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l`impagliatore di sedie - Consiglio Regionale della Basilicata

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l`impagliatore di sedie - Consiglio Regionale della Basilicata
A
ANTICHI MESTIERI:
L’IMPAGLIATORE DI SEDIE
di
Luciano Sabia
BASILICATA REGIONE
Notizie
121
ccanto alla resistente
civiltà contadina del
Mezzogiorno sussistono e sopravvivono i mestieri
artigiani più vicini ai bisogni e
ai dolori di chi lavora la terra.
Dove c’è poco spazio per le
distrazioni, i divertimenti, i
giochi dei grandi e gli ozi sentimentali… resta almeno qualcosa fabbricato da gente amica
per confortare l’esistenza nelle
case povere e nei campi sassosi
e per attendere le annate
buone che non vengono mai”.
Giannetto Beniscelli nel volume “Un lavoro sulla porta di
casa, artigiani di Calabria e di
Basilicata” bene descrive la
filosofia di fondo che fa da
sostrato alle antiche attività
artigianali che ancora sopravvivono, soprattutto nelle aree
interne della Basilicata. E
sopravvivono solo per l’ostinazione di alcuni operatori,
che hanno continuato la tradizione dei loro padri, portando avanti l’attività senza
compromessi, a volte con
notevole dispendio di tempo
perché la non “perfetta” realizzazione dei manufatti ne
comporta la ripresa ex novo.
Ma tutto ciò fa parte proprio
del carattere dell’antica gente
lucana perché, per dirla con
Sinisgalli: “Il lucano è perseguitato dal demone dell’insoddisfazione. Parlate con un
contadino, con un pastore,
con un vignaiolo, con un artigiano. Parlategli del suo lavoro. Vi risponderà che aveva in
mente un’altra cosa, una cosa
diversa. La farà un’altra
volta”.
Tra gli antichi mestieri di un
tempo passato, quando gli
arnesi e gli utensili necessari
alla vita di tutti i giorni erano
costruiti manualmente, c’è
quello dell’impagliatore di
Preparazione del telaio della sedia.
(Foto: L. Nella)
sedie, in cui l’esperienza e l’
abilità dell’operatore giocano
un ruolo primario, dato che,
solo per ultimare il lavoro, ci si
servirà di un attrezzo di legno
simile a un grosso ago.
Spinoso, Francavilla sul Sinni e
Abriola, questi i comuni della
Basilicata dove un tempo, non
molto lontano, era fiorente
questa attività. Ma è soprattutto ad Abriola che assumeva
importanza e carattere prevalente.
Nell’inchiesta parlamentare
sulla condizione dei contadini
nelle province meridionali e
nella Sicilia del 1909, il delegato tecnico, prof. Eugenio
Azimonti riferisce, infatti, a
proposito delle industrie domestiche e dei lavori industriali
di alcuni membri della famiglia
rurale, che: “Unico comune
che abbia un’industria casalinga è quello di Abriola, dove si
fanno sedie con la cannuccia
palustre”.
Ed è proprio in questo piccolo
centro sull’Appennino lucano,
antica roccaforte araba a ventiquattro chilometri da Potenza,
che abbiamo incontrato una
famiglia di artigiani che da
molte generazioni svolge questa attività.
Fino agli anni ’50 il mestiere di
impagliatore ha avuto un peso
non trascurabile nell’economia
abriolana. Dei numerosi nuclei
familiari che operavano nel settore, però, l’unica bottega artigiana ancora presente è quella
della famiglia Palmieri alla
quale abbiamo chiesto lumi
sulla tecnica e sul materiale
utilizzato per la realizzazione
del manufatto.
La signora Teresa, in modo
semplice, ci ha spiegato che
Avvio dell’impagliatura della sedia.
(Foto: L. Nella)
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alla costruzione del telaio provvede il marito che è un abile
falegname. Il materiale utilizzato per l’impagliatura della
seduta è la lesca, un’erba che
cresce spontaneamente lungo
le fasce palustri, in terreni
acquitrinosi o lungo i fossi in
cui l’acqua ristagna. Nel mese
di giugno si procede alla sua
falciatura, alla quale segue un
periodo di 15-30 giorni di
essiccatura al sole fino ad ottenerne una colorazione giallo
paglierino.
Sull’erba raccolta in fasci è versata poi dell’acqua bollente,
operazione questa, indispensabile per ammorbidirla e evitare
che i singoli fili si spezzino
durante la lavorazione. La
materia prima a questo punto è
pronta, e i fasci sono coperti
con sacchi di iuta che svolgono
una duplice funzione, da un
lato assorbire l’acqua in eccesso
e, dall’altro, mantenere il giusto
grado di umidificazione. Dal
punto di vista tecnico, l’abilità
consiste nel saper scegliere, in
base al colore e allo spessore, tre
o più fili d’erba per dare la
tonalità voluta all’impagliatura.
Partendo da un angolo, i fili,
attorcigliati man mano a mò di
corda, sono tesi e avvolti sulla
seduta fino a ricoprirla interamente. Due gli stili fondamentali di realizzazione: a croce e a
triangolo. All’interno della
seduta a volte sono inseriti
pezzi di legno molto sottili per
rendere la struttura più resistente.
Tipica la chiusura del lavoro
che avviene utilizzando un
pezzo di legno a forma di grosso ago. Impagliata, a volte,
anche la parte alta della spalliera, il che comporta un allungamento dei tempi di lavorazione
poiché, a differenza della seduta in cui la parte grezza è
nascosta nel lato non visibile,
in questo caso è identica da
entrambi i lati.
Oltre all’erba lesca, è utilizzato
anche il nylon e la paglia carta.
Di produzione industriale,
questi materiali consentono di
ridurre notevolmente i tempi
di lavorazione e si prestano
anche a una riproduzione in
serie. Basti pensare che dall’ora
e un quarto occorrente per
impagliare una sedia con erba
lesca, si passa ai 10 o 30 minuti di lavorazione, sempre
manuale, necessari per il nylon
o la paglia carta.
Purtroppo, come testimoniato
dalla stessa artigiana, queste
come altre attività manuali,
che si apprendono direttamente sul campo, saranno, per
mancanza di apprendisti, destinate a scomparire insieme con
gli ultimi depositari di questa
antica tradizione.
I motivi di questo progressivo
e inesorabile abbandono sono
di ordine economico e socioculturale: dalla non remuneratività dell’attività, in quanto i
consumi si sono diretti versi i
più convenienti prodotti industriali, alla scarsa propensione
dei giovani ad apprendere un
mestiere. Se a tutto ciò si aggiunge la pressione fiscale e la
mancanza di interventi finanziari mirati alla salvaguardia di
questa o di altre attività, diventano chiari i motivi della quasi
totale scomparsa di questa forma di artigianato.
L’atteggiamento nei confronti
di questa problematica non
vuol essere un nostalgico rimpianto per qualcosa che fu, ma
al tempo stesso non è possibile
assistere passivamente alla cancellazione di radici storico-culturali rappresentate dalle antiche botteghe artigiane sopravvissute per tanti secoli e di cui,
Processo di lavorazione.
(Foto: L. Nella)
per alcuni mestieri, si sono
perse definitivamente le tracce.
In questo contesto si è inserita
la manifestazione interamente
Fase di lavorazione.
(Foto: L. Nella)
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dedicata ai Comuni lucani,
tenutasi dal 22 al 25 maggio
presso l’Ente Fiera Basilicata,
EFAB, a Tito Scalo (Pz), su i-
“Ago” di legno per la “chiusura” dell’impagliatura.
(Foto: L. Nella)
niziativa dell’Associazione “Identità Lucana”, la cui tematica è stata incentrata sul binomio identità-promozione turistica. Un vero e proprio viaggio alla scoperta della Basilicata, proprio partendo dagli
antichi mestieri in via d’estinzione per giungere alle bellezze
monumentali e paesaggistiche
e arrivare, infine, a progetti per
lo sviluppo di singoli comuni.
Di recente, inoltre, su iniziativa dei comuni di Brienza,
Calvello, Gallicchio, Guardia
Perticara, Moliterno, Paterno,
Sasso di Castalda, alla quale
hanno aderito i comuni di
Laurenzana e Abriola, ha visto
la luce il: “ Consorzio Artigiani
Appennino Lucano” (CAAL),
con la finalità di promuovere,
nell’ambito del territorio di
propria competenza, le condizioni necessarie per lo sviluppo
di attività imprenditoriali nei
settori dell’artigianato, del
commercio, del terziario e dei
servizi in genere. Per valorizzare, divulgare e promuovere l’artigianato tradizionale dell’Appennino lucano (Val d’Agri,
Camastra, Sauro e Melandro),
il Consorzio, attraverso la
Fase di ultimazione del lavoro.
(Foto: L. Nella)
Scuola degli antichi mestieri,
concepita come un “Centro di
eccellenza”, attiverà specifici
corsi di formazione per evitare
il depauperamento di un patrimonio di conoscenze che
andrebbe altrimenti perso per
sempre. Un’occasione da non
trascurare per il rilancio produttivo, economico e culturale
dell’area.
Anche il legislatore nazionale si
sta occupando della materia. Al
suo esame, infatti, specifici
progetti di legge tesi alla tutela
e valorizzazione delle botteghe
storiche di interesse artistico e
degli antichi mestieri, individuati come nuove categorie di
beni culturali.
A livello locale da segnalare
infine, che, nell’ambito della
Misura 4.9 del complemento
di programmazione del POR
Basilicata 2000-2006, “Diversificazione dell’attività aziendale”, tra le tipologie di intervento è inclusa anche quella
relativa alla incentivazione
delle attività artigianali tipiche
e valorizzazione degli antichi
mestieri, correlati, però, alle
attività delle aziende agricole.
Chiusura della seduta.
(Foto: L. Nella)
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