Si può fare business misurando le emozioni I GRANDI DIMENTICHI
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Si può fare business misurando le emozioni I GRANDI DIMENTICHI
IL CAFFÈ 12 febbraio 2012 4 C1LE ANALISI NUM ERI Si può fare business misurando le emozioni LORETTA NAPOLEONI @ www.emotid.com www.lorettanapoleoni.net www.meteosvizzera.ch IL PUNTO I GRANDI DIMENTICHI DELL’EFFETTO SERRA È vero che gli Europei sono meno creativi degli americani, che da 10 anni cavalcano la tigre virtuale? Da Bill Gates a Steve Job al baby miliardario Zuckerberg il made in Usa trionfa nel ciberspazio. Mario Monti ha persino rimproverato ai giovani italiani di non usare il garage di casa per creare start-up, aziende nuove e virtuali. Molti su Twitter hanno risposto che il problema è che in Italia pochi hanno il garage sotto casa. Scherzi a parte, in Europa è molto più difficile avviare una start-up, specialmente nell’universo cibernetico. Dietro i successi dei maghi della vita virtuale americani c’è una cultura imprenditoriale solida e una fiducia cieca nelle idee dei giovani, che la società gerontocratica italiana ed europea proprio non ha. Nonostante questi ostacoli cinque giovani imprenditori italiani questa settimana hanno lanciato un nuovo social network “emotID”. Totalmente autofinanziato, con una piccola partecipazione di investi- Il Caffe/René Bossi CATHERINE BELLINI La storia di cinque ragazzi italiani che con un investimento di 50 mila euro hanno lanciato una start-up tori privati scelti tra amici e conoscenti, emotID fino ad ora è costato 50 mila euro. A tre giorni dal lancio, con una spesa di 200 euro per la pubblicità su Facebook, emotID aveva già raccolto tremila utenti. Certo siamo lontanissimi dai 700 milioni di iscritti a Facebook, ma anche Zuckerberg è partito con poche migliaia di utenti. EmotID lavora sulle emozioni. Attraverso l’emoTag, una sorta di barometro dell’umore, l’utente può individuare il proprio stato d’animo ed interagire in rete usando le emozioni. Cosa provo quando leggo questa storia? Quanti condividono questo sentimento? Sono amici, conoscenti o estranei? Grazie all’emoTag posso anche disegnare il mio spazio virtuale o alterarlo a seconda di come mi sento, qualcosa che nella vita reale ROSA & CACTUS UNA ROSA A... 50 00 0 EST OVEST SUD NORD non è possibile fare. Sono triste ed ho bisogno di parlare con qualcuno che mi tiri su, cerco chi può farlo usando l’emoTag. Va da solo che le potenzialità commerciali di emotID sono enormi, sarà infatti possibile selezionare sulla base delle emozioni il target di mercato che si vuole raggiungere. Per ora, comunque, i soci fondatori non parlano di questo, ma si prefiggono invece un traguardo di 100 mila utenti. Per raggiungerlo hanno stanziato altri 20 mila euro di promozione. Se il numero degli utenti continua crescere al ritmo di mille al giorno questo obiettivo sarà raggiunto presto e chissà forse a quel punto qualcuno suggerirà anche a Monti di usare l’emoTag per conoscere l’umore degli italiani prima di lanciare l’ennesima manovra d’austerità. S L’atleta bleniese si è affermato in Canada nella Yukon Arctic Ultra, la maratona più fredda del mondo. Quasi cinquecento chilometri con temperature sino a -30. Un omaggio a Genucchi con gli auguri più ...calorosi UN CACTUS A... embra impossibile, anzi lo è. Ma ad anni di distanza ci si accorge che non è cambiato proprio nulla. O almeno così parrebbe a guardar le vicende politiche internazionali. Sembra ieri che Obama è diventato presidente e ha promesso grandi trasformazioni nelle relazioni internazionali, e ora che è iniziata la sua nuova campagna elettorale ci ritroviamo con gli stessi identici problemi. Ma allora non erano veri o gravi? La questione mediorientale non ne era uno?, e l’Iran neppure? Paradossale è poi che ogni problema sembra esplosivo e tale da richiedere un intervento immediato, mentre poi ci si accorge che basta lasciar passare del tempo perché le soluzioni si impongano da sole. Lasciamo da parte la vicenda iraniana, sovradeterminata dalla lotta interna per il potere (le elezioni si svolgeranno il 29 marzo prossimo), e affrontiamo il più recente episodio che riguarda ancora la questione palestinese. Mettiamola in questi termini: poiché dura da 64 anni e ha attraversato un’infinità di emergenze senza risolversi, dovremmo dedurne che dunque non è un problema grave e può restare lì dov’è senza bisogno di fare nuovi sforzi per risolverlo. Ma ol- L’AN ALISI SERGIO ROIC Gabriele Gendotti Il Plrt dell’ex ministro cerca una “commissione cerca” che cerchi un presidente da presentare alla direttiva, che lo presenti al comitato cantonale che lo proponga al congresso... E poi si meravigliano che perdono. LA ROSA E IL CACTUS SONO OFFERTI DA Piazza Muraccio, Locarno Tel. 091 751 72 31- Fax 091 751 15 73 C’ Massimo Martignoni Ex responsabile Sezione logistica È accusato, con alcuni colleghi, di aver frammentato l’assegnazione di troppi appalti pubblici Smistarono mangimi NULLA CAMBIA IN MEDIO ORIENTE DOPO BEN 64 ANNI DI EMERGENZA LUIGI BONANATE Filippo Genucchi Anagramma B ianco, scintillante, un bell’inverno, un vero inverno, con una luce quasi accecante. Masse di neve, pure in Ticino, battelli stretti nella morsa del ghiaccio, tubature dell’acqua che scoppiano, panne elettriche, riscaldamenti a pieno regime. E soprattutto questo freddo che trapassa la pelle, intorpidisce la mani, fa perdere la rotta agli uccelli e ha pure provocato la morte di un uomo in un parco di Ginevra. Il freddo siberiano ispira i poeti, inquieta gli anziani. Solo gli scettici sul riscaldamento climatico sghignazzano. Haha, prendono in giro, ve l’avevamo detto, tutte queste conferenze sul clima e coloro che vogliono impedire il rilascio del gas carbonico nell’atmosfera non fanno che propagare un’isteria collettiva. Tuttavia, sembrerebbe che se noi abbiamo molto freddo è perché la Terra ha molto caldo. Un nuovo studio di Meteo Svizzera dimostra che, sulle montagne svizzere, se l’inverno s’era addolcito alla fine degli anni Ottanta, si è al contrario raffreddato in questi ultimi vent’anni, di due gradi. Partendo da osservazioni fatte all’est degli Stati Uniti, nel sud del Canada e nel nord dell’Europa, un altro studio, americano, citato dal quotidiano Tages-Anzeiger, constata ugualmente una tendenza al raffreddamento invernale. Nelle spiegazioni fornite dagli esperti scientifici, si ritrova… il riscaldamento climatico. In effetti, le temperature crescenti in estate e in autunno, responsabili dello scioglimento dei ghiacciai è chi dice e scrive che il dibattito sulla società e i suoi indirizzi sia stanco e non produca idee. Non è affatto vero! Prendo l’esempio di un interessante “batti e ribatti” sul “Corriere del Ticino” tra il candidato socialista alle recenti elezioni federali, Filippo Contarini, e l’esperto di economia Alfonso Tuor. Contarini e Tuor hanno infatti scambiato alcuni interessanti pareri sulla possibilità di venire a capo di quella che un po’ da tutti viene definita la crisi del “capitalismo finanziario”, dal cui ulteriore acutizzarsi dipenderebbero le sorti del mondo ormai condizonato dalle logiche della globalizzazione. Mentre Tuor ritiene che i grandi gruppi finanziari si siano impadroniti non solo dei processi economici, ma anche della politica tout court, ricattando gli Stati con minacce di fallimenti, che avrebbero il nefasto potere di destabilizzare intere società arrivando a rigettare lo stesso processo di globalizzazione, Contarini propone un’interessante via “glocal” di soluzione dell’aggrovigliata matassa venutasi a creare tra la fitta rete di realtà e interessi locali tre a essere stata la “madre” di tutte le crisi mediorientali successive (nonché dell’invenzione del terrorismo internazionale), essa ritorna alla ribalta perché, di fronte a un’ipotesi di accordo e riappacificazione tra Olp e Hamas, Israele protesta e si allarma. Ma come: se Hamas accoglie le profferte di Abu Mazen per un prossimo turno elettorale congiunto, perché mai preoccuparsi? L’argomento di Netanyahu è semplice: non è Hamas che annacqua il proprio vino, è Abu Mazen che versa vino (o tritolo?) nella sua acqua; con chi non smette di negare il diritto di esistere a Israele non si può andare d’accordo. Come se il tempo fosse immobile, il dubbio è sempre lo stesso: fidarsi di chi si dice pronto al compromesso o a temere che ci stia tendendo una trappola? Favorire, per principio, gli accordi perché essi sarebbero per natura autorinforzanti e incrementali, o volere sempre e soltanto “tutto e subito” e garantito? Non è questo il momento di chiedere al presidente uscente degli Stati Uniti, e forse prossimo a rientrare in carica, di prendere definitivamente in pugno la situazione mediorientale, ma deve sapere, almeno, che se la si abbandona a se stessa certo non migliorerà mai e anzi continuerà a peggiorare. Senza fine e spargendo i suoi veleni. nell’acqua dell’Oceano artico, caricano l’atmosfera di umidità. Ciò comporta un aumento delle precipitazioni, in particolare sotto forma di neve. Questa neve, più abbondante, provocherebbe un flusso di aria fredda polare verso il Sud, e degli inverni rigidi. In breve, anche se le élite politiche sono attualmente impegnate sulla crisi economica, l’indebitamento degli Stati e sui problemi dell’euro, il pianeta continua a traspirare a causa dei gas ad effetto serra. Ci fu un tempo, non così lontano, era la fine del 2009, in cui grandi di questo mondo si interessarono del riscaldamento del pianeta. Ricordiamo Barack Obama mentre usciva dal suo Air Force 1 sulla pista di Copenhagen, per parlare di clima con il primo ministro cinese Wen Jiabao e il suo omologo indiano Manmohan Singh. C’erano pure Angela Merkel, Nicolas Sarkozy e Gordon Brown. Come tanti altri. Oggi, i cambiamenti climatici non figurano più in cima alle priorità politiche. E tuttavia la Terra si riscalda. SOLO CON UNA CULTURA “GLOCAL” SI SUPERANO LE BARRIERE DEGLI STATI e la dimensione onnicomprensiva globale. Ammetto di propendere verso l’analisi di Contarini, che è quella di “mettere in rete” il mondo superando egoistiche barriere storiche. Ora, il “glocal” non è solo la tendenza all’informatizzazione del globo, ma è pure quella tendenza che permette agli attori locali (economici, produttivi, culturali) di superare le deleterie barriere imposte dagli Stati. Non dimentichiamoci dei massacri compiuti in questi ultimi secoli in nome dell’ “identità nazionale”. Non dimentichiamoci neppure delle malcelate pretese di superiorità che alcuni popoli rivendicavano. L’informatizzazione del mondo, che non è stata compiuta da una cricca di poteri finanziari, ma è il prodotto ultimo dell’evoluzione tecno scientifica, consente di avvicinare popoli e culture, rendendoli noti e conosciuti vicendevolmente per quello che sono e pensano. Naturalmente, il problema redistributivo, in un ambito capitalistico come quello dell’epoca “dopo Thatcher-Reagan”, che ha aperto la porta a liberalizzazioni di ogni tipo e ha limitato le politiche di welfare, dovrebbe essere rimessa al centro del villaggio. Ed è in effetti in questo ambito, della redistribuzione e della giustizia sociale, che il pensiero e la prassi glocal non si sono ancora profilati del tutto, anche se alcune iniziative dell’economista di Harvard, Yochai Benkler fanno ben sperare. Ora, la problematica redistributiva dovrebbe essere al centro di ogni “società aperta”, che tenda al rappacificamento delle tensioni sociali e alle pari opportunità. Non è certo retrocedendo dal cosmopolitismo insito nel glocal che otterremo migliori opportunità di sviluppo tra realtà locali e genti che le popolano. È chiaro, tuttavia, che la “liberazione informatica”, che di fatto permette da alcuni anni contatti diretti e non più mediati o impediti da logiche obsolete di chiusura, non solo disegna la grande cornice del futuro sviluppo della società, ma permette alle istanze della libertà autentica e della condivisione sociale e culturale di preparare futuri scenari meno conflittuali. Anche il Partito socialista svizzero, di cui Contarini difende le tesi, dovrebbe a questo punto dibattere fino in fondo sulle idee di glocalizzazione o nazionalizzazione delle sue politiche. Dopo un primo momento di “attenzione al glocal”, sembra infatti che anche alcuni rappresentanti di spicco del Pss abbiano scelto la ben più facile ma meno promettente via delle logiche di chiusura nazionale.