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Come è cambiata la gestione del rischio?

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Come è cambiata la gestione del rischio?
finanza / formazione
Come è cambiata la
gestione del rischio?
In settembre partirà, presso il Centro di Studi Bancari, il percorso formativo ‘Executive Master
Risk Management. Basilea 3: aspetti operativi per i diversi profili professionali’.
116 · TM Maggio 2014
Percorsi formativi per i singoli profili professionali
C1 Status e trend
nell'ambito
del risk
management
C2 Risk governance
e la nuova
ordinanza sulla
presentazione dei
conti delle banche
4
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4
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C3 La gestione
del rischio di
credito
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12
12
C4 La gestione
della
tesoreria
12 12 12
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C5 La gestione
dei rischi
operativi
12 12 12 12
12
16 16 16
16
16
C6 Investment
performance
e risk
management
nell'asset
management
C7 Audit
nell'ambito
del risk
management
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8
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C8 La comunicazione
nell'ambito del risk 4
management
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Totale ore
consigliate
Da sinistra, Mauro Beneduci, partner Sdg Italy con sede a Caronno Pertusella
(Varese); Giorgio Compagnoni, Frm manager e vice presidente presso Pkb Privatbank Lugano; Michele Framba, Frm manager di Prometeia Milano; Didier Marteau,
professore ordinario all’Ecole supérieure de commerce de Paris; Helen Tschümperlin Moggi, responsabile Area finanza, Centro di Studi Bancari a Vezia.
Consul.
alla
clientela
Consulenza alla clientela private
banking/retail banking/aziendale
Back e middle office crediti
Back e middle office titoli
Trading/Tesoreria/Sala mercati
Asset e Portfolio Management
Gestione progetti/Organizzazione
Staff di
Asset
Amministrazione/
Direzione management/ Operations
Trading
Contabilità/Controlling
Credit office/Recovery
Compliance
Ore totali di docenza
Risk management/Risk control
Corsi
Revisione/Ispettorato
Sistema
di controllo
interno
Aree professionali
A
sei anni dall’inizio della crisi
finanziaria, il risk management
ha subito dei cambiamenti
importanti e con esso è mutato il ruolo
del risk manager. «A mio avviso», afferma Michele Framba, Financial risk manager presso Prometeia, «i principali cambiamenti si sono sviluppati come risposta a due diverse esigenze. Da un lato,
come conseguenza dello sviluppo di ulteriori obblighi normativi il cui obiettivo è
di aumentare la capacità delle istituzioni
finanziarie di reagire a situazioni di crisi,
rafforzando primariamente il capitale e la
liquidità, dall’altro con il proposito di consolidare modelli e strumenti gestionali
di governo operativo dei rischi. Su alcuni rischi», prosegue Framba, «stiamo assistendo alla convergenza tra gli aspetti regolamentari e gestionali, i risk manager
dovrebbero pertanto valorizzare i proprio
strumenti gestionali in chiave regolamentare. È aumentata la consapevolezza
su alcuni tipi di rischi precedentemente
sottostimati, ad esempio il rischio di liquidità. Non dimentichiamo che la recente
crisi finanziaria è stata in prevalenza una
crisi di liquidità, estesa poi anche all’economia reale. Inoltre, più che agli aspetti
quantitativi della modellistica sui rischi,
le evoluzioni si sono manifestate soprattutto nell’ambito dei processi. Il ruolo del
risk manager evolve sempre più verso una
visione integrata dei rischi e una partecipazione attiva ai processi strategici della
banca, pensiamo ad esempio al contributo ai processi di pricing dei prodotti
finanziari corretti per il rischio.»
Secondo Mauro Beneduci, partner di
Sdg Italy, «la lunga crisi finanziaria ha
costretto le organizzazioni ad assumere
una maggiore consapevolezza della loro
fragilità e quindi dei rischi ai quali sono
esposte. Il risk management ha dovuto
di conseguenza adattarsi supportando sem-
pre di più la Direzione alla comprensione dei fenomeni legati alla crisi e alle relative minacce. Il risk manager di oggi deve
concentrarsi sempre di più sull’indagine
dei dati, sul controllo e deve essere parte
attiva, direi consulente interno, nei processi di mitigazione. Questa figura deve
occuparsi prevalentemente di temi legati all’organizzazione, all’analisi dei dati e
all’informatica. Si tratta di un ruolo che,
a tutto campo, deve saper interloquire con
tutte le funzioni aziendali e deve conoscere profondamente i processi aziendali».
Rimangono ancora numerose sfide da
affrontare tanto che alla domanda di cosa
sia cambiato nel risk management Giorgio Compagnoni, risk manager presso Pkb
Privatbank afferma che «in realtà sarebbe da chiedersi che cosa non è ancora cambiato nel risk management dallo scoppio
della crisi. Gli organismi internazionali
stanno implementando un sistema molto più completo e al tempo stesso capillare nel controllo dei rischi, si pensi ad
esempio alla nuova normativa sulla liquidità e le limitazioni per il rischio di concentrazione verso le banche sistemiche.
Sicuramente oggi il ruolo del risk mana118 · TM Aprile 2014
ger non si limita più al controllo ex-post,
infatti ogni scelta strategica e operativa
deve essere sempre vagliata in termini di
rischio prima di essere implementata».
Di fatto nel risk management le sfide
operative e strategiche rimangono numerose. Sempre secondo Giorgio Compagnoni, «una delle sfide più importanti è
quella di poter integrare le analisi di rischio
ex-ante in tutti i processi aziendali e questo richiederà un coinvolgimento ancora
maggiore del risk management». Secondo Michele Framba, «i risk manager oggi
sono impegnati in progetti di adeguamento regolamentare e gestionale, sia sul
piano quantitativo che qualitativo; si pensi principalmente agli impatti del quadro
normativo di Basilea 3. Anche il monitoraggio e la gestione dei rischi di tasso di
interesse hanno assunto un ruolo rilevante.
In virtù della rilevante esposizione delle
banche commerciali svizzere, la Finma sta
svolgendo controlli e valutazioni sull’operato del risk management. Dal punto di
vista strategico la gestione dei rischi deve
mirare a preservare il valore della banca
e la sua capacità di produrre reddito».
Didier Marteau, professore ordinario
presso la Ecole supérieure de commerce
de Paris, afferma che «la questione centrale rimane quella della determinazione
del ‘giusto valore’, ossia la valorizzazione dei prodotti derivati e strutturati nei
portafogli bancari. Le norme contabili
impongono alle banche di contabilizzare
questi strumenti finanziari ai prezzi di
mercato. In assenza tuttavia di un mercato liquido la contabilizzazione avviene
sulla base di un modello, il cosiddetto principio ‘mark to model’. In questo caso la
valutazione è caratterizzata da una grande incertezza, che si rispecchia nei risultati relativi agli stress test. Si pensi che
nelle grandi banche d’investimento, più
del 90% del portafoglio valorizzato fair
value si basa su un valore di modello, difficile, se non impossibile, da controllare.
Qual è allora l’affidabilità degli indicatori di rischio prudenziali che servono a calcolare i fondi propri necessari a livello
normativo, il cui obiettivo legittimo è quello di coprire i rischi di mercato ? A questo riguardo», conclude Didier Marteau,
«è deplorevole il fatto che nell’ultimo rapporto ufficiale dedicato alle norme contabili, il rapporto Maystadt, redatto su
richiesta del commissario europeo Michel
Barnier, non si faccia alcun riferimento a
questa problematica».
In un contesto normativo in continua
evoluzione, teso sempre più a ridurre i
margini di incertezza in ambito finanziario, il fattore umano e quello dell’It rivestono un ruolo primario. Secondo Mauro Beneduci, «questi due fattori sono estremamente importanti e giocano ruoli determinanti nei processi aziendali e a maggior
ragione nel supporto e nella gestione di
un sistema di risk management. La componente umana ha importanza strategica
e la componente informatica ha importanza tattica. Ad oggi non si può pensare
ad un efficace sistema di risk management
senza avere tool informatici adeguati, banche dati centralizzate, procedure automatizzate di controllo. Ma le scelte e le
competenze fanno parte della sfera umana e non potranno mai essere delegate ai
sistemi».
Da qui emerge chiaramente l’importanza della diffusione di una cultura del
rischio all’interno di un’azienda. Per Giorgio Compagnoni, «la diffusione della cultura del rischio permette chiaramente di
ridurre la frequenza e l’impatto degli eventi negativi e un incentivo a tale scopo
potrebbe essere quello di affiancare
all’obiettivo di rendimento anche quello
di un comprovato controllo del rischio. Il
fattore umano e di conseguenza la sua formazione restano i presupposti indispensabili; infatti il risk management si evolve solo con una maggiore consapevolezza della realtà finanziaria». Anche secondo Mauro Beneduci «senza una sana e diffusa cultura del rischio interna non si può
avere un efficace approccio al rischio. Questo è un aspetto prioritario sul quale
l’azienda è tenuta ad investire. Lo dicono le normative ma è facile comprendere quanto sia necessario rispettare questa
condizione: senza sensibilità al tema di
rischio non si avrà partecipazione e proattività alla gestione dello stesso».
«In questo contesto per fornire un concreto supporto agli operatori della piazza», spiega Helen Tschümperlin Moggi,
responsabile Area finanza presso il Centro di Studi Bancari, «il Centro di Studi
Bancari, in collaborazione con l'Institute of finance dell’Università della Svizzera italiana, propone la sesta edizione
dell’ ‘Executive Master Risk Management.
Basilea 3: aspetti operativi per i diversi
profili professionali’, rivolto a chi è coinvolti nell’identificazione, nella quantificazione, nel controllo e nella gestione del
rischio».
Partendo dall’analisi dello status e dei
trend in atto, si vuole innanzitutto offrire una panoramica sulle maggiori sfide e
le best practice in atto nel settore del risk
management, soprattutto dal punto di
vista delle banche di piccola e media
dimensione.
Vengono poi approfonditi la gestione
del bilancio secondo Basilea 3, la gestione del rischio di credito, della tesoreria e
dei rischi operativi. Un particolare focus
viene dato alla investment performance
e risk management nell’asset management.
Il corso si conclude con un approfondimento sull’audit nel risk management e
sulle strategie di comunicazione differenziate a seconda della tipologia
dell’interlocutore e dell’attività bancaria.I
singoli corsi dell’intero percorso formativo possono essere frequentati singolarmente per permettere ai fruitori di scegliere le tematiche in funzione dei propri bisogni e di costruire percorsi personalizzati. A questo proposito la matrice
sotto la rubrica ‘destinatari’ costituisce un
valido supporto.
L’Executive Master avrà inizio venerdì
5 settembre 2014 per una durata di 72 ore
accademiche su un arco temporale di 4
mesi.
Elena Steiger
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