L`Arcidiavolo è uno dei pochi esempi nel settore. Perché nella nautica
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L`Arcidiavolo è uno dei pochi esempi nel settore. Perché nella nautica
LIFESTYLE design L’Arcidiavolo è uno dei pochi esempi nel settore. Perché nella nautica 84 Y&S Impiegati di concept gli studi sui modelli sono rari? Rispondono due famosi designer italiani di Tommaso Gabba Y&S 85 foto di Marco Beck Peccoz per Y&S LIFESTYLE Design S Il tunnel centrale crea un effetto portante che permette ai catamarani da corsa di vincere la resistenza dell’acqua. Il suo effetto si percepisce oltre i 50 nodi di velocità. embra una barca come tante altre, magari con forme e linee un po’ particolari, eppure l’Arcidiavolo rappresenta un punto di svolta nel mondo della progettazione nautica. Non si tratta di uno scafo qualunque, perché vanta contenuti tecnologici innovativi e sperimentali. Inoltre rappresenta qualcosa di nuovo perché è un rarissimo esemplare di concept boat. In parole povere, è una barca sperimentale, il cui scopo è quello di testare alcune soluzioni prima di adottarle sulle imbarcazioni di serie Sembra un trimarano Non è un monoscafo e non si tratta di un catamarano, piuttosto assomiglia molto a un trimarano. Sull’Arcidiavolo ci sono infatti due scafi laterali (che creano un tunnel centrale) e uno centrale corto nella zona poppiera, necessario per l’installazione dell’impianto di propulsione. In gergo tecnico, la carena dell’Arcidiavolo è detta “a triciclo rovesciato” o, in inglese, “ram-wing a Y”, perché ha tre punti di appoggio sull’acqua che lavorano quando la barca è in velocità. Questa configurazione è del tutto particolare, ed è stata ripresa da un’idea del grande progettista Renato “Sonny” Levi che nel 1972 realizzò una barca da gara basata su questo strano concetto e che si chiamava, per l’appunto, Arcidiavolo. Viste le buone doti marine mostrate in pochi anni di competizioni, i Cantieri di Sarnico hanno deciso di rispolverare questo particolare progetto realizzando un’imbarcazione “pilota” in collaborazione con lo studio Victory Design, sulla quale sperimentare nuovi concetti tecnici e progettuali. Con il nuovo Arcidiavolo si è voluta studiare una particolare carena, nata per le corse e dimostratasi efficace per ottenere grandi velocità, superiori a quelle dei monocarena da gara, e con un margine di sicurezza più elevato di quello (segue a pag. 91) 86 Y&S I due scafi laterali permettono una stabilità di rotta eccezionale alle alte velocità. In virata l’imbarcazione si appoggia sul pattino esterno e offre sensazioni completamente diverse rispetto a un tradizionale monocarena. I propulsori sono due Yanmar da 480 cv ciascuno e le trasmissioni montate sono le Flexidrive Power. Con un cambio Two Speed ZF l’Arcidiavolo raggiunge i 60 nodi di velocità massima. In velocità, lo scafo centrale e il centro di spinta delle eliche costituiscono uno dei tre punti di appoggio sull’acqua del “triciclo rovesciato”. Caratteristiche tecniche Materiale: Vetroresina Lunghezza: 12,45 m Larghezza: 3,49 m Pescaggio: 1,0 m Dislocamento: 5 t Carburante: 920 l Acqua dolce: 200 l Costruttore: Cantieri di Sarnico Sito: www.cantieridisarnico.it Y&S 87 LIFESTYLE Design concept car Giorgetto Giugiaro: «La nautica non azzarda» È uno dei più importanti designer italiani, che dagli anni ‘60 ad oggi ha firmato innumerevoli capolavori a quattro ruote, come la recente Alfa Romeo Brera (sotto alcuni schizzi). A lui che di progetti se ne intende, abbiamo chiesto di spiegarci l’importanza delle concept-car nel mondo dell’auto, facendo poi un paragone con la cratività nel settore nautico. Giorgetto Giugiaro non ha una conoscenza profonda di barche, ma ha comunque sviluppato alcuni disegni nel corso della propria carriera, il più famoso dei quali è sicuramente l’Antalis, uno yacht in acciaio di 48 metri costruito dai cantieri Baglietto e varato l’anno scorso. «La concept car serve per fare ricerca racconta il designer - e per stimolare nuovi indirizzi utili. È un esercizio per chi progetta. Alcuni prototipi diventeranno auto di serie, mentre molti altri verranno abbandonati nel cassetto. Si tratta di una sfida: è un’ idea che diventa una prova, un tentativo che genera 88 Y&S problemi e si trasforma nella ricerca di una soluzione. Insomma, la concept-car è l’individuazione di un filone, e il successo si ottiene quando un’idea diventa realtà e un’auto immaginata diventa un’auto di serie». Un aspetto da non sottovalutare nello sviluppo di un concetto creativo è quello dei costi, e proprio su questo argomento Giugiaro si collega al mondo della nautica: «Sviluppare una concept car costa un sacco di soldi, sia nel pensarlo che nel tradurlo in realtà. Vero però che nel mondo dell’auto partiamo dal presupposto che al giorno d’oggi tutto si possa fare grazie alle nuove tecnologie. Possiamo ipotizzare fari piccolissimi che nella realtà funzioneranno, possiamo disegnare le curve che vogliamo grazie alle possibilità di lavorazione della plastica. Ma per farlo ci vuole tempo e denaro che, in molti casi, porterà a idee che non saranno mai sviluppate. È un rischio, ed è incredibilmente costoso fare una concept car, ed è forse questo il motivo per cui nella nautica non si fanno concept boat. Quello delle barche è certamente un settore creativo, ma limitato da esigenze di costi e di vendita. La nautica non azzarda, perché produce pochi pezzi e tutti molto personalizzati, e non ha uno sviluppo costante come nell’auto, perché non è un mondo industrializzato allo stesso livello. C’è poi il problema degli armatori, che vogliono inserire nel progetto elementi personali, ma che creano oggetti da sviluppare in base al proprio stile e spesso mancanti del dettaglio estetico utile di cui ci sarebbe bisogno ». Secondo il progettista torinese è quindi difficile fare un confronto tra due mondi che hanno stimoli e costi di sviluppo diversi: «Nelle barche c’è ricerca, ma per poter realizzare nuove idee il designer deve spendere di tasca propria, perché difficilmente i cantieri italiani possono permettere costi notevolmente elevati per la sperimentazione.» concept boat Brunello Acampora: “La ricerca c’è, ma è nascosta” Abbiamo chiesto a Brunello Acampora (Victory Design), autore dell’Arcidiavolo e di molti altre imbarcazioni di successo, di raccontarci quale significato ha avuto per lui aver sviluppato una delle poche concept boat nel mondo della nautica. «È stata sicuramente un’esperienza importante della quale sono molto contento, perché se ne è parlato parecchio nel bene e nel male. Sono diversi gli aspetti interessanti che abbiamo testato e che potrebbero risultare utili per il diporto, come la carena e le trasmissioni. Si tratta di una barca che regala forti sensazioni, particolare e originale; non è la più veloce che esista nè la più marina, ma ha quel fascino da “spider” che la rende inimitabile». Più in generale, Acampora ci spiega cosa si impara dalla sperimentazione e quali sono i motivi che spingono un cantiere a farla: «Realizzare una concept boat significa affrontare dei problemi guardando avanti e, allo stesso tempo, guardando indietro. Il processo consente l’evoluzione nella conoscenza di un progettista, ma interessa molto anche i cantieri. Per loro, infatti, è un momento di verifica del mercato, per scoprire che risposta si ha. Magari costa meno di un sondaggio effettuato bene. È anche un modo per affermare la propria capacità tecnica, mostrandosi leader del mercato e non trainati da esso». Inevitabile parlare anche dei costi della ricerca, e per farlo Acampora si ricollega direttamente al mondo dell’automobile: «Un paragone con le macchine è giusto, perché il design in questo campo è per noi il punto di riferimento e ci condiziona. Però c’è differenza sia nell’entità del mercato che nelle motivazioni e ancora nel numero di pezzi venduti come nel loro valore unitario. Difficile quindi confrontarli. Secondo me, però, si può ipotizzare che percentualmente nella nautica si investe di più che nell’automobile. I Cantieri di Sarnico, per realizzare l’Arcidiavolo, hanno speso molto di più di quanto un costruttore d’auto spende per lo sviluppo di una concept car. Forse si azzarda poco, ma è vero anche che la sperimentazione nautica è molto più nascosta di quella dell’auto. Una concept car viene mostrata in tutti i saloni del mondo, talvolta vengono utilizzate per le competizioni, quindi è più visibile». Y&S 89 LIFESTYLE Design Toy Story L’ Arcidiavolo nacque grazie a Giorgio Tognelli, Campione Italiano Offshore Classe 2 -1972 che, alla ricerca di un progetto particolare, contattò Renato Sonny Levi, un famoso progettista di imbarcazioni con una spiccata attitudine per l’innovazione. Tognelli aveva le idee chiare per la sua nuova barca da competizione: doveva andare oltre i 60 nodi, avere un motore italiano e doveva essere veloce anche con 90 Y&S mare fino a forza tre. Quest’ultimo aspetto era importante, perché all’epoca le gare offshore si disputavano su percorsi di altura, e non sottocosta come avviene oggi. Per centrare questi obbiettivi venne sperimentata una carena a trimarano, detta a “triciclo rovesciato”, cioè con tre punti di appoggio sull’acqua. Grazie a lunghissimi test arrivarono le prestazioni, dopo aver verificato che su questo scafo non servivano nè i flap nè le casse di zavorra, e che lo scafo teneva bene il mare formato a qualsiasi velocità. Una scoperta non da poco. Per una serie interminabile di avarie l’Arcidiavolo non vinse una gara fino al 1976, e collezionò un’infinità di ritiri, ma una cosa era ormai certa: il triciclo rovesciato era uno scafo veloce, sicuro e innovativo. Foto tratte da: “Milestones in my design”, Renato “Sonny” Levi, ed. Kaos Service s.r.l. (segue da pag. 86) espresso dai catamarani sul mosso. L’idea nacque negli anni ’70 quando le gare di velocità si svolgevano su percorsi realmente d’altura, in mare aperto e non sottocosta, quindi con condizioni di mare molto più variabili e tendenti al mosso. Questo concetto, trent’anni dopo, è stato ripreso perché adatto al diporto, dove la sicurezza e l’efficienza dovrebbero essere sempre in primo piano. foto di Marco Beck Peccoz per Y&S Le sensazioni in prova Luigi Foresti (in alto), a.d. dei Cantieri di Sarnico, posa davanti all’Arcidiavolo. Si notano molto bene gli “scarponi” laterali e la piccola carena centrale. Questi elementi costituiscono i tre punti di appoggio sull’acqua. Il tunnel centrale (sotto) crea un effetto portante che riduce il contatto e la resistenza con l’acqua. L’Arcidiavolo è stato provato dal nostro tester di fiducia Maurizio Bulleri che, dall’alto della sua grande esperienza nel mondo delle competizioni, ha potuto cogliere i pregi e i difetti di questo particolare scafo, raccontandoci le sensazioni provate: «Pilotare l’Arcidiavolo è entusiasmante perché il suo comportamento è completamente diverso da quelle di altre barche. Bisogna dimenticarsi le esperienze con i monocarena o i catamarani e prepararsi a scoprire i pregi e le follie di questa carena. Mantiene una rotta precisa anche ad alta velocità e dona una sensazione di stabilità e sicurezza che permette di godere tutto il piacere di una corsa sull’acqua senza timori. L’incontro con le onde in prua è morbido e la ricaduta nel cavo dolce, anche se il beccheggio è maggiore di quello di un monocarena; lo scafo s’impenna e l’orizzonte scompare, ma è un gioco divertente, ovviamente se si tiene una velocità compatibile con l’altezza delle creste. Navigando al traverso, sino a quando lo scafo non salta, gli scarponi lo guidano come fosse sui binari e la tenuta di rotta è ancora eccellente. L’effetto di portanza del tunnel, quello che permette ai catamarani da corsa di vincere la resistenza dell’acqua, lo si percepisce solo oltre i 50 nodi. Non c’è pericolo di decollare sollevati dalla pressione dell’aria, in nessuna situazione. In virata è più preciso e più stabile quanto maggiore è la sua velocità: anziché sbandare (nel senso di piegarsi) sul lato interno, come tutti i monocarena (e come le moto), resta parallelo alla superficie (come le auto), tendendo semmai ad appoggiarsi sullo scarpone esterno. Questo effetto diventa più evidente al decrescere della velocità e proprio alle andature più basse (quando manca portanza a poppa) si riscontra una maggiore sbandata e un comportamento meno prevedibile, ma mai insicuro. La regolazione di trim e flap è importante per trovare le migliori prestazioni in ogni condizione, e il cambio automatico della ZF è davvero comodo ed efficace». Da semplice progetto, l’Arcidiavolo è diventato un prototipo da provare, per sperimentare nuovi concetti tecnici che, forse, un giorno si troveranno sulle barche di serie. Y&S 91