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mano di Izzonigro. Biase Biancullo da Montalbano fu invece ucciso

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mano di Izzonigro. Biase Biancullo da Montalbano fu invece ucciso
mano di Izzonigro. Biase Biancullo da Montalbano fu invece ucciso
perché portava i capelli corti, il che, per essere una moda francese,
era allora ritenuto un segno di fede giacobina.
Non del tutto estranei erano, comunque, la vendetta privata
e gli odi personali. È il caso dell'abriolese Felice Pica, il quale entrò
nella banda di Scozzettino con il dichiarato ed approvato proposito di vendicarsi del notaio Francesco Bitetti, pure di Abriola :
ma fini poi con il salvarlo nelle luttuose giornate del luglio 1809,
che rappresentano l'avvenimento più doloroso in Basilicata in tutto
il « decennio francese ».
Che se qualche vero errore od eccesso può numerarsi, esso non
può assurgere, proprio in Basilicata, ad una norma perché è soltanto effetto della furia odiosa di una lotta ohe non concedeva di usare prudenza e temperanza ad uomini i quali, rozzamente e disperatamente, anelavano a legittime rivendicazioni o a soddisfazione
di fondamentali bisogni. Miserabili pastori e contadini cosparsero
del sangue loro e dei loro nemici la terra di Basilicata, mettendo a
rischio la libertà dei propri congiunti, affrontando una dura e pericolosa e non comune maniera di vita, non certo solo per una semplice restaurazione monarchica fine a se stessa o per una nobile lotta
allo straniero invasore, quasi con prematuro sentimento di indipendenza nazionale. Quanti di essi, più che alle lusinghe ed alle speranze, cedettero all'idea del bottino od alla necessità della paga,
come uniche risorse di vita per sé e per la famiglia, loro concesse !
Taccone, infatti, assoldava gli uomini anche a 25 grana al giorno,
somme che egli doveva necessariamente ricavare dai ricatti e dalle
contribuzioni imposte ai galantuomini dei vari comuni.
È, comunque, innegabile che il motivo politico è più di ogni
altro predominante nelle azioni dei briganti basilicatesi. Non lo si
trova con tanta continuità e con tanta evidenza in nessun'altra regione, neppure nella Calabria e negli Abruzzi che passano come le
più agguerrite nella reazione e come le più appassionate nella fedeltà ai Borboni. Scarola, La Petina, il prete di S. Gregorio, Gigantiello occupano Tito, Marsico, Pietrafesa, Brienza, Tramutola, ecc.
in nome di Ferdinando e le « realizzano », come dichiara nella sua
deposizione il brigante Cannellone. Fregiate di coccarda rossa, le
bande vanno all'assalto di Abriola e di Noja al grido di « Viva Ferdinando ! ». A Trivigno, i briganti seviziano e poi bruciano nella
sua abitazione il sindaco Donato Gennaro Brancati e, dinanzi a
quella pira gigantesca, essi cantano : « Viva viva il pio Borbone, —
morte morte a Napoleone ! ». In ogni paese occupato, è sùbito inalberata la bandiera bianca ferdinandista e viene ingiunto ai cittadini,
sotto pena di morte, di fregiarsi della coccarda rossa borbonica ; vi
si distribuiscono anche cariche : così ad Abriola, dove alla fine degli
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