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Dicembre – Agenda 2010 definitiva in pdf

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Dicembre – Agenda 2010 definitiva in pdf
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Upupa (Ph G.C.)
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Pagina 2
Passero italiano (Ph M,D,)
Picchio verde (Ph M.D.)
Abbiamo più bisogno noi della natura che la natura di noi. Dovremmo guardare a lei
con venerazione e umiltà. Purtroppo l’arroganza dell’homo sapiens è sconfinata.
I suoi risultati nell’ «amministrazione» della natura sono stati rovinosi.
Osservando il mondo intorno a noi, si direbbe che gli animali e le piante siano più
illuminati dell’uomo. Essi non si distruggono con le droghe, con le armi nucleari e
convenzionali, o con l’esplosione demografica. Essi non inquinano l’aria né
trasformano la terra e il mare in una discarica di rifiuti. Che l’istinto che abbiamo
perso sia una guida migliore della logica?
Abbiamo molto da imparare. Ma ne abbiamo il tempo?.
S. Aga Khan
Picchio rosso maggiore (Ph G.C.)
Cardellino (Ph M.D.)
Picchio tridattilo (Ph G.C.)
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Ph Enrico Benussi
DICEMBRE
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(fonte: internet)
Grande scavatore di
tronchi secolari,
predatore di larve
xilofaghe che ripulisce i
patriarchi arborei dei
parassiti.
(M.Z.)
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Affascina e sgomenta,
sembra suggerire
antiche, rabbrividenti
leggende...
Fernando Rini
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C
hi ama percorrere i sentieri tra i boschi conosce bene tutti i suoni,
i richiami e i bisbigli che si diffondono nell’aria tranquilla; che
scendono dalle chiome degli alberi o si elevano dal mistero del sottobosco. Quando si tratta di foreste di faggi, su ogni altro suono
prevale un sordo rumore tambureggiante: nel bosco è presente un
picchio nero.
È un uccello leggendario, testimone della fauna forestale di climi
freddi, che a causa della dilagante espansione delle attività antropiche è quasi ovunque scomparso dalle grandi penisole mediterranee. Divoratore instancabile di insetti rodilegno, è “tambureggiatore” insistente di tronchi marcescenti.
Il repertorio vocale è ampio e comprende vocalizzazioni distinte:
“advertising-call” al momento della formazione della coppia; “flightcall” durante il volo ed “excitement-call” in situazioni di pericolo
(CRAMP, 1985).
Il tambureggiamento o drumming, comune anche alle altre specie
di picchi, è la peculiarità più appariscente: è provocato da una raffica di percussioni con il becco su tronchi o rami ed ha un significato
di delimitazione del territorio e comunicazione tra i diversi sessi.
Il picchio nero è specie politipica, ha una corologia eurosibirica: presente in Europa con la sottospecie Dryocopus martius martius
(BRIGHETTI & FRAGASSO, 2007).
In Europa nidifica dalla Finlandia settentrionale e dall’ex Unione Sovietica fino alla Grecia meridionale e alla Spagna settentrionale; è assente in Portogallo,
in Gran Bretagna, in Irlanda e su gran parte
delle isole mediterranee. In Italia è presente
prevalentemente sulle Alpi, tra i 1000 e i
1600 metri di altitudine; in Appennino centro-meridionale e insediati in piccole popolazioni relitte. È considerato prevalentemente sedentario,
anche se alcuni individui possono mostrare notevoli fenomeni di erratismo.
Originariamente il suo habitat era costituito da
estese foreste di latifoglie
con alberi malati e secchi.
Attualmente, in molte aree prealpine e collinari c’è una graduale
espansione delle popolazioni: infatti
il mancato utilizzo dei boschi cedui o
i mutati metodi di gestione silvocolturale consentono ad alcune piante di raggiungere dimensioni elevate e quindi
adatte alla nidificazione.
Il picchio nero è il picide più grande che si
trova in Italia e divide con il cuculo la prerogativa di annunziarsi in modo netto e caratteristico nel vasto e complesso mormorio del
bosco. È grande quasi come una cornacchia grigia
(Corvus corone), anche se più armonioso. Il capo,
grosso e forte con l’inconfondibile cresta rossa nel
IL PICCHIO NERO
SOVRANO DEI PICCHI
disegno di Marta da Stalliviere
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maschio, è sorretto da un collo slanciato e sottile. Il becco robusto,
a forma di piramide allungata, è dritto o debolmente arcuato, carenato e più o meno solcato, troncato in avanti, di colore chiaro e nero
in punta. È lo strumento più importante: lo arrota sulla corteccia
per costruire il nido, per mettere allo scoperto i nascondigli delle
prede ed è utilizzato come il “martelletto dello xilofono” durante il
tambureggiamento. La lingua, lunga e affilata, è sempre ricoperta
da una saliva vischiosa e può essere proiettata rapidamente all’esterno, estendendosi fino a 7 cm fuori dal becco. Un sistema di
ossa e di tessuto elastico la tiene attaccata sotto la mandibola nella
parte inferiore del capo, per poi ancorarla in una regione corrispondente alla fronte. Questo apparato slitta in avanti ogni volta che la
lingua fuoriesce. Grazie all’apparato linguale, gli è possibile estrarre
la preda dai più piccoli incavi del legno. Le narici sono generalmente situate alla base e sui lati del becco e sono più o meno ricoperte da un ciuffettino di piume, che impedisce la penetrazione
della polvere di legno che si solleva quando è al lavoro. L’occhio ha
l’iride giallastra. Le ali sono di grandezza media, con la prima remigante breve, acuminata. La coda, cuneiforme, è composta da 12 timoniere elastiche, acuminate e bifide, con le estremità rigide. Le
timoniere costituiscono la ben nota “coda a cuneo”, semplice o
doppio, e si sovrappongono tra loro con una disposizione che fa
pensare alle tegole di un tetto. Le penne della coda non mutano
contemporaneamente: le ultime a essere sostituite sono le timoniere centrali.
Si arrampica verticalmente lungo i tronchi, procedendo a salti ben
distinti e utilizzando la coda come appoggio, ma tenendo il corpo
decisamente staccato dalla superficie.
Osservandolo scendere lungo il tronco a ritroso non si può fare a
meno di notare il modo caratteristico con cui si appoggia alla coda.
La caratteristica arrampicata a scatti è però possibile solo grazie
alla trasformazione della coda in un puntello. Sul terreno non è
molto a suo agio e si muove goffamente a piccoli balzi.
I tarsi sono scannellati in avanti e generalmente reticolati o granulosi posteriormente. Le dita sono munite di robusti artigli, che gli
permettono di mantenersi in posizione eretta sui tronchi degli alberi. L’alluce, o dito posteriore interno, è qualche volta meno sviluppato o assente. Le due dita mediane sono rivolte innanzi e sono
parzialmente saldate alla base ed il quarto dito è rivolto indietro,
nella stessa direzione dell’alluce.
È dotato di un volo potente ma apparentemente “faticoso e rigido”, ricordando il volo di un piccolo corvide.
Analogamente ad altri picchi, il picchio nero comunica per mezzo di
suoni e di richiami simili a canti. Ha sviluppato un sistema di segnalazioni analogo ad un rullio di tamburo. In tal modo non solo attira l’altro membro della coppia, ma “conversa” riguardo il territorio
personale, gli alberi cavi, la scelta del luogo dove nidificare e il cambio del turno di cova. Dalla lunghezza dei singoli rullii e dall’intervallo con cui si succedono si è in grado di interpretare di volta in
volta il suo “linguaggio”.
Nei mesi di marzo e aprile, nei territori abitati dai picchi neri regna
una particolare vivacità.
Si possono udire le numerose grida che questi uccelli emettono in
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volo, una sorta di “kürrkürrkürr” e quelle penetranti dei picchi in
quiete, i noti “kijäh”.
Appostandosi presso alberi cavi si possono studiare: il tambureggiare, i voli incrociati degli uccelli accompagnati da sonore serie di
“kwih”, l’offerta di tane mediante un “ki-jak” e il martellare presso
la cavità prescelta. Nel raggio di chilometri risuona attraverso le foreste l’incessante tambureggiare costituito da tre rullii ciascun formato da 38-43 colpi, emessi in 2 secondi e mezzo.
Caratteristico è il modo di avvicinarsi di due picchi neri che con il
becco eseguono un singolare “combattimento”. Se i due esemplari sono di ugual sesso, tale esibizione ha il significato di una minaccia. Se però i due uccelli sono di sesso opposto, l’atteggiamento
combattivo si attenua e termina in un movimento oscillatorio del
capo; esso ha lo scopo di segnalare che l’animale si è acquietato.
L’atto di attirare un compagno del sesso opposto e offrirgli la cavità
dell’albero può essere compiuto sia dai maschi che dalle femmine.
Spesso già a partire dall’inverno, gli uccelli dei due sessi trascorrono
la notte dentro alberi vicini in uno stesso territorio: in tal caso la formazione delle coppie si compie in maniera discreta.
Una vecchia tana dormitorio può essere scelta più volte per l’allevamento della prole. Alcuni picchi neri hanno nidificato nella stessa
cavità anche per 6 anni consecutivi. Di solito, però, ogni anno gli uccelli scavano un nuovo nido nel fusto levigato di un albero, al di
sotto del primo ramo. Sono preferiti: il faggio, il ciliegio, l’ontano
bianco, il pino marittimo, il pino strobo, l’abete bianco o l’abete
rosso.
Una nuova costruzione può richiedere fino a 4 settimane di lavoro:
deve infatti offrire ai grossi inquilini uno spazio considerevole. Maschi e femmine lavorano a turni di durata variabile. Assai presto, il
foro assume la sua caratteristica forma di ovale allungato o presenta una volta a sesto acuto, con altezza di 10-12 cm; l’interno
può raggiungere i 55 cm, raramente anche 1 metro.
Il picchio nero pratica fori negli alberi sia per trovarvi insetti, sia per
nidificare: con il becco duro ed appuntito come un bulino, martella
con forza la corteccia dell’albero.
Il contraccolpo è ammortizzato dai possenti muscoli del collo e dalla
grande agilità delle articolazioni delle ossa e del cranio. L’uccello
esplora, con la lingua larga e morbida, il foro che ha praticato per
cercarvi insetti. Minuscoli filamenti sulla punta della lingua e una
saliva assai densa trattengono e invischiano gli insetti trovati.
Mentre scavano, si tengono aggrappati al tronco dell’albero con le
forti unghie, la cui presa è rinforzata dalla particolare posizione delle
dita: due in avanti e due indietro.
La sua natura selvatica e la predilezione per i vecchi tronchi lo spingono ad abbandonare molto presto le foreste regolarmente sfruttate.
DANIELE BERARDI (ON - CAI PESCARA)
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Nome scientifico
Dryocopus martius
(Linnaeus, 1758)
Classe
Ordine
Famiglia
Uccelli
Piciformi
Picidi
Dimensioni
Lunghezza totale: 45-57 cm - Apertura alare: 64-68 cm.
Ala maschio: 230-240 mm - Ala femmina: 229-242 mm.
Becco maschio: 59-69 mm - Becco femmina: 55-63 mm.
Tarso maschio e femmina: 34-38 mm.
Coda maschio: 158-170 mm - Coda femmina:
158-173 mm.
Peso
Maschio: 272-315 g - Femmina: 255-300 g.
Canto
Il repertorio sonoro è piuttosto ricco ed usato
frequentemente da entrambi i sessi. Il canto è
costituito da una rapida e squillante sequenza
di 10-25 “qui-qui-qui…”, preceduta da 1-2
brevi note introduttive, simili a quelle del picchio verde (Picus viridis) ma più acute, più metalliche e più uniformi. Un frequente verso di
contatto e di eccitazione, emesso non in volo
ed udibile tutto l’anno è rappresentato da un
“cli-iiii…”. Durante il volo, soprattutto in primavera, lancia una serie di “crruì-crruìcrruì…”
anche questi udibili a grande distanza.
Piumaggio
Il piumaggio è differenziato tra i sessi. Il maschio adulto è inconfondibile per il
colore nero brillante, assunto per muta completa alla fine di settembre, ad eccezione del rosso vivo della calotta, con le parti inferiori più opache e sfumate
di grigiastro. Le femmine hanno una tonalità generale più brunastra e tinta rossa
sul capo più piccola, limitata ad una macchia sulla parte posteriore del vertice.
Morfologia
È un uccello bello ed elegante, dalle forme vigorose. Caratterizzato da un corpo
allungato, ha una struttura ben differenziata: capo di forma ovoidale ben staccato dal corpo, nuca angolata ed accentuata da un abbozzo di ciuffo un po’ disordinato. Becco massiccio a forma di pugnale, con base larga ed estremità a
scalpello, di colore chiaro alla base e nero all’apice. Coda piuttosto lunga, graduata, con timoniere rigide. Zampe relativamente corte ma molto robuste, con
piede zigodattilo (due dita in avanti e due indietro).
HABITAT
Il picchio nero, pur trattandosi di una specie tipicamente forestale, non risulta
particolarmente esigente per quanto riguarda sia la struttura che la composizione del manto boschivo. Vive prevalentemente in boschi di conifere e latifoglie, tra il piano montano ed il limite superiore della vegetazione arborea. Si
adatta facilmente a cenosi secondarie, a formazioni relativamente frammentate o lineari, anche poco diversificate e sfruttate dall’uomo, purché sia garantito un buon pabulum alimentare ed idonei siti di nidificazione. Preferisce le
aree con alberi maturi, dal tronco colonnare privo di rami o parassiti vegetali, in
prossimità di ambienti di transizione con elevata biodiversità. È diffuso in genere
tra i 1000 e 1600 metri di quota; nei periodi post-riproduttivi è stato osservato
fino ai 2800 metri (BIONDA & BORDIGNON, 2006).
Estate
Inverno
4000
3000
2000
1000
300
ALIMENTAZIONE
La dieta è molto varia: lepidotteri, imenotteri e grazie al becco lungo ed affinato
alla lingua ricoperta di sostanze vischiose, cattura insetti xilofagi quali coleotteri,
larve che si nutrono del legno, con preferenza per i formicidi, che scova frugando tra le cortecce degli alberi. Occasionalmente, nel periodo estivo, si nutre
di frutti e semi secchi. Le tracce di alimentazione sono costituite da fori di forma
ovale o rettangolare fino a diversi decimetri di altezza e profondità. Di solito
sono localizzati sulla parte inferiore dei tronchi, alla cui base si possono trovare
accumuli di schegge lunghe fino a 10-15 cm.
ORGANIZZAZIONE SOCIALE
Il picchio nero è una specie solitaria, vive in coppia solo nella stagione riproduttiva. In età adulta è generalmente legato al territorio per tutto il corso dell’anno. I giovani sono più inclini a dispersioni in senso altitudinale, con comparse
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regolari in zone collinari e pedemontane, sempre più frequenti anche in pianura ed in zone costiere.
Trattandosi di uccelli territoriali, nel periodo degli amori può accadere che due
maschi si sfidino aggrappati ai tronchi, con atteggiamenti ritualizzati di intimidazione che non raggiungono quasi mai il livello di scontro diretto.
RIPRODUZIONE
La prima fase delle manifestazioni nuziali del picchio nero inizia alla fine di gennaio raggiunge il suo culmine nel mese di marzo. Al tambureggiamento e alle
grida si aggiungono allora le parate, in cui le coppie si muovono in tondo allungando il collo in avanti, si appendono appendendosi ai rami, dondolando ed
agitando il capo. Scelto quindi un albero a tronco liscio (faggio o conifera), i maschi in particolare iniziano a scavare il nido. Tra la fine di aprile e tutto il mese
di maggio le femmine depongono le uova, che variano da 4 a 6. Durante l’incubazione (12-14 giorni) i genitori si danno il cambio ogni 2-3 ore, seguendo un
preciso cerimoniale. Il picchio nero che dà il cambio accorre in volo da una
certa distanza gridando “kürr” e rimane qualche tempo nelle vicinanze del nido.
In seguito si posa o su un albero vicino a quello che ospita la famigliola oppure
su un ramo della stessa pianta, lanciando i propri “ki-jak”. Il compagno impegnato a covare risponde con un forte e rapido martellio (fino a 40 colpi in 9 secondi).
A questo punto l’uccello pronto a sostituire il compagno nella cova si posa un
po’ al di sotto del foro di accesso, ed i suoi “ki-jak” diventano più frequenti. Il
martellare cessa e l’uccello che termina il proprio turno vola via .Il maschio rimane sulla covata con i piccoli in seguito durante la notte.
A 28 giorni i giovani di picchio nero sono in grado di volare.
PREDATORI
I grossi picchi neri non sono minacciati da molti nemici. Il più pericoloso è la
martora, che si può infilare nel nido e catturarlo mentre dorme. L’astore, il rapace specializzato per la vita nella foresta, riesce qualche volta a piombargli
addosso in pieno giorno uccidendolo, soprattutto all’epoca degli amori.
RAPPORTI INTERSPECIFICI
Il picchio nero è tendenzialmente schivo e poco socievole, solitario durante
tutto l’anno, non sempre timoroso nei confronti dell’uomo.
Tranne nel periodo riproduttivo, maschi e femmine possiedono territori personali separati. Se nel corso della giornata vengono a contatto, avvengono liti a
volte anche mortali.
Oskar Heinroth, fondatore dell’etologia comparata, dichiara: “Se scacciassimo
un picchio nero intento a covare dalla sua tana e dopo qualche tempo comparisse la sua compagna, tra i due uccelli all’aperto nascerebbe un aspro litigio. Anche quando un uccello si posa sull’albero che ospita il suo nido, l’altro
subito esce fuori a precipizio. Si ha la sensazione, per quanto ciò sia orribile per
ciascuno dei due uccelli, che in tutta la faccenda dell’incubazione e nell’allevamento dei piccoli ci sia di mezzo un secondo pretendente”.
LONGEVITÀ
L’età massima riscontrata in un esemplare di questa specie è di 4 anni.
CONSERVAZIONE
La specie ha uno status di conservazione favorevole in Europa. Nel corso dei
decenni ha sofferto notevolmente per la distruzione, trasformazione e frammentazione degli habitat di alimentazione e riproduzione.
In Italia è tutelato dalla Legge 157/92 art.2 - “specie particolarmente protetta”. È inserito nell’Allegato 1 della Direttiva Uccelli (79/409/CEE) - “specie nei confronti della quale sono previste misure speciali di conservazione per
quanto riguarda l’habitat”. E nell’Allegato 3 della Convenzione di Berna “specie rigorosamente protetta”.
DISTRIBUZIONE IN ITALIA
Diffuso su tutto l’arco alpino (da 1.300 a 3.700 coppie) con recente incremento
ed espansione territoriale, più marcata nei settori centrale ed orientale, con limite occidentale nelle Alpi Marittime (BRICHETTI & FRAGASSO, 2007). Nell’Appennino la presenza è scarsa (da 100 a 150 coppie), localizzate in stazioni
isolate della Campania, Basilicata, Abruzzo e Molise. Di recente sono stati segnalati esemplari anche nell’Appennino tosco-romagnolo (CECCARELLI et al.,
2003).
DANIELE BERARDI (ON - CAI PESCARA)
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DICONO
DI
ME
U
n picchio che tiene a posto la lingua… la tiene nella testa! Come il formichiere gigante, il picchio
srotola una lingua appiccicosa, interminabile, per stanare gli insetti dai loro nascondigli. Quando è retratta, questa lingua sta ripiegata dentro un condotto tubolare che gira tutt’attorno al cranio e s’inserisce sulla fronte. Fuoriesce di parecchi centimetri dal becco per frugare i buchi e le cortecce. Il
picchio è una macchina da arrampicata. Diversamente dalla gran parte degli uccelli, le sue dita sono
disposte a coppie (due davanti e due dietro), il che gli permette di rimanere saldamente attaccato ai
tronchi verticali, mentre la coda di robuste piume gli fa da treppiede. Grazie al becco potente, munito di cuscinetti cartilaginei antiurto e di rinforzi per evitare che il cranio si sfondi a causa dei contraccolpi, il picchio scava buchi nel legno tenero (e, vale la pena sottolinearlo, di rado negli alberi
sani).
La “professione” principale del picchio è di medico degli alberi, che l’uccello libera dagli insetti che
li rosicchiano, un po’ come la bufaga dà sollievo ai grandi erbivori africani. Ma il picchio è anche un
architetto e falegname per molti animali che nidificano nelle cavità. A colpi di becco scava negli alberi nidi a tre stelle per allevare la propria covata. La stagione successiva, quei buchi saranno riutilizzati da storni, cince, allocchi, picchi muratori, piccioni, colombelle, scoiattoli e tanti altri animali.
Le zuffe che si scatenano fra gli squatters per occupare il posto sono a volte piuttosto serie.
Il tambureggiamento rapido dei picchi non è il rumore degli uccelli che si nutrono, ma un richiamo
territoriale e nuziale. Stando alle osservazioni di alcuni ornitologi finlandesi, i picchi riconoscono
persino il lato di un tronco che delimita il loro dominio. Dato che cantano male, questi uccelli hanno
scelto le percussioni per far risuonare i loro messaggi d’amore, che si possono sentire a partire da febbraio.
Marc Giraud “Il kamasutra delle libellule”.
Durante lo scavo del nido sugli alberi, l’individuo di una coppia intento nel lavoro si pone
all’entrata della cavità e la picchia lentamente. Questo ritmo particolare è un modo per richiamare l’attenzione del compagno e farsi dare il cambio nell’opera di scavo. Quindi i diversi ritmi del picchiettio servono per comunicare con i propri simili, di volta in volta,
inviando messaggi diversi.
S. Busatta (Internet)
Picchio nero
Sono nel bosco e, non so perché, penso al Sabato del Villaggio. Sono i versi “e s’affretta, e s’adopra/di
fornir l’opra anzi il chiarir dell’alba” che clandestini vengono a galla nella mia mente. Anzi, ora so il perché: è il martellare di quel picchio. Non lo vedo ma lo immagino. Lavora di scalpello per procurarsi il
cibo. Le zampe come ramponi da rocciatore, la coda un puntello comodo, solido e robusto. E poi c’è
lo scalpello con cui spacca il legno. Il rumore è discontinuo, sapiente, direi quasi descrittivo di quanto
sta facendo. Per questo ho pensato all’artigiano, o meglio il pensiero m’è uscito dal profondo senza che
la volontà intervenisse. O addirittura è uscito contro la mia volontà, perché certo non mi diverte produrre associazioni del tipo “gli animali e l’uomo”.
Perciò non vi dirò se il picchio ha qualcosa in comune con l’artigiano; preferisco partire da quel suono
laborioso per raccontarvi che il picchio, col suo scalpello, sa produrre anche altri suoni. Potrei dire questo: il becco del picchio è scalpello quando l’uccello lavora [...], è invece un martelletto da xilofono
quando trasmette messaggi [...]. Col tambureggiamento questo animale comunica anche. Così per esempio il maschio di picchio nero segnala il possesso del territorio con una ben definita scarica di colpi,
ugualmente intervallati. Posso essere, al proposito, preciso: il rullio consta esattamente di 38-45 colpi,
dura da 2,10 a 2,69 secondi e viene trasmesso fino a 3 volte in un minuto. L’effetto del messaggio è
chiaro: attraente per le femmine, repellente per i maschi. Ma, intendiamoci, femmine e maschi del picchio nero, perché ogni specie ha un suo diverso tambureggiamento territoriale.
Danilo Mainardi (La strategia dell’aquila)
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MERCOLEDI
GIOVEDI
VENERDI
SABATO
DOMENICA
LUNEDI
MARTEDI
MERCOLEDI
GIOVEDI
VENERDI
SABATO
DOMENICA
LUNEDI
MARTEDI
MERCOLEDI
GIOVEDI
VENERDI
SABATO
DOMENICA
LUNEDI
MARTEDI
MERCOLEDI
GIOVEDI
VENERDI
SABATO
DOMENICA
LUNEDI
MARTEDI
MERCOLEDI
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쐟
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140. PICCHIO ROSSO MAGGIORE
Nome scientifico
Picoides major
(Linnaeus, 1758)
Classe Uccelli
Ordine Piciformi
Famiglia Picidi
Caratteristiche. Dimensioni medie nella famiglia dei Picidi, il picchio rosso maggiore è lungo 24-26 cm e
pesa circa 70-100 g. È riconoscibile per la colorazione nera del capo, risaltano gola e guance bianche separate da una sottile linea nera, che parte dal becco appuntito. Nel maschio adulto si nota una evidente macchia rossa sulla nuca e nel sottocoda. Come tutti i picchi, le zampe robuste sono provviste di due dita
anteriori e due posteriori, che garantiscono una buona presa sul tronco, soprattutto in fase di tambureggiamento (caratteristico picchiare con 10-12 colpi di becco al secondo sul tronco, per segnare il territorio nell’epoca degli amori). Il picchio, inoltre, si àncora al legno dell’albero grazie ai forti artigli e al sostegno della
coda rigida, che serve da appoggio soprattutto nella fase di scavo per la ricerca del cibo e per la formazione
del nido.
Habitat e diffusione. È prevalentemente diffuso nel settore collinare pedemontano, non supera gli 800 m
slm, è sporadico in pianura, soprattutto dove c’è monocoltura, però si rinviene nella vegetazione delle golene ripariali. Non è inconsueto trovarlo anche in aree urbane dove colonizza parchi e giardini in cui sono presenti alberi di discrete dimensioni. Il suo ambiente preferito, comunque, è quello dei boschi decidui montani
e pedemontani. È diffuso in tutto il territorio italiano ed europeo, con esclusione delle regioni più settentrionali, Irlanda ed Islanda.
Ph Giulio Compostella
Riproduzione. La coppia scava il nido nel
tronco di un albero usando il becco come
scalpello (a terra si notano evidenti scaglie di legno), l’apertura circolare ha il diametro di circa 5 cm, all’altezza di 3-10
metri, la forma della cavità è dapprima
orizzontale e poi scende verticalmente all’interno del tronco per 40-60 cm. Il periodo riproduttivo comincia con il
corteggiamento a fine inverno: quando si
è formata la coppia, la femmina depone
4-6 uova (aprile), covate per lo più dal maschio (cosi anche per le altre specie di picchio). Dopo 15 giorni nascono i piccoli,
che vengono svezzati per circa 20 giorni .
Canto e richiamo. Non si può definire
canto il verso dei picchi, piuttosto è un
grido di allarme “ki” ripetuto, meno acuto
rispetto a quello del picchio verde.
Abitudini e alimentazione. Il picchio
rosso maggiore è prevalentemente insettivoro, però nel periodo invernale diventa frugivoro, nutrendosi quindi anche
di frutti e semi. Dopo aver incastrato i
coni degli abeti e dei pini nella corteccia
scabrosa di qualche albero, il picchio
rosso maggiore estrae i semi per nutrirsene in tutta tranquillità. Durante lo svezzamento dei piccoli può predare anche uova e pulli di altri uccelli.
Curiosità. La lingua dei picchi è molto lunga, appiccicosa e retrattile; viene inserita nelle cavità poco profonde scavate dal picchio stesso alla ricerca di larve di insetti, per lo più xilofagi. Data la sua notevole lunghezza, il picchio deve avvolgerla in una cavità craniale tra il becco e la fronte. Un’altra caratteristica dei
picchi è la presenza di muscoli molto forti, che riescono a produrre rapidi movimenti della testa nella attività
di scavo; i colpi di becco vengono ammortizzati grazie ad una specie di cuscinetto posto proprio sulla fronte
dell’uccello.
ORSOLA DISSEGNA (ON - CAI CITTADELLA)
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141. PICCHIO VERDE
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Nome scientifico
Picus viridis
(Linnaeus, 1758)
Classe Uccelli
Ordine Piciformi
Famiglia Picidi
Caratteristiche. Più piccolo della cornacchia, molto simile al picchio cenerino, è lungo 31-33 cm, ha un’apertura alare di 40-42 cm e un peso variabile tra i 140 e i 200 g. Le parti superiori sono di colore verde con sfumature grigio-verdi, il dorso (evidente soprattutto in volo) è giallo-verdastro, mentre i lati della testa e le parti
inferiori fino al petto sono grigio-verdastre. Il ventre, in genere, ha lateralmente tonalità verde-giallastre.
Possiede una coda grigio-bruna, con fasce chiare soprattutto sulla parte inferiore, diversamente dal picchio
cenerino. Quando è posato, il carattere distintivo più evidente è il rosso presente sulla testa, esteso tra la
fronte e la nuca. La maschera facciale nera va dall’attaccatura del becco fino dietro agli occhi e sotto alle
penne auricolari. Il maschio ha un mustacchio rosso bordato di nero accanto all’attaccatura del becco, mentre quello della femmina è completamente nero. Nei giovani, che complessivamente appaiono più scuri
degli adulti, il rosso della testa tende all’arancione e la maschera facciale nera consiste soltanto in un tenue
mustacchio; i lati della testa, il mento, la gola ed il collo sono striati di scuro verticalmente, e le restanti parti
inferiori sono barrate di scuro orizzontalmente. Il volo è profondamente ondulante, con lunghe pause ad ali
chiuse tra ogni impennata.
Habitat e diffusione. Frequenta i margini dei boschi di latifoglie e misti (in montagna anche i boschi di conifere), i parchi, i quartieri residenziali con giardini, i frutteti e gli incolti con alberi. Nei grandi boschi si insedia solo se sono presenti radure o altri spazi aperti, che gli sono necessari per cercare il cibo. Nidifica in
Europa e nell’Asia occidentale: l’areale va dalla Spagna e dalla Gran Bretagna fino alla Scandinavia centrale
ed alla Russia europea, e a Sud comprende il Caucaso, l’Anatolia e l’Iran
Ph R.D.B.
settentrionale. In Italia è sedentario e nidificante (talvolta migratore irregolare), a distribuzione ampia e presenza diffusa, comune dalle Alpi
alla Calabria, tra il livello del mare e i 2000 m circa di quota, ma scarso
sopra i 1200 m. Manca in Sicilia (dove è scomparso negli anni Trenta) e
in Sardegna.
Riproduzione. Nidifica in buchi che costruisce da solo, oppure in cavità
già disponibili su alberi, scavando nuove nicchie in quelli marcescenti. La
femmina depone per un’unica covata annua, da marzo-aprile (nei casi più
precoci) fino ad inizio estate, 5-8 uova bianche che vengono covate, soprattutto dal maschio, per 15-17 giorni. I piccoli lasciano il nido a 23-27
giorni. Dopo l’involo le famiglie restano unite ancora per 3-7 settimane.
Canto e richiamo. Durante il periodo riproduttivo emette una sonora risata, composta da una serie di “klue”, non melodicamente in calando,
ma anche dei brevi “kiaek”. In volo spesso produce degli acuti “diuk”
e, nell’atteggiamento aggressivo, dei “kiacik”. Contrariamente al picchio cenerino, tambureggia molto raramente.
Abitudini e alimentazione. Non essendo un vero e proprio scavatore
di alberi, staziona spesso sul terreno (formicai, ceppi) dove ricerca il cibo,
come il picchio cenerino. Onnivoro, si nutre prevalentemente di formiche di varie specie, ma anche di altri insetti. Occasionalmente ingerisce
lombrichi e chiocciole, come anche bacche e frutti.
Curiosità. Il picchio verde è la specie dell’avifauna europea, torcicollo a
parte, ad essersi più specializzata nella ricerca delle formiche. Ha una lingua vermiforme molto sottile che
può estroflettere fino a 10 cm di distanza e che sembra capace di percepire, grazie alla sensibilità delle cellule gustative, la presenza di prede nascoste nel legno. Essa è appiccicosa e provvista, sulla punta uncinata, di piccoli arpioncini. Il picchio scava col becco dei buchi a forma di imbuto nei nidi delle formiche e nei
tronchi marcescenti, introducendovi poi la lingua, cosicché le tenere larve e le pupe restano impigliate negli
arpioncini. Gli insetti adulti, ricoperti dalla dura chitina, vengono catturati principalmente dalla saliva appiccicosa che ricopre la lingua che, per essere mantenuta umida, viene frequentemente ritirata nella cavità
orale.
Quando trova un sito particolarmente ricco d’alimento lo saccheggia pazientemente, visitandolo anche più
volte. È in grado di reperire con grande sicurezza i formicai anche sotto la neve, arrivando a spostare spessori di 25-30 cm o scavando addirittura delle gallerie.
Il becco di questa specie è meno adatto a martellare il legno rispetto a quello di altri Picidi. Per tale motivo
preferisce usare, come nidi e luoghi di riposo nel semestre freddo, cavità già esistenti, che modifica solo
leggermente. Scava nuovi buchi solo nel legno tenero, di solito dove un principio di marcescenza facilita il
lavoro. Spesso nei tronchi si notano degli inizi di scavi poi abbandonati: una parte di questi sono opera proprio del picchio verde.
LUCA DE BORTOLI (ON - CAI BELLUNO)
8-09-2009
9:46
Pagina 14
DICEMBRE 2010
12 Dicembre 2010 ok.:Layout 1
Ph Roberto Zanette
11
MERCOLEDÌ
S. Eligio
48 . 335 - 30
7,51
16,39
142. CARDELLINO
Nome scientifico
Caratteristiche. Per il suo inconfondibile disegno
della testa che alterna rosso, bianco e nero è forse
il Fringillide più conosciuto. Le parti superiori del
corpo sono variabili dal bruno-nocciola al grigio-brunastro mentre il ventre e la sottocoda presentano
una colorazione biancastra, variabile a seconda del
sesso e della sottospecie. Le ali (escluso un ampio
specchio giallo) e la coda sono nere con apici delle
penne bordate più o meno vistosamente da perlature bianchicce. Per il suo disegno netto ed il variopinto piumaggio, da sempre è una delle specie
maggiormente impiegate in ibridazione. La lunghezza può essere variabile tra gli 11 ed i 16 cm, in
base alle diverse sottospecie. Il becco è biancastrorosato, con l’apice nerastro od azzurrognolo, e diventa chiaro all’epoca degli amori. Zampe brune. Le
femmine differiscono dai maschi per piccoli dettagli
che solo l’occhio più esperto e specializzato riesce a
cogliere: leggermente più piccole, tinte più pallide, la
testa più arrotondata, la mascherina rosso-arancio
non oltrepassa l’occhio, la spalla è grigio-verdastra
anziché nera.
Habitat e diffusione. Largamente adattato a diversi
habitat, il cardellino predilige arrampicarsi agilmente
sui rami degli alberi: raramente si posa a terra, dove
riesce goffamente a spostarsi saltellando. Ama stare
nei frutteti, ma non disdegna orti e giardini discretamente alberati, dove riesce a reperire il proprio nutrimento. Nella stagione invernale si riunisce in
stormi medio-piccoli e compie parziali migrazioni
verso territori in cui il clima più mite favorisce l’approvvigionamento di cibo. In Italia è stanziale nel
centro e in meridione. Nelle regioni più a Nord è migratore parziale. Nidifica in tutte le regioni fino a
1500-1600 metri di quota.
Riproduzione. La riproduzione inizia ad aprile e solitamente una coppia porta a termine tre covate. La
femmina, senza l’aiuto del maschio, costruisce il
nido sugli alberi e abitualmente lo pone all’estremità
di un ramo alto. Il nido è fatto con muschio, rametti
e steli e viene rivestito all’interno con peli o morbido
materiale vegetale. Le uova deposte sono da tre a
sei e sono di colore bianco-bluastro-verdastro, punteggiate di rosso-bruno. Vengono covate per un periodo da 12 a 14 giorni dalla femmina, che nel
frattempo viene nutrita dal maschio. I piccoli vengono nutriti con semi e animaletti rigurgitati dai genitori e lasciano il nido dopo una quindicina di giorni
Carduelis carduelis
(Linnaeus, 1758)
Classe Uccelli
Ordine Passeriformi
Famiglia Fringillidi
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
M G V S D L M M G V S D L M M
12
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GIOVEDÌ
S. Bibiana
48 . 336 - 29
7,52
16,38
dalla nascita, senza allontanarsi
comunque troppo dai genitori
anche quando sono in procinto
della seconda covata.
Canto e richiamo. Il canto vario
e modulato, ricorda quello del canarino. Il canto del cardellino (o
trillo) è un “tsuitt-uitt-uitt” liquido
e caratteristico, difficile da scrivere, ma inconfondibile. Canta
praticamente tutto l’anno, ad eccezione del periodo della muta.
Abitudini e alimentazione. Il
nome stesso deriva dai semi
della pianta del cardo, di cui questi uccelli sono ghiotti, specialmente del Cardo rosso, e del
Cardo dei lanaioli. Oltre che di
questi si nutre anche di semi di
acetosa, agrimonia, cicoria,
romice, senecio, tarassaco e girasole. Si ciba anche di piccoli insetti. È facile vedere i cardellini
impegnarsi abilmente in acrobazie, anche a testa in giù, per raccogliere il cibo.
9:46
13
Pagina 15
VENERDÌ
S. Francesco Saverio 7,52
16,38
48 . 337 - 28
Curiosità. La sua bellissima livrea ne fa una specie molto ricercata, anche dai bracconieri. Il
cardellino non tollera la vita in
gabbia, tanto che la maggior
parte degli esemplari catturati
muore subito o durante la prima
muta. Spesso è affetto da epilessia, in vecchiaia può diventare
cieco. Il cardellino è, inoltre, simbolo della passione: si dice si
chiami così perché anticamente
si pensava vivesse tra cardi e
spine. La sua connessione con il
Cristo è giustificata da una leggenda cristiana, ove si narra che
un cardellino si fosse messo ad
estrarre le spine della corona che
trafiggeva il Cristo crocifisso e
che si fosse trafitto a sua volta,
sporcandosi anche del sangue di
Gesù: l’uccellino sarebbe così rimasto per sempre con la macchia rossa sul capo.
SONIA STRAMARE
(ON - CAI FELTRE)
SABATO
14
S. Barbara
48 . 338 - 27
15
IIa di Avvento
48 . 339 - 26
7,53
16,38
DOMENICA
7,54
16,38
16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
G V S D L M M G V S D L M M G V
DICEMBRE 2010
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DICEMBRE 2010
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16
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LUNEDÌ
S. Nicola
49 . 340 - 25
7,55
16,38
9:48
7
Pagina 16
MARTEDÌ
MERCOLEDÌ
18
Imm. Concezione 7,56
16,38
49 . 342 - 23
Tichodroma muraria
(Linnaeus, 1766)
Classe Uccelli
Ordine Passeriformi
Famiglia Ticodromidi
S. Ambrogio
49 . 341 - 24
7,55
16,38
143. PICCHIO MURAIOLO
Nome scientifico
Caratteristiche. Piccolo uccello, inconfondibile, dell’ordine dei Passeriformi: la sua apertura alare è di
26-27 cm e il suo peso di circa 20 g. Presenta dei colori contrastanti: il corpo è grigio, la coda è nera bordata di bianco, le ali, arrotondate, sono nere con
macchie bianche e con un’ampia zona centrale
rosso-carminio. La gola è nera d’estate, biancastra
d’inverno. Il becco è lungo e sottile, incurvato verso
il basso. Il suo volo ricorda quello di una farfalla.
strette fenditure; più raramente viene ubicato in costruzioni, buchi e crepe dei muri. La femmina vi depone 3-5 uova e le cova da sola per circa 20 giorni,
regolarmente alimentata dal maschio. I piccoli restano nel nido per 3-4 settimane.
Habitat e diffusione. Specie rupicola, vive in zone
rocciose, dove predilige le esposizioni a Nord, fresche e umide, durante la bella stagione e le parti soleggiate in inverno. Soprattutto durante lo
svernamento frequenta costruzioni come muraglie,
ponti, dighe, edifici di vario tipo, anche abitati. È diffuso in tutte le alte montagne dell’Eurasia meridionale. In Italia è stanziale, erratico, nidificante sulle Alpi
e, molto localizzato, sull’Appennino centrale e meridionale, a quote di solito comprese fra 600 e 2700
m.
Riproduzione. Il nido è situato di solito nella roccia
su pareti a strapiombo, nel fondo di profonde e
Canto e richiamo. La voce è un basso e lamentoso
“pi-pi-pi”, oppure un cinguettio.
Abitudini e alimentazione. È tendenzialmente stanziale, ma d’inverno compie spostamenti verso il
basso nelle vallate e anche fino a livello del mare. Si
alimenta di piccoli insetti e altri artropodi che ricerca
con il lungo becco negli interstizi delle rocce.
Curiosità. Questa specie è di difficile osservazione,
ed è l’unico rappresentante della famiglia Tichodromididae. Suoi “parenti stretti” sono i picchi muratori
(famiglia Sittidae) e i rampichini (famiglia Certhiidae).
Uccello che ha bisogno di territori ampi, soprattutto
in inverno, quando le prede scarseggiano.
FRANCESCA TAMI (ON - CAI MANZANO)
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
M G V S D L M M G V S D L M M
19
8-09-2009
GIOVEDÌ
S. Siro
49 . 343 - 22
7,56
16,38
9:48
110
Pagina 17
VENERDÌ
N.S. di Loreto
49 . 344 - 21
7,57
16,38
SABATO
111
S. Damaso
49 . 345 - 20
112
IIIa di Avvento
49 . 346 - 19
7,58
16,38
DOMENICA
7,58
16,38
Ph Michele Zanetti
16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
G V S D L M M G V S D L M M G V
DICEMBRE 2010
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DICEMBRE 2010
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113
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LUNEDÌ
S. Lucia
50 . 347 - 18
7,59
16,38
9:49
14
Pagina 18
MARTEDÌ
S. Giov. della Croce 7,59
16,38
50 . 348 - 17
115
MERCOLEDÌ
S. Paola di R.
50 . 349 - 16
8,00
16,39
144. UPUPA
Nome scientifico
Caratteristiche. L’upupa è lunga 25-29 cm, con apertura alare di 44-48 cm, becco lunghissimo ed aguzzo
leggermente incurvato. Sul capo porta un ciuffo a
ventaglio di penne erettili, di colore marrone-chiaro.
Il suo piumaggio è caratterizzato da un colore gialloargilla, con striature bianche e nere sulle ali e sulla
coda.
Canto e richiamo. In primavera, nel periodo degli
amori, si può facilmente notare il ripetuto e monotono “uu-puu-puu”, il caratteristico richiamo degli
adulti.
Habitat e diffusione. Uccello migratore, giunge in
Italia in primavera per poi ripartire a settembre e svernare in Africa. I suoi ambienti ideali sono prati e vigneti, con disponibilità di filari d’alberi e vecchi ruderi
in cui trovare una cavità adatta al nido. L’upupa è diffusa nell’Europa centro-meridionale, in Asia e Africa
settentrionale.
Riproduzione. In primavera le coppie cercano una
cavità negli alberi o nei fabbricati rurali per fare il nido,
in cui deporre da 2 a 9 uova di color grigio-giallino o
verde-oliva. Dopo 15-16 giorni nascono i piccoli che
vengono svezzati in 4 settimane. I piccoli di upupa
hanno una particolare peculiarità: sono in grado di allontanare i predatori dal nido, rilasciando un odore
nauseabondo prodotto da una specifica ghiandola.
Upupa epops
(Linnaeus, 1758)
Classe Uccelli
Ordine Coraciformi
Famiglia Upupidi
Abitudini e alimentazione. Si nutre prevalentemente di insetti di vario tipo, che cattura nei prati; si
tratta di larve di invertebrati ma anche di ragni, molluschi, lombrichi, lucertole e in particolare riesce ad
individuare nel terreno le larve di processionaria.
Curiosità. Il canto dell’upupa nella mitologia era considerato come presagio di sventura; ancora oggi,
nella cultura popolare, è considerato uccello del malaugurio. Venne citata anche nei versi poetici di Ugo
Foscolo e di Eugenio Montale. Nel passato l’upupa
era rappresentata negli stemmi di cittadine tedesche
o di casate nobili; oggi rappresenta il simbolo adottato dalla LIPU.
ORSOLA DISSEGNA (ON - CAI CITTADELLA)
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
M G V S D L M M G V S D L M M
116
8-09-2009
GIOVEDÌ
S. Adelaide
50 . 350 - 15
8,01
16,39
9:50
117
Pagina 19
VENERDÌ
S. Lazzaro
50 . 351 - 14
8,01
16,40
Ph Mirko Destro
SABATO
118
S. Graziano
50 . 352 - 13
119
IVa di Avvento
50 . 353 - 12
8,01
16,40
DOMENICA
8,02
16,40
16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
G V S D L M M G V S D L M M G V
DICEMBRE 2010
12 Dicembre 2010 ok.:Layout 1
DICEMBRE 2010
12 Dicembre 2010 ok.:Layout 1
120
8-09-2009
LUNEDÌ
S. Liberato
51 . 354 - 11
8,02
16,40
9:51
21
Pagina 20
MARTEDÌ
S. Pietro Canisio 8,02
16,40
51 . 355 - 10
145. PICCHIO MURATORE
Caratteristiche. Il picchio muratore può raggiungere una
lunghezza di 16 cm e possiede un piumaggio le cui parti
superiori sono di un colore grigio-plumbeo e quelle inferiori color ruggine. La gola ed il mento sono bianchi ed
una stria nera attraversa l’occhio. Le zampe sono brunogiallastre. Sessi simili. Il peso di un adulto si aggira sui
22-25 grammi. Il suo volo non è molto rapido ma assai
leggero ed è capace di percorrere, senza fermarsi, lo
spazio che divide un albero dall’altro che talora può essere lungo anche un chilometro.
Habitat e diffusione. Preferisce le boscaglie d’alto
fusto, ricche di cespugli e di arboscelli, e predilige in particolare le querce ed i castagni. Non ama frequentare i
boschi di conifere e non teme l’uomo, poiché frequenta
i giardini ed i viali alberati delle città.
È diffuso in quasi tutta l’Europa, ad eccezione delle regioni più settentrionali, in gran parte dell’Asia e nel Marocco. Ovunque è sedentario. In Italia è diffuso e
stazionario ovunque, tranne che in Sardegna.
Riproduzione. Nidifica all’inizio della primavera, quasi
sempre nelle cavità dei tronchi o dei muri. La femmina
depone da 5 a 9 uova, di colore bianco cosparse di puntini rossi. La cova, che dura 15 giorni, è affidata unica-
Nome scientifico
Sitta europaea
(Linnaeus, 1758)
122
MERCOLEDÌ
S. Francesca Cabrini 8,03
16,41
51 . 356 - 9
Classe Uccelli
Ordine Passeriformi
Famiglia Sittidi
mente alla femmina, mentre alla cura della prole si dedicano entrambi i genitori.
Canto e richiamo. “Sit”; grido d’allarme: “tvettvet”; il
canto è un forte fischio: “tuit tuit tuit”.
Abitudini e alimentazione. La sua alimentazione è costituita da insetti, ragni, larve, uova, faggiole, nocciole,
bacche e semi di vario tipo che immagazzina nelle spaccature nei buchi o cavità dei tronchi. Il cibo lo cerca sui
rami, nelle fessure della corteccia. È capace di rompere
le noci premendole nelle fessure della corteccia degli alberi.
Particolarità del picchio muratore è quella di ingerire, per
agevolare la digestione, una grande quantità di sabbia e
di sassolini. Spesso d’inverno lo si vede insieme ad altri
piccoli passeriformi (cince, regoli, codibugnoli), che in un
unico stormo battono il bosco alla ricerca di cibo.
Curiosità. Si chiama così perché “mura” con l’argilla il
foro d’entrata del suo nido scavato nei tronchi, riducendolo e lasciando solo un passaggio grande quanto lui
stesso. Sono gli unici uccelli che si arrampicano sugli alberi muovendosi a testa in giù.
PATRIZIA REZZONICO (OTAM - CAI SEM MILANO)
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
M G V S D L M M G V S D L M M
123
8-09-2009
GIOVEDÌ
S. Giovanni da Kety 8,03
16,41
51 . 357 - 8
9:52
124
Pagina 21
VENERDÌ
S. Delfino
51 . 358 - 7
8,04
16,41
Ph Giulio Compostella
SABATO
125
S. Natale
51 . 359 - 6
126
S. Stefano
51 . 360 - 5
8,04
16,42
DOMENICA
8,04
16,42
16 17 18 19 20 21 22 23 24 25 26 27 28 29 30 31
G V S D L M M G V S D L M M G V
DICEMBRE 2010
12 Dicembre 2010 ok.:Layout 1
DICEMBRE 2010
12 Dicembre 2010 ok.:Layout 1
127
8-09-2009
LUNEDÌ
S. Giovanni Ev.
52 . 361 - 4
8,04
16,43
9:53
28
Pagina 22
MARTEDÌ
SS. Innocenti
52 . 362 - 3
8,04
16,43
129
MERCOLEDÌ
S. Tommaso B.
52 . 363 - 2
8,05
16,44
146. PASSERO ITALIANO
Nome scientifico
Caratteristiche. È un uccellino di forma tozza, becco conico e appuntito, coda tronca, zampine gracili adatte più
al saltello che alla camminata, lungo circa 16 centimetri
e con apertura alare di circa 20 centimetri. In Italia è
molto comune, l’elegante passero Italiano (Passer italiae): di colore grigio, sfumato di marrone e bruno, dal carattere irrequieto, vivace, garrulo. Il maschio ha il capo
bruno, oscurato da strie fulve, in inverno; castano con
guance bianche, e bavaglio nero in estate, che non si
estende nelle parti inferiori, uniformemente grigie, ed è
molto ridotto in inverno. La femmina è più giallo-bruna,
striata di chiaro sopra, di un chiaro fulvo di sotto; presenta un’ampia stria chiara dietro l’occhio.
Habitat e diffusione. Il passero italiano è specie diffusa
in tutta la nostra Penisola, nonché in Sicilia, in Corsica e
nell’isola di Creta. Vive quasi sempre vicino alle abitazioni
dell’uomo, nidificando nei luoghi più diversi. Esistono
molte varietà di passeri molto simili tra loro, con variazioni di colore nelle piume. Il Passero domestico o europeo è comune in tutta l’Europa, l’Asia, l’America e la
Nuova Zelanda; ha un piumaggio castano-bruno con
macchie brune nella parte superiore del corpo mentre è
grigio o biancastro inferiormente. Il Passero repubblicano, diffusissimo in Africa, vive in enormi stormi. Il Passero solitario, più lungo dei precedenti (circa 25
centimetri), ha un piumaggio azzurro-grigio nel maschio,
mentre le femmine sono bruno-grigie; è comune nell’Europa meridionale, nell’Africa settentrionale e nell’Asia
centrale e, come dice il suo nome, vive appartato, schivo
su colline, montagne sassose e rocciose; se raccolto giovane si adatta bene anche alla gabbia, facendosi apprezzare per il suo canto melodioso; è un uccellino
migratore verso Sud d’inverno. Il Passero mattugio o
montano con una macchia nera sulle guance e più selvatico delle specie precedenti, tende a tenersi lontano
dagli insediamenti umani, frequentando colline e montagne boscose dove nidifica nelle cavità degli alberi; è
anch’esso migratore nel periodo freddo.
Riproduzione. Il comportamento del passero durante il
periodo degli amori è molto interessante. All’inizio di gennaio il maschio stabilisce un suo territorio ed ogni mattina; recandovisi, avverte col suo canto di averne preso
possesso. All’avvicinarsi di una femmina, il maschio
canta con più insistenza e saltella davanti al foro d’entrata del futuro nido (piccole aperture naturali), sollevando la coda e la testa, poi entra, seguito a ruota dalla
femmina. Dopo poco la femmina esce ed il maschio inizia di nuovo a cantare. Questo rituale viene ripetuto un
certo numero di volte, dopo di che la coppia si unisce definitivamente: i primi accoppiamenti avvengono in genere in aprile e le varie coppie nidificano spesso le une
vicino alle altre; nel corso dell’estate le coppie nidificano
Passer italiae
(Vieillot, 1817)
Classe Uccelli
Ordine Passeriformi
Famiglia Ploceidi
1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11 12 13 14 15
M G V S D L M M G V S D L M M
130
8-09-2009
GIOVEDÌ
S. Eugenio
52 . 364 - 1
8,05
16,44
9:53
131
Pagina 23
VENERDÌ
S. Silvestro
52 . 365 - 0
almeno tre o quattro volte. I nidi sono collocati nei luoghi
più diversi: nelle buche di edifici, in cavità di alberi di alto
fusto o tra cespugli più bassi e sono piuttosto rozzi, fatti
di paglia, fieno, stoppa, setole, lana, crine, pezzetti di
carta. I nidi collocati sugli alberi sono provvisti di una
“volta” nella parte superiore. Le covate possono consistere di tre, cinque, fino ad otto uova, di colore variabile
da azzurro-brunastro fino a bianco-rossiccio punteggiato
di bruno. I genitori si alternano nella cova per due settimane poi nutrendo i piccoli. Quando i piccoli hanno appreso a volare da qualche giorno, i genitori si apprestano
a una seconda covata, che sarà pronta in due settimane.
Appena hanno appreso a volare, i giovani si riuniscono
in stormi che subito diventano numerosissimi perché arrivano ad infoltirli anche gli adulti. Finchè dura la bella stagione, e nei campi c’è ancora il grano, gli allegri stormi
compiono parecchie incursioni per procurarsi il cibo di
cui hanno bisogno, poi però ritornano nei loro luoghi natii
dove, nelle ore più calde del pomeriggio, riposano tra le
fronde degli alberi o nelle siepi.
Canto e richiamo. Brevi, vari, cinguettanti versi prolungati ed insistenti durante il canto. Il loro canto non è ritenuto di elevata qualità canora.
Abitudini e alimentazione. Il passero italiano è specie
stazionaria, infatti non esce dal territorio delle città e dei
paesi in cui è nato, ma forma subito numerose colonie.
Si trova un pò dovunque ed è numeroso anche nelle
città, nidifica sotto i tetti, nelle crepe e nelle feritoie dei
muri. Saltella con rapidità ed il suo volo, in apparenza fa-
Ph Alessio Di Leo
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ticoso, è abbastanza rapido e sempre sicuro. Stanziale,
molto socievole, molto intelligente, sa discernere le abitudini dell’uomo e si comporta secondo la sua indole. Se
allevato in cattività, nei suoi primi mesi di vita si affiata
molto con il suo amico-umano cercandone la compagnia
ed il contatto; non sono rari i casi in cui il passerotto
passa diverse ore della sua giornata sulla spalla o nel taschino di una camicia del suo compagno. Se si abitua alla
voliera, occorre attrezzarla con acqua pulita e un pugno
di sabbia messo in un angolo, in quanto il passero ama
fare dei bagni di sabbia per pulire e lisciare le sue piume;
la porticina della gabbia può anche rimanere aperta, in
quanto il passero è abitudinario ed affezionato agli spazi
che si è creato. Spesso riesce utile all’uomo perché si
nutre d’insetti nocivi all’agricoltura; gradisce molto anche
la lattuga, le mele e in genere quasi tutta la frutta, i semi
di miglio, di loglio (specie di graminacea), biada, grano,
segale e biscotti, che si comprano nei negozi specializzati
per volatili.
Curiosità. Il passero italiano ha sempre accompagnato
l’uomo dovunque esso si sia stabilito, tranne nelle regioni alpine. Dimora infatti ovunque ci sia un insediamento umano, se pur limitato, nei boschi, vicino ai laghi,
così come nelle grandi e rumorose città, riuscendo sempre ad assicurarsi il sostentamento quotidiano.
GIULIANA ALESSIO (ON, AE - CAI NAPOLI)
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147. PICCHIO TRIDATTILO
Caratteristiche. Piccolo picchio dal corpo tozzo e dal becco
sottile, con apertura alare che varia
da 32 a 36 cm e peso che si aggira
dai 57 ai 76 grammi. La livrea è prevalentemente nera, con striature
bianche su faccia e collo, e bar- rature bianche lungo i fianchi. Il maschio si distingue facilmente dalla
femmina perchè ha il vertice giallo. Il
volo è battuto e molto ondulato.
Habitat e diffusione. Frequenta generalmente i boschi di conifere tra i
1000-1800 m, prediligendo le peccete subalpine mature con presenza
di radure. Non disdegna però formazioni a larice, pino silvestre e pino
cembro. È diffuso in Eurasia, America settentrionale e nella parte centro-orientale dell’arco alpino. In Italia
è presente in Trentino Alto Adige, Veneto e Friuli-VeneziaGiulia.
Riproduzione. La riproduzione avviene tra maggio e giugno.
Il Picchio tridattilo scava una cavità con l’entrata di circa 4 cm
di diametro in grossi abeti secchi o parzialmente marci, dove
depone da 3 a 6 uova di color bianco. Le uova vengono covate da entrambi i genitori per una quindicina di giorni ed i
piccoli abbandonano il nido dopo 22-26 giorni dalla schiusa. Si
ha una sola covata all’anno.
Classe Uccelli
Ordine Piciformi
Famiglia Picidi
Nome scientifico
Picoides tridactylus
(Linnaeus, 1758)
Canto e richiamo. Emette un debole “kik” ed il suo tambureggiare col becco sui tronchi
è breve, veloce e potente. A fine
inverno-inizio primavera intensifica il proprio tambureggiare per
marcare il territorio.
Abitudini e alimentazione. Animale schivo e riservato, difficilmente osservabile.
Si nutre prevalentemente di insetti xilofagi e delle larve dei coleotteri. In primavera metà della
sua alimentazione è costituita invece dalla linfa degli alberi, soprattutto vecchi abeti rossi, che
estrae con piccoli fori disposti ad
anello o a spirale.
Curiosità. Come suggerisce il
nome, si differenzia dagli altri picchi perchè ha tre dita invece di quattro. Un altro elemento che accresce il fascino di
questo uccello estremamente elusivo è la sua origine. Il picchio tridattilo infatti è un “relitto glaciale” proveniente dalle
foreste boreali che è giunto nell’arco alpino con le glaciazioni, trovando qui un ambiente idoneo dove vivere.
PAOLO FRANCESCONI (ON - CAI BOLZANO)
148. LUCHERINO
Nome scientifico
Caratteristiche. Piccolo uccello dell’ordine dei Passeriformi,
la sua apertura alare si aggira sui 21-22 cm e il suo peso
sugli 11-14 g. Ha una livrea tipica, dalle tinte
verdi e gialle, che comunque si differenzia
tra maschio e femmina. Il maschio ha il
capo ed il mento nero ed il petto gialloverdastro, la femmina è più intensamente striata di scuro anche nel petto e nel
capo, tanto che le tinte di fondo risultano essere grigio-brunastre.
Ha il becco abbastanza sottile ed appuntito.
Si hanno una o due covate annue.
Habitat e diffusione. Il suo ambiente preferito
è quello dei boschi di conifere montani e subalpini, soprattutto quelli con buona presenza di larici e ricchi di radure. Nei periodi non riproduttivi
e in inverno si osserva anche in pianura, dove si
posa soprattutto su ontani e betulle. È più diffuso nelle Alpi, ma si rinviene anche in Appennino; è sia migratore che svernante, anche in
montagna.
Riproduzione. Si riproduce già da febbraio, a marzo alle
quote più alte; la femmina costruisce un piccolo nido sull’intreccio di un ramo, solitamente di peccio o abete bianco
,e vi depone 3-5 uova, che vengono covate per 11-14 giorni.
I piccoli abbandonano il nido dopo 13-17 giorni dalla schiusa.
Carduelis spinus
(Linnaeus, 1758)
Classe Uccelli
Ordine Passeriformi
Famiglia Fringillidi
Canto e richiamo. Canto abbastanza melodico; più caratteristico è il suo richiamo, che si sente riecheggiare
spesso tra i boschi ma anche in pianura ed è simile ad
un fischio acuto e breve.
Abitudini e alimentazione. Il lucherino ha una
vita sociale molto evidente, formando spesso
colonie che si muovono alla ricerca di cibo
come: semi di betulla, di ontano e di conifere.
Curiosità. È un animale confidente e facilmente addomesticabile: un esemplare
selvatico, appena catturato
e messo in gabbia si mette incredibilmente a mangiare il becchime fornitogli. Questa cosa è
risaputa fra i cacciatori che, tenendo
in gabbia qualche maschio, grazie al suo richiamo riescono
ad attirare a portata di fucile, (o altro), molti individui di passaggio, che rispondono subito all’invito dell’esemplare in
gabbia.
DAVIDE BERTON (ON - CAI CAMPOSAMPIERO)
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149. PICCHIO CENERINO
Nome scientifico
Caratteristiche. Picchio di medie dimensioni (lunghezza 2528 cm, peso 130-160 g). Presenta
Ph Enrico Benussi
parti inferiori, testa e collo grigi, con
piccolo sopracciglio e sottile mustacchio neri; nel maschio sono rossi la
fronte e il vertice, mentre la femmina
è priva di rosso. Le parti superiori
sono di colore verde.
Habitat e diffusione. In Italia vive in
foreste montane sia di latifoglie che
di conifere, preferibilmente mature,
dai 200 ai 2000 m (ma soprattutto fra
i 1000 e i 1600 m), dai boschi ripaiali
di forra alle faggete fino ai larici-cembreti. Importante è la presenza di alberi di grandi dimensioni e marcescenti e di aree (radure, boschi radi)
dove siano presenti colonie di formiche. È diffuso in Europa ed Asia centrale. In Italia è sedentario, nidificante,
presente solo nell’arco alpino centrale ed orientale, dal Trentino Alto
Adige al Friuli.
Riproduzione. Fra aprile e giugno
vengono deposte le uova (in genere
7-9); come nidi vengono utilizzati
buchi scavati nei tronchi (preferibilmente di alberi morti o deperienti, con almeno la parte interna in disfacimento) o cavità
di altri picchi. Gli alberi più sfruttati per scavare il nido sono
i salici, i pioppi, i pini e il larice. La cova, effettuata da entrambi i sessi, dura 14-17 giorni; i piccoli, che vengono alimentati da
entrambi i genitori, restano nel nido
per circa 25 giorni.
Canto e richiamo. Il canto, emesso
all’inizio del periodo riproduttivo, è caratteristico: è costituito da una serie
di grida con tonalità decrescente. Il
maschio in primavera tambureggia sul
legno.
Abitudini e alimentazione. Specie
stanziale e territoriale, monogama,
compie spostamenti altitudinali nel
periodo invernale. Spesso osservabile
anche sul terreno, si nutre di insetti,
soprattutto di pupe e adulti di formiche, a volte di bacche, frutti, semi.
Curiosità. Il canto territoriale del picchio cenerino può essere facilmente
imitato fischiando. In tal modo, soprattutto in marzo-aprile, si possono
indurre i maschi territoriali a rispondere e così si può stabilire la presenza
di questa specie, altrimenti di non facile localizzazione (in particolare al di
fuori del periodo riproduttivo, quando è molto silenziosa).
150. CUCULO
Nome scientifico
Caratteristiche. Lungo circa 30-35 cm, ha un’apertura alare
di 55-60 cm e pesa 70-160 g. Il piumaggio è, nel maschio,
azzurro nella parte superiore, mentre nella femmina talvolta
può essere rossiccio. Nella parte
inferiore è più chiaro, con strisce
trasversali scure. Ha zampe corte, ali e coda lunghe.
Habitat e diffusione. Il cuculo è
diffuso in Eurasia e in Africa.
Vive praticamente in ogni ecosistema, preferendo i boschi luminosi con un ricco sottobosco, sia
di collina che di pianura.
Riproduzione. Il cuculo è noto
per la peculiarità di deporre il proprio uovo all’interno del nido di
altri uccelli (parasitizza quasi tutte
le specie di piccoli uccelli). La femmina depone un solo uovo
in ognuno dei nidi, da aprile in poi, per un totale di circa 1520. Le uova somigliano molto a quelle della specie “ospite”.
Alla schiusa, che di norma avviene dopo circa 12 giorni, il
piccolo del cuculo, con l’aiuto del dorso, si sbarazza delle
altre uova presenti nel nido e non ancora schiuse, rimanendo l’unico nidiaceo e ingannando i genitori adottivi, che
lo nutriranno, come se fosse proprio, per 2-3 settimane.
Canto e richiamo. I cuculi prendono nome dal loro inconfondibile “cu-cu” . In realtà, solo il maschio lo emette, men-
tre la femmina ha una lunga nota gorgogliante.
Abitudini e alimentazione. Prevalentemente insettivoro,
non disdegna molluschi e ragni e qualche vegetale. Uccello
migratore, sverna nell’Africa tropicale. In Italia è estivo, nidificante e di passo.
Curiosità. Capita spesso, mentre si parla di persone anziane o
di cose vecchie, smesse o in cattivo stato, di dire: “vecchio come
il cuculo” o come “il cucco”.
Questo modo di dire proverbiale
è legato alla convinzione, molto
diffusa nelle campagne, che il cuculo viva un numero incalcolabile
di anni. A far credere questo
sono le carni dell’uccello, stoppose e coriacee proprio come quelle di un vecchio animale.
La vecchiaia del cuculo è anche all’origine di presunte capacità divinatorie. Il suo canto è ritenuto profetico, capace
d’indicare la buona e la cattiva sorte. Dal numero dei suoi
canti le fanciulle facevano auspici su quanti anni mancavano
al matrimonio e le persone anziane quanti ne mancavano
alla morte.
Picus canus
(Gmelin, 1788)
Classe Uccelli
Ordine Piciformi
Famiglia Picidi
FRANCESCA TAMI (ON - CAI MANZANO)
Cuculus canorus
(Linnaeus, 1758)
Classe Uccelli
Ordine Cuculiformi
Famiglia Cuculidi
ERIKA CARLOTTI (ON - CAI MASSA)
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