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per farmi capire - Umbria OnLine Turismo Religioso

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per farmi capire - Umbria OnLine Turismo Religioso
1
Sergio Andreoli
PER FARMI CAPIRE
1
DON ANGELO MESSINI,
DON FERDINANDO MERLI
E DON ANGELO MERLINI
Foligno dimentica presto coloro che l’hanno servita
e hanno dato lustro al suo nome. Per questo, non
sono molti quelli che sanno che l’ultimo direttoresacerdote della Biblioteca Comunale è stato
monsignor – allora don – Francesco Conti, poi
responsabile della Biblioteca “L. Jacobilli” del
Seminario Vescovile, ora dislocata al Palazzo ElmiAndreozzi, di Piazza San Giacomo, 1. Dopo
monsignor Michele Faloci Pulignani, storico di
grande valore, del quale ancora molto si discute,
prestò servizio presso la nostra massima istituzione
culturale, il canonico don Angelo Messini;
belfiorese di origine, fu per alcuni anni Parroco di
Corvia. Purtroppo, i primi bombardamenti
scatenati dagli Alleati su Foligno, colpirono, come è
noto, oltre che il Seminario – vi morì don Consalvo
Battenti, anch’egli della zona
Belfiore/Liè/Ravignano-, l’antico Santuario della
Madonna del Pianto, situato nell’attuale Piazza
Ercole Giacomini, e don Angelo Messini e sua
sorella Clementina vi persero la vita.
Sotto le macerie di una chiesa si spense, così,
un’intelligenza non comune e si interruppe una
preziosissima azione pazientemente preparata in
lunghi anni di studio e di specializzazione.
Successore di don Angelo, alla direzione della
Biblioteca, fu il professor don Ferdinando Merli,
assassinato il 21 febbraio 1944 – lo stesso giorno in
cui fu ucciso don Angelo Merlini, parroco di
2
Fiamenga-, a ridosso della sua nomina a direttore.
Perché non prendere qualche iniziativa, per fare
memori di questi Sacerdoti, che hanno operato per
il bene della Chiesa e della Città?
2
MONSIGNOR MICHELE
FALOCI PULIGNANI
FA DISCUTERE
1.
Il folignate monsignor Michele Faloci Pulignani
(nato il 9 luglio 1856 e morto il 1 ottobre 1940),
Priore del Capitolo della Cattedrale di San
Feliciano, Professore nel Seminario Diocesano,
Cancelliere della Curia Vescovile e per molti anni
Vicario Generale della Diocesi di Foligno – fu
anche Vicario Capitolare dal 22 dicembre 1894 al
18 marzo 1895 -, è noto a chiunque abbia anche
una sola volta prestato interesse alla storia - a
quella francescana e angelana, in particolare -, e
tuttavia viene poco celebrato.
Che pesi su di lui il fatto di aver operato per il bene
della Chiesa e della sua città in un’epoca, che
politicamente non suscita più simpatia?
Sarebbe, questa, una forma di preconcetto
pericoloso, che potrebbe generare ostracismi fuori
della storia.
La serenità dei giudizi è attualmente favorita da
3
quanto in Italia è avvenuto in questi ultimi anni e
la capacità di distinguere, e quindi di riconoscere i
meriti delle persone in campo culturale e i limiti in
quello politico, dovrebbe caratterizzare il dialogo
culturale.
E i meriti di monsignor Faloci Pulignani non sono
pochi.
Basterebbe scorrere l’elenco della sua produzione
letteraria, per convincersi che non è stato un
qualsiasi erudito.
Fu, infatti, uno studioso molto attento ai
documenti e alla fonti, per ricostruire le vicende
delle istituzioni cittadine e non solo.
In questa sede voglio ricordare che nel 1932 favorì
la trascrizione, la pubblicazione e la traduzione di
un manoscritto riguardante la beata Angela da
Foligno (+4 gennaio1309), conservato nella
Biblioteca Statale del Monumento Nazionale di S.
Scolastica, di Subiaco.
Solo questa sua iniziativa sarebbe sufficiente per
collocarlo tra i benemeriti della cultura.
Ma tante altre sono state quelle che egli ha portato
a compimento e che lo rendono meritevole di
attenzione maggiore e di pubbliche celebrazioni.
Se a farlo fosse solo la Chiesa di Foligno o quella di
Spoleto - monsignor Faloci Pulignani vi svolse dal
i gennaio 1906 al 15 agosto 1912 il servizio di
Vicario Generale -, qualcuno potrebbe pensare che
egli fu soltanto un ecclesiastico.
Poiché, però, a Foligno, fu anche Assessore alla
Cultura e di Direttore della Biblioteca Comunale, –
pochi anni fa è stata intitolata a Dante Alighieri -,
auspicherei qualche iniziativa da parte
dell’Amministrazione Comunale, per riportare
l’attenzione dei folignati su uno dei suoi figli più
illustri.
Se, poi, la prestigiosa rivista Miscellanea
Francescana, edita dalla Pontificia Facoltà
Teologica dei Frati Minori Conventuali di Roma,
troverà il modo per ricordare il suo fondatore e
primo direttore, a poco più di settant’anni dalla
morte, penso che la cosa tornerebbe gradita a
molti folignati e a tutti gli studiosi.
4
Per questi sarà preziosissimo l’appuntamento
dell’8-9aprile, quando si terrà il convegno
promosso dalla Gazzetta di Foligno, fondata dal
Faloci Pulignani nel 1888 – era la prosecuzione del
foglio Il giornale di Foligno, nato nel 1886; da
ricordare che egli fondò anche l’Archivio per la
Storia Ecclesiastica dell’Umbria, pubblicato dal
1913 al1919, e, nel 1925, il periodico La Fiamma -.
Chissà, poi, se anche la Deputazione di Storia
Patria per l’Umbria – creata nel 1894 come Società
umbra di storia patria e trasformata in
Deputazione nel 1896 – si mobiliterà per celebrare
l’illustre folignate, che fondò, insieme a Milziade
Santoni, di Camerino, e Giuseppe Mazzatinti, di
Gubbio, la rivista di studi storici Archivio storico
per le Marche e per l’Umbria, che uscì dal 1884 al
1888?
2.
Sorprendente quanto di monsignor Michele Faloci
Pulignani è stato scritto nella I edizione della nota
del novembre scorso, e nella II edizione disponibile,
con la vecchia data, in http://www.micropolissegnocritico.it/mensile/, all’inizio di marzo di
quest’anno; le riporto di seguito:
I edizione
“Revisionismo clericale.
Siamo alle solite, il passato torna ad essere un
terreno di battaglia.
Ricorre quest’anno il 70° anniversario della morte
di mons. Michele Faloci Pulignani, un colto quanto
reazionario prete folignate, che in vita fu feroce
oppositore di ogni forma di modernità, sanfedista e
temporalista, contrario ad ogni anelito di
cambiamento all’interno della Chiesa.
Il settimanale della Curia folignate ‘Gazzetta di
Foligno’ coglie l’occasione dell’anniversario per
lanciare un campagna affinché gli venga dedicata
la Sala di lettura della Biblioteca comunale,
5
istituzione alla quale aveva donato i suoi libri e il
suo archivio.
La “Gazzetta” non è diretta da tetri fascisti, ma dal
prof. Nizzi, che in politica è vicino al Pd e che – fino
all’assunzione dell’incarico di direttore – è stato
iscritto a quel partito e segretario di un circolo.
Ebbene Nizzi non difende il fascismo di Faloci, anzi
dice che sbagliò, ma per rivalutarne la figura
utilizza le categorie della “comprensione del
passato”, della pacificazione della memoria, come
fanno gli storici revisionisti quando vogliono
rivalutare i combattenti di Salò.
Fatto sta che Faloci aderì al fascismo, fu consigliere
e assessore della giunta che governò la città dal
1923 al 1927, combatté i preti popolari che riteneva
pericolosi seguaci del ‘modernismo’ ed usurpatori
del “suo” giornale la “Gazzetta”, che aveva diretto
per lunghi anni”.
(Da: Micropolis, mensile umbro di politica,
economia e cultura, http://www.micropolissegnocritico.it/mensile/ inserita da Re. Co. [Renato
Covino?], l’11 novembre2010).
II edizione.
“Revisionismo clericale
di Re. Co. •11 Nov. 2010 • Categoria: micropolis on
line
Siamo alle solite, il passato torna ad essere un
terreno di battaglia. Ricorre quest’anno il 70°
anniversario della morte di mons. Michele Faloci
Pulignani, un colto quanto reazionario prete
folignate, che in vita fu feroce oppositore di ogni
forma di modernità, sanfedista e temporalista,
contrario ad ogni anelito di cambiamento
all’interno della Chiesa. Il settimanale della Curia
folignate “Gazzetta di Foligno” coglie l’occasione
dell’anniversario per lanciare una campagna
affinché gli venga dedicata la Sala di lettura della
Biblioteca comunale, istituzione alla quale aveva
donato i suoi libri e il suo archivio. La “Gazzetta”
non è diretta da tetri fascisti, ma dal prof. Nizzi,
6
che in politica è vicino al Pd e che – fino
all’assunzione dell’incarico di direttore – è stato
iscritto a quel partito e segretario di un circolo.
Ebbene Nizzi non difende il fascismo di Faloci, anzi
dice che sbagliò, ma per rivalutarne la figura
utilizza le categorie della “comprensione del
passato”, della pacificazione della memoria, come
fanno gli storici revisionisti quando vogliono
rivalutare i combattenti di Salò. Fatto sta che
Faloci aderì al fascismo, fu consigliere e assessore
della giunta che governò la città dal 1923 al 1927,
combatté i preti popolari che riteneva pericolosi
seguaci del “modernismo” ed usurpatori del “suo”
giornale la “Gazzetta”, che aveva diretto per
lunghi anni.
Un suo estimatore, don Dante Cesarini, ha
sostenuto che fu fascista per “civilizzare” i fascisti,
per reazione all’anticlericalismo e alla violenza
massonica e socialista e per amore della sua città. A
noi sembra che la sua adesione al fascismo altro
non sia stata che la logica conclusione della sua
coerente ideologia reazionaria. Fabio Bettoni,
opponendosi alla titolazione della Sala di lettura a
Faloci, ha ricordato che già ci sono sui muri della
città e di palazzo Trinci cinque epigrafi dedicate al
monsignore e che a lui è titolata una piazza
centrale, mentre sulla sua attività sono stati scritti
ben sette volumi. Anche a noi ci pare possa
bastare”.
Mi chiedo: L’estensore della nota conosce
veramente la vita e le opere di monsignor Faloci
Pulignani?
Segnalo una pubblicazione che si può consultare
presso la Biblioteca “L. Jacobilli” (Q 1866/1):
L’opera letteraria di Mons. M. Faloci Pulignani
Priore della Basilica Cattedrale di Foligno, Quinta
edizione, Poligrafica Salvati, Foligno-RomaMilano, 1939-XVII.
3.
7
Invito i lettori ad intervenire nella discussione,
scrivendo aquesto
indirizzo: [email protected]
3
NOTA BIBLIOGRAFICA
In questo sito:
http://opacsbn.regioneumbria.eu/SebinaOpac/Opa
c
Ricerca:
“Andreoli Sergio”
4
LA CHIESA DI FOLIGNO:
UN BEL VOLTO
CON QUALCHE RUGA
II edizione riveduta e corretta
I edizione, in Il Giornale dell’Umbria, 2002-2003
Per ricordare la signora Lina Furlan
IL DOPO-TERREMOTO DIMENTICA I PRETI
IV (2003), n. 153, p. 18
Non parlo di me, ma di quei Confratelli, che hanno
vissuto la terribile esperienza del terremoto in
mezzo alla gente, come tutti sanno e come tanti
sembrano aver dimenticato.
Si dà il caso che, ora che qualche fetta di
ricostruzione finisce, i poveri preti, così inseriti in
quella realtà sociale che si chiama parrocchia, non
sono neppure invitati, quando c’è da tagliare
8
qualche nastro o brindare a qualche successo.
Anche oggi, domenica, avverrà qualcosa di simile,
ma in un paesino di montagna è già capitato.
Che strano!
È vero che i preti sanno che la ricompensa che
conta, non è quella degli uomini, ma non credo che
tutti coloro che preti non sono, si appellino a questa
dottrina, per dimenticarsi di loro, quando c’è da
gustare un po’ di dolcezza, dopo tante amarezze
post-terremoto.
DON CESARINI DIRETTORE DELLA
“JACOBILLI”
IV (2003), n. 173, p. 18
È monsignor Dante Cesarini, responsabile del
Centro Diocesano Vocazioni e Canonico della
Cattedrale di Foligno, il nuovo Direttore della
Biblioteca “L. Jacobilli” del Seminario Vescovile,
ormai prossima al trasferimento alla nuova sede di
Piazza San Giacomo.
Succede a monsignor Francesco Conti,
recentemente scomparso, dopo un lunghissimo e
prezioso servizio, che ha portato la Biblioteca a
sviluppi mai conosciuti.
Di lui Don Dante ha scritto un commosso ricordo,
pubblicato dal settimanale cattolico Gazzetta di
Foligno.
Vogliamo esprimere al nuovo Direttore gli auguri
più cordiali, perché possa assolvere il nuovo
impegno con la stessa passione e competenza con
cui si dedica all’insegnamento della Teologia
all’Istituto Teologico di Assisi e soprattutto
all’animazione del Centro Diocesano Vocazioni.
Troverà certamente la più ampia collaborazione
nel personale, precisamente in Roberto, Cesarina,
Leonardo e Maria Grazia, e in coloro che
abitualmente frequentano la Biblioteca, sempre più
ricca di volumi e riviste, anche a seguito del
generoso atto di donazione del Parroco emerito
della Beata Angela, don Giuseppe Cavaterra,
studioso di letteratura latina e italiana, ben
9
conosciuto in città, e già docente apprezzato al
Liceo Classico.
RASIGLIA: RIAPERTO IL SANTUARIO
DELLA MADONNA DELLE GRAZIE
IV (2003), n. 214, p. 19
È stata una bellissima sorpresa, per me, domenica
scorsa, celebrare nella Chiesa-Santuario della
Madonna delle Grazie di Rasiglia, riaperta al culto,
dopo i lavori di restauro, resisi necessari, a seguito
della bruttissima esperienza del terremoto del
1997.
Gremita di gente, non solo del paese, grazie al
nuovo sistema di illuminazione, mostrava la
bellezza degli a affreschi agli occhi ammirati di
tutti.
La soddisfazione del Parroco, dell’Eremita e degli
abitanti della frazione folignate, nota dappertutto
per le sue sorgenti, era contenuta, per un fatto
molto semplice: la Statua della Madonna non era
ancora al suo posto, in quanto custodita in luogo
sicuro.
Quando durerà l’attesa?
Sicuramente pochissimo, perché ormai il luogo è
pronto ad accogliere l’Immagine così cara alla
pietà dei folignati.
Chi non sa, infatti, che, soprattutto durante
l’estate, da Foligno non mancano persone che
raggiungono il Santuario per una preghiera alla
Vergine, che tanti segni di attenzione ha lasciato
per chi si è trovato nelle più diverse difficoltà?
Basterebbe interrogare la gente di Scopoli, di
Roviglieto, di Casenove e di altri paesi, che ogni
anno fanno il loro pellegrinaggio, in segno di
memoria e di gratitudine per particolari grazie
ottenute, dopo il ricorso fiducioso a lei.
Allora, tutti attendiamo con ansia che venga il
momento della grande festa attorno alla Sacra
Immagine, ricollocata sul suo trono.
10
ANNUNCIO: CONVEGNO PASTORALE
DIOCESANO
N. 176, p. 19
Il Vescovo di Foligno, monsignor Arduino
Bertoldo, che da quasi dieci anni guida la nostra
Diocesi – fece, infatti, il suo ingresso solenne il 20
dicembre 1992 – ha annunciato, con una lettera ai
Parroci e agli altri Sacerdoti, il Convegno Pastorale
Diocesano.
Il tema che quest’anno sarà posto all’attenzione dei
convegnisti – clero, religiosi e laici – è: “Chiesa e
giovani”.
“Il Convegno – scrive il Vescovo – si aprirà giovedì
29 agosto con la preghiera comunitaria alle ore 16
e con l’introduzione del Vescovo; seguiranno poi
due relazioni sul tema.
La prima tornata del Convegno si chiuderà alle 20.
Il giorno dopo, con lo stesso orario, si avranno altre
due relazioni e la conclusione.
Sarà un Convegno – precisa monsignor Bertoldo –
agile e snello nei contenuti, ma che creerà, lo spero
tanto, mentalità e consensi, intorno ad un comune
sentire e ad un unico intento di programmazione
pastorale per l’intera diocesi”.
RAPPORTO TRA CHIESA E STAMPA
IV (2003), n. 149, p. 19
Lessi, mesi fa, su questo Giornale che il prete noglobal don Vitaliano Della Sala era stato invitato a
lasciare la parrocchia.
I preti, dunque, fanno notizia.
E questo avviene, purtroppo, soltanto quando
qualcosa di strano li riguarda.
La stampa, poi, gongola, allorché qualche scandalo
si affaccia all’orizzonte, minacciando pioggia di
particolari, confessioni, precisazioni, rivelazioni e
provvedimenti.
È capitato ad un Vescovo e continua ad avvenire,
dopo il suo ritorno sulla scena televisiva e sugli
scaffali delle librerie.
Ma, noi preti vorremmo fare notizia – e la
facciamo, ma nessuno la coglie -, per un fatto molto
11
più semplice: la fedeltà continua, giorno dopo
giorno, direi: ora dopo ora, per tutta la vita, ad una
missione talmente grande, da riempire totalmente
la mente e il cuore di ciascuno: rendere presente
Gesù Cristo.
È questa, la nostra vera ambizione.
È soltanto questo, il nostro programma, che non
può essere messo in discussione da nessuno.
Ai laici domandiamo di attendersi anzitutto questo
da noi; il resto, in ogni caso, deve avere un
aggancio con tale prioritario nostro dovere.
Ai confratelli chiediamo di darci amichevolmente
una mano.
IL PARROCO DI SAN LORENZO IN ATTESA
CHE SI MUOVA QUALCOSA
IV (2003), n. 137, p. 18
Spello ha una bella tradizione di impegno dei
cattolici nel sociale.
Un’espressione eloquente ne è la pubblicazione,
ripresa ormai da trent’anni, del mensile La Squilla,
che nell’ultimo numero riporta, in prima pagina,
una puntuale scritto del Priore-Parroco di San
Lorenzo, monsignor Angelo Cappotti, da sempre in
prima linea nell’annuncio della Parola di Dio e nel
servizio dei fratelli.
Chi non riconosce la sua dedizione assoluta per la
formazione dei giovani, che dura da sessant’anni?
Ebbene, mi ha un po’ sorpreso – in positivo,
certamente – la sua franca richiesta di accelerare i
tempi dei lavori di restauro del Circolo Cattolico,
della Casa del Catechismo, dell’Oratorio, delle
cinque chiese rionali: San Martino, San Gregorio,
dell’Ospedale, San Giovanni Battista e San
Claudio.
Don Angelo ha dato al suo intervento il simpatico
titolo Lettera aperta scritta contro nessuno e alla
fine dice:
“Grazie dell’attenzione verso quanti vorranno
pazientemente leggermi”,
mentre all’inizio, al titolo aveva fatto seguire
queste parole:
12
“Ma perché sia letta da responsabili
dell’Amministrazione Civica e della Curia
Diocesana”.
Volentieri gli vengo in soccorso, per quello che
posso, con questo trafiletto, sapendo bene che le
cose vanno avanti solo se se ne parla, e soprattutto
se sono i giornali ad offrire il loro contributo per
dare un colpo di accelerazione alle pratiche.
Vedrà, don Angelo!
Qualcosa si muoverà.
ASSOCIAZIONE DEL CLERO CITTADINO
IV (2003), n. 128, p. 19
Molto spesso sulle pagine del Giornale mi sono
occupato di preti, anche perché io sono prete e ho
piacere che figure del passato e non solo, che hanno
onorato la Chiesa e la società, occupino per
qualche spazio di tempo, l’attenzione della gente,
presa, anzi violentemente conquistata da tante
notizie veramente inconsistenti, ma attraenti in
grado massimo.
Lo faccio questa volta , per segnalare
l’Associazione del Clero di Foligno, presieduta da
don Nicola Pelati e associata alla Federazione
nazionale nota con la sigla F.A.C.I.
Anche i sacerdoti hanno bisogno, come tutte le
categorie sociali, di aggregarsi, per difendere i
propri diritti, sicuramente, ma anche e soprattutto
per esprimere quel valore troppo dimenticato, un
po’ dappertutto, che si chiama solidarietà.
Il prete dà la sua vita a Cristo e alla Chiesa, senza
stare a guardare troppo al futuro e senza
preoccuparsi eccessivamente dei possibili
imprevisti, sicché talvolta deve fare i conti con
realtà e situazioni, che lo disturbano nella sua
attività pastorale quotidiana.
L’esistenza di una Associazione lo rende un po’ più
tranquillo, dal momento che gli trasmette la
convinzione che in ogni caso c’è qualcuno che
pensa ai suoi problemi concreti, quelli della vita
quotidiana, soprattutto legati alla malattia, alla
vecchiaia e alla inabilità.
13
Il prete, che non è padrone di nulla – né di se
stesso, per il fatto che, come dicevo, si è donato, e
tanto meno della sua comunità parrocchiale -,
ricorda a tutti i cristiani, più che con le parole, con
la vita, che quello che conta è costruire il bene di
tutti.
Se si pensasse che il suo obiettivo è quello di
assicurarsi un tenore di vita alto e una comoda
sopravvivenza, significherebbe che nulla si è
compreso della sua figura e della sua missione.
Certamente, le tentazioni e le insidie di cadere in
qualche tranello, che il mondo architetta contro di
lui, non mancano e l’idea di poter fare e disfare là
dove si trova solo provvisoriamente e a servizio
degli altri, può affacciarsi in momenti di
smarrimento alla sua mente, ma il contatto
costante con i confratelli, il confronto e il dialogo e
soprattutto la vicinanza a chi passa momenti
difficili, sono la terapia giusta, anzi la medicina
preventiva più efficace per simili malattie.
La gratitudine della Società nei confronti dei preti,
allora, passa anche attraverso la stima nei
confronti di chi si occupa di loro, in particolare di
quella Associazione, di cui parlavo all’inizio.
IL NUOVO VOLTO DEL PRESBITERIO
FOLIGNATE
IV (2003), n. 97, p. 19
Dopo un digiuno di incontri ecclesiali durato
quattro mesi, sono tornato il Mercoledì Santo, in
obbedienza all’invito del Vescovo monsignor
Arduino Bertoldo, che ha diramato una circolare,
non solo ai preti, ma anche ai diaconi, ai
seminaristi, alle religiose e agli aspiranti diaconi,
ad una Concelebrazione, quella della Messa
Crismale.
Il Rito svoltosi, come è naturale, nella Cattedrale di
Foligno, non ha visto una larghissima
partecipazione di popolo.
Se si confronta l’affluenza con quella che si registra
in occasione della Festa di San Feliciano, si rimane
un po’ sorpresi, ma forse è stata l’ora, le 17, a non
14
favorire una massiccia partecipazione.
In ogni caso, è stata molto significativa la presenza,
oltre che dei Vescovi Arduino Bertoldo e Giovanni
Benedetti, quella di tanti preti secolari e regolari,
che, a vario titolo, svolgono in Diocesi la loro
missione tanto importante, quanto talvolta
incompresa.
Ciò che mi ha incuriosito ancora una volta, è stata
la presenza di volti nuovi – rumeni, africani,
indiani, latinoamericani -, che stanno a
testimoniare come noi della Chiesa di Foligno, se
stiamo sperimentando un passaggio difficile e
delicato, per quanto riguarda il numero delle
vocazioni, che nascono nelle nostre comunità
parrocchiali, tuttavia abbiamo la grande
opportunità, come ho già avuto modo di
sottolineare, di confrontarci con mentalità e
tradizioni diverse dalle nostre.
Che non sono certamente le migliori possibili, come
forse per campanilismo siamo portati a credere,
visti gli effetti.
Dialogare, allora, con un prete del Madagascar – è
solo un esempio -, che fa servizio in una grande
parrocchia della nostra periferia, può essere
stimolante.
A tempo opportuno, gli si potrebbe chiedere anche
consiglio su come proporre la figura di Cristo in
questa nostra società sempre più secolarizzata; la
cosa risulterebbe certamente illuminante.
Certo, non rinunciando a proporre anche le nostre
ricchezze, che sono soprattutto del passato.
Io, a don Claudio, in un’altra circostanza, ho detto
di farsi una buona cultura riguardo alla Beata
Angela, per poi parlarne, quando tornerà nella sua
terra – con la stessa proposta ho interpellato anche
un seminarista dell’India -; è proprio vero che le
vie del Signore sono infinite.
Ma, tante altre forme di scambio si potrebbero
immaginare, per riuscire ad aprire gli occhi su
quanto sta avvenendo da noi e fuori e per andare al
passo dei tempi nella evangelizzazione e nella
inculturazione della fede.
Allora, nonostante la crisi, il meglio, che è di fronte
15
a noi, si appresserà più decisamente e tutti ne
godremo i frutti preziosi.
UN MESSAGGIO PASQUALE
IV (2003), n. 91, p. 19
L’unico titolo, che mi autorizza in questa sede, a
rivolgermi a voi, amici lettori del Giornale, è il
fatto che ormai da molti mesi, quasi
quotidianamente, ho l’opportunità di offrirvi, con
la massima libertà, che il redattore delle pagine di
Foligno mi concede, note e pensieri su persone e
cose della nostra terra.
In questa occasione, la Solennità della Pasqua del
Signore mi suggerisce di dirvi qualche parola
augurale, in un momento difficilissimo per il
mondo intero e complicato per la nostra Italia, che
nella questione dell’Iraq certamente non si è
distinta per chiarezza di posizioni, lungimiranza e
testimonianza di quei valori cristiani che ispirano il
pensiero di moti fra voi e il mio.
La prima parola è coerenza: vi auguro di non
perdere mai di vista quel bene assoluto che il
Signore risorto ci ha offerto, vale a dire la libertà
dal male – ogni forma di male -, soprattutto quello
morale, che insidia la coscienza di tutti.
Restare coerenti con questa condizione di nondipendenza da quello che il mondo offre, come
strumento di offesa ai fratelli, è il titolo più alto di
dignità e nobiltà umana e cristiana.
La seconda parola è altruismo; avrei potuto dire
amore, se il termine non si prestasse ad
interpretazioni fasulle.
Chiedersi ogni giorno: “Cosa posso fare per gli
altri?”, può essere utile a noi tutti, per non perdere
il tempo, sciuparlo in vane esercitazioni, o peggio in
azioni, che sprizzano veleno da ogni poro,
contagiando anche chi semplicemente ci sfiora,
peggio del virus della polmonite atipica, che in
questi giorni fa tanto parlare di sé.
Del resto, quel Cristo risorto che celebriamo,
nient’altro ha fatto che dimenticare se stesso e
donarsi a tutti, senza alcuna distinzione, e
16
soprattutto con quella larghezza di attenzione per
ciascuno, che l’ha portato sulla Croce.
La terza e ultima parola, alla quale vorrei affidare
questo mio messaggio pasquale, potrà sembrare
inopportuna; sui tratta della sapienza.
Voglio dire che nessuno di noi può illudersi di
conoscere tutto, sapere ogni cosa, aver
approfondito ogni aspetto della vita degli uomini e
del creato.
C’è, quindi, da far costantemente lo sforzo di
mettersi alla scuola di qualcuno e interrogare,
chiedere, insistere, per arrivare a rendersi conto di
quanto sia difficile conquistare la verità delle cose.
Il Cristo risorto per molti di noi è il Maestro, con
cui si può intrattenere un costante dialogo, per
crescere proprio nella sapienza, quella che conta e
che non dà diritto ad alcun titolo accademico, ma
assicura quello essenziale di cristiano, che permette
di guardare al futuro, con la certezza che il meglio
è di fronte a noi.
L’ENCICLICA DI PAPA GIOVANNI SULLA
PACE È ATTUALE
IV (2003), n. 76, p. 18
Non sono molti i gruppi, movimenti e associazioni,
che a Foligno, nell’area cattolica, riescono ad
attirare l’attenzione degli intellettuali.
Il gruppo del Movimento Ecclesiale di Impegno
Culturale di tanto in tanto esce allo scoperto e
suscita interesse, affrontando tematiche di grande
attualità.
È avvenuto anche sabato 22, quando il presidente
dottor Alvaro Bucci ha presentato, inquadrandoli
nel clima socio-politico dei primi anni ’60, i
contenuti dell’enciclica Pacem in terris di Papa
Giovanni XXIII.
Lo ha fatto anche perché in maggio la Chiesa di
Foligno terrà un Convegno su questo importante
documento e in preparazione a tale evento, nelle
parrocchie, ne saranno presentati i contenuti e
illustrati i significati.
Nella riunione del MEIC è stata anche colta
17
l’occasione, per dire quanto siano ancora attuali la
lettera e lo spirito dell’Enciclica,
E non sono mancati i riferimenti alla drammatica
fase storica che si sta vivendo, a seguito della
decisione degli anglo-americani di attaccare l’Iraq,
senza alcun avallo dell’ONU.
La pace va dunque posta al centro della riflessione
di tutti: persone, piccole comunità, società intera,
se non si vuole ricadere nel clima pericoloso della
vendetta e della sopraffazione, in nome di non si sa
quale presunto diritto.
Autentico e universale è, infatti, quello di vivere in
pace, cercando di risolvere eventuali questioni, non
con il ricorso alle armi, ma con il dialogo, il
confronto e il compromesso.
Saremo capaci, noi di Foligno, di affrontare queste
tematiche, superando le note differenze ideologiche
e puntando ad una comunione di vedute, al di là di
vecchie opposizioni e distinzioni?
Sarà, la nostra Chiesa, all’altezza della situazione,
elevandosi a superiori livelli di pensiero e di
riflessione, capaci di interessare anche i noncredenti?
Lo speriamo proprio.
RIVIVE LA CHIESA DI BETLEM
IV (2003), n. 76, p. 18
C’era grande attesa, per la riapertura della Chiesa
di santa Maria di Betlem, a Foligno, in Via
Umberto I, avvenuta ieri dopo i notevoli lavori di
restauro, resisi necessari, a seguito dell’evento
sismico del 1997.
Nel corso della celebrazione, è stata data alla
cittadinanza una notizia di rilievo assoluto circa la
storia dell’edificio sacro, tornato a splendore del
passato.
Un plauso personale a quanti hanno operato, con
ruoli diversi, per ridare a Foligno un altro gioiello
artistico, legato alla nostra grande tradizione
religiosa, in particolare monastica.
Si spera che con tale recupero di alta qualità,
manifestazioni culturali e artistiche di natura sacra
18
possano trovare lo spazio giusto, anzi ideale, per la
loro realizzazione.
Io ne suggerisco una molto suggestiva: la lettura
pubblica del grande capolavoro medievale:
Angelae Fulginatis Liber.
Che ne dicono i lettori?
LA F.U.C.I. CENTRO DI TALENTI FORSE
RINASCE
III (2002), n. 290, p. 18
Tra i documenti che conservo gelosamente, ce n’è
uno, a cui tengo particolarmente: la tessera di
iscrizione al Circolo di Foligno A. Mancini della
F.U.C.I. – Federazione Universitaria Cattolica
Italiana -, nella quale, , in alto campeggia la sigla
A.C.I., che ricorda l’appartenenza degli iscritti
all’Azione Cattolica Italiana.
Presidente del Circolo, in quel periodo, era
Antonio Laganà, ora stimatissimo docente; non
riesco, invece , a decifrare il nome del Presidente
del Consiglio Superiore della F.U.C.I.
Si era nel 1967, un anno mitico; chi a buona
memoria, ricorda cosa avvenne, soprattutto l’anno
dopo, negli ambienti universitari di Perugia, in
particolare alla Facoltà di Lettere e Filosofia, che
frequentavo per le lezioni di Rigobello, Berti,
Fabro, Mirri, ecc.
Studente a tutti gli effetti, anche se impegnato a
dirigere il Collegio I.R.C.A. – forse qualcuno
ricorderà la squadra dibasket, allenata da Martini
e protagonista, con altri sodalizi, dello sport
folignate giovanile —, conobbi così la F.U.C.I.
Molti anni dopo, mi sono ritrovato Assistente
Ecclesiastico dello sesso Circolo, la cui sede, nel
frattempo, dal pianterreno del Vescovado, dove
campeggiava la sigla su pietra, era passata
all’Istituto San Carlo.
Fu in tale periodo che si tenne la celebrazione non
so più di quale anniversario del gruppo, assistito in
precedenza, per molti anni, da monsignor Dante
Cesarini, ora impegnato in campo vocazionale,
successore di don Giuseppe Cavaterra, a sua volta
19
erede dell’opera di don Francesco Conti,
monsignor Dino Tomassini e del canonico Primo
Tacchi.
Convennero, ricordo, in molti per celebrare una
storia gloriosa, che ha dato alla Città donne e
uomini di valore sia per la loro testimonianza
cristiana sia per il contributo culturale che le
hanno assicurato e continuano ad assicurare.
A metà del 1998, dopo il mio passaggio a San
Giuseppe Artigiano, sono avvenuti dei
cambiamenti, sui quali sicuramente i protagonisti
sapranno dare puntuali informazioni.
Questo, infatti, è il mio intento: riuscire a
ricostruire le più recenti vicende, per individuare il
modo di ridare vita alCircolo, nelle forme che lo
spirito della F.U.C.I. prevede e in armonia,
soprattutto con la direzione nazionale del
movimento e con chi a Foligno ha responsabilità
organizzative e decisionali.
Mi sembra utile, per questo, se non proprio una
convocazione degli ex-fucini, almeno questa mia
uscita, per chiedere pubblicamente a chi sa, di
fornire notizie, avanzare proposte e soprattutto
dare disponibilità all’impegno.
Credo che quanti hanno a cuore l’Istituto San
Carlo, di cui la F.U.C.I. è componente vitale – non
lo si dimentichi -, appoggeranno nelle forme che
riterranno più opportune questa mia iniziativa.
SI FESTEGGIA IN CATTEDRALE SANTA
LUCIA
III (2002), n. 292, p. 18
Anche quest’anno, in attesa che le Monache
Clarisse ritornino dal Monastero di San Fortunato
di Montefalco, dove, dopo il terremoto, sono ospiti
da alcuni anni, a Foligno, nel loro antico e glorioso
Monastero, la Festa di Santa Lucia vergine e
martire, si celebrerà nella Cattedrale di San
Feliciano, il 13 dicembre.
Le Sante Messe saranno celebrate ogni ora, dalle
alle 12 e dalle 17 alle 19.
Alle 9 celebrerà il Vescovo emerito monsignor
20
Giovanni Benedetti, alle 11 il Vescovo diocesano
monsignor Arduino Bertoldo – ricorre il decimo
anniversario del suo ingresso a Foligno – e alle 18
dal Vicario Generale monsignor Giuseppe Bertini.
Nel foglio Le campane di S. Lucia inviato a quanti
seguono le vicende della comunità religiosa,
l’abbadessa suor Angela Emmanuela Scandella, a
nome di tutte le Sorelle Clarisse, fra l’altro, parla
della professione temporanea di suor Maria Elena
e di suor Chiara Caterina e di quella solenne di
suor Maria Cristiana, avvenute nei mesi scorsi.
In merito ai lavori di ristrutturazione della loro
casa, suor Angela Emmanuela scrive:
“Entro dicembre la Ditta si è impegnata a
consegnare l’ala infermeria.
Dovranno però trascorrere due mesi perché gli
ambienti siano sufficientemente asciutti per essere
abitati.
Saremo allora in grado di rientrare… ma con il
cantiere attivo per l’ala Noviziato che deve ancora
essere ultimata”.
I folignati, che ben conoscono l’importanza della
presenza delle Clarisse, non solo dal punto di vista
religioso, attendono con grande desiderio questo
ritorno: lo dimostreranno anche in occasione della
Festa del 13 dicembre, rinnovando la bella
tradizione di onorare nella preghiera Santa Lucia e
manifestando la loro solidarietà e simpatia verso le
Monache, in questa fase molto delicata della loro
plurisecolare storia.
Avranno anche modo di ricordare le persone
conosciute e apprezzate per la loro testimonianza
di vita in Monastero o accanto ad esso, come sono
portato a fare io per la professoressa Antonietta
Saudino, docente di lingua francese nelSeminario
Vescovile di Foligno negli anni ’50, succeduta, in
tale compito, alla professoressa Merlo; un altro
segno di quella inscindibile comunione tra tutte le
componenti della nostra comunità ecclesiale.
E le cialde, così invitanti, con i loro simboli e
disegni non sempre facilmente interpretabili?
Sicuramente faranno bella mostra di sé sulle
bancarelle, come ormai tutti si aspettano,
21
attireranno chissà quanti a farne una bella scorta e
ricorderanno ai folignati di lunga data e a quelli di
recente acquisizione che la Città è come una
grande famiglia, in cui devono regnare fiducia
reciproca, rispetto vero, non semplice tolleranza e
tanto meno sospetti e preconcetti di varia natura.
LICEALI IN VISITA ALLA “JACOBILLI”
III (2002), n. 293, p. 19
Una Classe III del Liceo Classico “Federico Frezzi”
di Foligno, guidata dall’insegnante di Storia e
Filosofia professor Antonio Nizzi, ha visitato la
Biblioteca “Lodovico Jacobilli” del Seminario
Vescovile, l’Archivio Capitolare e l’Archivio
Storico Diocesano, ormai prossimi al trasferimento
nella nuova sede di Piazza San Giacomo.
I giovani, nella visita tanto intensa quanto rapida,
hanno anzitutto ascoltato brevi relazioni si
monsignor Francesco Conti, direttore della
Biblioteca, e della dottoressa Caterina Marini,
addetta all’Archivio Storico, per dividersi, poi, in
due gruppi ed essere introdotti, con rapidi accenni,
alle tematiche fondamentali della conservazione di
documenti da parte degli esperti di biblioteconomia
e archivistica Roberto Tavazzi e Cesarina Fioretti.
La passione dei giovani studenti per la storia e per
le altre discipline caratteristiche del loro corso di
studi, sicuramente ha avuto un ulteriore stimolo
nella delicatissima fase finale della loro
preparazione agli Esami di Stato, che tante riforme
hanno conosciuto in questi ultimi tempi.
Tutto ciò è avvenuto alla vigilia di un importante
appuntamento per il Liceo folignate, che ora,
insieme all’Istituto Magistrale “Beata Angela”
costituisce l’Istituto Statale di Istruzione Classica.
Di passaggio, vorrei far presente, come ex-docente
di Scienze Umane – ma, si chiamano ancora così? –
delMagistrale che, con la nuova denominazione – la
quale, purtroppo, prenderà piano piano il posto
delle due gloriose sigle -, si farà fatica in futuro a
riconoscere la storia specifica delle due istituzioni.
Comunque, l’impegno del Liceo Classico, per ora, è
22
proprio quello di celebrare la sua storia, o almeno
la sua prima fase, di cui furono protagonisti anche
degli ecclesiastici.
Il 20, infatti, si terrà una celebrazione del
cinquantennale della statalizzazione, avvenuta
nell’anno 1952.
In tale occasione, fra l’altro, sarà presentato il libro
curato dai professori Antonio Nizzi e Daniela
Zappelli, Il Liceo Classico Comunale dal Fascismo
alla Repubblica 1927-1952, del quale mi occuperò
prossimamente, per una questione che mi sta
particolarmente a cuore.
L’incontro si terrà al Politeama Clarici, alle ore 17,
e prevede anche un intervento del professor Mauro
Moretti, dell’Università di Pisa, dopo il saluto del
professor Faramelli e l’intervento musicale degli
alunni della Scuola, diretti dai docenti D’Onofrio e
Pascoletti.
Tornando alla visita di martedì, mi piace additarla
come esempio di interesse a istituzioni per troppo
tempo rimaste nell’ombra; è ora che anche altre
realtà scolastiche aprano i loro occhi su di esse, per
conoscere direttamente il grande patrimonio
culturale che conservano, senza il quale, non solo
non si può ricostruire la storia della nostra Città,
ma neppure immaginarne lo sviluppo autentico in
tutti i settori del sapere e dell’agire.
I PICCOLI FRATELLI A SPELLO
III (2002), n. 294, p. 19
È da pochi giorni nelle mani degli amici dei Piccoli
Fratelli del Vangelo del padre Charles de Foucauld
della Fraternitàdi Spello, la lettera firmata da Ivo,
Alberto, Arturo e Gerardo.
Essi, fra l’altro, vi annunciano i novant’anni di
fratel Arturo Paoli, notissimo anche per i suoi libri,
che, dopo aver girato il mondo, il 30 novembre è
tornato in Brasile.
Aggiungono:
“Gli auguriamo di poter continuare per molti anni
a venire da noi per condividere la sua esperienza,
la sua ricerca di Dio, il suo pensiero sulla vita,
23
l’uomo, la sua passione per la giustizia e il Regno”.
Nella circolare i responsabili della Fraternità
danno anche notizie sulla situazione postterremoto, informando che “[…] il San Girolamo è
ancora in cantiere, i lavori vanno a rilento. Però
osiamo sperare che sarà disponibile nell’anno
2003”.
Poi una notizia tragica:
“Alla fine del mese di luglio, il nostro confratello
Yves Lescanne è stato ritrovato morto, assassinato,
nella piccola casa La Belle Etoile che aveva
sistemato per accogliere ragazzi di strada, nel nord
del Camerun. Da molti anni Yves aveva dedicato
tutta la sua vita a quei ragazzi”.
Yves non era sconosciuto a Spello, in quanto anni
fa “[…] durante un anno sabbatico, aveva passato
un lungo tempo in eremo […] e ci ha lasciato –
dicono i confratelli – un Crocifisso che aveva
modellato con la terra del Subasio”.
Attualmente al San Girolamo è presente anche
fratel Gerardo, “[…] che viene dal Brasile dove ha
vissuto per vent’anni, nel Nordest, e che prima
ancora ha vissuto in fraternità in Sardegna”.
Diamo queste notizie sul Giornale, sapendo che non
sono pochi in Umbria coloro che apprezzano
l’opera iniziata a Spello da fratel Carlo Carretto, la
cui tomba si trova proprio nel vicino Cimitero.
Egli continua ancora oggi in tutte le parti del
mondo, con i suoi libri, un’azione preziosa di
richiamo alla contemplazione di Dio e di vicinanza
all’uomo che si trova in condizioni difficili.
Una lezione che, da vivo, seppe trasmettere, come
Diacono, anche alla gente della nostra Diocesi, che
si spera non l’abbia dimenticato.
Per quanto mi riguarda, non scorderò facilmente
che, in una particolare occasione, fece pregare un
gruppo di operai delle Officine Sanitarie, con cui
andai da lui, alla fine degli anni ’60, quando il
Vescovo Siro Silvestri mi aveva affidato la
direzione dell’Orfanotrofio Maschile degli I.R.C.A.
– Istituti Riuniti di Cura e Assistenza -.
La sua capacità di aiutare le persone a volgere a
Dio lo sguardo interiore, resta come prezioso
24
esempio di una forma di evangelizzazione, che,
essendo insostituibile, va pure oggi praticata, anche
perché la situazione si va evolvendo rapidamente,
sotto la spinta del dialogo interreligioso.
IL VESCOVO BERTOLDO DIECI ANNI FA
III (2002), n. 295, p. 19
Si celebra nella Cattedrale di San Feliciano, alle
ore 18, il X anniversario del ministero episcopale a
Foligno di Sua Eccellenza Monsignor Arduino
Bertoldo.
Su questo Giornale ho già ricordato nei giorni
scorsi il decennale della sua Consacrazione a Civita
Castellana.
In questa occasione, oltre che fargli i più cordiali
auguri, mi piace riproporre l’intervista, che
l’attuale Vescovo mi rilasciò nel novembre del 1992
per il mensile di Belfiore, Salire.
Rileggerla mi sembra che sia utile per tutte le
componenti della Chiesa locale.
Monsignore, quali sentimenti ha provato, quando
ha appreso la notizia della Sua nomina a Vescovo
della Diocesi di Foligno?
Il mattino in cui il Vescovo irruppe nel mio ufficio
e con volto commosso e con fare quasi concitato, mi
disse:
“Le devo parlare con urgenza”,
io subito pensai a un improvviso aggravamento
delle condizioni di salute di sua madre, già in
ospedale.
Invece mi disse:
“Il Santo Padre l’ha nominata Vescovo di Foligno:
sono stato incaricato dal Nunzio di darle la notizia
ufficiale”.
In quel momento non seppi dire niente: pensai
soltanto:
“Signore, mi aiuti la tua misericordia!”.
Ora, passati ormai alcuni giorni, sento crescere in
me sempre più sentimenti di paternità profonda
verso i cari fedeli della Chiesa che è in Foligno, ma
anche misuro sempre più la sproporzione che c’è
tra il ministero episcopale e le mie povere forze.
25
Conto tuttavia sulla preghiera e la collaborazione
di tutti.
Può dirci quali sono stati i momenti
particolarmente significativi nella sua attività
sacerdotale?
La vita di ogni sacerdote è piena di momenti
significativi, che lasciano un segno indelebile;
l’esperienza dell’amore di Dio, della sua presenza,
della dolcezza del suo perdono, la provvidenza con
cui egli avvolge la nostra vita e tesse ogni giorno la
trama del nostro futuro, sono gli ingredienti di
quell’innamoramento felice e sereno, col quale ogni
sacerdote, ma anche ogni buon cristiano, fa lieta la
propria vita.
Momenti particolarmente significativi certo ne ho
avuti.
Penso soprattutto agli incontri con i giovani,
incontri di preghiera, di formazione, di spiritualità,
durante i quali sentivo le loro anime aprirsi al
Signore.
Quale invito vuol rivolgere ai laici, in particolare
agli operatori delle comunicazioni sociali?
Il Concilio Vaticano II insegna che i laici “[…] sono
chiamati da Dio affinché […] esercitino nel mondo
il loro apostolato” e che essi “[…] derivano il
dovere e il diritto all’apostolato dalla loro stessa
unione con Cristo Capo” (A. A., nn. 2-3).
Aggiunge inoltre:
“Per l’esercizio di tale apostolato lo Spirito Santo
[…] elargisce ai fedeli anche doni particolari,
distribuendoli a ciascuno come vuole, affinché
mettendo ciascuno a servizio degli altri il dono
ricevuto, siano anch’essi come buoni dispensatori
della multiforme grazia di Dio per l’edificazione di
tutto il corpo nella carità” (A. A., n. 3).
È dall’aver ricevuto questi carismi che nasce per i
laici il diritto-dovere alla collaborazione
nell’apostolato.
Il mio, quindi, ancor più che un invito, è una
preghiera, perché ogni laico scopra l’ampiezza e la
profondità della sua chiamata e vi corrisponda con
larghezza di cuore.
Agli operatori delle comunicazioni sociali, poi,
26
tutta la mia considerazione e il mio pressante
appello perché ricerchino sempre la verità, con
quella carità che è come l’anima di ogni opera che
vale.
Ad essi inoltre va la mia riconoscenza per il lavoro
prezioso che svolgono, con l’augurio che cooperino
sempre alla edificazione di un mondo più giusto e
più pacifico.
FORSE QUESTA È UNA DELLE ULTIME
DOMENICHE
III (2002), n. 302, p. 20
Questa che precede il ricordo del Natale del
Signore, è una domenica tutta particolare, non
perché si sia ritornati alla giusta visione del giorno
del Signore – dies dominica, questo vuol dire -, ma
proprio per il contrario: si sta facendo del tutto,
per considerarla come il lunedì o il martedì.
Non sto a riassumere la notizia, che tutti i folignati
hanno conosciuto attraverso i mezzi di
comunicazione di massa; parlando da prete, in
questo caso, ho in mente altro: polemizzare con chi,
a livello europeo, per ora, e se la cosa andrà avanti,
a livello italiano, fra qualche giorno, è pronto a
rinunciare ad una consolidata tradizione, per
essere in linea con i tempi, questi tempi così strani
e travagliati.
Non sono assolutamente d’accordo con coloro che
pensano che la domenica sia come un altro giorno
qualsiasi.
È tutt’altro, anche se per molti si è gradualmente
trasformata nel giorno della partita – adesso un po’
meno, perché si gioca tutti i giorni, a tutte le ore – e
della gita.
Non perché lo dice – o diceva – la legge, ma perché
sono convinto, e non sono il solo, che il Mistero
della Risurrezione di Cristo merita di per sé il più
grande rispetto.
La domenica è il giorno della Risurrezione: come si
fa a cancellarla a cure leggero?
Chi dovrà legiferare, lo ricordi; se vuole restare
ancorato a quella tradizione cristiana, che è anche
27
cultura europea, e non solo, non faccia tale
leggerezza.
Chi verrà dopo di noi, lo giudicherà con estrema
severità.
Intanto, comunque, godiamoci in modo più
cristiano possibile questa domenica 22 dicembre, in
preparazione al Natale, nonostante gli assordanti
richiami a cose, che nulla hanno a che fare con il
Mistero, che fra qualche giorno sarà ricordato
anche nelle case e nelle Chiese di Foligno.
“Giù le mani dal Natale”, vien voglia di dire, ma
almeno diciamo ai bambini che, nonostante tutti i
tentativi che gli interessati fanno per manipolarla,
trasformarla, adattarla ai loro gusti e alle loro mire
terra-terra, quella che la Chiesa propone, non è
una favola, ma la più grande Verità.
GIUSEPPE CAVATERRA, PRETE DA 55 ANNI
IV (2003), n. 14, p. 19
Se normalmente i titoli sono riservati ai fatti di
cronaca nera, il Giornale dell’Umbria fa eccezione,
almeno nelle pagine di Foligno, perché anche le
buone notizie trovano largo spazio e meritano titoli
a caratteri cubitali.
È il caso di oggi.
Lo tratto, perché don Giuseppe – i diminutivi o le
storpiature dei nomi non mi piacciono – è un
personaggio a Foligno, senza titoli aggiuntivi e
soprattutto con una storia illustre alle spalle, tale
che i suoi 55 anni di Sacerdozio – li celebrerà
quest’anno – sono un evento che riguarda non dico
tutti i nostri concittadini, ma buona parte
certamente.
Il servizio pastorale nella campagna folignate –
Corvia, Scafali, Perticani, Torre di Montefalco: ho
lasciato qualcosa? -, oltre che nell’attuale
Parrocchia della Beata Angela, e la sua presenza
nella scuola pubblica e soprattutto nel
nostroSeminario Vescovile, hanno uno spessore
tale, che da nulla può essere intaccato.
Per questo, gli faccio gli auguri in anticipo su tutti,
riandando ai tempi in cui, senza direttive pressanti,
28
la zona Sterpete-Scafali-Borroni viveva la bella
esperienza di incontri continui – e noi chierichetti e
seminaristi vi eravamo coinvolti felicemente per i
cosiddetti Uffici, vale a dire la celebrazione di
Sante Messe per i Defunti -.
L’aspetto liturgico prevaleva su tutto, ovviamente,
ma non mancava quello conviviale del primo
mattino – allora non si poteva celebrare in altre ore
e vigeva il precetto del digiuno dalla mezzanotte -.
In quelle occasioni, i preti parlavano e vivevano in
amicizia; noi, piccolini o grandicelli che fossimo,
servivamo la Messa, vedevamo, ascoltavamo e
imparavamo mille cose.
Per esempio, a cantare: don Cesidio superava tutti,
ma don Giuseppe non sfigurava, anzi, quando
all’harmoniumc’era don Archimede, si faceva
proprio sentire.
Da quei tempi lontanissimi – metà degli anni ’50 –
di acqua sotto i ponti ne è passata tanta, ma la
stima per quei preti non ha perso il suo smalto,
anzi giorno dopo giorno cresce nel ricordo – don
Cesidio e don Archimede, purtroppo, non sono più
tra noi – o nella vita di tutti i giorni.
A don Giuseppe, perciò, va l’augurio più fervido
per il suo futuro, in una situazione che lo vede da
poco privato della presenza preziosissima della
Sorella, ma affiancato dal caro professor Fantauzzi
e circondato da tanta amicizia e cordialità nella sua
Comunità Parrocchiale, affidata recentemente a
don Marcello Sorbelli.
Mi è permesso, per finire, di salutarlo con un:
“Caldi?”.
Don Giuseppe capirà e risponderà: “Sambi”.
REALTÀ EDUCATIVE FINITE
IV (2003), n. 14, p. 19
Verso la fine degli anni ’60, scomparvero a Foligno
tre istituti educativi, con una lunga e gloriosa storia
alle spalle: l’Orfanotrofio Maschile – noto come
Istituto I.R.C.A., in quanto appartenente agli
Istituti Riuniti di Cura e Assistenza, di cui fu
presidente prima l’onorevole Luciano Radi e poi
29
Hans Wolf Schoen -, quello Femminile, anch’esso
degliI.R.C.A., e il Collegio “Sgariglia”, diretto dai
Padri Somaschi.
Rimasero in piedi, anche se con organizzazione
diversa, il Seminario Vescovile, la Casa del
Ragazzo fondata da monsignor Guglielmo
Spuntarelli e ancora oggi operante nel campo
dell’avviamento professionale, l’Istituto Miani dei
Padri Somaschi di Belfiore e, se non erro, gli
istituti collegati con le scuole dei Padri Dehoniani,
delle Suore della Beata Angelina e delle Suore di
San Giuseppe – su queste realtà educative possono
pronunciarsi, con puntualità e ricchezza di
informazioni, altre persone -.
Il vento innovativo spazzò via, così, pagine di
storia, con una certa furia – non si dimentichi la
polemica che si sviluppò sulla stampa locale, per
contrastare la chiusura dell’Istituto I.R.C.A. -,
obbligando i giovani, che provenivano da luoghi
diversi, a trovare rapidamente una soluzione, al
fine di arrivare alla conclusione del loro corso di
studi.
Ma non è di questo che intendo qui parlare
diffusamente.
Mi interessa una cosa sola, per il momento: sapere
dove sono finiti i documenti dell’Orfanotrofio
Maschile, perché sarebbe mia intenzione
ripercorrere almeno le vicende degli anni 1966-‘69,
quando, prima insieme al canonico don Mariano
Filippini e poi da solo, diressi l’Istituto nella sua
nuova sede di Via Isolabella, dove attualmente
opera il Liceo Scientifico.
Sicuramente coloro che lavorano in seno
all’amministrazione degli ex-I.R.C.A., sapranno
aiutarmi ad orientarmi dopo tanto tempo e mi
faciliteranno il lavoro, del tutto volontario, per fare
in modo che non cadano nel dimenticatoio vicende,
che hanno interessato tante persone: educatori,
inservienti, collaboratori e collegiali – qualche luce
si potrà anche gettare sulla storia di due realtà in
qualche modo collegate: le Officine Sanitarie e il
Centro di Psicologia, primo nucleo di quello che
attualmente è il Reparto di Neurologia
30
dell’Ospedale Civile di Foligno -.
Attraverso un paziente lavoro, non solo l’aspetto
scolastico dell’esperienza dell’Istituto I.R.C.A.
potrà essere illustrato, ma anche quello sportivo.
Essi, infatti, avevano una bella squadra di basket,
che partecipava regolarmente al campionato, sotto
la guida dell’allenatore Martini, di Foligno.
I FRATELLI DELLE SCUOLE CRISTIANE
IV (2003), n. 15, p. 19
Nel 1868 il Vescovo di Foligno, monsignor Nicola
Grispigni, che governò la Diocesi dal 1867 al 1879,
stendeva la sua relazione in lingua latina sullo stato
della sua Chiesa.
Tra l’altro, annotava che, prima del 1848, a
Foligno c’era una casa religiosa della
Congregazione dei Fratelli delle Scuole Cristiane,
fondata, come è noto da Giovanni Battista de La
Salle.
Era, tale presenza, un dono del papa Gregorio
XIV, che regnò dal 1831 al 1846.
Egli, infatti, aveva versato parecchie migliaia di
scudi, perché, attraverso quei maestri, i fanciulli di
Foligno venissero educati, sia dal punto di vista
intellettuale che spirituale.
Il Grispigni prosegue la sua relazione, annotando
che nei pochi anni in cui i Fratelli rimasero in
Città, si era formato un gruppo di adolescenti
cattolici, dai quali ci si attendeva un gran bene.
Purtroppo, però, come afferma il Vescovo, gli
uomini nemici delle istituzioni ispirate
cristianamente, prevalsero in ogni modo ed
ottennero l’espulsione dei Religiosi.
Dopo la loro partenza, “[…] ora dobbiamo vedere
– osserva amaramente il Grispigni – una
generazione totalmente infetta dai vizi”.
Considerazioni amarissime, queste, che dovrebbero
far riflettere coloro, che anche nel passato non
lontano, hanno mantenuto un atteggiamento poco
benevolo, se non ostile, verso tante forme di
presenza nel sociale, soprattutto nel campo
educativo e scolastico, della Chiesa e delle sue
31
diverse espressioni, in particolare delle Parrocchie.
Gli ostracismi e le emarginazioni non producono il
bene di nessuno e, alla distanza, tutto torna a galla,
dando ai sopravvissuti almeno la possibilità di
arrossire, e perché no?, pentirsi per aver assunto
atteggiamenti certamente non di alto spessore
civile.
LA “PRIVACY” DEI PRETI
IV (2003), n. 18, p. 19
Rimproveravo in passato ad un amico editorialista
di sfarfallare – usavo proprio questo brutto
termine – troppo, in quanto si occupava di tutto e
di tutti e non si decideva a concentrare, come me,
la sua attenzione e la sua penna operosa su un tema
particolare.
Oggi a sfarfallare coscientemente sono proprio io,
dal momento che il redattore della pagine locali del
Giornale, che me lo ha suggerito, me lo permette
con larghissima liberalità, sconosciuta altrove.
Per questo, oggi accenno ad un tema, che potrà
sembrare clericale, ma che non lo è in assoluto.
Vorrei, infatti, accennare alla privacy dei preti.
È vero, e sono io il primo a dirlo, che noi siamo
persone pubbliche, in quanto abbiamo una
funzione da svolgere per gli altri, tra gli altri e con
gli altri – mai contro gli altri -, ma c’è sempre una
persona in ciascuno di noi, che va tutelata nei suoi
diritti fondamentali.
Tra questi, c’è anche quello al rispetto e alla
valutazione per quello che uno dice e fa; per quello
che uno sogna o pensa, nessuno può essere giudice,
finché il pensiero e il sogno non diventano parola e
magari scrittura, attraverso un processo, che solo
chi non lo pratica, non apprezza appieno.
Il che vuol dire che non si può a vanvera dire:
“Don Tizio…”, se manca un riscontro reale,
concreto, verificabile, vero, soprattutto, e genuino.
Quando si viaggia in compagnia della parola
sussurrata o strillata, sulla scia di chiacchiere, “si
dice”, “sembra”, “mi hanno detto”, non si sa dove
si può arrivare, senza neppure accorgersene, ma
32
con responsabilità oggettive, che nulla può
occultare.
Gli spazi di offesa alla privacy, ma soprattutto alla
persona in sé, segnata da un carisma altissimo e da
un ministero, che più vado avanti e più mi sembra
appassionante, per tutti i suoi risvolti sociali, sono
amplissimi.
“Allora?”, si dirà.
Niente!, o meglio: Tutto!, in quanto non si può
essere cittadini degni di questo nome tanto
strapazzato, se ci si lascia condizionare
dall’andazzo della chiacchiera, nemica della verità,
che trova nel vuoto lo spazio infinito per
diffondersi e proliferare.
Comunque, si fa sempre tin tempo ad arrestare la
corsa veloce verso la meschinità
TENERE APERTO IL DIALOGO CON TUTTI
IV (2003), n. 23, p. 19
Chi ha buona memoria, sa che agli inizi degli anni
‘70, in alcune comunità parrocchiali e in altre
realtà associative cattoliche e laiche, nacquero o
risorsero alcuni periodici, nei quali tutti i temi
della vita sociale ed ecclesiale venivano affrontati
con molta libertà, passione e intelligenza.
Di quell’epoca, popolata da Il grillo parlante –
Borroni -, L’Obiettivo – Scafali -, Salire – Belfiore-,
e da altri fogli, come quello che usciva a San
Giuseppe Artigiano, a cui si aggiungevano
ScuoLavoro ed altre piccole testate – sarò grato a
chi mi segnalerà titoli e anni di pubblicazione -,
qualcosa è restato.
Non c’è più, però, la stessa passione per la scrittura
– e più ampiamente per la cultura -, che in passato
era traboccante, se non proprio travolgente.
Prendere la penna in mano, allora – come sono
cambiati i tempi! Oggi ci vuole il computer – era la
prova più chiara del coraggio di esprimersi, per
sottolineare carenze, additare esempi eloquenti,
denunciare deficienze, proporre novità e
soprattutto discutere, per capire e far capire
quanto si andava formando nella Chiesa e nel
33
Mondo.
Questa passione prendeva, poi, la strada più nobile
del settimanale cattolico – la Gazzetta di Foligno –
e trovava il modo per offrirsi alla sguardo di chi
guidava la comunità, di chi cercava di fare
opinione con i suoi editoriali, di chi aveva in mano
la forza di uno strumento, che, se non unico,
certamente era il più in vista e, per sua natura, era
di tutti.
Oggi le cose sono cambiate: i pulpiti si sono
moltiplicati, sia quelli di carta che quelli elettronici,
sia quelli con l’etichetta cattolica o laica che quelli
senza etichette.
Se non manca il coraggio di dire apertamente
quello che si pensa, le occasioni e i mezzi non
scarseggiano, per farlo.
Un esempio: chi si sarebbe aspettato che un
quotidiano, avrebbe aperto a Foligno, senza
prevenzioni e pregiudizi, i suoi spazi a chi ha
intuito che non basta più scrivere sulle pagine dei
fogli propri o parlare ad una assemblea
selezionata, per comunicare con l’uomo di oggi?
Ricordo che alla fine degli anni ’60 mi si aprirono,
per una polemica sulla chiusura dell’Istituto
I.R.C.A. con il Presidente Hans Wolf Schoen,
recentemente ricordato, le pagine di un quotidiano
locale.
Fu, però, un’eccezione!
Giustamente, in ogni settore, ognuno ci tiene a
mantenere le posizioni raggiunte.
In quello dell’informazione, però dovrebbe esserci
una grande elasticità, per permettere a ciò che è
nuovo di emergere e alle idee di circolare
liberamente.
Ben venga, allora che in molti accettino di
confrontarsi con gli altri, senza paura, su questo
Giornale e, perché no?, anche su organi di stampa
ufficiali, a cui non è impedito dalla tradizione di
istituire uno spazio aperto, una tribuna delle idee,
accessibile a quanti hanno a cuore il bene della
Società e della Chiesa.
34
“ALLA CANDELORA DALL’INVERNO SEMO
FORA”
IV (2003), n. 29, p. 18
La celebrazione della Presentazione di Gesù al
Tempio di Gerusalemme, come è noto, si celebra il
2 febbraio – la gente è solita chiamarla La
Candelora -.
Quest’anno, dal momento che era domenica, anche
a Roviglieto, che aveva i tetti imbiancati da un
leggerissimo strato di neve, si è potuto fare la
benedizione delle candeline, alla presenza di molta
gente – se dicessi la percentuale, rispetto agli
abitanti, creerei sensi di colpa nei colleghi che
operano in Città, abituati ai grandi numeri, ma alle
basse percentuali, perciò me ne astengo -.
È un Rito molto semplice, ma anche suggestivo, che
crea curiosità soprattutto nei bambini – a
Roviglieto, sapete quanti sono in tutto, sotto i dieci
anni? Tre -.
Ora le candeline, non proprio eleganti come quelle
che si possono prendere – si dice proprio così: “Ho
preso la candelina” – in altre Chiese, ma
comunque, belline, anche perché dono di un amico
prete, che le conservava dalla Pasqua scorsa, si
trovano nelle case a ricordare che il Signore è
Luce.
Del resto, non solo lo ha riconosciuto come tale il
vecchio Simeone, ma Gesù stesso ha attribuito a sé
questo bel termine, che contrasta con tante
tenebre: menzogne, odio, cattiverie, ripicche, voglia
di guerra, ecc.
Basterebbe guardare ogni tanto quella candelina,
per sentire il desiderio di fare del proprio meglio,
anche per il bene di Foligno, ricca di molte luci, che
sì, anch’esse, attirano, ma per fare comprare i
prodotti esposti in vetrina.
Chi ha detto che vivere intensamente queste belle
tradizioni, è un fatto da retrogradi?
Chi ancora definisce oscurantisti preti, suore e laici
impegnati?
Chi osa pensare che il Cristianesimo è fatto solo
per i bambini e le vecchiette?
È, al contrario un impegno da grandi, di quella
35
grandezza interiore che impedisce di guardare gli
altri dall’alto in basso, come se si volesse dire: “Ma
lei, non sa chi sono io!”.
Guai, allora, ad ammantarsi di questa sublime
realtà e poi fare cose che nulla hanno a che vedere
con la luce che Cristo è venuto a portare anche a
noi, gente di città, di campagna o di montagna.
SAN VALENTINO E I FIDANZATI… VERI
IV (2003), n. 38, p. 18
Mi è arrivata l’altro giorno, via Internet, una
comunicazione molto positiva nei confronti di un
editoriale – lo scrivo settimanalmente i
www.diocesidifoligno.it – dal titoli I fidanzati.
Oggi che è San Valentino – quante
strumentalizzazioni si fanno di questo Santo! -,
torno sull’argomento, per dire ai giovani di
prendere seriamente in considerazione l’esperienza
del fidanzamento.
Non quindi, le avventure, ma la preparazione seria
al matrimonio va ricercata anche se i mass-media
propongono in modo sfacciato e martellante tutto il
contrario,
La nostra tradizione e la nostra cultura hanno
sempre valutato positivamente la fase di
avvicinamento al matrimonio e la Chiesa spende
notevoli energie – anche a Foligno – per offrire un
servizio aggiornato per la formazione dei giovani
fidanzati.
Perché lasciarsi prendere dalle mode e
dall’andazzo del disimpegno e della leggerezza,
sotto la pressione del così fan tutti e tutte, sotto
l’impulso delle passioni, trascurando la morale
cristiana?
Non solo perché sono prete ed ho per tanti anni
insegnato, scrivo queste cose.
Credo che anche i genitori chiedano ai loro figli
quello che sto reclamando io: serietà,
ponderazione, autentica volontà di costruire un
futuro, che non sia esposto ad ogni vento di novità,
di cambiamento e del poco intelligente accodarsi
alle indicazioni, che per lo più vengono da schermi
36
di varia natura.
Del resto, basterebbe interrogare coloro che stanno
facendo concretamente quello che io propongo.
Essi sarebbero i migliori testimoni della bellezza di
un istituto, che oggi sembra passato di moda, che
addirittura viene offeso, preso in giro e
ridicolizzato.
Farsi beffe del fidanzamento, come lo si è inteso
sempre nella civiltà cristiana, è un brutto segno.
Il passo per arrivare a burlarsi del matrimonio è
molto breve, con tutte le conseguenze che si
possono immaginare, oltre che osservare in chi ha
anticipato dolorosamente questi tempi funesti per il
Sacramento dell’amore.
Auguri, allora, ai fidanzati, quelli veri!
AL M.E.I.C. SI È PARLATO DI IMPEGNO
POLITICO
IV (2003), n. 39, p. 18
Non eravamo una folla, purtroppo, l’altro giorno
nella saletta del M.E.I.C. – Movimento Ecclesiale
di Impegno Culturale-.
In ogni caso, chi è mancato all’appuntamento,
sappia che qualche idea grande, tratta dal
documento conciliareGaudium et spes è venuta
fuori e ha occupato per un po’ di tempo la scena,
riaccendendo nei presenti la passione pura per la
politica, cioè l’agire della persona, in vista del bene
di tutti.
Non sono mancate le critiche severe a certi andazzi
del recente passato e accenni ai pericoli che
l’attuale società nazionale e locale corrono, visto
che il gioco dello scaricabarile e della delega
smisurata da parte di cittadini conquista sempre
più fans, con le conseguenze che abbiamo sotto gli
occhi: insoddisfazioni, continue lamentele,
ribellioni, se non addirittura insulti nei confronti di
chi ha il potere, o meglio l’opportunità di
governare la città, la provincia, la regione e la
nazione.
Tuttavia, qualcosa di buono, prima o poi, non solo
si affaccerà all’orizzonte, ma conquisterà
37
l’attenzione della gente e questo avrà il volto
attraente di donne e di uomini pronti a lanciarsi
nella cosiddetta lotta politica, ma con spirito di
servizio totale, irrobustito da fatti e esperienze
vissute nella società civile e nelle aggregazioni
ecclesiali o di volontariato.
Questo, almeno, è il mio auspicio.
Se il Concilio sembra per i più passato alla storia e
non aver inciso nei comportamenti concreti dei
laici cristiani – avremmo dovuto fare qualcosa di
più anche noi preti? -, non è detto che chi lo visse
da vicino, non abbia uno scatto di orgoglio, per
riproporre il messaggio con lo stesso ardore di una
volta – quaranta anni fa – e così conquistare e
convincere quelli che hanno una reale disponibilità
all’ascolto, oltre che le competenze, in vista di una
generosa azione politica.
Sarà, quello, il momento, in cui tutti diranno: “Ma,
allora, è vero che la politica non è una cosa sporca,
che imbratta le mani e la coscienza di chi se ne fa
protagonista!”.
Del resto, anche in questi nostri tempi disastrati, da
noi e lontano da Foligno, non mancano esempi di
protagonisti seri e impegnati in questa direzione.
Dovrebbero diventare la maggioranza assoluta, se
non la totalità, per ridare fiducia ai cittadini e
riavvicinarli alla cosa pubblica con quella
ingenuità e quel candore tipici della gente di una
volta, non sfigurata dai sotterfugi, dalle tattiche e
dalla menzogna.
SE GLI ULTIMI DIVENTANO PRIMI
IV (2003), n. 41, p. 18.
La mia voglia di togliere dall’oblio donne e uomini,
che hanno avuto un peso importante nella storia
civile o religiosa della nostra Città, come i lettori
del Giornale hanno ormai capito, non si arresta di
fronte a nulla.
Ed allora, anche se dovrebbero essere altri a farlo,
per motivi particolari, mi assumo il compito, del
resto molto gradevole, di riportare all’attenzione di
tutti la simpatica, anche se austera immagine di
38
Rolando Buono, che, ad un certo punto della sua
vita, cominciò a testimoniare l’amore verso i
fratelli – soprattutto quelli in difficoltà, che siamo
soliti chiamare ultimi -, come riflesso di
quell’amore pieno per Dio, tipico di ogni autentico
cristiano.
Ormai è già storia, questa, e storia davvero bella
della nostra Chiesa locale, che farebbe bene a non
commettere anch’essa l’errore di archiviare in
fretta testimonianze come quella di Rolando, per
lasciarsi prendere da altre preoccupazioni.
Lola, la sua Signora, che ha condiviso tutte le sue
scelte e ha continuato con vera passione a
camminare sulla strada segnata da Rolando,
comunque, è lì, nella sua casa, pronta a fare
memoria di quanto custodisce nel cuore e
soprattutto ad indicare le persone, che, grazie alla
generosa azione di Rolando, oggi vivono una vita
degna pienamente di questo nome.
Ed allora, perché non trovare il modo, per dire
pubblicamente quanto resta dell’azione di Rolando
e quanto, partendo da essa, ancora si può fare,
soprattutto per i ragazzi e i giovani di Foligno
bisognosi di cure, affetto, vicinanza e continua
assistenza?
Ed ancora: perché non consacrare ufficialmente il
nome di Rolando, come si è fatto con altri
concittadini, assegnandogli un riconoscimento
postumo, per attestare la gratitudine di tutti i
folignati?
Sono sicuro che coloro che fanno parte della società
civile, si troverebbero tutti concordi nel deciderlo e
sarebbe, questa, un’altra lezione di vita, che
Rolando ci darebbe a distanza di parecchi anni
dalla sua morte.
Sveglia, Foligno, e non dimenticare chi ha operato
con intelligenza e passione per il tuo bene, quando
molti erano distratti da altre piccole beghe.
LO SCOUT GIACINTO CANDELLORI
IV (2003), n. 53, p. 18
39
Giacinto non è stato dimenticato, come tanti altri
benemeriti della Città e della Chiesa di Foligno.
Recentemente l’associazione P.R.I.S.M.A. ha
nuovamente fatto memoria di lui, molto
lodevolmente, fedele ad un impegno pubblico, che
coinvolge in particolare, ma non solo, chi lo ha
conosciuto e con lui ha operato per il bene
soprattutto dei giovani attraverso il metodo scout –
quello scautismo cattolico, che ha segnato e
continua a caratterizzare il nostro territorio, più di
quanto comunemente si pensa e si riconosce -.
Egli, nel momento in cui il mistero del dolore e
della malattia lo investì, dette una grande
testimonianza, non di semplice e passiva
rassegnazione, ma di volontà di reagire e,
nonostante tutto, agire ancora con e per gli altri.
Io lo ricordo così, Giacinto Candellori.
La sua carrozzina non fu il segno della rinuncia,
assolutamente.
Volle essere, lui – nella vita, nell’attività, nelle
iniziative -, attivo, sempre, fino in fondo, insieme a
sua moglie Fernanda, educato a non delegare agli
altri le cose da fare, ma a farle, e abituato a
spendersi, senza calcoli e soprattutto senza umane
mire di riconoscimenti, applausi e cose simili, tanto
desiderate e apprezzate dalle donne e dagli uomini
poco avanzati nella scala della grandezza.
Per questo, Giacinto continua ad essere uno di noi,
che con generosità dà il suo contributo attraverso
P.R.I.S.M.A., al miglioramento della società, che,
secondo l’imperativo di B. P., va lasciato un po’
meglio di come la si è trovata, quando ci si è
affacciati in modo consapevole sulla scena del
mondo.
Come si fa, allora, a non dirgli grazie, o meglio a
non ripeterglielo di tanto in tanto?
Quanti ragazzi – ora sono ovunque nella società
folignate e non, e ormai hanno figlie e figli da
educare ai valori della lealtà, del rispetto della
natura, dell’amore per Iddio e per il prossimo e ad
altre cose belle -, senza sforzo e senza suggerimenti
possono dire: “Giacinto sì che testimoniava i valori
cristiani!-.
40
Una bella lezione per tutti noi – anche per me
prete, che feci la Promessa scout durante le
Vacanze di Branco, di fronte al Vittorio Tacchi, ai
Vecchi Lupi e ai Lupetti – e un bel richiamo a chi,
distratto da mille effimere occupazioni, non pensa
a dare, ma solo a chiedere, pretendere e ricevere.
SONO CON DON LEONELLO
IV (2003), n. 56, p. 18
È la seconda volta che leggo notizie relative alla
dolorosa vicenda di don Leonello, il prete di
Perugia che si è messo dalla parte degli stranieri
bisognosi di lavoro, assistenza, aiuto e cristiana e
sacerdotale vicinanza.
Speravo di leggere qualcosa, dopo le recenti
clamorose notizie provenienti dal Tribunale del
capoluogo, sulla stampa cattolica locale e
regionale: nulla, invece, se ho visto bene.
A dire la verità, sono meravigliato.
Istintivamente, infatti, sono portato a pensare che,
quando una persona in vista, come lo è sempre un
prete, si trova in difficoltà, tutti – confratelli e
superiori -, dovrebbero essere pronti ad accorrere,
per consolare, sostenere, difendere.
Chi difende don Leonello, che si dichiara – e io gli
credo, proprio perché è un prete – innocente e
infangato da accuse gravi, durissime, addirittura
umanamente insopportabili?
Nessuno?
Ebbene, aspettando che altri più autorevoli di me
lo facciano, io dichiaro la mia solidarietà con una
persona, che vede crollarsi addosso una serie di
tribolazioni, che non possono non scuotere anche
chi ha deciso un giorno di consegnare la vita al
Signore e alla Chiesa.
Ho fatto la stessa cosa, anche se per una questione
di minore rilievo – sempre su questo Giornale – nei
confronti di un Vescovo calunniato.
Lo farò – spero di averne il coraggio, al momento
giusto, quando si dovesse verificare qualcosa di
analogo -, se ad essere colpito ingiustamente sarà
un laico.
41
Non si deve, infatti, agire solo quando c’è di mezzo
un confratello -, ma sempre, senza temere le noiose
conseguenze di una eccessiva esposizione e quindi
di una imprudente – così qualcuno più prudente la
giudicherà – presa di posizione.
FESTA DELL’IMMACOLATA
III (2002, n. 288, p. 19
Quest’anno coincide con la domenica, la solennità
dell’Immacolata Concezione di Maria e per questo,
sicuramente saranno molti di più i fedeli, che
parteciperanno alle sacre celebrazioni nella chiesa
che porta tale titolo, quella che tutti a Foligno
indicano come la chiesa di Via Oslavia.
Il triduo di preparazione, con riflessioni sulla
famiglia, il lavoro e la comunità, finisce questa sera
e attraverso il foglio parrocchiale, che
puntualmente viene recapitato nelle case, i fedeli
conoscono il programma delle celebrazioni, che
tendono a sviluppare quello spirito comunitario,
così importante, anzi decisivo nel mondo di oggi,
portato naturalmente alla frantumazione e al
ripiegamento dei singoli su se stessi.
A tale obiettivo punta l’azione pastorale dei
sacerdoti don Giovanni Nizzi e monsignor Angelo
Lini, rispettivamente parroco e e vicario
parrocchiale, coadiuvati dal diacono Daniele
Rimatori e da quanti sono attivi nei settori della
evangelizzazione, della catechesi, della liturgia e
della carità.
Anche il Coro parrocchiale, che nei giorni scorsi si
affermato nella sezione Classica del Premio di
Canto sacro “Simone Sol”i, saprà dare il meglio di
sé, per solennizzare la ricorrenza.
Una tappa, quindi, importante nel cammino di una
comunità, che, come è noto, non ha una lunga
storia.
Sono in molti a ricordare che la chiesa venne
costruita durante l’episcopato di monsignor Siro
Silvestri e che il primo parroco fu monsignor Dino
Tomassini, già rettore del Pontificio Seminario
Regionale “Pio XI” di Assisi, successivamente
42
Vescovo di Ischia e dopo qualche anno a Tursi,
Vescovo di Assisi – Nocera Umbra – Gualdo
Tadino.
Fu per lui, e anche per chi lo conosceva, un ritorno
felicissimo, interrotto, purtroppo, non molti anni
dopo, dalla morte.
Don Dino – così lo chiamavamo – non è stato uno
qualsiasi – ricordo che firmò pure un volumetto
per l’educazione dei seminaristi -, nella nostra
Diocesi, dopo l’esperienza di Assisi e prima di
prendere il volo per Ischia – poco prima del
Concilio Ecumenico Vaticano II -.
Al suo posto fu inviato in parrocchia don Ugo
Carduccini, ora monsignore.
Nel frattempo la popolazione della zona si è
moltiplicata, a seguito della crescente
urbanizzazione, che, se non ha invaso tutti gli orti
di un tempo – un parco per i bambini è stato
lodevolmente istituito dal Comune -, ha cambiato il
volto del territorio che unisce la città a Sterpete e a
Borroni.
ANCHE SPELLO NELLA DIOCESI DI
FOLIGNO
III (2002), n. 287, p. 19
Se dite agli spellani che dipendono da Foligno, se la
prendono, ma se ricordate loro che fanno parte
della Diocesi di Foligno, non si ribellano: lo sanno
bene e sono anche informati sul fatto che una volta
non era così.
La loro cittadina, infatti, fu addirittura sede di
Diocesi, prima di passare all’Arcidiocesi di Spoleto
– quella che oggi si chiama Spoleto-Norcia – ed
essere aggregata definitivamente – diciamo così,
anche se di definitivo in questa materia non c’è
nulla, come insegna la storia di altri territori o
frazioni territoriali, passati da una ad un’altra
Chiesa locale – a quella di Foligno.
Attualmente la Zona Pastorale di Spello è formata,
anzitutto, da una Unità Pastorale denominata
Santa Maria Maggiore – San Lorenzo – la
parrocchia di Sant’Andrea, una volta affidata ai
43
Frati Minori Conventuali, non esiste più e
addirittura, nel sito Internet della Diocesi neppure
la sua Chiesa monumentale, che pure è aperta al
pubblico, viene indicata -, che ha i suoi Centri
pastorali a Santa Maria Maggiore, San Lorenzo,
San Ventura, San Silvestro di Collepino, San
Giovanni di Collepino, Natività di Maria
Santissima di Armenzano – questa frazione si trova
nel territorio comunale di Assisi.
I presbiteri impegnati nell’attività pastorale, a
titolo diverso, sono monsignor Angelo Cappotti, –
moderatore, che da poco ha celebrato felicemente il
60° di Ordinazione Sacerdotale -, don Antonimo
Ronchetti – coordinatore -, padre Silvestri Scica
O.F.M. Cap., padre Paolo Bini O.F.M., monsignor
Venanzo Peppoloni, monsignor Mario Sensi e don
Christian Bogdan.
Oltre a questa Unità Pastorale, fa parte della Zona
la parrocchia di Santa Croce in Limiti di Spello,
guidata dal parroco fratel Gabriele Faraghini, dal
vice-parroco fratel Gian Carlo Sibilia, priore della
Comunità Jesus Caritas, e da fratel Augustin
Wenda Mutombo, diacono,
Il terzo elemento di questa struttura ecclesiastica è
costituito dalla parrocchia di Santa Lucia – la
gente abituata a chiamarla Santa Luciola -, con il
parroco don Franco Valeriani, successore di don
Sergio Tassi e a tutti noto per la sua attività
preziosissima, all’interno della Comunità “La
tenda” di Foligno, e con il vice-parroco don
Benedict Pinheiro.
Una Zona, quindi, abbastanza limitata, ma molto
viva, anche per la presenza di monasteri – delle
Agostiniane di Santa Maria Maddalena, delle
Clarisse di Vallegloria -, di Case religiose – delle
Suore della Sacra Famiglia, fondate dal beato
Pietro Bonilli, delle Suore Francescane Missionarie
del Cuore Immacolato di Maria -, del Convento dei
Frati Minori Cappuccini e degli Eremi dei Piccoli
Fratelli del Vangelo – tutti ricordano che vi dimorò
anche fratel Carlo Carretto, dopo la sua esperienza
nel deserto del Nord-Africa -.
Una realtà territoriale, che in questi ultimi decenni
44
ha conosciuto una trasformazione, direi,
sostanziale: il centro storico si è quasi spopolato,
diventando luogo turistico di alto livello e la
periferia si è riempita di abitazioni e attività
artigianali.
Sono lontani, per questo, i tempi, in cui da Spello
tanti papà – e tra essi, anche il mio – dovettero
emigrare in cerca di lavoro in Belgio o in altri paesi
europei; ora le occasioni di occupazione non
mancano e la fantasia e le capacità operative degli
spellani hanno saputo dare alla loro vita una svolta
positiva e promettente
CALENDARIO DI SAN GIUSEPPE ARTIGIANO
III (2002), n. 286, p. 19
Sento il dovere di dire ancora una volta grazie al
Parroco e la Vicario parrocchiale di San Giuseppe
Artigiano, rispettivamente padre Umberto Cardillo
e padre Vincenzo Martino, Sacerdoti dehoniani –
dal cognome del loro fondatore, padre Leone
Dehon-.
Nel Calendario 2003, infatti, non solo offrono a
ricordo dei parroci – ancora tutti in vita, grazie a
Dio – la loro immagine passata, ma anche alcuni
momenti della loro presenza fra la gente della vasta
zona, che attualmente si estende daVia
Tagliamento, su su, attraversando la superstrada,
fino a Via Sassovivo, a Uppello, a Serra Bassa e
all’Abbazia di Santa Croce.
Ma c’è di più: un paginone fissa le linee storiche di
44 anni.
Il titolo La storia, è certamente ambizioso, ma
ormai quel termine si utilizza anche in casi come
questo, in cui si parla di fatti e di persone che non
sono passati alla storia.
Trovandomi citato in una frase, la riporto di
seguito, perché mi permette di dire qualcosa di
nuovo, idealmente rivolgendomi a tutta la gente
della parrocchia, come ero solito fare attraverso La
Lettera, quando, per volontà del Vescovo Arduino
Bertoldo, guidavo la Parrocchia.
Eccola:
45
“Dal 1998 al 2000 è stato Parroco don Sergio
Andreoli, cui si deve l’apertura dell’oratorio,
annesso alle strutture parrocchiali”.
Dunque, l’Oratorio caratterizza, nella memoria
dell’estensore della nota storica, la mia biennale
presenza; questo mi conforta, perché, quando i
fatti avvenivano, non sembrava proprio che ci fosse
universale approvazione, travolgente entusiasmo,
risposta indiscussa e generale al mio invito a far
funzionare una struttura nuova – totalmente nuova
-, se si pensa che anche la casa del parroco fu messa
da me a disposizione per la nuova avventura.
Fa piacere, perciò, rilevare che ora quel fatto
diventa addirittura indicativo e riassuntivo di
un’azione, che, in verità, ha spaziato anche in altri
settori: tutti quelli che erano in atto al mio arrivo –
credo di non aver cancellato nulla dell’esistente – e
qualcuno in più: la Festa d’inizio, l’Epifania, la
nuova Cappella di Uppello, la Presentazione dei
cresimandi e dei comunicandi, la Via Crucis del
Venerdì Santo, la Catechesi per gli adulti.
È ovvio che in una storia brevissima queste cose
non potevano essere ricordate.
Comunque, le persone diligenti avranno messo da
parte i tanti fogli, in particolare Il libro della
parrocchia, la cui rilettura farà del bene a coloro
che vi si riconosceranno
TANTI GIOVANI IN RICORDO DI SIMONE
SOLI
III (2002), n. 285, p. 18
È andata benissimo, sabato scorso; Azzurra
Stronach, Federica Duranti, Cristina Cima e
Barbara Roscini possono davvero rallegrarsi per
l’ottima riuscita della tredicesima edizione del
Premio di canto sacro “Simone Soli”, svoltasi la
Foligno, nel Santuario della Madonna del Pianto,
grazie alla cordiale ospitalità del rettore don
Umberto Formica.
Grande è stata anche la soddisfazione di coloro che
nel 1990, dopo la tragica scomparsa di Simone,
pensarono di ricordarlo ogni anno con una
46
convocazione di natura artistica, certamente, ma
anche spirituale, secondo lo spirito dei giovani, che
guardano al futuro con occhi diversi dagli adulti,
abituati a etichette, regole e piani prestabiliti.
La fantasia dei giovani, invece, vola libera e
colpisce nel segno, quando si ha l’intelligenza di
darle spazio e di incoraggiarla.
La presenza del Vescovo Arduino Bertoldo – quella
dei preti non è stata, poi, così massiccia, ed erano
assenti i gruppi, movimenti e associazioni, in altre
circostanze giustamente celebrati – e la sua parola
ha incoraggiato ad andare avanti con il medesimo
stile: una vera gara, con spirito di amicizia e
assenza di quel tipo di competizione, che fa danni
ovunque, figuriamoci quanti ne farebbe nella vita e
nelle attività ecclesiali!
La gioia di chi vince, diventa, così, la gioia di tutti e
l’attesa di ritornare l’anno dopo a confrontarsi,
mette in moto desideri, volontà e impegno sempre
maggiori.
La Giuria quest’anno ha assegnato il Premio, per
la Sezione moderna, al Coro della Parrocchia della
Beata Angela – era presente in Santuario don
Marcello Sorbelli e un saluto dall’aula è stato
rivolto a don Giuseppe Cavaterra, impossibilitato a
partecipare -.
Per la Sezione classica si è piazzato al primo posto
il Coro di Maria Immacolata – tra i cantori, il
parroco don Giovanni Nizzi -, fedelissimo al
Premio “Simone Soli”.
Gli altri Cori: di San Nicolò, di Vescia, di BorroniScafali-Sterpete – la Giuria gli ha riservato una
menzione particolare -, di Sant’Eraclio – tra i
cantori, don Gianluca Antonelli -, di Budino-CaveFiamenga-Maceratola, sono stati tutti all’altezza
della situazione, avendo presentato ed eseguito in
modo egregio canti significativi.
Un sincero grazie a Bruno Barbi, Luca Agneletti,
Frabrizio Fanini, Rossella Bianchi e Francesco
Carena, che hanno saputo ottimamente
interpretare nel loro primo impegno in Giuria, lo
spirito della manifestazione e soprattutto
incoraggiare a proseguire, non solo, come ha detto
47
Barbi, per la promozione della musica sacra, ma
anche e soprattutto per il bene dei giovani.
I Premi sono stati consegnati dalla Mamma di
Simone, signora Cesarina; a lei, al marito Alvaro,
ai figli Luca e Leonardo va la simpatia e la
cordialità di tutta la cittadinanza.
Si nutre la speranza che nel prossimo anno, con
l’arrivo di nuove forze in seno all’organizzazione,
attualmente promossa dagli Amici di Simone, da
Sport e Folklore a Borroni, dalla Parrocchia di
Borroni.-Scafali-Sterpete – guidate da fratel Paolo
Onori, fratel Leonardo De Mola, fratel Augustin
Lindo Malonge e fratel Julio Celada – , si possa
raggiungere un risultato ancora più positivo,
magari con un puntuale coinvolgimento dei mezzi
di comunicazione – quest’anno si è distinto Il
Giornale -, non solo nella fase di commento,ma
anche in quelle della preparazione e della
celebrazione dell’evento musicale.
COME FUNZIONA IL PORTALE DELLA
DIOCESI
III (2002), n. 284, p. 18
Il webmaster folignate Enrico Presilla, con vero
impegno e perizia, sta costruendo da qualche
tempo il portale www.diocesidifoligno.it.
Il Giornale ne dà notizia, perché è convinto della
importanza di queste nuove forme di
comunicazione, all’interno, non solo della società
civile, ma anche della comunità cristiana.
Apre il portale la rubrica News, che rimanda al
messaggio del Vescovo Arduino Bertoldo, al
programma della Scuola di teologia, alle Linee
della pastorale e alla Settimana di vita ecclesiale.
Sulla destra della prima pagina, l’Editoriale
settimanale, in cui ho già affrontato il tema dei laici
e ora rifletto su quello de preti – di questi pezzi si
cura in apposito spazio la raccolta completa -.
Sulla sinistra, i vai titoli, che rimandano alle
successive pagine, la prima delle quali riguarda la
Diocesi, la seconda ilVescovo, la terza i Media, la
quarta l’Agenda e l’ultima i Links.
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Sulla Diocesi, si trovano alcune note relative alle
sue origini, al territorio, agli abitanti e ai fenomeni
demografici; le pagine sugli Uffici e sulla Realtà
ecclesiali sono in costruzione, mentre ben
sviluppate sono quelle sulle cinque Zone pastorali:
Città,Campagna, Montagna/Valle del Menotre,
Spello, Valle del Topino.
Del Vescovo viene pubblicata la fotografia e un
brevissimo nota biografica; alle pagine relative agli
Organismi amministrativi e a quelli partecipativi, –
in costruzione – si aggiunge quella sul Presbiterio,
che rimanda al sito dellaConferenza Episcopale
Italiana.
Tra i Media, rilievo particolare, con i rispettivi
collegamenti, viene dato alla Gazzetta di Foligno,
alla Biblioteca “Lodovico Jacobilli” del Seminario
Vescovile, a Radio Gente Umbra, alla Libreria
Vescovile e a Salire, mensile di Belfiore.
Nell’Agenda sono pubblicati i programmi della
Scuola di formazione teologica e le linee
programmatiche della pastorale diocesana per gli
anni 2002-2005.
Dei Links, segnaliamo quelli della Beata Angela,
del Centro Diocesano Vocazioni, della Conferenza
Episcopale Italiana e della Caritas Italiana; ad essi
se ne aggiungono molti altri, in ordine alfabetico,
assai preziosi per chi svolge attività pastorale nelle
parrocchie, nei gruppi e nei movimenti.
Questa, la struttura del portale diocesano, che
sicuramente, con l’inserimento di altre rubriche,
può, a mio avviso, diventare un prezioso strumento
di dialogo, di discussione e di intervento, data la
sua velocità e la sua perfezione tecnica, in una
situazione in rapidissimo sviluppo; un bel work in
progress, molto innovativo e potenzialmente molto
più efficace di tanti circolari.
DOMANI IL PREMIO DI CANTO SACRO
“SIMONE SOLI”
III (2002), n. 282, p. 18
Se in Città c’è una manifestazione culturale e
artistica, che conosce un successo crescente e una
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partecipazione sempre più numerosa e
appassionata, questa è il Premio di Canto sacro
“Simone Soli”, la cui prima edizione ebbe luogo a
Borroni nel 1990, dopo il tragico incidente in cui
morirono le giovani Simona e Giorgia e il
chitarrista del Coro parrocchiale di Borroni
Simone Soli.
Per iniziativa degli Amici di Simone,
dell’associazione Sport e Folklore a Borroni e della
Parrocchia di Sant’Egidio, a cui da poco ero stato
assegnato, fu istituita questa manifestazione, nella
convinzione che i giovani possono trovare nel canto
la forma migliore per avvicinarsi a Dio e fare
esperienza di comunione nella comunità in cui
vivono.
Successivamente, in forma ufficiale, entrò nel
gruppo degli organizzatori anche la Schola
Cantorum “Sancta Caecilia”di Foligno, diretta dal
professor Virgilio Agneletti, che fin dall’inizio
costituì il punto di riferimento artistico del Premio,
come presidente della Giuria.
La Schola Cantorum quest’anno, non sarà
presente per motivi particolari, ma gli
organizzatori sicuramente la ricorderanno ed
esprimeranno al suo Direttore e ai Cantori il
plauso e il ringraziamento per tutti gli
insegnamenti impartiti in tanti anni e per il lustro
dato alla manifestazione, con le loro esibizioni
magistrali, offerte sia a Borroni, sia al Santuario
della Madonna del Pianto, allorché il Premio vi è
stato trasferito, data l’affluenza di pubblico e di
giovani dei Cori parrocchiali.
Prendo questa occasione per ricordare che, anche
quando il terremoto del 199 sembrò bloccate tutto
in Città e in periferia, il Premio si tenne in una
forma tutta particolare a Belfiore di Foligno, sotto
la grande tenda, con la presenza attivissima e
competente di padre Pasquale De Ruvo, somasco,
allora parroco del paese – uno dei più martoriati
del Comune -, e ora impegnato altrove in una
preziosa opera di apostolato tra i ragazzi.
Nessuno dimenticherà quella notte flagellata dalla
pioggia dedicata, nel ricordo di Simone, a
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promuovere la musica sacra e soprattutto a ridare
speranza a gente duramente colpita moralmente e
materialmente dall’evento sismico.
Come nessuno potrà facilmente scordare l’apporto
di idee e il sostegno in tutte le fasi organizzative ed
esecutive, assicurato in tanti anni di fattiva
collaborazione con la Parrocchia di Sant’Egidio,
dal ragioniere Mario Clementi, presidente di Sport
e Folklore a Borroni e Vice-Direttore, allora, della
Caritas Diocesana.
Il Premio era diventato il punto più alto di
confluenza di energie fresche e intelligenti per il
bene di Borroni, al fine di creare e alimentare un
clima di passione comune, per lanciare la comunità
verso traguardi sempre più ambiziosi.
La Sagra, l’Oratorio, il Coro, il Babbo Natale, il
Primo Maggio, la Festa di Sant’Egidio, Il Grillo
Parlante – che purtroppo non ebbe lunga vita,
dopo la ripresa – il Recital, animato dal professor
Antonio Nizzi, il Gruppo Scout, con tante altre
iniziative, vedevano tutti i borronari, animati dal
SeFaB e dalla Parrocchia, seriamente protesi verso
la costruzione di una identità forte, capace di
incidere anche sulle istituzioni.
Con questa storia alle spalle, non si può non
guardare con simpatia e grande fiducia al futuro,
alla vigilia di questa nuova edizione del Premio,
organizzata da Cristina Cima, Barbara Roscini,
Azzura Stronach e Federica Duranti.
La manifestazione si terrà nel Santuario della
Madonna del Pianto – già Chiesa di Sant’Agostino,
Piazza Garibaldi – domani, sabato 30 novembre,
alle ore 20, 30.
IL VESCOVO BERTOLDO DA DIECI ANNI A
FOLIGNO
III (2002), n. 280
Se si prende in mano la Guida Liturgico-Pastorale,
in nota al giorno 20 novembre, si legge:
“Anniversario ordinazione episcopale di S. E.
Mons. Vescovo diocesano.
In Cattedrale si celebra la Messa pro-episcopo.
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Nella preghiera dei fedeli si preghi, in diocesi, per il
Vescovo”.
In effetti, Monsignor Arduino Bertoldo, nato a
Castelnovo d’Isola Vicentina, in provincia di
Vicenza, il 30 dicembre 1932 e ordinato sacerdote il
22 marzo 1958, fu eletto alla Chiesa di Foligno il 10
ottobre 1992 – data ignorata dalla stampa – e
ordinato Vescovo il 21 novembre 1992, come si
legge nell’Annuario della Diocesi.
Il 20 dicembre dello stesso anno iniziò il suo
servizio episcopale a Foligno, dopo il solenne
ingresso, a cui parteciparono la comunità cristiana,
con tutti i suoi rappresentanti, e anche quelle civile
e militare, in tutte le loro espressioni.
Questa ultima ricorrenza, vale a dire il decennale
della presenza a Foligno del Vescovo Arduino
Bertoldo, sarà solennemente ricordata il 15 del
mese prossimo, con un programma che sarà presto
reso noto – fra l’altro, si sa ufficiosamente che
uscirà una pubblicazione, nella quale alcuni
invitati presenteranno i loro personali contributi su
tematiche diverse.
Il Giornale, comunque, ricorda la Consacrazione
episcopale di monsignor Bertoldo, essendo questa
l’evento sacramentale, di fondamentale
importanza, che ha dato alla sua vita una svolta
radicale, portandolo alla condizione di successore
degli Apostoli, a servizio della Chiesa di Foligno,
dopo la conclusione, per limiti di età, dell’attività
pastorale del Vescovo Giovanni Benedetti,
attualmente residente nella Casa del Presbiterio.
Certamente, da quel giorno, tutti i suoi pensieri e i
suoi progetti hanno avuto una direzione unica:
dare ai preti, ai diaconi, ai religiosi, alle religiose e
ai laici, uomini e donne, la possibilità di fare
esperienza di Dio e quella di vivere nella
comunione.
Questo, con metodi e con stile suoi, personali, come
è logico, ma anche sulla scia di una tradizione
plurisecolare della comunità folignate.
Per comprenderlo, sarebbe necessario ripercorrere
la storia di questi dieci anni e in particolare
prendere in esame i documenti – almeno quelli
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riportati nel Bollettino Ecclesiastico della Regione
Pastorale Umbria – , nei quali monsignor Bertoldo
ha fissato le linee programmatiche del suo
ministero.
Ma, anzitutto, è fondamentale fare mente locale su
un fatto che ha stravolto la Diocesi nel 1997: il
terremoto.
Quante negative conseguenze sul patrimonio
artistico e civile di Foligno, Spello e Valtopina ed
anche quanti nuovi problemi ha creato questo
evento nella vita di tutti i giorni e di conseguenza
anche nelle attività pastorali!
Verrà il momento, in cui si dovrà fissare sulla carta
un quadro complessivo, anche per assicurare ai
posteri una conoscenza non superficiale di quanto è
avvenuto.
Il Vescovo ha certamente vissuto questo passaggio
della storia diocesana, con particolare
partecipazione e ha sperimentato senza dubbio che
fare il Vescovo non è, come molti possono con
leggerezza pensare, una cosa semplice: spine e
croci quotidianamente si affiancano, come in ogni
altra esperienza e forse anche di più, a gioie e
successi.
Per questo, in attesa di farlo, a metà dicembre, in
modo ancor più appropriato, il Giornale porge a
Monsignor Arduino Bertoldo i migliori auguri e il
più vivo ringraziamento per quanto fino ad oggi ha
dato alle Città della sua Diocesi, nel campo della
evangelizzazione, della liturgia e della carità.
5
ROVIGLIETO DI FOLIGNO
Roviglieto
I (2000), n. 1.
L’altra domenica.
Nel’omelia dell’8 ottobre ho brevemente
commentato queste parole di Gesù: “Lasciate che i
bambini vengano a me e non glielo impedite;
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perché a chi è come loro appartiene il regno di
Dio” (Vangelo di Marco, capitolo 10, versetto 14).
Ho indicato quali devono essere i nostri
atteggiamenti verso Dio: umiltà e fiducia.
Di fronte a Dio dobbiamo riconoscere i nostri
limiti, difetti e peccati; egli è buono, ci capirà e
perdonerà.
In Dio dobbiamo riporre tutta la nostra fducia; egli
solo non ci deluderà mai e ci verrà incontro in tutte
le situazioni della vita.
Oggi.
In questa ventottesima domenica del Tempo
Ordinario abbiamo letto un testo del Libro della
Sapienza, il Salmo 89, un brano della Lettera agli
Ebrei e parte del capitolo 10 del Vangelo di Marco.
Da quest’ultimo trascrivo la domanda rivolta dal
giovane a Gesù: “Maestro buono, che cosa devo
fare per avere la vita etrena?”.
Roviglieto
I (2000), n. 2.
L’altra domenica.
Nell’omelia del 15 ottobre, partendo dalla
domanda del giovane ricco a Gesù: “Maestro
buono, che cosa devo fare per avere la vita
eterna?”, ho precisato che tutti siamo chiamati dal
Signore ad osservare i comandamenti, mentre ad
alcuni egli propone di lasciare tutto per seguirlo.
Così è avvenuto per gli Apostoli.
Anche san Francesco d’Assisi si è fatto
completamente povero per Gesù.
Noi dobbiamo pregare, perché la chiamata che il
Signore rivolge alle donne e agli uomini di oggi,
trovi in loro una generosa e gioiosa risposta.
Oggi.
In questa ventinovesima domenica del Tempo
Ordinario abbiamo letto un brano del Libro del
profeta Isaia, il Salmo 32, un testo della Lettera
agli Ebrei e parte del capitolo 10 del Vangelo di
Marco.
Da quest’ultimo trascrivo le parole di Gesù: “Il
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Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere
servito, ma per servire e dare la propria vita in
riscatto per molti”.
Roviglieto
II (2001), n. 1.
Siamo in piena Quaresima e spero che cresca in
tutti il desiderio di incontrare il Cristo morto e
risorto per noi.
Per questo, vi invito caldamente a partecipare alla
Santa Messa; solo in questo modo crescerà la
nostra comunione con Dio e tra noi.
Vi chiedo anche di intensificare in casa – o iniziare,
se non siete ancora abituati a farlo – l’incontro con
la Parola di Dio; ogni giorno una pagina di
Vangelo: è la proposta che vi faccio.
Vi comunico che la “Benedizione delle Famiglie” –
non solo, quindi, delle case!- si terrà, come è
tradizione, la Domenica delle Palme, 8 aprile, dopo
la celebrazione della Santa Messa.
Roviglieto
II (2001), n. 2.
La nostra piccola comunità si sta preparando a due
importanti Celebrazioni.
Domani, Lunedì di Pentecoste, ci recheremo in
Pellegrinaggio al Santuario della Madonna delle
Grazie di Rasiglia.
Domenica, 19 agosto, Sara e Fabio parteciperanno
alla Santa Messa della Prima Comunione, mentre
Alice e Federico riceveranno il Sacramento della
Cresima, che li renderà per sempre testimoni di
Cristo.
La prima Celebrazione è la continuazione di una
tradizione, che va vissuta nella fede in Dio Padre,
nel suo Figlio Gesù Cristo e nello Spirito Santo, e
nella fiduciosa devozione alla Vergine Maria,
Madre di Dio e Madre della Chiesa.
La seconda Celebrazione sarà il segno che la fede
viene trasmessa dalle famiglie alle nuove
generazioni, in piena armonia e collaborazione con
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i Pastori della Chiesa.
Invito, per questo, tutti coloro che abitano a
Roviglieto e quanti nelle due occasioni saranno
ospiti, a fare il possibile, perché durante le
Celebrazioni sacre il clima di festa si concili
pienamente con quello di raccoglimento e
riflessione.
Sarà, questa, una significativa testimonianza di
maturità e di autentica religiosità.
Roviglieto
II (2001), n. 3.
Dopo la Solennità della Assunzione della Beata
Vergine Maria e la Concelebrazione della Messa
della Cresima e della Prima Comunione,
presieduta dal Vescovo Monsignor Arduino
Bertoldo, desidero rivolgere a tutti il mio
ringraziamento.
Un grazie particolare al Parroco e al Coro di
Sant’Eraclio.
Vi esorto, poi, all’attiva partecipazione alla Santa
Messa, che si celebra nei giorni festivi, alle ore 10, e
alla collaborazione nelle celebrazioni delle Feste e
nell’amministrazione del nostro Centro Pastorale,
che fa parte della Parrocchia di San Silvestro Papa,
in Cancellara, anche in vista dei lavori di restauro
della Chiesa e della casa parrocchiale.
Roviglieto
II (2002), n. 2.
Il Natale 2002 – manca meno di un mese -, se
vogliamo, può essere diverso da quello del 2001,
anche per una cosa semplicissima: un bel Presepio
in Chiesa.
I bambini hanno iniziato a costruirlo, ma hanno
bisogno dell’aiuto degli adulti.
Invito, allora, chi ha un po’ di tempo e di fantasia,
a collaborare con loro, perché chi verrà in Chiesa il
25 dicembre, possa sentirsi richiamato anche dal
Presepio alla meditazione del Mistero della
Incarnazione e Nascita di Gesù Cristo, Figlio di
56
Dio.
Conto sulla vostra buona volontà.
Roviglieto
II (2002), n. 3
Il Natale del Signore è alle porte; prepariamoci,
perciò, a ricordare, come si deve, la prima venuta
del Figlio di Dio in mezzo a noi.
Sappiamo bene che Egli viene anche ogni giorno
incontro a noi nel Sacramento dell’Eucaristia e
nella persona di chi avviciniamo in casa, in paese,
nel luogo di lavoro, nella scuola, dappertutto.
Un giorno Gesù ritornerà, per chiederci come
abbiamo speso i doni che ci sono stati elargiti: doni
naturali e doni spirituali.
Dobbiamo, allora, fare il possibile per metterli a
frutto e servircene, per costruire il nostro vero
bene, quello della nostra famiglia e quello della
società.
In un tempo, in cui si cerca affannosamente il
proprio interesse, diamo testimonianza di genersità
e di solidarietà; le occasioni non ci mancano.
Un’attenzione particolare riserviamola ai bambini,
perché in famiglia trovino l’ambiente adatto per
crescere sereni, buoni e bravi, sperando che la
stessa cosa avvenga a scuola e in tutti gli altri
ambienti che essi frequentano.
Nella Messa Festiva essi possono trovare
l’occasione più bella per dire il loro grazie al
Signore e per conoscere meglio il Padre, il Figlio e
lo Spirito Santo; favoriamo in tutti i modi, allora,
la loro attiva partecipazione.
*
Lunedì di Pentecoste, 9 giugno, continuando una
bella tradizione della nostra Comunità cristiana,
andremo in Pellegrinaggio al Santuario della
Madonna delle Grazie di Rasiglia, per rinnovare
alla Vergine Maria la nostra gratitudine e la nostra
devozione.
Partiremo alle ore 9, dopo una breve preghiera
mella nostra Chiesa.
Nei tratti a piedi reciteremo il Santo Rosario,
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ricordando i Misteri gaudiosi, della luce, dolorosi e
gloriosi.
Faremo, come al solito, una piccola sosta anche al
Santuario dei Santi Pietro e Paolo di Cancelli.
Giunti al Santuario della Madonna elle Grazie, ci
sarà la possibilità di confessarsi — la Chiesa ci
chiede di celebrare, almeno una volta l’anno,
questo importante Sacramento, ma è chiaro che è
bene farlo più spesso -.
Verso mezzogiorno sarà celebrata la Santa Messa.
Dopo il pranzo, che consumeremo nelle “Casa della
Gioventù”, e una breve pausa, verso le 15,
torneremo in Chiesa, per recitare di nuovo il Santo
Rosario e chiedere la benedizione del Signore, per
intercessione della Madonna delle Grazie.
Sono sicuro che la partecipazione di tutti gli
abitanti di Roviglieto e di coloro che si sentono
fortemente legati al paese, sarà una preziosa
occasione per testimoniare quella fede cristiana,
che ci è stata trasmessa e alla quale intendiamo
restare fedeli.
Roviglieto
IV (2003), n. 6.
Domenica, 17 agosto, celebreremo nel nostro
Centro Pastorale, come è tradizione, la Solennità
della Assunzione di Maria Vergine in Cielo in
anima e corpo.
La Santa Messa sarà celebrata alle ore 11,30 –
sarà, questo, anche in futuro, l’orario della Santa
Messa Festiva -, per facilitare la partecipazione di
tutti.
Nel pomeriggio, alle ore 17, dopo una breve
preghiera in Chiesa, ci metteremo in Processione,
portando la piccola Statua della Madonna per le
vie del paese.
Reciteremo il Santo Rosartio e canteremo gli inni
tradizionali alla Madonna, da tutti conosciuti.
Raccomando la puntualità e soprattutto la
devozione.
Le Feste religiose non somigliano a quelle civili;
sono di tutt’altra natura e richiedono soprattutto
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raccoglimento interiore e poi comportamenti
esteriori – anche il modo di vestire – in armonia
con la sacralità della Chiesa e dell’Evento festivo.
Roviglieto
IV (2003), n. 7
Carissimi,
La Santa Messa di Natale è l’occasione più bella,
che ci viene offerta, per lodare il Signore e
ringraziarlo di tutti i benefici, che ci concede ogni
giorno e anche per scambiarci gli auguri.
Vi invito pertanto a parteciparvi tutti, alle ore
11,30.
Spero che tutti siate presenti a questo incontro di
preghiera e di fraternità, di ascolto della Parola di
Dio e di comunione profonda con il Padre, il Figlio
e lo Spirito Santo.
Intanto, mando a tutti la mia benedizione.
6
IL LIBRO DELLA PARROCCHIA
DI SAN GIUSEPPE ARTIGIASNO, A FOLIGNO
I.
LA LETTERA
SALUTO
39 (1998), n. 2
In questo primo incontro, attraverso La Lettera,
con la comunità parrocchiale, rivolgo, anzitutto il
più caloroso saluto a tutti voi che abitate nel vasto
territorio, che mi è stato affidato dal Vescovo
monsignor Arduino Bertoldo.
Voglio, poi, consegnarvi un pensiero che mi sembra
fondamentale: quando la Chiesa si ripiega su se
stessa, per qualsiasi motivo, rischi di dimenticare
che il Cristo l’ha costituita “come sacramento
universale di salvezza” (Lumen gentium, 48).
59
Noi che abbiamo ricevuto il dono della fede e della
comunione con Dio, ci dobbiamo sentire proiettati
verso coloro che sono chiamati a tale fede e
comunione, in missione verso coloro che non
credono, coloro che sono indifferenti, coloro che
sono in ricerca , coloro che hanno un senso debole
dell’appartenenza alla comunità.
È questa la grande sfida che ci viene offerta dalla
storia presente e ad essa dobbiamo rispondere con
coraggio, creatività e coerenza.
Tutte le altre cose acquistano valore in questo
orizzonte, che relativizza problemi e difficoltà,
successi e obiettivi raggiunti da coloro che hanno
una fede solida e vivono le esperienze della
catechesi, della liturgia, della carità e della
corresponsabilità con passione e dedizione.
Cordialmente.
LA LETTERA
39 (1998), n. 5
Carissimi,
è ormai vicino il Natale del Signore.
Sento, quindi, vivissimo il desiderio di rivolgervi un
caro e sincero augurio di ogni bene.
In questo periodo avrete mille occasioni, per
testimoniare la vostra fede nel Figlio di Dio, che si è
fatto Uomo per la nostra salvezza.
La Parrocchia,, tenda aperta a tutti, ve ne offrirà
alcune particolarmente preziose.
Lo potrete notare, scorrendo il calendario, in
quarta pagina.
Vi attendo con vivo desiderio, in modo particolare
all’Eucaristia Festiva delle ore 10,30, momento
culminante del nostro incontro con Dio e con la
Comunità.
Saluto tutti, in particolare le persone anziane e i
malati.
LA LETTERA
60
40 (1999), n. 1
Carissimi,
nel tempo di Quaresima la comunità cristiana si
prepara, nella preghiera e nella penitenza, alla
celebrazione della Pasqua del Signore.
Nelle Costituzioni del nostro Sinodo si legge: ”La
liturgia è momento ultimo della storia della
salvezza, culmine e fonte della vita della Chiesa,
suo esercizio del sacerdozio di Cristo,
manifestazione della Chiesa.
L’opera salvifica di Cristo, culminata nel mistero
della sua morte e risurrezione, viene infatti
attualizzata dalla Chiesa soprattutto mediante la
liturgia, dove la Parola continua efficacemente ad
annunciare una salvezza che si compie nel presente
mediante i gesti sacramentali […]” (n.168).
Pertanto vi invito a partecipare alle Sacre
Celebrazioni, che si terranno in Parrocchia, per
realizzare un’autentica crescita nella fede e nella
comunione fraterna.
Vi chiedo anche di vivere la benedizione della
famiglia come momento di preghiera e occasione di
incoraggiamento a proseguire nel cammino
cristiano.
Vi auguro ogni bene.
LA LETTERA
40 (1999), n. 2
Carissimi,
rispettando una lodevole tradizione, vi mando il
bilancio consuntivo della Parrocchia.
Sono certo che ciò vi aiuterà a capire i problemi di
carattere economico che siamo tutti chiamati a
risolvere.
Soprattutto confido che stimolerà la vostra
generosità.
Il fatto che sia riportata la somma raccolta negli
ultimi mesi per la Caritas Parrocchiale e ad essa
versata per il funzionamento del Centro di ascolto
61
— aperto il lunedì e il venerdì, dalle ore 10 alle ore
12 — sicuramente vi spingerà ad apprezzare e
sostenere questa benemerita iniziativa.
Colgo l’occasione per ringraziare i membri del
Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economicie
tutti coloro che svolgono un servizio in Parrocchia.
Elogio, altresì, la gente di Uppello, che ha saputo
approntare un accogliente luogo di preghiera, in
sostituzione della Chiesa inagibile a causa del
terremoto; vi annuncio che nei prossimi mesi sarà
fatto un radicale intervento di sistemazione del
cortile parrocchiale.
Vi auguro ogni bene.
LA LETTERA
40 (1999), n. 3
Carissimi,
abbiamo da pochi giorni celebrato la festa di San
Giuseppe Artigiano,particolarmente significativa
per la nostra Parrocchia, perché un gruppo di
preadolescenti ha ricevuto il sacramento della
Confermazione.
Altrettanto importante è stata per noi la Messa
della Prima Comunione di molti ragazzi.
Voglio, per questo, manifestare la mia gratitudine
ai catechisti e a coloro che operano nel campo della
liturgia e del decoro delle Chiese.
Anche la festa di San Venanzo, celebrata ad
Uppello con particolare solennità, ci ha permesso
di fare una bella esperienza di comunità che prega
e vive insieme momenti di gioia.
Desidero , in questa circostanza, darvi un quadro
completo delle Celebrazioni Sacre che si tengono
nella nostra Parrocchia.
Lo faccio, sperando che cresca nella nostra
comunità il numero delle persone che si mettono a
servizio degli altri, non solo nel settore della
catechesi, dell’amministrazione, della carità e della
comunicazione, ma anche in quello della liturgia e
della pietà popolare.
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Lo spirito che deve tutti animare, non è quello del
protagonismo, ma della corresponsabilità cordiale
e disinteressata.
Vi auguro ogni bene.
LA LETTERA
40 (1999), n. 4
Carissimi,
dopo avervi inviato il prospetto delle attività
parrocchiali nel campo della catechesi e in quello
della liturgia, desidero informarvi sulle iniziative di
carattere caritativo.
Ve ne parlai sommariamente nel Piano Pastorale
Parrocchiale; lo faccio ora più ampiamente, perché
sono convinto che si tratta di un settore essenziale
come gli altri due e ho l’impressione che la nostra
Parrocchia sia in grado di fare di più, per
dimostrare la sua attenzione nei confronti del
prossimo.
Potrebbe, per esempio, aumentare il numero di
volontari, per assicurare l’apertura del Centro di
ascolto nei giorni stabiliti ed anche in altre
circostanze.
Anche la celebrazione della Giornata mensile della
carità sarebbe da potenziare, oltre che per
sollecitare la generosità dei parrocchiani, anche
per animare l’Eucaristia, ispirandosi in modo
diretto ai valori dell’amore cristiano per coloro che
si trovano in necessità.
Altre iniziative ancora andrebbero prese, in questa
prospettiva di crescita comunitaria nella
dimensione caritativa.
Conto sulla vostra disponibilità e capacità
operativa, in spirito di autentica corresponsabilità,
Vi auguro ogni bene.
LA LETTERA
40 (1999), n. 5
27 giugno 2000
63
Carissimi,
con qualche ritardo, vi comunico il calendario delle
attività di catechesi, da quella degli adulti e del
Gruppo dei coniugi a quella dei fanciulli di I
Elementare.
Sono certo che apprezzerete l’impegno dei
catechisti, per assicurare a tutti valide occasioni di
riflessione sulla Parola di Dio e di educazione alla
preghiera e alla carità.
Spero, poi, che farete tesoro di questo servizio, che,
con il contributo di altri, potrà migliorare.
Faccio appello, pertanto, a quanti si sentono
chiamati dal Signore ad operare nel settore della
catechesi, a segnalarmi la loro disponibilità; farò il
possibile, per introdurli gradualmente nel Gruppo
dei Catechisti.
Rivolgo a tutti un cordiale invito a partecipare alla
Festa di domenica 1 ottobre.
Vi auguro ogni bene.
LA LETTERA
41 (200), n. 1
Carissimi,
Vi comunico gli orari delle Sacre Celebrazioni
quaresimali e pasquali e il programma delle
Benedizioni delle famiglie.
Vi chiedo di partecipare sempre più intensamente
alla vita parrocchiale.
Vi auguro ogni bene.
LA LETTERA
41 (2000), n. 2
Carissimi,
avvicinandosi il secondo anniversario del mio
ingresso nella Parrocchia di San Giuseppe
Artigiano, grato al Signore per avermi concesso di
vivere tra voi, rivolgo al Vescovo di Foligno,
monsignor Arduino Bertoldo, il più vivo
ringraziamento.
64
Un saluto e una benedizione a tutti i parrocchiani,
in particolare ai malati, agli anziani e alle persone
in difficoltà.
Ai bambini, specialmente a quelli da me battezzati,
un affettuoso augurio di gioia e di pace.
Un sincero ringraziamento alle comunità religiose
dei Padri Dehoniani e degli Oblati di Maria
Vergine., per l’aiuto offertomi generosamente in
tante circostanze.
Grazie vivissime a padre Antonio Pistacchio e don
Giuseppe Taufer, per l’opera svolta ad Uppello.
Ai sacerdoti folignati, che hanno accolto più volte
la richiesta di collaborazione, rinnovo la mia
gratitudine.
A tutti i laici, di ogni età che hanno vissuto la vita
parrocchiale con intensa fede, in attento ascolto
della Parola di Dio e con spirito di servizio, la mia
ammirazione.
Per chi, con lealtà e libertà, ha assicurato il
funzionamento degli organismi di partecipazione e
ha permesso la realizzazione di numerose iniziative
nel campo della catechesi dei ragazzi, dei giovani e
degli adulti, in quelli della liturgia, della carità,
dell’amministrazione, della comunicazione, del
decoro delle chiese e in ogni altro settore della
realtà parrocchiale , serberò un ricordo
particolare.
A quanti – ragazzi e adulti – hanno compreso la
novità e l’importanza dell’Oratorio, da “edificare”
con pazienza ed entusiasmo giorno dopo giorno,
l’augurio di cercare sempre il Signore e di
incontralo nei sacramenti e in tutti i fratelli.
A chi ha esitato a fare la sua parte e ha
sperimentato solo occasionalmente l’appartenenza
alla Parrocchia, il mio incoraggiamento a riflettere,
a lasciarsi coinvolgere e a fare il possibile per il
bene comune, ricordando che il meglio è di fronte a
noi.
A coloro che nel momento dell’emergenza, dovuta
alle mie difficoltà di salute, hanno assicurato la
loro preziosa e indispensabile collaborazione, in
65
particolare al sacerdote prof. Gianfranco
Sebastiani, grazie di cuore.
Saluto tutti cordialmente.
II.
DOCUMENTI
1.
UNA TENDA APERTA A TUTTI
“Aumenta il numero di quanti si mostrano
consapevoli che tutti, non solo i preti, hanno
responsabilità nella vita della Chiesa e quindi,
concretamente, nella parrocchia.
Si tratta di un fenomeno ancora limitato, che
approva la presenza attiva dei laici per lo più negli
ambiti della carità e dell’amministrazione.
Soprattutto, però, alla percezione che si possano
attribuire ai laici nuovi compiti nella vita ecclesiale,
non corrisponde una pari disponibilità ad
assumerli”(Sinodo della Chiesa di Foligno,
Costituzioni sinodali, pp. 231-232).
PREMESSA
Come promisi il 22. VI. 1998, giorno successivo al
mio ingresso in Parrocchia, offro all’attenzione
degli organismi, dei gruppi e di tutti i membri della
comunità parrocchiale il Piano pastorale, che ho
preparato, tenendo conto anche dei documenti
della recente Visita Pastoralee dei suggerimenti di
alcuni laici, e che ispirerà il nostro lavoro nei
prossimi anni.
La sua funzione è quella di orientare il cammino di
tutti verso il Signore, in cui crediamo, in spirito di
vera comunione, e di indicare spazi di impegno a
quanto sono da Dio chiamati ad operare per il bene
comune, in una visione di Chiesa pienamente
ministeriale, non ripiegata su se stessa, ma
66
proiettata e in missione verso coloro che non
credono, coloro che sono indifferenti, coloro che
sono in ricerca, coloro che hanno un senso debole
dell’appartenenza alla comunità, e in dialogo con
tutte le istituzioni.
Benedica il Signore quanti, in spirito di
corresponsabilità, opereranno perché la
Parrocchia sempre più diventi una tenda aperta,
per accogliere tutti con autentico amore.
IL TERRITORIO
L’attuale Parrocchia è costituita da tre nuclei:
quello originario, definito nel novembre 1958,
attraverso l’atto di erezione , da parte del Vescovo
diocesano Siro Silvestri, della Vicaria Autonoma di
San Giuseppe Artigiano – la Chiesa parrocchiale fu
consacrata il 1º maggio 1966 -;
l’ex-Parrocchia di San Venanzo, in Uppello, unita
alla Parrocchia il 1º gennaio 198;
parte dell’ex-Parrocchia del Santissimo Salvatore,
in Foligno, annessa il 1º settembre 1991.
Nel vasto territorio parrocchiale si possono
distinguere le seguenti zone:
città,
frazione di Uppello,
Via Sassovivo e Vocabolo San Bartolomeo,
Strada Statale 77 – Casa cantoniera, Colpernaco,
Serra Bassa, ColpersicoQuesta configurazione comporta qualche difficoltà
ed è quindi necessario operare, per raggiungere la
più ampia comunione e condivisione.
LE PERSONE
Nella nostra Parrocchia, che è una porzione della
Diocesi di Foligno, di cui è Vescovo monsignor
Arduino Bertoldo, sono presenti ed agiscono con
me,
nel Consiglio Pastorale Parrocchiale
67
e nel Consiglio Parrocchiale per gli Affari
Economici,
i responsabili del collegamento con gli organismi
diocesani – Ufficio Catechistico, Ufficio Liturgico,
Caritas, Consulta per la Pastorale Giovanile,
Consiglio Pastorale -, altri laici – giovani e adulti –
particolarmente impegnati nei diversi settori
pastorali.
Come si può notare, manca la figura del Diacono.
Nel territorio della parrocchia sono predenti
alcune comunità di Religiosi – Ordine dei Frati
Minori, Sacerdoti del Sacro Cuore, Oblati di Maria
Vergine – e una di Religiose – Suore Bige
Elisabettiane -.
LE STRUTTURE
Gli edifici destinati al culto nella nostra Parrocchia
sono:
la Chiesa di San Giuseppe Artigiano,
con la Cappella del Sacramento,
la Chiesa di San Venanzo in Uppello,
con la Cappella recentemente predisposta nei locali
dell’ex-Scuola Materna,
e la Cappella della Madonna di Fatima e di
Sant’Egidio, in Serra Bassa.
Altri edifici, di proprietà della Parrocchia, sono
l’ex-casa del Parroco, ora adibita ad Oratorio,
e la casa parrocchiale, in Uppello.
Nel territorio della Parrocchia: altri edifici sacri,
fra i quali,
la Chiesa di Santa Maria in Sassonia
e la Chiesa di Santa Croce in Sassovivo.
Fra le strutture civili, vanno segnalate
la Scuola materna
e la Scuola Elementare.
L’EVANGELIZZAZIONE
68
Ritengo necessario che si giunga a delineare un
quadro esatto della presenza in Parrocchia di
extra-comunitari non-cristiani – nel nostro
territorio c’è un luogo di preghera per i
Musulmani -, di italiani non-cattolici e di cattolici
lontani.
Per ora prospetto l’esigenza di attività di primo
annuncio del Vangelo in ambienti particolari,
appena alcuni laici si saranno preparati a questo
delicato compito pastorale.
LA CATECHESI
Le persone, per le quali la Parrocchia opera, al fine
di assicurare una catechesi completa, sono i
membri della famiglia: fanciulli, ragazzi,
adolescenti, giovani, adulti.
Quanti, insieme a me, svolgono questo servizio
fondamentale, costituiscono il Gruppo dei
catechisti.
Facendo tesoro delle iniziative promosse
dall’Ufficio catechistico Diocesano, si opererà in
modo particolare per la formazione di catechisti
dei giovani e degli adulti.
La attività sono: Catechismo dei fanciulli, dei
ragazzi, degli adolescenti, dei giovani e degli adulti,
Riunione del Gruppo delle coppie, Parrocchia
insieme, Esperienza giovani, Campeggi, Incontri
dei genitori, incontri del Gruppo dei catechisti,
incontri di riflessione e formazione, con la
partecipazione di esperti.
La struttura, nella quale le attività di catechesi –
ma non solo – si svolgono, è l’Oratorio.
Trattandosi di una realtà completamente nuova, è
necessario che anche alcuni adulti si qualifichino
come responsabili e che tutte le iniziative abbiano
in esso un punto di riferimento sicuro – a titolo
esemplificativo: torneo di calcetto, torneo di
pallavolo, gite ed escursioni, tennis da tavolo,
musica, dopo-scuola, biblioteca, cineforum, sussidi
e strumenti di comunicazione, club sportivotelevisivo -; se necessario, si procederà ad
69
interventi di adattamento degli spazi interni ed
esterni e al collegamento con esperienze simili in
atto in altre parrocchie, anche per la soluzione di
eventuali problemi.
L’inizio e la fine della attività è opportuno che
siano sottolineati da particolari momenti di
incontro e di festa per tutta la comunità
parrocchiale, in collegamento con gli altri settori
pastorali.
LA LITURGIA
Le persone impegnate in questo ambito della vita
parrocchiale, sono molte: lettori – il loro numero,
comunque, va allargato -, ministranti, altri
animatori – per la preparazione della Preghiera dei
fedeli e delle monizioni, per l’accoglienza -, ministri
straordinari della Comunione, addette al decoro
della Chiesa, responsabili delle Cappelle di Uppello
e Serra Bassa, coro - organisti, chitarristi, cantori -.
È opportuno giungere presto alla costituzione del
Gruppo liturgico, che armonizzi l’impegno di tutti,
stimoli nuove presenze di servizio e promuova
momenti di formazione.
Le Celebrazioni, che nell’anno liturgico ruotano
attorno all’evento fondamentale della Pasqua di
Cristo sonno:
Messa festiva, Messa della prima Comunione dei
fanciulli, Messa feriale, Comunione ai malati e agli
anziani, Adorazione eucaristica settimanale e
annuale, Prima Confessione dei fanciulli,
Confessione – con preparazione individuale o
comunitaria -, Battesimo, Cresima, Unzione del
malati, Matrimonio – per la preparazione si farà
riferimento alle iniziative diocesane -.
Per ognuna di esse è opportuno che il Gruppo
liturgico preveda l’impegno particolare di
qualcuno, al fine di assicurare la partecipazione
attiva e devota dei fedeli – anche attraverso fogli
con i testi della Parola di Dio, per chi ha difficoltà
nel seguirne la proclamazione -; in particolare si
ritiene necessario promuovere l’animazione della
70
Messa festiva del Sabato, delle 8, 30 della
Domenica e di quella di Uppello.
Per quanto riguarda le devozioni, le feste e le
tradizioni, è importante ricordare che devono
armonizzarsi con la liturgia.
Si celebreranno, pertanto, con questo spirito, le
feste della Sacra Famiglia, di San Giuseppe – 19
marzo e 1º Maggio -, di San Venanzo – a Uppello -,
della Madonna di Fatima – prima domenica di
luglio, a Serra Bassa -; durante il mese di Maggio si
terranno momenti particolari di preghiera; i
ragazzi del Catechismo allestiranno il Presepio;
prima della Messa feriale, si reciterà il Rosario; nei
Venerdì di Quaresima si terrà la Via Crucis; anche
la Benedizione delle famiglie si farà, nella forma
che ancora deve stessere definita.
LA CARITÀ
La Caritas Parrocchiale è un organismo essenziale
per la vita della Parrocchia; essa ha la funzione di
educare tutta la comunità allo spirito di
accoglienza e di condivisione, in costante rapporto
con la Caritas Diocesana.
Il servizio ai poveri e alle persone in difficoltà ha il
suo strumento nel Centro di ascolto, aperto il
lunedì e il venerdì, dalle ore 10 alle ore 12, per un
concreto aiuto e un orientamento.
L’ampliamento del servizio dipende dall’aumento
del numero dei volontari – adulti e giovani -,
disponibili e preparati.
Tutta la comunità concorre alla costituzione del
fondo, a cui si attinge per l’acquisto dei viveri, con
le offerte della Terza Domenica del Mese, durante
a celebrazione della Messa; in settimana si
accolgono, in Chiesa e all’Oratorio, viveri e
indumenti.
Tra gli obiettivi della Caritas Parrocchiale rientra
anche lo sviluppo della sensibilità missionaria,
come pure l’attenzione ai malati, agli anziani, ai
giovani in condizioni di disagio e alle persone in
situazione di handicap, che va promossa attraverso
71
l’azione di operatori capaci di stabilire con loro
frequenti rapporti e di offrire loro valido aiuto.
L’AMMINISTRAZIONE
In questo settore vengo coadiuvato dal Consiglio
Parrocchiale per gli Affari Economici.
Le spese ordinarie sono relative a:
luce, acqua, metano, telefono, gasolio,
remunerazione mensile (L. 380.000), carta,
assicurazioni, manutenzione degli impianti –
termico, amplificazione, elettrico, campane -,
pulmino, collette annuali – Chiesa Locale, Santa
Infanzia, Luoghi Santi, Università Cattolica,
Seminario Vescovile, Giornata Missionaria
Mondiale, Migranti, Carità del Papa -, candele,
libri ecc.
Faccio presente che:
le offerte per l’applicazione delle Sante Messe
secondo l’intenzione dell’offerente, deposte nella
cassetta della Sacrestia, vengono registrate insieme
alle altre; in uscita viene riportata la somma
indicata dalla Conferenza Episcopale Umbra per la
celebrazione e destinata al Sacerdote
- L. 15.000 -;
alla Caritas Parrocchiale, oltre alle offerte raccolte
nella III Domenica del Mese, durante la
celebrazione della Messa, vengono date le monete,
eventuali altre offerte specifiche e il frutto
dell’Avvento della Carità – alla Caritas Diocesana
vengono, invece, versate le offerte dellaQuaresima
di Carità -;
alla fine dell’anno il bilancio consuntivo viene
presentato in Curia Vescovile e pubblicato nell
periodico La Lettera;
la Parrocchia ha aperto un conto corrente presso
una banca, delegandola a fare diversi pagamenti;
esistono tre polizze presso la Società Cattolica di
Assicurazione (RCA per il pulmino, Infortuni per il
guidatore del pulmino, Multirischi della
Parrocchia -;
72
l’amministrazione del Centro Pastorale di Uppello
e quella della Comunità Giovani sono autonome.
LA COMUNICAZIONE
Una comunità viva adotta lo stile del dialogo franco
e leale e conta anche sulla comunicazione puntuale
di iniziative, proposte, avvenimenti e incontri.
A tal fine esistono in Parrocchia due strumenti:
Buona Domenica e La Lettera; la loro diffusione è
una premessa indispensabile, per favorire il
confronto tra tutte le realtà vive della comunità, in
particolare tra adulti e giovani, nell’adesione
convinta alle linee pastorali generali.
È auspicabile che si rifletta sulla possibilità di
potenziare La Lettera, che ora esce come
supplemento di Salire, facendo tesoro dell’apporto
di persone qualificate della Parrocchia.
CONCLUSIONE
Nel consegnare alla comunità parrocchiale questo
documento, nel quale ho sommariamente indicato
la situazione e le prospettive pastorali nei settori
fondamentali dell’esperienza cristiana,
raccomando agli operatori e ad ogni membro della
comunità, di accoglierlo con spirito creativo, per
farne anche uno strumento di crescita personale.
Foligno, 1 novembre 1998
2.
LIBRO DELLA PARROCCHIA
PREMESSA
Dopo l’opuscolo Una tenda aperta a tutti, che vi è
stato consegnato alla fine del 1998, ho preparato,
alla vigilia dell’anno Duemila e dell’inizio del
Giubileo, questo volumetto, che perfeziona il
precedente e lo sviluppa, per essere quasi una
guida della nostra Parrocchia.
73
Penso che sarà particolarmente utile a chi è venuto
ad abitare da noi in questi ultimi tempi e a chi
ritorna, dopo l’emergenza-terremoto; spero che sia
anche apprezzato da chi da sempre fa parte di
questa comunità.
Anzi, a costoro chiedo la cortesia di segnalarmi
eventuali inesattezze, integrazioni da apportare e
precisazioni: ne farò tesoro per la nuova edizione.
Nel consegnarvi questo opuscolo, in cui delineo
anche un progetto, auguro di cuore a tutti ogni
bene e chiedo a chi ancora vive nell’incertezza, nel
dubbio, nell’attesa e nell’indecisione, di
guadagnare tempo e di mettersi con slancio al
servizio del Signore e, assolti i doveri familiari e di
lavoro, anche della Parrocchia, che certamente non
brilla allo stesso modo nei vari settori pastorali.
Essa, comunque, ha, come ogni altra comunità
cristiana, sufficienti energie, per riflettere sempre
più la luminosa bellezza della Chiesa di Dio e per
creare un clima positivo, favorevole alla crescita di
tutti.
Che questo Libro lo ricordi costantemente a voi e a
me.
DIOCESI
La nostra Parrocchia è una porzione della Chiesa
di Foligno, di cui è Vescovo monsignor Arduino
Bertoldo.
Della Cattedrale è titolare san Feliciano, vescovo e
martire, Patrono della Città e della Diocesi; la sua
festa si celebra il 24 gennaio.
Compatrona è la Madonna del Pianto, la cui festa
si ricorda il 14 gennaio.
Tra tutti coloro che hanno vissuto intensamente la
comunione con Dio, emerge la beata Angela,
grande maestra di vita spirituale; la sua festa si
celebra il 4 gennaio.
PERSONE
74
Parroco
Dal 21 giugno 1998 mi è stata affidata dal Vescovo
monsignor Arduino Bertoldo la guida della
Parrocchia: da allora, giorno dopo giorno, ho
compreso meglio alcune situazioni ed ho superato certo, non con le sole mie forze – difficoltà inattese.
Altre, purtroppo, permangono, ma non
resisteranno – almeno lo spero – a lungo, avendo
radici oggettivamente inconsistenti.
Quando anch’esse saranno eliminate, mi auguro
che si consolidi uno stile di totale lealtà, che sul
rammarico prevalga la volontà di recuperare il
tempo perduto e che trovi ampio spazio in chi ne è
responsabile, l’impegno a sanare ogni lacerazione,
puntando a positive innovazioni: sarà, quello, un
bel giorno per tutti, una grande dono del Signore.
Sacerdote collaboratore
Dopo il trasferimento a Roma di padre Antonio
Pistacchio, dei Sacerdoti del Sacro Cuore
(Dehoniani), è don Giuseppe Taufer a celebrare
l’Eucaristia a Uppello, nel pomeriggio dei giorni
festivi.
A lui dico sinceramente grazie, come lo dico ai
Sacerdoti, che generosamente rispondono alle mie
frequenti richieste di collaborazione.
A padre Antonio esprimo l’augurio di svolgere con
pieno successo il nuovo compito affidatogli dai
Superiori.
Diacono
L’assenza del Diacono nella nostra Parrocchia,
rende più difficile l’azione pastorale; per questo è
più che mai necessaria, in alcuni settori, l’azione di
adulti preparati e responsabili.
Consiglio Pastorale Parrocchiale
75
L’organismo di partecipazione, al quale ricorro
costantemente, per proporre, discutere e decidere
la linea pastorale da seguire, è il Consiglio
Pastorale.
Trattandosi di una realtà di grande rilievo, spero
di dedicargli qualche pagina in altra sede, anche
perché, con l’inizio del Duemila, si concluderà il
prezioso lavoro svolto dall’attuale Consiglio, da me
confermato lo scorso anno.
Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici
Per la parte amministrativa mi avvalgo della
competenza dei membri del Consiglio per gli Affari
Economici.
Nelle sue periodiche riunioni vengono prospettate
le soluzioni dei vari problemi, che si affacciano
all’orizzonte.
Ultimamente, come è noto, è stato deciso di
asfaltare il cortile e di realizzare l’impianto di
illuminazione; per tali lavori straordinari sono stati
spesi più di undici milioni.
Consiglio della Caritas Parrocchiale
Questo organismo è costituito da adulti capaci e
sensibili, che assicurano il funzionamento di una
struttura molto delicata, il Centro di ascolto.
Di esso parlerò più avanti; qui voglio invitare
quanti, tra gli adulti e i giovani, si sentono chiamati
dal Signore ad operare in questo settore, a
prendere contati con gli attuali operatori, per avere
da loro informazioni e indicazioni.
Addetti ad altri servizi
Rimandando alle pagine che seguono un accenno a
quanti sono impegnati nella catechesi e nella
liturgia, ricordo qui che numerose persone, in modi
diversi, a San Giuseppe Artigiano, Uppello e Serra
Bassa, fanno generosamente la loro parte, per
assicurare il decoro delle nostre chiese e degli spazi
circostanti.
76
A tutti dico di continuare ad agire con lo stesso
spirito di fede, che fin qui li ha animati, cercando
di coinvolgere altri nel loro servizio.
Rappresentanti negli organismi diocesani
Come tutte le Parrocchie, anche la nostra è
chiamata a partecipare al Consiglio dell’Ufficio
Catechistico, dell’Ufficio Liturgico, della Caritas,
alla Consulta per la Pastorale Giovanile e al
Consiglio Pastorale, il più importante tra gli
organismi di comunione della Chiesa locale;
auspico che questa presenza di collegamento
diventi sempre più visibile ed efficace.
Religiosi
Nel territorio della nostra Parrocchia sono presenti
i Sacerdoti del Sacro Cuore (Dehoniani) e gli
Oblati di Maria Vergine; a causa dei danni
prodotti dal terremoto, non sono attualmente
presenti a San Bartolomeo i Frati Minori e a
Sassovivo la Comunità Jesus Caritas.
Con i primi due Ordini Religiosi è in atto qualche
collaborazione, particolarmente preziosa; per
questo va ad essi la mia gratitudine.
LUOGHI E BENI
Nuclei
Il territorio parrocchiale si può dividere in tre
nuclei:
- la parte storica, definita nel novembre 1958,
quando il Vescovo monsignor Siro Silvestri costituì
la Vicaria Autonoma;
- l’ex-Parrocchia di San Venanzo, in Uppello, unita
il 1º gennaio 1987 alla nostra dal Vescovo
monsignor Giovanni Benedetti;
- una parte dell’ex-Parrocchia del Santissimo
Salvatore, in Foligno, unita alla nostra il 1º
77
settembre 1991 dal Vescovo monsignor Giovanni
Benedetti.
Vie
Le Vie della Parrocchia, secondo l’ordine della
Benedizione delle famiglie, che si svolge nel periodo
quaresimale, sono le seguenti:
Monte Grappa,
Pasubio,
Monte San Gabriele,
Marmolada,
Monte Santo,
Monte San Michele,
Gorizia,
Monte San Daniele,
Piave,
Isonzo,
Tessino,
Ombrone,
Garigliano,
Metauro,
Tanaro, Ticino,
Velino,
Trasimeno,
Clitunno,
Po,
Rubicone,
Reno,
Paolini,
Tevere,
Arno,
Trebbia,
Preti,
Giovanni Battista Vitelli,
Fiume Nera,
78
Campagnola,
Albegna,
Ancona,
Tagliamento,
Sile, Montello,
Brenta, Adige,
Sassovivo,
San Bartolomeo,
Colpernaco, Colpersico,
Uppello,
Casale,
Casella,
Serra Bassa,
Serra Alta.
Le strutture
Nel primo nucleo della Parrocchia:
Chiesa di san Giuseppe Artigiano, consacrata il 1º
maggio 1966,
Cappella del Santissimo Sacramento, Sacrestia e
Oratorio (ex-casa del Parroco).
A Uppello:
Chiesa di San Venanzo, ora inagibile a causa del
terremoto del 1997,
Cappella (ex-Scuola Materna), Sacrestia e Casa del
Parroco.
A Serra Bassa:
Cappella della Madonna di Fatima e di
Sant’Egidio abate (di proprietà privata).
Opere d’arte
79
Anche se in non grande numero, in Parrocchia si
trovano opere d’arte da custodire e far conoscere.
A San Giuseppe Artigiano:
Madonna del Latte,
Vergine con il Bambino Gesù,
Sacra Famiglia,
Fuga in Egitto,
Dies Irae,
San Giuseppe con il Bambino Gesù.
A Uppello:
San Venanzo,
Madonna e Santi.
Impianti
A San Giuseppe Artigiano:
Organo,
Campane elettrificate,
Amplificazione,
Riscaldamento.
A Uppello:
Campane,
Amplificazione.
Terreno.
Nella zona di Uppello si trova un terreno, che da
anni è affidato ad un privato, il quale versa
annualmente alla Parrocchia una generosa offerta.
Pulmino
Per le attività di pastorale giovanile viene utilizzato
un pulmino donato molti anni fa alla Parrocchia.
80
Assicurazioni
Tre sono le polizze in atto:
Multirischi per la Parrocchia;
Infortuni per il pulmino;
Responsabilità Civile Auto.
CATECHESI E PASTORALE GIOVANILE
Organismi
In questi settori un gruppo di adulti e di giovani –
il numero dei primi dovrebbe aumentare – svolge
un prezioso servizio a favore degli adulti, degli
adolescenti, dei ragazzi e dei fanciulli.
Per promuovere il confronto e il dialogo, oltre che
per favorire la verifica comunitaria del lavoro di
formazione, si desidera la costituzione del Gruppo
dei catechisti, che potrà fare tesoro delle iniziative
promosse dall’Ufficio catechistico Diocesano.
A tale Gruppo, che opererà in collaborazione con
gli animatori dell’Oratorio, sarà affidata anche la
pastorale giovanile per la prosecuzione della
formazione di quanti hanno celebrato il
Sacramento della Cresima.
Ancora inesplorato è, purtroppo, il campo della
evangelizzazione e del dialogo con i non-cristiani, i
non-cattolici e i lontani, residenti nella nostra
Parrocchia.
Attività
La prima attività – la più importante – è la
formazione degli adulti, sia con la catechesi
sistematica, sia con gli incontri per gruppi su
tematiche particolari.
Segue la formazione dei giovani e degli adolescenti
del dopo-Cresima; i primi la affrontano, anche in
vista del servizio che svolgono in Parrocchia, i
81
giovani guidati da Nicola Mannino, dell’Istituto
Missionario, che ringrazio sentitamente.
Le altre attività consistono
nella preparazione al Sacramento della Cresima –
V Elementare, I e II Media -,
nella preparazione alla Messa della Prima
Comunione – III e IV Elementare –
e nell’avvio alla esperienza cristiana dei fanciulli –
I e II Elementare -.
Oratorio
Con l’apertura in Parrocchia dell’Oratorio, ci si
propone di creare la comunione tra le diverse
realtà della nostra comunità.
L’ex-casa del Parroco è lo spazio in cui si può
raggiungere questa mèta, con particolare
riferimento ai ragazzi, agli adolescenti e ai giovami.
Per il conseguimento di una così ambiziosa finalità,
è necessario il contributo di un nutrito gruppo di
adulti e di giovani, pronti a donare un po’ delle
loro energie e del loro tempo, per essere presenti
all’Oratorio.
Tale presenza, inizialmente, permetterà a chi
frequenta gli spazi parrocchiali, di avere un punto
di riferimento per un dialogo e per qualche attività
di carattere ricreativo.
Successivamente nascerà l’esigenza di
programmare le attività, sulla base delle
competenze degli animatori, oltre che delle
richieste che saranno avanzate.
In tale fase gli animatori, insieme a me,
studieranno la situazione, presenteranno delle
proposte e troveranno gli strumenti per attuarle.
La prima, fondamentale, funzione dell’Oratorio è,
comunque, l’educazione alla fede; per questo gli
incontri di catechesi per tutte le età avranno la
priorità su ogni altra attività.
82
Nella programmazione si dovrà tenere conto del
fatto che gli spazi dell’Oratorio sono attigui alla
Chiesa; si dovrà, pertanto, evitare ogni
interferenza con le celebrazioni liturgiche e si
promuoverà uno stile sempre corretto.
La partecipazione alla vita dell’Oratorio è libera e
gratuita; alle spese di gestione provvederà la
Parrocchia, attraverso le offerte dei fedeli.
Il servizio di animazione sarà aperto a chi vuol fare
esperienza di volontariato, utilizzando gli
strumenti, di cui la nostra comunità parrocchiale
dispone.
Il Gruppo degli animatori dell’Oratorio
parteciperà alle riunioni del Consiglio Pastorale
Parrocchiale, manterrà contatti costanti con il
Gruppo dei catechisti e di tanto in tanto
promuoverà incontri di verifica.
L’attività del Centro di ascolto della Caritas
Parrocchiale e quella del Coro Parrocchiale
rientrano a pieno titolo nella vita dell’Oratorio.
LITURGIA E PIETÀ POPOLARE
Organismi
Da qualche mese è stato avviato il Gruppo
Liturgico, in cui sono presenti quanti, a titolo
diverso, contribuiscono alla preparazione e
attuazione delle celebrazioni sacre: coro, lettori,
ministranti.
Si è solo agli inizi e di conseguenza si deve tendere
a risultati migliori, partendo dalle buone tradizioni
della Parrocchia.
La cosa importante è che si partecipi alla Liturgia
con autentica fede, badando soprattutto alla
sostanza; in ordine a questo, sarà di grande aiuto
per tutta l’Assemblea il servizio del Coro
Parrocchiale, i cui membri si incontrano
regolarmente, per confrontarsi con la Parola di Dio
e preparare le celebrazioni.
83
Nelle espressioni della Pietà popolare non si dovrà
mai perdere di vista il loro legame con la Liturgia.
Celebrazioni
-A San Giuseppe Artigiano:
Sacramenti del Battesimo,
della Cresima – 1º maggio -,
della Penitenza – Prima Confessione: martedì di
Pasqua -,
del Matrimonio.
Santa Messa festiva il Sabato e la Vigilia delle
Solennità, alle ore 18
e la Domenica e nelle Solennità, alle ore 8,30 e
10,30.
Santa Messa feriale, alle ore 18, eccetto il mese di
agosto e il tempo di Quaresima, quando la
Celebrazione è anticipata alle ore 9.
Adorazione Eucaristica:
il giovedì, alle ore 16,30 – esclusi i mesi di luglio e
agosto e il Tempo di Quaresima – e
nei giorni 16, 17 e 18 marzo, dalle ore 9 alle ore 18.
Feste:
19 marzo, San Giuseppe Sposo della Beata Vergine
Maria – Presentazione dei Comunicandi e dei
Cresimandi -;
1º maggio, San Giuseppe Lavoratore – Messa della
Cresima -;
Ottobre, Festa d’Inizio.
Tradizioni:
Rosario, prima della Santa Messa feriale;
Mese Mariano;
Presepio;
Benedizione dei cibi – Sabato Santo, pomeriggio:
Centro Sociale, Casa Sfasciotti, Serra Bassa,
Uppello, San Giuseppe Artigiano -.
84
-A Uppello:
Santa Messa festiva, nel pomeriggio.
III Domenica di maggio: festa di San Venanzo
martire, con triduo di preparazione e processione
da Uppello a Serra Bassa.
-A Serra Bassa:
Santa Messa una volta al mese, nel pomeriggio.
I Domenica di luglio: festa della Madonna di
Fatima.
Per i malati
I familiari sono invitati a prendere contatti con me,
per la Confessione, la Comunione e l’Unzione,
secondo le circostanze.
CARITÀ E SENSIBILITÀ MISSIONARIA
Organismi
Del Consiglio della Caritas Parrocchiale ho già
parlato; qui sottolineo l’essenzialità della Caritas
per la vita della comunità, dal momento che ha la
funzione di educare tutti allo spirito di accoglienza
e di condivisione, in costante rapporto con la
Caritas Diocesana.
La Caritas Parrocchiale deve anche stimolare la
sensibilità missionaria, che si esprime nella
preghiera e nell’aiuto di carattere economico.
È suo compito, infine sollecitare l’attenzione di
tutti ai temi della pace, della giustizia e dello
sviluppo dei popoli.
Attività
Il Centro di ascolto per il servizio ai poveri e alle
persone in difficoltà, è aperto il lunedì e il venerdì,
dalle ore 10 alle ore 12, presso l’Oratorio.
85
La sua attività prevalente consiste nella
preparazione e consegna di un pacco-viveri a
quanti in Parrocchia ne hanno bisogno.
Ciò che viene distribuito, è frutto di donazioni da
parte della Caritas Diocesana e di altri, oltre che
delle offerte raccolte a San Giuseppe Artigiano
durante le Sante Messe della III Domenica del
mese e in altre circostanze.
Durante la settimana, si raccolgono indumenti
nuovi o usati in buono stato, che vengono poi
distribuiti a chi ne fa richiesta.
Nella Chiesa di San Giuseppe Artigiano è
costantemente esposto un cesto per doni e offerte.
AMMINISTRAZIONE
Consiglio Parrocchiale per gli Affari Economici
Di questo organismo ho già brevemente parlato;
qui aggiungo che il Centro Pastorale di Uppello ha
un Cassiere, il quale tiene la contabilità e alla fine
dell’anno, presenta il consuntivo,che, insieme a
quello della Parrocchia, viene presentato in Curia
Vescovile e pubblicato dal periodico La Lettera.
Anche il Gruppo Giovani gestisce direttamente un
piccolo fondo, che, comunque, rientra nel
consuntivo parrocchiale.
Ricordo, infine, che l’offerta per l’applicazione
della Santa Messa secondo le intenzioni
dell’offerente – i Vescovi Umbri l’hanno stabilita a
L. 15.000 -, deposta, a San Giuseppe Artigiano,
nella cassetta della Sacrestia, viene registrata,
insieme alle altre, e poi è riportata in uscita, in
quanto spettante al Celebrante.
Lavori
A breve termine . si procederà alla tinteggiatura
della Cappella del Santissimo Sacramento, a San
Giuseppe Artigiano.
86
Per il restauro del complesso di Uppello,
danneggiato dal terremoto, si conta sull’intervento
dello Stato.
Ricordo, infine, che le spese ordinarie che la
Parrocchia deve affrontare, utilizzando le offerte
dei fedeli, raccolte in varie circostanze, riguardano
la luce, l’acqua, il gas, il gasolio, il telefono e la
remunerazione mensile prevista per me, secondo le
norme, dall’Istituto Diocesano Sostentamento
Clero (Lire 380.000).
COMUNICAZIONE
La lettera e Buona Domenica sono i mezzi,
attraverso i quali vengono fornite notizie di varia
natura.
Il primo periodico, che esce come supplemento del
mensile belfiorese Salire, viene consegnato a tutte
le famiglie, grazie alla collaborazione di un gruppo
di volontari.
Non si scarta l’eventualità che diventi qualcosa di
più di un bollettino parrocchiale, con la
costituzione di un vero e proprio gruppo
redazionale.
Il foglio settimanale Buona Domenica, con il testo
del Vangelo, il Calendario e gli Avvisi, è a
disposizione di chi lo desidera, nella Chiesa di San
Giuseppe Artigiano.
Questi due piccoli strumenti di comunicazione
vengono preparati, con la collaborazione di alcuni
volontari, e sono poi fotocopiati all’Oratorio.
MOMENTI DI AGGREGAZIONE
Di carattere non solo religioso sono due iniziative,
che vengono proposte, la prima all’inizio dell’anno
pastorale, a cui ho già accennato, la seconda il
giorno dell’Epifania del Signore.
87
Ambedue tendono ad alimentare, nel segno della
gratuità, il clima di famiglia, tipico di una
comunità parrocchiale.
CONCLUSIONE
Riprendendo un’idea espressa nella Premessa,
auguro a chi avrà in mano questo opuscolo, di fare
bene e con gioia la sua parte, perché lo splendore
spirituale della Comunità cristiana indichi a chi è
indifferente – nessuno, spero, sarà ostile! – la
strada che porta al Signore, dal quale viene
l’autentica salvezza.
Ogni donna e ogni uomo, infatti, ha bisogno di lui,
per scoprire la propria dignità e la personale
vocazione per realizzarsi in pienezza, in un clima di
fiducia, nella convinzione che il meglio deve ancora
venire.
Se, poi, si riuscirà a comprendere che, anche se si
frequentano gruppi e movimenti, è in Parrocchia
che si deve crescere ed operare come cristiani, gli
obiettivi appena prospettati diventeranno più
facilmente conseguibili.
Foligno, novembre 1999
3.
IL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE
1.
Come annunciato nel Libro della Parrocchia del
novembre scorso, voglio dedicare all’inizio
dell’Anno Santo, qualche pagina all’organismo di
partecipazione denominato Consiglio Pastorale
Parrocchiale.
È tempo, infatti, che si proceda alla sua
ricostituzione, al termine del servizio svolto dal
Consiglio precedente, al quale rinnovo il
ringraziamento mio personale e di tutta la
Parrocchia.
2.
88
La prima, fondamentale idea che vorrei
trasmettere, è relativa alla sua importanza.
Nella visione attuale di una Chiesa tutta
ministeriale è, infatti, impensabile che sia il
Parroco, da solo, a programmare il lavoro nei
settori dell’annuncio, della liturgia e della carità.
I laici sono chiamati, soprattutto nella nostra
Parrocchia, che non può contare sulla presenza di
un Diacono, ad assicurare una costante e generosa
presenza accanto al Sacerdote, superando
incertezze, dubbi, indecisioni e ogni altro
atteggiamento negativo.
Senza di loro molto cose diventerebbero
impossibili, altre addirittura insignificanti.
Nel Consiglio Pastorale Parrocchiale questa
presenza trova la forma più alta di espressione; per
questo va da tutti apprezzato con convinzione e
sostenuto in ogni modo, perché sia strumento di
dispiegamento di preziose energie, di testimonianza
cristiana e di crescita comune.
3.
È quanto voglio assicurare, dandogli un volto
nuovo, in linea con l’idea di Chiesa, cui accennavo
sopra, ed anche con altre esperienze.
4.
La novità più evidente consiste nel fatto che non si
tratta di un Consiglio, neppure in parte, costituito
da eletti: le elezioni, infatti, non certo in assoluto,
ma per circostanze che portano su di sé il peso di
traumi e incomprensioni, possono essere fonte, non
di comunione, ma di divisioni e contrapposizioni.
5.
Chi farà , dunque, parte del Consiglio Pastorale?
Tutti coloro che nella vita parrocchiale, in questi
venti mesi di mia presenza tra voi, hanno lealmente
assicurato un servizio nei diversi settori della vita
parrocchiale: catechisti, collaboratori nelle
celebrazioni liturgiche, operatori del Centro di
ascolto della Caritas, membri del Consiglio
Parrocchiale per gli Affari Economici, animatori
89
della pastorale giovanile e dell’Oratorio,
rappresentanti della Parrocchia negli organismi
diocesani, promotori dei momenti di aggregazione
ed altri ancora.
Diventa, così, sempre più evidente che il Consiglio è
fatto certamente per discutere e programmare, ma
soprattutto per animare la vita parrocchiale; di
tanto in tanto si avrà modo di correggere e
migliorare quanto messo in cantiere in precedenza.
6.
Essendo, poi, la nostra Parrocchia distribuita su un
vasto territorio, da Via Tagliamento a Sassovivo,
da Via Rubicone a Via Campagnola, è auspicabile
che nessuna zona sia priva di un suo
rappresentante, vale a dire di qualcuno che si
faccia carico di informare il Consiglio dei problemi
e delle opportunità presenti nei diversi luoghi.
7.
Le diverse età, con il criterio da me scelto, saranno,
come è chiaro, tutte rappresentate; questo assicura
che non si darà al lavoro del Consiglio una
caratterizzazione troppo marcata in una o in
un’altra direzione.
8.
Luoghi, età, competenze: questo terzo aspetto mi
sembra ampiamente garantito; ciò non toglie che,
essendo i lavori del Consiglio aperti a tutti, in casi
particolari si possa chiedere l’apporto e la
collaborazione di chi, nella società o in diocesi,
svolge particolari mansioni, grazie alle sue
specifiche competenze.
9.
Qualche parola, ora, sullo stile di lavoro da
instaurare nel nuovo Consiglio.
Potrebbe sintetizzarsi in due termini: dialogo e
corresponsabilità.
Il dialogo tende alla chiarificazione, alla reciproca
edificazione e al comune arricchimento.
La corresponsabilità toglie ai singoli il senso di
impotenza di fronte ai problemi di una Parrocchia
90
come la nostra e apre il cuore alla speranza;
quando i pesi si portano insieme, diventano meno
opprimenti o addirittura leggeri, le cose
impossibili, con l’aiuto del Signore, si rivelano
fattibili e il meglio si delinea di fronte a tutti come
mèta raggiungibile, anche grazie ai pregi di
ciascuno.
10.
Al fondo di tutto, o meglio alla radice, ci deve
essere, però, la visione della Chiesa come popolo di
Dio, comunità dei figli di Dio, Corpo Mistico di
Cristo; questo modo di pensarla tiene lontani i suoi
membri dai pericoli, in cui facilmente cadono gli
organismi, che guidano gruppi di altra natura;
pericoli molto insidiosi, che nascondono in sé i
germi della divisione e dei contrasti.
Donne e uomini di fede, dunque, sono i membri del
Consiglio Pastorale Parrocchiale, che sanno
mettere a frutto i doni ricevuti da Dio, primo fra
tutti la libertà, per il bene di tutta la comunità.
11.
Per concludere, un accenno al modo in cui saranno
condotti gli incontri del Consiglio.
Si farà il possibile, perché sia comunicato in tempo
utile l’ordine del giorno, accompagnato, se
necessario, da fogli che ne illustrino i vari punti e
permettano una adeguata preparazione.
Durante l’incontro, dopo una breve introduzione
del Parroco o di una persona da lui delegata, si
raccoglieranno i suggerimenti dei presenti; di essi
si farà tesoro, per la preparazione o lo sviluppo del
Piano Pastorale, che sarà fatto puntualmente
conoscere a tutta la Parrocchia, attraverso La
lettera o Buona Domenica.
L’incontro inizierà e si concluderà con un
momento di preghiera, per sottolineare che è per il
Signore che si intende lavorare e sul Signore si
conta, più che sulle personali capacità.
12.
Nella speranza che queste rapide riflessioni
incoraggino le persone di buona volontà a fare la
91
loro parte per il bene comune e non lascino spazio
ad atteggiamenti di critica preconcetta, ringrazio
tutti e a tutti auguro ogni bene.
Foligno, 20 gennaio 2000
7
IL GRILLO PARLANTE,
DI BORRONI DI FOLIGNO
II edizione
I edizione, in Il grillo parlante, 1990-1991
IN GIRO PER BENEDIRE
21 (2) (1991), marzo, pp. 1-2
Il 7 marzo, con la benedizione delle famiglie di Via
Monte Lagarella e di Via Etna, è terminato il mio
cammino nel territorio della Parrocchia di
Sant’Egidio.
Non starò, qui, per i lettori de Il grillo, a fare la
cronaca di un fatto che, oltre a me, ha coinvolto
direttamente una piccola schiera di ragazzini.
E neppure tenterò di esprimere i sentimenti che ho
provato, incontrando tante persone
- moltissime per la prima volta -.
Mi limiterò a dire cose utili ai lettori e a porre
interrogativi, per alimentare in loro il senso della
comunità parrocchiale.
La prima considerazione: il territorio della
Parrocchia ha una configurazione molto
complessa.
Si va dalla immediata periferia di Foligno – Via
Tibullo – fin quasi a Casevecchie – casa
Cappelletti: ci si allarga, per Via Brunesca, verso
Corvia e si incunea, con Via Ferraris tra le
Parrocchie di Sterpete e di Maria Immacolata, e
con Via Monte Puranno in quella di Scafali.
92
Questa figura territoriale dovrebbe far capire a
tutti che si ha a che fare con una realtà umana
multiforme, con esigenze varie e complesse e forse
con mentalità un po’ diverse.
La seconda osservazione: l’incremento delle
abitazioni.
Qua e là sono state già individuate aree
fabbricabili; si vedranno, perciò, fra non molto,
sorgere nuovi palazzi e nella nostra parrocchia
affluiranno altre famiglie.
Un segno di giovinezza, questo, che deve rallegrare
tutti, ma che, allo stesso tempo, spinge a riflettere
su come adeguare le strutture parrocchiali ai nuovi
bisogni.
Una terza riflessione attiene la zona di Tenne, che
ha nella chiesa della Madonna Assunta il suo unico
punto di riferimento.
Anche se non in modo marcato, come il centro di
Borroni, essa ha una sua identità, che, armonizzata
con quella delle altre zone, può risultare assai
stimolante per tutti.
Si tratta, allora, di vedere con quali mezzi ed in
quali occasioni favorire questa delicata operazione.
Una quarta considerazione si riferisce ad un
aspetto, a cui ho già accennato: le strutture
parrocchiali.
Oltre alle due Chiese, ci sono la Casa del parroco e
l’Oratorio – con il complesso sportivo annesso,
realizzato dall’associazione SeFAB (Sport e
Folklore a Borroni).
Riguardo alla Chiesa di Sant’Egidio, c’è da dire
che ha bisogno di alcuni interventi, per renderla
più accogliente e per valorizzarne meglio gli spazi.
La Chiesa della Madonna Assunta, invece, ha
bisogno di una Sacrestia.
Nell’Oratorio si devono porre in atto delle
modifiche, per adeguarlo alle esigenze dei giovani,
dei gruppi e del Coro parrocchiale.
La Casa del parroco è tutta da rifare.
93
Come realizzare questi obiettivi, nel giro di pochi
anni?
Per concludere: io mi aspetto che qualcuno
risponda a questi miei interrogativi, proprio su
queste pagine.
Ancor più mi aspetto che tanti si diano da fare,
perché la nostra parrocchia diventi davvero la casa
di tutti.
LA PARROCCHIA, LUOGO DI INCONTRO
PER GIOVANI E ADULTI
21 (2) (1991), gennaio, p. 3
”Il Grillo” sta diventando un luogo, in cui
manifesto o rilancio alla gente di Borroni, di Tenne
e delle altre zone della Parrocchia, i progetti e le
iniziative della comunità ed anche le difficoltà che
si incontrano nel camminare insieme.
Spero che questa linea sia condivisa, non solo dagli
amici della redazione, ma anche dai lettori.
In caso contrario, vedrei impoverita la funzione di
questo giornale, risorto a vita nuova da appena
cinque mesi e già capace di farsi notare e
apprezzare.
E allora, in questo quarto numero, primo del
nuovo anno, come farò a non parlare del problema
dei giovani?
Chi ha la bella abitudine di partecipare
all’Eucaristia festiva ed ha modo di ascoltarmi in
particolari occasioni, quando la mia presenza è un
fatto che si impone all’attenzione di tutti, avrà
notato che il tema della formazione dei giovani è
uno di quelli che più mi stanno a cuore.
Il fatto che ci ritorni in questa sede, per sviluppare
un aspetto, a torto ritenuto marginale – quello
dell’accoglienza, nasce, da una parte dal sapere che
c’è una grande attesa al riguardo, dall’altra dalla
coscienza delle limitate possibilità della Parrocchia.
Cosa dire?
Innanzi tutto voglio sottolineare il fatto positivo
che ragazzi e ragazze – parlo di quell’età che va dai
94
15 anni in su – cerchino in Parrocchia un luogo, in
cui incontrarsi, parlare, giocare a ping pong o a
carte.
È poi altrettanto positivo che la Parrocchia abbia
messo a loro disposizione un salone al pianterreno
dell’ex-casa colonica – al primo piano dell’Oratorio
c’è l’Ufficio parrocchiale e ci sono le aule per il
Catechismo e la Scuola di chitarra -.
Costituisce, invece, un problema il fatto che non si
siano fino ad oggi cercati i modi per sollecitare la
presenza, tra i giovani, di adulti capaci di stare con
loro, dal pomeriggio fino alla tarda sera, per
dialogare con loro e guidarli nelle diverse attività.
“Ma, non c’è il Parroco?”, dirà qualcuno.
Ma certo!
Fino ad oggi, anche se non sempre con la medesima
assiduità, ci sono stato e continuerò ad esserci; ma
non si deve dimenticare che faccio il pendolare tra
Foligno e Borroni e che gli impegni ordinari e
straordinari mi portano via e mi porteranno
sempre più via dall’Oratorio: celebrazioni
liturgiche, benedizione delle famiglie, incontri di
catechesi, impegni diocesani, la scuola – ancora per
qualche mese -, ecc.
“Ma, non si potrebbero responsabilizzare gli stessi
giovani?”, dirà qualcun altro.
Ma certo!
Tenendo anche presente che tra loro alcuni sono
già maggiorenni, si sta tentando di farlo e lo si farà
ancora con maggiore decisione.
Il problema, però, della presenza di adulti tra di
loro resta in tutta la sua urgenza.
Cosa fare, allora?
Bisogna organizzarsi, non restare alla finestra ed
assumersi ciascuno le sue responsabilità, con
spirito di grande fiducia nei confronti dei giovani e
con la certezza che quanto si fa per loro oggi, lo
ritroveremo domani moltiplicato per il bene di
tutta la comunità.
95
UNO STILE PASTORALE
20 (1) (1990), novembre, pp. 1-2
Desidero dirvi qualcosa sullo spirito, che vorrei
animasse la mia vita di parroco di Borroni e Tenne.
Vorrei che ogni mio gesto e ogni mia parola
avessero l’impronta pastorale, cioè del pastore che
vuol bene alla porzione di comunità cristiana
affidatagli dalla fiducia del Vescovo.
Non mi sfugge che è un obiettivo arduo e difficile,
quello che mi propongo.
So, però, che farei un grosso errore, se puntassi a
qualcosa di facile e accessibile con le mie forze, le
tecniche umane e i mezzi che il mondo propone.
So pure che posso contare sulla grazia del Pastore
che è Cristo, sulla forza dello Spirito Santo e
sull’amore misericordioso del Padre.
Lo spirito pastorale, dunque, dovrebbe essere
l’anima del mio apostolato in questa parrocchia di
Sant’Egidio.
Ciò comporta che vorrò bene a tutti,
indistintamente, sull’esempio di Cristo, che ci ha
amati fino al dono di sé.
In secondo luogo lo spirito pastorale si
caratterizzerà come fiducia piena in tutti:
in quelli indifferenti ai problemi religiosi o
addirittura, se ce ne fossero, ostili;
in quelli che sono alla ricerca della verità;
nelle persone impegnate nei gruppi, nei movimenti,
nelle associazioni;
fiducia piena in quanti hanno accettato di entrare
negli organismi di partecipazione presenti in
parrocchia;
fiducia in tutte le realtà operanti in questo
territorio: dall’Associazione SeFaB, alla Scuola
Materna, a quella Elementare, al Laboratorio
Protetto.
Non sarei parroco-pastore, se non avessi tale
fiducia.
96
Ma, c’è un terzo elemento, che dà sostanza allo
spirito pastorale, di cui sto parlando: la stima
sincera per la vostra condizione e vocazione di
laici.
Non sto ad esporvi i motivi di questa stima; penso
che li intuiate.
Sottolineo solo il fatto che essa genera in me una
grande attesa: non mi aspetto poco da voi, mi
aspetto molto, come voi, penso, vi aspettiate molto
da me.
UNA COMUNITÀ IN FESTA
21 (2) (1991), 26 maggio, pp. 1,16
Anche lo scorso anno – ma non ero ancora parroco
– ho partecipato in qualche modo alla
preparazione e alle celebrazione della Festa della
Madonna, nella quale una recente tradizione ha
collocato la Messa della Prima Comunione e quella
della Cresima.
So, quindi, che la gente della parrocchia vive questi
momenti forti di vita cristiana con intensità di fede
e devozione.
Non ho dubbi, allora, che anche quest’anno il tono
festivo sarà quello giusto e credo, per questo, che
non siano necessarie particolari raccomandazioni.
Mi preme, invece, guardare avanti, oltre la Festa,
per fissare qualche significativo obiettivo da
raggiungere insieme.
Lo faccio nella certezza che, proprio dalle
celebrazioni del 26 maggio, molti membri della
nostra comunità attingeranno nuove energie per la
loro vita di fede.
Una prima mèta, allora, è quella di rendere più
viva e partecipata l’Eucaristia domenicale.
Il fatto che diciassette bambini, in futuro, potranno
accostarsi alla mensa del Corpo di Cristo, non è
secondario, in ordine a questo; ma con loro si
devono attivare anche molti adulti, portando
ciascuno nell’assemblea domenicale la freschezza
della sua appartenenza a Cristo.
97
Un altro obiettivo è quello della più generosa
presenza degli adulti accanto ai preadolescenti e ai
giovani della nostra parrocchia.
Il fatto che ventiquattro ragazzi di seconda e terza
Media diventeranno testimoni di Cristo, è molto
consolante per i genitori e per gli educatori, in
particolare per me.
Nello stesso tempo, però, pone tutti noi adulti di
fronte al problema del “cosa fare” per loro,
affinché la bella esperienza della Confermazione,
non sia solo un punto di arrivo, ma anche e
soprattutto un punto di partenza.
Verso dove?
Ma, è chiaro: verso la maturazione della fede e la
responsabile partecipazione alla missione della
Chiesa.
Una terza mèta è quella dell’approfondimento da
parte degli adulti, dei temi della fede.
Il fatto che nel mese di maggio la parrocchia abbia
proposto loro tre occasioni di riflessione, dovrebbe
aver acceso nel cuore di molti il desiderio di
proseguire il cammino, sia attraverso lo studio
personale, sia attraverso la partecipazione alla vita
dei gruppi, a livello diocesano.
Se, poi, si troverà chi in parrocchia può
impegnarsi, per offrire a chi lo desidera, questo
“servizio”, meglio ancora; si colmerà, così, una
lacuna che mi preoccupa non poco.
LAVORARE: PERCHÉ?
21 (2) (1991), 1° maggio, pp. 1-2
Nel “Documento Sinodale” offerto dal Vescovo
monsignor Giovanni Benedetti all’Assemblea
Sinodale, durante l’Eucaristia del 14 aprile, in
Cattedrale, si legge: “Il lavoro è una vocazione, e
come tale va presentato.
Far bene il proprio lavoro costituisce l’impegno di
ogni cristiano, la forma più credibile di
preevangelizzazione”.
98
Una bella sintesi, questa, della visione cristiana
dell’attività lavorativa, sulla quale è bene riflettere.
Innanzi tutto il lavoro è una vocazione; significa
che qualcuno ci chiama a metterlo in atto.
E non è tanto il datore di lavoro o chi ha “pensato”
a trovarcelo, quanto quel Dio, che talvolta si pensa
che sia così lontano da noi, mentre ci è vicino e ci
guida con grande attenzione e benevolenza.
È lui a chiamarci a realizzare opere significative
con le nostre mani e con la nostra intelligenza, in
collaborazione con gli altri.
Saperlo è, senza dubbio, motivo di grande
incoraggiamento a lavorare come si deve.
E siamo al secondo messaggio del Sinodo:
l’impegno a fare bene il proprio lavoro.
Non basta lavorare, bisogna farlo con competenza,
con passione, con esattezza, con creatività e così
via.
Quanti si accontentano di passare il tempo, o
meglio di farlo trascorrere il più velocemente
possibile, non vedono l’ora di smettere di lavorare,
non si comportano da bravi cristiani, sciupano
un’occasione di collaborazione con quel Dio che ci
affida l’universo, perché ne facciamo un buon uso,
per soddisfare le nostre necessità!
È possibile andare controcorrente?
Sì, anche se talvolta sembrerà di no, a causa
dell’ambiente di lavoro, dell’organizzazione, del
clima sbagliato, che si crea per colpa di non si sa
chi.
È possibile, anche se difficile, far bene il proprio
lavoro, purché lo si voglia e si sia disposti a pagare
di persona.
Certo, se uno si propone solo di avanzare, di far
carriera, di accumulare denaro, non andrà molto
lontano sulla strada indicata dal Sinodo!
Ultima riflessione strettamente legata alla
precedente: chi fa il proprio lavoro, spiana la
strada all’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo.
In che modo?
99
Come in ogni altra realtà umana – il tempo libero,
la malattia, la politica, ecc. -, il cristiano lascia nel
lavoro l’impronta della sua condizione di “uomo
nuovo”, rinato dall’acqua e dallo Spirito Santo.
Di conseguenza, chi lo incontra si chiederà: Ma
perché si comporta così?
Allora comincerà ad interessarsi del suo stile di
vita e delle sue idee.
Nascerà il dialogo e forse l’amicizia e la
collaborazione.
Cosa impedirà a quel punto al cristiano che lavora,
di affrontare con delicatezza, ma anche con
estrema chiarezza, il tema della fede?
Vi pare poco questo?
PER LIBERARSI
21 (2) (1991), febbraio, pp. 1-2
Dei molti aspetti della libertà a me, come prete,
preme mettere in risalto quello spirituale.
In tale prospettiva, la libertà non è qualcosa che
viene dall’uomo, ma da Dio.
Consiste, infatti, nella possibilità di rapportarsi, di
entrare in comunione con lui, di dialogare come
figli con il Padre, dopo la liberazione dal peccato
nel sacramento del Battesimo.
Non nasce, allora, libero l’uomo; lo diventa per
grazia.
Riconosciuta l’origine divina della libertà, non si è
fatto che un piccolo passo sulla strada della verità.
Da riaffermare vigorosamente è anche il fatto che
la libertà nella mani – o nel cuore – dell’uomo è un
compito.
Come ogni altro dono deve essere, non solo
custodito e tutelato, ma sviluppato.
Se, infatti, esiste il pericolo di perderla – le
tentazioni al male non difettano, oggi! -, c’è anche
quello di inaridirla, quasi ibernarla, impedendole
di generare libertà negli altri, oltre che di crescere
e maturare.
100
E qui il discorso si fa un po’ difficile.
Come favorire l’irrobustimento della libertà
spirituale?
Come promuoverne la fecondità?
Dove attingere forza ed alimento per un deciso
cammino sulle sue orme?
Non solo ora che siamo in Quaresima, ma sempre
dobbiamo ricordare che, oltre il frequente contatto
con la Parola di Dio e il Sacramento
dell’Eucaristia, la Penitenza – intesa come
atteggiamento-virtù e come Sacramento – è fonte
di libertà.
In essa il cristiano dimostra la sua volontà di
eliminare ad ogni costo i legami – come catene di
nuove schiavitù -, che impediscono il libero
cammino verso Dio.
In essa – mi riferisco alla Penitenza come
Sacramento – egli riacquista l’agilità perduta.
Attraverso essa, si impegna a lasciare spazio
sempre più ampio allo Spirito, che lo condurrà alla
pienezza della libertà, come documenta
l’esperienza di tanti Santi ed in particolare quella
della nostra beata Angela.
Dalle Penitenza così intesa, germoglierà, dunque, la
libertà, che genera nuova libertà, là dove chi la
possiede, si muove ed agisce.
Il cristiano sarà, così, strumento di liberazione per
gli altri.
Di lui, il Liberatore – Gesù vuol dire Salvatore – si
potrà servire, per smascherare le nuove schiavitù,
per immettere nel cuore degli uomini il desiderio
della vera libertà e per farne intuire la bellezza.
In questo modo, il mondo muterà il suo volto,
segnato dalle rughe del male e rifletterà un po’
meglio lo splendore di Dio.
VACANZE… DI LAVORO
21 (2) (1991), giugno, pp. 1-2
101
I pezzi forti di questo numero del “Grillo” girano
attorno – e penetrano dentro – al tema delle
vacanze.
Un tema delicato, che interessa soprattutto il
mondo giovanile, che vive l’estate come un tempo
totalmente diverso da quello segnato dalla fatica
della scuola – è chiaro che interessa anche gli
adulti: impiegati, operai, dirigenti , che alle
vacanze guardano sempre con maggior interesse,
visto che il lavoro si fa sempre più stressante! -.
Vorrei qui tentare di dire loro come vivere questo
tempo – due mesi e mezzo, se non tre -, per uscirne
segnati positivamente.
Innanzi tutto dovrebbero evitare di considerarlo
tempo di evasione – o addirittura di trasgressione -,
tempo da perdere in mille cose futili, inutili o
peggio dannose.
Non c’è bisogno che scenda nei particolari; ognuno
sa quante follie estive si consumano e quali danni
esse producono.
Viverle in modo significativo, vale a dire
costruttivo, vuol dire considerare le vacanze come
occasione per conquistare mète non raggiunte, per
mancanza di tempo, durante l’anno.
Mi spiego: non sei riuscito a dare il meglio di te
nella comunità, perché dovevi studiare?
Ebbene, d’estate dài a chi guida la comunità la tua
disponibilità per l’animazione delle diverse
attività: questo è fare vacanza in modo creativo.
Ancora: non hai potuto, pressato dagli impegni
quotidiani, coltivare un settore del sapere, che ti è
particolarmente caro?
Vengono le vacanze e hai il modo di ritagliare spazi
giusti per leggere, meditare – perché no? scrivere –
in luoghi adatti: mare , monti, collina o… casa tua.
Terzo esempio: ti sei accorto che, per far bene una
cosa per gli altri, ci vuole, oltre che passione, anche
competenza e che questa, in misura maggiore o
minore, ti manca?
102
Viene l’estate e ti vengono offerte delle possibilità
di recupero — o meglio di arricchimento -; se le
cogli al volo e con entusiasmo, non sprechi il tempo
delle vacanze, ma ne fai tesoro — direi che le
moltiplichi, in quanto raccoglierai i frutti
abbondanti di tale buon uso -.
Ancora: non sei potuto stare con i tuoi coetanei,
come desideravi, per i soliti motivi?
L’estate è fatta anche per questo: stare insieme,
parlare, cantare, discutere, lasciarsi prendere dalla
voglia di dirsi le cose e di confrontare le opinioni.
Del resto è quanto molti giovani come te – non solo
gli scouts – già fanno da tempo.
MOUNTAIN-BIKE
UN INVITO PER TUTTI ALL’IMPEGNO IN
PARROCCHIA
20 (1) (1990), n.1, p. 1
Quando mi regalarono la mountain-bike
all’Oratorio – era il 2 agosto -, feci subito un
giretto con i ragazzi.
Fu un momento simpatico di amicizia e di gioia,
che ricordo volentieri, alla ripresa di questo
giornale.
Anche ora, infatti, mi trovo con un gruppetto di
amici a “girare” insieme su queste pagine e poi
nelle case di Borroni, di Tenne e di una parte della
periferia di Foligno.
Mi chiedo: Sarà facile il cammino?
Sicuramente no, perché richiederà, oltre che buone
capacità – si tratta di saper cogliere i problemi e di
esporli con chiarezza – anche una grande dose di
costanza, pazienza e spirito di dialogo!
Questa difficoltà, naturale per ogni progetto
giornalistico, pur piccolo come il nostro, non
mortifica, comunque, ma esalta la voglia di fare.
A quale scopo?
Ma, è chiaro: per dare un piccolo contributo alla
costruzione della nostra comunità, per valorizzare
103
le tradizioni, per lanciare iniziative, per verificare
impegni e progetti, per scavare nel passato, alla
ricerca di fatti significativi, per descrivere le
bellezze naturali ed artistiche del territorio.
Io come prete – parroco da appena tre mesi –
cercherò di affidare a queste colonne, di volta in
volta, anche qualche idea “forte”, che stimoli la
vita dei credenti, in particolare, ma anche di quelli
che credenti non sono, oppure lo sono a modo loro.
Questa volta mi piace rilanciare un invito già
rivolto in altra sede a giovani e adulti: riuscire a
trovare uno spazio di impegno personale nella
comunità parrocchiale – nel campo della catechesi,
in quello della liturgia o del servizio – e restarvi
fedeli, costi quel che costi.
Si trattasse solo di un angolino piccolo piccolo,
sarebbe una grande cosa!
Occuparlo per servire gli altri e spendere i propri
talenti naturali e spirituali, non è un gesto da
abusivi, ma da cristiani e cittadini in gamba, al
passo con i tempi.
PRIMO NATALE CON VOI
20 (1) (1990), novembre, pp.1-2
La lodevole iniziativa dell’associazione Sport e
Folklore a Borroni di portare nelle vostre case,
come dono di Natale, questo terzo numero del
periodico Il grillo parlante, mi permette di
salutarvi con grande affetto e di porgervi il più
sincero e cordiale augurio di Buon Natale.
Un saluto e un augurio, che vogliono essere segno
del desiderio di sentirmi vicino a tutti voi, mentre
ricordate la Nascita di Gesù Cristo nella povertà
della Grotta di Betlemme.
Come Parroco, infatti, sento di non poter essere
per nessuno di voi un estraneo, come del resto
nessuno lo è per me, neppure chi ha fatto scelte di
vita diverse da quella cristiana.
Ed allora, in occasione di questo mio primo Natale
tra voi, vorrei manifestarvi una mia grande attesa:
104
che possa trovare la sua attuazione nel migliore dei
modi e nei tempi che voi riterrete opportuni, l’idea
degli incontri con le famiglie nelle diverse zone
della Parrocchia.
La lanciai il giorno di Ognissanti, precisando che si
trattava di trovare nei diversi punti del territorio
parrocchiale, una famiglia pronta ad accogliere in
un luogo adatto i vicini di casa, desiderosi di
incontrarsi con me, per un momento di preghiera e
per uno scambio di idee sulla situazione della
nostra comunità, sui problemi più urgenti e sulle
prospettive di impegno comune.
Se riusciremo a realizzare questa forma di dialogo,
potremo guardare al nostro futuro, in particolare a
quello dei giovani, con maggiore fiducia e
speranza.
Solo attraverso il confronto, infatti, saremo in
grado di scoprire qual è il ruolo di ciascuno di noi
nella vita della comunità e qual è lo stile giusto, per
assolverlo con piena soddisfazione di tutti.
Troveremo anche la possibilità di farci l’un l’altro
coraggio, per affrontare senza angoscia e superare
insieme tutte le difficoltà, che si presenteranno sul
nostro cammino.
Che ne dite?
VENERDÌ 22 FEBBRAIO
21 (2) (1991), febbraio, p. 4
Quando a morire sono i bambini, ragazzi o giovani,
il dolore si moltiplica e diventa gradissimo e tale
rimane a lungo, per anni ed anni.
Una comunità cristiana non può fare finta di non
conoscere questa dura realtà; per questo,
celebrando l’Eucaristia, questa sera, vorremmo
condividere il dolore di tante mamme, di tanti
papà, fratelli e sorelle.
Siamo in Quaresima ed allora vogliamo indicare in
Cristo, che ha tanto sofferto, e in Maria, sua
Madre, i modelli da imitare.
105
Quando siamo nel dolore, come loro hanno dato un
valore di salvezza per tutti al loro dolore, anche noi
dobbiamo farlo; viviamolo, allora, come strumento
di purificazione nostra e di salvezza dei fratelli,
come contributo per la pace fra le persone e fra i
popoli.
Vorrei che questa memoria diventasse una
tradizione per la nostra comunità parrocchiale.
Essa vuole essere una memoria di quanto di bello
hanno lasciato questi giovani, delle testimonianze
più significative della loro vita.
Vi invito a ripercorrerle ed anche a tenerle vive fra
noi, perché i giovani di oggi coltivino con passione
il valore della vita, scoprano sempre più la loro
responsabilità di uomini e di donne ed in
particolare, di cristiani, nel mondo di oggi, così
complesso e talvolta anche insidioso.
ANCHE NOI AL SINODO
20 (1) (1990), novembre, pp. 4-5.
Il Sinodo, dopo una lunga fase di preparazione,
durata oltre quattro anni è entrato ormai nella sua
fase di preparazione.
Nei prossimi numeri del Grillo ci soffermeremo sui
diversi momenti.
In questo numero vogliamo occuparci di un
significativo gesto appartenente alla fase
preparatoria: laVeglia di preghiera con i
componenti dell’Assemblea Sinodale ed altri fedeli,
venuti numerosi in Cattedrale nella serata del 6
ottobre.
Presiedeva il Vescovo monsignor Giovanni
Benedetti, che, dopo la proclamazione di brani
biblici e di testi del Magistero, la preghiera
dialogata e i canti, ha preso la parola, per mettere,
fra l’altro, in risalto l’opera dello Spirito Santo
nella Chiesa di Foligno.
Successivamente è stato acceso il grande Cero del
Sinodo e si è svolto il suggestivo rito della consegna
ai rappresentanti dei monasteri femminili e delle
106
parrocchie, di piccoli ceri, da accendere, a partire
da domenica 28 ottobre, giorno dell’apertura del
Sinodo e per tutto il tempo di svolgimento dei
lavori.
Sono stati convocati dal Vicario Generale i delegati
di ogni comunità.
Noi di Sant’Egidio di Borroni abbiamo avuto la
sorpresa di raggiungere il Vescovo con qualche
ritardo, quando, finita la convocazione, monsignor
Buoncristiani ha invitato a farsi avanti quanti non
erano stati chiamati.
A quel punto Lidia Nizzi Stramaccia, Antonio Nizzi
ed io, in rappresentanza degli altri membri della
parrocchia: Paolo Calderoni, Mario Benedetti,
Mario Clementi e Paolo Muzi, ci siamo presentati
ed abbiamo potuto ossequiare il Vescovo ed
accogliere il dono del cero.
Cosa ricorda quel cero collocato sull’Altare
maggiore della nostra Chiesa parrocchiale e sul
quale, oltre alla Croce, sono effigiati il Patrono di
Foligno, San Feliciano e la nostra Beata Angela?
Ci richiama alla mente la vocazione della Chiesa,
che, sull’esempio di Cristo, deve illuminare
l’umanità intera.
È proprio per essere fedeli a questa vocazione, che
il Vescovo, il Clero, i Religiosi e i rappresentanti
delle Religiose e dei Laici di tutte le parrocchie e di
altre aggregazioni ecclesiali, si riuniranno in
assemblea a più riprese.
Essi esamineranno i documenti approntati dalla
Commissione preparatoria su alcuni aspetti della
vita diocesana:
l’evangelizzazione e la catechesi agli adulti,
la Celebrazione Eucaristica nel giorno del Signore,
la testimonianza della carità verso gli ultimi,
i ministeri, i carismi e le strutture della vita
pastorale.
Proporranno delle correzioni, delle integrazioni e
alla fine, dopo averli approvati, li affideranno al
107
Vescovo, che li promulgherà come direttive per la
vita della nostra Chiesa.
Cosa fare in questo tempo sinodale?
Innanzi tutto pregare, ma anche seguire i lavori del
Sinodo – le Assemblee sono pubbliche -.
Infine avanzare proposte e far presente il proprio
punto di vista, perché qualche membro sinodale ne
possa far tesoro per i suoi interventi in aula.
Intanto in parrocchia per due mercoledì, abbiamo
incominciato a conoscere meglio questi documenti;
dal 18 al 25 saremo impegnati in Assemblea; con i
successivi mercoledì riprenderemo queste nostre
riflessioni.
Se si sarà fedeli a questo programma, si potrà dire
di non aver vissuto da estranei questo evento
storico della Chiesa di Foligno.
AUGURI
20 (1) (1990), n. 1, p. 4
A nome del Gruppo Redazionale di Salire, mensile
di Belfiore, che ho l’onore di dirigere dalla ripresa
del 1970, formulo a Il Grillo Parlante gli auguri più
vivi e sinceri per una vita lunga, un’esperienza
intensa e tante soddisfazioni.
Spero che la possibilità che mi viene offerta di
lavorare contemporaneamente nei due periodici,
diventi per me occasione di arricchimento umano e
culturale e stimolo alla ricerca di modi sempre più
efficaci per comunicare con la gente, in particolare
con i giovani.
8
TRA LA GENTE
DELLE FRAZIONI DI FOLIGNO
II edizione
I edizione, in Il Giornale dell’Umbria, 2002-2003
108
ANCHE A CORVIA SARANNO CELEBRATE
LE PRIME COMUNIONI E LE CRESIME
IV (2003), n., p. 18
Per una comunità parrocchiale la celebrazione
della Messa della Prima Comunione e del
Sacramento della Cresima sono i momenti, che
danno a tutti coloro che hanno anche solo un
minimo di sensibilità cristiana, la possibilità di
gioire e riscoprire le proprie radici.
Corvia vivrà questo evento domani, con la
partecipazione del Vescovo emerito di Foligno
monsignor Giovanni Benedetti, continuando una
tradizione, a cui il Parroco don Marzio Melelli dà
giustamente un grande rilievo.
I ragazzi della Cresima e i fanciulli della Prima
Comunione, per dare l’ultimo tocco alla loro
preparazione, si sono ritrovati al Colle dei
Cappuccini, per un ritiro di preghiera, di
riflessione e anche di scambio di idee.
Non è mancato il momento della ricreazione, come
espressione di quella gioia e vitalità, che
caratterizza i giovanissimi.
Non è da dimenticare che tutto questo è possibile,
per il semplice fatto che, in aiuto e collaborazione
con il Sacerdote, operano lE Catechiste, pedine
preziosissime in una scacchiera di attività pastorali
bene articolate, nel contesto di un paese in crescita,
ma ben radicato nel passato, contraddistinto da
solidi valori cristiani.
La gratitudine di tutta la Comunità Parrocchiale
nei confronti di tali operatrici, capaci di instaurare
un rapporto di dialogo con i ragazzi e di aprire loro
prospettive nuove, non solo nel campo delle
relazioni interpersonali, non sarà mai
sufficientemente manifestata.
Anche queste righe vogliono andare in tale
direzione.
SCOUTS DI BEVAGNA A ROVIGLIETO
IV (2003), n. 118, p. 18
109
Domenica scorsa è stato come tornare di qualche
anno indietro, rivedendo alla celebrazione
dell’Eucaristia, nella piccola Chiesa di Roviglieto,
che sostituisce la Chiesa più bella e artistica – che
ancora attende gli interventi, dopo il terremoto -,
un piccolo gruppo, precisamente l’Alta Squadriglia
del Reparto A.G.E.S.C.I. di Bevagna.
I giovani erano giunti il sabato sera e avevano
piazzato le loro tende in un’aia, nella parte estrema
del piccolo paese da presepio, dopo aver scartato la
prevista soluzione nell’orto di Clemente – o meglio
della Parrocchia, che ha in Clemente un
validissimo collaboratore -.
Durante la Celebrazione sono stati eseguiti,
accompagnati dalla chitarra, dei canti, che a
Roviglieto si sentono soltanto quando la festa è
molto solenne, per esempio in occasione della
Messa della prima Comunione e della Cresima.
Sorpresa, quindi, bellissima per la gente e i
pochissimi ragazzi del posto.
Alla fine della Messa, ho pensato di lanciare
un’idea all’attenzione del Presidente della
Comunanza Agraria.
Si tratterebbe di individuare uno spazio da
attrezzare come si deve, per accogliere gruppi di
scouts per le loro uscite e pei loro campi estivi.
L’idea ha creato interesse e ha prodotto un bello
scambio di opinioni tra il Presidente stesso e il
Capo del Reparto.
Chissà, allora, che, fra non molto, non si arrivi a
parlare di Roviglieto, come di un punto di un certo
valore nella geografia dei luoghi che gli scouts
scelgono per le loro attività?
L’altezza del luogo – poco più di 700 metri -, la
varietà dei paesaggi e l’esistenza, nei dintorni di
due importanti Santuari – quello di San Pietro e
San Paolo, a Cancelli, e quello della Madonna del
Riparo, a Scandolaro – riusciranno sicuramente a
convogliare lassù tante persone desiderose di un
diretto contatto con la natura, con la gente, che
custodisce tradizioni preziosissime e con i valori
110
cristiani, che trasudano dalle pietre dei luoghi
sacri.
È il mio grande desiderio, dopo la lunga esperienza
nello scautismo folignate, culminata nella
promozione, con tanti bravi capi, di quella realtà,
che ora è il Foligno 3 – o come io preferirei che
fosse chiamato, Borroni 1-.
DA ROVIGLIETO A RASIGLIA PER
RINGRAZIARE
IV (2003), n. 135, p. 18
In tutta la Chiesa sparsa per il mondo, si celebra la
Solennità della Pentecoste, cioè il mistero della
Discesa dello Spirito Santo, cinquanta giorni dopo
la Pasqua di Cristo.
Domani gli abitanti del piccolo paese di Roviglieto,
situato sulla strada che conduce a Cancelli, sede di
un notissimo Santuario, si recheranno – insieme a
quanti sentono ancora vivo il legame con il paese,
pur vivendo altrove -, dietro la grande, artistica
Croce proCessionale, al Santuario della Madonna
delle Grazie di Rasiglia.
Si rinnoverà, così, una tradizione di alto valore
spirituale, in quanto esprime la gratitudine di tutti
per il dono della vita.
Un bambino, infatti, la riacquistò, in braccio a sua
madre, quando questa, a piedi, stava per
raggiungere quel Santuario, fiduciosa di avere
dalla Madonna quella assistenza che tanto
desiderava e implorava nella preghiera.
La gente di Roviglieto, da allora, ogni anno, va a
rinnovare il suo ringraziamento e nello stesso
tempo, ha l’occasione per esprimere la propria fede
cristiana, valore assoluto, superiore ad ogni altro.
Partendo dalla Cappella del paese – la Chiesa,
purtroppo, non è stata ancora restaurata, dopo il
terremoto – i roviglietani faranno, in preghiera, un
primo tratto di strada a piedi, fino alla grande
curva, per poi sistemarsi nelle loro macchine e
arrivare nei pressi di Cancelli, per riprendere a
piedi il cammino, sostare di fronte al Santuario di
111
San Pietro e San Paolo, e arrivare, per una
stradina tra i campi, alla Cappella Votiva, dove il
nostro concittadino don Pietro Arcangeli ha voluto
fissare il ricordo di quanti furono deportati in
Germania negli anni conclusivi dell’ultima Guerra
Mondiale.
I pellegrini, quindi, raggiungeranno in macchina,
passando per Scopoli, il Santuario della Madonna
delle Grazie, per risalire a piedi fino al punto in
cui, secondo la tradizione, la mamma, con il
braccio il figlio, scorgendo il campanile della
Chiesa, vide il bambino rianimarsi e riprendere
vigore.
Da lì, dopo l’incontro con la Comunità di Rasiglia
– in processione, guidata dal Parroco e
dall’Eremita -, scenderanno, per le Sacre
Celebrazioni, nella Cappella del Santuario – anche
qui, infatti, la Chiesa non è stata ancora riaperta al
pubblico -.
L’esperienza comunitaria si svilupperà nel pasto
familiare consumato nella Casa della Gioventù e
poi nella preghiera finale del Rosario.
IN ATTESA DELLA RIAPERTURA DEL
SANTUARIO
IV (2003), n. 174, p. 19.
L’opportunità che il Parroco di Rasiglia mi ha
offerto di celebrare nel tardo pomeriggio di
domenica l’Eucaristia, al Santuario della Madonna
delle Grazie di Rasiglia, mi ha confermato nell’idea
che quel luogo santo esercita sui fedeli una grande
attrattiva, per i motivi che si possono immaginare,
primo fra tutti la gratitudine verso al Vergine, per i
suoi continui, talvolta prodigiosi, interventi a
favore delle donne e degli uomini che la invocano.
Per questo, se è bello celebrare all’aperto, con
l’Altare opportunamente collocato dall’Eremita
sotto il porticato della Chiesa, completamente
restaurata, dopo il terribile terremoto del 1997 –
essendo incapace di contenere la gente la Chiesa
prefabbricata attigua, del resto anche
112
impraticabile, per il caldo afoso di questi giorni di
luglio – non è difficile pensare quanto sarà ancora
più solenne e sentita la Celebrazione, allorché il
sacro edificio, restaurato anche nei suoi affreschi
votivi, riaprirà le sue porte ai fedeli.
Quanto fino ad oggi è stato fatto è molto, manca il
tocco finale, verso il quale tutti sono impegnati a
incamminarsi.
Sarà, quello, il momento in cui anche le tradizionali
Processioni annuali, come quella di Roviglieto,
potranno concludersi di fronte all’Immagine della
Madonna, che attualmente è custodita in un luogo
sicuro e che presto tornerà in quello suo
tradizionale, in forma solennissima, con la
partecipazione delle gente di Rasiglia, ma anche di
quella dei paesi vicini.
È l’auspicio che mi piace formulare, con l’invito a
tutti e non interrompere la bella tradizione di
recarsi al Santuario, con spirito di autentica
devozione, accettando i piccoli disagi, che l’attuale
emergenza inevitabilmente comporta, ed anche con
spirito grato verso i Parroci e gli Eremiti, che nel
tempo hanno speso e attualmente spendono le loro
energie per la promozione del culto della Madonna.
FESTA A ROVIGLIETO
IV (2003), n. 186, p. 18
Il piccolo paese della nostra vicina montagna, che
ultimamente ha fatto parlare di sé per questioni di
boschi e di cacciatori, celebrerà, come di consueto,
la Solennità dell’Assunzione della Madonna, la
domenica successiva al 15 agosto.
Quest’anno non ci sarà la celebrazione della
Cresima e della Prima Comunione: i bambini e i
ragazzi sono talmente pochi, che questi eventi
rivestono ormai il carattere di eccezionalità.
Comunque, alle ore 11,30, si celebrerà la Messa e
nel pomeriggio, alle 17, si snoderà per le vie del
piccolo paese la Processione con la Statua della
Madonna, quella che, per necessità, ha sostituito
113
ormai da tempo l’effigie lignea di grande pregio
artistico, trafugata da ignoti.
La devozione sarà la stessa di sempre, vale a dire
intensa, in segno di gratitudine alla Vergine per la
sua costante attenzione e bontà verso il popolo di
Dio.
Le Celebrazioni si terranno ancora nel locale
attiguo alla Chiesa lesionata dal terremoto e in
attesa, come tante altre, del restauro.
Il luogo, in ogni caso, si presenta accogliente e
anche adatto, in quanto arricchito di alcuni
affreschi, di uno dei quali – rappresenta la Vergine
-, durante il servizio pastorale del parroco
Gianfranco Sebastiani, è stata stampata una bella
cartolina, con una significativa preghiera.
Quanti parteciperanno alla Festa del 17 p. v.,
potranno prenderla e portarla con sé in segno di
devozione.
CI VUOLE PIÙ ATTENZIONE PER LE
FAMIGLIE DI LIÈ
IV (2003), n. 205, p. 19
Mi è stata offerta l’opportunità preziosa di
rivedere un po’ di gente a Liè, una delle tantissime
frazioni di Foligno, a poca distanza da Belfiore,
martoriata come poche dal terremoto del 1997.
E dal colloquio fitto e serrato con chi ha vissuto la
terribile esperienza, sono venute fuori cose che
lasciano l’amaro in bocca.
Per questo, vorrei, attraverso il “Giornale
dell’Umbria”, rivolgermi alle Autorità regionali,
provinciali e comunali, perché superino la fase
dell’oblio e comincino ad interessarsi seriamente
delle famiglie di Liè, che – caso molto raro in tutto
il territorio comunale -, dopo il sisma, si sono date
da fare per costruirsi con i propri risparmi, casette
di legno o di altro materiale, per non doversi
allontanare dalla frazione, dai loro terreni da
coltivare e dalle loro cose da salvaguardare, senza
andarsi a rifugiare nel campo-containers prima, e
poi nei villaggi delle casette di legno.
114
Gente, che ha anche rischiato una grande truffa, ha
saputo reagire alle situazioni avverse, contando
solo per il breve periodo di due anni, se non vado
errato, su quel famoso contributo, che viene
assegnato a chi è rimasto senza abitazione.
Perché tale contributo è stato revocato?
Non hanno forse le famiglie di Liè provveduto, a
loro spese, a costruirsi la loro abitazione?
Ed è poi vero che queste costruzioni sono
considerate provvisorie, per cui dovrebbero essere
demolite, una volta che le case in muratura
saranno sistemate?
Come è possibile, questo?
La richiesta è chiara: si diano alle famiglie, che
vivono nelle loro casette di fortuna, quei soldi, che
si danno a tutti coloro che sono rimasti senza casa e
si sono sistemati in modi diversi qua e là.
Credo che sia un diritto sacrosanto da rispettare,
se non si vuol contraddire il principio che nella
sventura tutti siamo uguali e non esistono figli e
figliastri.
Un’ultima domanda: Come è possibile che si
consideri seconda casa quella colpita a Liè dal
terremoto, per il semplice fatto che uno, al
momento dell’evento sismico occupava in città uno
spazio, che non è di sua proprietà?
ATTENZIONE PER I CIMITERI
IV (2003), n. 114, p. 18
Non è un argomento attraente, lo capisco bene.
Però, va detto che la massima cura si dovrebbe
riservare, non solo al Cimitero Centrale, ma anche
a quelli posti in periferia, che non possono esser
considerati di seconda categoria.
Mi riferisco in modo particolare a quello che sta
tra Cancellara e Colle Scandolaro e che serve, per
così dire, anche i paesi di Scandolaro, Santo
Stefano dei Piccioni e Roviglieto.
115
Ho avuto pochi giorni fa la sensazione che si
dovrebbe fare qualcosa, per assicurare a questo
luogo un aspetto migliore, più accogliente.
In particolare, è urgente che si riconsegni alla
gente la Chiesa, dove si dovrebbe fare sosta con la
Salma, prima di procedere alla tumulazione.
Si tratta di un luogo necessario, per una funzione
religiosa che non è opzionale.
Inoltre, vorrei far presente che una Croce fissata
sul terreno, sta ad indicare che lì sotto è stata posta
una Salma.
Questo non va dimenticato e di conseguenza deve
esser ben curato il piccolo tratto di prato, che
rischia, altrimenti, di diventare, con il tempo,
una… strada.
A proposito, come si fa a sapere se lo spazio dove
oggi si cammina, è stato un tempo luogo di
tumulazione?
Sono sicuro che queste mie osservazioni aiuteranno
gli addetti ad assolvere meglio il loro compito, con
piena soddisfazione delle gente dei paesi che ho
nominato, oltre che per il rispetto che si deve verso
chi ormai non è più tra noi.
LA CAPPELLA DI SANT’ANNA E IL
MESASTRIS
IV (2003), n. 103, p. 18
Per chi non è piacevole tornare là, dove si è a lungo
vissuto, in un ruolo tanto delicato, ma anche
umanamente e spiritualmente interessante, come
quello di parroco?
A me è capitato per due domeniche di fila, quando
il parroco di Santa Maria Assunta – una volta era
San Nicolò il titolare della parrocchia – di Belfiore
mi ha invitato a celebrare nella piccolissima, ma
ricchissima di storia e di arte, Cappella di
Sant’Anna, al bivio per il paese che una volta si
chiamava Fragnano, e la zona superiore di
Scanzano, San Vittore e Acquabianca.
116
Gli antichi pellegrini, che si avventuravano verso
Santa Maria Giacobbe – immagino – si fermavano
a dire una preghiera in quel luogo sacro e le donne
in attesa, anche oggi continuano ad avvicinarsi, per
chiedere alla Madre di Maria protezione e aiuto.
Un’edicola sacra gradualmente divenuta luogo
capace di accogliere qualche pellegrino e
ultimamente, a causa del terremoto – torna sempre
il suo fantasma, purtroppo! – in sostituzione della
grande e bella – con il restauro mostrerà
finalmente tutto il suoi splendore anche a coloro
che l’hanno sottovalutata nel tempo – Chiesa di
San Nicolò, ex-parrocchiale e ora filiale.
La gente che frequenta Sant’Anna, appartiene a
Scanzano, Vescia e Belfiore e anche a San Vittore e
Acquabianca: mancano solo Liè e Ravignano e
tutta la zona sarebbe rappresentata!
Nell’angusto spazio sacro, ma anche fuori, tenendo
aperta la porta e, se piovvigina, anche l’ombrello,
si può celebrare, cantare e, alla fine, scambiare
pure qualche impressione.
Data l’età, si va con il pensiero istintivamente agli
anni ruggenti della giovinezza, quando non faceva
problema che si dovesse scorrrazzare – il primo
anno in motorino e poi con la macchina, come è
naturale – a tutte le ore tra la casa parrocchiale –
quella grande di don Ottavio o quella attigua, più
modesta per dimensioni, ma nuova, dopo la
controversa trasformazione del fienile e delle stalle,
con tanto di terrazzo e giardino -, le varie Chiese,
tutte da governare, e il Circoletto, divenuto, dopo
la trasformazione con i cantieri statali, redazione di
Salire.
Non è che nascano rimpianti – non si addice ai
preti, questo! -, ma qualche domanda ritorna alla
mente, con tutta la sua impertinenza e quindi da
allontanare prontamente.
La cosa importante è che, con il ritorno, tutto
diventi più calmo, più bello, addirittura piacevole.
È proprio vero che il tempo risana, anzi
irrobustisce.
117
Dimenticavo: quando si fece il restauro degli
affreschi di Pierantonio Mesastris – con la “s” o
con la “z”? -, la munificenza della Cassa di
Risparmio di Foligno fu ammirevole , vero esempio
di sponsorizzazione culturale, che andrebbe non
solo ripetuto per altri beni di Belfiore, ma anche
imitato, per il bene comune, da quelle realtà
cittadine, che non fanno fatica ad accumulare
denaro.
BORRONI
IV (2003), n. 100, p. 18
Fra non molto verrà riaperta al culto la Chiesa
parrocchiale di Sant’Egidio, a Borroni di Foligno,
restaurata, dopo l’inattesa e brutta visita del
terremoto del 1997 – bisogna ogni tanto ricordarne
la data, almeno l’anno, se non il mese, il giorno e
l’ora, perché siamo tutti un po’ scordarecci e i fatti
sbiadiscono col tempo e anche delle persone si
perde pian piano il ricordo -.
Sarà un altro passo di quella trasformazione di
Borron City, come ero solito, scherzando, indicare
quella vasta parrocchia, in cui ho passato ott’anni
della mia vita di prete, da pendolare,assolutamente
in regola con il diritto canonico, non essendo il
luogo munito di praticabile abitazione del parroco,
avendo invece in grande abbondanza locali,
stanzette e altro ancora, per gli scouts, l’Oratorio,
la Sagra e quant’altro la fantasia può elencare,
pensando alla somma di cose, che vi vedevano la
luce e gradualmente crescevano.
Attorno alla Chiesa, nel lato Est, le cose sono
notevolmente mutate.
Soprattutto si nota il grande quartiere – un vero e
proprio Borroni-ter, dopo il Borroni-bis, sorto
verso Corvia -, che proietta il piccolo borgo dei
tempi do don Archimede, verso un futuro
cittadino, con tutte le belle qualità che la nuova
condizione comporta, ma anche con qualche
rischio, sul quale, in questa occasione, non voglio
fermarmi.
118
Sicché Borroni è diventato quello che tanti
sognavano ed altri temevano.
Cosa c’è da augurarsi?
In primo luogo che la passione per il suo bene
cresca e si consolidi, soprattutto nel cuore delle
ragazze e dei ragazzi di un tempo, ora alle prese
con gli studi superiori.
Se essi riusciranno a chiedersi, ogni tanto:”Cosa
faccio per Borroni?”, forse le belle tradizioni non si
dissolveranno, lasciando preoccupanti vuoti.
E poi si spera che i borronari sappiano mettere a
frutto la grande varietà di presenze umane, per
attuare quel dialogo franco, di cui tanto si discute,
capace di portare alla collaborazione, al di là delle
distinzioni culturali e sociali.
Per la formazione morale e religiosa di giovani e
adulti, infine, c’è da augurarsi che l’opera di fratel
Paolo Onori e fratel Agostino Lindo trovi sempre e
ovunque una risposta generosa e impegnata.
Avanti, dunque, Borroni, con entusiasmo, verso
traguardi migliori.
CORVIA… EPPUR SI MUOVE
IV (2003), n. 98, p. 19
Smentendo il vecchio detto: “Corvia: passa e tira
via”, vorrei far capire che le trasformazioni in atto
nella grande periferia di Foligno sono tali, che
davvero non si tratta più di un mucchio di case, ma
di un vero paese, anzi di una grossa fetta della
Città, quando ci si riferisce a Corvia.
La sensazione di questa trasformazione si ha
soprattutto, quando ci si reca nella sua Chiesa, in
occasione di Celebrazioni importanti, che
caratterizzano la vita della Comunità cristiana e
prolungano nel tempo tradizioni antichissime, vera
ricchezza, che le generazioni passate hanno
accumulato per la gente di oggi.
La presenza di ragazzi, giovani e adulti è ben
distribuita, a differenza di altre situazioni, in cui
119
sembra affermarsi l’idea che di certe cose sono
soprattutto gli anziani ad occuparsi e interessarsi.
Anche la cura del luogo sacro è tale, che ogni tanto
si nota qualcosa di nuovo, che lo abbellisce,
inserendosi in una struttura moderna, che
certamente non ha lo splendore e il fascino di certe
basiliche o chiese del passato, ma non sfigura di
fronte ad altri luoghi di culto della Città.
Cosa riserva il futuro a questo paese?
In una zona, che lo unisce a Borroni, ci sono già gli
impianti sportivi, mentre nei locali della
Parrocchia è insidiata la Scuola ed è anche
presente un benemerito Centro di aggregazione,
ma sicuramente il Comune penserà in futuro a
realizzare qualcosa che arricchisca ulteriormente
la zona e la renda appetibile a chi cerca una
sistemazione definitiva.
Solo in questo modo – non c’è dubbio – si favorirà
uno sviluppo umanamente e socialmente prezioso e
il paese crescerà armonicamente in tutti i settori,
principalmente in quello della viabilità, posto
com’è sulla direttrice, che conduce e Montefalco,
che, grazie al carisma di Santa Chiara, sa attirare
tanta gente e realizzare importanti iniziative.
È l’augurio che facciamo a chi ama Corvia e fa
ogni giorno qualcosa per il suo bene.
CHE NE SARÀ DI ROVIGLIETO TRA 20 ANNI
IV (2003), n. 91, p. 19
Chi lo conosce , sa che Roviglieto è un incantevole
frazione, un paesino situato a poco più di settecento
metri sul livello del mare, sulla strada, che da
Sant’Eraclio conduce a Cancelli, dove c’è il famoso
Santuario di San Pietro e San Paolo, puntualmente
raggiunto dai folignati, in occasione della Festa dei
due Apostoli, in giugno, e dagli stessi roviglietani,
che vi sostano nel loro Pellegrinaggio del Lunedì di
Pentecoste, al Santuario della Madonna delle
Grazie di Rasiglia.
Le famiglie del villaggio – un po’ di poesia non fa
male – sono diciannove, così almeno risulta dalla
120
recentissima benedizione delle famiglie, che ho
potuto fare, la Domenica delle Palme, grazie alla
fattiva collaborazione di un piccolo gruppo di
ragazzine e ragazzini.
Il numero delle persone – si è soliti parlare di 32 – è
aumentato da poco di una unità, essendo arrivato
Leonardo a illuminare il cielo del paese, lo scorso
anno abbellito dall’arrivo di Emanuela.
Ma che cosa sarà di Roviglieto in futuro?
Me lo chiedo io, che ora vi svolgo la missione di
Vicario parrocchiale, ma se lo domandano anche
gli abitanti più attenti.
Diventerà la residenza estiva dei folignati, dei
romani e delle persone di altre appartenenze
cittadine, come è avvenuto per qualche altra
località della nostra montagna?
Le tradizioni, le usanze, la vita di relazione, il
lavoro dei campi, oltre che l’allevamento di ovini,
come potranno sufficientemente esprimersi, se lo
spopolamento sarà, se non proprio totale,
comunque allarmante?
La voglia di essere cittadini prevarrà su quella di
appartenere alla Città, anche stando a qualche km
di distanza, ma con la grande opportunità di vivere
in pace, potersi dedicare allo studio, pensare,
godere quell’aria, che tutti ci invidiano?
Quante domande!, dirà qualche lettore.
Ebbene, qualcuno provi a dare almeno una
risposta, perché si possa discutere sul futuro di una
porzione della nostra Chiesa locale – una volta,
giuridicamente, il suo titolo era legato ad un
canonicato della Cattedrale di San Feliciano – e del
nostro Comune, che sta gonfiandosi in modo
eccessivo in zone, una volta tutte orti e campi di
grano.
CERRITELLO E VIONICA, TERRE DI
FRONTIERA
IV (2003), n. 88, p. 18
121
Non è l’unica situazione strana – dal punto di vista
geografico-ecclesiastico -, ma merita di essere
segnalata: Vionica – una frazioncina, martoriata
come tante altre dal terremoto -, da una parte è
della diocesi di Foligno, dall’altra di quella di
Spoleto-Norcia.
Più chiaramente: il parroco di Casenove-RasigliaSerrone-Volperino governa alcune anime, quello di
Verchiano le altre.
Misteri della storia, si dirà.
La la cosa meraviglia ancora di più, se si pensa che
Verchiano – diocesi di Spoleto-Norcia – fa parte del
Comune di Foligno, come sanno bene anche i
cittadini folignati, che d’estate si ricavano lassù a
godersi l’aria buona e a mangiare la carne
migliore, e tanti Scouts.
Ebbene, il miracolo della effettiva, anche se
provvisoria riunione e quindi relativa soppressione
ideale del muro si separazione, è avvenuto nel
giorni in cui il Professore Gianfranco Sebastiani,
assecondando il programma messo in piedi dalle
dinamiche Figlie della Carità, si è recato,
associandomi alla sua missione, prima a Cerritello,
poi proprio a Vionica, dove la gente si era riunita
nella sala della comunità, costruita in piena
emergenza-terremoto.
È stato bello, anche in queste due frazioni, il
momento sacro e, alla fine, la consegna del piccolo
Crocifisso e della Palma, in segno di comunione e
solidarietà con le Suore, inviate dalle loro Madri
Superiore sulla montagna folignate per qualche
giorno, in questo inizio di stagione non proprio
primaverile.
Interessante il discorso del Professore, prima della
Celebrazione, tutto incentrato sulla validità del
bene che si fa agli altri, finché si cammina sulle
strade di questo mondo, sull’esempio di Cristo.
Non c’è, infatti, distinzione che regga: sociale,
politica, culturale, di fronte a questa verità: siamo
tutti uguali, quando facciamo il bene, pagando
magari di persona e senza troppe lamentele, lo
122
sguardo fisso sui valori che contano, restano e
decidono del nostro definitivo futuro.
Coraggio, allora, gente di Cerritello e di Vionica!
Verrà il momento in cui potrete lasciare le casette
di legno e riprendere possesso delle vostre
abitazioni rimesse a nuovo e cariche di storia, fatta
di gioie e purtroppo anche di lacrime!
TRA LA GENTE DI MONTARÒ
IV (2003), n. 85, p. 18
Non pensi il lettore che io stia per trattare di una
località esotica di un’altra parte del mondo; si
tratta, infatti, di una piccolissima fetta di un
piccolo paese montano, Volperino, del quale già ho
avuto modo di parlare.
A Montarò ci sono appena quattro case, ai piedi
dell’agglomerato più ampio, in cui si colloca la
Chiesa, che attende qualcuno che pensi a
sistemarla, in vista di quelle Feste Patronali, che
attirano tanta gente, anche forestiera.
Accanto a questo lembo di terra, si collocano le
nuovissime casette a schiera in muratura, che
ospitano alcune famiglie del posto, cacciate dal
verso indisponente del terremoto, attore principale
di una tragedia, che dura ormai da quasi sei anni.
In una di esse, ho potuto partecipare ad un
incontro di intensa religiosità, favorito dalla
presenza di due Suore dell’Ordine di San Vincenzo
de’ Paoli – le Cappellone, dell’Ospedale di una
volta e dell’Orfanotrofio Femminile: ricordate? -.
Ora, senza quel curioso copricapo, esse continuano,
fuori di Foligno l’opera di bontà e di servizio, che
anche da noi seppero in passato realizzare con
generosità e competenza.
Il loro, a Montarò, è stato un ritorno – lo fanno
ogni tanto -, per continuare a tenere vivo il legame,
che ormai le unisce alla gente della zona CasenoveSerrone-Volperino-Cerritello-Rasiglia – ho
sicuramente lasciato qualche frazione -, dopo che,
nel periodo caldo del terremoto, hanno speso, da
123
quelle parti, un po’ della loro vita a consolare,
aiutare e soccorrere.
Il Sacerdote Gianfranco, Parroco, ha celebrato in
una di quelle casette ben fatte e accoglienti, per
permettere la partecipazione al Sacro Rito della
Signora assistita con cura da una collaboratrice
ucraina, impedita, però, dall’età e dagli acciacchi
di spostarsi, per raggiungere il luogo prefabbricato
destinato alla preghiera.
Una bella esperienza, che attesta come, nonostante
tutto – soprattutto lo sguardo rivolto
costantemente alle abitazioni lesionate, dove si
potrà ritornare solo quando i lavori saranno finiti , si possa vivere con una certa serenità questo
tempo di attesa della Pasqua.
Il potere della fede è anche questo: portare il cuore
e la mente oltre quello che appare e sostenere
nell’incedere incerto, dovuto a mille motivi, chi la
possiede e cerca di viverla con coerenza.
A MORRO SI PENSA AL FUTURO
IV (2003), n. 83, p. 18
Con la mia digitale, tutto avrei potuto fotografare e
poi rivedere al computer, meno che la facciata
della Chiesa Parrocchiale di Morro, il paesino, da
cui si domina, con lo sguardo, uno spazio
sconfinato.
Perché mai?
Per il semplice fatto che non esiste.
Si accede, infatti, nello spazio sacro da una
semplice porta, che immette nella parte centrale
della navata.
Non conosco la storia della sua costruzione e
neppure quella della casa che occupa lo spazio
comunemente adibito ad entrata e che è addossata
alla parte d’ingresso,
Sarebbe interessante ricostruirla: chissà che la
spiegazione non si trovi in una delle tante carte, che
affollano gli scaffali dell’Archivio Storico
Diocesano, a cui sono legato da pochissimi anni!
124
Questa singolare situazione non ne tira comunque
con sé altre: il campanile c’è ed è presentabile, così
pure tutto quello che si può ammirare in una
Chiesa della montagna folignate, c’è o meglio
tornerà ad esserci, quando la ricostruzione sarà
opera compiuta e non soltanto sogno o desiderio.
Per fortuna, qualche altra realtà va ritmo diverso,
più spedito direi.
Basta alzare lo sguardo al Castello – ma si dice
proprio così, amici morresi ? – o girarlo verso altre
direzioni, per vedere le belle pietre di qualche
abitazione rimessa a posto e pronta ad accogliere in
estate i romani, come si dice lassù, in vacanza.
Essi potranno finalmente tornare a godersi, non
solo l’aria e il cibo genuino di Morro, ma anche la
vista di animali, amici dell’uomo, in particolare
della loro mensa, attorno alla quale si ricostruisce,
nel ricordo, il passato, quando Morro era diverso.
Potranno anche rivivere i momenti più belli e
solenni delle Feste religiose, attorno al loro Pastore,
senza complicazione alcuna e soprattutto con
autentica gioia.
RITORNO A VOLPERINO, IN PUNTA DI PIEDI
IV (2003), n. 78, p. 19
Venerdì scorso, ho avuto la bella opportunità di
tornare a Volperino, al seguito del Professore
Gianfranco, recatosi lassù in visita come Pastore e
in ricognizione, come amministratore, dei beni
della Confraternite e e delle cartelle dell’Archivio.
C’ero stato tanti e tanti anni fa, quando ne era
parroco don Pietro Polli, che, a suo tempo, svolse la
mansione di economo del Seminario Vescovile, e
non immaginavo di trovarlo tanto devastato dal
sisma del 1997.
Devastato, ma in via di ripresa lenta e laboriosa.
Quanti anni ci vorranno, per riportare la bella
Chiesa – vi sono degli affreschi degni di grande
attenzione – e le case dei diversi nuclei della
125
frazione – non saprei indicarne, così su due piedi, i
nomi – all’armonia di una volta?
Sicuramente molti ancora, visto che si è abbondato
nel predisporre ponteggi a difesa delle abitazioni,
prevedendo forse le lungaggini burocratiche e le
notevoli spese da affrontare per i lavori di
ricostruzione.
Comunque, la cosa confortante che la gente di
Volperino ha ben chiaro in mente quello che deve
fare.
Un esempio: in una abitazione civile i lavori sono
stati interrotti, per salvaguardare la storia della
stessa, fra le cui mura si possono ammirare i resti
di una chiesetta – l’altare e un affresco di non
trascurabile valore -.
Va anche detto che in loco c’è un vigile cittadino,
che del suo paese conosce tutto e ha intenzione di
aggiungere al primo libro, pubblicato
recentemente, un secondo volume di carattere
storico: un’altra garanzia, questa, per una ripresa
sulla scia della tradizione, rispettosa dei valori
radicati nel cuore delle persone.
Quando arriverà la prossima estate, neppure
quest’anno ci saranno in questa incantevole
frazione folignate le folle di prima del terremoto,
ma qualcuno in più, rispetto al 2002, si vedrà e sarà
il segno confortante della volontà di ricominciare e
di sollecitare anche chi è indeciso a rimboccarsi le
maniche, tirare un sospiro e affrontare con
coraggio la situazione.
Verrà, così, il giorno, in cui il bel campanile
decapitato e maciullato, tornerà ad ospitare le
campane, ora in esilio a Foligno, ed esse ridaranno
gioia, non solo alle persone, ma anche agli animali,
non più abituati ad adattarsi nei comportamenti al
loro suono a tempi fissi – festivi e feriali – e anche
ai loro rintocchi canonici, per annunciare la
partenza di qualcuno da questo mondo.
Volperino, a quel punto, sarà risorto, e una nuova
fase della sua storia prenderà il via, con la
soddisfazione e il plauso di tutti.
126
IL CORO DI BELFIORE-VESCIA
IV (2003), n. 49, p. 18
La celebrazione del Sacramento del Matrimonio
durante l’Eucaristia, è sempre un evento
suggestivo, oltre che commovente e storico per i
protagonisti, le loro famiglie, gli amici e i preti.
Sabato mi è stata offerta l’opportunità di
concelebrare insieme al parroco della sposa, nella
bella Chiesa di un luogo, che sta risorgendo, dopo
la devastazione del terremoto.
Tutto era ancora più suggestivo, perché, ai lati del
presbiterio, sei Carabinieri in alta uniforme
facevano corona agli Sposi – anche lo Sposo,
maresciallo, era in alta uniforme – e ai Celebranti.
La vicinanza dell’Arma alla gente ha trovato, così,
una grande occasione per mostrarsi in tutta la sua
semplicità, spontaneità e verità.
Ma, oltre a questo, ho con piacere notato ce il Rito
è stato accompagnato da canti molto significativi e
e ben eseguiti.
Erano, infatti, al loro posto, con tutti gli strumenti
necessari, ma soprattutto con le loro voci forti e
sicure, le giovani e i giovani del Coro di BelfioreVescia.
Una formazione, questa, che ha avuto modo di
mostrare tutte le sue qualità e la sua bravura anche
in occasione di varie edizioni del Premio di canto
sacro “Simone Soli”, sotto la guida di diversi
maestri, fra i quali mi è gradito ricordare padre
Pasquale Di Ruvo.
Che ne sarebbe di una celebrazione nuziale senza le
melodie sacre?
Per questo, va espressa tutta la gratitudine
possibile a chi coltiva la passione del canto sacro e
cura fin nei minimi particolari la scelta e
l’esecuzione di brani musicali.
La Chiesa di Foligno è ricchissima di queste
esperienze e per questo va lodata anche da chi
127
entra nei luoghi sacri rarissimamente, ma non si
tira indietro quando si celebra un Matrimonio.
E perché, a questo punto, non elogiare quei
parroci, che, avendo dato fiducia ai giovani e alle
ragazze, a distanza di tanti anni, si trovano a
godere dei frutti di un lavoro paziente e forse
anche faticoso?
CONOSCI TE STESSO E NON SOLO
IV (2003), n. 42, p. 19
Parlando, come al solito, domenica alle ore 11, ai
miei trentadue parrocchiani, a Roviglieto, mi è
venuto da dire che sarebbe bello scrivere la storia
di una comunità, di un paese – per Roviglieto non
sarebbe poi difficilissimo -, ricostruendo quella
delle singole persone.
La voglia di conoscere bene gli altri è tanta, per il
fatto che altrettanta è quella di conoscere la
propria
Qualche tempo fa, tentai di proporre, come
passaggio obbligato di un cosiddetto ritiro
spirituale, ricordare a se stessi e mettere per
iscritto i passaggi fondamentali della propria
esistenza.
Avrebbe aiutato le persone a chiarire a se stesse i
punti oscuri del proprio cammino e a prendere
lezioni dagli eventi più o meno – o per nulla –
dipendenti dalla propria volontà.
Certamente ci vuole un po’ di coraggio, perché la
vita non splende sempre e comunque in tutte le sue
tappe.
Non era però da giganti dello spirito o solo da
letterati patentati l’impresa che proponevo.
Allora, chiedersi il perché di un evento, quale
incidenza abbia avuto sul proprio – mettendosi dal
punto di vista del passato – futuro, potrebbe anche
costituire una medicina per sanare le ferite,
alleviare le pene e, perché no?, educarsi ed
educare.
128
Come si fa a passare la vita, senza vederci chiaro,
immersi in una nube di illusione costruita o indotta
da atteggiamenti altrui?
La verità, soprattutto, sempre e dovunque, per sé e
per gli altri.
È la condizione che potrebbe anche far paura,
perché madre di rimpianti, condanne postume,
rivendicazioni fuori del tempo, tutte cose da
evitare, esorcizzare, dopo averle guardate in faccia,
non ad occhi socchiusi, ma ben spalancati.
Conosci te stesso, prima di pretendere di dettare
legge o semplicemente dare un consiglio agli altri,
perché altrimenti rischi di affogare nei si dice, nei
sembra che e prodotti simili di bassa lega, messi sul
mercato della vita e delle umane relazioni dalle
astuzie degli uomini piccoli.
Con distacco, questo, dunque, ma comunque, va
fatto.
La storia, quella celebrata e ufficiale, ne
guadagnerebbe, alla lunga.
LA FRAZIONE DI CERRITELLO: CHI LA
CONOSCE?
IV (2003), n. 1, p. 18
Girare a caso per il territorio del nostro Comune o
della nostra Diocesi, per conoscere quartieri,
parrocchie, zone, frazioni, santuari e case sparse,
con nomi particolari ed anche curiosi?
Bisogna seguire un metodo.
Uno consiste nel rincorrere, per così dire, le Feste
che si celebrano qua e là, con fedeltà assoluta alla
tradizione secolare, se non millenaria.
A me è capitato così, sabato, quando, lasciato il mio
eremo cittadino, ho seguito il Parroco di Cerritello,
impegnato, insieme all’Eremita di Rasiglia, a
rinnovare la manifestazione di devozione al
martire San Sebastiano.
La minuscola frazione è in fase di ricostruzione ed
è caratterizzata ancora da un grappolo di casette di
129
legno, che ormai tutti conosciamo molto bene, per
averle viste a Belfiore, Verchiano e altrove.
Ho potuto, nell’occasione, anche sbirciare in quella
Chiesetta, di cui parlano le Visite Pastorali – cito,
come esempio, quelle di monsignor Giosafat
Battistelli nel XVIII secolo – ora ridotta malamente
dal terremoto e in attesa del restauro, che riporterà
senza dubbio alla primitiva bellezza affreschi
presenti nel luogo di culto.
Vi eravamo andati in processione poco prima, con
la gente del paesino e di quelli limitrofi, pregando il
Rosario per i vivi e per i defunti, per poi ritornare
nel container adibito a Cappella e celebrarvi la
Messa.
È veramente istruttivo fare queste scoperte, anche
perché, poi, al momento religioso segue sempre
quello conviviale, di alto livello per cibi e bevande –
quelli della Città dovrebbero provarlo, almeno una
volta ., durante il quale la gente parla, discute,
racconta e guarda verso il futuro che sarà
soprattutto dei tre ragazzini, che abitano a
Cerritello e vanno a scuola a Casenove e Belfiore.
E i problemi, allora, vengono fuori e anche le
proposte di soluzione, improntate a saggezza e
concretezza.
Che ne sarà – per affrontarne uno solo – delle
casette di legno, quando tutte le persone saranno
tornate nelle loro abitazioni?
Si potrebbe ipotizzare una consegna, per la
custodia, alle stesse famiglie, che le hanno usate
negli anni dell’emergenza?
Oppure, si costituirà una Cooperativa di gestione,
per destinarle ad attività di rilancio della
Montagna?
O, ancora, il Comune le metterà in vendita agli
abitanti del posto?
O saranno altri cittadini, che le acquisteranno, per
farne la loro seconda o terza casa per le vacanze?
La cosa importante è che la gente, che vi ha passato
ore, anzi anni, di trepida attesa e di disagio non
piccolo, non le veda deperire, andare in rovina,
130
magari assaltate dai vandali, come è successo
altrove, in situazioni diverse.
BELFIORE: QUALCOSA SI MUOVE
III (2002), n. 298, p. 18
È vero che quando si parla di Belfiore a chi non
conosce l’Umbria, si rischia di essere fraintesi,
perché c’è chi pensa subito a Colfiorito, ma i
folignati non fanno questo errore.
Sanno benissimo che, per arrivare in quello che era
un paesino accogliente ed anche pittoresco e che
ora è sfregiato, per le conseguenze del terremoto, ci
vogliono solo dieci minuti di macchina.
Sono pure al corrente che la ricostruzione, anche se
a rilento, va avanti, nonostante tutte le difficoltà.
Purtroppo, molte famiglie sono dovute emigrare o
a Scanzano o a San Giovanni Profiamma, quando
non addirittura altrove, e altre sono rifugiate in
quelle casette, che all’aspetto non sono male e
neppure ad andarci dentro e sostarci per un po’.
Ma, come far finta di non capire che tutt’altro è
una casa, una vera casa, come quella lasciata in
fretta e furia cinque anni fa?
Ed allora, avvicinandosi il Natale, viene spontaneo
esprimere a chi abita il piccolo villaggio di legno,
non solo tutta la nostra solidarietà, ma anche
l’augurio di non perdersi d’animo e di saper lottare
con tutte le forze contro ogni forma di stanchezza e
tentazione di resa.
Bisogna resistere e per riuscirci fa anche bene
individuare i piccoli segni di vita autentica e di
volontà decisa a riprendere pian piano il ritmo di
una volta, non proprio frenetico, ma sicuramente
vivace.
Lo devono capire soprattutto i giovani, quelli che
sono rimasti, e i ragazzi, che nelle scuole
Elementare e Media vivono quotidianamente
un’esperienza di comunità di altissimo valore,
insieme al Personale direttivo, docente e nondocente.
131
Anche gli adulti – quelli, a cui, quand’erano
ragazzi, dicevo: Cosa fai per Belfiore? – devono
tenere duro, per non privare Belfiore di momenti
significativi di vita paesana.
Quello che una volta si faceva a Natale o per
l’Epifania, perché non farlo ancora?
Con lo stesso spirito, con la stessa passione, con la
stessa voglia di migliorare sempre di più, come sta
facendo Salire vicinissimo, ormai, al suo
trentaquattresimo anno vita.
La Banda Musicale – oggi si dice: Società
Filarmonica – non potrebbe, proprio per Natale,
attirare l’attenzione di quelli di fuori sul paese, che
è stato la sua culla e dove la sua storia si è dipanata
con passaggi esaltanti, ma anche momenti difficili?
La Banda di Belfiore, non dei paesi, da cui
provengono i suoi membri.
Questo è evidente, anche se non condiviso da tutti.
Per questo, la festa di Santa Cecilia non dovrebbe
cercare luoghi diversi da Belfiore, per una solenne
celebrazione, come da qualche tempo sta
avvenendo!
A ciascuno il suo: o no?
A SCANDOLARO IN CERCA DI
TRANQUILLITA’
III (2002), n. 29, p. 19
Fare il prete, anche dal punto di vista puramente
umano, è una gran bella cosa; permette di
conoscere persone e luoghi i più diversi, tutti con
qualche aspetto interessante, se non unico.
Più di dieci anni fa, lasciata la cura pastorale della
parrocchia di San Nicolò di Belfiore, che fu
affidata dal Vescovo Giovanni Benedetti ai Padri
Somaschi dell’Istituto Miani, ebbi la possibilità di
operare per un breve periodo a Scandolaro, al
tempo di don Sante Cesaretti, parroco di
Cancellara.
Fu una bella scoperta: dalla casa parrocchiale solo
parzialmente abitabile, si godeva una vista unica di
132
Montefalco; con la sua affascinante bellezza, la
Ringhiera dell’Umbria era lì di fronte e richiamava
alla mente, oltre che la figura mirabile di Chiara,
contemporanea, ma tanto diversa dalla nostra
Angela, anche una breve esperienza di
insegnamento alla scuola Media del Preside
foligante professor Pioli.
Non era, quella, la sola veduta bella e attraente;
anche le colline sottostanti, colme di ulivi, la
pianura foligante e tante altre cose comunicavano
tranquillità e invitavano a riflettere e a dare valore
a cose essenziali.
Il cibo semplice, fatto di noci e di pane, diventava
eccezionale e insuperabile.
Ma chi, a Foligno, sceglie ordinariamente di
raggiungere questo piccolo paese, con la sua bella
Chiesa, che, dopo il sisma del 1997, attende, come
tante altre, il restauro, la sua grotta – sì, sotto la
casa parrocchiale corre un lungo cunicolo, che
termina in uno slargo – e le sue stradine piene di
sorprese?
Pochissimi – numerosi sono, invece, quelli che lo
raggiungono per le feste di San Sebastiano; in
quella occasione si fanno, addirittura, tre
processioni -.
Eppure merita di essere frequentato, per gustare la
natura nel suo aspetto migliore e lasciare da parte
ciò che la città dà in abbondanza: confusione,
spreco, chiacchiere, disordine, sgambetti per la
carriera e tanta indifferenza.
Anche la fonte grande è lì e invita a bagnarsi la
fronte e i polsi, se accaldati, e a bere un sorso di
acqua buona.
Questo è Scandolaro, uno dei tanti paesetti alla
periferia di Foligno, che corrono il rischio di
spopolarsi, se interventi efficaci e tempestivi non
assicurano a coloro che vi abitano, i servizi
essenziali e a quelli che vorrebbero andarci a
vivere, attrattive concrete e convincenti.
Da Scandolaro, se si sale, si può arrivare al
Santuario della Madonna del Riparo, curato con
133
tanta attenzione dalla signora Marisa Federici, ma
anche a Roviglieto, un paesino da presepio,
anch’esso ridotto ai minimi termini – una trentina
di residenti -, ma ancora vivo e vitale.
Passare una domenica in questo luoghi,
riscoprendo la bellezza di lasciare tutto – anche il
telefonino, per chi non ha ancora deciso di
disfarsene -, per ritrovare se stessi, è un consiglio
che va dato soprattutto ai giovani, che non
conoscono altro che la Città.
ALCUNE MAESTA’ DEL TERRITORIO DA
SALVARE
III (2002), n. 296, p. 19
Sul nostro territorio sono disseminate decine e
decine di edicole sacre, che siamo abituati ad
indicare con il bel termine, pieno di significato di
Maestà.
Alcune custodiscono delle vere e proprie opere
d’arte: basti pensare a quella di Carpello.
Altre, invece, non sono che piccole costruzioni, in
cui la pietà popolare ha collocato un quadro o una
statuetta, per indicare ed esprimere la propria
devozione.
La maggior parte di esse sono agli incroci delle
strade e lungo sentieri poco frequentati; stanno a
ricordare che la vita dell’uomo non è altro che un
camminare insieme agli altri verso una mèta, che
oltrepassa gli orizzonti terreni,
Ebbene, il terremoto del 1997 non ha avuto
riguardo neppure per queste Maestà.
Al termine di Via Caprera, a Belfiore, ce n’è una,
che molto di frequente attira la mia attenzione;
essa ha bisogno di un intervento strutturale, per
assicurarle la durata nel tempo.
Nella stessa frazione ce ne sono pure in Via Buozzi,
in Via del Molino, a metà del stessa Via Caprera,
vicino alla fonte – che ora non c’è più – e altrove.
Poco oltre Belfiore, a Liè, ce ne sono una vicino alla
Chiesa di Sant’Egidio – ricordo che fu sistemata
134
tanti e tanti anni fa -, un’altra verso Ravignano, un
paesino sfigurato dal sisma, e poi più in là, nel
territorio della parrocchia di Capodacqua.
Salvare queste piccole strutture sacre, significa
mantenere la memoria di una pietà popolare, che
non si è spenta, se qualcuno di tanto in tanto vi
porta i fiori o altre piccole testimonianze di
devozione, quando si avventura per quelle strade,
dove è ancora possibile respirare aria buona e
salutare.
Se, poi, da quel versante, vale a dire dalle falde del
monte di Pale, ci si trasferisce a quello opposto di
Roviglieto, sulla strada che porta Cancelli o,
deviando, al Santuario della Madonna del Riparo,
allora, se ne trovano almeno due di Maestà,
anch’esse degne di attenzione: una all’interno del
simpatico paesino quasi interamente ristrutturato,
l’altra presso i trocchi, luoghi di pecore, agnelli e
montoni, che vanno al pascolo, sotto la guida di
attenti cani e di pazientissimi e saggi pastori.
Chi, tra i politici e gli amministratori, oltre che tra
i cultori dell’arte, dimostrerà sensibilità per la
sistemazione o la ricostruzione di queste piccole
case?
Chiunque lo farà, diventerà benemerito della
nostra cara città di Foligno, che è fatta solo di
Centro storico, ma anche – starei per dire:
soprattutto – di tanti piccoli agglomerati, con una
ricchezza di tradizioni culturali, sociali e religiose,
da far invidia a realtà molto più complesse, ricche
di tutto, anche di quel superfluo, che devia e rovina
anche i rapporti sociali.
Operare per il rilancio della Città solidale e
vivibile, comporta anche il piccolo sforzo di
guardare oltre le mura e, perché no?, innamorarsi
di quanto è vivo e vitale, al di fuori del Centro
storico, come è il citato Roviglieto, con la sua
splendida illuminazione, realizzata non molto
tempo fa dall’Amministrazione Comunale, e con
l’artistica Chiesa, che è stata così ben curata in
passato dal canonico don Mariano Filippini e che
ora attende l’inizio degli interventi di restauro.
135
BELFIORE E IL SUO FUTURO
III (2002), n. 276, p. 19
Nei giorni scorsi la stampa si è occupata di
Belfiore, in relazione alla consegna a famiglie di
terremotati di un certo numero di alloggi, ricavati
dalla ristrutturazione della ex-Cartiera Cruciani.
È emersa anche qua e là la sensazione che ci si sia
dimenticati di questo paese, tanto gravemente
colpito dal terremoto del 1997.
Per questo, vorrei occuparmi della importante
frazione del Comune di Foligno, attorno alla quale
ruotano, almeno dal punto di vista ecclesiastico,
Liè, Ravignano, San Vittore e Acquabianca.
Ultimamente, c?è stato un avvicendamento nella
conduzione della comunità parrocchiale; a padre
Roberto Parrozzani, della Congregazione dei Padri
Somaschi, trasferito a Statte (Taranto), è
subentrato il confratello padre Roberto
Petruzziello, che, oltre ad occuparsi della vita
pastorale della vasta parrocchia, è impegnato a
seguire i lavori di ristrutturazione dell’Istituto
Miani, insieme a fratel Giuseppe Supino, noto a
Foligno per la sua indefessa attività a favore degli
orfani.
Una missione, quella del Parroco, particolarmente
delicata in questo periodo, ma resa meno gravosa
dalla profonda e lunga conoscenza della
popolazione, dopo tanti anni di permanenza, in
periodi diversi a Belfiore, e dalla stima che lo
circonda.
Gli obiettivi da raggiungere, anche se non
nell’immeditato futuro, sono davvero grandi: la
ristrutturazione delle due chiese di San Nicolò e di
Santa Maria Assunta e delle cappelle di Liè,
Ravignano e San Vittore; il terremoto, infatti, non
ha risparmiato che la Cappella di Sant’Anna, che
conserva preziosi affreschi di Pierantonio
Mesastris.
Anche l’ex-Asilo delle Suore, da anni proprietà
della Parrocchia e trasformato in Centro
136
Parrocchiale Giovanile, attende di essere
ristrutturato, perché gravemente compromesso
nelle strutture dall’evento sismico, mentre lo
stabile detto Circoletto, che ospita anche la
redazione del mensile Salire, non avendo subito
gravi danni, potrà più agevolmente essere riportato
alla piena agibilità, dopo la sistemazione della zona
adiacente.
Grandi lavori, dunque, in prospettiva, che vanno
ad aggiungersi a quelli che moltissime famiglie
devono ancora affrontare o stanno già affrontando,
per riportare Belfiore alla vita di una volta, con la
su Scuola Media, le Elementari, la Materna, la
Società Filarmonica e le tante iniziative in campo
religioso, culturale, sportivo, politico e ricreativo.
Basti pensare alla Sagra degli Strongozzi e alla
gara di ciclismo Premio Liberazione.
In merito al mensile Salire, c’è da riconoscere che,
nonostante le difficoltà logistiche, esso prosegue la
sua vita normale e sta per diffondere nelle case il
numero speciale del Calendario 2003.
Attorno ad esso ruota, infatti, un piccolo, ma
dinamico numero di persone, che pensano, non solo
alla sua composizione e distribuzione, ma pure alla
sua immissione, anche se parziale, in Internet,
attraverso il sito www.salire.net; un segno di vita,
questo, che è motivo di speranza per tutti coloro
che vivono e operano a Belfiore o, per motivi
diversi, hanno raggiunto altri paesi.
FESTA A ROVIGLIETO
III (2002), n. 176, p. 19
Domenica 18 agosto, la piccola comunità di
Roviglieto, che fa parte della Parrocchia di San
Silvestro, di Cancellara, celebrerà la Solennità
della Assunzione di Maria Vergine in Cielo.
La Santa Messa sarà celebrata alle ore 10, mentre
nel pomeriggio si terrà la Processione per le vie del
paese.
137
I Sacri Riti si svolgeranno nel locale adiacente alla
chiesa parrocchiale, danneggiata dal terremoto del
1997.
SALIRE
III (2002), n. 176, p. 19
Nella comunità parrocchiale di Santa Maria
Assunta di Belfiore, da più di trent’anni, senza
interruzione, è ripresa la pubblicazione del
periodico Salire.
Il prossimo numero si aprirà con una riflessione
sulla speranza, tema particolarmente delicato, ma
fondamentale, per gente che ha conosciuto le dure
conseguenze del terremoto del 1997 e sta vivendo la
travagliata fase della ricostruzione.
9
RACCONTI BREVI
DA COLLE SAN LORENZO
DI FOLIGNO
II edizione riveduta e corretta, 2011
I edizione, in Il Giornale dell’Umbria, 2002-2003
A Mamma e Papà
1. L’EDERA
IV (2003), n. 21, p. 19.
Quando, l’altro ieri, insieme ad un personaggio
noto anche al pubblico televisivo, per il suo
copricapo dalle larghissime falde, oltre che per la
sua competenza storica, e un esperto di fornelli,
pentole e sughi, ma, a tempo pieno, anche di
tutt’altro, ho percorso per la prima volta un
sentiero di Colle di San Lorenzo, ho visto
strappare, con mani decise, rami di edera
138
verdissima avvinta al fusto di una pianta, che
subiva chissà da quando tale presenza.
Una cosa che mi ha meravigliato, all’inizio, ma poi
ho capito che il parassitismo, bello a vedersi – si
tratta di una allettante composizione: fusto robusto
più edera gentile -, è davvero, non solo odioso nella
sostanza, ma dannoso in senso assoluto.
Per chi lo subisce, infatti, si tratta di perdere, senza
scopo e senza colpa, data quella presenza
snervante, defatigante e devastante, la vita, il
succo, l’anima e qualcos’altro ancora.
Perdere, svilirsi e seccarsi per sempre.
Per chi lo pratica, poi, è la manifestazione della
nullità, trasformata in potenza: cosa ci vuole ad
aggrapparsi e non perdere la presa e aspettarsi
tutto dagli altri, con pretese impossibili, assurde e
farneticanti?
Il parassita non ha nulla da dare – solo l’immagine,
l’apparente splendore e il luccichio senza senso – e
cerca di rubare ogni cosa.
Nel mondo di oggi, questa immagine dell’albero
abbellito, si fa per dire, dall’edera, come una
parete dalla tinta vivace – girate per Foligno e ne
vedrete di belle, con le nuove mode giustificate
dalla ricostruzione! -, potrebbe parlare a quei
giovani, che nulla fanno per diventare autonomi e
dare alla famiglia, alla città e alla chiesa qualcosa,
perché esse crescano, migliorino, diventino sempre
più attraenti, per la sostanza del loro messaggio e
della loro esperienza e non per altri effimeri
motivi, che solo gli allocchi possono apprezzare.
Sfinire la società in ogni sua espressione e
articolazione, succhiando senza posa e senza
ritegno e non restituendo il prezioso liquore che si
ingoia, è l’inizio di un processo degenerativo, che
spaventa chiunque abbia un po’ di sensibilità e
passione per gli altri, prima ancora che per la
propria persona.
2. LE GALLINE
IV (2003), n. 26, p. 19.
139
Il Professore le ha portate da Foligno, in uno
scatola ora abbandonata su un piccolo piazzale, per
collocarle nella nuova abitazione, deserta,
purtroppo, da qualche mese, non per colpa delle
galline.
Le nuove inquiline – uso il femminile, anche se, tra
le sette creature, oltre alle tre ovaiole e alle tre non
ricordo più che cosa, c’è un galletto – sono ancora
spaesate, a distanza di qualche giorno e non
trovano da far meglio che stare rinchiuse, invece di
godersi il bel sole di questa strana fine di gennaio, e
far combriccola, a distanza, con due cagnolini e un
gatto del posto.
Stupide galline, svegliatevi!
Il meglio non è alle vostre spalle o dentro il pollaio,
ma di fronte a voi e fuori del recinto.
Lo capirete, quando il Professore vi aprirà il
cancelletto e beccherete nell’orto inselvatichito, che
attende l’intervento risolutivo d’un milanese, con
cronica nostalgia dell’Umbria.
Allora sarà chiaro anche al vostro piccolo cervello
– ce l’hanno, eccome, il cervello, le galline! – che
l’aria, il sole, l’erba e le piante valgono più del
becchime e che i vermi – che verme ho visto, in
mezzo alla strada asfaltata, nella zona di San
Bartolomeo! Ma lui non ha il cervello, ed allora,
l’ho tirato su in qualche nodo e l’ho ributtato tra
l’erba – sono più gustosi di quella robetta gialla
messa nelle scodelle.
Vi renderete anche conto che, nello spazio verde,
altre creature passeggiano: piccioni, passeri e
simili, in cerca di preda.
Riuscirete, una volta uscite, a fare un patto di
pacifica convivenza con loro?
Non credo!
Non ne siete capaci, con il cervello che avete.
Si tratterebbe, infatti, di ragionare, confrontare,
ipotizzare, concludere e poi riprendere il discorso
daccapo e sentire le opinioni di chi era assente alla
prima riunione, prima d’arrivare alla decisione.
140
Le decisioni, voi non lo sapete, fanno soffrire.
Ed allora, quando arriverà il tempo della libera
uscita, rinunciate pure agli incontri-scontri.
Scorrazzate e beccate e soprattutto producete le
uova, come si deve, per non tirarvi addosso i
rimbrotti del Professore.
E preparatevi a finire – sarà comunque una fine
gloriosa! – nella pentola, per una cena tra amici, in
riunione, per prendere, come si dice, una decisione
sofferta.
3. L’OLEANDRO
IV (2003), n. 28, p. 18.
È incredibile, ma vero: l’oleandro può finire, nella
nostra cara Foligno, in un contenitore destinato
all’olio o al vino e ad altri liquidi.
Nato per stare in zone ampie, senza definiti legami,
ora è lì, costretto a non guardarsi addosso, per non
vedere il vetro, che ricopre e costringe nel suo
abbraccio la terra, che l’alimenta.
Se potesse, direbbe: “Ma dove mi avete ficcato?”.
Ragionando un po’, però, arriva a comprendere
che, in fondo, la terra non gli manca e neppure
l’acqua, tanto meno le cure del giardiniere,
convertitosi a questo stravagante mestiere, soltanto
da pochissimi anni.
Non difetta neppure il sole, che dai monti vicini
sorge e inonda il terrazzo e quanto vi è sopra –
pure una scodella con un po’ d’acqua e biscotti
spezzati vi hanno dimora per gli uccelli residenti
nei paraggi -, generando un po’ d’invidia in chi
non ha questa fortuna.
Ed allora, che vuole questo oleandro, così giovane,
inesperto ed ingenuo?
Cosa pretende, lui che della vita non ha alcuna
esperienza e non può vantare punti di vista di alto
profilo?
Null’altro che conoscere il luogo d’origine, la storia
sua personale, o meglio quella dei suoi antenati,
custodita chissà dove, e poi spiccare il volo – ma le
141
ali, purtroppo, gli mancano -, per radicarsi di
nuovo e cominciare daccapo la vita.
Chi lo può aiutare?
Soltanto chi ha fantasia, è in grado di aprirgli gli
occhi e dirgli che basta sognare, per essere dove si
vuole.
È sufficiente disegnare uno spazio e fissarvi le
immagini care, unite ai propri pensieri e progetti, e
ripercorrere le linee, che legano ciascuna alle altre,
adornando le icone di parole, grida, lacrime ed
anche sorrisi.
Così gli tornerebbe tutto più chiaro.
Non è vero?
4. IL GALLO
IV (2003), n. 40, p. 21.
Questa è la continuazione di un’altra storiella, in
quanto il gallo, di cui qui si tratta, è una di quelle
sette galline – l’errore semantico è straziante, e per
uno che ha insegnato filosofia e si è occupato a
lungo di quella del linguaggio, è soprattutto
umiliante – residenti in un Colle assai celebrato da
chi lo conosce davvero e ne sa cantare le bellezze
uniche e nascoste agli sguardi di quelli che
transitano per la Strada Statale 77 o che, più sotto,
vivono a Belfiore, Vescia e Scanzano.
Ebbene, visto che il cancello – uno dei tre: ma non
esiste a Foligno una tassa per i cancelli? – era stato
semplicemente accostato e considerato che il vento,
ma soprattutto il muso del cane – uno dei due
abituati ad accompagnare il Professore e l’Ospite
nelle loro passeggiate post prandium, alla ricerca
di asparagi, quelli che poi si amalgamano volentieri
con le uova delle bestie suddette -, hanno la
capacità intrinseca di aprire e sbattere qualsiasi
porta, il povero pollo, pardon gallo, si è ritrovato
disteso a terra, colpito non ancora a morte – ma le
cose si erano messe proprio male, per sua mala
ventura -, sotto lo sguardo truce e le zampe
minacciose e graffianti del cane.
142
Per fortuna, il Professore – forse ispirato dal fiuto,
di cui solo lui conosce l’origine e lo spessore –
aveva accolto proprio a quell’ora il Vicino, per
sistemare due piccioncini, prelevati in città dal
solito commerciante di vite… animali, nello stesso
spazio della galline, troppo sole e impaurite e, per
questo, finite in anfratti insicuri, illuse di superare
in quei rifugi i momenti di angoscia, che le rende
simili agli umani.
Da questa normalissima idea – ma quale delle idee,
salvo quelle platoniche, non sono normali, cioè
rispettose della norma di nascere, vivere e
tramontare? – è dipesa la salvezza del gallo, che
non saprà mostrare la sua gratitudine, ma forse, in
momenti di alta coscienza della sua condizione,
qualcosa pur intuirà.
Grazie ai piccioni, ora egli è di nuovo nel pollaio e
forse per lui sarà solo un brutto ricordo l’impari
lotta con i denti del cane e potrà felicemente
continuare – non si sa, però, per quanto, visto che i
programmi del Professore sono ormai stilati e
prevedono non pochi incontri di studio – a
passeggiare per l’orto e a cantare, senza per questo
subire lo sfratto, come è accaduto ad un suo simile
al centro-Città, in un luogo destinato al riposo, allo
studio e… alla preghiera.
Se non ci fosse ogni tanto quanche buona idea,
come sarebbe il mondo?
Un pollaio aperto, in cui tutti i cani credono di
avere il diritto di scorrazzare e impunemente
devastare ogni cosa.
Poveri noi!
5. I PIANTONI
IV (2003), n. 43, p. 18.
Se ti capita fra capo e collo una legnata, cosa fai, se
non urlare e piangere a dirotto?
E se ti tagli, non leggermente, ma sul serio, mentre
stai operando con un arnese affilato, non gridi?
143
Se, però, tu fossi un piantone – lo sai che cosa sono
i piantoni? -, allora sopporteresti ogni cosa,
qualsiasi dura operazione, ogni intervento di
chirurgia plastica e non.
Proprio in questi giorni puoi verificarlo, se
percorri la strada, che da Sant’Eraclio conduce a
Roviglieto, oppure se vai a Belfiore – non è mica
molto lontano, a meno che, sbagliando, arrivi a
Colfiorito – e poi, voltando a sinistra, ti inerpichi,
in macchina o a piedi, verso Liè.
Piantoni tagliati, scarnificati, amputati e rasati,
come se si trattasse di alberi, votati alla moda
imperante di lasciar passare sulla testa il rasoio e
permettere al parrucchiere provetto di modellare,
tra la selva dei capelli, un disegno o una sigla.
Non si lagnano i piantoni, non stridono i loro rami,
le foglie non versano lacrime amare e neppure
sussurrano strani lamenti.
Subiscono e basta.
O meglio, accettano il doloroso e radicale
intervento, pensando ai frutti dell’altra stagione,
non proprio abbondanti.
Vorrebbero anch’essi portarne a bizzeffe, senza
subire apparenti angherie e disumani tormenti.
Addirittura, sarebbero tentati di ribellarsi alla
mano violenta – una violenza d’amore, è chiaro, in
vista del loro avvenire – e adagiarsi, assopirsi e
dormire, per poi risvegliarsi, carichi di olive
attraenti, bruciando tempi, regole, passaggi
obbligati, naturali, ma scomodi.
Invece, i piantoni resistono e vanno imperterriti
avanti, accettando la mano pesante – e quanto! –
del potatore diventato maestro chissà come, anzi, si
sa come: per caso e passione, con meraviglia e
sorpresa di tutti gli esperti, increduli e ironici al
principio, ma poi, pentiti, anch’essi apprendisti del
metodo nuovo.
Vogliamo scommettere che anche questa storiella
ha qualcosa da dire alle donne e agli uomini
d’oggi?
144
6. LE LUMACHE
IV (2003), n. 51, p. 19.
È deciso: lunedì sera – l’ora precisa non si conosce,
visto che la sera comincia in momenti diversi qua e
là nel folignate -, le lumache, che l’altro giorno ho
visto ben sistemate in due contenitori da pescatore,
sospesi a non so più che cosa, in un vano di sbroglio
di una casa di Colle, friggeranno, vale a dire
daranno l’ultimo saluto alla vita, per soddisfare
palati ben educati ai sapori.
Povere lumache!
Speravano di farla franca, nonostante la cattura e
l’internamento.
Tornare in libertà tra le erbe e le erbette, magari ai
piedi di un ulivo, era la loro idea fissa, da quando
una mano esperta le aveva scovate, preparandosi la
strada con un bastone e mormorando: “Meglio
oggi una piccola per me, che domani una grossa
per gli altri”, e le aveva messe nel secchio – ma, a
lumache, si va proprio con questo aggeggio ? -.
Un sogno impossibile, visto che loro, le lumache,
esistono, per nutrire, oltre che nutrirsi.
Non c’è posizione culturale che tenga, almeno da
noi: esse non sono persone e quindi non è
scandaloso gustarle nella forma primitiva di
cottuira sui carboni, oppure sulla stufa a gas o a
legna, adagiate in tegami ben levigati e oliati e
contornate da cosine, che gli esperti di cucina
hanno da tempo selezionato e conservato per
l’occasione.
È vero che al mondo c’è chi non le mangia.
Quelli di Spoleto, per esempio – e dire che, fra
qualche anno, saremo insieme all’ombra della
stessa, nuova Provincia ! -.
Ma è altrettanto assodato che noi folignati –
anch’io, cannarese e in parte spellano, ormai lo
sono per acquisizione – siamo soliti dire : “Mejo
‘na lumaca che ‘na sargiccia”.
E allora, avanti, prepariamoci al banchetto, dopo
aver chiesto scusa, da persone educate, alle
145
lumache, e aver fatto scorta, oltre che di stecchini,
per stanarle dal guscio, anche di salviette, per non
lasciare i segni della mangiata.
Fatto questo, però, torniamo alle cose serie e
risolviamo i veri problemi delle donne e degli
uomini d’oggi, con saggezza, lungimiranza e
soprattutto altruismo, magari cantando, come
facevamo da ragazzi: “Le lumache e i lumaconi
friggeranno sui carboni”, con quel che segue.
7. GALLO II
IV (2003), n. 59, p. 18.
E il gallo che, non molto tempo fa, fu aggredito da
un cane, a pochi giorni dalla presa di possesso del
pollaio e dell’orto adiacente, di proprietà del
Professore, dove è finito?
È morto, purtroppo – ridotto com’era in
condizioni, se non proprio disperate, certamente
preoccupanti -, nonostante le speranze – sempre
dure a morire – del Proprietario.
Ma che pollaio sarebbe – ha egli pensato – senza il
Principe-gallo?
Provvedere tempestivamente alla sostituzione –
non che un secondo gallo fosse in panchina, a
disposizione dell’allenatore: questo avviene in
altro, diversissimo settore della vita non-animale,
che spesso scade a comportamenti non-umani, e
per questo non solo ridicoli, ma veramente folli,
causa di fatti da codice penale, patrie galere e
lunga rieducazione in riformatori da ricostruire
appositamente e con urgenza e da affidare a
educatori altamente specializzati -, era un
imperativo assoluto.
Non era in panchina, ma dal rivenditore di galline.
Il Professore che ha fatto?
Nient’altro che tirar fuori il portafoglio e passare il
prezzo, per averne un altro più grintoso del primo
e soprattutto più fortunato e capace di tenere testa
ad un eventuale secondo cane, irrispettoso dei
confini e degli spazi vitali accuratamente
146
predisposti per animali non da salotto, a cui la
natura ha assegnato il dovere di preparare cibo per
gli uomini.
L’ingresso in campo è stato problematico.
Le galline non lo gradivano, peggio lo beccavano.
Becca e ribecca, cosa sarebbe rimasto del manto
del gallo?
Il Professore, per questo, ha pensato di metterlo in
provvisorio isolamento, non perché fosse affetto da
male contagioso, ma per risparmiargli punture e
maltrattamenti, che avrebbero ferito piuttosto che
il fisico, la psiche del Principe.
È servita la cosa!
Per questo, venuto il momento – a insindacabile
giudizio del Professore -, ha preso in tutto e per
tutto lo spazio per breve tempo occupato dal
predecessore.
È qualche giorno che io non lo vedo.
Appena potrò, andrò a trovarlo, per rendermi
conto, se svolge con cura il suo compito, prendere
nota della sua condotta ed eventualmente fare
tesoro del suo esempio.
E basta!
Io, semplice Ospite, infatti, non posso dir nulla di
utile al gallo.
Il Professore me l’ha proibito.
8. CAROTA
IV (2003), n. 63, p. 19.
Prova a ricordare.
Quel giorno, dopo corse, file e veloci fughe
strategiche, per vicoli e vicoletti, per non perdere
tempo ed assolvere tutti i piccoli compiti annotati
con cura su un foglietto, avevi i nervi tesi e non
sapevi come calmarti, finché ti venne l’idea di
prendere in mano un temperino e scuoiare un bel
ramo, per arrivare fino alla parte dura del legno,
bianca e levigata, come fosse di ghiaccio.
147
La tensione si è pian piano risolta, per fortuna tua
e di quelli che ti vivono accanto, per amore o
dovere, e quasi avresti voluto continuare
quell’esercizio, fisicamente non impegnativo e a
livello psichico assai distensivo, se non ci fosse stato
qualcos’altro di impellente e importante da fare.
La terapia del bastone è una buona soluzione per
uno dei problemi più diffusi nel mondo di oggi e di
tale capacità di contagio, che, se per caso ti trovi
accanto a chi ne è affetto, rischi davvero brutto:
comincerai a vibrare come lui, collocato ormai
sulla stessa lunghezza d’onda e inconsapevolmente
trascinato nella sua sfera d’azione pervasiva
quanto quella del sole.
Riuscire, infatti, a tagliare, strappare, levigare,
aggiustare e cose simili, badando a non andare
fuori pista e offendere la mano che regge il bastone
– in particolare l’indice emergente, protagonista
della presa col pollice -, è già un risultato, da
fissare sul notes a portata di mano, quello della
mente, che, seppur agitata, ancora riesce ad
accorgersi che bisogna starci col capo, quando si
manovra una lama, pur striminzita.
La calma si riconquista così, gradualmente,
checché ne dicano quelli che non l’hanno mai
sperimentato e che ostinatamente sostengono che è
vero soltanto quello che provano loro, in condizioni
e circostanze tanto diverse da quelle, in cui tu ti sei
venuto a trovare, d’un colpo.
Alla fine, meriteresti la famosa carota, a premio di
tanta pazienza ed impegno, per riportare il sistema
nervoso alla giusta tonalità e armonia, ma di essa è
meglio privarsi, per non scadere ad animali
inferiori, che abbisognano di zuccherini e carote
come ricompensa di gesti imparati a memoria, o
meglio assimilati, a forza di ripeterli, su ordine di
un padrone, simpatico quanto si vuole, ma sempre
padrone, preoccupato soltanto di far eseguire al
povero alunno-animale, con la perfezione, che a lui
sembra più alta, solo quello che ha in mente e non
altro.
Meglio privarsene, dunque!
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9. PASSERI
IV (2003), n. 3, p. 19.
Ho da poco collocato in un bel recipiente due
biscotti fatti in briciole per i passeri, che abitano in
stanze ricavate con intelligenza nei meandri degli
alberi vicini al mio appartamentino.
Che li mangino, anzi li divorino, non lo so soltanto
io, ma cominciano a saperlo anche altri – le buone
notizie si dffondono ancora, per fortuna! -.
È così che, in qualche modo mi sento a posto con la
coscienza nei confronti degli animali, che non
possiedo e non curo in casa, come fanno tanti altri
con cani, gatti e uccelli di razze pregiate.
Non che non abbia anch’io nella mia vita avuto
degli animali.
Ricordo il mio povero cane, quand’ero a Belfiore,
che, ad un certo punto, si ammalò e nulla si poté
fare, per dargli la possibilità di arrivare alla morte
naturale, e il gattino, che, in Viale Ferdinando
Innamorati, non trovò, un giorno, la solita
accoglienza e spirò – povero lui! -, senza essersi
troppo preparato al momento finale.
Ma ora non voglio più animali in casa; mi
darebbero troppo da fare e poi sicuramente li
scontenterei in qualcosa, esigenti come sono.
La soluzione di governare gli uccelli, stanziali o di
passaggio, sul davanzale della finestra verso il
terrazzo, mi sembra, per questo, la migliore
possibile.
Che poi loro, senza tante premure per la pulizia,
lascino segni di vario colore, in nessun modo
attraenti, è naturale.
Debbono pur fare capire che sono passati, che
hanno gradito il pasto signorile e che sono anche
capaci di dare un po’ di fastidio.
Nei limiti, però, della sopportabilità: un po’
d’acqua e uno spazzolone e tutto torna come prima
sulle mattonelle.
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Bravi passerotti, venite a beccare i biscotti nel
rosso contenitore, destinato a tutt’altro nelle
intenzioni di chi un giorno lo acquistò.
Tornate, ma siate gentili e non fuggite, quando
avvertite la mia presenza, e fate in modo che io vi
possa almeno osservare, quando beccate.
Datemi questa soddisfazione!
10. PICCIONI
IV (2003), n. 79, p. 19
Che ne è dei due piccioni, che il Vicino ha donato al
Professore?
Si deve riconoscere che il mondo animale delude di
rado.
Anch’essi, infatti, hanno figliato e portato
all’esistenza due piccioncini, che ancora per poco
stanno ben protetti l’uno accanto all’altro, un po’
impauriti, nelle casette, con un destino segnato:
finire sui piatti di qualcuno – due piccioni non sono
granché, ma in quattro si riesce a gustarne
sufficientemente il sapore, ammesso che il cuoco
conosca tutti i segreti del caso: ingredienti da usare
per insaporirli, di che riempirli, come cuocerli e
servirli -.
“Poveri animali!”, dirà qualcuno – speriamo che
non si tratti di un ambientalista accanito e neppure
di un oppositore di chi si ciba di carni animali,
vegetariano di razza -.
Io non arrivo a tanto.
Ma un po’ di compassione per loro la provo,
avendoli immaginati prima e poi visti, così indifesi
nella loro cuccetta, lontani dagli sguardi indiscreti
di chi passa da quelle parti – è vero che stanno in
Periferia, ma è pur sempre un luogo abitato e chi
sbircia qua e là, c’è dappertutto -.
Verrebbe la voglia – chi lo nega? – di lasciarli
sopravvivere fino allo scadere naturale del tempo
loro assegnato – quanto camperebbe un piccione,
se non gli si facesse la festa? -.
150
Ma poi ci si troverebbe come in Città, dove i
piccioni svolazzano come e quanto vogliono e
sporcano pure, tanto che se ne sono inventate, con
scarso successo, chissà quante di strategie, per
allontanarli o addirittura eliminarli in modo
indolore, ma loro continuano a vivere indisturbati,
nascosti in irraggiungibili anfratti.
E la Periferia perderebbe la sua tipica fisionomia,
sognata e agognata da chi è sommerso da rumori e
odori non proprio piacevoli, con grave
sbandamento di chi studia questo genere di cose e
con danno incalcolabile per i ritmi e le fasi della
vita animale e vegetale.
Allora, pazienza per i piccioncini e “Buon
appetito!” ai quattro fortunati invitati, oltre che a
auguri alla coppia, che siamo sicuri non deluderà le
attese, rispettando puntualmente i ritmi di cui
sopra.
11. GIGLI E TACCHINI
IV (2003), n. 8, p. 18.
Ma guarda come vanno le cose!
Cespuglietti di gigli campestri, che finiscono su un
terrazzo cittadino, e tacchini, che facevano bella
mostra di sé in un negozio urbano, che emigrano
per sempre in un pollaio – dovrei dire tacchinaio?
– di Periferia.
Ma la vita è fatta così.
Non si può decidere sempre dove stare, dove
andare, dove stabilirsi o dove semplicemente
passare il fine-settimana.
Altri lo fanno – chiamati a questo compito – per
noi e noi non possiamo mica dire “No!”.
Sarebbe scorretto e soprattutto foriero di beghe
infinite.
Allora, un plauso all’appassionato coltivatore
diretto di fiori di terza categoria, che, mettendo a
frutto un’arte imparata così e così, attraverso
errori, oltre che tentativi, per la sua volontà di
piazzare un fazzoletto di campagna-collina-
151
montagna al secondo piano di una costruzione, di
cui il cemento armato è l’anima dura e i mattoni a
vista la veste simpatica e solida.
Altrettanto all’infaticabile Professore, che si
intende di animali, quelli che finiscono sui piatti
della sua mensa, per la fermezza con cui si oppone
a chi vorrebbe tornare in Città, per fare il mestiere
di farsi vedere.
Non possono, non devono neppure sognarlo, i
tacchini, perché ormai la terra collinare, con l’erba
e il mangime, che all’ora stabilita vengono sparsi
con cura, è la loro definitiva dimora – si fa per
dire, se si pensa alla mensa predetta, con stoviglie e
bevande e quant’altro necessita per un pranzo o
una cena – e il terreno non elegante, su cui le loro
zampette si muovono agilmente, insieme a quelle
delle galline, del gallo e dei piccioni, è il sito ultimo
a loro assegnato.
Una famiglia abbastanza assortita, quella appena
descritta, ma non proprio ingestibile.
Chissà, però, che non arrivi qualche altro animale,
capace di mettere in difficoltà quelli già residenti e
felicemente conviventi e creare subbuglio!
A quel punto, si presenterebbe l’impellente
necessità di stilare un regolamento, con orari
precisi, regole fisse e sanzioni ben calibrate, per
tutelare la pace animale.
E la nomina di una commissione di esperti sarebbe
inevitabile.
12. OLEANDRO DUE
IV (2003), n. 90, p. 19.
Continua qui la storia dell’oleandro – conosco
anche un’altra pianta, di nome aralia, ma di essa
più in là – trapiantato in una damigiana da un
inespertissmo giardiniere da strapazzo, che aveva
quasi affogato le incolpevoli radici in terra troppo
bagnata e quindi inadatta.
Non è la conclusione, perché può darsi che
l’arboscello riprenda vigore, ora che si trova in una
152
coccia – non arriccino il naso i puristi, che ci sono
anche a Cupigliolo – e guarda al proprio futuro
con l’aria apparentemente serena: ma non lo sarà
un po’ troppo, nel senso che ormai la morte è
arrivata e lui s’è proprio seccato?
Ora il giardiniere sta facendo il possibile, per
distribuire in vasi normali il materiale umidissimo
e riportare il contenitore alla sua primitiva
funzione: non che ci versi di nuovo dell’olio d’oliva,
oppure lo destini al vino che inebria, ma per
l’acqua sarà utilizzato, come riserva per la
stagione, in cui se ne sentirà particolarmente
bisogno.
L’oleandro stia dunque al suo posto e la damigiana
faccia il suo mestiere, anche se ora si trova più in
alto di prima: dal garage al terrazzo, che ascesa!
Le ha dato alla testa, può darsi, e le ha fatto
scambiare il passaggio da un luogo ad un altro
come transito da una ed un’altra natura.
Non è così e non può essere, nonostante le
stravaganze del giardiniere.
Il quale deve avere pazienza, se tutte le ciambelle
non gli riescono come si deve: è la vita e la storia di
chi vuol fare – non strafare – qualcosa.
Le scuse all’oleandro?
Ma, certo, e alla damigiana, tanto non costano
nulla, mentre pesano quelle che si devono a chi non
è stato trattato con stile elegante da noi.
13. CIPOLLE
IV (2003), n. 99, p. 18.
Dal sacchetto delle cipolle del Professore, esperto
botanico, sono uscite, per sua gentile e generosa
attenzione nei confronti di me, cher aspiro a
diventare giardiniere-ortolano, piccoli esserini,
destinati a entrare nei vasi allineati sul terrazzo del
mio appartamento cittadino in affitto, in Via Fiume
Nera.
Anche un esemplare più grosso, in verità, ha preso
la strada che da Colle conduce alla Periferia, per
153
finire sotto terra con il bulbo e l’incipiente
capigliatura ben fuori, all’aria, al sole e alla
pioggia.
Ora che il tempaccio sembra finito, le prime
cominciano a mostrarsi al mio sguardo e l’ultima
cresce che è un piacere nel suo addobbo verdastro.
Ma si tratta sempre di cipolline, che diventeranno
cipolle al tempo opportuno, per assicurare un tono
speciale e riconoscibile anche a distanza – non
certo con la forza dell’aglio – a qualsiasi cosa si
voglia cucinare e mangiare.
Un bel frutto, la cipolla, soprattutto agli occhi di
chi si vanta di provenire da quella terra che si
chiama Cannara, che sembra non avere poi tanta
fama – schiacciata com’è tra le sorelle maggiori,
più celebrate e corteggiate: Assisi, Foligno e anche
Bevagna -.
Pretendere, però, che, nascosta in terra e irrorata
con abbondanza di acqua, si trasformi, non si sa
per quale artificio, e si mostri in abiti diversi
all’esterno, è proprio impossibile, assurdo.
Essere quello che si è, sempre e dovunque, senza
camuffamenti carnevaleschi, è un dovere di tutti; lo
dico espressamente, per evitare che si pensi che,
con questa ingenua storiella, abbia inteso dire
chissà quale altra cosa.
14. ASPARAGI
IV (2003), n. 101, p. 18.
Una frittata – le uova sono rigorosamente quelle
prodotte da galline di Periferia, senza grilli per la
testa, come li hanno le cittadine, vanitose e
pettegole – arricchita da asparagi, scovati con
perizia e furbizia, correndo anche il rischio di far
capitomboli giù per le ripe, è una cosa che pochi
possono conoscere nella sua intrinseca bontà e
bellezza – il giallo, il bianco e il verde si
armonizzano che è un piacere per gli occhi, nella
padella! -.
Chiunquue, però, in teoria, potrebbe
permettersela, almeno una volta nella vita, a
154
condizione che si fornisca di un bastone appuntito
– o meglio, con la punta di acciaio o di ferro -,
idoneo a fare rumore tra le asparagine e quindi
imperioso nel dire alle vipere, che potrebbero
beatamente esservisi annidate, per il riposo
giornaliero o una vacanza prolungata, di
andarsene, almeno per un po’.
Oltre al bastone, ci vuole un buon occhio, anzi due,
o quattro, se si considerano gli occhiali – non è raro
che si definisca uno “quattr’occhi”, per il semplice,
innocente fatto che inforca tale curioso strumento,
anch’esso diventato, con il tempo, aggeggio per
nascondere o correggere o evidenziare; la moda se
ne è impadronita e lo fa vendere con le motivazioni
o scuse più varie -.
Va comunque, anzitutto, compreso – ci vuole una
lezione di teoria, prima di avventurarsi per boschi
e uliveti, in collina o sui monti – che l’asparago non
è detto che sia verde.
Può essere di un colore tra il marrone e il rossoscuro e, per questo, confondersi con altre realtà
non commestibili, capaci, però, anch’esse di
attirare gli occhi del turista per caso in cerca di
asparagi.
L’apprendista abbia pazienza.
Ci vogliono almeno due uscite come esercizio, per
vedere, provare ed emettere un gridolino di
soddisfazione, allorché un incauto asparago – è
piccolino, ma: “Meglio piccolo per me, che grosso
per gli altri!” -, sbucato in una zona
apparentemente inadatta, entra in scena in tutta la
sua innocenza e si lascia strappare, o meglio
spezzare, per finire nel sacchetto di plastica, con
l’insegna di un negozio chic cittadino di frutta e
verdura.
Verrà, comunque, il momento in cui l’allievo
supererà, come avviene in ogni altro campo, il
maestro, il quale, a quel punto, proverà un
pentimento istintivo, per avergli svelato troppi
segreti, visto che di asparagi lui stranamente ne
trova più pochi.
155
Prudenza, quindi, e giudizio nell’insegnare e
nell’addestrare qualcuno in qualsiasi arte.
15. RIFIUTATA
IV (2003), n. 127, p. 19.
Doveva fare fiori belli e attraenti e, da quando è
stata piantata, ne avesse fatto uno!
La decisione del padrone di casa è stata dunque
drastica: liberare il giardino dalla inutile presenza
di quella sterile pianta.
Per fortuna, mi sono trovato sul posto durante
l’operazione di rifiuto e ho chiesto e ottenuto di
poterla portare a casa, dopo che mano gentili
l’avessero ben sistemata in un vaso.
È iniziata così, in un’altra zona della Periferia, la
seconda fase della storia di una pianticella, ora un
po’ ridimensionata nella stazza dagli interventi di
potatura, un po’ troppo radicale, ma, mi si dice,
necessaria.
La speranza non è certamente che faccia quei fiori
particolarmente graditi alla vista – se avvenisse, si
dovrebbe gridare al prodigio della Natura -, ma
almeno che cresca e faccia a me quell’ombra, che
tanto desidero, quando il sole d’estate non è
gradito, come lo è, quando s’affaccia in primavera,
al suo sorgere, da dietro il monte di Sassovivo.
Così anch’essa, destinata a insecchire in un angolo
dell’orto, per poi finire nel fuoco, potrà essere di
qualche utilità e vincere la scommessa della
sopravvivenza.
Se anche tra gli esseri umani si desse a chiunque
una seconda opportunità, dopo un brutto
fallimento o un insuccesso cocente – chissà? -, la
società sarebbe migliore, più accogliente,
addirittura piacevole.
Il fatto è che la fretta domina tutti e il tutto e
subito, o giù di lì, è la regola-madre di ogni
comportamento, e perfino l’agire di chi dovrebbe,
per vocazione, educare, come i genitori, i maestri e
tutti gli altri operatori sociali, ne risente, con le
156
conseguenze che si possono immaginare e le brutte
code, che allungano la loro ombra sulle vicende
delle persone.
Ridare fiducia e speranza: un bel compito, che, se
assolto come si deve, meriterebbe la lode.
10
SALIRE,
MENSILE DI BELFIORE
DI FOLIGNO
Antologia da “Salire”, mensile di Belfiore di
Foligno (Perugia)
Prima parte
PARLAR CHIARO, PARLAR CRISTIANO
Prima Serie
ANGELA
Riservo il primo posto ad una grande mistica –
Angela da Foligno -, anche perché ha sperimentato
in modo mirabile la comunione profonda e intima
con il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.
Non ha certamente raggiunto questa mèta con le
sue sole forze; si è trattato di un grande dono, che
lei ha accolto e custodito fedelmente, dopo essersi
preparata – come viene ben documentato nel suo
“Libro” – con una conversione continua e radicale,
sull’esempio di san Francesco d’Assisi,diventando
povera di cose, di persone e di sé.
Perché escludere che anche per ciascuno di noi la
strada della familiarità con Dio è aperta e
percorribile?
Perché non pensare più intensamente alla presenza
157
di Dio in noi, dal giorno del Battesimo?
Perché non intrattenere un dialogo personale con
le tre Persone Divine?
Angela ci dia una mano.
BENEDIZIONE
Alla mia richiesta: “Benedizione!”, mia mamma
rispondeva, alla fine della giornata: “Dio ti
benedica”, comunicandomi un dono affidatole dal
Signore.
Egli, infatti, si serve di noi, per assicurare chi ci sta
intorno, che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo ci
vogliono bene, desiderano il nostro bene, effondono
il vero bene nella nostra vita, fatta di gioie e dolori,
speranze e delusioni, successi e sconfitte.
Ricevere, dunque, la benedizione di Dio, attraverso
i genitori, o un sacerdote, o una persona amica e
ricambiarla generosamente, dal profondo del
cuore, può aiutare a tenere alto il tono del nostro
cammino spirituale, a cancellare paure e amarezze
e ad aprire orizzonti nuovi.
Proviamo!
CORAGGIO
Confesso che, quando pronuncio “coraggio” che ho
scelto come titolo, mi torna spesso alla mente il
tono, con cui, in una particolare circostanza, la
pronunciò Papa Giovanni Paolo I, che servì la
Chiesa per brevissimo tempo.
Un tono … incoraggiante!
Da qui, però, non è il tono, che può prendere il
volo, ma la sostanza, che mi sembra essere questa:
non ci si deve mai perdere d’animo, per un
semplice fatto: Dio non ci abbandona mai.
Anche quando ci sembra il contrario, dobbiamo
ripetere a noi stessi: “Dio è vicino”.
L’effetto desiderato – rianimarsi, ritrovare una
buona dose di entusiasmo, recuperare una carica
interiore sufficiente -, non si farà attendere molto.
Coraggio!
158
DONO
È vero che oggi si preferiscono parole come:
regalo, presente, pensiero, ma il termine dono è
molto, molto più significativo, anche e soprattutto
perché si può applicare a ciascuna persona, che è
essenzialmente un dono di Dio alla famiglia umana.
Ma qui vorrei sottolineare un aspetto un po’
dimenticato: noi possiamo diventare un dono per il
Signore.
Mi spiego: noi, suo dono, possiamo restituirci a
Dio, riconsegnarci a lui, giorno dopo giorno, in una
gara di generosità con noi stessi, per essere, alla
fine, tutti di Dio.
Sto vaneggiando?
ESPERIENZA
Sono solito distinguere, quando scrivo sulla beata
Angela, tra dottrina e esperienza.
Due cose diverse, che, però, in lei erano in
profonda armonia.
Quello che insegnava ai suoi figli spirituali – e oggi
a chi legge il suo Libro – era strettamente collegato
a quello che aveva personalmente sperimentato.
Non avviene sempre così, purtroppo.
E, per questo, ci vuole pazienza.
C’è da augurarsi, però, che sempre più si
avvicinino, in chiunque parla o scrive, il sapere e il
vivere.
È molto più convincente, infatti, la parola di chi
dice qualcosa, perché l’ha vissuta intensamente,
rispetto a quella di chi ha solo studiato.
Perché non chiedere a Gesù, Maestro e Modello
insuperabile, di sapere e sperimentare quello che
lui vuole da noi?
FELICITÀ
Non sono i soldi a renderci felici.
Molti, però, lo pensano e lo dicono.
Non è il successo a darci la felicità.
Molti, però, lo credono e lo predicano.
159
Non sono i titoli la base della nostra felicità.
Molti, però, li ritengono un buon punto di
partenza, per raggiungerla.
Sono le cose semplici, fatte con amore e per amore,
a dare al nostro cuore assetato di beatitudine, un
po’ di sollievo.
Resterà, sempre, però, un grande vuoto.
Saremo pieni di felicità solo alla fine – e per noi la
fine non è la morte, ma la risurrezione -, in Dio.
GRAZIA
Quando il Signore – il Padre, il Figlio e lo Spirito
Santo – decide di intervenire nella vita dell’uomo –
di tutti gli uomini, nessuno escluso -, lo fa per puro
amore.
Gratuitamente.
Lo muove la passione, che egli ha per le sue figlie e
i suoi figli, che desidera salvi, felici, santi, buoni.
Si comprende, così, quanto sia smisurata e mirabile
l’abbondanza dei suoi doni naturali e spirituali,
per facilitare ad ogni donna e ad ogni uomo il
cammino dell’esistenza.
Perché non sostare un poco a riconoscerli, per farli
poi fruttificare per il bene di tutti?
INTENZIONE
Quando ci accingiamo a fare un’azione –
soprattutto una di quelle che contano molto,
importanti per il nostro futuro -, noi riflettiamo,
pensiamo, esercitiamo al meglio le nostre capacità
di intelligenza.
Costruiamo l’intenzione, che ci guiderà nell’agire.
È una fase della nostra esperienza umana, molto
delicata.
Se, infatti, l’intenzione è buona – e lo deve essere,
se vogliamo piacere a Dio -, si vedranno i buoni
frutti.
Se è cattiva, genererà una serie di comportamenti
cattivi, con conseguenze negative sulla nostra vita e
su quella degli altri.
E se, nonostante la buona intenzione, qualcosa non
160
andrà per il verso giusto?
Pazienza!
Non ci mancherà il modo di fare, con serena
coscienza e soprattutto con umiltà, un bell’atto di
riparazione.
LIBERTÀ
Di fronte alla possibilità di fare il male, ti senti
libero di fuggire, di rifiutare l’attrazione del
peccato?
Oppure …
E se è il bene ad esercitare su di te il suo fascino –
in misura più o meno grande -, cosa fai?
La vera libertà – sappilo e ricordalo – non consiste
nel fare ciò che ti pare e ti piace, al di là e al di
sopra di ogni regola morale.
No, no!
Essa è autentica, quando riempi il suo spazio con
atti di vero amore per Dio e per il prossimo, non
quando si pasce di egoismo sfrenato.
Libera da tanti condizionamenti, libera per
testimoniare il Bene, deve essere ogni persona.
MEMORIA
Ogni cristiano ha alle spalle una sua storia
personale, nella quale si incontrano altre storie, che
a loro volta rimandano a storie più lontane.
La fede di ciascuno entra in questa trama, che va
conosciuta e esaminata nei suoi passaggi
fondamentali.
Altrimenti, ci si sentirebbe un po’ fuori del tempo e
dello spazio.
Delle persone, alle quali dobbiamo qualcosa di
quello che costituisce il nostro bagaglio umano –
culturale e spirituale -, si deve fare memoria.
Anche degli eventi va fatta memoria, con spirito
sereno, senza astio nel cuore, se quelli negativi
scottano ancora.
Di quelli felici e carichi di bontà, gioia e speranza,
si deve fare un punto di partenza, per rendere
gloria e lode al Signore.
161
Il nostro presente ne trarrà un beneficio sicuro e
duraturo.
NOVITÀ
Intendo, non una qualsiasi novità, ma quella della
vita.
È, infatti, una vita nuova quella che ci è stata
comunicata nel Battesimo e che noi alimentiamo
con il Corpo e il Sangue di Cristo.
Essa comporta uno stile nuovo, diametralmente
opposto a quello mondano.
Una mentalità nuova, in conflitto perenne con
quella che il mondo coltiva, fomenta, propone e
sostiene.
Una prassi – azione – nuova, intrisa soltanto di
amore – per Dio e per i fratelli, per amore di Dio -.
Un risultato nuovo: cambiare il mondo fondato sul
danaro, il piacere, il sesso senza regole, il potere
che inebria la mente, offusca la vista e inaridisce il
cuore.
Donne nuove e uomini nuovi: perché avere paura
di crederlo e di proclamarlo?
OFFERTA
L’offerta di noi stessi a Dio è una cosa seria.
Non possiamo, infatti, presentarci a lui sgangherati
e disordinati; dobbiamo fare del tutto per essere a
posto, o meglio,rimessi a posto dalla sua grazia e
dal suo perdono, se vogliamo che egli accolga e
gradisca il dono che facciamo di noi stessi, sia
nell’Eucaristia, sia nei diversi momenti della vita.
Una volta fatto questo, sarà più facile offrirci
anche ai fratelli come sostegno, aiuto, conforto, a
cominciare da chi è legato a noi da vincoli di
sangue.
E sarà una grande, bella avventura!
PENITENZA
Non ad un Sacramento intendo riferirmi, quello
che noi italiani siamo abituati a chiamare
”Confessione” e che invece va indicato con il
162
termine ”Penitenza”, ma agli atteggiamenti di
pentimento e di rinuncia, dei quali si parla soltanto
in Quaresima e che invece vanno coltivati sempre.
Quante occasioni si presentano, per rinunciare a
qualcosa, per manifestare il nostro amore di Dio e
per mortificare il nostro corpo!
Non si tratta di farsi del male; assolutamente!
Ci si fa del bene – quello autentico -, quando ci si
priva di cose inutili o addirittura dannose, non solo
all’anima, ma anche talvolta al corpo.
La coscienza che tutti dovremmo avere delle nostre
miserie e dei nostri peccati, dovrebbe indurci a
questo ed anche ad atti di rinuncia a cose buone, in
vista di un bene maggiore.
Se, infatti, è vero che Dio è buono e misericordioso,
è anche vero che è giusto e dunque non può passare
sopra a tutto, come se niente fosse avvenuto.
Egli si attende da noi la nostra parte di penitenza,
in sconto dei nostri peccati, o meglio delle pene, che
abbiamo meritato, con le nostre colpe, rimesse,
attraverso l’assoluzione sacramentale.
Un discorso complicato?
QUIETE
Chi non ne desidera una buona misura, ogni
giorno, anzi tutti i giorni?
Quando viene meno – per un motivo o per un altro
– e prende il suo posto l’agitazione, allora …
Credo che sia il caso di chiederla al Signore come
dono per noi e per tutti.
I rapporti tra le persone ne guadagneranno
notevolmente e i frutti del bene potranno mostrarsi
in tutta la loro bellezza.
In qualche occasione, sarà bene che invitiamo alla
calma chi ci vive accanto, pronti ad accogliere la
medesima esortazione quando siamo noi ad
agitarci un po’ troppo.
E che il Signore ci aiuti!
RISORGERE
163
Non escludere mai la possibilità di risorgere, di
cambiare radicalmente – in bene, s’intende – la
condotta, lo stile di vita, di dare un nuovo assetto
all’esistenza.
Il Cristianesimo alimenta in ogni donna e in ogni
uomo questa splendida – direi abbagliante –
speranza.
Ed allora, comincia tu a dire a te stesso: – ” Posso
sempre risorgere ”-, per non lasciarti prendere
dalla paura e dalla sfiducia, quando meno te
l’aspetti.
Ma dillo anche in giro, se ti capita di incontrare chi
ha fatto un capitombolo ed è ancora lì, a terra,
stordito e spento: – Puoi risorgere sempre -.
SILENZIO
Non si tratta di isolarsi dai rumori quotidiani, o
meglio non è soltanto e soprattutto questo che
dobbiamo fare ogni tanto.
È invece indispensabile che riusciamo a far tacere i
pensieri, che disturbano il nostro rapporto con Dio
e con gli altri e lo rendono pesante.
Il chiasso interiore è, infatti, molto più devastante
di quello che colpisce le nostre orecchie.
Se riusciamo, con la grazia del Signore, in questa
particolare impresa, sarà possibile pregare e
guardare con fiducia al nostro futuro.
TRIBOLAZIONE
Da tutti temuta, la sofferenza di qualsiasi tipo –
fisica, morale, spirituale – può trasformarsi in una
grande occasione di crescita.
Non è, quindi, una disgrazia, come pensa chi di
Gesù Cristo e di coloro che lo seguono, ha un’idea
non proprio esatta.
Il nostro Maestro e Signore non si è sottratto alla
tribolazione, ma l’ha accolta, per amore, e l’ha resa
strumento di redenzione.
Se conformiamo la nostra vita alla sua, ciò che ha il
sapore scostante dell’amarezza, acquisterà quello
consolante e attraente della dolcezza.
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UMILTÀ
È impossibile piacere a Dio, senza l’umiltà.
E questa virtù – da chiedere incessantemente al
Signore e da coltivare tenacemente – è la radice di
ogni altra, a cominciare dall’amore di Dio e del
prossimo.
Il superbo, infatti, crede nella propria
autosufficienza e attribuisce a se stesso ogni merito.
Non comprende che la fonte di ogni bene – o meglio
l’Ogni Bene, come dice Angela da Foligno – è Dio.
E si chiude in se stesso e fa inaridire il desiderio di
donarsi totalmente al suo Creatore e Signore e, per
amor suo, ai fratelli.
VOCAZIONE
Quella al Sacerdozio – passando per il Diaconato –
è considerata la vocazione.
Ce ne sono tante. però, di vocazioni, tutte belle e
importanti, che escono dal cuore di Dio e
raggiungono donne e uomini aperti alle novità, alle
imprese nobili, al servizio degli altri nella chiesa e
nella società.
Accogliere una vocazione come dono di Dio è
fondamentale, per dare senso alla propria
esistenza, per non sentirsi inutili o addirittura
ingombranti, per lasciare un segno buono in questo
povero mondo, per seminare un pizzico di fiducia
in chi è disperato e smarrito.
Qual è la tua vocazione?
ZELO
Non gode molta simpatia la parola che ho messo
come titolo di questa ultima riflessione.
Se, però, la riferiamo al Signore, diventa
indispensabile per il nostro linguaggio chiaro e
cristiano.
Lo zelo dovrebbe spingere a fare le cose che
riguardano direttamente Dio, con passione,
proprietà, senso del mistero, attenzione massima e
devozione assoluta.
165
Chi ci guarda – è solo un esempio -, quando siamo
in preghiera nella casa di Dio, dovrebbe avvertire
questo nostro zelo.
Certo, se le chiese diventano musei da visitare, la
questione si complica, ma …
Seconda Serie
ACCOGLIENZA
Non è facile accogliere qualcuno ed è anche difficile
parlare di accoglienza.
Ci provo.
Tu incontri Ardisio – un nome qualunque -, che
non vedi da tempo.
Gli dici: ”Vieni a casa mia”, gli offri qualcosa,
scambi qualche parola …
E’ un buon inizio – o la continuazione di
un’esperienza di dialogo, iniziata da tempo -.
Non avere paura di proseguire, magari pregando
per lui e attendendo di incontrarlo di nuovo.
BENEVOLENZA
Non si compra al mercato e neppure si eredita
dagli altri l’attenzione benevola verso chi ha
bisogno di aiuto, comprensione, sostegno e
incoraggiamento.
Benevoli si diventa, a forza di sforzi continui e
decisi, controcorrente, soprattutto quando gli altri
ci spingono a essere duri, drastici, di ferro!
E dire che, poi, noi pretendiamo – o meglio: ci
aspettiamo – che gli altri usino benevolenza nei
nostri confronti, allorché abbiamo dato prova
evidente della nostra fragilità, debolezza, e forse
anche incoscienza.
Siamo, allora, benevoli gli uni verso gli altri, oggi,
domani e dopodomani, pronti a esserlo ancora,
dopo aver dimostrato miseramente la nostra
cattiveria verso qualcuno.
Verrà il momento, in cui, se proprio non
faticheremo per niente ad essere benevoli, dovremo
solo compiere piccoli sforzi.
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CASTITÀ
Tra noi ci sono persone – donne e uomini – che
hanno fatto il “voto” di castità.
Si sono donati al Signore totalmente: corpo, anima,
spirito, non per un giorno o per qualche anno, ma
per sempre, per tutti i giorni della loro vita.
Sono il segno bello e convincente che Dio è tutto
per noi.
Anche chi non ha fatto il “voto”, è, però, chiamato
a esercitare la virtù della castità, che è come le
altre virtù cristiane – obbedienza,umiltà, ecc. -,
anzitutto un dono da chiedere e da custodire,
respingendo tutte le tentazioni che il mondo, la
carne e Satana sanno confezionare così bene e
rendere insidiosissime.
Resistere ad esse e vincere è, però, possibile, con la
grazia di Dio.
DELICATEZZA SPIRITUALE
Nel mondo di oggi, non gode di ampia cittadinanza,
la delicatezza.
Addirittura incontra ostilità e soffre un vero
disagio.
Si esprime nel linguaggio, nel modo di interpretare
i fatti e le opinioni, soprattutto si manifesta nei
comportamenti verso le persone.
Nel rapporto con Dio, poi, si ispira al principio che
a lui bisogna dare tutto quello che chiede – e il
Signore, lo sappiamo, è esigente -, senza
tentennamenti, ripensamenti, calcoli o paure.
Proviamo, allora, ad essere delicati!
EREDITÀ
Quante discussioni, cause, condanne, quanti litigi,
contrasti, per arrivare ad avere in eredità quello
che qualcuno ha accumulato nella vita!
L’eredità che assicura a noi il Signore, crea, al
contrario, già ora, pace, comunione, solidarietà,
serenità, gioia e tante altre cose buone.
La vita eterna – piena amicizia con Dio – ci sarà
167
elargita, ad una sola condizione: che l’abbiamo
cercata, desiderata, accolta, preservata o
riconquistata nel cammino della vita presente,
facendo tesoro di tutti i mezzi che il Signore ci ha
messo a disposizione, a cominciare dai Sacramenti.
Questa è l’eredità che conta davvero!
FIDUCIA
Come dispiace rendersi conto – o anche temere
appena – che qualcuno non ha più fiducia in noi,
come in passato, a causa di fatti o situazioni, che
non dipendono dalla nostra volontà!
Faremmo chissà che cosa per allontanare qualsiasi
nube – anche piccolissima -, che può appannare i
rapporti con chi ci è vicino, per motivi diversi.
Ebbene, con Dio le cose vanno diversamente.
Lui ci accorda sempre la sua fiducia.
Quando facciamo il bene, perché perseveriamo.
Quando facciamo il male, perché ci convertiamo a
lui.
GIUSTIZIA
Chi non cerca e chiede giustizia, quando è certo che
qualcosa che gli è dovuto, gli viene negato?
Chi?
Questo è un buon segno.
Vuol dire che si ha il senso della propria dignità e
del valore della propria persona.
Purtroppo, tale ricerca e tale richiesta non sempre
trovano soddisfazione, con grande delusione di chi
le avanza con decisione e fermezza.
La giustizia umana!
Quella di Dio?
È assolutamente perfetta.
IMITAZIONE
È una buona idea, quella di imitare il nostro
Maestro e Signore.
Si tratta di fare in qualche modo nostri alcuni suoi
atteggiamenti, che sono fondamentali, per
delineare e rafforzare la nostra identità cristiana.
168
Mi riferisco all’umiltà, alla mitezza, alla
misericordia, alla benevolenza, all’amore, in
particolare.
Anche la sua capacità di accettare la sofferenza e di
trasformarla in gesto di amore a Dio e ai fratelli, va
posta di fronte ai nostri occhi e per quanto è
possibile, imitata.
Un modo per renderlo oggi presente nel mondo.
LODE
L’invito a lodare Dio è necessario, quando
qualcuno vive esperienze esaltanti di comunione
con lui.
C’è, infatti, il pericolo di ripiegarsi su se stessi e
dimenticare che la fonte di ogni bene è proprio lui.
È, però, utile rivolgerlo anche quando le difficoltà
si affacciano all’orizzonte o prendono piede nella
vita.
Lodare Dio per la forza, il coraggio, l’energia, che è
pronto a trasmetterci, per vincere le prove e
restare nella sua amicizia, a costo di sacrifici.
MARIA
Parlare della Madre di Gesù Cristo, Figlio di Dio
che si è fatto Uomo per la nostra salvezza, è un
dovere e nello stesso tempo un piacere.
Di lei si può dire solo bene.
È stata sempre obbediente al Signore, non si è mai
allontanata dalla strada che Dio le ha indicato, è
stata arricchita di doni meravigliosi, è stata
preservata dal peccato originale, ha accompagnato
il suo Figlio sempre, con un amore smisurato,
anche nel momento del dolore e della morte.
Una Mamma stupenda!
Che sia anche nostra Madre è un preziosissimo
dono del Figlio, che dobbiamo apprezzare sempre
di più.
NOTIZIA
Se aggiungi l’aggettivo buona a Notizia, è come se
dicessi Vangelo.
169
Sai bene che anche tu sei chiamato a diffonderlo,
con la parola, ma soprattutto con la vita.
Devi far capire a chi non lo conosce, che la nascita,
la vita, la morte e la risurrezione di Gesù Cristo,
sono la causa e la fonte della salvezza di tutti,
proprio tutti, nessuno escluso.
Te la senti di farlo in casa, in paese, nel quartiere,
là dove lavori, nei luoghi di vacanza – mari,
campagne monti -?
O hai paura di esporti?
Chiedi al Signore la forza per essere all’altezza del
tuo compito e della tua vocazione.
OCCASIONE
Per fare il bene, di occasioni se ne presentano
tante, lungo la giornata, sia che ci troviamo in casa,
sia che stiamo fuori, impegnati in qualche attività.
Ce le facciamo sfuggire?
Oppure le scansiamo proprio volutamente?
Non ci sentiamo, dopo, un po’ a disagio per questi
atteggiamenti?
Allora, anche per stare in pace con noi stessi,
vediamo di farne tesoro e vedere in esse una traccia
della presenza di Dio nella nostra vita.
PAZIENZA
Una visione , per così dire, laica della virtù, di cui
voglio parlare, porta a pensare che conviene
averla, per non rovinarsi troppo la vita e non farsi
del male.
Quella cristiana spinge molto più in là e individua
nella pazienza una forma altissima di amore verso
il prossimo e, prima ancora, verso Dio.
Mi spiego.
L’amore spinge all’imitazione.
Ora Dio è stato ed è- e anche sarà – sempre molto
paziente con noi.
Il Padre, il Figlio – quale pazienza, la sua! – e lo
Spirito Santo attendono che noi diventiamo
migliori.
Attendono …
170
La nostra pazienza con gli altri è un modo di
somigliare, anche se appena un po’, a loro.
don Sergio Andreoli
QUOTIDIANO
Aggiunto a ”pane”, questo aggettivo lo ripetiamo
chissà quante volte, anche nello stesso giorno.
Gesù, che è la nostra Guida e il nostro Pastore, ci
ha detto di servircene, quando parliamo con il
Padre suo, che è nei cieli, del quale noi siamo figli
adottivi, per grazia e misericordia divina.
Intendiamo chiedere solo ciò che serve ogni giorno
per sopravvivere e mantenere la salute del corpo, o
anche qualcos’altro?
Io penso che nella richiesta si possa e si debba
includere anche – e soprattutto – quel Pane di Vita
che è lo stesso Gesù.
Da tale Cibo l’anima nostra trae la forza necessaria
per crescere.
Che ce ne sia estremo bisogno oggi, non c’è il
minimo dubbio.
RINASCERE
Vorrei suggerire a chi segue legge di andare a
ricercare il documento di Battesimo e segnare con
cura sull’agenda la data della propria rinascita,
per poterla ricordare e celebrare – spiritualmente , come si deve.
Se, infatti, ha senso commemorare il giorno in cui
siamo usciti dal seno materno, ha ancora più valore
tenere presente quello in cui siamo stati liberati dal
peccato e ammessi nella grande famiglia dei figli di
Dio.
A quale scopo?
Per ringraziare la Santissima Trinità.
Per affinare in noi la coscienza della nostra dignità.
Per riaffermare il nostro impegno a vivere da
rinati.
SALVEZZA
171
Ciascuno di noi, senza che ne avesse alcun diritto, è
stato destinatario del gesto di benevolenza e di
amore da parte della Santissima Trinità, che ha
cambiato la sua vita radicalmente: la salvezza.
Tu sei un salvato, come me, come innumerevoli
altre persone di ogni tempo e di ogni luogo.
Uno che deve dire incessantemente al
Signore:”Grazie!”.
Che deve fare il possibile, per non sciupare il dono
ricevuto.
Che non si deve tirare indietro di fronte ai doveri,
che la salvezza donata e ricevuta, comporta.
Uno che anche nelle tribolazioni legate alla fedeltà
a Dio, deve arrivare – le Sante e i Santi lo hanno
fatto – a gioire.
TENTAZIONE
Se uno si chiede: “Ma come è possibile resistere
alle tentazioni, che il mondo di oggi, con tanta
sfacciataggine, costruisce e scodella in modi diversi
e in situazioni diverse?”.
La risposta è una sola: “Ricorrendo all’aiuto del
Signore, che ha vinto e sbaragliato ogni
tentazione”.
Se uno conta sulle proprie forze e sugli artifici
umani e basta,non è destinato a restare in piedi a
lungo.
Sarà messo k.o., prima o poi, con sua grande
sorpresa e suo lancinante dolore.
Non che non si debbano mettere in campo anche le
proprie forze e non si debbano adottare prudenze.
Esse, però, da sole – è questo che voglio far capire –
non sono il rimedio sufficiente e la difesa giusta.
L’aiuto del Signore desiderato, chiesto, invocato
dal profondo del cuore, invece, sa fare i miracoli.
URLA
Non c’è bisogno di urlare, per farsi capire.
Questo vale per i genitori, per gli insegnanti, per gli
educatori in generale.
Anche chi ha qualche responsabilità, non urli, per
172
farsi obbedire.
Il rispetto e la docilità degli altri nei tuoi confronti,
amico, non dipende dal tono elevato e minaccioso
della voce.
Ci vuole altro, per guadagnare e meritare
attenzione, obbedienza.
Se, poi, tu punti a costruire la vera amicizia, taci,
piuttosto, in certe circostanze.
Dal tuo silenzio può nascere l’invito a chi sta
urlando, di abbassare la voce e cambiare stile.
VISITA
Il titolo riporta l’imperativo presente del verbo
visitare, seconda persona singolare.
Quindi, ti riguarda e ti chiede di esaminarti su un
punto delicato: l’incontro con chi ha bisogno di te e
te lo dice e con chi ha ugualmente bisogno di te e
non te lo dice.
Fa’ il possibile, per non deludere nessuno su questo
punto e sii vicino con attenzione, delicatezza e
amore alle persone, che non possono … (metti qui
l’elenco delle cose che tu puoi fare per loro).
Un giorno, capirai meglio l’importanza di questo
… comando.
ZOPPICARE
Non sono tante le parole che cominciano con la “z”.
Quella che ho scelto, si può anche utilizzare, in
riferimento alla vita spirituale.
Quando si è incerti,quando non si avanza
decisamente sulla strada che il Signore ci ha
indicato, quando si hanno dei ripensamenti, che
rischiano di far crollare, come costruzioni di
sabbia, opere iniziate con tanto entusiasmo e carica
interiore … è come se si zoppicasse.
Dire al Maestro e Pastore: “Dacci una mano,
aiutaci a camminare come si deve”, è la cosa
migliore che si possa fare, in questi casi.
ALCUNI ARTICOLI DALLA RIPRESA DEL
1970 IN POI
173
AI LETTORI
“Salire” riprende le pubblicazioni, dopo tre anni di
silenzio.
Il desiderio di comunicare con gli altri, spinge
ancora una volta un gruppo di persone a prendere
la penna e consegnare alla carta le loro idee.
“Salire” vuol essere,dunque,uno strumento di
crescita civile e di dialogo a Belfiore.
Vuol essere anche un mezzo per dibattere i vari
problemi del paese e per cercare soluzioni valide.
Chi collabora,dunque,a “Salire” dimostra il suo
attaccamento e il suo amore alla gente di Belfiore.
Questo servizio sarà portato avanti con semplicità
e soprattutto con chiarezza.
Non si rinuncerà,per paura,a prendere posizioni
precise, anche se scomode.
Perché, è la verità che innanzi tutto occorre
servire.
“Salire” dovrà essere anche un punto di
riferimento per quanti sono chiamati a contribuire
allo sviluppo sociale e culturale della comunità di
Belfiore.
Anche per questo il gruppo redazionale si augura
che i ‘politici’ e gli amministratori tengano conto di
quanto si andrà scrivendo e delle proposte che si
faranno.
Infine, il giornale vuol essere un mezzo,che
permetta la conoscenza della storia di Belfiore.
Avvenimenti importanti e figure di uomini illustri
saranno riproposte all’attenzione di tutti,perché la
‘tradizione’ culturale di Belfiore sia conosciuta e
non vada perduta.
Il gruppo redazionale,licenziando questo primo
numero, si augura che sia accolto con simpatia e
soprattutto spera che quanti sentono di poter dare
il loro contributo,per rendere migliore e più
interessante “Salire”,partecipino agli incontri del
venerdì,nella sede del giornale, in Via Caprera,
N.10.
AI LETTORI
174
In occasione della Festa di ottobre,i fedeli hanno
offerto alle santesi L.119.000.
Per il servizio della Filarmonica sono state spese
L.53.000;per i fuochi artificiali L.56.000;per il
servizio dei campanari L.10.000.
A tutti un vivo ringraziamento.
RESTAURO
Per l’intervento della Cassa di Risparmio di
Foligno,sono iniziati i lavori di restauro della
Cappella di S.Anna.
La piccola Chiesa è decorata da pregevoli affreschi
del Mezastris.
DEBITI
Dal bilancio della Curia Vescovile risulta che la
Parrocchia di S.Nicolò di Belfiore deve versare agli
Uffici Lire 436.767.
Benedetti … debiti.
LA CHIESA PERICOLANTE
Della necessità del restauro della Chiesa di Santa
Maria di Belfiore hanno parlato,pubblicando ampi
servizi,la “Gazzetta di Foligno” e “Il Messaggero”.
IL COMUNE E I SOLDI
Per “Installazione segnali e sbarramenti atti a
eliminare ogni responsabilità di pericolo per la
pubblica incolumità sulla Chiesa di S.Maria in
Belfiore”,l’Ufficio Tecnico del Comune chiede al
Parroco L.68.820.
E’ poco o troppo?
E’ escluso che sia giusto!
LETTERA DI MISASI
In data 17.10.1970,è pervenuta una lettera del
Ministro della Pubblica Istruzione,che assicura che
i lavori di restauro della Chiesa dovranno essere
175
eseguiti dal Genio Civile.
Ma quando?
SONO MORTI
Dal settembre 1969 all’ottobre 1970,sono morti a
Belfiore:Faccendetti Fausto,Francesconi
Vincenzo,Caroli Francesca,Giovanni Battista
Innamorati,Simoni Domenico,Mattioli
Pietro,Mariani Marianna,Ronconi
Silvestro,Sebastiani Giuseppe,Mariani Domenica e
Innamorati Domenico.
Riposino nella pace di Cristo.
LA COMUNITA’
I problemi della comunità di Belfiore sono stati
presentati alla Giunta Comunale nell’Assemblea
del 23 novembre.
Non è mancata vivacità,chiarezza e coraggio , sia
da parte del Sindaco,professor Ridolfi,sia da parte
dei Belfioresi.
A me,chiamato con altri a mantenere i contatti fra
la popolazione e gli Amministratori,preme, in
questa sede, presentare alcune idee ed impressioni.
Le mie opinioni vogliono essere un contributo alla
discussione e assolutamente non pretendono di
imporsi come privilegiate o sicure.
Una constatazione:la popolazione di Belfiore non
sa portare avanti ancora una esperienza vera di
comunità.
E’ mancata, forse , una educazione graduale al
senso comunitario.
Sta di fatto che esistono divisioni,interessi
personali,atteggiamenti preconcetti,che
impediscono un vero dialogo costruttivo fra tutti i
Belfioresi.
E’ urgente,senza confusione di idee, superare
questa situazione e abbattere gli steccati.
Il giornale “Salire” può essere uno strumento
valido,per raggiungere tale obiettivo.
Una domanda devo,poi, formulare.
Ho ascoltato con molto interesse i numerosi
176
interventi all’Assemblea;ho notato che si è molto
pronti e capaci a individuare i punti difficili della
situazione locale.
Ma , ciascuno di noi è veramente pronto a spendere
il suo tempo ,per approfondire le questioni,per
mettersi a disposizione degli altri?
Dalla risposta positiva e concreta a questo
interrogativo, dipende il futuro di Belfiore.
Infine, vorrei indicare ciò che deve caratterizzare
ogni attività e discorso comune:la lealtà.
Nessuno è disposto a farsi ingannare.
Nel momento in cui si accetta di lavorare insieme,
si deve optare per il rispetto e per la stima degli
altri.
Questo tipo di rapporto, che esiste fra i membri del
gruppo redazionale di “Salire”,si possa esstendere
a tutta la comunità di Belfiore.
GIOVANI BELFIORESI
Secondo una statistica,forse non molto esatta,ma
comunque indicativa,i ragazzi e le ragazze dai 14 ai
18 anni,abitanti a Belfiore,Liè,Ravignano e San
Vittore ,sono circa 80.
Essi sono soprattutto studenti.
Ci si può chiedere:C’è fra questi giovani spirito di
iniziativa?
Sembra di sì.
Esiste un Gruppo Sportivo;c’è il gruppo di
“Salire” e c’è un altro gruppo ,che si riunisce ogni
sabato pomeriggio,per dibattere i problemi
giovanili più importanti.
C’è,però, da osservare che i primi due gruppi sono
formati esclusivamente da ragazzi.
Nel terzo,accanto ad un discreto numero di
ragazzi, si colloca un esiguo numero di ragazze.
Perché,questo?
Perché, a Belfiore, le ragazze non sanno portare
avanti iniziative culturali valide?
Eppure, sono intelligenti!
C’è chi dice che i genitori non sono favorevoli
all’impegno delle loro figlie nei gruppi.
E’ vero?
177
Perché?
Oppure ci sono di mezzo l’indolenza e la paura
delle ragazze?
Ai lettori chiediamo di rispondere con molta
libertà a questi interrogativi.
ALCUNE PAROLE DI GESÙ
Dal Documento III del dossier angelano, redatto,
secondo L. Thier e A. Calufetti, all’inizio del 1300,
riprenderò le righe, in cui la Folignate cita e
commenta alcuni versetti del Vangelo secondo
Matteo.
Essi, tutti relativi alla Passione, sono i seguenti:
26,38: La mia anima è triste fino alla morte (p.179).
26,41:Vigilate e pregate per non entrare in
tentazione (p.178).
26,42:Padre,se questo calice non può passare da
me,sia fatta la tua volontà (p.185).
27,46:Dio mio,Dio mio, perché mi hai
abbandonato? (pp. 178-179).
Riguardo alle prime parole uscite dalla bocca di
Gesù, la Poverella afferma che egli “[...] disse ai
suoi discepoli, non per sé [...], ma per loro e per
noi, affinché ne ricavassimo la salvezza: -La mia
anima è triste fino alla morte-, indicando a tutti,
soprattutto ai figli legittimi, che devono sempre
affliggersi per questo dolore” (p. 179).
Secondo Angela, quindi, dall’affermazione del
Signore dobbiamo ricavare la salvezza; è nostro
dovere anche accogliere la sua esortazione ad
affliggerci del suo dolore, una indicazione che vale
in particolare per i figli “legittimi” di Dio, dei
quali, nel Documento XXIII, Gesù dichiara: “Tutti
quelli che saranno amici e seguaci della povertà,
del dolore e del disprezzo, sono miei figli legittimi
[...]” (p. 253).
A proposito della seconda frase, la Folignate,
parlando della preghiera, asserisce: “L’esempio di
questa gloriosa preghiera e l’invito a perseverare
in essa, ci vengono dati dallo stesso Figlio di Dio e
Uomo Gesù Cristo, che ci ha insegnato in molti
modi a pregare con le parole e con le opere. Infatti,
178
ci ha ammonito, dicendo ai suoi discepoli:- Vegliate
e pregate, per non cadere in tentazione-” (p. 184).
Per la Poverella, perciò, dal Maestro ci vengono
l’esempio della preghiera, anzi l’insegnamento,
attraverso parole e azioni, e l’invito e
l’ammonimento alla vigilanza e alla perseveranza.
In merito alla terza dichiarazione di Gesù, Angela
afferma che egli ha pregato “[...] anche quando
disse: -Padre, se questo calice non può passare da
me, sia fatta la tua volontà- ” (p. 185); subito dopo
aggiunge: “Nota come Cristo antepose sempre la
volontà del Padre alla sua; tu fa’ secondo questo
modello” (ivi).
La Folignate, dunque, è ben convinta che il Figlio
di Dio ha messo al primo posto la volontà del
Padre; noi dobbiamo fare altrettanto, anche perché
nella preghiera che il Cristo ci ha insegnato,
dichiariamo: “[... ] sia fatta la tua volontà, come in
cielo così in terra” (Mt 6,10).
Riguardo alla quarta frase, la Poverella fa
osservare che “[...] Gesù, Dio e Uomo, quando fu
sulla croce, per tre motivi gridò: -Dio mio, Dio mio,
perché mi hai abbandonato?-” (p. 178; cfr. Salmo
22,2).
Primo: “Per manifestarci qualcosa del suo dolore,
tanto smisurato e assolutamente ineffabile, e per
insegnarci che dobbiamo sempre più dolercene di
cuore [...]” (ivi).
Secondo: “[...] per pregare, cioè manifestare Dio e
se stesso. Se, infatti, come Dio, non poteva essere
abbandonato, quando si proclamò quasi lasciato
solo da Dio nei suoi dolori, Gesù si manifestò come
uomo” (ivi).
Terzo: “[...] per darci speranza e incoraggiarci a
non venir meno con la disperazione, allorché siamo
afflitti, tribolati e in qualche dolore anche
abbandonati, perché, insieme alla tribolazione, egli
dà pure la via d’uscita” (p. 179).
Angela, allora, non nasconde che qualcosa del
dolore di Gesù Cristo ci è stato manifestato; fa
pure capire che pregare è manifestare, cioè far
conoscere se stessi e, prima ancora, conoscere Dio;
infine assicura che Dio non è lontano da noi,
179
quando la tribolazione ci opprime, ma, al
contrario, è pronto a soccorrerci, come ha fatto con
il suo Figlio.
SPERARE
Non è raro sentire lamenti.
C’è chi si lamenta della propria condizione.
Altri piangono per come va la vita familiare.
Molti di più hanno da ridire sulla piega che
prendono le cose italiane.
Tutti facciamo osservazioni negative su come va il
mondo.
Lamentele infinite.
E si capisce!
Ma, quando riusciremo -tutti, giovani e adulti- ad
esercitarci anche nel dir bene di ciò che va bene e
di chi fa il bene?
Quando ci decideremo ad affinare la nostra vista,
per scoprire, al di là delle apparenze, spesso
scostanti, i tratti positivi di ciò che è in noi e fuori
di noi?
Saremo capaci di volgere lo sguardo, nei momenti
cruciali, al di sopra di noi, per cogliere una
Presenza di bontà, di benevolenza, di costante
attenzione e amore?
Avremo la forza, nonostante tutto, di dire –
sussurrando o gridando – che il Bene può vincere il
male e che la vittoria è già in atto?
Speriamo!
11
BEATA ANGELINA
DA MONTEGIOVE
180
Foto 3
Recentemente è stata presa la decisione di portare
l’Urna, con le Reliquie della Beata Angelina da
Montegiove (foto 1), dalla Chiesa di San Francesco
di Foligno, retta dai Frati Minori Conventuali, a
quella del Monastero delle Terziarie Francescane –
Congregazione religiosa fondata dalla stessa Beata
Angelina (foto 2 e 3) -, in Via dei Monasteri, a
Foligno, in cui si stanno ultimando i lavori di
restauro, dopo il sisma del 1997.
Resta, quindi, per poco tempo ancora,
l’opportunità di vederla sull’altare posto di fronte
a quello della Beata Angela da Foligno, nella
Chiesa di Piazza Francesco, poco distante dalla
Cattedrale di San Feliciano.
Angelina da Montegiove, detta anche da
Marsciano, da Corbara, o da Foligno, è nata nel
1377 ed è morta a Foligno, il 14 luglio 1435.
Foto 1
Foto 2
181
Foto 3
12
PERSONAGGI, CHE HANNO LASCIATO
NELLA NOSTRA TERRA UN’IMPRONTA
DI SANTITÀ
Amici,
da questo spazio cercherò di dare indicazioni, per
aiutarvi a conoscere alcuni personaggi, che hanno
lasciato nella nostra terra un’impronta di santità.
Verso di loro, chi ha fede, potrà volgere lo sguardo
interiore, per iniziare un vero dialogo.
Chi non crede, avrà, comunque, la possibilità di
conoscere e apprezzare il bene che essi hanno
operato, dando un bel contributo alla nostra
tradizione culturale.
Se volete, potete chiedermi spiegazioni.
Buona lettura!
Fly UP