fu inviato in parrocchia don Ugo Carduccini, ora monsignore. Nel frattempo la popolazione della zona si è moltiplicata, a seguito della crescente urbanizzazione, che, se non ha invaso tutti gli orti di un tempo – un parco per i bambini è stato lodevolmente istituito dal Comune -, ha cambiato il volto del territorio che unisce la città a Sterpete e a Borroni. ANCHE SPELLO NELLA DIOCESI DI FOLIGNO III (2002), n. 287, p. 19 Se dite agli spellani che dipendono da Foligno, se la prendono, ma se ricordate loro che fanno parte della Diocesi di Foligno, non si ribellano: lo sanno bene e sono anche informati sul fatto che una volta non era così. La loro cittadina, infatti, fu addirittura sede di Diocesi, prima di passare all’Arcidiocesi di Spoleto – quella che oggi si chiama Spoleto-Norcia – ed essere aggregata definitivamente – diciamo così, anche se di definitivo in questa materia non c’è nulla, come insegna la storia di altri territori o frazioni territoriali, passati da una ad un’altra Chiesa locale – a quella di Foligno. Attualmente la Zona Pastorale di Spello è formata, anzitutto, da una Unità Pastorale denominata Santa Maria Maggiore – San Lorenzo – la parrocchia di Sant’Andrea, una volta affidata ai 43 Frati Minori Conventuali, non esiste più e addirittura, nel sito Internet della Diocesi neppure la sua Chiesa monumentale, che pure è aperta al pubblico, viene indicata -, che ha i suoi Centri pastorali a Santa Maria Maggiore, San Lorenzo, San Ventura, San Silvestro di Collepino, San Giovanni di Collepino, Natività di Maria Santissima di Armenzano – questa frazione si trova nel territorio comunale di Assisi. I presbiteri impegnati nell’attività pastorale, a titolo diverso, sono monsignor Angelo Cappotti, – moderatore, che da poco ha celebrato felicemente il 60° di Ordinazione Sacerdotale -, don Antonimo Ronchetti – coordinatore -, padre Silvestri Scica O.F.M. Cap., padre Paolo Bini O.F.M., monsignor Venanzo Peppoloni, monsignor Mario Sensi e don Christian Bogdan. Oltre a questa Unità Pastorale, fa parte della Zona la parrocchia di Santa Croce in Limiti di Spello, guidata dal parroco fratel Gabriele Faraghini, dal vice-parroco fratel Gian Carlo Sibilia, priore della Comunità Jesus Caritas, e da fratel Augustin Wenda Mutombo, diacono, Il terzo elemento di questa struttura ecclesiastica è costituito dalla parrocchia di Santa Lucia – la gente abituata a chiamarla Santa Luciola -, con il parroco don Franco Valeriani, successore di don Sergio Tassi e a tutti noto per la sua attività preziosissima, all’interno della Comunità “La tenda” di Foligno, e con il vice-parroco don Benedict Pinheiro. Una Zona, quindi, abbastanza limitata, ma molto viva, anche per la presenza di monasteri – delle Agostiniane di Santa Maria Maddalena, delle Clarisse di Vallegloria -, di Case religiose – delle Suore della Sacra Famiglia, fondate dal beato Pietro Bonilli, delle Suore Francescane Missionarie del Cuore Immacolato di Maria -, del Convento dei Frati Minori Cappuccini e degli Eremi dei Piccoli Fratelli del Vangelo – tutti ricordano che vi dimorò anche fratel Carlo Carretto, dopo la sua esperienza nel deserto del Nord-Africa -. Una realtà territoriale, che in questi ultimi decenni 44 ha conosciuto una trasformazione, direi, sostanziale: il centro storico si è quasi spopolato, diventando luogo turistico di alto livello e la periferia si è riempita di abitazioni e attività artigianali. Sono lontani, per questo, i tempi, in cui da Spello tanti papà – e tra essi, anche il mio – dovettero emigrare in cerca di lavoro in Belgio o in altri paesi europei; ora le occasioni di occupazione non mancano e la fantasia e le capacità operative degli spellani hanno saputo dare alla loro vita una svolta positiva e promettente CALENDARIO DI SAN GIUSEPPE ARTIGIANO III (2002), n. 286, p. 19 Sento il dovere di dire ancora una volta grazie al Parroco e la Vicario parrocchiale di San Giuseppe Artigiano, rispettivamente padre Umberto Cardillo e padre Vincenzo Martino, Sacerdoti dehoniani – dal cognome del loro fondatore, padre Leone Dehon-. Nel Calendario 2003, infatti, non solo offrono a ricordo dei parroci – ancora tutti in vita, grazie a Dio – la loro immagine passata, ma anche alcuni momenti della loro presenza fra la gente della vasta zona, che attualmente si estende daVia Tagliamento, su su, attraversando la superstrada, fino a Via Sassovivo, a Uppello, a Serra Bassa e all’Abbazia di Santa Croce. Ma c’è di più: un paginone fissa le linee storiche di 44 anni. Il titolo La storia, è certamente ambizioso, ma ormai quel termine si utilizza anche in casi come questo, in cui si parla di fatti e di persone che non sono passati alla storia. Trovandomi citato in una frase, la riporto di seguito, perché mi permette di dire qualcosa di nuovo, idealmente rivolgendomi a tutta la gente della parrocchia, come ero solito fare attraverso La Lettera, quando, per volontà del Vescovo Arduino Bertoldo, guidavo la Parrocchia. Eccola: 45 “Dal 1998 al 2000 è stato Parroco don Sergio Andreoli, cui si deve l’apertura dell’oratorio, annesso alle strutture parrocchiali”. Dunque, l’Oratorio caratterizza, nella memoria dell’estensore della nota storica, la mia biennale presenza; questo mi conforta, perché, quando i fatti avvenivano, non sembrava proprio che ci fosse universale approvazione, travolgente entusiasmo, risposta indiscussa e generale al mio invito a far funzionare una struttura nuova – totalmente nuova -, se si pensa che anche la casa del parroco fu messa da me a disposizione per la nuova avventura. Fa piacere, perciò, rilevare che ora quel fatto diventa addirittura indicativo e riassuntivo di un’azione, che, in verità, ha spaziato anche in altri settori: tutti quelli che erano in atto al mio arrivo – credo di non aver cancellato nulla dell’esistente – e qualcuno in più: la Festa d’inizio, l’Epifania, la nuova Cappella di Uppello, la Presentazione dei cresimandi e dei comunicandi, la Via Crucis del Venerdì Santo, la Catechesi per gli adulti. È ovvio che in una storia brevissima queste cose non potevano essere ricordate. Comunque, le persone diligenti avranno messo da parte i tanti fogli, in particolare Il libro della parrocchia, la cui rilettura farà del bene a coloro che vi si riconosceranno TANTI GIOVANI IN RICORDO DI SIMONE SOLI III (2002), n. 285, p. 18 È andata benissimo, sabato scorso; Azzurra Stronach, Federica Duranti, Cristina Cima e Barbara Roscini possono davvero rallegrarsi per l’ottima riuscita della tredicesima edizione del Premio di canto sacro “Simone Soli”, svoltasi la Foligno, nel Santuario della Madonna del Pianto, grazie alla cordiale ospitalità del rettore don Umberto Formica. Grande è stata anche la soddisfazione di coloro che nel 1990, dopo la tragica scomparsa di Simone, pensarono di ricordarlo ogni anno con una 46 convocazione di natura artistica, certamente, ma anche spirituale, secondo lo spirito dei giovani, che guardano al futuro con occhi diversi dagli adulti, abituati a etichette, regole e piani prestabiliti. La fantasia dei giovani, invece, vola libera e colpisce nel segno, quando si ha l’intelligenza di darle spazio e di incoraggiarla. La presenza del Vescovo Arduino Bertoldo – quella dei preti non è stata, poi, così massiccia, ed erano assenti i gruppi, movimenti e associazioni, in altre circostanze giustamente celebrati – e la sua parola ha incoraggiato ad andare avanti con il medesimo stile: una vera gara, con spirito di amicizia e assenza di quel tipo di competizione, che fa danni ovunque, figuriamoci quanti ne farebbe nella vita e nelle attività ecclesiali! La gioia di chi vince, diventa, così, la gioia di tutti e l’attesa di ritornare l’anno dopo a confrontarsi, mette in moto desideri, volontà e impegno sempre maggiori. La Giuria quest’anno ha assegnato il Premio, per la Sezione moderna, al Coro della Parrocchia della Beata Angela – era presente in Santuario don Marcello Sorbelli e un saluto dall’aula è stato rivolto a don Giuseppe Cavaterra, impossibilitato a partecipare -. Per la Sezione classica si è piazzato al primo posto il Coro di Maria Immacolata – tra i cantori, il parroco don Giovanni Nizzi -, fedelissimo al Premio “Simone Soli”. Gli altri Cori: di San Nicolò, di Vescia, di BorroniScafali-Sterpete – la Giuria gli ha riservato una menzione particolare -, di Sant’Eraclio – tra i cantori, don Gianluca Antonelli -, di Budino-CaveFiamenga-Maceratola, sono stati tutti all’altezza della situazione, avendo presentato ed eseguito in modo egregio canti significativi. Un sincero grazie a Bruno Barbi, Luca Agneletti, Frabrizio Fanini, Rossella Bianchi e Francesco Carena, che hanno saputo ottimamente interpretare nel loro primo impegno in Giuria, lo spirito della manifestazione e soprattutto incoraggiare a proseguire, non solo, come ha detto 47 Barbi, per la promozione della musica sacra, ma anche e soprattutto per il bene dei giovani. I Premi sono stati consegnati dalla Mamma di Simone, signora Cesarina; a lei, al marito Alvaro, ai figli Luca e Leonardo va la simpatia e la cordialità di tutta la cittadinanza. Si nutre la speranza che nel prossimo anno, con l’arrivo di nuove forze in seno all’organizzazione, attualmente promossa dagli Amici di Simone, da Sport e Folklore a Borroni, dalla Parrocchia di Borroni.-Scafali-Sterpete – guidate da fratel Paolo Onori, fratel Leonardo De Mola, fratel Augustin Lindo Malonge e fratel Julio Celada – , si possa raggiungere un risultato ancora più positivo, magari con un puntuale coinvolgimento dei mezzi di comunicazione – quest’anno si è distinto Il Giornale -, non solo nella fase di commento,ma anche in quelle della preparazione e della celebrazione dell’evento musicale. COME FUNZIONA IL PORTALE DELLA DIOCESI III (2002), n. 284, p. 18 Il webmaster folignate Enrico Presilla, con vero impegno e perizia, sta costruendo da qualche tempo il portale www.diocesidifoligno.it. Il Giornale ne dà notizia, perché è convinto della importanza di queste nuove forme di comunicazione, all’interno, non solo della società civile, ma anche della comunità cristiana. Apre il portale la rubrica News, che rimanda al messaggio del Vescovo Arduino Bertoldo, al programma della Scuola di teologia, alle Linee della pastorale e alla Settimana di vita ecclesiale. Sulla destra della prima pagina, l’Editoriale settimanale, in cui ho già affrontato il tema dei laici e ora rifletto su quello de preti – di questi pezzi si cura in apposito spazio la raccolta completa -. Sulla sinistra, i vai titoli, che rimandano alle successive pagine, la prima delle quali riguarda la Diocesi, la seconda ilVescovo, la terza i Media, la quarta l’Agenda e l’ultima i Links. 48 Sulla Diocesi, si trovano alcune note relative alle sue origini, al territorio, agli abitanti e ai fenomeni demografici; le pagine sugli Uffici e sulla Realtà ecclesiali sono in costruzione, mentre ben sviluppate sono quelle sulle cinque Zone pastorali: Città,Campagna, Montagna/Valle del Menotre, Spello, Valle del Topino. Del Vescovo viene pubblicata la fotografia e un brevissimo nota biografica; alle pagine relative agli Organismi amministrativi e a quelli partecipativi, – in costruzione – si aggiunge quella sul Presbiterio, che rimanda al sito dellaConferenza Episcopale Italiana. Tra i Media, rilievo particolare, con i rispettivi collegamenti, viene dato alla Gazzetta di Foligno, alla Biblioteca “Lodovico Jacobilli” del Seminario Vescovile, a Radio Gente Umbra, alla Libreria Vescovile e a Salire, mensile di Belfiore. Nell’Agenda sono pubblicati i programmi della Scuola di formazione teologica e le linee programmatiche della pastorale diocesana per gli anni 2002-2005. Dei Links, segnaliamo quelli della Beata Angela, del Centro Diocesano Vocazioni, della Conferenza Episcopale Italiana e della Caritas Italiana; ad essi se ne aggiungono molti altri, in ordine alfabetico, assai preziosi per chi svolge attività pastorale nelle parrocchie, nei gruppi e nei movimenti. Questa, la struttura del portale diocesano, che sicuramente, con l’inserimento di altre rubriche, può, a mio avviso, diventare un prezioso strumento di dialogo, di discussione e di intervento, data la sua velocità e la sua perfezione tecnica, in una situazione in rapidissimo sviluppo; un bel work in progress, molto innovativo e potenzialmente molto più efficace di tanti circolari. DOMANI IL PREMIO DI CANTO SACRO “SIMONE SOLI” III (2002), n. 282, p. 18 Se in Città c’è una manifestazione culturale e artistica, che conosce un successo crescente e una 49 partecipazione sempre più numerosa e appassionata, questa è il Premio di Canto sacro “Simone Soli”, la cui prima edizione ebbe luogo a Borroni nel 1990, dopo il tragico incidente in cui morirono le giovani Simona e Giorgia e il chitarrista del Coro parrocchiale di Borroni Simone Soli. Per iniziativa degli Amici di Simone, dell’associazione Sport e Folklore a Borroni e della Parrocchia di Sant’Egidio, a cui da poco ero stato assegnato, fu istituita questa manifestazione, nella convinzione che i giovani possono trovare nel canto la forma migliore per avvicinarsi a Dio e fare esperienza di comunione nella comunità in cui vivono. Successivamente, in forma ufficiale, entrò nel gruppo degli organizzatori anche la Schola Cantorum “Sancta Caecilia”di Foligno, diretta dal professor Virgilio Agneletti, che fin dall’inizio costituì il punto di riferimento artistico del Premio, come presidente della Giuria. La Schola Cantorum quest’anno, non sarà presente per motivi particolari, ma gli organizzatori sicuramente la ricorderanno ed esprimeranno al suo Direttore e ai Cantori il plauso e il ringraziamento per tutti gli insegnamenti impartiti in tanti anni e per il lustro dato alla manifestazione, con le loro esibizioni magistrali, offerte sia a Borroni, sia al Santuario della Madonna del Pianto, allorché il Premio vi è stato trasferito, data l’affluenza di pubblico e di giovani dei Cori parrocchiali. Prendo questa occasione per ricordare che, anche quando il terremoto del 199 sembrò bloccate tutto in Città e in periferia, il Premio si tenne in una forma tutta particolare a Belfiore di Foligno, sotto la grande tenda, con la presenza attivissima e competente di padre Pasquale De Ruvo, somasco, allora parroco del paese – uno dei più martoriati del Comune -, e ora impegnato altrove in una preziosa opera di apostolato tra i ragazzi. Nessuno dimenticherà quella notte flagellata dalla pioggia dedicata, nel ricordo di Simone, a 50 promuovere la musica sacra e soprattutto a ridare speranza a gente duramente colpita moralmente e materialmente dall’evento sismico. Come nessuno potrà facilmente scordare l’apporto di idee e il sostegno in tutte le fasi organizzative ed esecutive, assicurato in tanti anni di fattiva collaborazione con la Parrocchia di Sant’Egidio, dal ragioniere Mario Clementi, presidente di Sport e Folklore a Borroni e Vice-Direttore, allora, della Caritas Diocesana. Il Premio era diventato il punto più alto di confluenza di energie fresche e intelligenti per il bene di Borroni, al fine di creare e alimentare un clima di passione comune, per lanciare la comunità verso traguardi sempre più ambiziosi. La Sagra, l’Oratorio, il Coro, il Babbo Natale, il Primo Maggio, la Festa di Sant’Egidio, Il Grillo Parlante – che purtroppo non ebbe lunga vita, dopo la ripresa – il Recital, animato dal professor Antonio Nizzi, il Gruppo Scout, con tante altre iniziative, vedevano tutti i borronari, animati dal SeFaB e dalla Parrocchia, seriamente protesi verso la costruzione di una identità forte, capace di incidere anche sulle istituzioni. Con questa storia alle spalle, non si può non guardare con simpatia e grande fiducia al futuro, alla vigilia di questa nuova edizione del Premio, organizzata da Cristina Cima, Barbara Roscini, Azzura Stronach e Federica Duranti. La manifestazione si terrà nel Santuario della Madonna del Pianto – già Chiesa di Sant’Agostino, Piazza Garibaldi – domani, sabato 30 novembre, alle ore 20, 30. IL VESCOVO BERTOLDO DA DIECI ANNI A FOLIGNO III (2002), n. 280 Se si prende in mano la Guida Liturgico-Pastorale, in nota al giorno 20 novembre, si legge: “Anniversario ordinazione episcopale di S. E. Mons. Vescovo diocesano. In Cattedrale si celebra la Messa pro-episcopo. 51 Nella preghiera dei fedeli si preghi, in diocesi, per il Vescovo”. In effetti, Monsignor Arduino Bertoldo, nato a Castelnovo d’Isola Vicentina, in provincia di Vicenza, il 30 dicembre 1932 e ordinato sacerdote il 22 marzo 1958, fu eletto alla Chiesa di Foligno il 10 ottobre 1992 – data ignorata dalla stampa – e ordinato Vescovo il 21 novembre 1992, come si legge nell’Annuario della Diocesi. Il 20 dicembre dello stesso anno iniziò il suo servizio episcopale a Foligno, dopo il solenne ingresso, a cui parteciparono la comunità cristiana, con tutti i suoi rappresentanti, e anche quelle civile e militare, in tutte le loro espressioni. Questa ultima ricorrenza, vale a dire il decennale della presenza a Foligno del Vescovo Arduino Bertoldo, sarà solennemente ricordata il 15 del mese prossimo, con un programma che sarà presto reso noto – fra l’altro, si sa ufficiosamente che uscirà una pubblicazione, nella quale alcuni invitati presenteranno i loro personali contributi su tematiche diverse. Il Giornale, comunque, ricorda la Consacrazione episcopale di monsignor Bertoldo, essendo questa l’evento sacramentale, di fondamentale importanza, che ha dato alla sua vita una svolta radicale, portandolo alla condizione di successore degli Apostoli, a servizio della Chiesa di Foligno, dopo la conclusione, per limiti di età, dell’attività pastorale del Vescovo Giovanni Benedetti, attualmente residente nella Casa del Presbiterio. Certamente, da quel giorno, tutti i suoi pensieri e i suoi progetti hanno avuto una direzione unica: dare ai preti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e ai laici, uomini e donne, la possibilità di fare esperienza di Dio e quella di vivere nella comunione. Questo, con metodi e con stile suoi, personali, come è logico, ma anche sulla scia di una tradizione plurisecolare della comunità folignate. Per comprenderlo, sarebbe necessario ripercorrere la storia di questi dieci anni e in particolare prendere in esame i documenti – almeno quelli 52 riportati nel Bollettino Ecclesiastico della Regione Pastorale Umbria – , nei quali monsignor Bertoldo ha fissato le linee programmatiche del suo ministero. Ma, anzitutto, è fondamentale fare mente locale su un fatto che ha stravolto la Diocesi nel 1997: il terremoto. Quante negative conseguenze sul patrimonio artistico e civile di Foligno, Spello e Valtopina ed anche quanti nuovi problemi ha creato questo evento nella vita di tutti i giorni e di conseguenza anche nelle attività pastorali! Verrà il momento, in cui si dovrà fissare sulla carta un quadro complessivo, anche per assicurare ai posteri una conoscenza non superficiale di quanto è avvenuto. Il Vescovo ha certamente vissuto questo passaggio della storia diocesana, con particolare partecipazione e ha sperimentato senza dubbio che fare il Vescovo non è, come molti possono con leggerezza pensare, una cosa semplice: spine e croci quotidianamente si affiancano, come in ogni altra esperienza e forse anche di più, a gioie e successi. Per questo, in attesa di farlo, a metà dicembre, in modo ancor più appropriato, il Giornale porge a Monsignor Arduino Bertoldo i migliori auguri e il più vivo ringraziamento per quanto fino ad oggi ha dato alle Città della sua Diocesi, nel campo della evangelizzazione, della liturgia e della carità. 5 ROVIGLIETO DI FOLIGNO Roviglieto I (2000), n. 1. L’altra domenica. Nel’omelia dell’8 ottobre ho brevemente commentato queste parole di Gesù: “Lasciate che i bambini vengano a me e non glielo impedite; 53 perché a chi è come loro appartiene il regno di Dio” (Vangelo di Marco, capitolo 10, versetto 14). Ho indicato quali devono essere i nostri atteggiamenti verso Dio: umiltà e fiducia. Di fronte a Dio dobbiamo riconoscere i nostri limiti, difetti e peccati; egli è buono, ci capirà e perdonerà. In Dio dobbiamo riporre tutta la nostra fducia; egli solo non ci deluderà mai e ci verrà incontro in tutte le situazioni della vita. Oggi. In questa ventottesima domenica del Tempo Ordinario abbiamo letto un testo del Libro della Sapienza, il Salmo 89, un brano della Lettera agli Ebrei e parte del capitolo 10 del Vangelo di Marco. Da quest’ultimo trascrivo la domanda rivolta dal giovane a Gesù: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita etrena?”. Roviglieto I (2000), n. 2. L’altra domenica. Nell’omelia del 15 ottobre, partendo dalla domanda del giovane ricco a Gesù: “Maestro buono, che cosa devo fare per avere la vita eterna?”, ho precisato che tutti siamo chiamati dal Signore ad osservare i comandamenti, mentre ad alcuni egli propone di lasciare tutto per seguirlo. Così è avvenuto per gli Apostoli. Anche san Francesco d’Assisi si è fatto completamente povero per Gesù. Noi dobbiamo pregare, perché la chiamata che il Signore rivolge alle donne e agli uomini di oggi, trovi in loro una generosa e gioiosa risposta. Oggi. In questa ventinovesima domenica del Tempo Ordinario abbiamo letto un brano del Libro del profeta Isaia, il Salmo 32, un testo della Lettera agli Ebrei e parte del capitolo 10 del Vangelo di Marco. Da quest’ultimo trascrivo le parole di Gesù: “Il 54 Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Roviglieto II (2001), n. 1. Siamo in piena Quaresima e spero che cresca in tutti il desiderio di incontrare il Cristo morto e risorto per noi. Per questo, vi invito caldamente a partecipare alla Santa Messa; solo in questo modo crescerà la nostra comunione con Dio e tra noi. Vi chiedo anche di intensificare in casa – o iniziare, se non siete ancora abituati a farlo – l’incontro con la Parola di Dio; ogni giorno una pagina di Vangelo: è la proposta che vi faccio. Vi comunico che la “Benedizione delle Famiglie” – non solo, quindi, delle case!- si terrà, come è tradizione, la Domenica delle Palme, 8 aprile, dopo la celebrazione della Santa Messa. Roviglieto II (2001), n. 2. La nostra piccola comunità si sta preparando a due importanti Celebrazioni. Domani, Lunedì di Pentecoste, ci recheremo in Pellegrinaggio al Santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia. Domenica, 19 agosto, Sara e Fabio parteciperanno alla Santa Messa della Prima Comunione, mentre Alice e Federico riceveranno il Sacramento della Cresima, che li renderà per sempre testimoni di Cristo. La prima Celebrazione è la continuazione di una tradizione, che va vissuta nella fede in Dio Padre, nel suo Figlio Gesù Cristo e nello Spirito Santo, e nella fiduciosa devozione alla Vergine Maria, Madre di Dio e Madre della Chiesa. La seconda Celebrazione sarà il segno che la fede viene trasmessa dalle famiglie alle nuove generazioni, in piena armonia e collaborazione con 55 i Pastori della Chiesa. Invito, per questo, tutti coloro che abitano a Roviglieto e quanti nelle due occasioni saranno ospiti, a fare il possibile, perché durante le Celebrazioni sacre il clima di festa si concili pienamente con quello di raccoglimento e riflessione. Sarà, questa, una significativa testimonianza di maturità e di autentica religiosità. Roviglieto II (2001), n. 3. Dopo la Solennità della Assunzione della Beata Vergine Maria e la Concelebrazione della Messa della Cresima e della Prima Comunione, presieduta dal Vescovo Monsignor Arduino Bertoldo, desidero rivolgere a tutti il mio ringraziamento. Un grazie particolare al Parroco e al Coro di Sant’Eraclio. Vi esorto, poi, all’attiva partecipazione alla Santa Messa, che si celebra nei giorni festivi, alle ore 10, e alla collaborazione nelle celebrazioni delle Feste e nell’amministrazione del nostro Centro Pastorale, che fa parte della Parrocchia di San Silvestro Papa, in Cancellara, anche in vista dei lavori di restauro della Chiesa e della casa parrocchiale. Roviglieto II (2002), n. 2. Il Natale 2002 – manca meno di un mese -, se vogliamo, può essere diverso da quello del 2001, anche per una cosa semplicissima: un bel Presepio in Chiesa. I bambini hanno iniziato a costruirlo, ma hanno bisogno dell’aiuto degli adulti. Invito, allora, chi ha un po’ di tempo e di fantasia, a collaborare con loro, perché chi verrà in Chiesa il 25 dicembre, possa sentirsi richiamato anche dal Presepio alla meditazione del Mistero della Incarnazione e Nascita di Gesù Cristo, Figlio di 56 Dio. Conto sulla vostra buona volontà. Roviglieto II (2002), n. 3 Il Natale del Signore è alle porte; prepariamoci, perciò, a ricordare, come si deve, la prima venuta del Figlio di Dio in mezzo a noi. Sappiamo bene che Egli viene anche ogni giorno incontro a noi nel Sacramento dell’Eucaristia e nella persona di chi avviciniamo in casa, in paese, nel luogo di lavoro, nella scuola, dappertutto. Un giorno Gesù ritornerà, per chiederci come abbiamo speso i doni che ci sono stati elargiti: doni naturali e doni spirituali. Dobbiamo, allora, fare il possibile per metterli a frutto e servircene, per costruire il nostro vero bene, quello della nostra famiglia e quello della società. In un tempo, in cui si cerca affannosamente il proprio interesse, diamo testimonianza di genersità e di solidarietà; le occasioni non ci mancano. Un’attenzione particolare riserviamola ai bambini, perché in famiglia trovino l’ambiente adatto per crescere sereni, buoni e bravi, sperando che la stessa cosa avvenga a scuola e in tutti gli altri ambienti che essi frequentano. Nella Messa Festiva essi possono trovare l’occasione più bella per dire il loro grazie al Signore e per conoscere meglio il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo; favoriamo in tutti i modi, allora, la loro attiva partecipazione. * Lunedì di Pentecoste, 9 giugno, continuando una bella tradizione della nostra Comunità cristiana, andremo in Pellegrinaggio al Santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia, per rinnovare alla Vergine Maria la nostra gratitudine e la nostra devozione. Partiremo alle ore 9, dopo una breve preghiera mella nostra Chiesa. Nei tratti a piedi reciteremo il Santo Rosario, 57 ricordando i Misteri gaudiosi, della luce, dolorosi e gloriosi. Faremo, come al solito, una piccola sosta anche al Santuario dei Santi Pietro e Paolo di Cancelli. Giunti al Santuario della Madonna elle Grazie, ci sarà la possibilità di confessarsi — la Chiesa ci chiede di celebrare, almeno una volta l’anno, questo importante Sacramento, ma è chiaro che è bene farlo più spesso -. Verso mezzogiorno sarà celebrata la Santa Messa. Dopo il pranzo, che consumeremo nelle “Casa della Gioventù”, e una breve pausa, verso le 15, torneremo in Chiesa, per recitare di nuovo il Santo Rosario e chiedere la benedizione del Signore, per intercessione della Madonna delle Grazie. Sono sicuro che la partecipazione di tutti gli abitanti di Roviglieto e di coloro che si sentono fortemente legati al paese, sarà una preziosa occasione per testimoniare quella fede cristiana, che ci è stata trasmessa e alla quale intendiamo restare fedeli. Roviglieto IV (2003), n. 6. Domenica, 17 agosto, celebreremo nel nostro Centro Pastorale, come è tradizione, la Solennità della Assunzione di Maria Vergine in Cielo in anima e corpo. La Santa Messa sarà celebrata alle ore 11,30 – sarà, questo, anche in futuro, l’orario della Santa Messa Festiva -, per facilitare la partecipazione di tutti. Nel pomeriggio, alle ore 17, dopo una breve preghiera in Chiesa, ci metteremo in Processione, portando la piccola Statua della Madonna per le vie del paese. Reciteremo il Santo Rosartio e canteremo gli inni tradizionali alla Madonna, da tutti conosciuti. Raccomando la puntualità e soprattutto la devozione. Le Feste religiose non somigliano a quelle civili; sono di tutt’altra natura e richiedono soprattutto 58 raccoglimento interiore e poi comportamenti esteriori – anche il modo di vestire – in armonia con la sacralità della Chiesa e dell’Evento festivo. Roviglieto IV (2003), n. 7 Carissimi, La Santa Messa di Natale è l’occasione più bella, che ci viene offerta, per lodare il Signore e ringraziarlo di tutti i benefici, che ci concede ogni giorno e anche per scambiarci gli auguri. Vi invito pertanto a parteciparvi tutti, alle ore 11,30. Spero che tutti siate presenti a questo incontro di preghiera e di fraternità, di ascolto della Parola di Dio e di comunione profonda con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Intanto, mando a tutti la mia benedizione. 6 IL LIBRO DELLA PARROCCHIA DI SAN GIUSEPPE ARTIGIASNO, A FOLIGNO I. LA LETTERA SALUTO 39 (1998), n. 2 In questo primo incontro, attraverso La Lettera, con la comunità parrocchiale, rivolgo, anzitutto il più caloroso saluto a tutti voi che abitate nel vasto territorio, che mi è stato affidato dal Vescovo monsignor Arduino Bertoldo. Voglio, poi, consegnarvi un pensiero che mi sembra fondamentale: quando la Chiesa si ripiega su se stessa, per qualsiasi motivo, rischi di dimenticare che il Cristo l’ha costituita “come sacramento universale di salvezza” (Lumen gentium, 48). 59 Noi che abbiamo ricevuto il dono della fede e della comunione con Dio, ci dobbiamo sentire proiettati verso coloro che sono chiamati a tale fede e comunione, in missione verso coloro che non credono, coloro che sono indifferenti, coloro che sono in ricerca , coloro che hanno un senso debole dell’appartenenza alla comunità. È questa la grande sfida che ci viene offerta dalla storia presente e ad essa dobbiamo rispondere con coraggio, creatività e coerenza. Tutte le altre cose acquistano valore in questo orizzonte, che relativizza problemi e difficoltà, successi e obiettivi raggiunti da coloro che hanno una fede solida e vivono le esperienze della catechesi, della liturgia, della carità e della corresponsabilità con passione e dedizione. Cordialmente. LA LETTERA 39 (1998), n. 5 Carissimi, è ormai vicino il Natale del Signore. Sento, quindi, vivissimo il desiderio di rivolgervi un caro e sincero augurio di ogni bene. In questo periodo avrete mille occasioni, per testimoniare la vostra fede nel Figlio di Dio, che si è fatto Uomo per la nostra salvezza. La Parrocchia,, tenda aperta a tutti, ve ne offrirà alcune particolarmente preziose. Lo potrete notare, scorrendo il calendario, in quarta pagina. Vi attendo con vivo desiderio, in modo particolare all’Eucaristia Festiva delle ore 10,30, momento culminante del nostro incontro con Dio e con la Comunità. Saluto tutti, in particolare le persone anziane e i malati. LA LETTERA 60 40 (1999), n. 1 Carissimi, nel tempo di Quaresima la comunità cristiana si prepara, nella preghiera e nella penitenza, alla celebrazione della Pasqua del Signore. Nelle Costituzioni del nostro Sinodo si legge: ”La liturgia è momento ultimo della storia della salvezza, culmine e fonte della vita della Chiesa, suo esercizio del sacerdozio di Cristo, manifestazione della Chiesa. L’opera salvifica di Cristo, culminata nel mistero della sua morte e risurrezione, viene infatti attualizzata dalla Chiesa soprattutto mediante la liturgia, dove la Parola continua efficacemente ad annunciare una salvezza che si compie nel presente mediante i gesti sacramentali […]” (n.168). Pertanto vi invito a partecipare alle Sacre Celebrazioni, che si terranno in Parrocchia, per realizzare un’autentica crescita nella fede e nella comunione fraterna. Vi chiedo anche di vivere la benedizione della famiglia come momento di preghiera e occasione di incoraggiamento a proseguire nel cammino cristiano. Vi auguro ogni bene. LA LETTERA 40 (1999), n. 2 Carissimi, rispettando una lodevole tradizione, vi mando il bilancio consuntivo della Parrocchia. Sono certo che ciò vi aiuterà a capire i problemi di carattere economico che siamo tutti chiamati a risolvere. Soprattutto confido che stimolerà la vostra generosità. Il fatto che sia riportata la somma raccolta negli ultimi mesi per la Caritas Parrocchiale e ad essa versata per il funzionamento del Centro di ascolto 61 — aperto il lunedì e il venerdì, dalle ore 10 alle ore 12 — sicuramente vi spingerà ad apprezzare e sostenere questa benemerita iniziativa. Colgo l’occasione per ringraziare i membri del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economicie tutti coloro che svolgono un servizio in Parrocchia. Elogio, altresì, la gente di Uppello, che ha saputo approntare un accogliente luogo di preghiera, in sostituzione della Chiesa inagibile a causa del terremoto; vi annuncio che nei prossimi mesi sarà fatto un radicale intervento di sistemazione del cortile parrocchiale. Vi auguro ogni bene. LA LETTERA 40 (1999), n. 3 Carissimi, abbiamo da pochi giorni celebrato la festa di San Giuseppe Artigiano,particolarmente significativa per la nostra Parrocchia, perché un gruppo di preadolescenti ha ricevuto il sacramento della Confermazione. Altrettanto importante è stata per noi la Messa della Prima Comunione di molti ragazzi. Voglio, per questo, manifestare la mia gratitudine ai catechisti e a coloro che operano nel campo della liturgia e del decoro delle Chiese. Anche la festa di San Venanzo, celebrata ad Uppello con particolare solennità, ci ha permesso di fare una bella esperienza di comunità che prega e vive insieme momenti di gioia. Desidero , in questa circostanza, darvi un quadro completo delle Celebrazioni Sacre che si tengono nella nostra Parrocchia. Lo faccio, sperando che cresca nella nostra comunità il numero delle persone che si mettono a servizio degli altri, non solo nel settore della catechesi, dell’amministrazione, della carità e della comunicazione, ma anche in quello della liturgia e della pietà popolare. 62 Lo spirito che deve tutti animare, non è quello del protagonismo, ma della corresponsabilità cordiale e disinteressata. Vi auguro ogni bene. LA LETTERA 40 (1999), n. 4 Carissimi, dopo avervi inviato il prospetto delle attività parrocchiali nel campo della catechesi e in quello della liturgia, desidero informarvi sulle iniziative di carattere caritativo. Ve ne parlai sommariamente nel Piano Pastorale Parrocchiale; lo faccio ora più ampiamente, perché sono convinto che si tratta di un settore essenziale come gli altri due e ho l’impressione che la nostra Parrocchia sia in grado di fare di più, per dimostrare la sua attenzione nei confronti del prossimo. Potrebbe, per esempio, aumentare il numero di volontari, per assicurare l’apertura del Centro di ascolto nei giorni stabiliti ed anche in altre circostanze. Anche la celebrazione della Giornata mensile della carità sarebbe da potenziare, oltre che per sollecitare la generosità dei parrocchiani, anche per animare l’Eucaristia, ispirandosi in modo diretto ai valori dell’amore cristiano per coloro che si trovano in necessità. Altre iniziative ancora andrebbero prese, in questa prospettiva di crescita comunitaria nella dimensione caritativa. Conto sulla vostra disponibilità e capacità operativa, in spirito di autentica corresponsabilità, Vi auguro ogni bene. LA LETTERA 40 (1999), n. 5 27 giugno 2000 63 Carissimi, con qualche ritardo, vi comunico il calendario delle attività di catechesi, da quella degli adulti e del Gruppo dei coniugi a quella dei fanciulli di I Elementare. Sono certo che apprezzerete l’impegno dei catechisti, per assicurare a tutti valide occasioni di riflessione sulla Parola di Dio e di educazione alla preghiera e alla carità. Spero, poi, che farete tesoro di questo servizio, che, con il contributo di altri, potrà migliorare. Faccio appello, pertanto, a quanti si sentono chiamati dal Signore ad operare nel settore della catechesi, a segnalarmi la loro disponibilità; farò il possibile, per introdurli gradualmente nel Gruppo dei Catechisti. Rivolgo a tutti un cordiale invito a partecipare alla Festa di domenica 1 ottobre. Vi auguro ogni bene. LA LETTERA 41 (200), n. 1 Carissimi, Vi comunico gli orari delle Sacre Celebrazioni quaresimali e pasquali e il programma delle Benedizioni delle famiglie. Vi chiedo di partecipare sempre più intensamente alla vita parrocchiale. Vi auguro ogni bene. LA LETTERA 41 (2000), n. 2 Carissimi, avvicinandosi il secondo anniversario del mio ingresso nella Parrocchia di San Giuseppe Artigiano, grato al Signore per avermi concesso di vivere tra voi, rivolgo al Vescovo di Foligno, monsignor Arduino Bertoldo, il più vivo ringraziamento. 64 Un saluto e una benedizione a tutti i parrocchiani, in particolare ai malati, agli anziani e alle persone in difficoltà. Ai bambini, specialmente a quelli da me battezzati, un affettuoso augurio di gioia e di pace. Un sincero ringraziamento alle comunità religiose dei Padri Dehoniani e degli Oblati di Maria Vergine., per l’aiuto offertomi generosamente in tante circostanze. Grazie vivissime a padre Antonio Pistacchio e don Giuseppe Taufer, per l’opera svolta ad Uppello. Ai sacerdoti folignati, che hanno accolto più volte la richiesta di collaborazione, rinnovo la mia gratitudine. A tutti i laici, di ogni età che hanno vissuto la vita parrocchiale con intensa fede, in attento ascolto della Parola di Dio e con spirito di servizio, la mia ammirazione. Per chi, con lealtà e libertà, ha assicurato il funzionamento degli organismi di partecipazione e ha permesso la realizzazione di numerose iniziative nel campo della catechesi dei ragazzi, dei giovani e degli adulti, in quelli della liturgia, della carità, dell’amministrazione, della comunicazione, del decoro delle chiese e in ogni altro settore della realtà parrocchiale , serberò un ricordo particolare. A quanti – ragazzi e adulti – hanno compreso la novità e l’importanza dell’Oratorio, da “edificare” con pazienza ed entusiasmo giorno dopo giorno, l’augurio di cercare sempre il Signore e di incontralo nei sacramenti e in tutti i fratelli. A chi ha esitato a fare la sua parte e ha sperimentato solo occasionalmente l’appartenenza alla Parrocchia, il mio incoraggiamento a riflettere, a lasciarsi coinvolgere e a fare il possibile per il bene comune, ricordando che il meglio è di fronte a noi. A coloro che nel momento dell’emergenza, dovuta alle mie difficoltà di salute, hanno assicurato la loro preziosa e indispensabile collaborazione, in 65 particolare al sacerdote prof. Gianfranco Sebastiani, grazie di cuore. Saluto tutti cordialmente. II. DOCUMENTI 1. UNA TENDA APERTA A TUTTI “Aumenta il numero di quanti si mostrano consapevoli che tutti, non solo i preti, hanno responsabilità nella vita della Chiesa e quindi, concretamente, nella parrocchia. Si tratta di un fenomeno ancora limitato, che approva la presenza attiva dei laici per lo più negli ambiti della carità e dell’amministrazione. Soprattutto, però, alla percezione che si possano attribuire ai laici nuovi compiti nella vita ecclesiale, non corrisponde una pari disponibilità ad assumerli”(Sinodo della Chiesa di Foligno, Costituzioni sinodali, pp. 231-232). PREMESSA Come promisi il 22. VI. 1998, giorno successivo al mio ingresso in Parrocchia, offro all’attenzione degli organismi, dei gruppi e di tutti i membri della comunità parrocchiale il Piano pastorale, che ho preparato, tenendo conto anche dei documenti della recente Visita Pastoralee dei suggerimenti di alcuni laici, e che ispirerà il nostro lavoro nei prossimi anni. La sua funzione è quella di orientare il cammino di tutti verso il Signore, in cui crediamo, in spirito di vera comunione, e di indicare spazi di impegno a quanto sono da Dio chiamati ad operare per il bene comune, in una visione di Chiesa pienamente ministeriale, non ripiegata su se stessa, ma 66 proiettata e in missione verso coloro che non credono, coloro che sono indifferenti, coloro che sono in ricerca, coloro che hanno un senso debole dell’appartenenza alla comunità, e in dialogo con tutte le istituzioni. Benedica il Signore quanti, in spirito di corresponsabilità, opereranno perché la Parrocchia sempre più diventi una tenda aperta, per accogliere tutti con autentico amore. IL TERRITORIO L’attuale Parrocchia è costituita da tre nuclei: quello originario, definito nel novembre 1958, attraverso l’atto di erezione , da parte del Vescovo diocesano Siro Silvestri, della Vicaria Autonoma di San Giuseppe Artigiano – la Chiesa parrocchiale fu consacrata il 1º maggio 1966 -; l’ex-Parrocchia di San Venanzo, in Uppello, unita alla Parrocchia il 1º gennaio 198; parte dell’ex-Parrocchia del Santissimo Salvatore, in Foligno, annessa il 1º settembre 1991. Nel vasto territorio parrocchiale si possono distinguere le seguenti zone: città, frazione di Uppello, Via Sassovivo e Vocabolo San Bartolomeo, Strada Statale 77 – Casa cantoniera, Colpernaco, Serra Bassa, ColpersicoQuesta configurazione comporta qualche difficoltà ed è quindi necessario operare, per raggiungere la più ampia comunione e condivisione. LE PERSONE Nella nostra Parrocchia, che è una porzione della Diocesi di Foligno, di cui è Vescovo monsignor Arduino Bertoldo, sono presenti ed agiscono con me, nel Consiglio Pastorale Parrocchiale 67 e nel Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici, i responsabili del collegamento con gli organismi diocesani – Ufficio Catechistico, Ufficio Liturgico, Caritas, Consulta per la Pastorale Giovanile, Consiglio Pastorale -, altri laici – giovani e adulti – particolarmente impegnati nei diversi settori pastorali. Come si può notare, manca la figura del Diacono. Nel territorio della parrocchia sono predenti alcune comunità di Religiosi – Ordine dei Frati Minori, Sacerdoti del Sacro Cuore, Oblati di Maria Vergine – e una di Religiose – Suore Bige Elisabettiane -. LE STRUTTURE Gli edifici destinati al culto nella nostra Parrocchia sono: la Chiesa di San Giuseppe Artigiano, con la Cappella del Sacramento, la Chiesa di San Venanzo in Uppello, con la Cappella recentemente predisposta nei locali dell’ex-Scuola Materna, e la Cappella della Madonna di Fatima e di Sant’Egidio, in Serra Bassa. Altri edifici, di proprietà della Parrocchia, sono l’ex-casa del Parroco, ora adibita ad Oratorio, e la casa parrocchiale, in Uppello. Nel territorio della Parrocchia: altri edifici sacri, fra i quali, la Chiesa di Santa Maria in Sassonia e la Chiesa di Santa Croce in Sassovivo. Fra le strutture civili, vanno segnalate la Scuola materna e la Scuola Elementare. L’EVANGELIZZAZIONE 68 Ritengo necessario che si giunga a delineare un quadro esatto della presenza in Parrocchia di extra-comunitari non-cristiani – nel nostro territorio c’è un luogo di preghera per i Musulmani -, di italiani non-cattolici e di cattolici lontani. Per ora prospetto l’esigenza di attività di primo annuncio del Vangelo in ambienti particolari, appena alcuni laici si saranno preparati a questo delicato compito pastorale. LA CATECHESI Le persone, per le quali la Parrocchia opera, al fine di assicurare una catechesi completa, sono i membri della famiglia: fanciulli, ragazzi, adolescenti, giovani, adulti. Quanti, insieme a me, svolgono questo servizio fondamentale, costituiscono il Gruppo dei catechisti. Facendo tesoro delle iniziative promosse dall’Ufficio catechistico Diocesano, si opererà in modo particolare per la formazione di catechisti dei giovani e degli adulti. La attività sono: Catechismo dei fanciulli, dei ragazzi, degli adolescenti, dei giovani e degli adulti, Riunione del Gruppo delle coppie, Parrocchia insieme, Esperienza giovani, Campeggi, Incontri dei genitori, incontri del Gruppo dei catechisti, incontri di riflessione e formazione, con la partecipazione di esperti. La struttura, nella quale le attività di catechesi – ma non solo – si svolgono, è l’Oratorio. Trattandosi di una realtà completamente nuova, è necessario che anche alcuni adulti si qualifichino come responsabili e che tutte le iniziative abbiano in esso un punto di riferimento sicuro – a titolo esemplificativo: torneo di calcetto, torneo di pallavolo, gite ed escursioni, tennis da tavolo, musica, dopo-scuola, biblioteca, cineforum, sussidi e strumenti di comunicazione, club sportivotelevisivo -; se necessario, si procederà ad 69 interventi di adattamento degli spazi interni ed esterni e al collegamento con esperienze simili in atto in altre parrocchie, anche per la soluzione di eventuali problemi. L’inizio e la fine della attività è opportuno che siano sottolineati da particolari momenti di incontro e di festa per tutta la comunità parrocchiale, in collegamento con gli altri settori pastorali. LA LITURGIA Le persone impegnate in questo ambito della vita parrocchiale, sono molte: lettori – il loro numero, comunque, va allargato -, ministranti, altri animatori – per la preparazione della Preghiera dei fedeli e delle monizioni, per l’accoglienza -, ministri straordinari della Comunione, addette al decoro della Chiesa, responsabili delle Cappelle di Uppello e Serra Bassa, coro - organisti, chitarristi, cantori -. È opportuno giungere presto alla costituzione del Gruppo liturgico, che armonizzi l’impegno di tutti, stimoli nuove presenze di servizio e promuova momenti di formazione. Le Celebrazioni, che nell’anno liturgico ruotano attorno all’evento fondamentale della Pasqua di Cristo sonno: Messa festiva, Messa della prima Comunione dei fanciulli, Messa feriale, Comunione ai malati e agli anziani, Adorazione eucaristica settimanale e annuale, Prima Confessione dei fanciulli, Confessione – con preparazione individuale o comunitaria -, Battesimo, Cresima, Unzione del malati, Matrimonio – per la preparazione si farà riferimento alle iniziative diocesane -. Per ognuna di esse è opportuno che il Gruppo liturgico preveda l’impegno particolare di qualcuno, al fine di assicurare la partecipazione attiva e devota dei fedeli – anche attraverso fogli con i testi della Parola di Dio, per chi ha difficoltà nel seguirne la proclamazione -; in particolare si ritiene necessario promuovere l’animazione della 70 Messa festiva del Sabato, delle 8, 30 della Domenica e di quella di Uppello. Per quanto riguarda le devozioni, le feste e le tradizioni, è importante ricordare che devono armonizzarsi con la liturgia. Si celebreranno, pertanto, con questo spirito, le feste della Sacra Famiglia, di San Giuseppe – 19 marzo e 1º Maggio -, di San Venanzo – a Uppello -, della Madonna di Fatima – prima domenica di luglio, a Serra Bassa -; durante il mese di Maggio si terranno momenti particolari di preghiera; i ragazzi del Catechismo allestiranno il Presepio; prima della Messa feriale, si reciterà il Rosario; nei Venerdì di Quaresima si terrà la Via Crucis; anche la Benedizione delle famiglie si farà, nella forma che ancora deve stessere definita. LA CARITÀ La Caritas Parrocchiale è un organismo essenziale per la vita della Parrocchia; essa ha la funzione di educare tutta la comunità allo spirito di accoglienza e di condivisione, in costante rapporto con la Caritas Diocesana. Il servizio ai poveri e alle persone in difficoltà ha il suo strumento nel Centro di ascolto, aperto il lunedì e il venerdì, dalle ore 10 alle ore 12, per un concreto aiuto e un orientamento. L’ampliamento del servizio dipende dall’aumento del numero dei volontari – adulti e giovani -, disponibili e preparati. Tutta la comunità concorre alla costituzione del fondo, a cui si attinge per l’acquisto dei viveri, con le offerte della Terza Domenica del Mese, durante a celebrazione della Messa; in settimana si accolgono, in Chiesa e all’Oratorio, viveri e indumenti. Tra gli obiettivi della Caritas Parrocchiale rientra anche lo sviluppo della sensibilità missionaria, come pure l’attenzione ai malati, agli anziani, ai giovani in condizioni di disagio e alle persone in situazione di handicap, che va promossa attraverso 71 l’azione di operatori capaci di stabilire con loro frequenti rapporti e di offrire loro valido aiuto. L’AMMINISTRAZIONE In questo settore vengo coadiuvato dal Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici. Le spese ordinarie sono relative a: luce, acqua, metano, telefono, gasolio, remunerazione mensile (L. 380.000), carta, assicurazioni, manutenzione degli impianti – termico, amplificazione, elettrico, campane -, pulmino, collette annuali – Chiesa Locale, Santa Infanzia, Luoghi Santi, Università Cattolica, Seminario Vescovile, Giornata Missionaria Mondiale, Migranti, Carità del Papa -, candele, libri ecc. Faccio presente che: le offerte per l’applicazione delle Sante Messe secondo l’intenzione dell’offerente, deposte nella cassetta della Sacrestia, vengono registrate insieme alle altre; in uscita viene riportata la somma indicata dalla Conferenza Episcopale Umbra per la celebrazione e destinata al Sacerdote - L. 15.000 -; alla Caritas Parrocchiale, oltre alle offerte raccolte nella III Domenica del Mese, durante la celebrazione della Messa, vengono date le monete, eventuali altre offerte specifiche e il frutto dell’Avvento della Carità – alla Caritas Diocesana vengono, invece, versate le offerte dellaQuaresima di Carità -; alla fine dell’anno il bilancio consuntivo viene presentato in Curia Vescovile e pubblicato nell periodico La Lettera; la Parrocchia ha aperto un conto corrente presso una banca, delegandola a fare diversi pagamenti; esistono tre polizze presso la Società Cattolica di Assicurazione (RCA per il pulmino, Infortuni per il guidatore del pulmino, Multirischi della Parrocchia -; 72 l’amministrazione del Centro Pastorale di Uppello e quella della Comunità Giovani sono autonome. LA COMUNICAZIONE Una comunità viva adotta lo stile del dialogo franco e leale e conta anche sulla comunicazione puntuale di iniziative, proposte, avvenimenti e incontri. A tal fine esistono in Parrocchia due strumenti: Buona Domenica e La Lettera; la loro diffusione è una premessa indispensabile, per favorire il confronto tra tutte le realtà vive della comunità, in particolare tra adulti e giovani, nell’adesione convinta alle linee pastorali generali. È auspicabile che si rifletta sulla possibilità di potenziare La Lettera, che ora esce come supplemento di Salire, facendo tesoro dell’apporto di persone qualificate della Parrocchia. CONCLUSIONE Nel consegnare alla comunità parrocchiale questo documento, nel quale ho sommariamente indicato la situazione e le prospettive pastorali nei settori fondamentali dell’esperienza cristiana, raccomando agli operatori e ad ogni membro della comunità, di accoglierlo con spirito creativo, per farne anche uno strumento di crescita personale. Foligno, 1 novembre 1998 2. LIBRO DELLA PARROCCHIA PREMESSA Dopo l’opuscolo Una tenda aperta a tutti, che vi è stato consegnato alla fine del 1998, ho preparato, alla vigilia dell’anno Duemila e dell’inizio del Giubileo, questo volumetto, che perfeziona il precedente e lo sviluppa, per essere quasi una guida della nostra Parrocchia. 73 Penso che sarà particolarmente utile a chi è venuto ad abitare da noi in questi ultimi tempi e a chi ritorna, dopo l’emergenza-terremoto; spero che sia anche apprezzato da chi da sempre fa parte di questa comunità. Anzi, a costoro chiedo la cortesia di segnalarmi eventuali inesattezze, integrazioni da apportare e precisazioni: ne farò tesoro per la nuova edizione. Nel consegnarvi questo opuscolo, in cui delineo anche un progetto, auguro di cuore a tutti ogni bene e chiedo a chi ancora vive nell’incertezza, nel dubbio, nell’attesa e nell’indecisione, di guadagnare tempo e di mettersi con slancio al servizio del Signore e, assolti i doveri familiari e di lavoro, anche della Parrocchia, che certamente non brilla allo stesso modo nei vari settori pastorali. Essa, comunque, ha, come ogni altra comunità cristiana, sufficienti energie, per riflettere sempre più la luminosa bellezza della Chiesa di Dio e per creare un clima positivo, favorevole alla crescita di tutti. Che questo Libro lo ricordi costantemente a voi e a me. DIOCESI La nostra Parrocchia è una porzione della Chiesa di Foligno, di cui è Vescovo monsignor Arduino Bertoldo. Della Cattedrale è titolare san Feliciano, vescovo e martire, Patrono della Città e della Diocesi; la sua festa si celebra il 24 gennaio. Compatrona è la Madonna del Pianto, la cui festa si ricorda il 14 gennaio. Tra tutti coloro che hanno vissuto intensamente la comunione con Dio, emerge la beata Angela, grande maestra di vita spirituale; la sua festa si celebra il 4 gennaio. PERSONE 74 Parroco Dal 21 giugno 1998 mi è stata affidata dal Vescovo monsignor Arduino Bertoldo la guida della Parrocchia: da allora, giorno dopo giorno, ho compreso meglio alcune situazioni ed ho superato certo, non con le sole mie forze – difficoltà inattese. Altre, purtroppo, permangono, ma non resisteranno – almeno lo spero – a lungo, avendo radici oggettivamente inconsistenti. Quando anch’esse saranno eliminate, mi auguro che si consolidi uno stile di totale lealtà, che sul rammarico prevalga la volontà di recuperare il tempo perduto e che trovi ampio spazio in chi ne è responsabile, l’impegno a sanare ogni lacerazione, puntando a positive innovazioni: sarà, quello, un bel giorno per tutti, una grande dono del Signore. Sacerdote collaboratore Dopo il trasferimento a Roma di padre Antonio Pistacchio, dei Sacerdoti del Sacro Cuore (Dehoniani), è don Giuseppe Taufer a celebrare l’Eucaristia a Uppello, nel pomeriggio dei giorni festivi. A lui dico sinceramente grazie, come lo dico ai Sacerdoti, che generosamente rispondono alle mie frequenti richieste di collaborazione. A padre Antonio esprimo l’augurio di svolgere con pieno successo il nuovo compito affidatogli dai Superiori. Diacono L’assenza del Diacono nella nostra Parrocchia, rende più difficile l’azione pastorale; per questo è più che mai necessaria, in alcuni settori, l’azione di adulti preparati e responsabili. Consiglio Pastorale Parrocchiale 75 L’organismo di partecipazione, al quale ricorro costantemente, per proporre, discutere e decidere la linea pastorale da seguire, è il Consiglio Pastorale. Trattandosi di una realtà di grande rilievo, spero di dedicargli qualche pagina in altra sede, anche perché, con l’inizio del Duemila, si concluderà il prezioso lavoro svolto dall’attuale Consiglio, da me confermato lo scorso anno. Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici Per la parte amministrativa mi avvalgo della competenza dei membri del Consiglio per gli Affari Economici. Nelle sue periodiche riunioni vengono prospettate le soluzioni dei vari problemi, che si affacciano all’orizzonte. Ultimamente, come è noto, è stato deciso di asfaltare il cortile e di realizzare l’impianto di illuminazione; per tali lavori straordinari sono stati spesi più di undici milioni. Consiglio della Caritas Parrocchiale Questo organismo è costituito da adulti capaci e sensibili, che assicurano il funzionamento di una struttura molto delicata, il Centro di ascolto. Di esso parlerò più avanti; qui voglio invitare quanti, tra gli adulti e i giovani, si sentono chiamati dal Signore ad operare in questo settore, a prendere contati con gli attuali operatori, per avere da loro informazioni e indicazioni. Addetti ad altri servizi Rimandando alle pagine che seguono un accenno a quanti sono impegnati nella catechesi e nella liturgia, ricordo qui che numerose persone, in modi diversi, a San Giuseppe Artigiano, Uppello e Serra Bassa, fanno generosamente la loro parte, per assicurare il decoro delle nostre chiese e degli spazi circostanti. 76 A tutti dico di continuare ad agire con lo stesso spirito di fede, che fin qui li ha animati, cercando di coinvolgere altri nel loro servizio. Rappresentanti negli organismi diocesani Come tutte le Parrocchie, anche la nostra è chiamata a partecipare al Consiglio dell’Ufficio Catechistico, dell’Ufficio Liturgico, della Caritas, alla Consulta per la Pastorale Giovanile e al Consiglio Pastorale, il più importante tra gli organismi di comunione della Chiesa locale; auspico che questa presenza di collegamento diventi sempre più visibile ed efficace. Religiosi Nel territorio della nostra Parrocchia sono presenti i Sacerdoti del Sacro Cuore (Dehoniani) e gli Oblati di Maria Vergine; a causa dei danni prodotti dal terremoto, non sono attualmente presenti a San Bartolomeo i Frati Minori e a Sassovivo la Comunità Jesus Caritas. Con i primi due Ordini Religiosi è in atto qualche collaborazione, particolarmente preziosa; per questo va ad essi la mia gratitudine. LUOGHI E BENI Nuclei Il territorio parrocchiale si può dividere in tre nuclei: - la parte storica, definita nel novembre 1958, quando il Vescovo monsignor Siro Silvestri costituì la Vicaria Autonoma; - l’ex-Parrocchia di San Venanzo, in Uppello, unita il 1º gennaio 1987 alla nostra dal Vescovo monsignor Giovanni Benedetti; - una parte dell’ex-Parrocchia del Santissimo Salvatore, in Foligno, unita alla nostra il 1º 77 settembre 1991 dal Vescovo monsignor Giovanni Benedetti. Vie Le Vie della Parrocchia, secondo l’ordine della Benedizione delle famiglie, che si svolge nel periodo quaresimale, sono le seguenti: Monte Grappa, Pasubio, Monte San Gabriele, Marmolada, Monte Santo, Monte San Michele, Gorizia, Monte San Daniele, Piave, Isonzo, Tessino, Ombrone, Garigliano, Metauro, Tanaro, Ticino, Velino, Trasimeno, Clitunno, Po, Rubicone, Reno, Paolini, Tevere, Arno, Trebbia, Preti, Giovanni Battista Vitelli, Fiume Nera, 78 Campagnola, Albegna, Ancona, Tagliamento, Sile, Montello, Brenta, Adige, Sassovivo, San Bartolomeo, Colpernaco, Colpersico, Uppello, Casale, Casella, Serra Bassa, Serra Alta. Le strutture Nel primo nucleo della Parrocchia: Chiesa di san Giuseppe Artigiano, consacrata il 1º maggio 1966, Cappella del Santissimo Sacramento, Sacrestia e Oratorio (ex-casa del Parroco). A Uppello: Chiesa di San Venanzo, ora inagibile a causa del terremoto del 1997, Cappella (ex-Scuola Materna), Sacrestia e Casa del Parroco. A Serra Bassa: Cappella della Madonna di Fatima e di Sant’Egidio abate (di proprietà privata). Opere d’arte 79 Anche se in non grande numero, in Parrocchia si trovano opere d’arte da custodire e far conoscere. A San Giuseppe Artigiano: Madonna del Latte, Vergine con il Bambino Gesù, Sacra Famiglia, Fuga in Egitto, Dies Irae, San Giuseppe con il Bambino Gesù. A Uppello: San Venanzo, Madonna e Santi. Impianti A San Giuseppe Artigiano: Organo, Campane elettrificate, Amplificazione, Riscaldamento. A Uppello: Campane, Amplificazione. Terreno. Nella zona di Uppello si trova un terreno, che da anni è affidato ad un privato, il quale versa annualmente alla Parrocchia una generosa offerta. Pulmino Per le attività di pastorale giovanile viene utilizzato un pulmino donato molti anni fa alla Parrocchia. 80 Assicurazioni Tre sono le polizze in atto: Multirischi per la Parrocchia; Infortuni per il pulmino; Responsabilità Civile Auto. CATECHESI E PASTORALE GIOVANILE Organismi In questi settori un gruppo di adulti e di giovani – il numero dei primi dovrebbe aumentare – svolge un prezioso servizio a favore degli adulti, degli adolescenti, dei ragazzi e dei fanciulli. Per promuovere il confronto e il dialogo, oltre che per favorire la verifica comunitaria del lavoro di formazione, si desidera la costituzione del Gruppo dei catechisti, che potrà fare tesoro delle iniziative promosse dall’Ufficio catechistico Diocesano. A tale Gruppo, che opererà in collaborazione con gli animatori dell’Oratorio, sarà affidata anche la pastorale giovanile per la prosecuzione della formazione di quanti hanno celebrato il Sacramento della Cresima. Ancora inesplorato è, purtroppo, il campo della evangelizzazione e del dialogo con i non-cristiani, i non-cattolici e i lontani, residenti nella nostra Parrocchia. Attività La prima attività – la più importante – è la formazione degli adulti, sia con la catechesi sistematica, sia con gli incontri per gruppi su tematiche particolari. Segue la formazione dei giovani e degli adolescenti del dopo-Cresima; i primi la affrontano, anche in vista del servizio che svolgono in Parrocchia, i 81 giovani guidati da Nicola Mannino, dell’Istituto Missionario, che ringrazio sentitamente. Le altre attività consistono nella preparazione al Sacramento della Cresima – V Elementare, I e II Media -, nella preparazione alla Messa della Prima Comunione – III e IV Elementare – e nell’avvio alla esperienza cristiana dei fanciulli – I e II Elementare -. Oratorio Con l’apertura in Parrocchia dell’Oratorio, ci si propone di creare la comunione tra le diverse realtà della nostra comunità. L’ex-casa del Parroco è lo spazio in cui si può raggiungere questa mèta, con particolare riferimento ai ragazzi, agli adolescenti e ai giovami. Per il conseguimento di una così ambiziosa finalità, è necessario il contributo di un nutrito gruppo di adulti e di giovani, pronti a donare un po’ delle loro energie e del loro tempo, per essere presenti all’Oratorio. Tale presenza, inizialmente, permetterà a chi frequenta gli spazi parrocchiali, di avere un punto di riferimento per un dialogo e per qualche attività di carattere ricreativo. Successivamente nascerà l’esigenza di programmare le attività, sulla base delle competenze degli animatori, oltre che delle richieste che saranno avanzate. In tale fase gli animatori, insieme a me, studieranno la situazione, presenteranno delle proposte e troveranno gli strumenti per attuarle. La prima, fondamentale, funzione dell’Oratorio è, comunque, l’educazione alla fede; per questo gli incontri di catechesi per tutte le età avranno la priorità su ogni altra attività. 82 Nella programmazione si dovrà tenere conto del fatto che gli spazi dell’Oratorio sono attigui alla Chiesa; si dovrà, pertanto, evitare ogni interferenza con le celebrazioni liturgiche e si promuoverà uno stile sempre corretto. La partecipazione alla vita dell’Oratorio è libera e gratuita; alle spese di gestione provvederà la Parrocchia, attraverso le offerte dei fedeli. Il servizio di animazione sarà aperto a chi vuol fare esperienza di volontariato, utilizzando gli strumenti, di cui la nostra comunità parrocchiale dispone. Il Gruppo degli animatori dell’Oratorio parteciperà alle riunioni del Consiglio Pastorale Parrocchiale, manterrà contatti costanti con il Gruppo dei catechisti e di tanto in tanto promuoverà incontri di verifica. L’attività del Centro di ascolto della Caritas Parrocchiale e quella del Coro Parrocchiale rientrano a pieno titolo nella vita dell’Oratorio. LITURGIA E PIETÀ POPOLARE Organismi Da qualche mese è stato avviato il Gruppo Liturgico, in cui sono presenti quanti, a titolo diverso, contribuiscono alla preparazione e attuazione delle celebrazioni sacre: coro, lettori, ministranti. Si è solo agli inizi e di conseguenza si deve tendere a risultati migliori, partendo dalle buone tradizioni della Parrocchia. La cosa importante è che si partecipi alla Liturgia con autentica fede, badando soprattutto alla sostanza; in ordine a questo, sarà di grande aiuto per tutta l’Assemblea il servizio del Coro Parrocchiale, i cui membri si incontrano regolarmente, per confrontarsi con la Parola di Dio e preparare le celebrazioni. 83 Nelle espressioni della Pietà popolare non si dovrà mai perdere di vista il loro legame con la Liturgia. Celebrazioni -A San Giuseppe Artigiano: Sacramenti del Battesimo, della Cresima – 1º maggio -, della Penitenza – Prima Confessione: martedì di Pasqua -, del Matrimonio. Santa Messa festiva il Sabato e la Vigilia delle Solennità, alle ore 18 e la Domenica e nelle Solennità, alle ore 8,30 e 10,30. Santa Messa feriale, alle ore 18, eccetto il mese di agosto e il tempo di Quaresima, quando la Celebrazione è anticipata alle ore 9. Adorazione Eucaristica: il giovedì, alle ore 16,30 – esclusi i mesi di luglio e agosto e il Tempo di Quaresima – e nei giorni 16, 17 e 18 marzo, dalle ore 9 alle ore 18. Feste: 19 marzo, San Giuseppe Sposo della Beata Vergine Maria – Presentazione dei Comunicandi e dei Cresimandi -; 1º maggio, San Giuseppe Lavoratore – Messa della Cresima -; Ottobre, Festa d’Inizio. Tradizioni: Rosario, prima della Santa Messa feriale; Mese Mariano; Presepio; Benedizione dei cibi – Sabato Santo, pomeriggio: Centro Sociale, Casa Sfasciotti, Serra Bassa, Uppello, San Giuseppe Artigiano -. 84 -A Uppello: Santa Messa festiva, nel pomeriggio. III Domenica di maggio: festa di San Venanzo martire, con triduo di preparazione e processione da Uppello a Serra Bassa. -A Serra Bassa: Santa Messa una volta al mese, nel pomeriggio. I Domenica di luglio: festa della Madonna di Fatima. Per i malati I familiari sono invitati a prendere contatti con me, per la Confessione, la Comunione e l’Unzione, secondo le circostanze. CARITÀ E SENSIBILITÀ MISSIONARIA Organismi Del Consiglio della Caritas Parrocchiale ho già parlato; qui sottolineo l’essenzialità della Caritas per la vita della comunità, dal momento che ha la funzione di educare tutti allo spirito di accoglienza e di condivisione, in costante rapporto con la Caritas Diocesana. La Caritas Parrocchiale deve anche stimolare la sensibilità missionaria, che si esprime nella preghiera e nell’aiuto di carattere economico. È suo compito, infine sollecitare l’attenzione di tutti ai temi della pace, della giustizia e dello sviluppo dei popoli. Attività Il Centro di ascolto per il servizio ai poveri e alle persone in difficoltà, è aperto il lunedì e il venerdì, dalle ore 10 alle ore 12, presso l’Oratorio. 85 La sua attività prevalente consiste nella preparazione e consegna di un pacco-viveri a quanti in Parrocchia ne hanno bisogno. Ciò che viene distribuito, è frutto di donazioni da parte della Caritas Diocesana e di altri, oltre che delle offerte raccolte a San Giuseppe Artigiano durante le Sante Messe della III Domenica del mese e in altre circostanze. Durante la settimana, si raccolgono indumenti nuovi o usati in buono stato, che vengono poi distribuiti a chi ne fa richiesta. Nella Chiesa di San Giuseppe Artigiano è costantemente esposto un cesto per doni e offerte. AMMINISTRAZIONE Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici Di questo organismo ho già brevemente parlato; qui aggiungo che il Centro Pastorale di Uppello ha un Cassiere, il quale tiene la contabilità e alla fine dell’anno, presenta il consuntivo,che, insieme a quello della Parrocchia, viene presentato in Curia Vescovile e pubblicato dal periodico La Lettera. Anche il Gruppo Giovani gestisce direttamente un piccolo fondo, che, comunque, rientra nel consuntivo parrocchiale. Ricordo, infine, che l’offerta per l’applicazione della Santa Messa secondo le intenzioni dell’offerente – i Vescovi Umbri l’hanno stabilita a L. 15.000 -, deposta, a San Giuseppe Artigiano, nella cassetta della Sacrestia, viene registrata, insieme alle altre, e poi è riportata in uscita, in quanto spettante al Celebrante. Lavori A breve termine . si procederà alla tinteggiatura della Cappella del Santissimo Sacramento, a San Giuseppe Artigiano. 86 Per il restauro del complesso di Uppello, danneggiato dal terremoto, si conta sull’intervento dello Stato. Ricordo, infine, che le spese ordinarie che la Parrocchia deve affrontare, utilizzando le offerte dei fedeli, raccolte in varie circostanze, riguardano la luce, l’acqua, il gas, il gasolio, il telefono e la remunerazione mensile prevista per me, secondo le norme, dall’Istituto Diocesano Sostentamento Clero (Lire 380.000). COMUNICAZIONE La lettera e Buona Domenica sono i mezzi, attraverso i quali vengono fornite notizie di varia natura. Il primo periodico, che esce come supplemento del mensile belfiorese Salire, viene consegnato a tutte le famiglie, grazie alla collaborazione di un gruppo di volontari. Non si scarta l’eventualità che diventi qualcosa di più di un bollettino parrocchiale, con la costituzione di un vero e proprio gruppo redazionale. Il foglio settimanale Buona Domenica, con il testo del Vangelo, il Calendario e gli Avvisi, è a disposizione di chi lo desidera, nella Chiesa di San Giuseppe Artigiano. Questi due piccoli strumenti di comunicazione vengono preparati, con la collaborazione di alcuni volontari, e sono poi fotocopiati all’Oratorio. MOMENTI DI AGGREGAZIONE Di carattere non solo religioso sono due iniziative, che vengono proposte, la prima all’inizio dell’anno pastorale, a cui ho già accennato, la seconda il giorno dell’Epifania del Signore. 87 Ambedue tendono ad alimentare, nel segno della gratuità, il clima di famiglia, tipico di una comunità parrocchiale. CONCLUSIONE Riprendendo un’idea espressa nella Premessa, auguro a chi avrà in mano questo opuscolo, di fare bene e con gioia la sua parte, perché lo splendore spirituale della Comunità cristiana indichi a chi è indifferente – nessuno, spero, sarà ostile! – la strada che porta al Signore, dal quale viene l’autentica salvezza. Ogni donna e ogni uomo, infatti, ha bisogno di lui, per scoprire la propria dignità e la personale vocazione per realizzarsi in pienezza, in un clima di fiducia, nella convinzione che il meglio deve ancora venire. Se, poi, si riuscirà a comprendere che, anche se si frequentano gruppi e movimenti, è in Parrocchia che si deve crescere ed operare come cristiani, gli obiettivi appena prospettati diventeranno più facilmente conseguibili. Foligno, novembre 1999 3. IL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE 1. Come annunciato nel Libro della Parrocchia del novembre scorso, voglio dedicare all’inizio dell’Anno Santo, qualche pagina all’organismo di partecipazione denominato Consiglio Pastorale Parrocchiale. È tempo, infatti, che si proceda alla sua ricostituzione, al termine del servizio svolto dal Consiglio precedente, al quale rinnovo il ringraziamento mio personale e di tutta la Parrocchia. 2. 88 La prima, fondamentale idea che vorrei trasmettere, è relativa alla sua importanza. Nella visione attuale di una Chiesa tutta ministeriale è, infatti, impensabile che sia il Parroco, da solo, a programmare il lavoro nei settori dell’annuncio, della liturgia e della carità. I laici sono chiamati, soprattutto nella nostra Parrocchia, che non può contare sulla presenza di un Diacono, ad assicurare una costante e generosa presenza accanto al Sacerdote, superando incertezze, dubbi, indecisioni e ogni altro atteggiamento negativo. Senza di loro molto cose diventerebbero impossibili, altre addirittura insignificanti. Nel Consiglio Pastorale Parrocchiale questa presenza trova la forma più alta di espressione; per questo va da tutti apprezzato con convinzione e sostenuto in ogni modo, perché sia strumento di dispiegamento di preziose energie, di testimonianza cristiana e di crescita comune. 3. È quanto voglio assicurare, dandogli un volto nuovo, in linea con l’idea di Chiesa, cui accennavo sopra, ed anche con altre esperienze. 4. La novità più evidente consiste nel fatto che non si tratta di un Consiglio, neppure in parte, costituito da eletti: le elezioni, infatti, non certo in assoluto, ma per circostanze che portano su di sé il peso di traumi e incomprensioni, possono essere fonte, non di comunione, ma di divisioni e contrapposizioni. 5. Chi farà , dunque, parte del Consiglio Pastorale? Tutti coloro che nella vita parrocchiale, in questi venti mesi di mia presenza tra voi, hanno lealmente assicurato un servizio nei diversi settori della vita parrocchiale: catechisti, collaboratori nelle celebrazioni liturgiche, operatori del Centro di ascolto della Caritas, membri del Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici, animatori 89 della pastorale giovanile e dell’Oratorio, rappresentanti della Parrocchia negli organismi diocesani, promotori dei momenti di aggregazione ed altri ancora. Diventa, così, sempre più evidente che il Consiglio è fatto certamente per discutere e programmare, ma soprattutto per animare la vita parrocchiale; di tanto in tanto si avrà modo di correggere e migliorare quanto messo in cantiere in precedenza. 6. Essendo, poi, la nostra Parrocchia distribuita su un vasto territorio, da Via Tagliamento a Sassovivo, da Via Rubicone a Via Campagnola, è auspicabile che nessuna zona sia priva di un suo rappresentante, vale a dire di qualcuno che si faccia carico di informare il Consiglio dei problemi e delle opportunità presenti nei diversi luoghi. 7. Le diverse età, con il criterio da me scelto, saranno, come è chiaro, tutte rappresentate; questo assicura che non si darà al lavoro del Consiglio una caratterizzazione troppo marcata in una o in un’altra direzione. 8. Luoghi, età, competenze: questo terzo aspetto mi sembra ampiamente garantito; ciò non toglie che, essendo i lavori del Consiglio aperti a tutti, in casi particolari si possa chiedere l’apporto e la collaborazione di chi, nella società o in diocesi, svolge particolari mansioni, grazie alle sue specifiche competenze. 9. Qualche parola, ora, sullo stile di lavoro da instaurare nel nuovo Consiglio. Potrebbe sintetizzarsi in due termini: dialogo e corresponsabilità. Il dialogo tende alla chiarificazione, alla reciproca edificazione e al comune arricchimento. La corresponsabilità toglie ai singoli il senso di impotenza di fronte ai problemi di una Parrocchia 90 come la nostra e apre il cuore alla speranza; quando i pesi si portano insieme, diventano meno opprimenti o addirittura leggeri, le cose impossibili, con l’aiuto del Signore, si rivelano fattibili e il meglio si delinea di fronte a tutti come mèta raggiungibile, anche grazie ai pregi di ciascuno. 10. Al fondo di tutto, o meglio alla radice, ci deve essere, però, la visione della Chiesa come popolo di Dio, comunità dei figli di Dio, Corpo Mistico di Cristo; questo modo di pensarla tiene lontani i suoi membri dai pericoli, in cui facilmente cadono gli organismi, che guidano gruppi di altra natura; pericoli molto insidiosi, che nascondono in sé i germi della divisione e dei contrasti. Donne e uomini di fede, dunque, sono i membri del Consiglio Pastorale Parrocchiale, che sanno mettere a frutto i doni ricevuti da Dio, primo fra tutti la libertà, per il bene di tutta la comunità. 11. Per concludere, un accenno al modo in cui saranno condotti gli incontri del Consiglio. Si farà il possibile, perché sia comunicato in tempo utile l’ordine del giorno, accompagnato, se necessario, da fogli che ne illustrino i vari punti e permettano una adeguata preparazione. Durante l’incontro, dopo una breve introduzione del Parroco o di una persona da lui delegata, si raccoglieranno i suggerimenti dei presenti; di essi si farà tesoro, per la preparazione o lo sviluppo del Piano Pastorale, che sarà fatto puntualmente conoscere a tutta la Parrocchia, attraverso La lettera o Buona Domenica. L’incontro inizierà e si concluderà con un momento di preghiera, per sottolineare che è per il Signore che si intende lavorare e sul Signore si conta, più che sulle personali capacità. 12. Nella speranza che queste rapide riflessioni incoraggino le persone di buona volontà a fare la 91 loro parte per il bene comune e non lascino spazio ad atteggiamenti di critica preconcetta, ringrazio tutti e a tutti auguro ogni bene. Foligno, 20 gennaio 2000 7 IL GRILLO PARLANTE, DI BORRONI DI FOLIGNO II edizione I edizione, in Il grillo parlante, 1990-1991 IN GIRO PER BENEDIRE 21 (2) (1991), marzo, pp. 1-2 Il 7 marzo, con la benedizione delle famiglie di Via Monte Lagarella e di Via Etna, è terminato il mio cammino nel territorio della Parrocchia di Sant’Egidio. Non starò, qui, per i lettori de Il grillo, a fare la cronaca di un fatto che, oltre a me, ha coinvolto direttamente una piccola schiera di ragazzini. E neppure tenterò di esprimere i sentimenti che ho provato, incontrando tante persone - moltissime per la prima volta -. Mi limiterò a dire cose utili ai lettori e a porre interrogativi, per alimentare in loro il senso della comunità parrocchiale. La prima considerazione: il territorio della Parrocchia ha una configurazione molto complessa. Si va dalla immediata periferia di Foligno – Via Tibullo – fin quasi a Casevecchie – casa Cappelletti: ci si allarga, per Via Brunesca, verso Corvia e si incunea, con Via Ferraris tra le Parrocchie di Sterpete e di Maria Immacolata, e con Via Monte Puranno in quella di Scafali. 92 Questa figura territoriale dovrebbe far capire a tutti che si ha a che fare con una realtà umana multiforme, con esigenze varie e complesse e forse con mentalità un po’ diverse. La seconda osservazione: l’incremento delle abitazioni. Qua e là sono state già individuate aree fabbricabili; si vedranno, perciò, fra non molto, sorgere nuovi palazzi e nella nostra parrocchia affluiranno altre famiglie. Un segno di giovinezza, questo, che deve rallegrare tutti, ma che, allo stesso tempo, spinge a riflettere su come adeguare le strutture parrocchiali ai nuovi bisogni. Una terza riflessione attiene la zona di Tenne, che ha nella chiesa della Madonna Assunta il suo unico punto di riferimento. Anche se non in modo marcato, come il centro di Borroni, essa ha una sua identità, che, armonizzata con quella delle altre zone, può risultare assai stimolante per tutti. Si tratta, allora, di vedere con quali mezzi ed in quali occasioni favorire questa delicata operazione. Una quarta considerazione si riferisce ad un aspetto, a cui ho già accennato: le strutture parrocchiali. Oltre alle due Chiese, ci sono la Casa del parroco e l’Oratorio – con il complesso sportivo annesso, realizzato dall’associazione SeFAB (Sport e Folklore a Borroni). Riguardo alla Chiesa di Sant’Egidio, c’è da dire che ha bisogno di alcuni interventi, per renderla più accogliente e per valorizzarne meglio gli spazi. La Chiesa della Madonna Assunta, invece, ha bisogno di una Sacrestia. Nell’Oratorio si devono porre in atto delle modifiche, per adeguarlo alle esigenze dei giovani, dei gruppi e del Coro parrocchiale. La Casa del parroco è tutta da rifare. 93 Come realizzare questi obiettivi, nel giro di pochi anni? Per concludere: io mi aspetto che qualcuno risponda a questi miei interrogativi, proprio su queste pagine. Ancor più mi aspetto che tanti si diano da fare, perché la nostra parrocchia diventi davvero la casa di tutti. LA PARROCCHIA, LUOGO DI INCONTRO PER GIOVANI E ADULTI 21 (2) (1991), gennaio, p. 3 ”Il Grillo” sta diventando un luogo, in cui manifesto o rilancio alla gente di Borroni, di Tenne e delle altre zone della Parrocchia, i progetti e le iniziative della comunità ed anche le difficoltà che si incontrano nel camminare insieme. Spero che questa linea sia condivisa, non solo dagli amici della redazione, ma anche dai lettori. In caso contrario, vedrei impoverita la funzione di questo giornale, risorto a vita nuova da appena cinque mesi e già capace di farsi notare e apprezzare. E allora, in questo quarto numero, primo del nuovo anno, come farò a non parlare del problema dei giovani? Chi ha la bella abitudine di partecipare all’Eucaristia festiva ed ha modo di ascoltarmi in particolari occasioni, quando la mia presenza è un fatto che si impone all’attenzione di tutti, avrà notato che il tema della formazione dei giovani è uno di quelli che più mi stanno a cuore. Il fatto che ci ritorni in questa sede, per sviluppare un aspetto, a torto ritenuto marginale – quello dell’accoglienza, nasce, da una parte dal sapere che c’è una grande attesa al riguardo, dall’altra dalla coscienza delle limitate possibilità della Parrocchia. Cosa dire? Innanzi tutto voglio sottolineare il fatto positivo che ragazzi e ragazze – parlo di quell’età che va dai 94 15 anni in su – cerchino in Parrocchia un luogo, in cui incontrarsi, parlare, giocare a ping pong o a carte. È poi altrettanto positivo che la Parrocchia abbia messo a loro disposizione un salone al pianterreno dell’ex-casa colonica – al primo piano dell’Oratorio c’è l’Ufficio parrocchiale e ci sono le aule per il Catechismo e la Scuola di chitarra -. Costituisce, invece, un problema il fatto che non si siano fino ad oggi cercati i modi per sollecitare la presenza, tra i giovani, di adulti capaci di stare con loro, dal pomeriggio fino alla tarda sera, per dialogare con loro e guidarli nelle diverse attività. “Ma, non c’è il Parroco?”, dirà qualcuno. Ma certo! Fino ad oggi, anche se non sempre con la medesima assiduità, ci sono stato e continuerò ad esserci; ma non si deve dimenticare che faccio il pendolare tra Foligno e Borroni e che gli impegni ordinari e straordinari mi portano via e mi porteranno sempre più via dall’Oratorio: celebrazioni liturgiche, benedizione delle famiglie, incontri di catechesi, impegni diocesani, la scuola – ancora per qualche mese -, ecc. “Ma, non si potrebbero responsabilizzare gli stessi giovani?”, dirà qualcun altro. Ma certo! Tenendo anche presente che tra loro alcuni sono già maggiorenni, si sta tentando di farlo e lo si farà ancora con maggiore decisione. Il problema, però, della presenza di adulti tra di loro resta in tutta la sua urgenza. Cosa fare, allora? Bisogna organizzarsi, non restare alla finestra ed assumersi ciascuno le sue responsabilità, con spirito di grande fiducia nei confronti dei giovani e con la certezza che quanto si fa per loro oggi, lo ritroveremo domani moltiplicato per il bene di tutta la comunità. 95 UNO STILE PASTORALE 20 (1) (1990), novembre, pp. 1-2 Desidero dirvi qualcosa sullo spirito, che vorrei animasse la mia vita di parroco di Borroni e Tenne. Vorrei che ogni mio gesto e ogni mia parola avessero l’impronta pastorale, cioè del pastore che vuol bene alla porzione di comunità cristiana affidatagli dalla fiducia del Vescovo. Non mi sfugge che è un obiettivo arduo e difficile, quello che mi propongo. So, però, che farei un grosso errore, se puntassi a qualcosa di facile e accessibile con le mie forze, le tecniche umane e i mezzi che il mondo propone. So pure che posso contare sulla grazia del Pastore che è Cristo, sulla forza dello Spirito Santo e sull’amore misericordioso del Padre. Lo spirito pastorale, dunque, dovrebbe essere l’anima del mio apostolato in questa parrocchia di Sant’Egidio. Ciò comporta che vorrò bene a tutti, indistintamente, sull’esempio di Cristo, che ci ha amati fino al dono di sé. In secondo luogo lo spirito pastorale si caratterizzerà come fiducia piena in tutti: in quelli indifferenti ai problemi religiosi o addirittura, se ce ne fossero, ostili; in quelli che sono alla ricerca della verità; nelle persone impegnate nei gruppi, nei movimenti, nelle associazioni; fiducia piena in quanti hanno accettato di entrare negli organismi di partecipazione presenti in parrocchia; fiducia in tutte le realtà operanti in questo territorio: dall’Associazione SeFaB, alla Scuola Materna, a quella Elementare, al Laboratorio Protetto. Non sarei parroco-pastore, se non avessi tale fiducia. 96 Ma, c’è un terzo elemento, che dà sostanza allo spirito pastorale, di cui sto parlando: la stima sincera per la vostra condizione e vocazione di laici. Non sto ad esporvi i motivi di questa stima; penso che li intuiate. Sottolineo solo il fatto che essa genera in me una grande attesa: non mi aspetto poco da voi, mi aspetto molto, come voi, penso, vi aspettiate molto da me. UNA COMUNITÀ IN FESTA 21 (2) (1991), 26 maggio, pp. 1,16 Anche lo scorso anno – ma non ero ancora parroco – ho partecipato in qualche modo alla preparazione e alle celebrazione della Festa della Madonna, nella quale una recente tradizione ha collocato la Messa della Prima Comunione e quella della Cresima. So, quindi, che la gente della parrocchia vive questi momenti forti di vita cristiana con intensità di fede e devozione. Non ho dubbi, allora, che anche quest’anno il tono festivo sarà quello giusto e credo, per questo, che non siano necessarie particolari raccomandazioni. Mi preme, invece, guardare avanti, oltre la Festa, per fissare qualche significativo obiettivo da raggiungere insieme. Lo faccio nella certezza che, proprio dalle celebrazioni del 26 maggio, molti membri della nostra comunità attingeranno nuove energie per la loro vita di fede. Una prima mèta, allora, è quella di rendere più viva e partecipata l’Eucaristia domenicale. Il fatto che diciassette bambini, in futuro, potranno accostarsi alla mensa del Corpo di Cristo, non è secondario, in ordine a questo; ma con loro si devono attivare anche molti adulti, portando ciascuno nell’assemblea domenicale la freschezza della sua appartenenza a Cristo. 97 Un altro obiettivo è quello della più generosa presenza degli adulti accanto ai preadolescenti e ai giovani della nostra parrocchia. Il fatto che ventiquattro ragazzi di seconda e terza Media diventeranno testimoni di Cristo, è molto consolante per i genitori e per gli educatori, in particolare per me. Nello stesso tempo, però, pone tutti noi adulti di fronte al problema del “cosa fare” per loro, affinché la bella esperienza della Confermazione, non sia solo un punto di arrivo, ma anche e soprattutto un punto di partenza. Verso dove? Ma, è chiaro: verso la maturazione della fede e la responsabile partecipazione alla missione della Chiesa. Una terza mèta è quella dell’approfondimento da parte degli adulti, dei temi della fede. Il fatto che nel mese di maggio la parrocchia abbia proposto loro tre occasioni di riflessione, dovrebbe aver acceso nel cuore di molti il desiderio di proseguire il cammino, sia attraverso lo studio personale, sia attraverso la partecipazione alla vita dei gruppi, a livello diocesano. Se, poi, si troverà chi in parrocchia può impegnarsi, per offrire a chi lo desidera, questo “servizio”, meglio ancora; si colmerà, così, una lacuna che mi preoccupa non poco. LAVORARE: PERCHÉ? 21 (2) (1991), 1° maggio, pp. 1-2 Nel “Documento Sinodale” offerto dal Vescovo monsignor Giovanni Benedetti all’Assemblea Sinodale, durante l’Eucaristia del 14 aprile, in Cattedrale, si legge: “Il lavoro è una vocazione, e come tale va presentato. Far bene il proprio lavoro costituisce l’impegno di ogni cristiano, la forma più credibile di preevangelizzazione”. 98 Una bella sintesi, questa, della visione cristiana dell’attività lavorativa, sulla quale è bene riflettere. Innanzi tutto il lavoro è una vocazione; significa che qualcuno ci chiama a metterlo in atto. E non è tanto il datore di lavoro o chi ha “pensato” a trovarcelo, quanto quel Dio, che talvolta si pensa che sia così lontano da noi, mentre ci è vicino e ci guida con grande attenzione e benevolenza. È lui a chiamarci a realizzare opere significative con le nostre mani e con la nostra intelligenza, in collaborazione con gli altri. Saperlo è, senza dubbio, motivo di grande incoraggiamento a lavorare come si deve. E siamo al secondo messaggio del Sinodo: l’impegno a fare bene il proprio lavoro. Non basta lavorare, bisogna farlo con competenza, con passione, con esattezza, con creatività e così via. Quanti si accontentano di passare il tempo, o meglio di farlo trascorrere il più velocemente possibile, non vedono l’ora di smettere di lavorare, non si comportano da bravi cristiani, sciupano un’occasione di collaborazione con quel Dio che ci affida l’universo, perché ne facciamo un buon uso, per soddisfare le nostre necessità! È possibile andare controcorrente? Sì, anche se talvolta sembrerà di no, a causa dell’ambiente di lavoro, dell’organizzazione, del clima sbagliato, che si crea per colpa di non si sa chi. È possibile, anche se difficile, far bene il proprio lavoro, purché lo si voglia e si sia disposti a pagare di persona. Certo, se uno si propone solo di avanzare, di far carriera, di accumulare denaro, non andrà molto lontano sulla strada indicata dal Sinodo! Ultima riflessione strettamente legata alla precedente: chi fa il proprio lavoro, spiana la strada all’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo. In che modo? 99 Come in ogni altra realtà umana – il tempo libero, la malattia, la politica, ecc. -, il cristiano lascia nel lavoro l’impronta della sua condizione di “uomo nuovo”, rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo. Di conseguenza, chi lo incontra si chiederà: Ma perché si comporta così? Allora comincerà ad interessarsi del suo stile di vita e delle sue idee. Nascerà il dialogo e forse l’amicizia e la collaborazione. Cosa impedirà a quel punto al cristiano che lavora, di affrontare con delicatezza, ma anche con estrema chiarezza, il tema della fede? Vi pare poco questo? PER LIBERARSI 21 (2) (1991), febbraio, pp. 1-2 Dei molti aspetti della libertà a me, come prete, preme mettere in risalto quello spirituale. In tale prospettiva, la libertà non è qualcosa che viene dall’uomo, ma da Dio. Consiste, infatti, nella possibilità di rapportarsi, di entrare in comunione con lui, di dialogare come figli con il Padre, dopo la liberazione dal peccato nel sacramento del Battesimo. Non nasce, allora, libero l’uomo; lo diventa per grazia. Riconosciuta l’origine divina della libertà, non si è fatto che un piccolo passo sulla strada della verità. Da riaffermare vigorosamente è anche il fatto che la libertà nella mani – o nel cuore – dell’uomo è un compito. Come ogni altro dono deve essere, non solo custodito e tutelato, ma sviluppato. Se, infatti, esiste il pericolo di perderla – le tentazioni al male non difettano, oggi! -, c’è anche quello di inaridirla, quasi ibernarla, impedendole di generare libertà negli altri, oltre che di crescere e maturare. 100 E qui il discorso si fa un po’ difficile. Come favorire l’irrobustimento della libertà spirituale? Come promuoverne la fecondità? Dove attingere forza ed alimento per un deciso cammino sulle sue orme? Non solo ora che siamo in Quaresima, ma sempre dobbiamo ricordare che, oltre il frequente contatto con la Parola di Dio e il Sacramento dell’Eucaristia, la Penitenza – intesa come atteggiamento-virtù e come Sacramento – è fonte di libertà. In essa il cristiano dimostra la sua volontà di eliminare ad ogni costo i legami – come catene di nuove schiavitù -, che impediscono il libero cammino verso Dio. In essa – mi riferisco alla Penitenza come Sacramento – egli riacquista l’agilità perduta. Attraverso essa, si impegna a lasciare spazio sempre più ampio allo Spirito, che lo condurrà alla pienezza della libertà, come documenta l’esperienza di tanti Santi ed in particolare quella della nostra beata Angela. Dalle Penitenza così intesa, germoglierà, dunque, la libertà, che genera nuova libertà, là dove chi la possiede, si muove ed agisce. Il cristiano sarà, così, strumento di liberazione per gli altri. Di lui, il Liberatore – Gesù vuol dire Salvatore – si potrà servire, per smascherare le nuove schiavitù, per immettere nel cuore degli uomini il desiderio della vera libertà e per farne intuire la bellezza. In questo modo, il mondo muterà il suo volto, segnato dalle rughe del male e rifletterà un po’ meglio lo splendore di Dio. VACANZE… DI LAVORO 21 (2) (1991), giugno, pp. 1-2 101 I pezzi forti di questo numero del “Grillo” girano attorno – e penetrano dentro – al tema delle vacanze. Un tema delicato, che interessa soprattutto il mondo giovanile, che vive l’estate come un tempo totalmente diverso da quello segnato dalla fatica della scuola – è chiaro che interessa anche gli adulti: impiegati, operai, dirigenti , che alle vacanze guardano sempre con maggior interesse, visto che il lavoro si fa sempre più stressante! -. Vorrei qui tentare di dire loro come vivere questo tempo – due mesi e mezzo, se non tre -, per uscirne segnati positivamente. Innanzi tutto dovrebbero evitare di considerarlo tempo di evasione – o addirittura di trasgressione -, tempo da perdere in mille cose futili, inutili o peggio dannose. Non c’è bisogno che scenda nei particolari; ognuno sa quante follie estive si consumano e quali danni esse producono. Viverle in modo significativo, vale a dire costruttivo, vuol dire considerare le vacanze come occasione per conquistare mète non raggiunte, per mancanza di tempo, durante l’anno. Mi spiego: non sei riuscito a dare il meglio di te nella comunità, perché dovevi studiare? Ebbene, d’estate dài a chi guida la comunità la tua disponibilità per l’animazione delle diverse attività: questo è fare vacanza in modo creativo. Ancora: non hai potuto, pressato dagli impegni quotidiani, coltivare un settore del sapere, che ti è particolarmente caro? Vengono le vacanze e hai il modo di ritagliare spazi giusti per leggere, meditare – perché no? scrivere – in luoghi adatti: mare , monti, collina o… casa tua. Terzo esempio: ti sei accorto che, per far bene una cosa per gli altri, ci vuole, oltre che passione, anche competenza e che questa, in misura maggiore o minore, ti manca? 102 Viene l’estate e ti vengono offerte delle possibilità di recupero — o meglio di arricchimento -; se le cogli al volo e con entusiasmo, non sprechi il tempo delle vacanze, ma ne fai tesoro — direi che le moltiplichi, in quanto raccoglierai i frutti abbondanti di tale buon uso -. Ancora: non sei potuto stare con i tuoi coetanei, come desideravi, per i soliti motivi? L’estate è fatta anche per questo: stare insieme, parlare, cantare, discutere, lasciarsi prendere dalla voglia di dirsi le cose e di confrontare le opinioni. Del resto è quanto molti giovani come te – non solo gli scouts – già fanno da tempo. MOUNTAIN-BIKE UN INVITO PER TUTTI ALL’IMPEGNO IN PARROCCHIA 20 (1) (1990), n.1, p. 1 Quando mi regalarono la mountain-bike all’Oratorio – era il 2 agosto -, feci subito un giretto con i ragazzi. Fu un momento simpatico di amicizia e di gioia, che ricordo volentieri, alla ripresa di questo giornale. Anche ora, infatti, mi trovo con un gruppetto di amici a “girare” insieme su queste pagine e poi nelle case di Borroni, di Tenne e di una parte della periferia di Foligno. Mi chiedo: Sarà facile il cammino? Sicuramente no, perché richiederà, oltre che buone capacità – si tratta di saper cogliere i problemi e di esporli con chiarezza – anche una grande dose di costanza, pazienza e spirito di dialogo! Questa difficoltà, naturale per ogni progetto giornalistico, pur piccolo come il nostro, non mortifica, comunque, ma esalta la voglia di fare. A quale scopo? Ma, è chiaro: per dare un piccolo contributo alla costruzione della nostra comunità, per valorizzare 103 le tradizioni, per lanciare iniziative, per verificare impegni e progetti, per scavare nel passato, alla ricerca di fatti significativi, per descrivere le bellezze naturali ed artistiche del territorio. Io come prete – parroco da appena tre mesi – cercherò di affidare a queste colonne, di volta in volta, anche qualche idea “forte”, che stimoli la vita dei credenti, in particolare, ma anche di quelli che credenti non sono, oppure lo sono a modo loro. Questa volta mi piace rilanciare un invito già rivolto in altra sede a giovani e adulti: riuscire a trovare uno spazio di impegno personale nella comunità parrocchiale – nel campo della catechesi, in quello della liturgia o del servizio – e restarvi fedeli, costi quel che costi. Si trattasse solo di un angolino piccolo piccolo, sarebbe una grande cosa! Occuparlo per servire gli altri e spendere i propri talenti naturali e spirituali, non è un gesto da abusivi, ma da cristiani e cittadini in gamba, al passo con i tempi. PRIMO NATALE CON VOI 20 (1) (1990), novembre, pp.1-2 La lodevole iniziativa dell’associazione Sport e Folklore a Borroni di portare nelle vostre case, come dono di Natale, questo terzo numero del periodico Il grillo parlante, mi permette di salutarvi con grande affetto e di porgervi il più sincero e cordiale augurio di Buon Natale. Un saluto e un augurio, che vogliono essere segno del desiderio di sentirmi vicino a tutti voi, mentre ricordate la Nascita di Gesù Cristo nella povertà della Grotta di Betlemme. Come Parroco, infatti, sento di non poter essere per nessuno di voi un estraneo, come del resto nessuno lo è per me, neppure chi ha fatto scelte di vita diverse da quella cristiana. Ed allora, in occasione di questo mio primo Natale tra voi, vorrei manifestarvi una mia grande attesa: 104 che possa trovare la sua attuazione nel migliore dei modi e nei tempi che voi riterrete opportuni, l’idea degli incontri con le famiglie nelle diverse zone della Parrocchia. La lanciai il giorno di Ognissanti, precisando che si trattava di trovare nei diversi punti del territorio parrocchiale, una famiglia pronta ad accogliere in un luogo adatto i vicini di casa, desiderosi di incontrarsi con me, per un momento di preghiera e per uno scambio di idee sulla situazione della nostra comunità, sui problemi più urgenti e sulle prospettive di impegno comune. Se riusciremo a realizzare questa forma di dialogo, potremo guardare al nostro futuro, in particolare a quello dei giovani, con maggiore fiducia e speranza. Solo attraverso il confronto, infatti, saremo in grado di scoprire qual è il ruolo di ciascuno di noi nella vita della comunità e qual è lo stile giusto, per assolverlo con piena soddisfazione di tutti. Troveremo anche la possibilità di farci l’un l’altro coraggio, per affrontare senza angoscia e superare insieme tutte le difficoltà, che si presenteranno sul nostro cammino. Che ne dite? VENERDÌ 22 FEBBRAIO 21 (2) (1991), febbraio, p. 4 Quando a morire sono i bambini, ragazzi o giovani, il dolore si moltiplica e diventa gradissimo e tale rimane a lungo, per anni ed anni. Una comunità cristiana non può fare finta di non conoscere questa dura realtà; per questo, celebrando l’Eucaristia, questa sera, vorremmo condividere il dolore di tante mamme, di tanti papà, fratelli e sorelle. Siamo in Quaresima ed allora vogliamo indicare in Cristo, che ha tanto sofferto, e in Maria, sua Madre, i modelli da imitare. 105 Quando siamo nel dolore, come loro hanno dato un valore di salvezza per tutti al loro dolore, anche noi dobbiamo farlo; viviamolo, allora, come strumento di purificazione nostra e di salvezza dei fratelli, come contributo per la pace fra le persone e fra i popoli. Vorrei che questa memoria diventasse una tradizione per la nostra comunità parrocchiale. Essa vuole essere una memoria di quanto di bello hanno lasciato questi giovani, delle testimonianze più significative della loro vita. Vi invito a ripercorrerle ed anche a tenerle vive fra noi, perché i giovani di oggi coltivino con passione il valore della vita, scoprano sempre più la loro responsabilità di uomini e di donne ed in particolare, di cristiani, nel mondo di oggi, così complesso e talvolta anche insidioso. ANCHE NOI AL SINODO 20 (1) (1990), novembre, pp. 4-5. Il Sinodo, dopo una lunga fase di preparazione, durata oltre quattro anni è entrato ormai nella sua fase di preparazione. Nei prossimi numeri del Grillo ci soffermeremo sui diversi momenti. In questo numero vogliamo occuparci di un significativo gesto appartenente alla fase preparatoria: laVeglia di preghiera con i componenti dell’Assemblea Sinodale ed altri fedeli, venuti numerosi in Cattedrale nella serata del 6 ottobre. Presiedeva il Vescovo monsignor Giovanni Benedetti, che, dopo la proclamazione di brani biblici e di testi del Magistero, la preghiera dialogata e i canti, ha preso la parola, per mettere, fra l’altro, in risalto l’opera dello Spirito Santo nella Chiesa di Foligno. Successivamente è stato acceso il grande Cero del Sinodo e si è svolto il suggestivo rito della consegna ai rappresentanti dei monasteri femminili e delle 106 parrocchie, di piccoli ceri, da accendere, a partire da domenica 28 ottobre, giorno dell’apertura del Sinodo e per tutto il tempo di svolgimento dei lavori. Sono stati convocati dal Vicario Generale i delegati di ogni comunità. Noi di Sant’Egidio di Borroni abbiamo avuto la sorpresa di raggiungere il Vescovo con qualche ritardo, quando, finita la convocazione, monsignor Buoncristiani ha invitato a farsi avanti quanti non erano stati chiamati. A quel punto Lidia Nizzi Stramaccia, Antonio Nizzi ed io, in rappresentanza degli altri membri della parrocchia: Paolo Calderoni, Mario Benedetti, Mario Clementi e Paolo Muzi, ci siamo presentati ed abbiamo potuto ossequiare il Vescovo ed accogliere il dono del cero. Cosa ricorda quel cero collocato sull’Altare maggiore della nostra Chiesa parrocchiale e sul quale, oltre alla Croce, sono effigiati il Patrono di Foligno, San Feliciano e la nostra Beata Angela? Ci richiama alla mente la vocazione della Chiesa, che, sull’esempio di Cristo, deve illuminare l’umanità intera. È proprio per essere fedeli a questa vocazione, che il Vescovo, il Clero, i Religiosi e i rappresentanti delle Religiose e dei Laici di tutte le parrocchie e di altre aggregazioni ecclesiali, si riuniranno in assemblea a più riprese. Essi esamineranno i documenti approntati dalla Commissione preparatoria su alcuni aspetti della vita diocesana: l’evangelizzazione e la catechesi agli adulti, la Celebrazione Eucaristica nel giorno del Signore, la testimonianza della carità verso gli ultimi, i ministeri, i carismi e le strutture della vita pastorale. Proporranno delle correzioni, delle integrazioni e alla fine, dopo averli approvati, li affideranno al 107 Vescovo, che li promulgherà come direttive per la vita della nostra Chiesa. Cosa fare in questo tempo sinodale? Innanzi tutto pregare, ma anche seguire i lavori del Sinodo – le Assemblee sono pubbliche -. Infine avanzare proposte e far presente il proprio punto di vista, perché qualche membro sinodale ne possa far tesoro per i suoi interventi in aula. Intanto in parrocchia per due mercoledì, abbiamo incominciato a conoscere meglio questi documenti; dal 18 al 25 saremo impegnati in Assemblea; con i successivi mercoledì riprenderemo queste nostre riflessioni. Se si sarà fedeli a questo programma, si potrà dire di non aver vissuto da estranei questo evento storico della Chiesa di Foligno. AUGURI 20 (1) (1990), n. 1, p. 4 A nome del Gruppo Redazionale di Salire, mensile di Belfiore, che ho l’onore di dirigere dalla ripresa del 1970, formulo a Il Grillo Parlante gli auguri più vivi e sinceri per una vita lunga, un’esperienza intensa e tante soddisfazioni. Spero che la possibilità che mi viene offerta di lavorare contemporaneamente nei due periodici, diventi per me occasione di arricchimento umano e culturale e stimolo alla ricerca di modi sempre più efficaci per comunicare con la gente, in particolare con i giovani. 8 TRA LA GENTE DELLE FRAZIONI DI FOLIGNO II edizione I edizione, in Il Giornale dell’Umbria, 2002-2003 108 ANCHE A CORVIA SARANNO CELEBRATE LE PRIME COMUNIONI E LE CRESIME IV (2003), n., p. 18 Per una comunità parrocchiale la celebrazione della Messa della Prima Comunione e del Sacramento della Cresima sono i momenti, che danno a tutti coloro che hanno anche solo un minimo di sensibilità cristiana, la possibilità di gioire e riscoprire le proprie radici. Corvia vivrà questo evento domani, con la partecipazione del Vescovo emerito di Foligno monsignor Giovanni Benedetti, continuando una tradizione, a cui il Parroco don Marzio Melelli dà giustamente un grande rilievo. I ragazzi della Cresima e i fanciulli della Prima Comunione, per dare l’ultimo tocco alla loro preparazione, si sono ritrovati al Colle dei Cappuccini, per un ritiro di preghiera, di riflessione e anche di scambio di idee. Non è mancato il momento della ricreazione, come espressione di quella gioia e vitalità, che caratterizza i giovanissimi. Non è da dimenticare che tutto questo è possibile, per il semplice fatto che, in aiuto e collaborazione con il Sacerdote, operano lE Catechiste, pedine preziosissime in una scacchiera di attività pastorali bene articolate, nel contesto di un paese in crescita, ma ben radicato nel passato, contraddistinto da solidi valori cristiani. La gratitudine di tutta la Comunità Parrocchiale nei confronti di tali operatrici, capaci di instaurare un rapporto di dialogo con i ragazzi e di aprire loro prospettive nuove, non solo nel campo delle relazioni interpersonali, non sarà mai sufficientemente manifestata. Anche queste righe vogliono andare in tale direzione. SCOUTS DI BEVAGNA A ROVIGLIETO IV (2003), n. 118, p. 18 109 Domenica scorsa è stato come tornare di qualche anno indietro, rivedendo alla celebrazione dell’Eucaristia, nella piccola Chiesa di Roviglieto, che sostituisce la Chiesa più bella e artistica – che ancora attende gli interventi, dopo il terremoto -, un piccolo gruppo, precisamente l’Alta Squadriglia del Reparto A.G.E.S.C.I. di Bevagna. I giovani erano giunti il sabato sera e avevano piazzato le loro tende in un’aia, nella parte estrema del piccolo paese da presepio, dopo aver scartato la prevista soluzione nell’orto di Clemente – o meglio della Parrocchia, che ha in Clemente un validissimo collaboratore -. Durante la Celebrazione sono stati eseguiti, accompagnati dalla chitarra, dei canti, che a Roviglieto si sentono soltanto quando la festa è molto solenne, per esempio in occasione della Messa della prima Comunione e della Cresima. Sorpresa, quindi, bellissima per la gente e i pochissimi ragazzi del posto. Alla fine della Messa, ho pensato di lanciare un’idea all’attenzione del Presidente della Comunanza Agraria. Si tratterebbe di individuare uno spazio da attrezzare come si deve, per accogliere gruppi di scouts per le loro uscite e pei loro campi estivi. L’idea ha creato interesse e ha prodotto un bello scambio di opinioni tra il Presidente stesso e il Capo del Reparto. Chissà, allora, che, fra non molto, non si arrivi a parlare di Roviglieto, come di un punto di un certo valore nella geografia dei luoghi che gli scouts scelgono per le loro attività? L’altezza del luogo – poco più di 700 metri -, la varietà dei paesaggi e l’esistenza, nei dintorni di due importanti Santuari – quello di San Pietro e San Paolo, a Cancelli, e quello della Madonna del Riparo, a Scandolaro – riusciranno sicuramente a convogliare lassù tante persone desiderose di un diretto contatto con la natura, con la gente, che custodisce tradizioni preziosissime e con i valori 110 cristiani, che trasudano dalle pietre dei luoghi sacri. È il mio grande desiderio, dopo la lunga esperienza nello scautismo folignate, culminata nella promozione, con tanti bravi capi, di quella realtà, che ora è il Foligno 3 – o come io preferirei che fosse chiamato, Borroni 1-. DA ROVIGLIETO A RASIGLIA PER RINGRAZIARE IV (2003), n. 135, p. 18 In tutta la Chiesa sparsa per il mondo, si celebra la Solennità della Pentecoste, cioè il mistero della Discesa dello Spirito Santo, cinquanta giorni dopo la Pasqua di Cristo. Domani gli abitanti del piccolo paese di Roviglieto, situato sulla strada che conduce a Cancelli, sede di un notissimo Santuario, si recheranno – insieme a quanti sentono ancora vivo il legame con il paese, pur vivendo altrove -, dietro la grande, artistica Croce proCessionale, al Santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia. Si rinnoverà, così, una tradizione di alto valore spirituale, in quanto esprime la gratitudine di tutti per il dono della vita. Un bambino, infatti, la riacquistò, in braccio a sua madre, quando questa, a piedi, stava per raggiungere quel Santuario, fiduciosa di avere dalla Madonna quella assistenza che tanto desiderava e implorava nella preghiera. La gente di Roviglieto, da allora, ogni anno, va a rinnovare il suo ringraziamento e nello stesso tempo, ha l’occasione per esprimere la propria fede cristiana, valore assoluto, superiore ad ogni altro. Partendo dalla Cappella del paese – la Chiesa, purtroppo, non è stata ancora restaurata, dopo il terremoto – i roviglietani faranno, in preghiera, un primo tratto di strada a piedi, fino alla grande curva, per poi sistemarsi nelle loro macchine e arrivare nei pressi di Cancelli, per riprendere a piedi il cammino, sostare di fronte al Santuario di 111 San Pietro e San Paolo, e arrivare, per una stradina tra i campi, alla Cappella Votiva, dove il nostro concittadino don Pietro Arcangeli ha voluto fissare il ricordo di quanti furono deportati in Germania negli anni conclusivi dell’ultima Guerra Mondiale. I pellegrini, quindi, raggiungeranno in macchina, passando per Scopoli, il Santuario della Madonna delle Grazie, per risalire a piedi fino al punto in cui, secondo la tradizione, la mamma, con il braccio il figlio, scorgendo il campanile della Chiesa, vide il bambino rianimarsi e riprendere vigore. Da lì, dopo l’incontro con la Comunità di Rasiglia – in processione, guidata dal Parroco e dall’Eremita -, scenderanno, per le Sacre Celebrazioni, nella Cappella del Santuario – anche qui, infatti, la Chiesa non è stata ancora riaperta al pubblico -. L’esperienza comunitaria si svilupperà nel pasto familiare consumato nella Casa della Gioventù e poi nella preghiera finale del Rosario. IN ATTESA DELLA RIAPERTURA DEL SANTUARIO IV (2003), n. 174, p. 19. L’opportunità che il Parroco di Rasiglia mi ha offerto di celebrare nel tardo pomeriggio di domenica l’Eucaristia, al Santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia, mi ha confermato nell’idea che quel luogo santo esercita sui fedeli una grande attrattiva, per i motivi che si possono immaginare, primo fra tutti la gratitudine verso al Vergine, per i suoi continui, talvolta prodigiosi, interventi a favore delle donne e degli uomini che la invocano. Per questo, se è bello celebrare all’aperto, con l’Altare opportunamente collocato dall’Eremita sotto il porticato della Chiesa, completamente restaurata, dopo il terribile terremoto del 1997 – essendo incapace di contenere la gente la Chiesa prefabbricata attigua, del resto anche 112 impraticabile, per il caldo afoso di questi giorni di luglio – non è difficile pensare quanto sarà ancora più solenne e sentita la Celebrazione, allorché il sacro edificio, restaurato anche nei suoi affreschi votivi, riaprirà le sue porte ai fedeli. Quanto fino ad oggi è stato fatto è molto, manca il tocco finale, verso il quale tutti sono impegnati a incamminarsi. Sarà, quello, il momento in cui anche le tradizionali Processioni annuali, come quella di Roviglieto, potranno concludersi di fronte all’Immagine della Madonna, che attualmente è custodita in un luogo sicuro e che presto tornerà in quello suo tradizionale, in forma solennissima, con la partecipazione delle gente di Rasiglia, ma anche di quella dei paesi vicini. È l’auspicio che mi piace formulare, con l’invito a tutti e non interrompere la bella tradizione di recarsi al Santuario, con spirito di autentica devozione, accettando i piccoli disagi, che l’attuale emergenza inevitabilmente comporta, ed anche con spirito grato verso i Parroci e gli Eremiti, che nel tempo hanno speso e attualmente spendono le loro energie per la promozione del culto della Madonna. FESTA A ROVIGLIETO IV (2003), n. 186, p. 18 Il piccolo paese della nostra vicina montagna, che ultimamente ha fatto parlare di sé per questioni di boschi e di cacciatori, celebrerà, come di consueto, la Solennità dell’Assunzione della Madonna, la domenica successiva al 15 agosto. Quest’anno non ci sarà la celebrazione della Cresima e della Prima Comunione: i bambini e i ragazzi sono talmente pochi, che questi eventi rivestono ormai il carattere di eccezionalità. Comunque, alle ore 11,30, si celebrerà la Messa e nel pomeriggio, alle 17, si snoderà per le vie del piccolo paese la Processione con la Statua della Madonna, quella che, per necessità, ha sostituito 113 ormai da tempo l’effigie lignea di grande pregio artistico, trafugata da ignoti. La devozione sarà la stessa di sempre, vale a dire intensa, in segno di gratitudine alla Vergine per la sua costante attenzione e bontà verso il popolo di Dio. Le Celebrazioni si terranno ancora nel locale attiguo alla Chiesa lesionata dal terremoto e in attesa, come tante altre, del restauro. Il luogo, in ogni caso, si presenta accogliente e anche adatto, in quanto arricchito di alcuni affreschi, di uno dei quali – rappresenta la Vergine -, durante il servizio pastorale del parroco Gianfranco Sebastiani, è stata stampata una bella cartolina, con una significativa preghiera. Quanti parteciperanno alla Festa del 17 p. v., potranno prenderla e portarla con sé in segno di devozione. CI VUOLE PIÙ ATTENZIONE PER LE FAMIGLIE DI LIÈ IV (2003), n. 205, p. 19 Mi è stata offerta l’opportunità preziosa di rivedere un po’ di gente a Liè, una delle tantissime frazioni di Foligno, a poca distanza da Belfiore, martoriata come poche dal terremoto del 1997. E dal colloquio fitto e serrato con chi ha vissuto la terribile esperienza, sono venute fuori cose che lasciano l’amaro in bocca. Per questo, vorrei, attraverso il “Giornale dell’Umbria”, rivolgermi alle Autorità regionali, provinciali e comunali, perché superino la fase dell’oblio e comincino ad interessarsi seriamente delle famiglie di Liè, che – caso molto raro in tutto il territorio comunale -, dopo il sisma, si sono date da fare per costruirsi con i propri risparmi, casette di legno o di altro materiale, per non doversi allontanare dalla frazione, dai loro terreni da coltivare e dalle loro cose da salvaguardare, senza andarsi a rifugiare nel campo-containers prima, e poi nei villaggi delle casette di legno. 114 Gente, che ha anche rischiato una grande truffa, ha saputo reagire alle situazioni avverse, contando solo per il breve periodo di due anni, se non vado errato, su quel famoso contributo, che viene assegnato a chi è rimasto senza abitazione. Perché tale contributo è stato revocato? Non hanno forse le famiglie di Liè provveduto, a loro spese, a costruirsi la loro abitazione? Ed è poi vero che queste costruzioni sono considerate provvisorie, per cui dovrebbero essere demolite, una volta che le case in muratura saranno sistemate? Come è possibile, questo? La richiesta è chiara: si diano alle famiglie, che vivono nelle loro casette di fortuna, quei soldi, che si danno a tutti coloro che sono rimasti senza casa e si sono sistemati in modi diversi qua e là. Credo che sia un diritto sacrosanto da rispettare, se non si vuol contraddire il principio che nella sventura tutti siamo uguali e non esistono figli e figliastri. Un’ultima domanda: Come è possibile che si consideri seconda casa quella colpita a Liè dal terremoto, per il semplice fatto che uno, al momento dell’evento sismico occupava in città uno spazio, che non è di sua proprietà? ATTENZIONE PER I CIMITERI IV (2003), n. 114, p. 18 Non è un argomento attraente, lo capisco bene. Però, va detto che la massima cura si dovrebbe riservare, non solo al Cimitero Centrale, ma anche a quelli posti in periferia, che non possono esser considerati di seconda categoria. Mi riferisco in modo particolare a quello che sta tra Cancellara e Colle Scandolaro e che serve, per così dire, anche i paesi di Scandolaro, Santo Stefano dei Piccioni e Roviglieto. 115 Ho avuto pochi giorni fa la sensazione che si dovrebbe fare qualcosa, per assicurare a questo luogo un aspetto migliore, più accogliente. In particolare, è urgente che si riconsegni alla gente la Chiesa, dove si dovrebbe fare sosta con la Salma, prima di procedere alla tumulazione. Si tratta di un luogo necessario, per una funzione religiosa che non è opzionale. Inoltre, vorrei far presente che una Croce fissata sul terreno, sta ad indicare che lì sotto è stata posta una Salma. Questo non va dimenticato e di conseguenza deve esser ben curato il piccolo tratto di prato, che rischia, altrimenti, di diventare, con il tempo, una… strada. A proposito, come si fa a sapere se lo spazio dove oggi si cammina, è stato un tempo luogo di tumulazione? Sono sicuro che queste mie osservazioni aiuteranno gli addetti ad assolvere meglio il loro compito, con piena soddisfazione delle gente dei paesi che ho nominato, oltre che per il rispetto che si deve verso chi ormai non è più tra noi. LA CAPPELLA DI SANT’ANNA E IL MESASTRIS IV (2003), n. 103, p. 18 Per chi non è piacevole tornare là, dove si è a lungo vissuto, in un ruolo tanto delicato, ma anche umanamente e spiritualmente interessante, come quello di parroco? A me è capitato per due domeniche di fila, quando il parroco di Santa Maria Assunta – una volta era San Nicolò il titolare della parrocchia – di Belfiore mi ha invitato a celebrare nella piccolissima, ma ricchissima di storia e di arte, Cappella di Sant’Anna, al bivio per il paese che una volta si chiamava Fragnano, e la zona superiore di Scanzano, San Vittore e Acquabianca. 116 Gli antichi pellegrini, che si avventuravano verso Santa Maria Giacobbe – immagino – si fermavano a dire una preghiera in quel luogo sacro e le donne in attesa, anche oggi continuano ad avvicinarsi, per chiedere alla Madre di Maria protezione e aiuto. Un’edicola sacra gradualmente divenuta luogo capace di accogliere qualche pellegrino e ultimamente, a causa del terremoto – torna sempre il suo fantasma, purtroppo! – in sostituzione della grande e bella – con il restauro mostrerà finalmente tutto il suoi splendore anche a coloro che l’hanno sottovalutata nel tempo – Chiesa di San Nicolò, ex-parrocchiale e ora filiale. La gente che frequenta Sant’Anna, appartiene a Scanzano, Vescia e Belfiore e anche a San Vittore e Acquabianca: mancano solo Liè e Ravignano e tutta la zona sarebbe rappresentata! Nell’angusto spazio sacro, ma anche fuori, tenendo aperta la porta e, se piovvigina, anche l’ombrello, si può celebrare, cantare e, alla fine, scambiare pure qualche impressione. Data l’età, si va con il pensiero istintivamente agli anni ruggenti della giovinezza, quando non faceva problema che si dovesse scorrrazzare – il primo anno in motorino e poi con la macchina, come è naturale – a tutte le ore tra la casa parrocchiale – quella grande di don Ottavio o quella attigua, più modesta per dimensioni, ma nuova, dopo la controversa trasformazione del fienile e delle stalle, con tanto di terrazzo e giardino -, le varie Chiese, tutte da governare, e il Circoletto, divenuto, dopo la trasformazione con i cantieri statali, redazione di Salire. Non è che nascano rimpianti – non si addice ai preti, questo! -, ma qualche domanda ritorna alla mente, con tutta la sua impertinenza e quindi da allontanare prontamente. La cosa importante è che, con il ritorno, tutto diventi più calmo, più bello, addirittura piacevole. È proprio vero che il tempo risana, anzi irrobustisce. 117 Dimenticavo: quando si fece il restauro degli affreschi di Pierantonio Mesastris – con la “s” o con la “z”? -, la munificenza della Cassa di Risparmio di Foligno fu ammirevole , vero esempio di sponsorizzazione culturale, che andrebbe non solo ripetuto per altri beni di Belfiore, ma anche imitato, per il bene comune, da quelle realtà cittadine, che non fanno fatica ad accumulare denaro. BORRONI IV (2003), n. 100, p. 18 Fra non molto verrà riaperta al culto la Chiesa parrocchiale di Sant’Egidio, a Borroni di Foligno, restaurata, dopo l’inattesa e brutta visita del terremoto del 1997 – bisogna ogni tanto ricordarne la data, almeno l’anno, se non il mese, il giorno e l’ora, perché siamo tutti un po’ scordarecci e i fatti sbiadiscono col tempo e anche delle persone si perde pian piano il ricordo -. Sarà un altro passo di quella trasformazione di Borron City, come ero solito, scherzando, indicare quella vasta parrocchia, in cui ho passato ott’anni della mia vita di prete, da pendolare,assolutamente in regola con il diritto canonico, non essendo il luogo munito di praticabile abitazione del parroco, avendo invece in grande abbondanza locali, stanzette e altro ancora, per gli scouts, l’Oratorio, la Sagra e quant’altro la fantasia può elencare, pensando alla somma di cose, che vi vedevano la luce e gradualmente crescevano. Attorno alla Chiesa, nel lato Est, le cose sono notevolmente mutate. Soprattutto si nota il grande quartiere – un vero e proprio Borroni-ter, dopo il Borroni-bis, sorto verso Corvia -, che proietta il piccolo borgo dei tempi do don Archimede, verso un futuro cittadino, con tutte le belle qualità che la nuova condizione comporta, ma anche con qualche rischio, sul quale, in questa occasione, non voglio fermarmi. 118 Sicché Borroni è diventato quello che tanti sognavano ed altri temevano. Cosa c’è da augurarsi? In primo luogo che la passione per il suo bene cresca e si consolidi, soprattutto nel cuore delle ragazze e dei ragazzi di un tempo, ora alle prese con gli studi superiori. Se essi riusciranno a chiedersi, ogni tanto:”Cosa faccio per Borroni?”, forse le belle tradizioni non si dissolveranno, lasciando preoccupanti vuoti. E poi si spera che i borronari sappiano mettere a frutto la grande varietà di presenze umane, per attuare quel dialogo franco, di cui tanto si discute, capace di portare alla collaborazione, al di là delle distinzioni culturali e sociali. Per la formazione morale e religiosa di giovani e adulti, infine, c’è da augurarsi che l’opera di fratel Paolo Onori e fratel Agostino Lindo trovi sempre e ovunque una risposta generosa e impegnata. Avanti, dunque, Borroni, con entusiasmo, verso traguardi migliori. CORVIA… EPPUR SI MUOVE IV (2003), n. 98, p. 19 Smentendo il vecchio detto: “Corvia: passa e tira via”, vorrei far capire che le trasformazioni in atto nella grande periferia di Foligno sono tali, che davvero non si tratta più di un mucchio di case, ma di un vero paese, anzi di una grossa fetta della Città, quando ci si riferisce a Corvia. La sensazione di questa trasformazione si ha soprattutto, quando ci si reca nella sua Chiesa, in occasione di Celebrazioni importanti, che caratterizzano la vita della Comunità cristiana e prolungano nel tempo tradizioni antichissime, vera ricchezza, che le generazioni passate hanno accumulato per la gente di oggi. La presenza di ragazzi, giovani e adulti è ben distribuita, a differenza di altre situazioni, in cui 119 sembra affermarsi l’idea che di certe cose sono soprattutto gli anziani ad occuparsi e interessarsi. Anche la cura del luogo sacro è tale, che ogni tanto si nota qualcosa di nuovo, che lo abbellisce, inserendosi in una struttura moderna, che certamente non ha lo splendore e il fascino di certe basiliche o chiese del passato, ma non sfigura di fronte ad altri luoghi di culto della Città. Cosa riserva il futuro a questo paese? In una zona, che lo unisce a Borroni, ci sono già gli impianti sportivi, mentre nei locali della Parrocchia è insidiata la Scuola ed è anche presente un benemerito Centro di aggregazione, ma sicuramente il Comune penserà in futuro a realizzare qualcosa che arricchisca ulteriormente la zona e la renda appetibile a chi cerca una sistemazione definitiva. Solo in questo modo – non c’è dubbio – si favorirà uno sviluppo umanamente e socialmente prezioso e il paese crescerà armonicamente in tutti i settori, principalmente in quello della viabilità, posto com’è sulla direttrice, che conduce e Montefalco, che, grazie al carisma di Santa Chiara, sa attirare tanta gente e realizzare importanti iniziative. È l’augurio che facciamo a chi ama Corvia e fa ogni giorno qualcosa per il suo bene. CHE NE SARÀ DI ROVIGLIETO TRA 20 ANNI IV (2003), n. 91, p. 19 Chi lo conosce , sa che Roviglieto è un incantevole frazione, un paesino situato a poco più di settecento metri sul livello del mare, sulla strada, che da Sant’Eraclio conduce a Cancelli, dove c’è il famoso Santuario di San Pietro e San Paolo, puntualmente raggiunto dai folignati, in occasione della Festa dei due Apostoli, in giugno, e dagli stessi roviglietani, che vi sostano nel loro Pellegrinaggio del Lunedì di Pentecoste, al Santuario della Madonna delle Grazie di Rasiglia. Le famiglie del villaggio – un po’ di poesia non fa male – sono diciannove, così almeno risulta dalla 120 recentissima benedizione delle famiglie, che ho potuto fare, la Domenica delle Palme, grazie alla fattiva collaborazione di un piccolo gruppo di ragazzine e ragazzini. Il numero delle persone – si è soliti parlare di 32 – è aumentato da poco di una unità, essendo arrivato Leonardo a illuminare il cielo del paese, lo scorso anno abbellito dall’arrivo di Emanuela. Ma che cosa sarà di Roviglieto in futuro? Me lo chiedo io, che ora vi svolgo la missione di Vicario parrocchiale, ma se lo domandano anche gli abitanti più attenti. Diventerà la residenza estiva dei folignati, dei romani e delle persone di altre appartenenze cittadine, come è avvenuto per qualche altra località della nostra montagna? Le tradizioni, le usanze, la vita di relazione, il lavoro dei campi, oltre che l’allevamento di ovini, come potranno sufficientemente esprimersi, se lo spopolamento sarà, se non proprio totale, comunque allarmante? La voglia di essere cittadini prevarrà su quella di appartenere alla Città, anche stando a qualche km di distanza, ma con la grande opportunità di vivere in pace, potersi dedicare allo studio, pensare, godere quell’aria, che tutti ci invidiano? Quante domande!, dirà qualche lettore. Ebbene, qualcuno provi a dare almeno una risposta, perché si possa discutere sul futuro di una porzione della nostra Chiesa locale – una volta, giuridicamente, il suo titolo era legato ad un canonicato della Cattedrale di San Feliciano – e del nostro Comune, che sta gonfiandosi in modo eccessivo in zone, una volta tutte orti e campi di grano. CERRITELLO E VIONICA, TERRE DI FRONTIERA IV (2003), n. 88, p. 18 121 Non è l’unica situazione strana – dal punto di vista geografico-ecclesiastico -, ma merita di essere segnalata: Vionica – una frazioncina, martoriata come tante altre dal terremoto -, da una parte è della diocesi di Foligno, dall’altra di quella di Spoleto-Norcia. Più chiaramente: il parroco di Casenove-RasigliaSerrone-Volperino governa alcune anime, quello di Verchiano le altre. Misteri della storia, si dirà. La la cosa meraviglia ancora di più, se si pensa che Verchiano – diocesi di Spoleto-Norcia – fa parte del Comune di Foligno, come sanno bene anche i cittadini folignati, che d’estate si ricavano lassù a godersi l’aria buona e a mangiare la carne migliore, e tanti Scouts. Ebbene, il miracolo della effettiva, anche se provvisoria riunione e quindi relativa soppressione ideale del muro si separazione, è avvenuto nel giorni in cui il Professore Gianfranco Sebastiani, assecondando il programma messo in piedi dalle dinamiche Figlie della Carità, si è recato, associandomi alla sua missione, prima a Cerritello, poi proprio a Vionica, dove la gente si era riunita nella sala della comunità, costruita in piena emergenza-terremoto. È stato bello, anche in queste due frazioni, il momento sacro e, alla fine, la consegna del piccolo Crocifisso e della Palma, in segno di comunione e solidarietà con le Suore, inviate dalle loro Madri Superiore sulla montagna folignate per qualche giorno, in questo inizio di stagione non proprio primaverile. Interessante il discorso del Professore, prima della Celebrazione, tutto incentrato sulla validità del bene che si fa agli altri, finché si cammina sulle strade di questo mondo, sull’esempio di Cristo. Non c’è, infatti, distinzione che regga: sociale, politica, culturale, di fronte a questa verità: siamo tutti uguali, quando facciamo il bene, pagando magari di persona e senza troppe lamentele, lo 122 sguardo fisso sui valori che contano, restano e decidono del nostro definitivo futuro. Coraggio, allora, gente di Cerritello e di Vionica! Verrà il momento in cui potrete lasciare le casette di legno e riprendere possesso delle vostre abitazioni rimesse a nuovo e cariche di storia, fatta di gioie e purtroppo anche di lacrime! TRA LA GENTE DI MONTARÒ IV (2003), n. 85, p. 18 Non pensi il lettore che io stia per trattare di una località esotica di un’altra parte del mondo; si tratta, infatti, di una piccolissima fetta di un piccolo paese montano, Volperino, del quale già ho avuto modo di parlare. A Montarò ci sono appena quattro case, ai piedi dell’agglomerato più ampio, in cui si colloca la Chiesa, che attende qualcuno che pensi a sistemarla, in vista di quelle Feste Patronali, che attirano tanta gente, anche forestiera. Accanto a questo lembo di terra, si collocano le nuovissime casette a schiera in muratura, che ospitano alcune famiglie del posto, cacciate dal verso indisponente del terremoto, attore principale di una tragedia, che dura ormai da quasi sei anni. In una di esse, ho potuto partecipare ad un incontro di intensa religiosità, favorito dalla presenza di due Suore dell’Ordine di San Vincenzo de’ Paoli – le Cappellone, dell’Ospedale di una volta e dell’Orfanotrofio Femminile: ricordate? -. Ora, senza quel curioso copricapo, esse continuano, fuori di Foligno l’opera di bontà e di servizio, che anche da noi seppero in passato realizzare con generosità e competenza. Il loro, a Montarò, è stato un ritorno – lo fanno ogni tanto -, per continuare a tenere vivo il legame, che ormai le unisce alla gente della zona CasenoveSerrone-Volperino-Cerritello-Rasiglia – ho sicuramente lasciato qualche frazione -, dopo che, nel periodo caldo del terremoto, hanno speso, da 123 quelle parti, un po’ della loro vita a consolare, aiutare e soccorrere. Il Sacerdote Gianfranco, Parroco, ha celebrato in una di quelle casette ben fatte e accoglienti, per permettere la partecipazione al Sacro Rito della Signora assistita con cura da una collaboratrice ucraina, impedita, però, dall’età e dagli acciacchi di spostarsi, per raggiungere il luogo prefabbricato destinato alla preghiera. Una bella esperienza, che attesta come, nonostante tutto – soprattutto lo sguardo rivolto costantemente alle abitazioni lesionate, dove si potrà ritornare solo quando i lavori saranno finiti , si possa vivere con una certa serenità questo tempo di attesa della Pasqua. Il potere della fede è anche questo: portare il cuore e la mente oltre quello che appare e sostenere nell’incedere incerto, dovuto a mille motivi, chi la possiede e cerca di viverla con coerenza. A MORRO SI PENSA AL FUTURO IV (2003), n. 83, p. 18 Con la mia digitale, tutto avrei potuto fotografare e poi rivedere al computer, meno che la facciata della Chiesa Parrocchiale di Morro, il paesino, da cui si domina, con lo sguardo, uno spazio sconfinato. Perché mai? Per il semplice fatto che non esiste. Si accede, infatti, nello spazio sacro da una semplice porta, che immette nella parte centrale della navata. Non conosco la storia della sua costruzione e neppure quella della casa che occupa lo spazio comunemente adibito ad entrata e che è addossata alla parte d’ingresso, Sarebbe interessante ricostruirla: chissà che la spiegazione non si trovi in una delle tante carte, che affollano gli scaffali dell’Archivio Storico Diocesano, a cui sono legato da pochissimi anni! 124 Questa singolare situazione non ne tira comunque con sé altre: il campanile c’è ed è presentabile, così pure tutto quello che si può ammirare in una Chiesa della montagna folignate, c’è o meglio tornerà ad esserci, quando la ricostruzione sarà opera compiuta e non soltanto sogno o desiderio. Per fortuna, qualche altra realtà va ritmo diverso, più spedito direi. Basta alzare lo sguardo al Castello – ma si dice proprio così, amici morresi ? – o girarlo verso altre direzioni, per vedere le belle pietre di qualche abitazione rimessa a posto e pronta ad accogliere in estate i romani, come si dice lassù, in vacanza. Essi potranno finalmente tornare a godersi, non solo l’aria e il cibo genuino di Morro, ma anche la vista di animali, amici dell’uomo, in particolare della loro mensa, attorno alla quale si ricostruisce, nel ricordo, il passato, quando Morro era diverso. Potranno anche rivivere i momenti più belli e solenni delle Feste religiose, attorno al loro Pastore, senza complicazione alcuna e soprattutto con autentica gioia. RITORNO A VOLPERINO, IN PUNTA DI PIEDI IV (2003), n. 78, p. 19 Venerdì scorso, ho avuto la bella opportunità di tornare a Volperino, al seguito del Professore Gianfranco, recatosi lassù in visita come Pastore e in ricognizione, come amministratore, dei beni della Confraternite e e delle cartelle dell’Archivio. C’ero stato tanti e tanti anni fa, quando ne era parroco don Pietro Polli, che, a suo tempo, svolse la mansione di economo del Seminario Vescovile, e non immaginavo di trovarlo tanto devastato dal sisma del 1997. Devastato, ma in via di ripresa lenta e laboriosa. Quanti anni ci vorranno, per riportare la bella Chiesa – vi sono degli affreschi degni di grande attenzione – e le case dei diversi nuclei della 125 frazione – non saprei indicarne, così su due piedi, i nomi – all’armonia di una volta? Sicuramente molti ancora, visto che si è abbondato nel predisporre ponteggi a difesa delle abitazioni, prevedendo forse le lungaggini burocratiche e le notevoli spese da affrontare per i lavori di ricostruzione. Comunque, la cosa confortante che la gente di Volperino ha ben chiaro in mente quello che deve fare. Un esempio: in una abitazione civile i lavori sono stati interrotti, per salvaguardare la storia della stessa, fra le cui mura si possono ammirare i resti di una chiesetta – l’altare e un affresco di non trascurabile valore -. Va anche detto che in loco c’è un vigile cittadino, che del suo paese conosce tutto e ha intenzione di aggiungere al primo libro, pubblicato recentemente, un secondo volume di carattere storico: un’altra garanzia, questa, per una ripresa sulla scia della tradizione, rispettosa dei valori radicati nel cuore delle persone. Quando arriverà la prossima estate, neppure quest’anno ci saranno in questa incantevole frazione folignate le folle di prima del terremoto, ma qualcuno in più, rispetto al 2002, si vedrà e sarà il segno confortante della volontà di ricominciare e di sollecitare anche chi è indeciso a rimboccarsi le maniche, tirare un sospiro e affrontare con coraggio la situazione. Verrà, così, il giorno, in cui il bel campanile decapitato e maciullato, tornerà ad ospitare le campane, ora in esilio a Foligno, ed esse ridaranno gioia, non solo alle persone, ma anche agli animali, non più abituati ad adattarsi nei comportamenti al loro suono a tempi fissi – festivi e feriali – e anche ai loro rintocchi canonici, per annunciare la partenza di qualcuno da questo mondo. Volperino, a quel punto, sarà risorto, e una nuova fase della sua storia prenderà il via, con la soddisfazione e il plauso di tutti. 126 IL CORO DI BELFIORE-VESCIA IV (2003), n. 49, p. 18 La celebrazione del Sacramento del Matrimonio durante l’Eucaristia, è sempre un evento suggestivo, oltre che commovente e storico per i protagonisti, le loro famiglie, gli amici e i preti. Sabato mi è stata offerta l’opportunità di concelebrare insieme al parroco della sposa, nella bella Chiesa di un luogo, che sta risorgendo, dopo la devastazione del terremoto. Tutto era ancora più suggestivo, perché, ai lati del presbiterio, sei Carabinieri in alta uniforme facevano corona agli Sposi – anche lo Sposo, maresciallo, era in alta uniforme – e ai Celebranti. La vicinanza dell’Arma alla gente ha trovato, così, una grande occasione per mostrarsi in tutta la sua semplicità, spontaneità e verità. Ma, oltre a questo, ho con piacere notato ce il Rito è stato accompagnato da canti molto significativi e e ben eseguiti. Erano, infatti, al loro posto, con tutti gli strumenti necessari, ma soprattutto con le loro voci forti e sicure, le giovani e i giovani del Coro di BelfioreVescia. Una formazione, questa, che ha avuto modo di mostrare tutte le sue qualità e la sua bravura anche in occasione di varie edizioni del Premio di canto sacro “Simone Soli”, sotto la guida di diversi maestri, fra i quali mi è gradito ricordare padre Pasquale Di Ruvo. Che ne sarebbe di una celebrazione nuziale senza le melodie sacre? Per questo, va espressa tutta la gratitudine possibile a chi coltiva la passione del canto sacro e cura fin nei minimi particolari la scelta e l’esecuzione di brani musicali. La Chiesa di Foligno è ricchissima di queste esperienze e per questo va lodata anche da chi 127 entra nei luoghi sacri rarissimamente, ma non si tira indietro quando si celebra un Matrimonio. E perché, a questo punto, non elogiare quei parroci, che, avendo dato fiducia ai giovani e alle ragazze, a distanza di tanti anni, si trovano a godere dei frutti di un lavoro paziente e forse anche faticoso? CONOSCI TE STESSO E NON SOLO IV (2003), n. 42, p. 19 Parlando, come al solito, domenica alle ore 11, ai miei trentadue parrocchiani, a Roviglieto, mi è venuto da dire che sarebbe bello scrivere la storia di una comunità, di un paese – per Roviglieto non sarebbe poi difficilissimo -, ricostruendo quella delle singole persone. La voglia di conoscere bene gli altri è tanta, per il fatto che altrettanta è quella di conoscere la propria Qualche tempo fa, tentai di proporre, come passaggio obbligato di un cosiddetto ritiro spirituale, ricordare a se stessi e mettere per iscritto i passaggi fondamentali della propria esistenza. Avrebbe aiutato le persone a chiarire a se stesse i punti oscuri del proprio cammino e a prendere lezioni dagli eventi più o meno – o per nulla – dipendenti dalla propria volontà. Certamente ci vuole un po’ di coraggio, perché la vita non splende sempre e comunque in tutte le sue tappe. Non era però da giganti dello spirito o solo da letterati patentati l’impresa che proponevo. Allora, chiedersi il perché di un evento, quale incidenza abbia avuto sul proprio – mettendosi dal punto di vista del passato – futuro, potrebbe anche costituire una medicina per sanare le ferite, alleviare le pene e, perché no?, educarsi ed educare. 128 Come si fa a passare la vita, senza vederci chiaro, immersi in una nube di illusione costruita o indotta da atteggiamenti altrui? La verità, soprattutto, sempre e dovunque, per sé e per gli altri. È la condizione che potrebbe anche far paura, perché madre di rimpianti, condanne postume, rivendicazioni fuori del tempo, tutte cose da evitare, esorcizzare, dopo averle guardate in faccia, non ad occhi socchiusi, ma ben spalancati. Conosci te stesso, prima di pretendere di dettare legge o semplicemente dare un consiglio agli altri, perché altrimenti rischi di affogare nei si dice, nei sembra che e prodotti simili di bassa lega, messi sul mercato della vita e delle umane relazioni dalle astuzie degli uomini piccoli. Con distacco, questo, dunque, ma comunque, va fatto. La storia, quella celebrata e ufficiale, ne guadagnerebbe, alla lunga. LA FRAZIONE DI CERRITELLO: CHI LA CONOSCE? IV (2003), n. 1, p. 18 Girare a caso per il territorio del nostro Comune o della nostra Diocesi, per conoscere quartieri, parrocchie, zone, frazioni, santuari e case sparse, con nomi particolari ed anche curiosi? Bisogna seguire un metodo. Uno consiste nel rincorrere, per così dire, le Feste che si celebrano qua e là, con fedeltà assoluta alla tradizione secolare, se non millenaria. A me è capitato così, sabato, quando, lasciato il mio eremo cittadino, ho seguito il Parroco di Cerritello, impegnato, insieme all’Eremita di Rasiglia, a rinnovare la manifestazione di devozione al martire San Sebastiano. La minuscola frazione è in fase di ricostruzione ed è caratterizzata ancora da un grappolo di casette di 129 legno, che ormai tutti conosciamo molto bene, per averle viste a Belfiore, Verchiano e altrove. Ho potuto, nell’occasione, anche sbirciare in quella Chiesetta, di cui parlano le Visite Pastorali – cito, come esempio, quelle di monsignor Giosafat Battistelli nel XVIII secolo – ora ridotta malamente dal terremoto e in attesa del restauro, che riporterà senza dubbio alla primitiva bellezza affreschi presenti nel luogo di culto. Vi eravamo andati in processione poco prima, con la gente del paesino e di quelli limitrofi, pregando il Rosario per i vivi e per i defunti, per poi ritornare nel container adibito a Cappella e celebrarvi la Messa. È veramente istruttivo fare queste scoperte, anche perché, poi, al momento religioso segue sempre quello conviviale, di alto livello per cibi e bevande – quelli della Città dovrebbero provarlo, almeno una volta ., durante il quale la gente parla, discute, racconta e guarda verso il futuro che sarà soprattutto dei tre ragazzini, che abitano a Cerritello e vanno a scuola a Casenove e Belfiore. E i problemi, allora, vengono fuori e anche le proposte di soluzione, improntate a saggezza e concretezza. Che ne sarà – per affrontarne uno solo – delle casette di legno, quando tutte le persone saranno tornate nelle loro abitazioni? Si potrebbe ipotizzare una consegna, per la custodia, alle stesse famiglie, che le hanno usate negli anni dell’emergenza? Oppure, si costituirà una Cooperativa di gestione, per destinarle ad attività di rilancio della Montagna? O, ancora, il Comune le metterà in vendita agli abitanti del posto? O saranno altri cittadini, che le acquisteranno, per farne la loro seconda o terza casa per le vacanze? La cosa importante è che la gente, che vi ha passato ore, anzi anni, di trepida attesa e di disagio non piccolo, non le veda deperire, andare in rovina, 130 magari assaltate dai vandali, come è successo altrove, in situazioni diverse. BELFIORE: QUALCOSA SI MUOVE III (2002), n. 298, p. 18 È vero che quando si parla di Belfiore a chi non conosce l’Umbria, si rischia di essere fraintesi, perché c’è chi pensa subito a Colfiorito, ma i folignati non fanno questo errore. Sanno benissimo che, per arrivare in quello che era un paesino accogliente ed anche pittoresco e che ora è sfregiato, per le conseguenze del terremoto, ci vogliono solo dieci minuti di macchina. Sono pure al corrente che la ricostruzione, anche se a rilento, va avanti, nonostante tutte le difficoltà. Purtroppo, molte famiglie sono dovute emigrare o a Scanzano o a San Giovanni Profiamma, quando non addirittura altrove, e altre sono rifugiate in quelle casette, che all’aspetto non sono male e neppure ad andarci dentro e sostarci per un po’. Ma, come far finta di non capire che tutt’altro è una casa, una vera casa, come quella lasciata in fretta e furia cinque anni fa? Ed allora, avvicinandosi il Natale, viene spontaneo esprimere a chi abita il piccolo villaggio di legno, non solo tutta la nostra solidarietà, ma anche l’augurio di non perdersi d’animo e di saper lottare con tutte le forze contro ogni forma di stanchezza e tentazione di resa. Bisogna resistere e per riuscirci fa anche bene individuare i piccoli segni di vita autentica e di volontà decisa a riprendere pian piano il ritmo di una volta, non proprio frenetico, ma sicuramente vivace. Lo devono capire soprattutto i giovani, quelli che sono rimasti, e i ragazzi, che nelle scuole Elementare e Media vivono quotidianamente un’esperienza di comunità di altissimo valore, insieme al Personale direttivo, docente e nondocente. 131 Anche gli adulti – quelli, a cui, quand’erano ragazzi, dicevo: Cosa fai per Belfiore? – devono tenere duro, per non privare Belfiore di momenti significativi di vita paesana. Quello che una volta si faceva a Natale o per l’Epifania, perché non farlo ancora? Con lo stesso spirito, con la stessa passione, con la stessa voglia di migliorare sempre di più, come sta facendo Salire vicinissimo, ormai, al suo trentaquattresimo anno vita. La Banda Musicale – oggi si dice: Società Filarmonica – non potrebbe, proprio per Natale, attirare l’attenzione di quelli di fuori sul paese, che è stato la sua culla e dove la sua storia si è dipanata con passaggi esaltanti, ma anche momenti difficili? La Banda di Belfiore, non dei paesi, da cui provengono i suoi membri. Questo è evidente, anche se non condiviso da tutti. Per questo, la festa di Santa Cecilia non dovrebbe cercare luoghi diversi da Belfiore, per una solenne celebrazione, come da qualche tempo sta avvenendo! A ciascuno il suo: o no? A SCANDOLARO IN CERCA DI TRANQUILLITA’ III (2002), n. 29, p. 19 Fare il prete, anche dal punto di vista puramente umano, è una gran bella cosa; permette di conoscere persone e luoghi i più diversi, tutti con qualche aspetto interessante, se non unico. Più di dieci anni fa, lasciata la cura pastorale della parrocchia di San Nicolò di Belfiore, che fu affidata dal Vescovo Giovanni Benedetti ai Padri Somaschi dell’Istituto Miani, ebbi la possibilità di operare per un breve periodo a Scandolaro, al tempo di don Sante Cesaretti, parroco di Cancellara. Fu una bella scoperta: dalla casa parrocchiale solo parzialmente abitabile, si godeva una vista unica di 132 Montefalco; con la sua affascinante bellezza, la Ringhiera dell’Umbria era lì di fronte e richiamava alla mente, oltre che la figura mirabile di Chiara, contemporanea, ma tanto diversa dalla nostra Angela, anche una breve esperienza di insegnamento alla scuola Media del Preside foligante professor Pioli. Non era, quella, la sola veduta bella e attraente; anche le colline sottostanti, colme di ulivi, la pianura foligante e tante altre cose comunicavano tranquillità e invitavano a riflettere e a dare valore a cose essenziali. Il cibo semplice, fatto di noci e di pane, diventava eccezionale e insuperabile. Ma chi, a Foligno, sceglie ordinariamente di raggiungere questo piccolo paese, con la sua bella Chiesa, che, dopo il sisma del 1997, attende, come tante altre, il restauro, la sua grotta – sì, sotto la casa parrocchiale corre un lungo cunicolo, che termina in uno slargo – e le sue stradine piene di sorprese? Pochissimi – numerosi sono, invece, quelli che lo raggiungono per le feste di San Sebastiano; in quella occasione si fanno, addirittura, tre processioni -. Eppure merita di essere frequentato, per gustare la natura nel suo aspetto migliore e lasciare da parte ciò che la città dà in abbondanza: confusione, spreco, chiacchiere, disordine, sgambetti per la carriera e tanta indifferenza. Anche la fonte grande è lì e invita a bagnarsi la fronte e i polsi, se accaldati, e a bere un sorso di acqua buona. Questo è Scandolaro, uno dei tanti paesetti alla periferia di Foligno, che corrono il rischio di spopolarsi, se interventi efficaci e tempestivi non assicurano a coloro che vi abitano, i servizi essenziali e a quelli che vorrebbero andarci a vivere, attrattive concrete e convincenti. Da Scandolaro, se si sale, si può arrivare al Santuario della Madonna del Riparo, curato con 133 tanta attenzione dalla signora Marisa Federici, ma anche a Roviglieto, un paesino da presepio, anch’esso ridotto ai minimi termini – una trentina di residenti -, ma ancora vivo e vitale. Passare una domenica in questo luoghi, riscoprendo la bellezza di lasciare tutto – anche il telefonino, per chi non ha ancora deciso di disfarsene -, per ritrovare se stessi, è un consiglio che va dato soprattutto ai giovani, che non conoscono altro che la Città. ALCUNE MAESTA’ DEL TERRITORIO DA SALVARE III (2002), n. 296, p. 19 Sul nostro territorio sono disseminate decine e decine di edicole sacre, che siamo abituati ad indicare con il bel termine, pieno di significato di Maestà. Alcune custodiscono delle vere e proprie opere d’arte: basti pensare a quella di Carpello. Altre, invece, non sono che piccole costruzioni, in cui la pietà popolare ha collocato un quadro o una statuetta, per indicare ed esprimere la propria devozione. La maggior parte di esse sono agli incroci delle strade e lungo sentieri poco frequentati; stanno a ricordare che la vita dell’uomo non è altro che un camminare insieme agli altri verso una mèta, che oltrepassa gli orizzonti terreni, Ebbene, il terremoto del 1997 non ha avuto riguardo neppure per queste Maestà. Al termine di Via Caprera, a Belfiore, ce n’è una, che molto di frequente attira la mia attenzione; essa ha bisogno di un intervento strutturale, per assicurarle la durata nel tempo. Nella stessa frazione ce ne sono pure in Via Buozzi, in Via del Molino, a metà del stessa Via Caprera, vicino alla fonte – che ora non c’è più – e altrove. Poco oltre Belfiore, a Liè, ce ne sono una vicino alla Chiesa di Sant’Egidio – ricordo che fu sistemata 134 tanti e tanti anni fa -, un’altra verso Ravignano, un paesino sfigurato dal sisma, e poi più in là, nel territorio della parrocchia di Capodacqua. Salvare queste piccole strutture sacre, significa mantenere la memoria di una pietà popolare, che non si è spenta, se qualcuno di tanto in tanto vi porta i fiori o altre piccole testimonianze di devozione, quando si avventura per quelle strade, dove è ancora possibile respirare aria buona e salutare. Se, poi, da quel versante, vale a dire dalle falde del monte di Pale, ci si trasferisce a quello opposto di Roviglieto, sulla strada che porta Cancelli o, deviando, al Santuario della Madonna del Riparo, allora, se ne trovano almeno due di Maestà, anch’esse degne di attenzione: una all’interno del simpatico paesino quasi interamente ristrutturato, l’altra presso i trocchi, luoghi di pecore, agnelli e montoni, che vanno al pascolo, sotto la guida di attenti cani e di pazientissimi e saggi pastori. Chi, tra i politici e gli amministratori, oltre che tra i cultori dell’arte, dimostrerà sensibilità per la sistemazione o la ricostruzione di queste piccole case? Chiunque lo farà, diventerà benemerito della nostra cara città di Foligno, che è fatta solo di Centro storico, ma anche – starei per dire: soprattutto – di tanti piccoli agglomerati, con una ricchezza di tradizioni culturali, sociali e religiose, da far invidia a realtà molto più complesse, ricche di tutto, anche di quel superfluo, che devia e rovina anche i rapporti sociali. Operare per il rilancio della Città solidale e vivibile, comporta anche il piccolo sforzo di guardare oltre le mura e, perché no?, innamorarsi di quanto è vivo e vitale, al di fuori del Centro storico, come è il citato Roviglieto, con la sua splendida illuminazione, realizzata non molto tempo fa dall’Amministrazione Comunale, e con l’artistica Chiesa, che è stata così ben curata in passato dal canonico don Mariano Filippini e che ora attende l’inizio degli interventi di restauro. 135 BELFIORE E IL SUO FUTURO III (2002), n. 276, p. 19 Nei giorni scorsi la stampa si è occupata di Belfiore, in relazione alla consegna a famiglie di terremotati di un certo numero di alloggi, ricavati dalla ristrutturazione della ex-Cartiera Cruciani. È emersa anche qua e là la sensazione che ci si sia dimenticati di questo paese, tanto gravemente colpito dal terremoto del 1997. Per questo, vorrei occuparmi della importante frazione del Comune di Foligno, attorno alla quale ruotano, almeno dal punto di vista ecclesiastico, Liè, Ravignano, San Vittore e Acquabianca. Ultimamente, c?è stato un avvicendamento nella conduzione della comunità parrocchiale; a padre Roberto Parrozzani, della Congregazione dei Padri Somaschi, trasferito a Statte (Taranto), è subentrato il confratello padre Roberto Petruzziello, che, oltre ad occuparsi della vita pastorale della vasta parrocchia, è impegnato a seguire i lavori di ristrutturazione dell’Istituto Miani, insieme a fratel Giuseppe Supino, noto a Foligno per la sua indefessa attività a favore degli orfani. Una missione, quella del Parroco, particolarmente delicata in questo periodo, ma resa meno gravosa dalla profonda e lunga conoscenza della popolazione, dopo tanti anni di permanenza, in periodi diversi a Belfiore, e dalla stima che lo circonda. Gli obiettivi da raggiungere, anche se non nell’immeditato futuro, sono davvero grandi: la ristrutturazione delle due chiese di San Nicolò e di Santa Maria Assunta e delle cappelle di Liè, Ravignano e San Vittore; il terremoto, infatti, non ha risparmiato che la Cappella di Sant’Anna, che conserva preziosi affreschi di Pierantonio Mesastris. Anche l’ex-Asilo delle Suore, da anni proprietà della Parrocchia e trasformato in Centro 136 Parrocchiale Giovanile, attende di essere ristrutturato, perché gravemente compromesso nelle strutture dall’evento sismico, mentre lo stabile detto Circoletto, che ospita anche la redazione del mensile Salire, non avendo subito gravi danni, potrà più agevolmente essere riportato alla piena agibilità, dopo la sistemazione della zona adiacente. Grandi lavori, dunque, in prospettiva, che vanno ad aggiungersi a quelli che moltissime famiglie devono ancora affrontare o stanno già affrontando, per riportare Belfiore alla vita di una volta, con la su Scuola Media, le Elementari, la Materna, la Società Filarmonica e le tante iniziative in campo religioso, culturale, sportivo, politico e ricreativo. Basti pensare alla Sagra degli Strongozzi e alla gara di ciclismo Premio Liberazione. In merito al mensile Salire, c’è da riconoscere che, nonostante le difficoltà logistiche, esso prosegue la sua vita normale e sta per diffondere nelle case il numero speciale del Calendario 2003. Attorno ad esso ruota, infatti, un piccolo, ma dinamico numero di persone, che pensano, non solo alla sua composizione e distribuzione, ma pure alla sua immissione, anche se parziale, in Internet, attraverso il sito www.salire.net; un segno di vita, questo, che è motivo di speranza per tutti coloro che vivono e operano a Belfiore o, per motivi diversi, hanno raggiunto altri paesi. FESTA A ROVIGLIETO III (2002), n. 176, p. 19 Domenica 18 agosto, la piccola comunità di Roviglieto, che fa parte della Parrocchia di San Silvestro, di Cancellara, celebrerà la Solennità della Assunzione di Maria Vergine in Cielo. La Santa Messa sarà celebrata alle ore 10, mentre nel pomeriggio si terrà la Processione per le vie del paese. 137 I Sacri Riti si svolgeranno nel locale adiacente alla chiesa parrocchiale, danneggiata dal terremoto del 1997. SALIRE III (2002), n. 176, p. 19 Nella comunità parrocchiale di Santa Maria Assunta di Belfiore, da più di trent’anni, senza interruzione, è ripresa la pubblicazione del periodico Salire. Il prossimo numero si aprirà con una riflessione sulla speranza, tema particolarmente delicato, ma fondamentale, per gente che ha conosciuto le dure conseguenze del terremoto del 1997 e sta vivendo la travagliata fase della ricostruzione. 9 RACCONTI BREVI DA COLLE SAN LORENZO DI FOLIGNO II edizione riveduta e corretta, 2011 I edizione, in Il Giornale dell’Umbria, 2002-2003 A Mamma e Papà 1. L’EDERA IV (2003), n. 21, p. 19. Quando, l’altro ieri, insieme ad un personaggio noto anche al pubblico televisivo, per il suo copricapo dalle larghissime falde, oltre che per la sua competenza storica, e un esperto di fornelli, pentole e sughi, ma, a tempo pieno, anche di tutt’altro, ho percorso per la prima volta un sentiero di Colle di San Lorenzo, ho visto strappare, con mani decise, rami di edera 138 verdissima avvinta al fusto di una pianta, che subiva chissà da quando tale presenza. Una cosa che mi ha meravigliato, all’inizio, ma poi ho capito che il parassitismo, bello a vedersi – si tratta di una allettante composizione: fusto robusto più edera gentile -, è davvero, non solo odioso nella sostanza, ma dannoso in senso assoluto. Per chi lo subisce, infatti, si tratta di perdere, senza scopo e senza colpa, data quella presenza snervante, defatigante e devastante, la vita, il succo, l’anima e qualcos’altro ancora. Perdere, svilirsi e seccarsi per sempre. Per chi lo pratica, poi, è la manifestazione della nullità, trasformata in potenza: cosa ci vuole ad aggrapparsi e non perdere la presa e aspettarsi tutto dagli altri, con pretese impossibili, assurde e farneticanti? Il parassita non ha nulla da dare – solo l’immagine, l’apparente splendore e il luccichio senza senso – e cerca di rubare ogni cosa. Nel mondo di oggi, questa immagine dell’albero abbellito, si fa per dire, dall’edera, come una parete dalla tinta vivace – girate per Foligno e ne vedrete di belle, con le nuove mode giustificate dalla ricostruzione! -, potrebbe parlare a quei giovani, che nulla fanno per diventare autonomi e dare alla famiglia, alla città e alla chiesa qualcosa, perché esse crescano, migliorino, diventino sempre più attraenti, per la sostanza del loro messaggio e della loro esperienza e non per altri effimeri motivi, che solo gli allocchi possono apprezzare. Sfinire la società in ogni sua espressione e articolazione, succhiando senza posa e senza ritegno e non restituendo il prezioso liquore che si ingoia, è l’inizio di un processo degenerativo, che spaventa chiunque abbia un po’ di sensibilità e passione per gli altri, prima ancora che per la propria persona. 2. LE GALLINE IV (2003), n. 26, p. 19. 139 Il Professore le ha portate da Foligno, in uno scatola ora abbandonata su un piccolo piazzale, per collocarle nella nuova abitazione, deserta, purtroppo, da qualche mese, non per colpa delle galline. Le nuove inquiline – uso il femminile, anche se, tra le sette creature, oltre alle tre ovaiole e alle tre non ricordo più che cosa, c’è un galletto – sono ancora spaesate, a distanza di qualche giorno e non trovano da far meglio che stare rinchiuse, invece di godersi il bel sole di questa strana fine di gennaio, e far combriccola, a distanza, con due cagnolini e un gatto del posto. Stupide galline, svegliatevi! Il meglio non è alle vostre spalle o dentro il pollaio, ma di fronte a voi e fuori del recinto. Lo capirete, quando il Professore vi aprirà il cancelletto e beccherete nell’orto inselvatichito, che attende l’intervento risolutivo d’un milanese, con cronica nostalgia dell’Umbria. Allora sarà chiaro anche al vostro piccolo cervello – ce l’hanno, eccome, il cervello, le galline! – che l’aria, il sole, l’erba e le piante valgono più del becchime e che i vermi – che verme ho visto, in mezzo alla strada asfaltata, nella zona di San Bartolomeo! Ma lui non ha il cervello, ed allora, l’ho tirato su in qualche nodo e l’ho ributtato tra l’erba – sono più gustosi di quella robetta gialla messa nelle scodelle. Vi renderete anche conto che, nello spazio verde, altre creature passeggiano: piccioni, passeri e simili, in cerca di preda. Riuscirete, una volta uscite, a fare un patto di pacifica convivenza con loro? Non credo! Non ne siete capaci, con il cervello che avete. Si tratterebbe, infatti, di ragionare, confrontare, ipotizzare, concludere e poi riprendere il discorso daccapo e sentire le opinioni di chi era assente alla prima riunione, prima d’arrivare alla decisione. 140 Le decisioni, voi non lo sapete, fanno soffrire. Ed allora, quando arriverà il tempo della libera uscita, rinunciate pure agli incontri-scontri. Scorrazzate e beccate e soprattutto producete le uova, come si deve, per non tirarvi addosso i rimbrotti del Professore. E preparatevi a finire – sarà comunque una fine gloriosa! – nella pentola, per una cena tra amici, in riunione, per prendere, come si dice, una decisione sofferta. 3. L’OLEANDRO IV (2003), n. 28, p. 18. È incredibile, ma vero: l’oleandro può finire, nella nostra cara Foligno, in un contenitore destinato all’olio o al vino e ad altri liquidi. Nato per stare in zone ampie, senza definiti legami, ora è lì, costretto a non guardarsi addosso, per non vedere il vetro, che ricopre e costringe nel suo abbraccio la terra, che l’alimenta. Se potesse, direbbe: “Ma dove mi avete ficcato?”. Ragionando un po’, però, arriva a comprendere che, in fondo, la terra non gli manca e neppure l’acqua, tanto meno le cure del giardiniere, convertitosi a questo stravagante mestiere, soltanto da pochissimi anni. Non difetta neppure il sole, che dai monti vicini sorge e inonda il terrazzo e quanto vi è sopra – pure una scodella con un po’ d’acqua e biscotti spezzati vi hanno dimora per gli uccelli residenti nei paraggi -, generando un po’ d’invidia in chi non ha questa fortuna. Ed allora, che vuole questo oleandro, così giovane, inesperto ed ingenuo? Cosa pretende, lui che della vita non ha alcuna esperienza e non può vantare punti di vista di alto profilo? Null’altro che conoscere il luogo d’origine, la storia sua personale, o meglio quella dei suoi antenati, custodita chissà dove, e poi spiccare il volo – ma le 141 ali, purtroppo, gli mancano -, per radicarsi di nuovo e cominciare daccapo la vita. Chi lo può aiutare? Soltanto chi ha fantasia, è in grado di aprirgli gli occhi e dirgli che basta sognare, per essere dove si vuole. È sufficiente disegnare uno spazio e fissarvi le immagini care, unite ai propri pensieri e progetti, e ripercorrere le linee, che legano ciascuna alle altre, adornando le icone di parole, grida, lacrime ed anche sorrisi. Così gli tornerebbe tutto più chiaro. Non è vero? 4. IL GALLO IV (2003), n. 40, p. 21. Questa è la continuazione di un’altra storiella, in quanto il gallo, di cui qui si tratta, è una di quelle sette galline – l’errore semantico è straziante, e per uno che ha insegnato filosofia e si è occupato a lungo di quella del linguaggio, è soprattutto umiliante – residenti in un Colle assai celebrato da chi lo conosce davvero e ne sa cantare le bellezze uniche e nascoste agli sguardi di quelli che transitano per la Strada Statale 77 o che, più sotto, vivono a Belfiore, Vescia e Scanzano. Ebbene, visto che il cancello – uno dei tre: ma non esiste a Foligno una tassa per i cancelli? – era stato semplicemente accostato e considerato che il vento, ma soprattutto il muso del cane – uno dei due abituati ad accompagnare il Professore e l’Ospite nelle loro passeggiate post prandium, alla ricerca di asparagi, quelli che poi si amalgamano volentieri con le uova delle bestie suddette -, hanno la capacità intrinseca di aprire e sbattere qualsiasi porta, il povero pollo, pardon gallo, si è ritrovato disteso a terra, colpito non ancora a morte – ma le cose si erano messe proprio male, per sua mala ventura -, sotto lo sguardo truce e le zampe minacciose e graffianti del cane. 142 Per fortuna, il Professore – forse ispirato dal fiuto, di cui solo lui conosce l’origine e lo spessore – aveva accolto proprio a quell’ora il Vicino, per sistemare due piccioncini, prelevati in città dal solito commerciante di vite… animali, nello stesso spazio della galline, troppo sole e impaurite e, per questo, finite in anfratti insicuri, illuse di superare in quei rifugi i momenti di angoscia, che le rende simili agli umani. Da questa normalissima idea – ma quale delle idee, salvo quelle platoniche, non sono normali, cioè rispettose della norma di nascere, vivere e tramontare? – è dipesa la salvezza del gallo, che non saprà mostrare la sua gratitudine, ma forse, in momenti di alta coscienza della sua condizione, qualcosa pur intuirà. Grazie ai piccioni, ora egli è di nuovo nel pollaio e forse per lui sarà solo un brutto ricordo l’impari lotta con i denti del cane e potrà felicemente continuare – non si sa, però, per quanto, visto che i programmi del Professore sono ormai stilati e prevedono non pochi incontri di studio – a passeggiare per l’orto e a cantare, senza per questo subire lo sfratto, come è accaduto ad un suo simile al centro-Città, in un luogo destinato al riposo, allo studio e… alla preghiera. Se non ci fosse ogni tanto quanche buona idea, come sarebbe il mondo? Un pollaio aperto, in cui tutti i cani credono di avere il diritto di scorrazzare e impunemente devastare ogni cosa. Poveri noi! 5. I PIANTONI IV (2003), n. 43, p. 18. Se ti capita fra capo e collo una legnata, cosa fai, se non urlare e piangere a dirotto? E se ti tagli, non leggermente, ma sul serio, mentre stai operando con un arnese affilato, non gridi? 143 Se, però, tu fossi un piantone – lo sai che cosa sono i piantoni? -, allora sopporteresti ogni cosa, qualsiasi dura operazione, ogni intervento di chirurgia plastica e non. Proprio in questi giorni puoi verificarlo, se percorri la strada, che da Sant’Eraclio conduce a Roviglieto, oppure se vai a Belfiore – non è mica molto lontano, a meno che, sbagliando, arrivi a Colfiorito – e poi, voltando a sinistra, ti inerpichi, in macchina o a piedi, verso Liè. Piantoni tagliati, scarnificati, amputati e rasati, come se si trattasse di alberi, votati alla moda imperante di lasciar passare sulla testa il rasoio e permettere al parrucchiere provetto di modellare, tra la selva dei capelli, un disegno o una sigla. Non si lagnano i piantoni, non stridono i loro rami, le foglie non versano lacrime amare e neppure sussurrano strani lamenti. Subiscono e basta. O meglio, accettano il doloroso e radicale intervento, pensando ai frutti dell’altra stagione, non proprio abbondanti. Vorrebbero anch’essi portarne a bizzeffe, senza subire apparenti angherie e disumani tormenti. Addirittura, sarebbero tentati di ribellarsi alla mano violenta – una violenza d’amore, è chiaro, in vista del loro avvenire – e adagiarsi, assopirsi e dormire, per poi risvegliarsi, carichi di olive attraenti, bruciando tempi, regole, passaggi obbligati, naturali, ma scomodi. Invece, i piantoni resistono e vanno imperterriti avanti, accettando la mano pesante – e quanto! – del potatore diventato maestro chissà come, anzi, si sa come: per caso e passione, con meraviglia e sorpresa di tutti gli esperti, increduli e ironici al principio, ma poi, pentiti, anch’essi apprendisti del metodo nuovo. Vogliamo scommettere che anche questa storiella ha qualcosa da dire alle donne e agli uomini d’oggi? 144 6. LE LUMACHE IV (2003), n. 51, p. 19. È deciso: lunedì sera – l’ora precisa non si conosce, visto che la sera comincia in momenti diversi qua e là nel folignate -, le lumache, che l’altro giorno ho visto ben sistemate in due contenitori da pescatore, sospesi a non so più che cosa, in un vano di sbroglio di una casa di Colle, friggeranno, vale a dire daranno l’ultimo saluto alla vita, per soddisfare palati ben educati ai sapori. Povere lumache! Speravano di farla franca, nonostante la cattura e l’internamento. Tornare in libertà tra le erbe e le erbette, magari ai piedi di un ulivo, era la loro idea fissa, da quando una mano esperta le aveva scovate, preparandosi la strada con un bastone e mormorando: “Meglio oggi una piccola per me, che domani una grossa per gli altri”, e le aveva messe nel secchio – ma, a lumache, si va proprio con questo aggeggio ? -. Un sogno impossibile, visto che loro, le lumache, esistono, per nutrire, oltre che nutrirsi. Non c’è posizione culturale che tenga, almeno da noi: esse non sono persone e quindi non è scandaloso gustarle nella forma primitiva di cottuira sui carboni, oppure sulla stufa a gas o a legna, adagiate in tegami ben levigati e oliati e contornate da cosine, che gli esperti di cucina hanno da tempo selezionato e conservato per l’occasione. È vero che al mondo c’è chi non le mangia. Quelli di Spoleto, per esempio – e dire che, fra qualche anno, saremo insieme all’ombra della stessa, nuova Provincia ! -. Ma è altrettanto assodato che noi folignati – anch’io, cannarese e in parte spellano, ormai lo sono per acquisizione – siamo soliti dire : “Mejo ‘na lumaca che ‘na sargiccia”. E allora, avanti, prepariamoci al banchetto, dopo aver chiesto scusa, da persone educate, alle 145 lumache, e aver fatto scorta, oltre che di stecchini, per stanarle dal guscio, anche di salviette, per non lasciare i segni della mangiata. Fatto questo, però, torniamo alle cose serie e risolviamo i veri problemi delle donne e degli uomini d’oggi, con saggezza, lungimiranza e soprattutto altruismo, magari cantando, come facevamo da ragazzi: “Le lumache e i lumaconi friggeranno sui carboni”, con quel che segue. 7. GALLO II IV (2003), n. 59, p. 18. E il gallo che, non molto tempo fa, fu aggredito da un cane, a pochi giorni dalla presa di possesso del pollaio e dell’orto adiacente, di proprietà del Professore, dove è finito? È morto, purtroppo – ridotto com’era in condizioni, se non proprio disperate, certamente preoccupanti -, nonostante le speranze – sempre dure a morire – del Proprietario. Ma che pollaio sarebbe – ha egli pensato – senza il Principe-gallo? Provvedere tempestivamente alla sostituzione – non che un secondo gallo fosse in panchina, a disposizione dell’allenatore: questo avviene in altro, diversissimo settore della vita non-animale, che spesso scade a comportamenti non-umani, e per questo non solo ridicoli, ma veramente folli, causa di fatti da codice penale, patrie galere e lunga rieducazione in riformatori da ricostruire appositamente e con urgenza e da affidare a educatori altamente specializzati -, era un imperativo assoluto. Non era in panchina, ma dal rivenditore di galline. Il Professore che ha fatto? Nient’altro che tirar fuori il portafoglio e passare il prezzo, per averne un altro più grintoso del primo e soprattutto più fortunato e capace di tenere testa ad un eventuale secondo cane, irrispettoso dei confini e degli spazi vitali accuratamente 146 predisposti per animali non da salotto, a cui la natura ha assegnato il dovere di preparare cibo per gli uomini. L’ingresso in campo è stato problematico. Le galline non lo gradivano, peggio lo beccavano. Becca e ribecca, cosa sarebbe rimasto del manto del gallo? Il Professore, per questo, ha pensato di metterlo in provvisorio isolamento, non perché fosse affetto da male contagioso, ma per risparmiargli punture e maltrattamenti, che avrebbero ferito piuttosto che il fisico, la psiche del Principe. È servita la cosa! Per questo, venuto il momento – a insindacabile giudizio del Professore -, ha preso in tutto e per tutto lo spazio per breve tempo occupato dal predecessore. È qualche giorno che io non lo vedo. Appena potrò, andrò a trovarlo, per rendermi conto, se svolge con cura il suo compito, prendere nota della sua condotta ed eventualmente fare tesoro del suo esempio. E basta! Io, semplice Ospite, infatti, non posso dir nulla di utile al gallo. Il Professore me l’ha proibito. 8. CAROTA IV (2003), n. 63, p. 19. Prova a ricordare. Quel giorno, dopo corse, file e veloci fughe strategiche, per vicoli e vicoletti, per non perdere tempo ed assolvere tutti i piccoli compiti annotati con cura su un foglietto, avevi i nervi tesi e non sapevi come calmarti, finché ti venne l’idea di prendere in mano un temperino e scuoiare un bel ramo, per arrivare fino alla parte dura del legno, bianca e levigata, come fosse di ghiaccio. 147 La tensione si è pian piano risolta, per fortuna tua e di quelli che ti vivono accanto, per amore o dovere, e quasi avresti voluto continuare quell’esercizio, fisicamente non impegnativo e a livello psichico assai distensivo, se non ci fosse stato qualcos’altro di impellente e importante da fare. La terapia del bastone è una buona soluzione per uno dei problemi più diffusi nel mondo di oggi e di tale capacità di contagio, che, se per caso ti trovi accanto a chi ne è affetto, rischi davvero brutto: comincerai a vibrare come lui, collocato ormai sulla stessa lunghezza d’onda e inconsapevolmente trascinato nella sua sfera d’azione pervasiva quanto quella del sole. Riuscire, infatti, a tagliare, strappare, levigare, aggiustare e cose simili, badando a non andare fuori pista e offendere la mano che regge il bastone – in particolare l’indice emergente, protagonista della presa col pollice -, è già un risultato, da fissare sul notes a portata di mano, quello della mente, che, seppur agitata, ancora riesce ad accorgersi che bisogna starci col capo, quando si manovra una lama, pur striminzita. La calma si riconquista così, gradualmente, checché ne dicano quelli che non l’hanno mai sperimentato e che ostinatamente sostengono che è vero soltanto quello che provano loro, in condizioni e circostanze tanto diverse da quelle, in cui tu ti sei venuto a trovare, d’un colpo. Alla fine, meriteresti la famosa carota, a premio di tanta pazienza ed impegno, per riportare il sistema nervoso alla giusta tonalità e armonia, ma di essa è meglio privarsi, per non scadere ad animali inferiori, che abbisognano di zuccherini e carote come ricompensa di gesti imparati a memoria, o meglio assimilati, a forza di ripeterli, su ordine di un padrone, simpatico quanto si vuole, ma sempre padrone, preoccupato soltanto di far eseguire al povero alunno-animale, con la perfezione, che a lui sembra più alta, solo quello che ha in mente e non altro. Meglio privarsene, dunque! 148 9. PASSERI IV (2003), n. 3, p. 19. Ho da poco collocato in un bel recipiente due biscotti fatti in briciole per i passeri, che abitano in stanze ricavate con intelligenza nei meandri degli alberi vicini al mio appartamentino. Che li mangino, anzi li divorino, non lo so soltanto io, ma cominciano a saperlo anche altri – le buone notizie si dffondono ancora, per fortuna! -. È così che, in qualche modo mi sento a posto con la coscienza nei confronti degli animali, che non possiedo e non curo in casa, come fanno tanti altri con cani, gatti e uccelli di razze pregiate. Non che non abbia anch’io nella mia vita avuto degli animali. Ricordo il mio povero cane, quand’ero a Belfiore, che, ad un certo punto, si ammalò e nulla si poté fare, per dargli la possibilità di arrivare alla morte naturale, e il gattino, che, in Viale Ferdinando Innamorati, non trovò, un giorno, la solita accoglienza e spirò – povero lui! -, senza essersi troppo preparato al momento finale. Ma ora non voglio più animali in casa; mi darebbero troppo da fare e poi sicuramente li scontenterei in qualcosa, esigenti come sono. La soluzione di governare gli uccelli, stanziali o di passaggio, sul davanzale della finestra verso il terrazzo, mi sembra, per questo, la migliore possibile. Che poi loro, senza tante premure per la pulizia, lascino segni di vario colore, in nessun modo attraenti, è naturale. Debbono pur fare capire che sono passati, che hanno gradito il pasto signorile e che sono anche capaci di dare un po’ di fastidio. Nei limiti, però, della sopportabilità: un po’ d’acqua e uno spazzolone e tutto torna come prima sulle mattonelle. 149 Bravi passerotti, venite a beccare i biscotti nel rosso contenitore, destinato a tutt’altro nelle intenzioni di chi un giorno lo acquistò. Tornate, ma siate gentili e non fuggite, quando avvertite la mia presenza, e fate in modo che io vi possa almeno osservare, quando beccate. Datemi questa soddisfazione! 10. PICCIONI IV (2003), n. 79, p. 19 Che ne è dei due piccioni, che il Vicino ha donato al Professore? Si deve riconoscere che il mondo animale delude di rado. Anch’essi, infatti, hanno figliato e portato all’esistenza due piccioncini, che ancora per poco stanno ben protetti l’uno accanto all’altro, un po’ impauriti, nelle casette, con un destino segnato: finire sui piatti di qualcuno – due piccioni non sono granché, ma in quattro si riesce a gustarne sufficientemente il sapore, ammesso che il cuoco conosca tutti i segreti del caso: ingredienti da usare per insaporirli, di che riempirli, come cuocerli e servirli -. “Poveri animali!”, dirà qualcuno – speriamo che non si tratti di un ambientalista accanito e neppure di un oppositore di chi si ciba di carni animali, vegetariano di razza -. Io non arrivo a tanto. Ma un po’ di compassione per loro la provo, avendoli immaginati prima e poi visti, così indifesi nella loro cuccetta, lontani dagli sguardi indiscreti di chi passa da quelle parti – è vero che stanno in Periferia, ma è pur sempre un luogo abitato e chi sbircia qua e là, c’è dappertutto -. Verrebbe la voglia – chi lo nega? – di lasciarli sopravvivere fino allo scadere naturale del tempo loro assegnato – quanto camperebbe un piccione, se non gli si facesse la festa? -. 150 Ma poi ci si troverebbe come in Città, dove i piccioni svolazzano come e quanto vogliono e sporcano pure, tanto che se ne sono inventate, con scarso successo, chissà quante di strategie, per allontanarli o addirittura eliminarli in modo indolore, ma loro continuano a vivere indisturbati, nascosti in irraggiungibili anfratti. E la Periferia perderebbe la sua tipica fisionomia, sognata e agognata da chi è sommerso da rumori e odori non proprio piacevoli, con grave sbandamento di chi studia questo genere di cose e con danno incalcolabile per i ritmi e le fasi della vita animale e vegetale. Allora, pazienza per i piccioncini e “Buon appetito!” ai quattro fortunati invitati, oltre che a auguri alla coppia, che siamo sicuri non deluderà le attese, rispettando puntualmente i ritmi di cui sopra. 11. GIGLI E TACCHINI IV (2003), n. 8, p. 18. Ma guarda come vanno le cose! Cespuglietti di gigli campestri, che finiscono su un terrazzo cittadino, e tacchini, che facevano bella mostra di sé in un negozio urbano, che emigrano per sempre in un pollaio – dovrei dire tacchinaio? – di Periferia. Ma la vita è fatta così. Non si può decidere sempre dove stare, dove andare, dove stabilirsi o dove semplicemente passare il fine-settimana. Altri lo fanno – chiamati a questo compito – per noi e noi non possiamo mica dire “No!”. Sarebbe scorretto e soprattutto foriero di beghe infinite. Allora, un plauso all’appassionato coltivatore diretto di fiori di terza categoria, che, mettendo a frutto un’arte imparata così e così, attraverso errori, oltre che tentativi, per la sua volontà di piazzare un fazzoletto di campagna-collina- 151 montagna al secondo piano di una costruzione, di cui il cemento armato è l’anima dura e i mattoni a vista la veste simpatica e solida. Altrettanto all’infaticabile Professore, che si intende di animali, quelli che finiscono sui piatti della sua mensa, per la fermezza con cui si oppone a chi vorrebbe tornare in Città, per fare il mestiere di farsi vedere. Non possono, non devono neppure sognarlo, i tacchini, perché ormai la terra collinare, con l’erba e il mangime, che all’ora stabilita vengono sparsi con cura, è la loro definitiva dimora – si fa per dire, se si pensa alla mensa predetta, con stoviglie e bevande e quant’altro necessita per un pranzo o una cena – e il terreno non elegante, su cui le loro zampette si muovono agilmente, insieme a quelle delle galline, del gallo e dei piccioni, è il sito ultimo a loro assegnato. Una famiglia abbastanza assortita, quella appena descritta, ma non proprio ingestibile. Chissà, però, che non arrivi qualche altro animale, capace di mettere in difficoltà quelli già residenti e felicemente conviventi e creare subbuglio! A quel punto, si presenterebbe l’impellente necessità di stilare un regolamento, con orari precisi, regole fisse e sanzioni ben calibrate, per tutelare la pace animale. E la nomina di una commissione di esperti sarebbe inevitabile. 12. OLEANDRO DUE IV (2003), n. 90, p. 19. Continua qui la storia dell’oleandro – conosco anche un’altra pianta, di nome aralia, ma di essa più in là – trapiantato in una damigiana da un inespertissmo giardiniere da strapazzo, che aveva quasi affogato le incolpevoli radici in terra troppo bagnata e quindi inadatta. Non è la conclusione, perché può darsi che l’arboscello riprenda vigore, ora che si trova in una 152 coccia – non arriccino il naso i puristi, che ci sono anche a Cupigliolo – e guarda al proprio futuro con l’aria apparentemente serena: ma non lo sarà un po’ troppo, nel senso che ormai la morte è arrivata e lui s’è proprio seccato? Ora il giardiniere sta facendo il possibile, per distribuire in vasi normali il materiale umidissimo e riportare il contenitore alla sua primitiva funzione: non che ci versi di nuovo dell’olio d’oliva, oppure lo destini al vino che inebria, ma per l’acqua sarà utilizzato, come riserva per la stagione, in cui se ne sentirà particolarmente bisogno. L’oleandro stia dunque al suo posto e la damigiana faccia il suo mestiere, anche se ora si trova più in alto di prima: dal garage al terrazzo, che ascesa! Le ha dato alla testa, può darsi, e le ha fatto scambiare il passaggio da un luogo ad un altro come transito da una ed un’altra natura. Non è così e non può essere, nonostante le stravaganze del giardiniere. Il quale deve avere pazienza, se tutte le ciambelle non gli riescono come si deve: è la vita e la storia di chi vuol fare – non strafare – qualcosa. Le scuse all’oleandro? Ma, certo, e alla damigiana, tanto non costano nulla, mentre pesano quelle che si devono a chi non è stato trattato con stile elegante da noi. 13. CIPOLLE IV (2003), n. 99, p. 18. Dal sacchetto delle cipolle del Professore, esperto botanico, sono uscite, per sua gentile e generosa attenzione nei confronti di me, cher aspiro a diventare giardiniere-ortolano, piccoli esserini, destinati a entrare nei vasi allineati sul terrazzo del mio appartamento cittadino in affitto, in Via Fiume Nera. Anche un esemplare più grosso, in verità, ha preso la strada che da Colle conduce alla Periferia, per 153 finire sotto terra con il bulbo e l’incipiente capigliatura ben fuori, all’aria, al sole e alla pioggia. Ora che il tempaccio sembra finito, le prime cominciano a mostrarsi al mio sguardo e l’ultima cresce che è un piacere nel suo addobbo verdastro. Ma si tratta sempre di cipolline, che diventeranno cipolle al tempo opportuno, per assicurare un tono speciale e riconoscibile anche a distanza – non certo con la forza dell’aglio – a qualsiasi cosa si voglia cucinare e mangiare. Un bel frutto, la cipolla, soprattutto agli occhi di chi si vanta di provenire da quella terra che si chiama Cannara, che sembra non avere poi tanta fama – schiacciata com’è tra le sorelle maggiori, più celebrate e corteggiate: Assisi, Foligno e anche Bevagna -. Pretendere, però, che, nascosta in terra e irrorata con abbondanza di acqua, si trasformi, non si sa per quale artificio, e si mostri in abiti diversi all’esterno, è proprio impossibile, assurdo. Essere quello che si è, sempre e dovunque, senza camuffamenti carnevaleschi, è un dovere di tutti; lo dico espressamente, per evitare che si pensi che, con questa ingenua storiella, abbia inteso dire chissà quale altra cosa. 14. ASPARAGI IV (2003), n. 101, p. 18. Una frittata – le uova sono rigorosamente quelle prodotte da galline di Periferia, senza grilli per la testa, come li hanno le cittadine, vanitose e pettegole – arricchita da asparagi, scovati con perizia e furbizia, correndo anche il rischio di far capitomboli giù per le ripe, è una cosa che pochi possono conoscere nella sua intrinseca bontà e bellezza – il giallo, il bianco e il verde si armonizzano che è un piacere per gli occhi, nella padella! -. Chiunquue, però, in teoria, potrebbe permettersela, almeno una volta nella vita, a 154 condizione che si fornisca di un bastone appuntito – o meglio, con la punta di acciaio o di ferro -, idoneo a fare rumore tra le asparagine e quindi imperioso nel dire alle vipere, che potrebbero beatamente esservisi annidate, per il riposo giornaliero o una vacanza prolungata, di andarsene, almeno per un po’. Oltre al bastone, ci vuole un buon occhio, anzi due, o quattro, se si considerano gli occhiali – non è raro che si definisca uno “quattr’occhi”, per il semplice, innocente fatto che inforca tale curioso strumento, anch’esso diventato, con il tempo, aggeggio per nascondere o correggere o evidenziare; la moda se ne è impadronita e lo fa vendere con le motivazioni o scuse più varie -. Va comunque, anzitutto, compreso – ci vuole una lezione di teoria, prima di avventurarsi per boschi e uliveti, in collina o sui monti – che l’asparago non è detto che sia verde. Può essere di un colore tra il marrone e il rossoscuro e, per questo, confondersi con altre realtà non commestibili, capaci, però, anch’esse di attirare gli occhi del turista per caso in cerca di asparagi. L’apprendista abbia pazienza. Ci vogliono almeno due uscite come esercizio, per vedere, provare ed emettere un gridolino di soddisfazione, allorché un incauto asparago – è piccolino, ma: “Meglio piccolo per me, che grosso per gli altri!” -, sbucato in una zona apparentemente inadatta, entra in scena in tutta la sua innocenza e si lascia strappare, o meglio spezzare, per finire nel sacchetto di plastica, con l’insegna di un negozio chic cittadino di frutta e verdura. Verrà, comunque, il momento in cui l’allievo supererà, come avviene in ogni altro campo, il maestro, il quale, a quel punto, proverà un pentimento istintivo, per avergli svelato troppi segreti, visto che di asparagi lui stranamente ne trova più pochi. 155 Prudenza, quindi, e giudizio nell’insegnare e nell’addestrare qualcuno in qualsiasi arte. 15. RIFIUTATA IV (2003), n. 127, p. 19. Doveva fare fiori belli e attraenti e, da quando è stata piantata, ne avesse fatto uno! La decisione del padrone di casa è stata dunque drastica: liberare il giardino dalla inutile presenza di quella sterile pianta. Per fortuna, mi sono trovato sul posto durante l’operazione di rifiuto e ho chiesto e ottenuto di poterla portare a casa, dopo che mano gentili l’avessero ben sistemata in un vaso. È iniziata così, in un’altra zona della Periferia, la seconda fase della storia di una pianticella, ora un po’ ridimensionata nella stazza dagli interventi di potatura, un po’ troppo radicale, ma, mi si dice, necessaria. La speranza non è certamente che faccia quei fiori particolarmente graditi alla vista – se avvenisse, si dovrebbe gridare al prodigio della Natura -, ma almeno che cresca e faccia a me quell’ombra, che tanto desidero, quando il sole d’estate non è gradito, come lo è, quando s’affaccia in primavera, al suo sorgere, da dietro il monte di Sassovivo. Così anch’essa, destinata a insecchire in un angolo dell’orto, per poi finire nel fuoco, potrà essere di qualche utilità e vincere la scommessa della sopravvivenza. Se anche tra gli esseri umani si desse a chiunque una seconda opportunità, dopo un brutto fallimento o un insuccesso cocente – chissà? -, la società sarebbe migliore, più accogliente, addirittura piacevole. Il fatto è che la fretta domina tutti e il tutto e subito, o giù di lì, è la regola-madre di ogni comportamento, e perfino l’agire di chi dovrebbe, per vocazione, educare, come i genitori, i maestri e tutti gli altri operatori sociali, ne risente, con le 156 conseguenze che si possono immaginare e le brutte code, che allungano la loro ombra sulle vicende delle persone. Ridare fiducia e speranza: un bel compito, che, se assolto come si deve, meriterebbe la lode. 10 SALIRE, MENSILE DI BELFIORE DI FOLIGNO Antologia da “Salire”, mensile di Belfiore di Foligno (Perugia) Prima parte PARLAR CHIARO, PARLAR CRISTIANO Prima Serie ANGELA Riservo il primo posto ad una grande mistica – Angela da Foligno -, anche perché ha sperimentato in modo mirabile la comunione profonda e intima con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Non ha certamente raggiunto questa mèta con le sue sole forze; si è trattato di un grande dono, che lei ha accolto e custodito fedelmente, dopo essersi preparata – come viene ben documentato nel suo “Libro” – con una conversione continua e radicale, sull’esempio di san Francesco d’Assisi,diventando povera di cose, di persone e di sé. Perché escludere che anche per ciascuno di noi la strada della familiarità con Dio è aperta e percorribile? Perché non pensare più intensamente alla presenza 157 di Dio in noi, dal giorno del Battesimo? Perché non intrattenere un dialogo personale con le tre Persone Divine? Angela ci dia una mano. BENEDIZIONE Alla mia richiesta: “Benedizione!”, mia mamma rispondeva, alla fine della giornata: “Dio ti benedica”, comunicandomi un dono affidatole dal Signore. Egli, infatti, si serve di noi, per assicurare chi ci sta intorno, che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ci vogliono bene, desiderano il nostro bene, effondono il vero bene nella nostra vita, fatta di gioie e dolori, speranze e delusioni, successi e sconfitte. Ricevere, dunque, la benedizione di Dio, attraverso i genitori, o un sacerdote, o una persona amica e ricambiarla generosamente, dal profondo del cuore, può aiutare a tenere alto il tono del nostro cammino spirituale, a cancellare paure e amarezze e ad aprire orizzonti nuovi. Proviamo! CORAGGIO Confesso che, quando pronuncio “coraggio” che ho scelto come titolo, mi torna spesso alla mente il tono, con cui, in una particolare circostanza, la pronunciò Papa Giovanni Paolo I, che servì la Chiesa per brevissimo tempo. Un tono … incoraggiante! Da qui, però, non è il tono, che può prendere il volo, ma la sostanza, che mi sembra essere questa: non ci si deve mai perdere d’animo, per un semplice fatto: Dio non ci abbandona mai. Anche quando ci sembra il contrario, dobbiamo ripetere a noi stessi: “Dio è vicino”. L’effetto desiderato – rianimarsi, ritrovare una buona dose di entusiasmo, recuperare una carica interiore sufficiente -, non si farà attendere molto. Coraggio! 158 DONO È vero che oggi si preferiscono parole come: regalo, presente, pensiero, ma il termine dono è molto, molto più significativo, anche e soprattutto perché si può applicare a ciascuna persona, che è essenzialmente un dono di Dio alla famiglia umana. Ma qui vorrei sottolineare un aspetto un po’ dimenticato: noi possiamo diventare un dono per il Signore. Mi spiego: noi, suo dono, possiamo restituirci a Dio, riconsegnarci a lui, giorno dopo giorno, in una gara di generosità con noi stessi, per essere, alla fine, tutti di Dio. Sto vaneggiando? ESPERIENZA Sono solito distinguere, quando scrivo sulla beata Angela, tra dottrina e esperienza. Due cose diverse, che, però, in lei erano in profonda armonia. Quello che insegnava ai suoi figli spirituali – e oggi a chi legge il suo Libro – era strettamente collegato a quello che aveva personalmente sperimentato. Non avviene sempre così, purtroppo. E, per questo, ci vuole pazienza. C’è da augurarsi, però, che sempre più si avvicinino, in chiunque parla o scrive, il sapere e il vivere. È molto più convincente, infatti, la parola di chi dice qualcosa, perché l’ha vissuta intensamente, rispetto a quella di chi ha solo studiato. Perché non chiedere a Gesù, Maestro e Modello insuperabile, di sapere e sperimentare quello che lui vuole da noi? FELICITÀ Non sono i soldi a renderci felici. Molti, però, lo pensano e lo dicono. Non è il successo a darci la felicità. Molti, però, lo credono e lo predicano. 159 Non sono i titoli la base della nostra felicità. Molti, però, li ritengono un buon punto di partenza, per raggiungerla. Sono le cose semplici, fatte con amore e per amore, a dare al nostro cuore assetato di beatitudine, un po’ di sollievo. Resterà, sempre, però, un grande vuoto. Saremo pieni di felicità solo alla fine – e per noi la fine non è la morte, ma la risurrezione -, in Dio. GRAZIA Quando il Signore – il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo – decide di intervenire nella vita dell’uomo – di tutti gli uomini, nessuno escluso -, lo fa per puro amore. Gratuitamente. Lo muove la passione, che egli ha per le sue figlie e i suoi figli, che desidera salvi, felici, santi, buoni. Si comprende, così, quanto sia smisurata e mirabile l’abbondanza dei suoi doni naturali e spirituali, per facilitare ad ogni donna e ad ogni uomo il cammino dell’esistenza. Perché non sostare un poco a riconoscerli, per farli poi fruttificare per il bene di tutti? INTENZIONE Quando ci accingiamo a fare un’azione – soprattutto una di quelle che contano molto, importanti per il nostro futuro -, noi riflettiamo, pensiamo, esercitiamo al meglio le nostre capacità di intelligenza. Costruiamo l’intenzione, che ci guiderà nell’agire. È una fase della nostra esperienza umana, molto delicata. Se, infatti, l’intenzione è buona – e lo deve essere, se vogliamo piacere a Dio -, si vedranno i buoni frutti. Se è cattiva, genererà una serie di comportamenti cattivi, con conseguenze negative sulla nostra vita e su quella degli altri. E se, nonostante la buona intenzione, qualcosa non 160 andrà per il verso giusto? Pazienza! Non ci mancherà il modo di fare, con serena coscienza e soprattutto con umiltà, un bell’atto di riparazione. LIBERTÀ Di fronte alla possibilità di fare il male, ti senti libero di fuggire, di rifiutare l’attrazione del peccato? Oppure … E se è il bene ad esercitare su di te il suo fascino – in misura più o meno grande -, cosa fai? La vera libertà – sappilo e ricordalo – non consiste nel fare ciò che ti pare e ti piace, al di là e al di sopra di ogni regola morale. No, no! Essa è autentica, quando riempi il suo spazio con atti di vero amore per Dio e per il prossimo, non quando si pasce di egoismo sfrenato. Libera da tanti condizionamenti, libera per testimoniare il Bene, deve essere ogni persona. MEMORIA Ogni cristiano ha alle spalle una sua storia personale, nella quale si incontrano altre storie, che a loro volta rimandano a storie più lontane. La fede di ciascuno entra in questa trama, che va conosciuta e esaminata nei suoi passaggi fondamentali. Altrimenti, ci si sentirebbe un po’ fuori del tempo e dello spazio. Delle persone, alle quali dobbiamo qualcosa di quello che costituisce il nostro bagaglio umano – culturale e spirituale -, si deve fare memoria. Anche degli eventi va fatta memoria, con spirito sereno, senza astio nel cuore, se quelli negativi scottano ancora. Di quelli felici e carichi di bontà, gioia e speranza, si deve fare un punto di partenza, per rendere gloria e lode al Signore. 161 Il nostro presente ne trarrà un beneficio sicuro e duraturo. NOVITÀ Intendo, non una qualsiasi novità, ma quella della vita. È, infatti, una vita nuova quella che ci è stata comunicata nel Battesimo e che noi alimentiamo con il Corpo e il Sangue di Cristo. Essa comporta uno stile nuovo, diametralmente opposto a quello mondano. Una mentalità nuova, in conflitto perenne con quella che il mondo coltiva, fomenta, propone e sostiene. Una prassi – azione – nuova, intrisa soltanto di amore – per Dio e per i fratelli, per amore di Dio -. Un risultato nuovo: cambiare il mondo fondato sul danaro, il piacere, il sesso senza regole, il potere che inebria la mente, offusca la vista e inaridisce il cuore. Donne nuove e uomini nuovi: perché avere paura di crederlo e di proclamarlo? OFFERTA L’offerta di noi stessi a Dio è una cosa seria. Non possiamo, infatti, presentarci a lui sgangherati e disordinati; dobbiamo fare del tutto per essere a posto, o meglio,rimessi a posto dalla sua grazia e dal suo perdono, se vogliamo che egli accolga e gradisca il dono che facciamo di noi stessi, sia nell’Eucaristia, sia nei diversi momenti della vita. Una volta fatto questo, sarà più facile offrirci anche ai fratelli come sostegno, aiuto, conforto, a cominciare da chi è legato a noi da vincoli di sangue. E sarà una grande, bella avventura! PENITENZA Non ad un Sacramento intendo riferirmi, quello che noi italiani siamo abituati a chiamare ”Confessione” e che invece va indicato con il 162 termine ”Penitenza”, ma agli atteggiamenti di pentimento e di rinuncia, dei quali si parla soltanto in Quaresima e che invece vanno coltivati sempre. Quante occasioni si presentano, per rinunciare a qualcosa, per manifestare il nostro amore di Dio e per mortificare il nostro corpo! Non si tratta di farsi del male; assolutamente! Ci si fa del bene – quello autentico -, quando ci si priva di cose inutili o addirittura dannose, non solo all’anima, ma anche talvolta al corpo. La coscienza che tutti dovremmo avere delle nostre miserie e dei nostri peccati, dovrebbe indurci a questo ed anche ad atti di rinuncia a cose buone, in vista di un bene maggiore. Se, infatti, è vero che Dio è buono e misericordioso, è anche vero che è giusto e dunque non può passare sopra a tutto, come se niente fosse avvenuto. Egli si attende da noi la nostra parte di penitenza, in sconto dei nostri peccati, o meglio delle pene, che abbiamo meritato, con le nostre colpe, rimesse, attraverso l’assoluzione sacramentale. Un discorso complicato? QUIETE Chi non ne desidera una buona misura, ogni giorno, anzi tutti i giorni? Quando viene meno – per un motivo o per un altro – e prende il suo posto l’agitazione, allora … Credo che sia il caso di chiederla al Signore come dono per noi e per tutti. I rapporti tra le persone ne guadagneranno notevolmente e i frutti del bene potranno mostrarsi in tutta la loro bellezza. In qualche occasione, sarà bene che invitiamo alla calma chi ci vive accanto, pronti ad accogliere la medesima esortazione quando siamo noi ad agitarci un po’ troppo. E che il Signore ci aiuti! RISORGERE 163 Non escludere mai la possibilità di risorgere, di cambiare radicalmente – in bene, s’intende – la condotta, lo stile di vita, di dare un nuovo assetto all’esistenza. Il Cristianesimo alimenta in ogni donna e in ogni uomo questa splendida – direi abbagliante – speranza. Ed allora, comincia tu a dire a te stesso: – ” Posso sempre risorgere ”-, per non lasciarti prendere dalla paura e dalla sfiducia, quando meno te l’aspetti. Ma dillo anche in giro, se ti capita di incontrare chi ha fatto un capitombolo ed è ancora lì, a terra, stordito e spento: – Puoi risorgere sempre -. SILENZIO Non si tratta di isolarsi dai rumori quotidiani, o meglio non è soltanto e soprattutto questo che dobbiamo fare ogni tanto. È invece indispensabile che riusciamo a far tacere i pensieri, che disturbano il nostro rapporto con Dio e con gli altri e lo rendono pesante. Il chiasso interiore è, infatti, molto più devastante di quello che colpisce le nostre orecchie. Se riusciamo, con la grazia del Signore, in questa particolare impresa, sarà possibile pregare e guardare con fiducia al nostro futuro. TRIBOLAZIONE Da tutti temuta, la sofferenza di qualsiasi tipo – fisica, morale, spirituale – può trasformarsi in una grande occasione di crescita. Non è, quindi, una disgrazia, come pensa chi di Gesù Cristo e di coloro che lo seguono, ha un’idea non proprio esatta. Il nostro Maestro e Signore non si è sottratto alla tribolazione, ma l’ha accolta, per amore, e l’ha resa strumento di redenzione. Se conformiamo la nostra vita alla sua, ciò che ha il sapore scostante dell’amarezza, acquisterà quello consolante e attraente della dolcezza. 164 UMILTÀ È impossibile piacere a Dio, senza l’umiltà. E questa virtù – da chiedere incessantemente al Signore e da coltivare tenacemente – è la radice di ogni altra, a cominciare dall’amore di Dio e del prossimo. Il superbo, infatti, crede nella propria autosufficienza e attribuisce a se stesso ogni merito. Non comprende che la fonte di ogni bene – o meglio l’Ogni Bene, come dice Angela da Foligno – è Dio. E si chiude in se stesso e fa inaridire il desiderio di donarsi totalmente al suo Creatore e Signore e, per amor suo, ai fratelli. VOCAZIONE Quella al Sacerdozio – passando per il Diaconato – è considerata la vocazione. Ce ne sono tante. però, di vocazioni, tutte belle e importanti, che escono dal cuore di Dio e raggiungono donne e uomini aperti alle novità, alle imprese nobili, al servizio degli altri nella chiesa e nella società. Accogliere una vocazione come dono di Dio è fondamentale, per dare senso alla propria esistenza, per non sentirsi inutili o addirittura ingombranti, per lasciare un segno buono in questo povero mondo, per seminare un pizzico di fiducia in chi è disperato e smarrito. Qual è la tua vocazione? ZELO Non gode molta simpatia la parola che ho messo come titolo di questa ultima riflessione. Se, però, la riferiamo al Signore, diventa indispensabile per il nostro linguaggio chiaro e cristiano. Lo zelo dovrebbe spingere a fare le cose che riguardano direttamente Dio, con passione, proprietà, senso del mistero, attenzione massima e devozione assoluta. 165 Chi ci guarda – è solo un esempio -, quando siamo in preghiera nella casa di Dio, dovrebbe avvertire questo nostro zelo. Certo, se le chiese diventano musei da visitare, la questione si complica, ma … Seconda Serie ACCOGLIENZA Non è facile accogliere qualcuno ed è anche difficile parlare di accoglienza. Ci provo. Tu incontri Ardisio – un nome qualunque -, che non vedi da tempo. Gli dici: ”Vieni a casa mia”, gli offri qualcosa, scambi qualche parola … E’ un buon inizio – o la continuazione di un’esperienza di dialogo, iniziata da tempo -. Non avere paura di proseguire, magari pregando per lui e attendendo di incontrarlo di nuovo. BENEVOLENZA Non si compra al mercato e neppure si eredita dagli altri l’attenzione benevola verso chi ha bisogno di aiuto, comprensione, sostegno e incoraggiamento. Benevoli si diventa, a forza di sforzi continui e decisi, controcorrente, soprattutto quando gli altri ci spingono a essere duri, drastici, di ferro! E dire che, poi, noi pretendiamo – o meglio: ci aspettiamo – che gli altri usino benevolenza nei nostri confronti, allorché abbiamo dato prova evidente della nostra fragilità, debolezza, e forse anche incoscienza. Siamo, allora, benevoli gli uni verso gli altri, oggi, domani e dopodomani, pronti a esserlo ancora, dopo aver dimostrato miseramente la nostra cattiveria verso qualcuno. Verrà il momento, in cui, se proprio non faticheremo per niente ad essere benevoli, dovremo solo compiere piccoli sforzi. 166 CASTITÀ Tra noi ci sono persone – donne e uomini – che hanno fatto il “voto” di castità. Si sono donati al Signore totalmente: corpo, anima, spirito, non per un giorno o per qualche anno, ma per sempre, per tutti i giorni della loro vita. Sono il segno bello e convincente che Dio è tutto per noi. Anche chi non ha fatto il “voto”, è, però, chiamato a esercitare la virtù della castità, che è come le altre virtù cristiane – obbedienza,umiltà, ecc. -, anzitutto un dono da chiedere e da custodire, respingendo tutte le tentazioni che il mondo, la carne e Satana sanno confezionare così bene e rendere insidiosissime. Resistere ad esse e vincere è, però, possibile, con la grazia di Dio. DELICATEZZA SPIRITUALE Nel mondo di oggi, non gode di ampia cittadinanza, la delicatezza. Addirittura incontra ostilità e soffre un vero disagio. Si esprime nel linguaggio, nel modo di interpretare i fatti e le opinioni, soprattutto si manifesta nei comportamenti verso le persone. Nel rapporto con Dio, poi, si ispira al principio che a lui bisogna dare tutto quello che chiede – e il Signore, lo sappiamo, è esigente -, senza tentennamenti, ripensamenti, calcoli o paure. Proviamo, allora, ad essere delicati! EREDITÀ Quante discussioni, cause, condanne, quanti litigi, contrasti, per arrivare ad avere in eredità quello che qualcuno ha accumulato nella vita! L’eredità che assicura a noi il Signore, crea, al contrario, già ora, pace, comunione, solidarietà, serenità, gioia e tante altre cose buone. La vita eterna – piena amicizia con Dio – ci sarà 167 elargita, ad una sola condizione: che l’abbiamo cercata, desiderata, accolta, preservata o riconquistata nel cammino della vita presente, facendo tesoro di tutti i mezzi che il Signore ci ha messo a disposizione, a cominciare dai Sacramenti. Questa è l’eredità che conta davvero! FIDUCIA Come dispiace rendersi conto – o anche temere appena – che qualcuno non ha più fiducia in noi, come in passato, a causa di fatti o situazioni, che non dipendono dalla nostra volontà! Faremmo chissà che cosa per allontanare qualsiasi nube – anche piccolissima -, che può appannare i rapporti con chi ci è vicino, per motivi diversi. Ebbene, con Dio le cose vanno diversamente. Lui ci accorda sempre la sua fiducia. Quando facciamo il bene, perché perseveriamo. Quando facciamo il male, perché ci convertiamo a lui. GIUSTIZIA Chi non cerca e chiede giustizia, quando è certo che qualcosa che gli è dovuto, gli viene negato? Chi? Questo è un buon segno. Vuol dire che si ha il senso della propria dignità e del valore della propria persona. Purtroppo, tale ricerca e tale richiesta non sempre trovano soddisfazione, con grande delusione di chi le avanza con decisione e fermezza. La giustizia umana! Quella di Dio? È assolutamente perfetta. IMITAZIONE È una buona idea, quella di imitare il nostro Maestro e Signore. Si tratta di fare in qualche modo nostri alcuni suoi atteggiamenti, che sono fondamentali, per delineare e rafforzare la nostra identità cristiana. 168 Mi riferisco all’umiltà, alla mitezza, alla misericordia, alla benevolenza, all’amore, in particolare. Anche la sua capacità di accettare la sofferenza e di trasformarla in gesto di amore a Dio e ai fratelli, va posta di fronte ai nostri occhi e per quanto è possibile, imitata. Un modo per renderlo oggi presente nel mondo. LODE L’invito a lodare Dio è necessario, quando qualcuno vive esperienze esaltanti di comunione con lui. C’è, infatti, il pericolo di ripiegarsi su se stessi e dimenticare che la fonte di ogni bene è proprio lui. È, però, utile rivolgerlo anche quando le difficoltà si affacciano all’orizzonte o prendono piede nella vita. Lodare Dio per la forza, il coraggio, l’energia, che è pronto a trasmetterci, per vincere le prove e restare nella sua amicizia, a costo di sacrifici. MARIA Parlare della Madre di Gesù Cristo, Figlio di Dio che si è fatto Uomo per la nostra salvezza, è un dovere e nello stesso tempo un piacere. Di lei si può dire solo bene. È stata sempre obbediente al Signore, non si è mai allontanata dalla strada che Dio le ha indicato, è stata arricchita di doni meravigliosi, è stata preservata dal peccato originale, ha accompagnato il suo Figlio sempre, con un amore smisurato, anche nel momento del dolore e della morte. Una Mamma stupenda! Che sia anche nostra Madre è un preziosissimo dono del Figlio, che dobbiamo apprezzare sempre di più. NOTIZIA Se aggiungi l’aggettivo buona a Notizia, è come se dicessi Vangelo. 169 Sai bene che anche tu sei chiamato a diffonderlo, con la parola, ma soprattutto con la vita. Devi far capire a chi non lo conosce, che la nascita, la vita, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo, sono la causa e la fonte della salvezza di tutti, proprio tutti, nessuno escluso. Te la senti di farlo in casa, in paese, nel quartiere, là dove lavori, nei luoghi di vacanza – mari, campagne monti -? O hai paura di esporti? Chiedi al Signore la forza per essere all’altezza del tuo compito e della tua vocazione. OCCASIONE Per fare il bene, di occasioni se ne presentano tante, lungo la giornata, sia che ci troviamo in casa, sia che stiamo fuori, impegnati in qualche attività. Ce le facciamo sfuggire? Oppure le scansiamo proprio volutamente? Non ci sentiamo, dopo, un po’ a disagio per questi atteggiamenti? Allora, anche per stare in pace con noi stessi, vediamo di farne tesoro e vedere in esse una traccia della presenza di Dio nella nostra vita. PAZIENZA Una visione , per così dire, laica della virtù, di cui voglio parlare, porta a pensare che conviene averla, per non rovinarsi troppo la vita e non farsi del male. Quella cristiana spinge molto più in là e individua nella pazienza una forma altissima di amore verso il prossimo e, prima ancora, verso Dio. Mi spiego. L’amore spinge all’imitazione. Ora Dio è stato ed è- e anche sarà – sempre molto paziente con noi. Il Padre, il Figlio – quale pazienza, la sua! – e lo Spirito Santo attendono che noi diventiamo migliori. Attendono … 170 La nostra pazienza con gli altri è un modo di somigliare, anche se appena un po’, a loro. don Sergio Andreoli QUOTIDIANO Aggiunto a ”pane”, questo aggettivo lo ripetiamo chissà quante volte, anche nello stesso giorno. Gesù, che è la nostra Guida e il nostro Pastore, ci ha detto di servircene, quando parliamo con il Padre suo, che è nei cieli, del quale noi siamo figli adottivi, per grazia e misericordia divina. Intendiamo chiedere solo ciò che serve ogni giorno per sopravvivere e mantenere la salute del corpo, o anche qualcos’altro? Io penso che nella richiesta si possa e si debba includere anche – e soprattutto – quel Pane di Vita che è lo stesso Gesù. Da tale Cibo l’anima nostra trae la forza necessaria per crescere. Che ce ne sia estremo bisogno oggi, non c’è il minimo dubbio. RINASCERE Vorrei suggerire a chi segue legge di andare a ricercare il documento di Battesimo e segnare con cura sull’agenda la data della propria rinascita, per poterla ricordare e celebrare – spiritualmente , come si deve. Se, infatti, ha senso commemorare il giorno in cui siamo usciti dal seno materno, ha ancora più valore tenere presente quello in cui siamo stati liberati dal peccato e ammessi nella grande famiglia dei figli di Dio. A quale scopo? Per ringraziare la Santissima Trinità. Per affinare in noi la coscienza della nostra dignità. Per riaffermare il nostro impegno a vivere da rinati. SALVEZZA 171 Ciascuno di noi, senza che ne avesse alcun diritto, è stato destinatario del gesto di benevolenza e di amore da parte della Santissima Trinità, che ha cambiato la sua vita radicalmente: la salvezza. Tu sei un salvato, come me, come innumerevoli altre persone di ogni tempo e di ogni luogo. Uno che deve dire incessantemente al Signore:”Grazie!”. Che deve fare il possibile, per non sciupare il dono ricevuto. Che non si deve tirare indietro di fronte ai doveri, che la salvezza donata e ricevuta, comporta. Uno che anche nelle tribolazioni legate alla fedeltà a Dio, deve arrivare – le Sante e i Santi lo hanno fatto – a gioire. TENTAZIONE Se uno si chiede: “Ma come è possibile resistere alle tentazioni, che il mondo di oggi, con tanta sfacciataggine, costruisce e scodella in modi diversi e in situazioni diverse?”. La risposta è una sola: “Ricorrendo all’aiuto del Signore, che ha vinto e sbaragliato ogni tentazione”. Se uno conta sulle proprie forze e sugli artifici umani e basta,non è destinato a restare in piedi a lungo. Sarà messo k.o., prima o poi, con sua grande sorpresa e suo lancinante dolore. Non che non si debbano mettere in campo anche le proprie forze e non si debbano adottare prudenze. Esse, però, da sole – è questo che voglio far capire – non sono il rimedio sufficiente e la difesa giusta. L’aiuto del Signore desiderato, chiesto, invocato dal profondo del cuore, invece, sa fare i miracoli. URLA Non c’è bisogno di urlare, per farsi capire. Questo vale per i genitori, per gli insegnanti, per gli educatori in generale. Anche chi ha qualche responsabilità, non urli, per 172 farsi obbedire. Il rispetto e la docilità degli altri nei tuoi confronti, amico, non dipende dal tono elevato e minaccioso della voce. Ci vuole altro, per guadagnare e meritare attenzione, obbedienza. Se, poi, tu punti a costruire la vera amicizia, taci, piuttosto, in certe circostanze. Dal tuo silenzio può nascere l’invito a chi sta urlando, di abbassare la voce e cambiare stile. VISITA Il titolo riporta l’imperativo presente del verbo visitare, seconda persona singolare. Quindi, ti riguarda e ti chiede di esaminarti su un punto delicato: l’incontro con chi ha bisogno di te e te lo dice e con chi ha ugualmente bisogno di te e non te lo dice. Fa’ il possibile, per non deludere nessuno su questo punto e sii vicino con attenzione, delicatezza e amore alle persone, che non possono … (metti qui l’elenco delle cose che tu puoi fare per loro). Un giorno, capirai meglio l’importanza di questo … comando. ZOPPICARE Non sono tante le parole che cominciano con la “z”. Quella che ho scelto, si può anche utilizzare, in riferimento alla vita spirituale. Quando si è incerti,quando non si avanza decisamente sulla strada che il Signore ci ha indicato, quando si hanno dei ripensamenti, che rischiano di far crollare, come costruzioni di sabbia, opere iniziate con tanto entusiasmo e carica interiore … è come se si zoppicasse. Dire al Maestro e Pastore: “Dacci una mano, aiutaci a camminare come si deve”, è la cosa migliore che si possa fare, in questi casi. ALCUNI ARTICOLI DALLA RIPRESA DEL 1970 IN POI 173 AI LETTORI “Salire” riprende le pubblicazioni, dopo tre anni di silenzio. Il desiderio di comunicare con gli altri, spinge ancora una volta un gruppo di persone a prendere la penna e consegnare alla carta le loro idee. “Salire” vuol essere,dunque,uno strumento di crescita civile e di dialogo a Belfiore. Vuol essere anche un mezzo per dibattere i vari problemi del paese e per cercare soluzioni valide. Chi collabora,dunque,a “Salire” dimostra il suo attaccamento e il suo amore alla gente di Belfiore. Questo servizio sarà portato avanti con semplicità e soprattutto con chiarezza. Non si rinuncerà,per paura,a prendere posizioni precise, anche se scomode. Perché, è la verità che innanzi tutto occorre servire. “Salire” dovrà essere anche un punto di riferimento per quanti sono chiamati a contribuire allo sviluppo sociale e culturale della comunità di Belfiore. Anche per questo il gruppo redazionale si augura che i ‘politici’ e gli amministratori tengano conto di quanto si andrà scrivendo e delle proposte che si faranno. Infine, il giornale vuol essere un mezzo,che permetta la conoscenza della storia di Belfiore. Avvenimenti importanti e figure di uomini illustri saranno riproposte all’attenzione di tutti,perché la ‘tradizione’ culturale di Belfiore sia conosciuta e non vada perduta. Il gruppo redazionale,licenziando questo primo numero, si augura che sia accolto con simpatia e soprattutto spera che quanti sentono di poter dare il loro contributo,per rendere migliore e più interessante “Salire”,partecipino agli incontri del venerdì,nella sede del giornale, in Via Caprera, N.10. AI LETTORI 174 In occasione della Festa di ottobre,i fedeli hanno offerto alle santesi L.119.000. Per il servizio della Filarmonica sono state spese L.53.000;per i fuochi artificiali L.56.000;per il servizio dei campanari L.10.000. A tutti un vivo ringraziamento. RESTAURO Per l’intervento della Cassa di Risparmio di Foligno,sono iniziati i lavori di restauro della Cappella di S.Anna. La piccola Chiesa è decorata da pregevoli affreschi del Mezastris. DEBITI Dal bilancio della Curia Vescovile risulta che la Parrocchia di S.Nicolò di Belfiore deve versare agli Uffici Lire 436.767. Benedetti … debiti. LA CHIESA PERICOLANTE Della necessità del restauro della Chiesa di Santa Maria di Belfiore hanno parlato,pubblicando ampi servizi,la “Gazzetta di Foligno” e “Il Messaggero”. IL COMUNE E I SOLDI Per “Installazione segnali e sbarramenti atti a eliminare ogni responsabilità di pericolo per la pubblica incolumità sulla Chiesa di S.Maria in Belfiore”,l’Ufficio Tecnico del Comune chiede al Parroco L.68.820. E’ poco o troppo? E’ escluso che sia giusto! LETTERA DI MISASI In data 17.10.1970,è pervenuta una lettera del Ministro della Pubblica Istruzione,che assicura che i lavori di restauro della Chiesa dovranno essere 175 eseguiti dal Genio Civile. Ma quando? SONO MORTI Dal settembre 1969 all’ottobre 1970,sono morti a Belfiore:Faccendetti Fausto,Francesconi Vincenzo,Caroli Francesca,Giovanni Battista Innamorati,Simoni Domenico,Mattioli Pietro,Mariani Marianna,Ronconi Silvestro,Sebastiani Giuseppe,Mariani Domenica e Innamorati Domenico. Riposino nella pace di Cristo. LA COMUNITA’ I problemi della comunità di Belfiore sono stati presentati alla Giunta Comunale nell’Assemblea del 23 novembre. Non è mancata vivacità,chiarezza e coraggio , sia da parte del Sindaco,professor Ridolfi,sia da parte dei Belfioresi. A me,chiamato con altri a mantenere i contatti fra la popolazione e gli Amministratori,preme, in questa sede, presentare alcune idee ed impressioni. Le mie opinioni vogliono essere un contributo alla discussione e assolutamente non pretendono di imporsi come privilegiate o sicure. Una constatazione:la popolazione di Belfiore non sa portare avanti ancora una esperienza vera di comunità. E’ mancata, forse , una educazione graduale al senso comunitario. Sta di fatto che esistono divisioni,interessi personali,atteggiamenti preconcetti,che impediscono un vero dialogo costruttivo fra tutti i Belfioresi. E’ urgente,senza confusione di idee, superare questa situazione e abbattere gli steccati. Il giornale “Salire” può essere uno strumento valido,per raggiungere tale obiettivo. Una domanda devo,poi, formulare. Ho ascoltato con molto interesse i numerosi 176 interventi all’Assemblea;ho notato che si è molto pronti e capaci a individuare i punti difficili della situazione locale. Ma , ciascuno di noi è veramente pronto a spendere il suo tempo ,per approfondire le questioni,per mettersi a disposizione degli altri? Dalla risposta positiva e concreta a questo interrogativo, dipende il futuro di Belfiore. Infine, vorrei indicare ciò che deve caratterizzare ogni attività e discorso comune:la lealtà. Nessuno è disposto a farsi ingannare. Nel momento in cui si accetta di lavorare insieme, si deve optare per il rispetto e per la stima degli altri. Questo tipo di rapporto, che esiste fra i membri del gruppo redazionale di “Salire”,si possa esstendere a tutta la comunità di Belfiore. GIOVANI BELFIORESI Secondo una statistica,forse non molto esatta,ma comunque indicativa,i ragazzi e le ragazze dai 14 ai 18 anni,abitanti a Belfiore,Liè,Ravignano e San Vittore ,sono circa 80. Essi sono soprattutto studenti. Ci si può chiedere:C’è fra questi giovani spirito di iniziativa? Sembra di sì. Esiste un Gruppo Sportivo;c’è il gruppo di “Salire” e c’è un altro gruppo ,che si riunisce ogni sabato pomeriggio,per dibattere i problemi giovanili più importanti. C’è,però, da osservare che i primi due gruppi sono formati esclusivamente da ragazzi. Nel terzo,accanto ad un discreto numero di ragazzi, si colloca un esiguo numero di ragazze. Perché,questo? Perché, a Belfiore, le ragazze non sanno portare avanti iniziative culturali valide? Eppure, sono intelligenti! C’è chi dice che i genitori non sono favorevoli all’impegno delle loro figlie nei gruppi. E’ vero? 177 Perché? Oppure ci sono di mezzo l’indolenza e la paura delle ragazze? Ai lettori chiediamo di rispondere con molta libertà a questi interrogativi. ALCUNE PAROLE DI GESÙ Dal Documento III del dossier angelano, redatto, secondo L. Thier e A. Calufetti, all’inizio del 1300, riprenderò le righe, in cui la Folignate cita e commenta alcuni versetti del Vangelo secondo Matteo. Essi, tutti relativi alla Passione, sono i seguenti: 26,38: La mia anima è triste fino alla morte (p.179). 26,41:Vigilate e pregate per non entrare in tentazione (p.178). 26,42:Padre,se questo calice non può passare da me,sia fatta la tua volontà (p.185). 27,46:Dio mio,Dio mio, perché mi hai abbandonato? (pp. 178-179). Riguardo alle prime parole uscite dalla bocca di Gesù, la Poverella afferma che egli “[...] disse ai suoi discepoli, non per sé [...], ma per loro e per noi, affinché ne ricavassimo la salvezza: -La mia anima è triste fino alla morte-, indicando a tutti, soprattutto ai figli legittimi, che devono sempre affliggersi per questo dolore” (p. 179). Secondo Angela, quindi, dall’affermazione del Signore dobbiamo ricavare la salvezza; è nostro dovere anche accogliere la sua esortazione ad affliggerci del suo dolore, una indicazione che vale in particolare per i figli “legittimi” di Dio, dei quali, nel Documento XXIII, Gesù dichiara: “Tutti quelli che saranno amici e seguaci della povertà, del dolore e del disprezzo, sono miei figli legittimi [...]” (p. 253). A proposito della seconda frase, la Folignate, parlando della preghiera, asserisce: “L’esempio di questa gloriosa preghiera e l’invito a perseverare in essa, ci vengono dati dallo stesso Figlio di Dio e Uomo Gesù Cristo, che ci ha insegnato in molti modi a pregare con le parole e con le opere. Infatti, 178 ci ha ammonito, dicendo ai suoi discepoli:- Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione-” (p. 184). Per la Poverella, perciò, dal Maestro ci vengono l’esempio della preghiera, anzi l’insegnamento, attraverso parole e azioni, e l’invito e l’ammonimento alla vigilanza e alla perseveranza. In merito alla terza dichiarazione di Gesù, Angela afferma che egli ha pregato “[...] anche quando disse: -Padre, se questo calice non può passare da me, sia fatta la tua volontà- ” (p. 185); subito dopo aggiunge: “Nota come Cristo antepose sempre la volontà del Padre alla sua; tu fa’ secondo questo modello” (ivi). La Folignate, dunque, è ben convinta che il Figlio di Dio ha messo al primo posto la volontà del Padre; noi dobbiamo fare altrettanto, anche perché nella preghiera che il Cristo ci ha insegnato, dichiariamo: “[... ] sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra” (Mt 6,10). Riguardo alla quarta frase, la Poverella fa osservare che “[...] Gesù, Dio e Uomo, quando fu sulla croce, per tre motivi gridò: -Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?-” (p. 178; cfr. Salmo 22,2). Primo: “Per manifestarci qualcosa del suo dolore, tanto smisurato e assolutamente ineffabile, e per insegnarci che dobbiamo sempre più dolercene di cuore [...]” (ivi). Secondo: “[...] per pregare, cioè manifestare Dio e se stesso. Se, infatti, come Dio, non poteva essere abbandonato, quando si proclamò quasi lasciato solo da Dio nei suoi dolori, Gesù si manifestò come uomo” (ivi). Terzo: “[...] per darci speranza e incoraggiarci a non venir meno con la disperazione, allorché siamo afflitti, tribolati e in qualche dolore anche abbandonati, perché, insieme alla tribolazione, egli dà pure la via d’uscita” (p. 179). Angela, allora, non nasconde che qualcosa del dolore di Gesù Cristo ci è stato manifestato; fa pure capire che pregare è manifestare, cioè far conoscere se stessi e, prima ancora, conoscere Dio; infine assicura che Dio non è lontano da noi, 179 quando la tribolazione ci opprime, ma, al contrario, è pronto a soccorrerci, come ha fatto con il suo Figlio. SPERARE Non è raro sentire lamenti. C’è chi si lamenta della propria condizione. Altri piangono per come va la vita familiare. Molti di più hanno da ridire sulla piega che prendono le cose italiane. Tutti facciamo osservazioni negative su come va il mondo. Lamentele infinite. E si capisce! Ma, quando riusciremo -tutti, giovani e adulti- ad esercitarci anche nel dir bene di ciò che va bene e di chi fa il bene? Quando ci decideremo ad affinare la nostra vista, per scoprire, al di là delle apparenze, spesso scostanti, i tratti positivi di ciò che è in noi e fuori di noi? Saremo capaci di volgere lo sguardo, nei momenti cruciali, al di sopra di noi, per cogliere una Presenza di bontà, di benevolenza, di costante attenzione e amore? Avremo la forza, nonostante tutto, di dire – sussurrando o gridando – che il Bene può vincere il male e che la vittoria è già in atto? Speriamo! 11 BEATA ANGELINA DA MONTEGIOVE 180 Foto 3 Recentemente è stata presa la decisione di portare l’Urna, con le Reliquie della Beata Angelina da Montegiove (foto 1), dalla Chiesa di San Francesco di Foligno, retta dai Frati Minori Conventuali, a quella del Monastero delle Terziarie Francescane – Congregazione religiosa fondata dalla stessa Beata Angelina (foto 2 e 3) -, in Via dei Monasteri, a Foligno, in cui si stanno ultimando i lavori di restauro, dopo il sisma del 1997. Resta, quindi, per poco tempo ancora, l’opportunità di vederla sull’altare posto di fronte a quello della Beata Angela da Foligno, nella Chiesa di Piazza Francesco, poco distante dalla Cattedrale di San Feliciano. Angelina da Montegiove, detta anche da Marsciano, da Corbara, o da Foligno, è nata nel 1377 ed è morta a Foligno, il 14 luglio 1435. Foto 1 Foto 2 181 Foto 3 12 PERSONAGGI, CHE HANNO LASCIATO NELLA NOSTRA TERRA UN’IMPRONTA DI SANTITÀ Amici, da questo spazio cercherò di dare indicazioni, per aiutarvi a conoscere alcuni personaggi, che hanno lasciato nella nostra terra un’impronta di santità. Verso di loro, chi ha fede, potrà volgere lo sguardo interiore, per iniziare un vero dialogo. Chi non crede, avrà, comunque, la possibilità di conoscere e apprezzare il bene che essi hanno operato, dando un bel contributo alla nostra tradizione culturale. Se volete, potete chiedermi spiegazioni. Buona lettura!