...

Uomo al centro del progetto

by user

on
Category: Documents
206

views

Report

Comments

Transcript

Uomo al centro del progetto
Uomo al centro del progetto
Design per un nuovo umanesimo
Man at the Centre of the Project
Design for a New Humanism
A CURA DI / EDITED BY
CLAUDIO GERMAK
SAGGI DI / ESSAYS BY
LUIGI BISTAGNINO
FLAVIANO CELASCHI
CLAUDIO GERMAK
UMBERTO ALLEMANDI & C.
TORINO ˜ LONDRA ˜ VENEZIA ˜ NEW YORK
Sommario / Contents
Il volume è stato realizzato
nell’ambito del progetto
Rafforzamento Lauree Professione
di I° livello finanziato
dalla Regione Piemonte
a valere su risorse
del Fondo Sociale Europeo
Gruppo di lavoro / Work team
LUIGI BISTAGNINO
FLAVIANO CELASCHI
CLAUDIO GERMAK
CLAUDIA DE GIORGI
PIER PAOLO PERUCCIO
PAOLO TAMBORRINI
FABRIZIO VALPREDA
CRISTINA ALLIONE
SILVIA BARBERO
MARCO BOZZOLA
CRISTIAN CAMPAGNARO
CLARA CEPPA
BRUNELLA COZZO
ANGELA DE MARCO
FRANCO FASSIO
PAOLO MACCARRONE
GIAN PAOLO MARINO
ANDREA VIRANO
ALESSANDRA RASETTI
RICCARDO VICENTINI
ALESSANDRO BALBO
SERGIO CORSARO
ANDREA DI SALVO
VASSILIA GALLIO
BEATRICE LERMA
LIDIA SIGNORI
CARLOTTA MONTANERA
DIPRADI (Dipartimento
di Progettazione Architettonica
e di Disegno Industriale)
Politecnico di Torino
CLAUDIO GERMAK
4 Introduzione
6 Introduction
CLAUDIO GERMAK E CLAUDIA DE GIORGI
53 Design dell’esplorazione (Exploring Design)
Exploring Design
LUIGI BISTAGNINO
9 Design per un nuovo umanesimo
Design for a New Humanism
LUIGI BISTAGNINO
71 Complessità virtuale, banalità reale
Virtual Complexity, Real Triviality
FLAVIANO CELASCHI
19 Il design come mediatore tra saperi.
L’integrazione delle conoscenze
nella formazione del designer contemporaneo
Design as Mediation Between Areas
of Knowledge. The integration of knowledge
in the training of contemporary designers
LUIGI BISTAGNINO
32 Innovare: in che modo?
Innovate, But How?
FLAVIANO CELASCHI
40 Design mediatore tra bisogni. La cultura
del progetto tra arte-scienza e problemi
quotidiani: l’esempio dei beni culturali
Design as Mediator of Needs. Design culture
between art-science and everyday problems:
the example of cultural heritage
CLAUDIO GERMAK
86 Esterni urbani contemporanei
Contemporary Urban Exteriors
Addenda
PIER PAOLO PERUCCIO (a cura di)
112 Casi studio / Applicazioni
Case studies / Applications
152 Glossario / Glossary
Introduzione
UN GRUPPO DI DISCUSSIONE
Il design inteso e vissuto come strumento flessibile per l’interpretazione delle trasformazioni della società contemporanea.
Così è nata questa pubblicazione che raccoglie le direzioni di ricerca del gruppo politecnico torinese, poliedriche ma accomunate da un indirizzo comune: l’uomo, soggetto primario dell’azione progettuale, ossia al centro del progetto.
Da sempre il buon design rivolge all’utenza finale una particolare attenzione, ma in questo caso l’uomo, abitante e utente è focus dichiarato del progetto e contemporaneamente il progettista di oggi e di domani a cui fornire indicazioni attraverso la ricerca, guardando a un nuovo umanesimo culturale.
I saggi riportati, così come i casi studio nella seconda parte della pubblicazione, non seguono una logica lineare. Essi sono la rappresentazione di ricerche che esplorano in diverse direzioni questo rapporto: dall’idea di un nuovo umanesimo
concretamente testimoniata da una ricerca e da una mostra itinerante dal titolo «uomo-prodotto» al design per i beni culturali, settore in cui il design è già oggi in grado di affiancare l’azione culturale con contributi efficaci in termini di valorizzazione del sistema e di comunicazione.
E quindi, dalle metodologie di design ampiamente studiate dall’équipe torinese per una formazione consapevole, cioè «il
designer esploratore», agli «esterni urbani contemporanei» e ai nuovi significati legati alla virtualità.
Pur navigando in settori diversi dei saperi e delle competenze, le ricerche condividono direzioni e obiettivi:
- il significato attribuito al design, inteso come valore culturale e strumento di valorizzazione delle competenze;
- il design come mediatore e integratore di saperi;
- il design come mediatore tra bisogni;
- il design come strumento per tracciare nuove rotte nell’innovazione;
- il design come strumento metodologico di esplorazione di nuovi settori;
- il design come strumento per l’approccio alla complessità;
- il design come strumento di lettura dei cambiamenti sociali, territoriali e produttivi;
- il design come strumento di indirizzo per una società delle reti, della condivisione e più sostenibile.
LE DIREZIONI DEL CAMBIAMENTO
Il design di prodotto, anche se buono, giusto e bello (espressivo) non riesce da solo a rispondere alle esigenze di una società in forte cambiamento e costretta a confrontarsi con problematiche di grande emergenza, come la riduzione delle risorse energetiche, la salvaguardia della biosfera, la distorsione delle economie.
Interpretare il cambiamento e sviluppare nuove visioni sul ruolo del design, sono infatti compiti che spettano alla ricerca
e alla formazione che su questi temi fonda la propria missione. Di riflesso, l’aggiornamento e, in parte, la competitività
4
anche del prodotto industriale, dipenderanno da quanto la ricerca scientifica e la formazione riusciranno a trasmettere al
mondo imprenditoriale, aziende e designer, e da quanto potranno essere recepite le direzioni culturali che portano verso
una società della conoscenza diffusa, più sostenibile e allargata all’universo delle reti.
In questo senso, le ricerche sviluppate nell’ambito del gruppo politecnico torinese, nato e radicatosi per caratteristiche territoriali nell’ambito del prodotto industriale e in un contesto storicizzato che potremmo definire illuminista, oggi esprimono alcune possibili direzioni di ri-orientamento del design in relazione ai tre principali assi su cui si gioca il cambiamento: progetto-produzione-innovazione. Molti dei casi studio raccolti in questa pubblicazione, elaborati in partnership
con committenti territoriali (aziende, istituzioni, associazioni e altri) evidenziano percorsi di ricerca in cui il prodotto fisico non è l’obiettivo primario, semmai lo sono il processo metodologico e di metaprogetto; oppure, dove il prodotto di
design è la ricerca stessa, orientata al «disegno del servizio», all’approccio «sistemico» alla produzione, all’esplorazione
del «virtuale» e delle «tecnologie di rete». Soprattutto, la direzione in continua evoluzione è quella riservata all’attenzione all’uomo, al suo equilibrio con l’ambiente e il contesto, con la storia e il territorio, e al rapporto-dilemma tra tradizione e innovazione.
Si tratta di riflessioni e proposte aperte al ri-orientamento etico del design, da considerare come possibili risposte a una domanda di design che sta cambiando dal «come fare», da tradursi in design = solutore di problemi, al «che cosa fare», ossia design = strumento strategico per il cambiamento, da intendersi come missione nella ricerca di un approccio più aperto e flessibile.
Se riferita, quindi, al progetto di prodotto, riguarderà il passaggio dal come disegnare un buon prodotto a quale strategia
adottare per ri-orientare il prodotto; se riferita al design di servizio, graviterà intorno alla necessità che i buoni prodotti siano comunque figli di visioni ampie interpreti dei nuovi scenari di cambiamento e di condivisione; se riferita al processo
produttivo, riguarderà la transizione possibile dalla capacità del design sistemico di re-indirizzare la produzione verso un
processo non lineare in cui gli output di alcune fasi del processo produttivo si trasformano in input per nuove sostenibili
produzioni, anche in direzioni molto diverse da quella della filiera produttiva originaria.
Sono in molti oggi a domandarsi come mai il design non si occupi solo di dare forma e contenuto al prodotto fisico ma
anche di disegnare prodotti immateriali, nuovi scenari e strategie, intersecando il ruolo di altre discipline. La ragione sta
nella flessibilità del design, capace di connettere saperi diversi, dalle scienze tecniche alle humanities, e di sviluppare tematiche ad ampio raggio, dal lavoro alla salute, dall’alimentazione ai trasporti, ai beni culturali, alle catastrofi. Inoltre, la sua
capacità di comunicare attraverso strumenti divulgativi alla comunità intera percorsi concettuali e visioni che normalmente vengono discussi e compresi solo all’interno degli ambiti accademici e scientifici.
«Il design è flessibilità» è anche lo slogan di Torino 2008 World Design Capital che si propone con due importanti eventi dedicati alla ricerca e alla formazione. La Conferenza Internazionale Changing the Change, dedicata al ruolo e alle potenzialità del design nei percorsi verso la sostenibilità, considerata il luogo della discussione delle idee, dove oltre 300 ricercatori provenienti da tutto il mondo si confronteranno sulle direzioni della propria ricerca unitamente a relatori di fama internazionale. E la Summer School, luogo di applicazione delle idee, dedicate a temi di grande attualità condivisi
in ambito internazionale, dove oltre 200 studenti provenienti dalle migliori scuole di design proveranno a rendere applicativi alcuni degli scenari che emergeranno dalla Conferenza.
A queste iniziative e al ruolo che in esse ha avuto il gruppo politecnico torinese del disegno industriale è dedicata questa
pubblicazione.
CLAUDIO GERMAK
5
Introduction
A DISCUSSION GROUP
Design intended and used as a flexible tool for interpreting the changes in contemporary society. Such is the basis of this
publication summarising the research directions of the Turin Politecnico group, which are many faceted but have a
common aim: man, the main subject of design work, that is, at the centre of design.
Good design has always paid special attention to the final user, but in this case man, the inhabitant and user, is the stated
focus of the design and of the present and future designer, who is directed by way of research aimed at a new cultural
humanism.
The essays and the case studies in the second part do not follow any linear logic. They represent studies that explore the
different directions of this relationship: from the idea of a new humanism tangibly documented by research and a travelling
exhibition entitled ‘uomo-prodotto’ (product-man), to design for cultural assets, where design is now able to make effective
contributions in terms of improvements to the system and to communication.
They thus range from the design methodologies extensively studied by the Turin team to provide expert training, that of
‘the explorer designer’, to ‘contemporary urban exteriors’ and the new meanings related to virtuality.
Although navigating in different sectors of knowledge and skills, the research has the same directions and aims:
- the meaning attributed to design, intended as cultural value and means of upgrading skills;
- design as mediator and integrator of knowledge;
- design as mediator of needs;
- design as means of tracing new routes of innovation;
- design as methodological means of exploring new sectors;
- design as means of approaching complexity;
- design as means of reading social, regional and production changes;
- design as means of orientation for a more sustainable society of networks and participation.
THE DIRECTIONS OF CHANGE
Product design, even if good, appropriate and beautiful (expressive) is not alone able to respond to the needs of a society
undergoing significant changes and forced to face up to serious problems, such as the reduction in energy resources,
safeguarding the biosphere and the distortion of economies.
Interpreting the change and developing new views about the role of design are precisely the tasks of research and training,
whose mission is based on these aspects. As a consequence, updating, and partly the competitiveness of the industrial
product, will depend on what scientific research and training can transfer to the entrepreneurial world, companies and
6
designers, and the extent to which the cultural directions that lead toward a more sustainable society of widespread
knowledge expanded to the universe of networks can be received.
In this sense, the research developed by the Turin politecnico group, rooted for local reasons in the industrial product and
in a historicised context we could define as ‘Enlightenment’, now expresses some possible ways of reorienting design along
the three main axes of change: design-production-innovation. Many of the case studies in this publication, drawn up in
partnership with local clients (companies, institutions, associations and others) show research paths in which the main
objective is not the product itself, but rather the methodological process and the meta-design; or, where the design product
is the actual research, directed toward ‘service design’, the ‘systemic’ approach to production and exploration of the ‘virtual
world’ and ‘network technologies’. Above all, the constantly developing direction is that focused on man, on his
equilibrium with the environment and the context, with history and the region, and on the relationship-dilemma between
tradition and innovation.
It is a question of reflections and proposals open to the ethical reorientation of design, to be seen as possible answers to a
design question that is changing from ‘how to do’, translated as design = problem solver, into ‘what to do’, or design =
strategic tool for change, intended as mission in the search for a more open, flexible approach.
If this refers to product design it will concern the move from how to design a good product to what strategy to adopt to
reorient the product; if it refers to service design it will gravitate around the need for good products to be the result of broad
views interpreting the new scenarios of change and participation; if it refers to the production process it will concern the
capacity of systemic design to reorient production toward a non-linear process in which the outputs are at some stages
turned into inputs for new sustainable production, at times in very different directions to that of the original production
chain.
There are many today who ask why design is not concerned only with giving shape and content to the physical product
but also with non-material products, new scenarios and strategies, cutting across the role of other disciplines. The reason
is the flexibility of design. It is capable of connecting different fields of knowledge, from technical sciences to the humanities,
and of developing wide-ranging themes, from work to health, diet, transport, cultural assets and disasters. Furthermore,
it is able to communicate conceptual pathways and views that are normally discussed and understood only within the
academic and scientific spheres to the entire community by way of popular media.
‘Design is flexibility’ is also the slogan of the Turin 2008 World Design Capital, which is being presented at two important
events on research and training. The first is the international conference Changing the Change, dedicated to the role and
potential of design on the road to sustainability. It is regarded as a place for the discussion of ideas and will feature more
than 300 researchers from all over the world discussing their own research, and internationally acclaimed speakers. The
other is the Summer School, where ideas on very topical subjects of an international nature are applied. More than 200
students from the best design schools will try to apply some of the scenarios emerging from the conference.
This publication is dedicated to these initiatives and to the role played in them by the Turin Politecnico industrial design
group.
CLAUDIO GERMAK
7
Design per un nuovo
umanesimo
Design
for a New Humanism
LUIGI BISTAGNINO
LUIGI BISTAGNINO
L’
A
«habitus» consumistico condiziona quasi spontaneamente e subdolamente tutte le scelte che ciascuno di noi compie, quasi senza rendersi conto di esserne una vittima. Il sentimento ecologico, pur essendo molto diffuso, è quasi impotente di fronte a comportamenti fortemente radicati nel vivere quotidiano,
che nei fatti lo negano totalmente. Questo significa che
non si riescono a valutare le ricadute che i comportamenti generano, in quanto la cultura condivisa non
abitua a considerare le scelte quotidiane generatrici di
flussi di materia e di energia che coinvolgono anche
gli altri componenti del nostro sistema socio-economico. Si comprano o si abbandonano con assoluta
leggerezza prodotti o beni, e spesso si cerca conferma
della propria esistenza attraverso l’acquisto di un oggetto, magari per uscire da uno stato di depressione
momentanea. Anche a livello progettuale non si ha la
coscienza di contribuire con il proprio lavoro a perseguire questo cammino, e si ritiene che la causa dei problemi ecologici sia una cattiva educazione ambientale e che la situazione attuale dipenda dal comportamento altrui.
È stato quindi spontaneo, riflettendo sul fatto che si ragiona sempre più sovente su valori che sono connessi
ai prodotti e che la nostra stessa vita viene misurata sul
possesso o la scelta di determinati oggetti, cercare di visualizzare i valori che il nostro sistema culturale, economico e sociale mette in primo piano quando considera il prodotto come un perno attorno al quale fanno
leva tutte le considerazioni.
cquired patterns of consumerism deviously and
almost spontaneously influence all the decisions
we take, and it is as though we hardly realise we are
their victims. Even though it has become quite generalised, ecological sentiment is virtually powerless
against forms of behaviour that are deeply engrained in
our everyday lives, which in practical terms deny it
completely. This means we cannot assess the effects that
our behaviour bring about, for our shared culture does
not accustom us to considering our everyday choices as
generating flows of materials and influences that also
involve other aspects of our socio-economic system.
Goods and products are bought and discarded with
the greatest superficiality, and people often seek to confirm their own existence through the purchase of a
product - at times to get out of a momentary state of depression. Also at the design level there is no awareness
that one’s work is helping to persist in following in this
direction, and it is believed that the cause of ecological
problems is a lack of knowledge about the environment, and that the present situation depends on other
people’s behaviour.
When reflecting on the fact that we increasingly base
our reasoning on the values that are connected to products, and that our lives are measured by the possession
or choice of particular objects, it is only natural that we
should try to visualise the values that our cultural, economic and social system gives prominence to when the
object is considered as the hub around which all these
considerations revolve.
9
Ma è stato altrettanto spontaneo cogliere come questa
visione sia molto limitata e come sproni a cambiare angolo di osservazione, riportando al centro della riflessione altri valori che ci appartengano più profondamente,
per poter intraprendere un nuovo cammino nella ricostruzione di un diverso sistema culturale ed etico.
Questa differente, ma spontanea, visione porta al centro
dell’attenzione e delle riflessioni l’uomo nel suo contesto
di vita, in un rinnovato umanesimo reale e culturale.
Quasi come in un gioco di ruolo, si propongono due
tipi di approccio che evidenziano i valori, connessi ai
due differenti ambiti, che sono fondamentali per progettare, immaginare e affrontare le complessità dell’odierna società.
Che cosa succede se si considera quale «focus» principale del progetto il prodotto o l’uomo?
IL PRODOTTO (vedi schema p. 124 )
Quando si ha la necessità di progettare un oggetto, attualmente si agisce pensando al prodotto da realizzare;
le ricerche che vengono svolte in fase preprogettuale,
quindi, s’indirizzano verso l’individuazione di azioni
atte a risolvere esclusivamente le aspettative che il consumatore avrà nei confronti del prodotto: come progettisti risulta perciò evidente il notevole carico di responsabilità che si ha nei confronti degli utenti.
Individuare un target significa elaborare correttamente le
aspettative che un gruppo sociale vorrebbe realizzare. Ecco
perché un buon team di lavoro deve essere composto da
persone con differenti conoscenze e saper agire secondo
competenze diversificate per definire con maggior successo obiettivi comuni a largo spettro. In un team si pensa
non come singoli ma come un insieme di capacità, e si ha
in tal modo la possibilità di capire meglio le relazioni sociali e di rispettare, con la progettazione, le necessità di chi
ci sta accanto. Pensando al prodotto quale «focus» prin10
But it is also equally obvious how limited this vision is
and how it prompts us to change our point of view, once
again focusing on other values that are even more profoundly our own, in order to approach the creation of a
different cultural and ethical system in a different way.
This diverse, but spontaneous, vision leads us to focus
and reflect on man in the context of his life, as part of a
new form of humanism that is both real and cultural.
As though in a sort of role play, two types of approach
are suggested. They point to the values of two different
spheres, which are fundamental for designing, imagining, and tackling the complexity of present-day society.
What happens if we consider the p ro d u c t or man
himself as the main focus of the design?
THE PRODUCT (see image p. 124 )
When there is a need to design a new object, we currently base our ideas on the product that is to be made.
This signifies that the research work carried out in the
pre-design phase focuses on the actions required simply to satisfy the consumer’s expectations, and this
means that the huge responsibility that designers have
with regard to users is clearly evident.
Identifying a target means correctly assessing the expectations that a social group intends to satisfy. This is why
a good work team needs to consist of people with different skills and knowledge, and they must be able to
bring to bear different forms of expertise to successfully establish the broader objectives for all the members.
A team must think not as individuals but as a group
with different forms of expertise, for like this it is possible to gain a better understanding of social relationships and, through the work of design, to respect the
needs of the next person. By thinking of the product as
the prime focus of a project, clear concrete form is giv-
cipale di un progetto, si enucleano e si concretizzano immediatamente una serie di valori a esso correlati.
In cima alla lista troviamo le materie prime, che sono
il primo concreto elemento che un processo industriale
deve necessariamente rintracciare per poter avviare la catena produttiva. Tutto ciò significa flusso di denaro e ritorno di investimenti: si investe denaro in un prodotto
per ottenere profitti e il valore economico è da valutare con estrema attenzione, essendo una delle variabili più
delicate da gestire all’interno di un’azienda.
L’acquisto di materie prime consente ai produttori di
trasformarle con il processo produttivo in un oggetto.
Essi hanno la possibilità di mostrare al mondo la loro
abilità nel plasmare un materiale informe in qualcosa
che esprime significati. Queste significanze, che hanno in sé una forza sorprendente, risiedono nel fatto che
concretizzano una funzione simbolica. Gli acquirenti sono fortemente attratti da un prodotto che fornisca
loro l’occasione di sentirsi parte di un clan, di un gruppo sociale; uno status symbol certifica, infatti, una
posizione ben precisa all’interno di una società; esso
trasmette e significa sicurezza.
Le azioni successive, che garantiscono che un prodotto arrivi dal produttore al consumatore, sono gestite
dalle politiche di marketing, dalla comunicazione
espressa nelle campagne pubblicitarie e dalla forza seducente insita nell’imballaggio.
Il marketing tradizionale (non strategico) si preoccupa
essenzialmente di ciò che le persone vorrebbero; il suo
obiettivo principale è esclusivamente quello di accertare quali siano le attuali necessità richieste dall’utenza,
senza però prevedere al contempo quali siano le politiche più corrette atte a soddisfarle nel migliore dei modi.
Il marketing spinge a fornire al consumatore risposte
immediate che, purtroppo, non sono necessariamente
le migliori.
en to a series of values that are connected to it. At the
top of the list we find the raw materials, which are
the first concrete element that an industrial process has
to get hold of in order to start up the production cycle.
All this means a flow of money and a return on investment: money is invested in a product to obtain a profit and the economic value needs to be assessed extremely carefully, for it is one of the most delicate variables that need to be managed within a company.
The purchase of raw materials enables producers to
transform them into objects by means of their production process. They are able to show the world how
skilled they are in transforming a shapeless material into something that expresses meaning. This meaning,
which has extraordinary intrinsic power, resides in the
fact that it gives concrete form to a symbolic function.
The purchasers are particularly attracted by a product
that gives them an opportunity to feel they are part of a
clan or social group. And indeed, a status symbol
certifies a clearly established position within society,
conveying and signifying security.
The subsequent actions, which make sure that a product reaches the consumer from the producer, are managed by marketing and communication policies that
are expressed through advertising campaigns and by
the alluring power of the packaging.
Traditional (non-strategic) marketing mainly focuses
on what people are supposed to want. Its prime objective is simply to establish what users’ demands currently are, though without calculating what the best policies would be to satisfy them in the best possible way.
Marketing promotes the idea of giving the consumer
immediate responses, even though these may unfortunately not be the best ones.
It is thus plain to see why advertising is so impelling
and why it enchants the mind when the consumer
11
È chiara a tutti la ragione per cui più la pubblicità è
pressante e incanta le menti, più il consumatore vorrà
o chiederà prodotti sempre nuovi. Chi consuma desidera soprattutto ciò che vede in televisione, o sui cartelloni pubblicitari che giganteggiano per le strade o che
ascolta alla radio, non ciò che mente e cuore realmente suggeriscono di richiedere al mondo della produzione industriale.
E sicuramente, osservando le cose da questa prospettiva, anche il concetto di imballaggio non viene solo realizzato come mera protezione di un prodotto, ma viene progettato piuttosto come se fosse un «medium»: la
sua pelle è utile soprattutto per veicolare visivamente i
messaggi del marketing e della pubblicità.
Il consumatore, quindi, il più delle volte acquista in
realtà «l’idea» che si è fatto di quel prodotto specifico:
la conseguenza è che il suo possesso non è nient’altro
che la soddisfazione di un desiderio indotto, non di una
reale necessità. Possedere di più per affermare uno status è la ragione principale che spinge all’acquisto, a prescindere dalla funzione ricercata o fornita.
Se nel dopoguerra la necessità principale era quella di
riuscire a ricostruire una società di valori, col boom degli anni sessanta si è dato inizio all’acquisto superfluo.
Oggi l’imperativo è quello di possedere una cosa che
il vicino di casa ancora non ha, quasi che il possesso di
un oggetto ritenuto speciale e unico ci possa rendere improvvisamente speciali e unici.
A questo punto i valori passano dall’immaginario alla concretizzazione: realizzare il prodotto attraverso la
produzione vera e propria, tramite l’apporto fattivo
dell’ingegnerizzazione e della strategia logistica.
Queste tre problematiche sono interconnesse le une alle
altre. La definizione e gestione delle loro complessità sono però una diretta conseguenza delle priorità legate al fattore economico che ingloba in sé i valori prima descritti.
12
wants or demands ever increasing numbers of products
that are always new. Those who consume mainly want
what they see on television or on billboards that loom
up over the streets, or what they hear about on the radio - not what their hearts and minds really suggest they
should demand from the world of industry.
And, when we see things from this point of view, we
find that the concept of packaging is certainly not based
simply on protecting a product, but is rather designed
as though it were a medium in itself: as an outer skin,
it is mainly used for conveying visual marketing and
advertising messages.
This means that the consumer normally purchases
what is in actual fact the “idea” that they have acquired
of that particular item: the result is that possessing it is
no more than the satisfaction of an induced desire, and
not of a real need. Possessing more in order to assert
status is the main reason that leads us to make purchases, quite apart from the actual function sought or provided.
After the last war the main need was to rebuild a society of values, but the economic boom of the 1960s gave
rise to purchase of the superfluous. Now what matters
is to possess something that our neighbour still does not
have, almost as though possessing some object considered to be special and unique might suddenly make us
special and unique too.
At this point, values shift from the imagination to materialisation: making the item through a process of actual p ro d u c t i o n, with the constructive contribution
of engineering and logistic strategy.
These three concerns are all interconnected. Defining
them and managing them in their entirety is however
a direct consequence of priorities that involve the economic factor that incorporates the values described
earlier.
Ovviamente, il termine «produzione» comprende la
vera e propria fase creativa di design, che trasforma un
«concept» in un’idea e un’idea in un progetto di massima. Sta poi all’ingegnerizzazione ridimensionare
questa visione in termini di progetto esecutivo. La logistica servirà invece a gestire la realizzazione del prodotto all’interno dell’azienda e la sua veicolazione sui
mercati di vendita.
Il prodotto rappresenta valori economici e simbolici
che vengono concretizzati produttivamente e venduti
all’utente. Quest’ultimo, come abbiamo visto, percepisce gli oggetti in primo luogo come «cose» rappresentanti questi valori; solo in un secondo momento,
cioè in fase d’uso, egli comincia a rendersi conto della
reale funzione di un prodotto e soltanto quando questo si deteriora si accorgerà che in realtà esso non è più
solo un involucro, ma che è costituito soprattutto da
ciò che lo rende funzionante, cioè dai componenti.
Ogni oggetto viene visto sempre nella sua totalità, come se fosse un monoblocco privo di parti costituenti.
Un occhiale, un telefono, un’automobile, sono prodotti che viviamo per quello che rappresentano e forniscono, senza che ci si renda conto, se non quando si
rompono, che essi sono «parole» che racchiudono in se
stesse un mondo estremamente più complesso.
Ed è solo quando non funzionano più e bisogna, il più
delle volte, dismetterli, che si ha la reale percezione del
loro ciclo di vita.
La legislazione europea è tutta concentrata sul «fine vita», sulla separazione, sul riciclo: quest’approccio parziale è una modalità per tentare di risolvere «a valle» un
problema che potrebbe invece essere già essere affrontato «a monte».
Anche solo una migliore manutenzione dei prodotti,
per allungarne la vita utile, potrebbe già essere un buon
The term “production” naturally includes the actual
creative stage of design, which transforms a concept into an idea and an idea into a preliminary project. It is
up to engineering to reassess this vision in terms of the
definitive design. Logistics, on the other hand, helps
manage the creation of the product within the company and then takes it out to the market.
The product represents economic and symbolic values
that are given concrete form and sold to the consumer.
And consumers, as we have seen, perceive these objects
primarily as “things” that represent other values. Only
later, when the object is used, do consumers begin to
realise the real function of a product, and it is only
when this product begins to deteriorate that they realise
that in actual fact it is not just a casing, but that it mainly consists of what makes it work - in other words of its
components.
Every object is always seen in its entirety, as though it
were a single unit without constituent parts. A pair of
glasses, a telephone, or a car are all products that we experience for what they represent and provide, without
realising - except when they break - that they are like
words that encapsulate a world that is really far more
complicated.
And it is only when they break down and, usually,
need to be discarded, that we have a real perception of
their life cycle. European legislation focuses entirely
on the “end of useful life” - on separation and recycling,
but this partial approach is one way of attempting to
find a downstream solution for a problem that could
however be solved upstream. Even just better maintenance of products, in order to extend their useful life,
would be a good starting point.
In any case, precisely because we have no perception of
the internal components, we do not particularly wor13
punto di partenza. In ogni caso, proprio per il fatto che
non esiste la percezione dei componenti interni, non ci
preoccupiamo di ciò che realmente fa funzionare il prodotto. Non essendo direttamente «coinvolti» nel suo
funzionamento, la preoccupazione principale non è
tanto che fornisca una prestazione, quanto piuttosto
che continui a rappresentare ciò che simboleggia.
In generale, anche la percezione della vita umana, della sostenibilità ambientale e del nostro mondo avviene
sempre quando qualcosa entra in crisi, quando si avvicina l’inevitabile.
È da vent’anni che si parla di disastri ambientali sempre più frequenti, di riscaldamento del pianeta, di desertificazione pressante, di disboscamento, di depauperamento di risorse non rinnovabili, di inquinamento devastante, di buco nell’ozono. Ma se in passato se ne parlava sempre «al futuro», oggi se ne parla «al presente»,
perché è «ora» che si sta arrivando al punto di non ritorno. Oggi si parla di scioglimento dei ghiacci e di stagioni alterate perché tutti possiamo constatarne tangibilmente le conseguenze, solo perché ora ne abbiamo la reale percezione. Come san Tommaso, abbiamo bisogno
di prove reali e in campo ambientale, come abbiamo
potuto constatare, non abbiamo creduto all’avvertimento per il futuro, ma all’emergenza del presente.
Se oggi abbiamo la percezione che qualcosa debba
cambiare nel processo produttivo, parallelamente non
abbiamo quasi idea di come agire per far sì che questo
cambiamento possa avvenire. Se i problemi e le necessità ambientali si sono radicalmente modificati, allora
anche l’approccio alla produzione dovrà adattarsi al
cambiamento.
L’UOMO (vedi schema p. 124 )
La reale possibilità evolutiva del processo produttivo
sembra allora risiedere nel ribaltamento dei valori in
14
ry about how the product actually works. Since we are
not directly involved in its operation, our main preoccupation is not so much that it performs properly as that
it should continue to represent what it symbolises.
Generally speaking, we tend to take notice of human
life, environmental sustainability and even our world
when something goes wrong, and when the inevitable
approaches. For twenty years now there has been talk
of increasingly frequent environmental disasters, global warming, advancing desertification, deforestation,
the depletion of non-renewable resources, devastating
pollution, and the ozone hole. But while in the past
there was always talk of “in the future”, today we are
talking about “in the present”, because it is “now” that
we are reaching a point of no return. Today we talk
about glaciers melting and seasons going out of kilter
because we all have tangible experience of their consequences, and simply because now we have a real perception of them.
Like St Thomas, we need tangible proof and, as we
have seen, we do not believe in warnings about the future of the environment but simply in the concrete facts
of the present. Even though we are now aware that
something needs to be changed in production processes, we nevertheless have little idea as to what we can do
to make this change come about. If environmental needs
and problems are radically modified, then the approach
to production will also have to adapt to this change.
PEOPLE (see image p. 124 )
The real evolutionary potential of the product process
seems to be in overturning values we have always believed in. This gives us a new focus for the future,
which is that of placing people at the heart of design putting them into a systemic relationship with the
world around them.
cui abbiamo sempre creduto, definendo così un nuovo «focus» su cui concentrare le azioni future, cioè ponendo l’uomo al centro del progetto, l’uomo che è in
relazione sistemica con il mondo circostante.
Se agiremo così, noteremo subito che il valore più importante da attribuire all’intero processo produttivo sarà la vita. La vita biologica, intesa come esistenza in
quanto tale. La percezione di questo valore è legata ai
bisogni primari e avviene solo attraverso la cognizione
individuale delle necessità legate alla preservazione dell’esistenza di ciascuno, che può essere mantenuta solo
ponendosi in relazione armonica con «l’intorno».
L’uomo è però anche un animale che ha, per sua natura, bisogno di entrare in relazione col prossimo e di intessere rapporti esprimibili attraverso una vita sociale.
La tipologia di questi rapporti è tendenzialmente regolata da rispetto reciproco, in particolare quando si rende necessaria la comprensione delle opinioni altrui al
fine di individuare obiettivi e strategie atte a preservare
la vita biologica di cui sopra.
In una società come la nostra, governata dal prodotto,
ogni individuo pensa troppo spesso, anche inconsciamente, di essere il fulcro unico dell’esistenza altrui. Il
motto «io e gli altri» (o peggio «io contro gli altri») raramente si mutua nel pensiero «io con gli altri». Il principio di prevaricazione sta raggiungendo livelli di parossismo estremo e, quel che è peggio, tali comportamenti, per quanto deprecati, vengono poi al contempo esaltati proprio da quei media (non solo tv o giornali) che paradossalmente li condannano. La carenza
di valori comportamentali ci fa capire quanto sia importante la riscoperta e la conseguente promozione di
un tipo di vita etica, più consona a una società che
vuole considerarsi matura; ritrovare certe valenze relazionali consentirebbe un sicuro miglioramento dei rapporti fra gli individui.
If we act this way, we will immediately notice that the
most important value to attribute to the entire production process is l i f e. In other words, biological life,
viewed as existence itself. Perception of this value is
linked to our primary needs and it takes place only
through individual knowledge of the needs that are involved in the preservation of the existence of each of us,
which can be maintained only if we have a harmonious
relationship with our surroundings.
Man is however an animal that, by its very nature, needs
to relate to others of its kind and to form relationships
that can only be expressed through social life. The nature of these relationships tends to be regulated by reciprocal respect, particularly when we need to have a full
understanding of other people’s opinions in order to
identify objectives and strategies that might help preserve the biological life we were referring to earlier.
In a society like ours, which is governed by products,
all too often each individual often thinks - even unconsciously - that he or she is the sole hub around which
other people’s existence revolves. The idea of “me and
the others” (or, even worse, “me against the others”) is
rarely transformed into the idea of “me with the others”. This form of abuse is reaching untold extremes
and, what is worse, however much it may be condemned, this sort of behaviour is also glorified precisely by the media (and not just television or newspapers)
that paradoxically condemn it the most. The scarcity
of values-based behaviour shows us how important it
is to rediscover and consequently promote a type of e t hical life that is more in keeping with a society that
would like to consider itself as mature. Being able to
find certain values in relationships would certainly improve relationships between individuals.
Cultural life is based on the balanced interconnections
of three lives: biological, social and ethical. We need
15
Dall’intreccio equilibrato delle tre vite (biologica, sociale ed etica) ha origine la vita culturale.
La questione è quella di prendere atto delle diversità in
cui si svolge la vita di milioni di persone (ciascuna calata in contesti sociali, etici e culturali tanto difformi
quanto unici), così da poter agire produttivamente in
modo mirato e non confondendo le varie utenze come
se appartenessero a un unicum indistinto, privo di una
volontà peculiare e caratterizzato solo da necessità contingenti e da bisogni nebulosamente indifferenziati.
È come se la vita, oggi, fosse schiava di oggetti inanimati, quando in realtà dovrebbe avvenire il contrario;
i prodotti dovrebbero semplicemente essere i mezzi essenziali attraverso i quali l’essere umano esprime le
azioni che ne consentono l’esistenza.
La specificità culturale dei contesti è ciò che sta alla base della percezione e delle funzionalità dei prodotti.
La tendenza è appunto quella di creare prodotti unici
con la pretesa che abbiano significati e utilità identici a
tutte le latitudini, quando è evidente che agendo in maniera opposta si avrebbe l’opportunità di creare un
mondo strumentale più adatto alle differenti necessità e,
proprio per questo, un parco oggetti che sicuramente
troverebbe la strada della dismissione solo al momento
opportuno e non solamente quando è passato di moda.
Posizionare l’economia in ambito periferico non vuole dire negarla ma, anzi, valorizzarla. Il fatto di poter
produrre per mercati differenziati consente, infatti, la
creazione di sistemi economici non globalizzati e indistinti, ma specifici e contestualizzati, senza che le positività del circolo del denaro (investimenti e introiti)
portino necessariamente a scompensi disastrosi, come
oggi si tende a verificare.
Creare nuovi mercati vuol dire produrre prodotti corretti, funzionalmente e percettivamente recepibili in
maniera positiva dalla società per la quale sono stati
16
to acknowledge the diverse situations in which millions of people live their lives, with each one in social,
ethical and cultural contexts that are as dissimilar as
they are unique. Like this, it is possible to act productively in a targeted manner, without confusing the various users as though they belonged to a single, undistinguishable whole, with no individual desires and
characterised simply by contingent and vaguely common needs.
It is as though life today were the slave of inanimate objects, when in actual fact it should be the opposite:
products ought to be no more than the essential means
that human beings use to carry out the actions that allow them to exist.
The specific cultural nature of the various contexts is
what lies at the heart of the perception and functional characteristics of products. The tendency is precisely that of creating standard products with the claim
that they have identical significance and utility at every
latitude, when it is quite clear that, by taking the opposite approach, it would be possible to create objects
that are more suited to different needs and, for this very
reason, a range of objects that would come to the end
of their useful life only at the right moment, and not just
when they happen to go out of fashion.
Placing the economy on the sidelines does not mean
refusing it but, on the contrary, turning it to account.
The fact of being able to manufacture for different markets makes it possible to create economic systems that
are not globalised and undifferentiated, but specific
and contextualised, without the positive aspects of the
circulation of money (investments and revenue) necessarily leading to the disastrous imbalances we tend to
see today.
Creating new markets means producing products that
are correct in terms of both function and perception,
progettati; e ciò significa creazione di nuovi posti di lavoro e benessere più diffuso.
Il ritorno di investimento è perciò duplicato, sia economicamente che socialmente. Ecco perché il p ro d o tto è in questo scenario soltanto l’ultimo dei valori da
mettere in gioco: senza valutazioni opportune di quanto esso sia realmente necessario all’esistenza, senza rendersi conto in anticipo di quanto altri valori siano più
importanti per la vita umana, la produzione di un oggetto perde quasi di significato.
and that can be received positively by the society they
have been designed for. And this means creating new
jobs and more widespread affluence.
Return on investment is therefore duplicated, both economically and socially. This is why the product is the
last of values that needs to be brought into play: when
we make proper assessments of its real utility for existence, and realise in advance how other values are more
important for human life, the production of an object
loses its significance almost entirely.
La differenza tra i due scenari risiede nella presa di posizione a monte.
Scegliendo come «focus» principale i valori
connessi o al prodotto o all’uomo, cambiano di
conseguenza le strategie per la valorizzazione
delle variabili messe in gioco, nonché la loro importanza e comparsa nell’ordine delle priorità
all’interno di un ciclo produttivo.
The difference between the two scenarios can be seen
in the position adopted in the initial stages.
When we focus mainly on the values involved in
the product or in man, we find a change in the
strategies to promote the variables that are
bought into play, and also in their import a n c e
and position in the order of priorities within a
production cycle.
Come designer, ci si dovrà allora chiedere se vorremo
continuare a «progettare solamente il prodotto» o se
preferiremo «progettare per l’uomo»; se sceglieremo
di mostrare le nostre competenze progettando una forma
o se le useremo per progettare per la società; se vorremo
ancora esprimerci attraverso un «design edonistico» o
se propenderemo per un «design umanistico».
Qualunque sarà la scelta che compiremo o la posizione che assumeremo di comune accordo con l’industria,
dovremo però aver ben chiaro sin d’ora quali potranno essere le conseguenze, positive o negative, del nostro
agire.
Anche in ambito economico si sta facendo sempre più
strada la convinzione che i parametri dello sviluppo
di una società non possano basarsi semplicemente su
dati economici, ma che sia necessario adottare altri fattori imponderabili, qualitativi e non quantitativi, co-
As designers, we must therefore ask ourselves if we intend to continue simply “designing a product” or if
it would not be better to “design for man”. In other
words, we need to understand if we wish to show our
skills by designing shapes or if we are going to use our
abilities to design for society, if we wish to carry on expressing ourselves through “hedonistic design” or if
we are going to move towards “humanistic design” .
Whatever choice we make and whatever position we
adopt, in agreement with industry, we should nevertheless have a very clear idea right now about what the
consequences of our actions will be - both positive and
negative.
Also in economic spheres there is an increasing belief
that the criteria for the development of society cannot
simply be based on economic data, but rather that it is
necessary to adopt other, imponderable factors that are
17
me la qualità della vita, dell’ambiente, del grado di
istruzione, dei servizi, cioè degli indici che manifestino il grado di benessere non materiale ma morale delle persone1.
In un contesto simile la pratica del design industriale
richiede un profondo cambiamento: si tratterà di affrontare le responsabilità che, come progettisti, abbiamo nei confronti di chi ci affida la risoluzione di problemi reali, la realizzazione di desideri non ancora appagati, il miglioramento qualitativo della propria vita.
La sostenibilità non è una proprietà individuale, ma
un valore condiviso che coinvolge l’intera comunità.
In una società viva, la creazione della conoscenza è naturale ed è fonte di soddisfazione il condividere o il discutere con gli altri ciò che abbiamo appreso. In questa dinamica di scambio di pensiero si formano spontaneamente e vengono a emergere, consolidate attorno
a valori condivisi, anche nuove regole e nuovi obiettivi accettati dal gruppo nel suo insieme.
Abbiamo di fronte un futuro in cui potremo progettare e realizzare delle comunità ecologicamente sostenibili organizzate in modo tale che le tecnologie adottate e le scelte politiche non siano in contrasto con il sistema del mondo naturale: si potranno immaginare
delle tecnologie che imparino dalla natura e non vogliano, al contrario, controllarla.
La vita o la natura in genere non sono prodotti commerciali, ma sono parte integrante della nostra esistenza: bisogna comprenderne a fondo i disegni e prenderli come modello per le nostre nuove future tecnologie.
quantitative rather than quantitative. These include the
quality of life and of the environment, and the level of
education and of services - in other words, indicators
that reveal people’s level of well-being in terms that are
moral rather than material.1
In such a situation, industrial design practices are in
need of profound changes: as designers, we must tackle the problem of the responsibilities we have towards
those who can trust us with solving real problems, satisfying desires that have not yet been fulfilled, and improving the quality of life. Sustainability is not some
individual matter, but a shared value that involves the
entire community.
The creation of knowledge in a dynamic society is only
natural, and sharing and discussing with others what we
have learnt is a source of satisfaction. In this way of exchanging ideas and opinions, new rules and new objectives that are accepted by the group as a whole spontaneously come together around a number of shared values.
We are faced with a future in which we can design and
create ecologically sustainable communities that are organised in such a way that the political decisions and
the technologies adopted are no longer in conflict with
the natural world they are part of: it is possible to imagine technologies that learn from nature rather than attempting to dominate it.
Life and nature in general are certainly not commercial
products, but they are an integral part of our existence:
their inner workings and design need to be understood
and used as models for our future technologies.
Temi, questi, emersi dal convegno «Beyond Gross Domestic Product» (Oltre
il Prodotto Interno Lordo), organizzato dalla Comunità europea a Bruxelles
il 19 e 20 novembre 2007, cui hanno partecipato, tra gli altri, Ashok Kosla,
presidente del Club di Roma, Emeka Anyaoku del WWF, Manuel Barroso,
presidente della Commissione europea, Joaquín Almunia, commissario
all’Economia e Kristalina Georgieva, direttrice della Banca Mondiale.
1
1
18
These are issues that emerged from the “Beyond Gross Domestic Product”
conference organised by the European Community in Brussels on 19 and 20
November 2007. Participants included Ashok Kosla, president of the Club
of Rome, Emeka Anyaoku of the WWF, Manuel Barroso, president of the
European Commission, Joaquín Almunia, commissioner for the Economy,
and Kristalina Georgieva, director of the World Bank.
Il design
come mediatore
tra saperi
Design as Mediation
Between Areas
of Knowledge
L’integrazione delle conoscenze nella
formazione del designer contemporaneo
The integration of knowledge in the
training of contemporary designers
FLAVIANO CELASCHI
FLAVIANO CELASCHI
BENI DI SCAMBIO E CULTURA DI PROGETTO TRADED GOODS AND DESIGN CULTURE
Il design è disciplina giovane che sta costruendo poco
a poco i suoi statuti e perfezionando i suoi strumenti di
ricerca. Sono passati solo dieci anni dall’istituzione del
primo corso di laurea di Disegno Industriale in Italia1,
un passo che ha contribuito a sviluppare questo insieme articolato di conoscenze dal limbo internazionalmente riconosciuto dell’azione professionale del progettista-artista-architetto per accompagnarlo nel difficile percorso di disciplina universitaria2.
Design è una parola-problema attraverso la quale comunemente si intendono due differenti significati: nel
sentire comune design è sinonimo «pop» di avanguardia formale e di stile moderno. Questa caratteristica viene con leggerezza dedotta dall’insieme degli elementi
morfologici e funzionali che connotano l’oggetto disegnato, frutto prevalentemente del lavoro dello stilista,
del demiurgo della forma cui il produttore industriale
illuminato si è occasionalmente rivolto per «vestire» di
ingegno formale le sue merci.
Design è però anche sinonimo di progetto, una delle
parole che meglio caratterizzano e identificano il fare
industriale come cultura e come capacità di modificare la realtà a partire da un agire programmato di risorse disponibili, in tempi pianificati e con un risultato
definito a priori, mediando tra gli interessi del sistema
Design is a young discipline that is gradually building
up its own constitution and perfecting its own research
instruments. Only ten years have gone by since the first
degree course in Industrial Design was introduced in
Italy,1 a step that helped bring this complex system of
knowledge out of the internationally recognised limbo
of the designer-artist-architect’s profession and bring it
into the difficult process of university education.2
Design is a problematic word to which two different
meanings are normally given: in common parlance it
is a synonym of avant-garde, “pop” shapes and modern style. This is an idea that is superficially deduced
from the series of morphological and functional elements that characterise a particular object which is
mainly the result of the work of the designer. This designer is seen as a creator of shapes, to whom enlightened manufacturers turn to every now and then in order to give imaginative form to their goods.
But design is also project and planning work, a concept that means that the industrial process it involves
becomes a matter of culture and the ability to modify
reality based on the planned processing of available resources. This is carried out in accordance with certain
schedules and with results that are established beforehand, thus making it an intermediary for the produc19
di produzione e di quello di consumo3. E questa è l’accezione del termine che utilizziamo nell’università del
progetto per eccellenza: il Politecnico.
Nel primo caso design è spesso inteso come stile, come
prodotto o aggettivo del prodotto, nel secondo in quanto processo4. Per chiunque si occupi di una disciplina
scientifica la definizione del significato della parola che
distingue la disciplina stessa non può che avere un senso dinamico e mutevole, sia in base ai vari approcci che
si percorrono (la direzione dalla quale si guardano i fenomeni oggetto di osservazione), sia in base al continuo e autonomo mutamento delle condizioni al contorno dei medesimi fenomeni.
Quando cerco di farmi intendere su che cosa significa
questa parola per noi ricercatori di design5, lo faccio dicendo che mi interessa studiare scientificamente il modo attraverso il quale, nel sistema di scambio contemporaneo delle merci6, si raggiungono risultati (prodotti, servizi, esperienze) nei quali il significato, il valore,
la forma e la funzione7 si integrano, raggiungendo effetti riconosciuti a livello universale che determinano
le condizioni di scambio di questi beni sul mercato8.
Il design cerca infatti di interpretare, in modo proattivo, la cultura materiale del presente: la cultura dei processi industriali, occupandosi degli artefatti che popolano la vita dell’uomo contemporaneo e che sono quasi sempre oggetto di scambio di mercato, dunque principalmente merci (sia in forma di bene concreto, sia di
servizio o di esperienza).
Ma al contempo tutto è diventato merce: l’acqua che
beviamo non sgorga più dalla fonte o dal rubinetto di
casa, ma è un’elegante bottiglia piena di senso e distinzione, l’aria non è più per tutti e di tutti, ma è qualificabile in aria di mare e di montagna, di campagna o di
collina, e si assume in certe stagioni o nel weekend,
comperandone il diritto, in prezzo/giorni/uomo di abitazione, e così via. Nemmeno il nostro corpo è più no20
tion and consumption systems.3 And this is the meaning of the term we use at the ultimate university of design: the Politecnico University.
In the first case, “design” is used to signify style, as a
product or as an adjective applied to a product. In the
second case, it refers to a process.4 Anyone who works
in a scientific discipline will know that the precise
meaning of the word that describes that particular discipline must have a dynamic and changeable meaning, both in terms of the various approaches to it (the
angle from which the phenomena being observed are
looked at), and in terms of the constant and independent changes in the setting in which these phenomena
appear.
When I try to explain exactly what this word means
for us design researchers,5 I do so by saying I am interested in a scientific analysis of the way in which, in the
contemporary system of trade,6 results are achieved in
the form of products, services and experience, in which
the significance, value, form and function7 are integrated and bring about universally recognised effects that
lead to the exchange of these commodities on the market.8
This is because design attempts to interpret the material culture of the present-day world in a proactive manner: by working on the objects that are found in the
lives of contemporary people, and that are almost always the object of trade, this culture is one of industrial processes, and thus primarily of goods (both in the
form of actual objects, and as services and experience).
But, at the same time, everything becomes a commodity: the water we drink no longer flows from a spring
or from a tap, but from an elegant bottle full of meaning and distinction; the air we breathe is not for everybody or even the same for everybody, for it may be sea
air or mountain air, or that of the countryside or hills,
and it is consumed in certain seasons or during the
stro e basta, ma di un estetista che lo colora, di un massaggiatore che lo manipola, di un chirurgo che ne sa
modificare ad arte le caratteristiche per conformarle a
uno standard ricercato, di un medico che ci sperimenta sopra medicine e terapie, di un trainer che lo fa muovere, di un parrucchiere che ne modella il pelo.
DESIGN, DISCIPLINA
DELL’INFRAORDINARIETÀ
La povertà di statuti disciplinari propri del design è sicuramente dovuta alla giovane età disciplinare, ma anche alla natura «infraordinaria»9 che ne connota la pratica. Il design che studiamo ci appare oggi come sapere di relazione tra altri saperi. Una disciplina che sembrerebbe consolidarsi intorno alla sensibilità di non
produrre un sapere proprio di tipo autonomo (o comunque di non esserci ancora riuscito) in competizione con la capacità di analisi e con le conoscenze delle
altre diverse e storiche linee disciplinari della scienza
moderna; semmai, proprio rispettando gli statuti e le
conoscenze analitiche sintetizzate dalle altre discipline,
se ne impossessa come input di progetto, come base per
sviluppare azioni di trasformazione organizzata del
mondo delle merci che ci circondano.
L’azione progettuale è sempre caratterizzata da un’osservazione della realtà, dalla costruzione di un modello semplificato di realtà, dalla manipolazione del modello per poi trasferire nella realtà il risultato concreto.
Nel caso del design, l’azione progettuale è particolare
e interessante perché diverso e caratteristico è il mix interdisciplinare da cui si attinge e il percorso di elaborazione che si compie per raggiungere la sintesi ricercata, che il nostro obiettivo sia un oggetto, o piuttosto un
servizio o un’esperienza per il consumatore.
DEFINIRE IL TERMINE DESIGN
Per riuscire a definire un fenomeno complesso, nelle
weekend, buying the right to it in the form of
price/day/persons per place, and so on. Not even our
own bodies are ours alone, for they are those of the
beautician who colours them, the masseur who kneads
them, the surgeon who skilfully changes their features
to make them comply with some sought-after standard,
the doctor who experiments medicines and therapies
on them, the trainer who makes them move, the hairdresser who shapes their hair, and so on.
DESIGN, THE DISCIPLINE
OF THE INFRA-ORDINARY
The lack of comprehensive disciplinary regulations of
design is certainly due to the young age of the discipline, but also to its “infra-ordinariness”,9 which is its
distinctive feature. The design that we study appears to
us today as a form of knowledge that creates relationships between other forms of knowledge. A discipline
that would appear to take shape around the sensitivity
of not producing an independent knowledge of its own
(or at least one that has not yet succeeded in doing so)
in competition with the capacity for analysis and with
the levels of knowledge gained by other, historic lines
of study in modern science. If anything, it is precisely
by respecting the rules and the sets of analytical knowledge used up by other disciplines that it takes hold of
them as input and as a basis for bringing about an organised transformation of the world of goods that surrounds us.
Design activity is always characterised by its observation of reality, by the creation of a simplified model of
reality, and by manipulation of this model in order to
transfer the physical outcome back into reality. In the
case of design, the action is unusual and interesting because it is different and characteristic. It is the interdisciplinary mix which is drawn upon and the processing route that is embarked upon in order to reach the
21
scienze tradizionali s’impiegano procedimenti analitici di varia natura. Per pesare la componente volatile,
ad esempio gassosa, di un corpo, lo si pesa, poi s’induce lo sviluppo della volatilità del gas e quindi si pesa di
nuovo il corpo a fenomeno terminato. Non si misura
il gas in sé ma la sua assenza.
In altre occasioni si segue la strada della scomposizione analitica delle sue componenti nel tentativo di spiegare il fenomeno attraverso due processi incrociati ma
non integrabili:
1) analizzare da una parte gli ingredienti che lo compongono;
2) analizzare dall’altra gli effetti che il fenomeno produce dopo il suo accadimento.
Segue quindi la ricerca di strade che possano permettere di comprendere quali effetti siano correlabili a quali ingredienti o a combinazione di essi.
In questo percorso ho cercato di fare qualcosa di analogo. Non possedendo strumentazioni dirette per agire sul fenomeno «design», ho provato a cercare di isolare i principali fornitori di conoscenza che ne alimentano l’azione, i serbatoi dai quali attinge il designer
contemporaneo, che potremmo, in un «knowledge system», definire «componenti principali di sviluppo del
fenomeno design»10.
Poi ho isolato gli effetti che il design produce sui beni
di scambio traducendoli in merci; ho lavorato secondo il principio del minimo comun denominatore, riducendo all’essenziale il numero dei fattori, che quindi necessariamente ricomprende solo quelli fondamentali. Potremmo chiamare questo secondo insieme di fattori: output del designer.
La metafora su cui pongo l’attenzione per spiegare questo modello è quella di una musica composta di frequenze che sono isolabili in base alla lunghezza d’onda e all’intensità. Ma per produrre le frequenze s’impiegano strumenti musicali più o meno tradizionali che
22
desired synthesis. This is true both when the objective
is an object and also when it is a service or an experience for the consumer.
DEFINING THE TERM “DESIGN”
Various types of analytical procedure are used in the
traditional sciences to define a complex phenomenon.
To weigh a volatile component - such as a gas - in a
body, this body is weighed and then the gas is induced
to become volatile, and lastly it is weighed again. What
is weighed is not the gas itself, but its absence.
At other times the procedure involves the analytical
breakdown of the components in an attempt to explain
the phenomenon by means of two intersecting but not
integrable processes:
1) on the one hand, an analysis of the constituent ingredients;
2) on the other, an analysis of the effects that the phenomenon produces after it takes place.
This is followed by a search for ways that can help understand what effects can be linked to what ingredients
or combinations of ingredients.
In this process I have tried to do something similar.
Since I do not have direct instruments with which to
act upon the phenomenon of “design”, I have tried to
isolate the main providers of knowledge that lead to action, as though they were the reservoirs that contemporary designers draw upon. In a knowledge system, they
may be referred to as the “principle elements of the development of the design phenomenon”.10
On the other hand, I have isolated the effects that design produces on traded goods when turning them into merchandise. Here I have worked on the principle
of the lowest common denominator, reducing to the
barest minimum the number of factors, which therefore
only consist of the most fundamental ones. We could
call this second set of factors the “designer’s output”.
si registrano su canali differenti di un registratore multitasking,per poi aggregare i suoni in funzione di un «arrangiamento».
Dunque, da una parte, possiedo degli strumenti che suonano insieme ma che vengono registrati su canali diversi uno per uno per poterne manipolare il suono in modo
autonomo. Dall’altra parte, in uscita, ho una musica che
posso analizzare in base allo spettro delle frequenze sonore che producono fisicamente il suono complessivo
della musica.
Quando intendo integrare questi suoni tra loro per
comporre la musica che voglio ottenere lavoro al cosiddetto arrangiamento del pezzo, nel quale posso sostanzialmente manipolare l’ingresso di ogni strumento (utilizzando i potenziometri di intensità di ogni strumento, cioè uno strumento che si chiama in gergo «mixer»)
oppure, in alternativa o in modo integrato, posso intervenire sul risultato ottenuto dall’insieme degli strumenti registrati e integrati (in questo caso utilizzo un altro
strumento, l’equalizzatore, che taglia o lascia passare le
frequenze che desidero inibire o enfatizzare).
Ad esempio potremmo porre, come nella figura 1 alla
pagina seguente, il design come disciplina che si insedia a metà strada tra quattro sistemi di conoscenze (input) tra loro tradizionalmente difficilmente dialoganti: le «humanities» e la tecnologia/ingegneria su un asse, e l’arte/creatività e l’economia e la gestione su un altro asse perpendicolare al primo.
Il porsi a cerniera tra questi antichi e ricchi saperi specialistici strutturati, non in antitesi ma come catalizzatore di contenuti e sintetizzatore di effetti, fa del design
un sapere di grande potenzialità contemporanea, pervasivo ed efficace, relazionante e mutante11, e straordinariamente adeguato a pontificare la relazione tra teoria e prassi, tra possibile e realizzabile.
• Laddove la creatività dell’arte incontra la fattibilità
della tecnologia e dell’ingegneria si manifesta la f o rma,
The metaphor I use to explain this model is that of music consisting of frequencies that can be isolated according to their wavelength and intensity. In order to produce these frequencies, more or less traditional musical
instruments are used and recorded on different channels of a multitasking recorder, before the signs are
combined to form an arrangement.
So on the one hand I have the instruments that are
played together, but that are recorded individually on
different channels so that the sounds can be manipulated independently. On the other hand, my output is
music that I can analyse on the basis of the range of frequencies that physically produce the overall sound of
the music.
When I want to combine these sounds to compose the
music I wish to obtain, I work on the so-called arrangement of the piece. Here, I basically manipulate the input from each instrument (using the intensity potentiometers of each instrument on what is popularly referred to as a mixer) or, as an alternative or additional
method, I can process the outcome of the set of instruments that are recorded and combined (in this case, I use
another instrument - an equaliser - that cuts out or lets
through the frequencies I want to exclude or emphasise).
For example, as we can see in the following figure 1,
we might consider design as a discipline that lies midway between four different systems of knowledge (input) that traditionally are unlikely to interact with each
other: the humanities and technology/engineering on
one axis, and art/creativity and economics and management on an axis perpendicular to this.
The fact that it is on the borderline between these fertile and ancient forms of structured, specialised knowledge - which are not in conflict but rather act as catalysts of content and synthesizers of effects - makes design an area of knowledge with huge potential that is
contemporary, pervasive and effective, relational and
23
Figura 3. Area di equilibrio sostenibile
che caratterizza la cultura politecnica del progetto.
Figure 3. Area of sustainable equilibrium that
characterises Polytechnic University design culture.
Figura 1. Il campo delle principali relazioni
interdisciplinari del design.
Figure 1. The main areas of interdisciplinary
relations in design.
Figura 4. Aree di approccio al design
che orientano la ricerca metaprogettuale.
Figure 4. Areas of approach to design
that direct meta-design research.
Figura 2. Il sistema degli output che la cultura
di progetto deve mettere in relazione attingendo
agli insiemi disciplinari principalmente coinvolti.
Figure 2. The system of outputs that need
to be related to each other by design culture draws
on the main disciplinary fields involved.
che è uno degli effetti più espliciti del design.
• Nel crocevia tra lo sviluppo prestazionale della tecnologia e dell’ingegneria con l’utilità dell’economia e
della gestione nasce la funzione.
• Nell’incrocio tra la ricerca del profitto dell’economia
e la ricerca degli interessi delle «humanities» prende
corpo il valore.
• Infine, nel crocevia tra l’ermeneutica della cultura
umanistica e l’intuizione dell’arte si manifesta il s e n s o.
Le merci che popolano in modo pervasivo la nostra esistenza e che tanto potere possiedono nella costruzione
di sempre nuove relazioni tra soggetti per il tramite di
oggetti sembrano vivere un interessantissimo e personale equilibrio tra queste risultanti, parimenti perseguite dall’uomo contemporaneo ma mai isolatamente appaganti.
Quando osserviamo un brillante oggetto prodotto dalla cultura del design (o forse, dovremmo dire, di un
maestro del design) sembra di poter riconoscere, innegabilmente e universalmente, la capacità di fare sintesi
tra queste quattro fondamentali risultanti.
Forma-funzione-senso-valore rappresentano il risultato dell’azione di sintesi del progetto (output).
In questo modello interdisciplinare il ruolo del design
dovrebbe essere quello di gestire l’equilibrio tra i quattro fattori risultanti (equalizzazione) che, viceversa, si
troverebbero a essere attratti da una forza che potremmo, nel modello rappresentato nella figura 2, definire
centrifuga, che tenderebbe a una deriva:
• tecnica, nel crocevia tra il contributo tecnologico e
quello di gestione;
• economica, nel crocevia tra il contributo dell’economia e della gestione e quello delle «humanities»;
• politica, nel crocevia tra il contributo delle «humanities» e quello dell’arte;
• estetica, nel crocevia tra il contributo dell’arte e
quello della tecnologia.
26
adaptable,11 and extraordinarily capable of bridging
the gap between theory and practice, and between the
possible and the feasible.
• Form, which is one of the most explicit effects of design, takes shape when the creativity of art is combined
with the feasibility of technology and engineering.
• Function appears when the development of technology and engineering meets up with the utility of economics and management.
• Value is created at the crossroads of economic profit
and the humanities’ search for interest.
• Meaning, lastly, arises out of the encounter between
the hermeneutics of humanist culture and the intuitions
of art.
The goods that throng our existence so pervasively, and
that are so powerful in the way they constantly build
up new relationships between subjects by means of objects, appear to exist in a fascinating and personal balance between these outcomes, and are chased after in a
similar way by contemporary people while never being rewarding on their own.
When we observe some dazzling object produced by
the world of design (or rather, we ought to say, by a
master of design), it appears we can - undeniably and
universally - recognise its ability to bring together these
four fundamental outcomes in a single unit.
Form-function-meaning-value is the result of design’s
action to grasp the essentials (output).
In this interdisciplinary model, the role of design
should be to ensure that there is equilibrium between
the four outcome factors (equalisation) that, on the
contrary, would tend to be attracted by a force which,
in the model shown in figure 2, could be referred to as
centrifugal - i.e. tending to drift away:
• t e c h n i c a l, at the point where the contribution of
technology intersects with that of management;
• economic, at the point where economics and man-
Ma il designer può anche intervenire sulla quantità in
entrata dei componenti (mixer) dosandone l’intensità
nel momento dell’acquisizione dei segnali che comporranno il fenomeno.
La tensione di ogni sapere a modellare la realtà in ragione delle proprie speculazioni e dei propri linguaggi
darebbe quindi un risultato «di parte», tendente a far
prevalere una sola delle componenti in gioco e che, non
rappresentando un mix equalizzato delle risultanti,
non soddisfa il requisito di sintesi valoriale che il «sistema prodotto» richiede per emergere nel sistema di
scambio contemporaneo.
Operiamo in questo modo su un fenomeno complesso e imprendibile (la forma-merce) imparando a lavorare da una parte sugli input e dall’altra filtrando l’output potenziale a posteriori del progetto, prima della sua
messa in opera e distribuzione.
IL DESIGN POLITECNICO
Se osserviamo il modello della figura 2 ci rendiamo
conto che, oltre al rischio di una deriva che sottrae alla
sintesi progettuale il nostro obiettivo di interesse, esiste
anche il rischio opposto: quello che la cultura del design, agendo in modo centripeto e in contrasto con i saperi di cui si dovrebbe rispettosamente approvvigionare, forzi il modello perseguendo la con-fusione assoluta delle risultanti. In questa ipotesi tenderebbe a manifestarsi il design fine a se stesso.
Ci troveremmo, e spesso ci troviamo, di fronte a un risultato nel quale senso-forma-funzione-valore sono ridimensionati per lasciare spazio all’attore del gesto di
sintesi che, in quanto «creatore», diventa tutt’uno con
il risultato portando l’azione progettuale nell’empireo
della celebrazione del gesto del creatore.
Il designer diventa «brand» e il design, da strumento o
processo, diventa fine o risultato. È il caso dei tanti prodotti celebrati nelle riviste di arredamento e di moda,
agement intersect with the humanities;
• political, where the humanities intersect with art;
• aesthetic, where art and technology intersect.
But the designer can also affect the quantity of components coming in (mixer), adjusting the intensity at the
point where the signals that form the phenomenon are
acquired.
The tendency of each form of knowledge to model reality according to the logic of its own speculations and
languages would thus lead to a somewhat biased result,
for only one of the components involved would tend to
gain the upper hand. This means that it would not be
an equalised mix of outcomes, not satisfying the mix
of values that the product system requires if it is to
emerge in the contemporary trading system.
We work like this on a complex and impenetrable
phenomenon (the object-shape), learning to work on
the input on the one hand and, on the other, filtering
the potential output of the project, before it is launched
and distributed.
POLYTECHNIC UNIVERSITY DESIGN
If we look at the model in figure 2, we can see that as
well as a risk of dispersion, which removes our objective from the mix of design, there is also the opposite
risk: that of the culture of design, which acts in a centripetal manner, against the forms of knowledge on
which it should respectfully draw, straining the model
by striving for total con-fusion of the outcomes. In this
case, design would tend to appear as an end in itself.
We would tend to find, and indeed we often do find
ourselves facing a result in which the meaning-formfunctions-value are downsized in order to leave room
for the person who creates the mix. As the “creator”,
the designer becomes at one with the result, taking the
act of design into the highest heaven of celebration of
the creator’s work.
27
per i quali, secondo il modello proposto, l’implosione
dell’autocelebrazione di quello che è il potere della sintesi progettuale ci fa dimenticare l’equalizzazione delle risultanti e trasforma la cultura del progetto in azione autoperformativa.
Esisterebbe dunque una tensione centrifuga (deriva
monodisciplinare) e una corrispondente controtensione equilibrante di tipo centripeto (celebrazione autoperformativa del progettista). Tra le due tensioni contrapposte ipotizziamo che esista una corona circolare
che rappresenta l’area di «equilibrio sostenibile» (figura 3).
Una fascia all’interno della quale il mix delle ragioni
monodisciplinari si manifesta, ma il risultato ci permette di far convivere senso-forma-funzione-valore all’interno di un’area pressappoco isostatica. Una nuvola che può prendere tante forme diverse garantendo la
differenza del risultato in funzione delle scelte progettuali, senza distorsioni evidenti nell’una o nell’altra direzione.
La cultura politecnica ci offre la sensibilità di ricercare e operare soprattutto all’interno di questa area di
equilibrio sostenibile, nella quale sono studiate ed
esplicitate le relazioni interne ai tre fondamentali insiemi attraverso i quali il sapere moderno ha modellizzato la vita sulla terra - biosfera-tecnosfera-sociosfera - sia
per conoscere le relazioni che caratterizzano l’interno
di ciascuno di questi grandi e articolati insiemi, sia, soprattutto, per studiare ed esplicitare le relazioni che intercorrono tra i diversi insiemi e gli equilibri che permettono l’innovazione sostenibile.
QUALE UMANESIMO PER IL DESIGN?
In questo contributo riteniamo importante poterci addentrare un poco all’interno della relazione, assai importante, tra le discipline umanistiche e la cultura di
progetto, dunque indirettamente tra queste e le altre ca28
The designer becomes the brand, and design is turned
from instrument or process into an end or result. This
can be seen in so many products celebrated in fashion
and interior design magazines for which, depending
on the actual model concerned, the implosion of selfcelebration of the power of the design mix makes us
forget the equalisation of the outcomes and transforms
the culture of design into a self-performative action.
So there is a centrifugal force (mono-disciplinary dispersion) and a corresponding balancing counter-force
of a centripetal nature (the self-performative celebration
of the designer). Between the two conflicting forces, we
suggest there might be a circular area that is that of “sustainable equilibrium” (figure 3).
There is an area in which we find a mix of mono-disciplinary approaches, but the result allows us to bring
together meaning-form-function-value within an area
that is more or less isostatic. This leads to a cloud that
acquires various forms, ensuring differences in the result that depend on the design decisions, without any
apparent distortions in one direction or another.
Polytechnic University culture provides the sensitivity of studying and working in this area of sustainable
equilibrium, in which the relationships that occur
within the three fundamental subsets are studied and
made manifest. It is through them that modern knowledge has modelled life on earth - biosphere-technosphere-sociosphere - both in order to understand the relationships within each of these large and complex subsets and, especially, to study and reveal the relationships
that exist between the various subsets and the balances
that can be used to bring about sustainable innovation.
WHAT FORM OF HUMANISM FOR DESIGN?
In this paper, we believe it is important to take a brief
look at the very important relationship between the humanities and design culture, and thus indirectly at their
tegorie del sapere codificato che compaiono nel modello di realtà che abbiamo appena espresso.
Abbiamo già osservato in precedenza che progettare è
eseguire una sequenza di comportamenti complessi e
sinergici: osservare la realtà, fare modelli sintetici e manipolabili della realtà, trasformare poi i modelli valutati in realtà.
L’osservazione è un’azione «intenzionale», richiede
cioè che l’osservatore abbia un’intenzione piuttosto precisa che anima la sua azione, viceversa l’azione sarebbe il mero guardare.
Questa intenzione sottende un’ipotesi, un obiettivo,
una direzione verso cui guardare. Osservare richiede
dunque che l’osservatore si trovi in uno stato di conoscenza rispetto alla realtà a cui si rivolge. Se ignorasse
completamente quella realtà non la potrebbe osservare, la guarderebbe come un turista distratto guarda un
paesaggio e vede campi normali, alberi uguali a tanti,
strade senza direzione, case anonime.
Un primo elemento qualitativo attraverso il quale valutiamo il progetto è determinato dal livello di conoscenza che il progettista possiede di quella realtà prima
di manipolarne le condizioni e provocare degli effetti.
Il progettista che conosce sa che cosa osservare, colui che
progetta deve per prima cosa esperire l’oggetto e la materia che andrà a manipolare. Conoscere è progettare bene.
Fare modelli della realtà è necessario, perché la realtà è
talmente complessa che non è possibile né produttivo
agire progettualmente in scala 1:1 sui problemi.
Manipolare la complessità richiede una riduzione di
scala consapevole di quella realtà. Ogni riduzione di
scala del problema porta come prima conseguenza la
perdita di qualcosa. È indispensabile ridurre la complessità conservando gli elementi che identificano e caratterizzano il problema, trascurando l’irrilevante.
Per trascurare l’irrilevante è necessario:
1) conoscere molto bene il fenomeno su cui si progetta
relationship with other standard categories of knowledge that appear in the model of reality we have just
been looking at.
We have already seen that design work involves a sequence of complex and synergic actions: observing reality, making concise and transformable models of reality,
and then transforming the assessed models into reality.
Observation is an “intentional” action in so far as it requires the observer to have fairly clear objectives, for
otherwise it would just be a matter of looking.
This intention implies a hypothesis, an objective, and
a direction to look in. Observation thus means that the
observer is conscious of the reality he is facing. If he
completely ignored that reality, he would not be able
to observe it, and would simply look at it the way a
tourist looks at a landscape and sees normal fields, trees
just like any others, roads not going anywhere in particular, and anonymous houses.
The first qualitative element we use to assess a project
is brought about by the level of knowledge that the designer has of that aspect of reality before manipulating
its conditions and causing effects.
The designer who knows is fully aware of what needs
to be observed, and must first of all have an understanding of the object and the material he is going to manipulate. Knowledge is the basis of good design.
It is necessary to make models of reality, because reality is so complex that it is neither possible nor worthwhile to approach problems on a 1:1 scale. Manipulating complexity requires a conscious reduction of
scale of that particular reality. The prime consequence
of a reduction in scale of the problem is that something
is lost. It is essential to reduce complexity by preserving the elements that identify and characterise the problem, leaving aside all that is irrelevant.
To leave aside what is irrelevant, it is necessary to:
1) have very good knowledge of the phenomenon on
29
allo scopo di individuare l’essenza portante del problema che si intende risolvere;
2) utilizzare un linguaggio di sintesi del fenomeno adeguato a salvaguardare l’essenza del problema.
Nell’uno e nell’altro caso si parla di conoscenza del fenomeno e dei linguaggi che possono essere utilizzati per
sintetizzarlo.
which one is working in order to find the innermost
essence of the problem that is to be solved;
2) use a language of synthesis of the phenomenon that
is capable of preserving the essence of the problem.
In both cases we talk of knowledge of the phenomenon and of the languages that can be used to epitomise it.
L’Italia, patria del design nel mondo, arriva in forte ritardo nell’introduzione del design a livello universitario. Il primo corso di laurea in Italia viene attivato nel 1994-1995 dal Politecnico di Milano, l’anno seguente dal Politecnico
di Torino con il corso di diploma universitario, cui fanno seguito nel decennio successivo altri corsi di studio attivati in diverse sedi universitarie della penisola. In Argentina, per prendere a riferimento un’area del pianeta che non
eccelle in cultura industriale, l’insegnamento universitario del design parte nel
1962; in buona parte dell’America Latina negli anni sessanta.
2
Oggi in Italia, come in quasi tutto il mondo, esiste la formazione universitaria di I, di II e di III livello (PhD) in Disegno Industriale, testimonianza che
è globale il riconoscimento istituzionale della disciplina, che peraltro continua
a confermare, in ogni parte del mondo, un elevato gradimento da parte degli
studenti e l’interesse da parte delle istituzioni e delle imprese.
3
Che possiamo chiamare anche «sistema di soddisfazione» dei bisogni.
4
Come ricorda Fussler, design in lingua inglese è contemporaneamente un sostantivo e un verbo: cfr. V. FUSSLER, Filosofia del design, Bruno Mondadori,
Milano 2003.
5
Nelle ricerche condotte all’interno dell’agenzia di ricerca Sistema Design Italia
(l’organismo istituzionale interuniversitario più accreditato come riferimento
scientifico in questo settore), coordinata da Stefano Maffei, si utilizza frequentemente l’espressione «design esplicito» per indicare il design come stile ricercato e distintivo, e l’espressione «design implicito» per indicare il processo attraverso il quale si attua l’innovazione morfologica e prestazionale in impresa.
6
Il design di cui mi occupo è applicato alla relazione tra sistema di produzione e sistema di soddisfazione per il tramite del sistema della mediazione (comunicazione, design, distribuzione, ecc.). In particolare, essendo in questo momento storico fortemente in crisi, e dunque in mutamento, la fase a valle tra sistema di mediazione e sistema di consumo, trovo in questa fase della filiera della produzione di valore una quantità e qualità assai prolifica di problematiche
nelle quali la cultura di progetto è richiesta e considerata benefica.
7
«I termini design, macchina, tecnica, ars e arte sono strettamente collegati l’uno
all’altro, ognuno è impensabile a prescindere dagli altri, e tutti traggono origine dalla stessa visione esistenziale del mondo. Tuttavia questa corrispondenza
interna è stata negata per secoli (almeno sin dal Rinascimento). La cultura borghese moderna ha operato una netta separazione fra il mondo delle arti e quello della tecnica e delle macchine; così la cultura è stata rigidamente scissa in due
rami che si escludono a vicenda: quello scientifico, quantificabile e duro - e
quello artistico, qualificabile e morbido. Questa deleteria suddivisione ha iniziato a diventare insostenibile verso la fine del XIX secolo. La parola design si
inserì nella breccia e andò a formare un ponte fra le due branche. Ciò è stato
possibile perché il termine esprime una connessione interna fra arte e tecnica.
Per questo in epoca contemporanea design indica grosso modo il luogo in cui
1
1
30
Italy, the home of design in the world, was a latecomer in introducing design
at university level. The first degree course in Italy was started up by Politecnico
di Milano University in 1994-1995, and the following year by Politecnico di
Torino University with a university degree course, which was followed in the
subsequent decade by other study courses introduced in various universities
around the country. In Argentina, if we are to look at one part of the planet that
is not particularly known for its industrial culture, university-level design courses started in 1962, and in much of Latin America in the 1960s.
2
As in almost all the world, Italy now has university education at first, second,
and third (PhD) level in Industrial Design. This shows how institutional
recognition of the discipline has now become universal, and indeed it continues to be much appreciated by students, arousing the interest of institutions and
companies throughout the world.
3
We might also refer to this as a “system that satisfies needs”.
4
As Fussler mentions, the word “design” is both a noun and a verb: cf. V.
FUSSLER, Filosofia del design, Bruno Mondadori, Milan 2003.
5
In the studies carried out by the Sistema Design Italia research agency (the inter-university institutional body most highly accredited as a scientific landmark
in this sector), which is co-ordinated by Stefano Maffei, the term “explicit design” is often used to indicate design as a studied and distinctive style, and the
term “implicit design” is used to indicate the process that introduces morphological and performance innovation in the company.
6
The design that I deal with concerns the relationship between production systems and satisfaction systems that takes place through a go-between system
(communication, design, distribution, etc.). Since the downstream phase between the intermediation and consumption system is at this point in history very
much in a period of crisis, and thus of flux, I find that this section of the value
chain has a vast and highly complex series of problems for which design culture is required and can be seen as beneficial.
7
“The terms design, machine, technique, ars and art are all closely linked. Each
would be unthinkable without the others, and they all originate from the same
existential vision of the world. Even so, this inner relationship has been denied
for centuries (at least since the Renaissance). Modern middle-class culture has
brought about a clear separation between the world of the arts and that of technology and machines, just as culture has been rigidly split into two branches
that mutually exclude each other: the hard, quantifiable branch of science, and
the soft, qualifiable branch of art. This pernicious division started becoming
intolerable towards the end of the nineteenth century. The word ‘design’ found
its way in and gradually created a bridge between the two branches. This was
made possible by the fact that the term expresses an internal link between art
and technical know-how. That is why, in the contemporary age, ‘design’ generally speaking indicates the area where art and technical know-how coincide
arte e tecnica vengono di comune accordo a coincidere (e insieme a esse le loro
rispettive modalità scientifiche e critiche) spianando la strada ad una nuova forma di cultura» (FUSSLER, Filosofia del design cit. p. 3).
8
Cfr. F. CELASCHI, Il Design della forma merce, Il Sole 24 Ore edizioni, Milano
2000.
9
Con questo termine Georges Perec usa identificare una situazione che non ha
un settore proprio, un posto proprio, un sapere proprio, ma che «sta tra le cose», e lo fa in modo discreto, non appariscente, non invasivo, tendendo a occupare spazi che viceversa rimarrebbero vuoti, non sfruttati. Ma poco alla volta
questa cosa finisce per legare gli spazi e le cose e progressivamente ne diventa
scheletro, matrice, minimo comune denominatore e ordine. Cfr. G. PEREC,
La vita istruzioni per l’uso, Rizzoli, Milano 1984.
10
Questo è il tema di ricerca che Angela De Mauro e Pier Paolo Peruccio stanno approfondendo attraverso lo studio di un cospicuo numero di programmi
didattici universitari per la formazione del designer laureato, in varie tradizioni culturali tra loro lontane o prossime. La ricerca tende a mettere in evidenza
che le discipline umanistiche, lo studio delle tecnologie, lo studio dell’arte e della creatività, lo studio dell’economia e della gestione, in porzioni differenti, occupano il 90 per cento comune a tutti i modelli di formazione applicati e censiti. Costituiscono cioè il fattore comune della formazione del designer e nel
contempo l’insieme che potremmo definire «input» della sua formazione.
Disponendo in un sistema di assi a quattro quadranti questi quattro insiemi di
saperi e disponendoli in modo contrapposto per tradizione e obiettivo, si ottiene la base dello schema che di seguito viene preso come riferimento per definire gli output che vengono richiesti all’agire del designer professionista formato:
forma-funzione-valore-significato.
11
«Il design è un pipistrello, metà topo e metà uccello», scriveva Giovanni
Klaus Koenig negli anni settanta (G. K. KOENIG, Il design è un pipistrello,
La Casa Usher, Firenze 1991), sottolineando la difficoltà di radicare lo statuto di questa disciplina all’interno di un unico ceppo.
harmoniously (together with their respective scientific and critical approaches), paving the way for a new form of culture” (FUSSLER, Filosofia del design cit.,
p. 3).
8
Cf. F. CELASCHI, Il Design della forma merce, Il Sole 24 Ore edizioni, Milan,
2000.
9
This is the term that Georges Perec uses to identify a situation that does not
have a sector, place or knowledge of its own, but that “exists among things”
and does so in a discreet, inconspicuous, non-invasive manner. It will tend to
occupy spaces that would otherwise remain empty and unused. But it gradually ends up by binding together spaces and things and thus forming a skeleton, or matrix, a lowest common denominator and order. Cf. G. PEREC, La
Vie mode d’emploi, Hachette, Paris 1978.
10
This is the research field that Angela De Marco and Pier Paolo Peruccio are
currently studying and which is based on a large number of university teaching programmes for the education of graduate designers in various cultural traditions that may be similar or very different. Research tends to show that the
humanities and the study of technology, of art and creativity, and of economics and management, occupy, to varying extents, 90 per cent of all the common
training models that are provided and registered. In other words, they constitute the common factor in the education of designers and, at the same time, they
are the studies that we might refer to as the “input” of their training. If we
arrange these four areas of knowledge on a chart divided into four quarters and
measure them in terms of tradition and objectives, we obtain the base of the
chart which is then taken as a point of reference to define the output required
from the professional designer: form-function-value-significance.
11
“Design is a bat: half mouse, half bird”, wrote Giovanni Klaus Koenig in
the 1970s (G. K. KOENIG, Il design è un pipistrello, La Casa Usher, Florence
1991), pointing out how difficult it is to find the origins of this discipline in
any single root.
31
Innovare: in che modo? Innovate, But How?
LUIGI BISTAGNINO
LUIGI BISTAGNINO
tiamo vivendo in un’epoca in cui si è raggiunto un
forte grado di sofisticazione di prodotti e sistemi
produttivi, ma al contempo si vive anche una dicotomia fortissima nell’osservare la trasformazione negativa dell’ambiente in cui viviamo, la diffusa crisi dell’attuale sistema economico, il depauperamento costante
dei rapporti sociali nell’obiettivo esasperante della crescita economica.
Nella nostra società esiste una logica di linearità all’interno del mondo industriale: si analizzano fenomeni
causa-evento, si risolvono problemi tecnici, si studiano strategie «per spot».
Tutto con il proposito di migliorare un prodotto, al fine di innovare.
Ma che cosa significa, in realtà, questa parola? Il dizionario ci propone: « m u t a re un sistema intro d u c e ndo qualcosa di nuovo: idee, modi di vedere».
Questa definizione non esorta a cambiare tecnologia,
come la tradizione industriale ci ha invece abituato a
pensare; vuol dire, piuttosto, inserire in un sistema una
visione nuova, un modo nuovo di affrontare la realtà.
Dovranno essere i nostri occhi, il nostro intelletto, a
guidarci correttamente per affrontare, con altre angolazioni, le diverse situazioni che di volta in volta si presenteranno.
L’innovazione non risiede nel continuo aggiornamento tecnologico, ma nell’angolazione con cui si
osservano i problemi. L’innovazione non consiste
nello studio di un aspetto tecnologico o del suo perfezionamento, ma nella ricerca costante attraverso la cultura del progetto che, proprio per le sue caratteristiche
intrinseche, difficilmente potrà essere scippata e fatta
e live in an age that has achieved an extraordinary degree of sophistication in terms of products and production systems, and yet at the same time
we find ourselves torn between this, on the one hand,
and damage to our environment on the other, together
with the widespread crisis currently afflicting the economic system, and the constant impoverishment of social relationships caused by the exasperating goal of
economic growth.
Our industrial world follows a straightforward logic
of its own: cause-event phenomena are analysed, technical problems solved, and spot strategies studied.
All this is designed to improve a product in order to
i n n o v a t e. But what does “innovate” actually mean?
A dictionary might suggest: “to change a system
by introducing something new: ideas, ways of
seeing”.
This definition does not urge us to change technology,
as industrial tradition, on the contrary, would have us
believe is necessary. Rather, it means bringing a new
vision into a system - a new way of approaching things.
We must be correctly guided by our own eyes and intellect, and adopt different points of view to approach
the various situations we come up against.
Innovation is not to be found in constant technological progress, but in the viewpoint from which problems are observed. Innovation does not mean simply studying a technological aspect and perfecting it,
but rather carrying out constant research through design culture. Because of its intrinsic qualities, this culture unlikely to be snatched from us and taken over by
others. Technology, on the other hand, can easily be
S
32
W
propria da altri. La tecnologia, invece, risulta facilmente esportabile, e oggi pare destinata a quei paesi in cui
il costo del lavoro è quasi nullo.
I progettisti, l’industria e anche gli utenti del modello
del cosiddetto «sviluppo culturale-economico occidentale» sono focalizzati sulla «sequenzialità lineare», tutta mirata e concentrata sulla realizzazione di prodotti;
questi ultimi soddisfano i sogni degli acquirenti, muovono l’economia e incentivano la società nel continuo
crescere di questo obiettivo.
Il tutto non sarebbe dannoso se contemporaneamente
non si notasse che anche gli scarti delle produzioni dei
prodotti, oltre che i prodotti stessi a fine vita, aumentano esponenzialmente con il ritmo produttivo. Solo alla fine del ciclo di produzione o del ciclo di vita ci si
occupa degli scarti, e si va allora alla ricerca di una tecnologia capace di risolvere il problema: è evidente che
non si risolve la situazione intervenendo solo alla fine,
è necessario, infatti, mutare il modo di affrontare e gestire i processi.
Se però si rende inevitabile innovare, ci si chiede allora dove, come e perché dovremmo farlo.
Il mondo produttivo investe risorse per ottenere un risultato economico sul breve-medio periodo: per il
mondo industriale attuale non è infatti concepibile investire su tempi eccessivamente dilatati. Per proporre
un’innovazione in linea con l’evoluzione sociale che ci
troviamo a vivere quotidianamente devono allora esistere altre entità che trainino, studino, vedano le problematiche sotto un punto di vista più lungimirante.
L’azione dovrà per forza partire soprattutto da chi, per
la caratteristica principale della propria missione, ha
l’obiettivo di indagare le trasformazioni future con una
prospettiva di almeno vent’anni: l’Università e i Centri
di ricerca. Tale visione a lunga scadenza potrà essere
poi col tempo condivisa, metabolizzata e infine messa
in atto dall’industria.
exported, and these days it appears to be going to countries where labour costs are pretty well nil.
Designers, industry and even users of the so-called
Western cultural-economic development model tend
to focus on a linear sequentiality that is entirely designed
to concentrate on making products. These products
satisfy the dreams of their purchasers, turning the
wheels of the economy and encouraging society to constantly demand more.
All this would not be deleterious if it were not for the
fact that also waste from the production process, as well
as products at the end of their useful life, increase exponentially with the rate of production. It is only at the
end of the production cycle or life cycle that the problem of waste is dealt with, and so a search is engaged
upon to find technology capable of solving the problem: it is clear that it cannot be solved only by intervening at the end - we need to change our way of approaching and handling production.
If innovation is inevitable, we might wonder how,
where, and why we should innovate. The production
world invests resources in order to obtain economic results in the short to medium term: for the present-day
industrial world it is simply not conceivable to invest
in an excessively long term. In order to promote a form
of innovation in harmony with the social changes we
face every day, there must therefore be other entities that
guide, study, and see these problems in a more farreaching manner. This action must necessarily start out
from those whose prime mission is to investigate future
developments at least twenty years in advance. In other words, universities and research centres. In time, this
long-term vision can be shared, metabolised and, ultimately, implemented by industry.
When a particular series of problems needs to be
solved, all those who are involved are invited to discuss
the matter, and their dialogue leads to new approach33
Quando si vuol risolvere una problematica si convocano allo stesso tavolo di discussione tutti coloro che ne
sono coinvolti e dal dialogo tra le parti si individuano
le nuove strade da percorrere congiuntamente. È quindi necessario cambiare l’approccio ai problemi e partire dal presupposto di far parlare, dialogare, mettere a
confronto più ambiti: progettuale, industriale, politico, ambientale, sociale, economico, ecc. Nessuno di
questi è autonomo, tutti sono in stretta correlazione e
interdipendenza e formano un sistema, cioè un insieme per definizione «costituito da più elementi interdipendenti, uniti tra loro in modo organico».
La realizzazione di questo obiettivo non può prescindere dal fatto che ogni attore è legato a un altro e che
tutti agiscono in sinergia condividendo la responsabilità di quanto si attua.
Questo è, realmente, un nuovo modo di affrontare la
sfida dell’innovazione futura: vedere il mondo della
produzione in maniera sistemica, affrancarsi dal focus
esclusivo sul prodotto e sul suo ciclo di vita, estendere
l’attenzione all’intera filiera produttiva, considerare le
problematiche relative agli scarti di lavorazione alla
stessa stregua delle materie prime.
I futuri designer avranno questa nuova responsabilità;
se progettare la forma, pur coordinando e integrando
tutti i fattori funzionali, simbolici, culturali e tecnicoproduttivi, è un approccio ormai consolidato, oggi le
condizioni di contesto richiedono e sempre più richiederanno che i progetti vengano concepiti in un’ottica di sistema.
Vale a dire che si devono mettere in relazione diverse
situazioni produttive in modo che, per dirla in termini semplificati, l’output di una produzione possa
divenire l’input di un’altra. Questo è il nuovo concetto alla base del design sistemico1.
Un sistema genera degli output, non dei rifiuti, cioè
delle parti che non adopera; al contempo esistono an34
es that can be adopted together. It is therefore necessary
to change the way problems are tackled, and start out
from the idea of having a number of different areas interact. These areas include those of design, industry,
politics, the environment, society, and economics.
None of these is independent, for they all interrelate and
depend on each other, forming a system - in other
words, a complex whole that by definition “consists
of a number of interdependent elements bound
together in an organic manner”. Achieving this
objective cannot disregard the fact that each individual is linked to another and that they all act in synergy,
sharing responsibility for what is implemented.
And this is indeed a new way of approaching the challenge of future innovation: seeing the industrial world
as a system, freeing ourselves from focusing solely on
the product and its life cycle, extending our attention
to the entire commodity chain, and considering the
problems of waste on the same level as that of raw materials.
In the future, designers will have this new responsibility: designing an object with all its functional, symbolic, cultural and technical factors fully coordinated and
integrated, is now a well-established method, and yet
today’s world increasingly demands, and in future will
continue to demand that projects to be seen as part of a
system.
This means that different production situations need
to be related to each other so that, to put it simply, the
output of one production may become the input
of another. This is the new concept behind systemic
design.1
A system does not produce waste, but output - in other words, parts that it does not use - and there are one
or more systems connected to it that can make use of
these unused parts as their own input in order to exist,
function and thrive. This basically means bringing in-
OUT
di un sistema
PUT
of a system
che uno o più sistemi a esso collegati che possono usufruire di quelle stesse parti non usate, sfruttandole come input per poter esistere, funzionare, vivere. In sostanza, vuol dire riportare nell’equazione progettuale
complessiva anche la variabile rappresentata da quelle
risorse che altrimenti finirebbero per non entrare nel
processo, rimanendo come prodotto di risulta o, addirittura, di scarto.
Il design sistemico delinea il flusso di materia
che, scorrendo da un sistema a un altro, cre a
collegamenti reciproci in una metabolizzazione continua, produce nel suo cammino un flusso economico considerevole ed elimina pro g re ssivamente le parti inquinanti abbattendo l’impronta ecologica. È una visione progettuale che si
pone alla base del cosiddetto approccio a «emissioni
zero».
L’interessante e anche innovativa ricaduta non è soltanto la mera questione ambientale, ma il delinearsi di
un vero e proprio nuovo modello di business e di sviluppo, non solo del sistema produttivo ma anche dell’intera società; questo peraltro, se si considera il bicchiere mezzo pieno anziché mezzo vuoto, vuol dire anche dare vita a nuove opportunità.
I modelli di produzione attuali generano una mole esorbitante di scarti, ma l’attenzione è concentrata, come abbiamo già visto, sul prodotto e tutt’al più sulla ricerca
della minimizzazione di eventuali impatti negativi. Il
IN
di un altro
PUT
of another one
to the design equation the variable that is represented
by those resources that would otherwise end up not being part of the process, and simply being unused or
even waste.
Systemic design defines the flow of materials
that, by moving from one system to another, create reciprocal links in a form of continuous metabolism. On the way, this produces a considerable economic flow and gradually eliminates the
polluting parts and thus the cycle’s ecological
footprint. This is a vision of design that forms the basis of the so-called zero-emission approach.
The interesting and also innovative consequence is not
simply an environmental issue, but the creation of an
authentic new business and development model - not
just for the production system but for all of society.
And if we consider the glass to be half full rather than
half empty, this also means creating new opportunities.
Current production models generate vast amounts of
waste but, as we have seen, the focus is on the product
or, at most, on attempts to minimise its possible negative impact. Systemic design brings human values
back into the picture, since humans live within an
ecosystem. Seen from this point of view, it is evident
that production needs to be considered as a support for
society and not its ultimate aim. There is thus the need
for a radical change in thinking, and this can only start
out from the designer. The designer is jointly responsi35
Figura 1. Caso-studio «macello».
Figure 1. “Slaughterhouse” case-study.
design sistemico rimette al centro i valori connessi all’uomo e il fatto che egli vive all’interno di un ecosistema; in quest’ottica è persino ovvio che la produzione
debba essere considerata un sostegno per la società e non
il suo fine ultimo. Si prospetta quindi la necessità di una
nuova «rivoluzione copernicana» che non può che partire dalla figura del designer. Egli è corresponsabile dell’attuale configurazione delle industrie: è dunque il designer che, insieme agli imprenditori, dovrà operare per
trovare nuovi modi di produrre capaci di garantire anche risultati sociali e qualità della vita.
Attualmente siamo in una fase deterministica, con filiere sofisticate che guardano solo a se stesse; anche le
industrie sono sistemi chiusi, fondati sul concetto di
«core business» e «core competence».
Qualche spiraglio di un «nuovo modo» di pensare però inizia a intravedersi: stanno emergendo nuovi settori, come quello delle nanotecnologie, dove si sfruttano
le concomitanze di diversi fattori interagenti, in cui
l’impostazione progettuale sistemica incomincia a essere prassi ordinaria. In prospettiva diventerà fondamentale l’elaborazione di una visione multidisciplinare verso cui far convergere svariate conoscenze, auspicando un’innovazione ispirata alla dinamica di funzionamento della natura, che non a caso è il sistema per
eccellenza.
Cercando di mettere in atto queste osservazioni, si vedrà come l’approccio del mondo produttivo possa
cambiare da un agire «lineare» a un procedere per «interconnessioni», sviluppando una nuova cultura che
vivrà sulle interrelazioni create.
Dalla sperimentazione progettuale di questo concetto
in ambito industriale2 si è potuto osservare che le attività produttive possono rispecchiare il modo in
cui funziona la natura, una realtà dove anche le
eccedenze sono metabolizzate dal sistema.
Significa quindi copiare, ma con intelligenza, osser-
ble for the present configuration of industry and thus,
together with industrialists, must work to find new
ways of manufacturing that can also ensure positive social results and a better quality of life.
We are currently in a deterministic phase, with sophisticated value chains that concentrate on themselves
alone. Industries too are closed systems based on the
concept of core business and core competence.
Some indications of a new way of thinking are however beginning to appear. They are emerging in new
sectors, such as those of nanotechnologies, where a
combination of a number of interacting factors are exploited, and where systemic design is beginning to become a standard procedure. In the future it will become
essential to create a multidisciplinary vision into which
various forms of knowledge will need to be channelled,
in the hope that innovation will be inspired by the dynamics of nature - which, of course, is the ultimate system.
By implementing these ideas, we shall see how the
point of view of the industrial world can shift from its
linear approach to one of interconnections, developing
a new culture that will be based on the interrelations it
creates.
Design experimentation of this concept in the industrial world2 has shown that manufacturing activities can take up the methods adopted by nature ,
where surpluses are metabolised by the system.
This means there is a need to copy intelligently, observing what happens in natural ecosystems and transferring it to artificial cycles.
Life is generated by interrelationships. It is a manner
of reasoning in which types of knowledge (biology,
physics, chemistry, etc.) will no longer be separate and
will thus not tackle problems in their sector alone, but
will act as a single system of disciplines working together to achieve a common objective.
37
vando ciò che avviene negli ecosistemi naturali, per poi
trasportarlo nei cicli artificiali.
È l’interrelazione che genera la vita.
È un modo di ragionare in cui non si avranno più logiche separate tra saperi (biologia, fisica, chimica, ecc.)
che affrontano i problemi in maniera settoriale, ma un
unico insieme di discipline che lavoreranno sinergicamente per raggiungere un obiettivo comune.
Perché ognuno di noi viene riconosciuto come appartenente a un gruppo sociale? Non per quello che è, ma
per le relazioni che riesce a instaurare con gli altri; su
questi forti legami si sviluppa la nostra vita sociale e
culturale quotidiana. Traslando questo concetto di interrelazioni in ambito produttivo, si noterebbe allora
quanti risvolti altrettanto interessanti si potrebbero ottenere.
Per far ciò, dobbiamo però avere un approccio «out
of the box», cioè avere la predisposizione mentale per
riuscire a svincolarci da una modalità di pensiero produttivo tradizionale e costrittivo in ambiti separati e
molto definiti, e cominciare un cammino alternativo
per affrontare con successo le sfide che una produzione ambientale innovata ci propone.
Se vogliamo avere una visione di reale possibile sviluppo, bisognerà allora indirizzarci verso nuove strategie
di pensiero e d’azione per poter affrontare con cognizione di causa il futuro prospettato da una società che
sta cambiando in maniera sempre più rapida. Bisognerà essere pronti all’interconnessione scientifica per
poter risolvere problematiche comuni e non settoriali,
allontanandoci da questa logica di linearità per giungere a una consapevolezza sistemica.
Tutte le proposte d’azione in ambito di ecodesign tendono a suggerire costantemente soluzioni estremamente negative: per proteggere l’ambiente, l’imperativo è
sempre: «Non bisogna fare così!».
Riteniamo quindi che per meglio affrontare la tematica
38
Why are all of us, as individuals, recognised as members of a social group? It is not because of what we are,
but because of the relationships we have established
with others, and our every day cultural and social life
is based on these close bonds. Transferring this concept
of interrelationships to the world of production, we can
see that it leads to many equally interesting consequences.
In order to do this, however, we need to adopt an outof-the-box approach - in other words, we need to
have an open mind and rid our thinking of the traditional approach to production which is confined to
separate, clearly defined areas, and start out afresh to
tackle the challenges that innovative eco-friendly production poses us.
If we wish to have an understanding of potential development coupled with full knowledge of the facts,
we need to move towards new strategies of thought and
action in order to deal with a future scenario that will
be brought about by a society undergoing increasingly rapid change. We need to be prepared to make scientific interconnections in order to solve universal, nonsectoral problems, moving away from the logic of linearity in order to achieve systemic awareness.
All the actions proposed for eco-design constantly tend
to suggest extremely negative solutions - in order to protect the environment, the imperative is always “Don’t
do that!”
We thus believe that to deal with environmental issues
in the best possible way in the industrial sector, it is now
necessary to proceed systemically, creating new business models that are better suited to dealing with the
economic forces that are currently strangling the markets and putting enormous pressure on consumers.
Any company that intends to be competitive and sustainable, keeping an eye on the future and responding
to the needs of society and of today’s markets, must nec-
ambientale, anche in ambito industriale, si renda ora
necessario procedere sistemicamente, così da creare al
contempo nuovi modelli di business più adatti ad affrontare le contingenze economiche che stanno strangolando i mercati e mettendo a dura prova i consumatori.
Una qualsiasi azienda che oggi voglia essere competitiva, sostenibile, e guardare al futuro rispondendo ai bisogni della società e agli attuali requisiti del mercato,
deve necessariamente porsi in relazione con esigenze
quali l’abilità di innovare, di introdurre nuove tecnologie e operare in ambienti in continua evoluzione.
È indispensabile quindi sviluppare azioni multiple e
simultanee, capaci di guardare sia alla redditività sia
alla sostenibilità: da qui nasce la necessità di formare
nuovi modelli d’insegnamento e nuove scuole per preparare culturalmente la figura professionale del designer di domani.
Questa sembra essere una possibile visione del futuro,
un percorso da seguire procedendo secondo strategie
positive e non costrittive.
La prossima sfida per un arricchimento della cultura
dei designer è rappresentata dalla progettazione di sistemi aperti: un nuovo modello di business in cui l’industria imiterà i cicli sostenibili della natura.
essarily deal with needs such as the ability to innovate,
to introduce new technologies and to work in constantly changing environments.
It is thus necessary to work on multiple and simultaneous actions that can take into account both profitability and sustainability. This means it is necessary
to create new teaching models and new schools in order to give tomorrow’s designers the cultural background they need.
This would indeed appear to be a possible vision of the
future, and a path to be followed by adopting positive,
non-binding strategies.
The next challenge facing the cultural enrichment of
designers is that of the creation of open systems: a new
business model in which industry will learn to imitate
the sustainable cycles of nature.
Drafted by “laurea magistrale” undergraduates in Ecodesign, the Systems
Design section of the www.polito.it/design website shows some works that
deal with these issues.
2
See previous note.
1
Nel sito internet www.polito.it/design, nella sezione relativa alle tesi in Design
di Sistemi elaborate dagli studenti della laurea magistrale in Ecodesign, sono
presentati alcuni lavori dedicati a questi temi.
2
Cfr. nota precedente.
1
39
Design mediatore
tra bisogni
Design as Mediator
of Needs
La cultura del progetto
tra arte-scienza e problemi quotidiani:
l’esempio dei beni culturali
Design culture between art-science
and everyday problems:
the example of cultural heritage
FLAVIANO CELASCHI
FLAVIANO CELASCHI
LA CONDIZIONE OSSERVATA1
THE OBSERVED STATE1
Nei paesi avanzati è ormai forte la consapevolezza che
lo sviluppo, la ricchezza e l’innovazione siano fortemente correlati con la capacità di attirare, attivare e fortificare relazioni tra il sistema del sapere (arte, creatività, scienza, «humanities») e la base produttiva e riproduttiva2 della società.
Osserviamo che in molte nazioni sviluppate economicamente, scienza e conoscenza alta sembrano rinchiudersi progressivamente nei loro alvei protetti, allontanandosi dalle persone e dalla capacità di influire nella
vita di tutti i giorni. Sempre meno le persone ne hanno
comprensione e riescono a formulare giudizi sull’opportunità degli investimenti fatti in questa direzione3.
Nei cosiddetti paesi avanzati è attivo da qualche tempo un dibattito che, a mio avviso, attraversa in modo
forte e importante questo problema e che viene chiamato il problema della t r a s f o rmazione della società della conoscenza in economia della conos c e n z a.
Esistono due differenti processi attraverso i quali questa transizione si manifesta in modo efficace e interessante per il nostro discorso:
1) l’industria culturale4, cioè l’insieme delle applicazioni fruibili che derivano dallo sfruttamento consapevole dei giacimenti culturali di un territorio;
40
There is no great awareness in developed countries that
wealth, development, and innovation are closely
linked to the ability to attract, initiate and strengthen
relationships between the knowledge system (arts, creativity, science, the humanities) and the productive and
reproductive system2 of society.
We can see that, in many economically advanced nations, science and the highest levels of knowledge appear to be gradually closing in on themselves, moving
away from people and from the ability to affect everyday life. People have less and less understanding of this
and manage to formulate opinions about the utility of
the investments in this field.3
For some time now, in the so-called advanced countries there has been a debate that, in my opinion, takes
up this problem in a very powerful and significant way:
it is referred to as the problem of the transformation
of a society of knowledge into an economy of
knowledge.
There are two different processes in this transition
which can be seen to be very effective and interesting
for our topic:
1) the culture industry,4 which includes those applications that come from the conscious exploitation of the
cultural deposits of a particular area;
2) le merci5 come bene rappresentativo di una cultura, sintesi perfetta e fruibile delle più avanzate tecnologie, di comportamenti di consumo e innovazioni linguistiche.
Il primo dei due fenomeni parte dal presupposto che esista un certo numero di persone di un adeguato livello
di istruzione e reddito sufficiente per intendere i processi della conoscenza, della scienza e dell’arte come attraenti di per sé, e ritenere che il consumo di questi produca felicità. Ma la scienza, l’arte e la conoscenza non si
presentano solitamente in forma adeguata a essere «consumati» in modo diretto dal mercato dei non addetti.
Esiste dunque un articolato sistema di sfruttamento e
valorizzazione che la letteratura chiama appunto «industria culturale», che altro non è che un complesso sistema di mediazione che si preoccupa della «forma
merce della cultura»6.
Il secondo fenomeno ci permette di compiere un ulteriore passo in avanti: se le merci sono il prodotto per eccellenza della nostra società di consumatori, allora esse stesse, o meglio alcune forme particolarmente avanzate e importanti attraverso le quali le merci si possono
manifestare, sono «beni culturali». È da sempre innegabile che la cultura di un popolo passa attraverso la
cultura materiale e il sistema di nutrizione e approvvigionamento del cibo. Dunque un sistema di conservazione della carne, una bottiglia di vino, un mobile per
sedersi o contenere i propri beni, un’automobile per
muoversi, sono beni culturali che esprimono la cultura di un popolo, ma nel contempo il livello di conoscenza, di arte e di scienza disponibili.
Un esempio per noi assai importante a questo proposito è l’insieme variegato ma non illimitato dei beni che
costituiscono il cosiddetto «made in Italy», cioè i beni
attraverso i quali passa e si cristallizza l’idea dell’Italia
nel mondo.
In entrambi questi fenomeni il contributo della cultu-
2) commodities5 as the representative wealth of a culture and the perfect, utilisable synthesis of the most advanced technologies and of consumer behaviour and
linguistic innovation.
The first of these two phenomena is based on the assumption that there are a certain number of people with
a suitable level of income and of education who can
view the processes of knowledge, science and art as attractive for themselves, and believe that their consumption produces happiness. But science, art and knowledge do not normally appear in a way that is suitable
for “consumption” directly by the market of those who
are outside these spheres. As a result there is a complex
system of exploitation and promotion that is referred to
in literature as the “culture industry”, which is actually no more than a complex system of mediation that focuses on the “commoditisation of culture”.6
The second phenomenon allows us to take a further
step forward: if goods are the quintessential products
of consumer society, then they themselves - or rather
some particularly advanced and important ways in
which goods can be shown - are “cultural commodities”. It has always been an indisputable fact that the
culture of a population passes through its material culture and its system of nutrition and food supply. This
means that a method for preserving meat, a bottle of
wine, a piece of furniture used for sitting or storing one’s
possessions in, or a car for travelling, are all items that
express the culture of a population, but also, at the same
time, its available levels of knowledge, art, and science.
One example that is very important for us is the highly varied, though not unlimited, range of top-quality
goods that are made in Italy, which are the goods that
create and establish the idea of Italy in the world.
In both these phenomena, the contribution of design
culture and the conversion of these goods into consumer items is absolutely fundamental. Without this
41
ra del progetto, del design, alla messa in condizioni di
consumo di questi beni è assolutamente fondamentale. Senza questo insieme di conoscenze di mediazione
tra qualità intrinseche di un artigiano o di un artista
creativo, di uno scrittore o di un apparato di produzione o di conservazione, non sarebbe possibile connettere produttore di conoscenza e mercato che, come spesso avviene in molti settori, rimarrebbero dunque separati e inadeguati l’uno rispetto all’altro.
L’IPOTESI DEL DESIGN MEDIATORE
E LA SUA ATTUALITÀ PROBLEMATICA
Torino e gran parte del Piemonte godono di una sempre maggior credibilità internazionale nel circuito degli
eventi, dell’arte moderna e contemporanea, del design,
della comunicazione di «advertising» e nelle evoluzioni dell’arte digitale e del virtuale, così come, in questo
territorio, ci si sta concentrando molto sul transito tra città-fabbrica ed economia postindustriale diffusa. Sono
queste le ragioni che rendono attuale e utile l’applicazione a questo territorio di queste riflessioni e logiche.
Individuare modelli e processi di relazione tra arte e
scienza, da una parte, e sistema della produzione e della riproduzione, dall’altra, è assai funzionale a questo
auspicabile sviluppo, che si trova oggi nel guado di un
processo non completamente compiuto. Può soprattutto aiutare gli enti e le amministrazioni che sostengono e indirizzano lo sviluppo del territorio verso un uso
più consapevole di strutture, processi e «format» di
eventi, di cui sia nota e compresa l’utilità e chiara la potenzialità della cultura del design e i risultati da questa
attendibili.
I due sistemi, arte-scienza da una parte, produzione e
riproduzione dall’altra, nascono per differenza e, come
acqua e olio, non sono miscelabili, pena la distruzione
dei presupposti fondativi su cui si basano. Ma tantissimi cibi di cui ci nutriamo e che appagano il nostro gu42
set of skills to mediate between the intrinsic qualities of a
craftsman or creative artist, or of a writer, or of a manufacturing unit or preservation system, it would not be possible to connect a producer of knowledge to the market which, as is so often the case in many sectors, would thus
remain separate and inappropriate one for the other.
THE HYPOTHESIS OF DESIGN
AS A MEDIATOR AND ITS PROBLEMATIC
REALITY
Turin and much of Piedmont enjoy ever greater international credibility in the world of events, ranging from
modern and contemporary art to design, communication and advertising, and in the evolution of digital and
virtual art. The area is focusing very much on the transition from a factory-city to a more generic post-industrial economy. This is why these considerations and
approaches can be useful for this area.
This intended development, which is currently midway through an as-yet incomplete process, can be greatly assisted by finding the right models and processes to
relate art and science on the one hand, and production
and reproduction systems on the other. This is because
they may be of particular use in helping the public administration and other institutions that promote and
orient local development towards a more conscious use
of events, processes, and infrastructure in which the potential of design culture and its expected results are
known to be both useful and evident.
The two systems - art-science on the one hand, and
production and reproduction on the other - are the result of inherent differences. Like water and oil, they
cannot be mixed together without destroying the fundamental premises on which they are based. And yet
so many foods that nourish us and that satisfy our tastes
are made by mixing water and oil. The secret is in the
art of cuisine, and they are part of the preparation and
sto sono realizzati grazie all’accostamento di acqua e
olio. Il segreto si chiama arte culinaria, sono la «preparazione e la cottura» che permettono alle due sostanze
di unirsi in modo produttivo e apprezzato senza danneggiare le caratteristiche organolettiche di ciascuna
delle due.
Qui di seguito si intende attrarre l’attenzione proprio
sulla capacità della cultura di progetto «di cucinare ad arte» i prodotti e i processi del sistema
della scienza, dell’arte e della conoscenza proprio allo scopo di trasformare il contatto con il mercato e con il loro consumo in un momento di valorizzazione e di sviluppo integrato dell’intera società. Proprio
come già succede quando l’industria culturale riesce a
trasformare la conoscenza in merce e le merci sul mercato diventano alfieri di cultura, arte e scienza.
Ipotesi di fondo di questo contributo è che il sistema
del design possa essere osservato come potente processo di stabilizzazione e valorizzazione sociale di un terr i t o r i o.Proprio grazie al tradizionale ruolo intermedio che il designer è chiamato a svolgere tra
sistema della produzione e sistema di consumo, e tra il
sistema delle scienze, delle conoscenze e dell’arte-creatività e il sistema della produzione, esso si trova in una
condizione di favore, ossia centrale rispetto a un modello di realtà in cui i tre riferimenti destinatari sono
produttori - scienziati/artisti - consumatori.
UN MODELLO DI RIFERIMENTO
Proponiamo di seguito un semplice schema nel quale
sono opposti tra loro i tre insiemi di soggetti che paiono
possedere interessi contrapposti nel loro agire sociale.
La relazione tra sapere e agire determina le dinamiche
di trasformazione del concerto civile, producendo continue innovazioni nei cicli storici, che con Braudel possiamo distinguere in:
• strutture di lunga durata (il tempo della geogra-
cooking that enables the two substances to blend in a
productive and approved way without damaging the
gastronomic qualities of either.
We shall now attempt to focus on the ability of design
c u l t u reto “cook to perfection” the products and
p rocesses of the system of science, art, and
knowledge, with the aim of transforming contact with
the market and their consumption into a form of promotion and integrated development of society as a
whole. This is exactly what we already see when the culture industry attempts to transform knowledge into a
commodity, and the commodities on the market become the standard bearers of culture, art and science.
The fundamental hypothesis of this essay is that the d esign system can be observed as a powerful process
for social promotion and stabilisation in a particular area. Designers are traditionally called upon
to act as intermediaries between the production and
consumption systems, and between the system of the
sciences, of knowledge, and of art and creativity, on the
one hand, and the production system on the other. This
puts them into a favourable position, which is key to a
model of reality in which the three targets are producers, scientists/artists, and consumers.
A REFERENCE MODEL
We here show a simple chart in which the three groups
that appear to have conflicting interests in their approach to society are contrasted.
The relationship between knowledge and action
brings about the dynamics of transformation in civic
interaction, producing constant innovation in historical cycles, which we can distinguish in the terms formulated by Braudel:
• l o n g - t e rm stru c t u res (the timeframes of geography, of the landscape, of culture, of identity and of
deep-rooted mental habits);
43
fia, del paesaggio, della cultura, dell’identità e delle abitudini mentali più profonde);
• congiunture(il tempo dei cicli economici, delle mode estetiche, dell’espansione e contrazione demografica);
• episodi (avvenimenti che si esauriscono nel loro presente, pur avendo conseguenze più o meno importanti).
La progressiva specializzazione della società moderna
ha generato l’allontanamento dei soggetti, che si riconoscono come appartenenti solitamente o prevalentemente a uno solo dei tre nodi del modello disegnato.
Nel sistema postindustriale, poi, lo scollamento e la distanza tra i tre nodi del sistema sono diventati talmente chiari e forti da far prosperare innumerevoli attori che
di volta in volta si sono autodefiniti «mediatori» tra gli
interessi in gioco sul piano dello sviluppo competitivo.
È subito apparsa chiara la necessità di un anello di mediazione tra sapere e agire, in grado di decodificarne i
cambiamenti e di tradurli il più velocemente possibile
in innovazioni congiunturali ed «episodiche», fruibili da persone e imprese nelle proprie attività pratiche e
quotidiane. L’industria, produttrice di prodotti e servizi per un mondo altamente competitivo, ha sentito,
in altre parole, la necessità di una traduzione efficiente
delle evoluzioni e delle acquisizioni del sapere in trend
di mercato immediatamente utilizzabili nei propri cicli produttivi.
Si è sviluppato così un nuovo sistema di attori «filtro»
tra sistema del sapere e sistema dell’agire, un sistema attivatore d’innovazione nel breve-medio periodo: il sistema della tecnologia, del design, degli «human factors». Nel nostro modello semplificato chiamiamo d ec o d er7 questo insieme «ermeneutico» di traduzione
della conoscenza in applicazione utile alla società.
Il sistema nel suo complesso ha raggiunto così un nuovo equilibrio, in grado di offrire un incrocio più frequente tra dinamiche culturali di ampio respiro e innovazioni «pragmatiche», pur non ostacolando le na44
• trends (the timeframes of economic cycles, aesthetic
fashions, and demographic expansions and contractions);
• episodes (events that run their course in the present,
even though they may have consequences of greater or
lesser significance).
The gradual specialisation of modern society has led to
a distancing of individuals, who recognise themselves
as normally or prevalently belonging to any one of the
three groups in the model illustrated.
In the post-industrial system, the detachment and distance between the three groups has become so strong
and clear that countless players have from time to time
set themselves up as “intermediaries” between the interests that come into play on the level of competitive
development.
It immediately became clear that there was a need for a
link between knowledge and action that would be capable of deciphering the changes and turning them as
quickly as possible into timely and episodic innovations that can be used by people and businesses for their
everyday practical activities. In other words, industry,
which produces products and services for a highly
competitive world, has felt the need for an efficient
transformation of the developments and acquisitions of
knowledge into market trends that can be immediately applied to their own production cycles.
This has led to the development of a new system of individuals who act as filters between the system of knowledge and that of action, creating a short- to mediumterm system for creating innovation. This is the system
of technology, design, and human factors. In our simplified model, we used the term “decoder” 7 to refer to
this hermeneutic system of the translation of knowledge
into applications that can be useful for society.
Overall, the system has thus reached a new equilibrium that is capable of offering more frequent interaction
turali relazioni di lungo periodo tra le riflessioni di artisti, scienziati, umanisti e la vita quotidiana delle persone durante il lavoro e al di fuori di esso.
A causa dell’efficienza del decoder i legami diretti tra
società e conoscenza pura si sono progressivamente allentati: si potrebbe dire che tutti noi abbiamo progressivamente e piacevolmente delegato al decoder la fatica
di comprendere e usare la conoscenza in modo diretto.
Quindi, pur non recidendo i contatti diretti (nello schema in grigio chiaro), abbiamo investito sempre più volentieri nei legami mediati dal decoder (nello schema in
grigio scuro).
L’equilibrio raggiunto ha però subito un nuovo
attacco:
• In seguito alla cosiddetta «crisi della modernità» il
ben noto conflitto post-moderno tra produzione e riproduzione, tra «work» e «life», è cresciuto in modo significativo, facendoci oscillare tra un’aspirazione alla
coincidenza dei due ambiti (nei cosiddetti lavoratori
«postfordisti», per quali lavoro e piacere non ammettono separazioni) e il riemergere di istanze volte a riguadagnare spazi per sé e per la propria famiglia «fuori» dal lavoro (significativo è a riguardo il successo di
iniziative di «work-life balance»). Nei paesi avanzati
questo processo sta minando il sistema nelle sue basi sociali, imponendo la riconfigurazione dei legami che a
tali due ambiti fanno riferimento.
• La continua richiesta di innovazione incrementale
da parte della società consumistica (moda e suo ciclico sistematico, rinnovamento continuo) ha costretto il
decoder a captare il «nuovo» sempre di più dallo studio sistematico della stessa società (marketing), accontentandosi di piccoli aggiustamenti continui delle forme e dei gusti, sicuramente meno costosi dei cosiddetti grandi cambiamenti o salti di tecnologia e di conoscenza che sarebbe stato possibile (a costi e con tempi
diversi) procurarsi investendo in ricerca di base (cono46
between broader cultural mechanisms and more pragmatic innovations, even though it does not obstruct the
long-term natural relationships between the considerations of artists, scientists, humanists and the everyday
life of people both at and away from work.
The efficiency of the decoder has led to a weakening of
direct links between society and pure knowledge: it
could be said that we have all gradually and quite willingly delegated to the decoder the effort of understanding and using knowledge directly. So, even without
completely cutting off direct contacts (shown in light
grey in the chart), we have been increasingly willing to
invest in the links mediated by the decoder (shown in
dark grey).
This new equilibrium has however been subject to a
new attack:
• In the wake of the so-called “crisis of modernity”, the
post-modern conflict between production and reproduction - between work and life - grew considerably,
making us waver between hoping that the two areas
might come together (in the so-called post-Fordist
workers, for whom work and leisure cannot be separated) and demanding spaces of our own and for our
own families outside the sphere of work (here there is
the significant success of “work-life balance” initiatives). In developed countries this process is undermining the social system and changing the links between
these two spheres.
• The continual demand for incremental innovation
by the consumer society (fashion and its systematic cycles and constant renewal) has increasingly obliged the
decoder to find out what is “new” by systematically
studying society itself (marketing), being content with
continuous little adjustments of forms and tastes. These
are certainly less expensive than the great changes and
quantum leaps of technology and knowledge which it
would have been possible to obtain (though with dif-
scenza pura). Questo processo di innovazione radicale è chiamato «disruption», e sta alla base dei grandi
cambiamenti che osserviamo dalla nostra base sociale,
spesso senza comprenderne le dinamiche.
EVOLUZIONI CRITICHE
DEL MODELLO PROPOSTO
È questa la fase in cui ci troviamo attualmente, di fronte
alla quale si aprono scenari differenziati di evoluzione.
Sulla base di fenomeni già osservabili nella realtà internazionale e delle libertà di movimento del sistema, è
possibile ipotizzare due principali riconfig u r a z i o n i
del modello. Una delle possibili riconfigurazioni
consiste in un progressivo allontanamento tra il sistema della produzione e quello della riproduzione, con
un conseguente «abbassamento» del decoder.
L’abbassamento del decoder8 produce un rafforzamento del legame tra il decoder e i sistemi dell’agire: il decoder, più vicino ai sistemi di produzione e riproduzione,
attua una più efficiente trasmissione delle informazioni
tra i due (in sostanza si fa sempre più innovazione incrementale e basata sul gusto della gente - «marketing
oriented», potremmo dire per semplificare). Il legame
tra decoder e sistema del sapere subisce al contrario una
sollecitazione opposta: la maggiore tensione conseguente all’allontanamento determina condizioni di stress che
rendono la connessione con il mondo del pensiero meno efficiente e più suscettibile di «ostruzioni».
Questo allontanamento rende il sistema del sapere sempre più oscuro alla gente e agli imprenditori che non
comprendono le ragioni degli alti costi del suo mantenimento a fronte di un progressivo scollamento progressivo dalla realtà.
Al contempo, data l’efficienza del legame tra decoder
e sistemi dell’agire, il legame tra i fattori di produzione-riproduzione e il mondo del pensiero si assottiglia:
le imprese e gli attori della vita sociale trovano cioè as-
ferent costs and time frames) by investing in basic research (pure knowledge). This process of radical innovation is referred to as “disruption”, and it lies at the
heart of the great changes we can observe at the roots of
our society, even though we often do not understand
their dynamics.
CRITICAL DEVELOPMENTS
OF THE MODEL PUT FORWARD
This is the phase we currently find ourselves in, and it
introduces various possible development scenarios.
On the basis of the phenomena which can already be
observed internationally, and on the freedom of movement of the system, it is possible to postulate two main
reconfigurations of the model. One of these consists in a gradual separation between the production
and reproduction systems, with a consequent “lowering” of the decoder.
The lowering of the decoder8 strengthens the links between the decoder and the systems of action: The decoder, who is closer to the production and reproduction
systems, brings about more efficient transmission of information between the two. To put it simply, there is an
increasing use of incremental, market-oriented innovation based on people’s tastes. The link between the decoder and the system of knowledge, on the contrary, is
subject to pressure in the opposite direction: the greater
tension that results from the separation causes a level of
stress that makes connections with the world of pure
thought less efficient and more susceptible to obstruction.
This separation makes the knowledge system increasingly obscure to those people and entrepreneurs who
do not understand the reasons behind the high costs of
its maintenance at a time when it is gradually shifting
away from reality.
At the same time, in view of the efficiency of the links
between decoders and the various systems of action, the
47
sai più conveniente accedere al flusso di informazioni
rielaborato e filtrato dal decoder.
In un sistema siffatto, il ruolo del decoder come perno
del sistema diviene al contempo essenziale e critico.
Se tecnologia e design non restano connessi ai luoghi
della speculazione, dell’arte, della scienza, il sistema si
orienta verso una modello di innovazione incrementale
«market driven», incentrato su meccanismi simili a
quelli della moda, che si «autoalimenta» producendo
fenomeni di costume sulla base di fenomeni di costume.
La configurazione estrema che tale sistema può assumere consiste nel massimo avvicinamento tra decoder
e sistemi dell’agire. Il decoder diviene il traduttore dei
messaggi del sistema produttivo verso il sistema riproduttivo e viceversa: «work» e «life» non dialogano più
e il decoder se ne fa elemento di mediazione il più efficiente possibile. Il sistema del pensiero, i cui legami con
il decoder divengono sempre più deboli, può isolarsi,
autoalimentandosi a sua volta e sviluppando un linguaggio sempre più lontano dal mondo dell’agire.
In tale condizione si possono immaginare interessanti
scambi tra le diverse aree del sapere che possono però
non comunicare con l’esterno: ad esempio, la scienza
studia l’arte, l’arte studia la scienza. Nella configurazione descritta da questo modello, per ricostituire le condizioni di equilibrio informativo, il sistema più immediato consiste nel ripristinare e ri-vitalizzare i «legami lunghi», ossia quelli tra produzione e sapere e tra riproduzione e sapere.
Il modello ha assunto, infatti, nuovamente una configurazione assimilabile a quella originaria (schema A)
e il decoder è divenuto una sorta di connettore tra due
sistemi originariamente comunicanti.
La seconda possibile riconfigurazione del modello
consiste nell’allargamento del decoder:
Il decoder, divenuto anch’esso un settore produttivo
generatore di profitti, si amplifica e accresce, facendo sì
48
bond between factors of production-reproduction and
the world of pure thought tends to weaken, and indeed
companies and players in social life find it far more convenient to turn to the flow of information that is reprocessed and filtered by the decoders.
In such a system, the role of the decoder as the hub
around which the system revolves becomes essential and
critical. While technology and design do not remain
bound to the places of speculation, art, and science, the
system does turn towards a model of market-driven incremental innovation, which focuses on mechanisms
like the self-generating world of fashion, which produces new social conventions based on old ones.
The extreme configuration that this sort of system can
acquire is that of the greatest proximity of the decoder
to the systems of action. The decoder becomes the translator of messages that the production system sends to
the reproductive system, and vice versa: work and life
no longer interact and the decoder becomes the most
efficient possible intermediary between them. The
thought system, whose links with the decoder become
weaker and weaker, may isolate itself, feeding itself and
developing a language that is increasingly distant from
that of the world of action.
In this sort of situation, one can imagine interesting interactions between the various areas of knowledge, even
though they cannot communicate with the outside
world: for example, science studies art, and art studies
science. In the configuration described by this model, the
system that most rapidly recreates conditions of balanced
information is that of re-establishing and revitalising
“place-links”, which are those between production and
knowledge and between reproduction and knowledge.
And indeed the model has once again acquired a format that is similar to the original one (scheme A), and
the decoder has become a sort of connector between
two originally communicating systems.
che si vanifichi e allenti il legame diretto tra mondo del
pensiero e mondo dell’azione. I canali di collegamento tra i diversi sistemi divengono unici e altamente efficienti, poiché caratterizzati da brevità e ampiezza.
L’intensità delle informazioni che vi scorrono è molto
ampia. In questo caso è di estrema importanza che le
relazioni attivate dal decoder siano sistematiche e che
esso svolga anche una funzione di «ponte» tra sistema
della produzione e sistema della riproduzione. Se all’interno del complesso insieme delle attività che popolano il decoder isoliamo quelle «design driven», in questo caso succede che per design si intende sempre di più
un’attività di stilismo e redesign continuo, così come
succede, ad esempio, nel settore della moda. La cultura di progetto progressivamente si abitua ad autodeterminarsi anche in modo scollegato dalla conoscenza,
dall’arte e dalla scienza e produce valore indipendentemente.
IL PRECEDENTE DELLA VALORIZZAZIONE
DEI BENI CULTURALI
I due fenomeni citati nel primo paragrafo, che riguardano «l’industria dei beni culturali» e «le merci come
bene culturale contemporaneo per eccellenza», sono a
mio avviso rappresentativi di come si possa intendere il
sistema del design e delle conoscenze che caratterizzano questa giovane pratica come leve di particolare interesse nel riequilibrio del sistema di relazione tra i tre poli della società contemporanea. Laddove comportamenti (viziosi) analoghi a quelli modellizzati negli
schemi C1 e C2 riescono a provocare lo scollamento
tra gli interessi del sistema della conoscenza e quelli del
quotidiano, azioni riequilibranti possono essere ottenute proprio attraverso l’affidamento alla cultura di progetto di un ruolo forte all’interno del sistema degli interessi qui delineato come tendenzialmente divergente.
Se proviamo a fare un parallelismo con i due fenome-
The second possible reconfiguration of the model consists in broadening the scope of the decoder:
The decoder - which has also become a production sector that generate profits - expands and grows, and the
direct link between the world of thought and that of
action is frustrated and weakened as a result. The channels of communication between the different systems
become unique and highly efficient because of their
breadth and brevity.
The information that passes through them is extremely intense. In this case, it is very important that the relationships introduced by the decoder should be systematic, and that this decoder should also act as a
bridge between the production and the reproduction
systems. If we isolate the design-driven activities from
all the others that involve the decoder, we find that the
term “design” is increasingly used to describe an activity of constant styling and redesign, as we can see for
example in the fashion sector. Design culture also gradually gets used to self-determination in a way that is detached from knowledge, art, and science, and it produces value quite independently.
THE PRECEDENT OF PROMOTING
CULTURAL HERITAGE
Two phenomena mentioned in the first paragraph,
which concern the “cultural heritage industry” and
“goods as the quintessential contemporary cultural
commodity” are, in my opinion, representative of how
we can view the design system and the knowledge that
is characteristic of this young discipline as particularly
interesting levers for correcting the balance of the system
of relationships between the three spheres of contemporary society. Where (flawed) patterns of behaviour like
those in the model in schemes C1 and C2 manage to
bring about a separation between the interests of the system of knowledge and that of everyday life, actions to
49
ni citati, si tratta di provare a ipotizzare:
1) l’idea che scienza, arte e conoscenza non siano sistemi autonomamente in grado di proporsi come fruibili dal mercato e che invece in questo sforzo non solo
non risieda nulla di sconveniente moralmente ed eticamente, ma che esso sia invece doveroso;
2) l’idea che scienza, arte e conoscenza necessitino di
adeguati investimenti destinati ad articolare i propri
prodotti in forma adeguata a essere proposti (in modi
e con processi di volta in volta specifici) come beni destinati al consumo diretto, accettando la dimensione
che la letteratura chiama «transizione dalla società della conoscenza all’economia della conoscenza»;
3) che per ottenere questo risultato in un territorio occorre organizzare gli investimenti in arte, scienza e conoscenza in modo congiunto e integrato con equivalenti investimenti in competenze capaci di trasformare
i prodotti di queste discipline in «forma merce» fruibile dai consumatori e dal sistema della produzione, ciascuno per gli usi che è possibile ipotizzare;
4) che design, marketing, comunicazione, in particolare, sono discipline che possiedono la capacità di incanalare e favorire questa transizione e che il sistema di
governo del territorio, così come da qualche tempo ha
incominciato a comprendere questo processo per quanto riguarda i beni culturali, può avviare sperimentazioni attive anche nel sistema della scienza, dell’arte e della conoscenza.
La deriva degli interessi dei poli è un processo avviato
nel quale occorre, a mio avviso, procedere con rapide
prese d’atto e altrettanto veloci azioni di correzione della rotta. Da cultori del design e della comunicazione
mettiamo le nostre energie al servizio del territorio e dei
suoi centri di conoscenza allo scopo di dimostrare nella realtà questi esiti riequilibranti9.
50
restore the balance can be obtained by entrusting design
culture with a powerful role in the system of interests
shown here as tending towards divergence.
If we try to draw a parallel between the two phenomena, we need to attempt to make these hypotheses:
1) the idea that science, art, and knowledge are not systems that can be used independently by the market, and
also that not only is there nothing morally and ethically wrong about this, but indeed this is exactly the way
it should be;
2) the idea that science, art, and knowledge require sufficient investments in order to arrange their own products in a suitable way so they can be offered (in ways
and through processes that depend on circumstances)
as commodities for direct consumption, accepting the
dimension that literature refers to as the “transition from
a society of knowledge to an economy of knowledge”;
3) to obtain this result in a particular area it is necessary
to organise investments in art, science, and knowledge
in a combined and integrated manner with equivalent
investments in skills that are able to transform the products of these disciplines into a commodity that can be
used by consumers and by the production system in
ways that can be hypothesised;
4) design, marketing, and communication, in particular, are disciplines that have the ability to channel and
foster this transition. Territorial management - which
this system has for some time begun to understand in the
case of cultural heritage - may lead to active experiments
also in the system of science, art, and knowledge.
The drifting apart of the interests of the spheres is a
process that is already under way and which I believe
should be dealt with rapidly through corrective action.
As connoisseurs of design and communication we
need to place our energies at the service of the territory
and its centres of knowledge in order to show how these
efforts do attempt to redress the balance.9
Questo contributo è frutto delle comuni riflessioni con Angela De Marco,
PhD in Design, docente incaricata al corso di laurea in Progetto Grafico &
Virtuale del Politecnico di Torino, con la quale abbiamo messo a punto un
modello di analisi del contesto piemontese destinato all’individuazione del ruolo potenziale degli «agenti di mediazione» tra arte-scienza e quotidiano produttivo, ricerca preparatoria al progetto del Polo dei Mestieri per l’arte contemporanea della Regione Piemonte.
2
Nel discorso che propongo, il quotidiano dell’uomo urbanizzato viene articolato in due insiemi funzionali e integrati: l’insieme dei tempi della produzione, del lavoro, da una parte (potremmo chiamarlo appunto «sistema della produzione») e l’insieme dei tempi necessari a ogni soggetto per vivere e riprodursi, rendendosi quindi abile alla produzione; utilizzando una terminologia marxiana, in ragione di questa relazione stretta tra i due insiemi, ho deciso di utilizzare l’espressione «tempo di riproduzione» proprio per intendere come questo tempo non sia un tempo liberato dal lavoro, ma assolutamente funzionale
alla reiterabilità del suo sfruttamento.
3
Succede in Italia quando si affrontano problemi di scienza che invadono la
sfera della morale, ma anche quando si decide delle fonti energetiche o del trattamento dei rifiuti. Succede quando occorre costruire un laboratorio scientifico importante, quando è necessario costruire oppure no un «rigassificatore»,
quando si intende raddoppiare una strada o costruire una ferrovia ad alta velocità, ma anche quando si valuta l’impatto dei graffiti sui muri della città, si giudicano i monumenti e l’arredo urbano. In tutte queste situazioni la politica è
in crisi perché cerca di connettere con i propri linguaggi le ragioni della scienza, dell’arte e della conoscenza, con gli interessi dell’uomo nel suo quotidiano
a breve termine e, poiché i due mondi sono soliti ormai ignorarsi a vicenda, nascono spesso solo incomprensioni.
4
Cfr. A. ABRUZZESE, L’industria culturale, Carocci, Roma 2000.
5
Per merci intendo parlare di tutti i beni che sia in forma di oggetti, sia di servizi o di esperienze, sono scambiati sul mercato per il tramite di denaro. Cfr.
F. CELASCHI, Il Design della forma merce, Il Sole 24 Ore edizioni, Milano 2000.
6
Ibid. Per «forma merce» intendiamo l’insieme delle qualità e delle prestazioni
che un bene deve possedere per poter aspirare a essere consumato sul mercato.
L’acqua sgorga dalla fonte e di per sé è un bene naturale, diventa una merce se
un soggetto organizzato la preleva, la qualifica chimicamente, la imbottiglia,
la marca, la trasporta, la comunica, la vende. Tutto questo processo è la «forma merce dell’acqua minerale», ed è il processo di cui il design solitamente si
occupa insieme al marketing, alla distribuzione e ad altri saperi specifici.
7
Con il termine «decoder» intendiamo un insieme variegato, alcune volte integrato, altre volte separato, di operatori che svolgono attività di intermediazione e valorizzazione della conoscenza, dell’arte e della scienza. Definiamo in
questi termini questo sempre più ampio, e a volte non qualificato, insieme di
operatori, poiché l’attività ricorrente che essi producono, socialmente parlando, è proprio quella di acquisire valore tramite un linguaggio proprio di ciascuno dei poli individuati nel modello e trasferirlo verso gli altri poli partendo
dalla potenzialità di comunicare con gli altri specifici e propri linguaggi: una
vera e propria decodificazione di linguaggi, quindi, che viceversa lascerebbero non connettibili i poli tra loro.
8
Per «abbassamento del decoder» intendo dire che, ove il sistema dell’arte, della scienza e della conoscenza si manifesta come sempre più imprendibile e distaccato dalla realtà comprensibile del quotidiano e le sue ricadute tendono al
lungo termine, allora in questo caso il decoder cerca di risparmiare energie sul
fronte delle relazioni con quel polo e, abbassandosi verso il sistema di produzione e consumo, studia e si rafforza in sinergia con esso fino a determinare la
consapevolezza che l’innovazione possa prevalentemente passare a concentrar1
This essay is the outcome of discussion with Angela De Marco, PhD in
Design, professor on the graduate course in Graphic and Virtual Design at
Politecnico di Torino University. It aims to draft a model for analysing the situation in Piedmont, focusing on the potential role of the “agent of mediation”
between art-science and the everyday world of production, as a preliminary
study for the Polo dei Mestieri, the professions centre for contemporary art run
by Regione Piemonte.
2
In this essay, the everyday life of urban people is divided into two functional
and integrated subsystems: the time dedicated to production and work on the
one hand (we might refer to this as the “production system”) and the time necessary for each individual to live and reproduce, and thus make himself or herself fit for production. Using Marxist terminology to describe this close relationship between the two spheres, I have decided to use the expression “reproduction time” in order to signify how this time is not something that is subtracted from work, but is absolutely functional to the ability to continue it.
3
This occurs in Italy when dealing with scientific issues that enter the realm of
morality, but also when decisions are made about such matters as sources of energy or refuse disposal. This is the case when it is necessary to build an important scientific laboratory or when decisions need to be made about a regasifier,
or a road needs to be widened, or a high-speed railway needs to be made, but
also when assessing the impact of graffiti on city walls or considering urban
monuments and street furniture. In all these situations politics goes into crisis
because it attempts to use its own languages to link the reasons of science, art,
and knowledge with the short-term interests of everyday life. Since the two
worlds normally tend to ignore each other, the result is very often a lack of mutual understanding.
4
Cf. A. ABRUZZESE, L’industria culturale, Carocci, Rome 2000.
5
By “commodities” I mean all those goods that, in the form of objects, services or experiences, are exchanged on the market using money. Cf. F.
CELASCHI, Il Design della forma merce, Il Sole 24 Ore edizioni, Milan 2000.
6
I b i d. “Commoditisation” here refers to the qualities and performance that a
commodity must have if it is to be consumed on the market. Water gushes from
a spring and is in itself a natural resource, but it becomes a commodity if an organisation collects it, designates it chemically, bottles, labels, and transports it,
and advertises and sells it. This entire process is the “commoditisation of mineral water” and it is the process that design focuses on together with marketing,
distribution and other specific areas of knowledge.
7
We use the term “decoder” to refer to a varied group - which is sometimes integrated, at others separate - of those who work as intermediaries to promote
knowledge, art, and science. We use the term to refer to this increasingly large,
though sometimes not clearly identified group of people, for the recurrent activity they carry out on the social level is precisely that of acquiring value through
the language that is used by each of the groups in the model, and passing it on
to the other groups by using their ability to communicate with the particular languages of these other groups. This involves an authentic deciphering of languages, which would otherwise not enable the groups to connect to each other.
8
I use the expression “lowering of the decoder” to mean that the decoder will
try not to expend energy in relating to this sphere if the system of art, science,
and knowledge appears as something that is increasingly detached and separate from the comprehensible reality of everyday life and its effects tend to be
seen only in the long term. By descending to the production and consumption
system, he studies and gains strength together with it until he is able to acquire
the awareness that innovation may predominantly concentrate on the study of
the consumer’s behaviour in everyday life (incremental market-oriented innovation). In this hypothesis, the consumer is increasingly levelled down and
1
51
si sullo studio del comportamento del consumatore nel quotidiano (innovazione incrementale «marketing oriented»). In questa ipotesi il consumatore è sempre più appiattito a scegliere tra ciò che la produzione gli offre, e la produzione attenta a scrutare i desideri quotidiani del consumatore e le sue reazioni microscopiche rispetto alle merci proposte ogni giorno.
9
Lo schema D rappresenta lo stato finale nel caso in cui siano avviati comportamenti di correzione anticiclica della deriva dei poli. L’aumento dell’investimento nella diffusione della cultura di progetto (comunicazione, design, marketing ecc.) permette il riposizionamento equilibrato del decoder all’interno del
modello. Contestualmente, l’azione di decodifica si riavvicina ai centri di produzione dell’arte, della conoscenza e della scienza e si integra con essi e con le
missioni istituzionali che questi esprimono, dando luogo contestualmente ai risultati che intendono perseguire, nonché parallelamente a quelli utili al polo
della produzione e comprensibili e fruibili dal consumatore riproduttore.
obliged to choose what industry has to offer, while production focuses on examining the consumer’s everyday desires and microscopic reactions to the commodities that are offered on a daily basis.
9
Scheme D shows the final outcome when anti-cyclic measures are taken to
correct the drifting apart of the spheres. The increased investment in the spread
of design culture (communication, design, marketing, etc.) makes it possible
to achieve a balanced repositioning of the decoder within the model. At the
same time, the decoding action moves closer to the centres of production of art,
knowledge, and science, and it becomes part of them and of their institutional
missions, leading to the results that they wish to achieve and, contemporaneously, to those that are required by the sphere of production, which are comprehensible to and usable by the consumer-reproducer.
Design dell’esplorazione Exploring Design
C
G
and C
(Exploring Design)
LAUDIO
LAUDIA DE GIORGI
CLAUDIO GERMAK e CLAUDIA DE GIORGI
I
l valore non è più nella produzione di beni materiali, ma nella conoscenza1. Quindi, le iniziative vincenti sono quelle che riescono a creare emozioni2, valore simbolico, ricordi3, qualità della vita.
Il prodotto di design ha in parte mutato le proprie caratteristiche seguendo l’evolversi delle condizioni del
contesto sociale, produttivo e culturale. Se già nel 1976
Tomás Maldonado, parlando del «prodotto come individuo tecnico», metteva in guardia il progettista dal
considerare soltanto la dimensione estetica dei prodotti, oggi che il design è sempre più «un sapere di grande potenzialità contemporanea, pervasivo ed efficace,
relazionante e mutante»4, il prodotto di design è caratterizzato dall’esplicitarsi di multidisciplinarità5.
Il cambiamento delle prassi progettuali e produttive, la
flessibilità delle direzioni intraprese dal design, la trasformazione del prodotto in servizio, sono indice di un
allargamento dei significati, per cui alla triade
progetto/processo/prodotto si affianca l’attività di design.
COS’È UN’ATTIVITÀ DI DESIGN?
È l’insieme degli obiettivi, delle competenze e delle pratiche che possono essere condivisi dai diversi attori che
partecipano all’attività complessiva che dal progetto
conduce al prodotto/servizio.
Presuppone che il design sia inteso e condiviso quale
valore culturale aggiunto al prodotto e risorsa strategica per lo
sviluppo economico e culturale del territorio.
Coinvolge, pertanto, il sistema progetto, il sistema impresa e il sistema utenza in una valutazione dei para52
ERMAK
V
alue is to be found not in the production of commodities, but in knowledge.1 This means that the
most successful initiatives are those that manage to
arouse emotions,2 symbolic values, memories,3 and the
quality of life.
Designer products have to some extent changed their
characteristics by following the evolution of the social,
industrial and cultural context. When talking of the
“product as a technical individual” as long ago as
1976, Tomás Maldonado warned designers about the
risk of just considering the aesthetic dimension of products. However, now that design has increasingly become “a form of learning of great contemporary potential, which is pervasive and effective, inter-relational
and changing”,4 design products are characterised by
the way they reveal a multidisciplinary approach.5
Changes in design and production processes, the flexible approach of design, and the transformation of
products into services, indicate an opening up of meanings, with the result that the planning/process/product c ycle is now accompanied by design activity.
WHAT IS A DESIGN ACTIVITY?
It is the sum of objectives, skills and procedures that
can be shared by a number of people who take part in
the entire process from concept to product/service.
This means that design is understood and accepted as
a cultural value that is added to the project and as a strategic resource for the economic and cultural development of an
area.
53
metri per la misura della qualità e competitività dell’attività di design.
Tra i parametri che oggi definiscono il grado di innovazione (qualità e competitività) dell’attività di design, troviamo:
a) l’innovazione sociale, intesa come capacità di creare
consapevolezza nelle utenze e di promuovere atteggiamenti sostenibili ed eco-compatibili; attenzione al «fattore uomo» nella sua complessità come principale, ma
non unico, destinatario e attore del sistema prodotto;
attenzione alla condivisibilità del prodotto per un design non discriminante, bensì per tutti;
b) l’innovazione tecnologica, quando riferita a un uso appropriato, consapevole e sostenibile delle tecnologie tradizionali e avanzate;
c) l’innovazione produttiva, quando orientata a nuove
strategie di produzione (filiera), promozione e distribuzione, competitive sul mercato internazionale ma
orientate alla «glocalizzazione» (tra globale e locale),
ossia difesa delle identità territoriali specifiche;
d) l’innovazione espressiva (che non è solo stile), indice
di una reale maturità espressiva che appartiene ai prodotti originali (non «bizzarri»), capaci di veicolare sul
prodotto valore culturale aggiunto.
COS’È UN PRODOTTO/SERVIZIO DI DESIGN?
È un’attività in cui il design rappresenta un valore culturale aggiunto che si accompagna al cambiamento
delle prassi progettuali e produttive. Il design come
valore culturale aggiunto di un prodotto/servizio rispetto a un altro che non lo possiede, è misurabile attraverso la qualità del progetto e del processo.
Industriale, artigianale? Oggi, le attività e le forme di design da considerarsi non sono, tra l’altro, unicamente
quelle della produzione seriale, ma anche quelle di ambiti della produzione artigianale che già oggi vantano casi di «eccellenza» e di «strutturazione del processo» (ad
54
It thus involves the planning system, the enterprise system, and the user system to assess the parameters to be
used for measuring the quality and competitiveness
of the design activity.
Amongst the parameters that are used today to define
the degree of innovation (quality and competitiveness),
we find:
a) social innovation, considered as the ability to raise awareness among users, and to promote sustainable and
eco-friendly attitudes; a focus on the “human factor”
in all its complexity as the main - though not sole - recipient and player in the product system; a commitment to non-discriminatory design, which can be used
by everyone;
b) technological innovation, when referred to appropriate,
conscious and sustainable use of traditional and advanced technologies;
c) innovation in manufacturing, when it is focused on new
strategies for production (value chain), promotion and
distribution that are competitive on the international
market but oriented towards “glocalisation” - in other
words, defending specific territorial identities;
d) innovation of expression (which is not style alone), indicating the true maturity of expression that can be
found in original (not “bizarre”) products, which are
capable of conveying added cultural value.
WHAT IS A DESIGN PRODUCT/SERVICE?
It is an activity in which design constitutes an additional cultural value, accompanied by changes in design
and production processes. Design as the added cultural value of a product/service, compared with another that lacks this value, can be measured in terms of
the quality of the project and process.
Industrial, artisan? Today, the activities and forms of design that need to be considered are not solely those of
mass production, but also those of artisan production, an area
esempio distretti artigianali), in cui il design costituisce una delle risorse strategiche per lo sviluppo economico e culturale del territorio.
COS’È IL PROGETTO DI DESIGN?
Dal latino «projectus» (composto da «pro», avanti e
«jacere», gettare), il progetto è proiettare in avanti la
propria visione di futuro.
Per Giuseppe Ciribini, docente al Politecnico di
Torino tra il 1963 e il 1988, il progetto è: «...lo studio
delle possibilità di attuazione di un’idea, mossa da date motivazioni, per il raggiungimento di determinati risultati»6.
Più la visione è ampia, articolata e problematica, più è
frutto di condivisione, confronto e discussione, più grande sarà la «gittata» del progetto, più ampio il suo proiettarsi e vedere, nel presente, oltre il presente. Secondo
Clino Trini Castelli «Il progetto del presente consapevole è più verosimile e utile anche per il progetto del futuro possibile»7.
Ogni progetto «colto» è ricerc a: «mettetevi in testa che
il lavoro di ricerca è tutto, e il singolo oggetto prodotto
ne è una tappa, un momentaneo stop, più che una conclusione»8. Achille Castiglioni così dichiarava la sua
sensibilità rispetto all’evoluzione continua del progetto e del prodotto di design.
Oggi il panorama del design si è complessificato, non
si parla più soltanto di prodotti, ma di sistemi di prodotti, di servizi, di materiali, di ambiti, e gli strumenti
per la ricerca possono essere diversi a seconda del contesto in cui si opera9.
Base comune al progetto è comunque l’e s p l o r a z i o n e,
cioè il tentare di raggiungere e di dare un’interpretazione a ciò che non si conosce.
«Se non siete curiosi, lasciate perdere. Se non vi interessano gli altri, ciò che fanno e come agiscono, allora
quello del designer non è un mestiere per voi»10.
in which there are already cases of “excellence” and
“process organisation” (crafts districts are an example
of this), in which design is one of the strategic resources employed for the economic and cultural development of the area.
WHAT IS A DESIGN PROJECT?
From the Latin “p r o j e c t u s” (consisting of “p r o”, forward, and “jacere”, to throw), a “project” throws forward its own vision of the future.
In the view of Giuseppe Ciribini, a professor at the
Politecnico di Torino from 1963 to 1988, a “project”
is: “...the study of the potential for implementing an
idea brought about by given motivations, to achieve
certain results”.6
The broader, more complex and problematic the vision, the more it will be the result of consensus, interaction and discussion. The greater the scope of the project, the greater its projection and its ability, in the present, to see beyond the present. According to Clino
Trini Castelli, “A conscious project for the present is
more realistic and useful also as a project for a possible
future”.7
Every project that is tackled constitutes re s e a rc h.
“you have to realise that research is everything, and the
individual object produced is one stage of it: more of a
momentary pause than an end”.8 This is how Achille
Castiglioni expressed his feelings about the constant
evolution of projects and of design products.
The world of design has become more complex today,
and there is talk not just of products but of systems of
products, services, materials, and contexts, and the instruments used in research may vary according to the
area they are used in.9
The common starting point for a project is therefore
exploration - in other words, the attempt to reach and
give an interpretation to what we do not know. “If you
55
La curiosità intesa come condizione di ricerca continua è uno stato mentale che si sviluppa attraverso la conoscenza approfondita dei fenomeni e che porta ad attingere a ogni fonte, ad ascoltare ogni voce, a raccogliere ogni spunto.
L’industria la società, la scuola hanno bisogno di menti prima critiche, quindi assertive, poi propositive, mai
ossequiose né accondiscendenti; è necessario predisporsi al dubbio, alla discussione dello status quo, all’esplorazione del possibile.
Quindi, chiameremo il designer «esploratore»: un
professionista identificato in tre figure distinte (esploratore 1 - designer «consapevole»; esploratore 2 - designer «di scenario»; esploratore 3 - designer «navigante») che corrispondono non a «tappe» su un asse
evolutivo ma a configurazioni possibili e alternative,
selezionabili come riferimenti in relazione alle diverse situazioni (momenti, interlocutori, opportunità di
ricerca).
Tali figure, dunque, corrispondono in realtà soltanto
a configurazioni diverse di una stessa figura di progettista flessibile, in grado di affrontare ambiti di ricerca
di complessità diversa con la medesima attenzione.
Le tre diverse figure cui facciamo riferimento sono però propedeutiche l’una all’altra.
Questo è l’indirizzo metodologico intrapreso nell’ambito del progetto formativo del corso di studi in
Disegno Industriale del Politecnico di Torino.
La formazione di un progettista in grado di controllare e gestire le molteplici complessità del progetto con
consapevolezza e sensibilità passa pertanto attraverso la
sperimentazione successiva, negli anni di corso della
laurea di primo livello, delle tre modalità di ricerca applicate: designer consapevole, designer di scenario, designer navigante.
56
are not curious, forget it. If you are not interested in
others, and in what they do and how they act, then the
profession of designer is not for you”.10
As a state of constant exploration, curiosity is a mental attitude that is brought to bear through in-depth
knowledge of phenomena, leading the individual to
take from every source, listen to every voice, and pick
up every cue.
Industry, society and schools need minds that are primarily critical, and thus assertive, and then proactive never obsequious or submissive. It is necessary to be
open to doubt, questioning the status quo and exploring all that is possible.
So we shall refer to the designer as an “e x p l o re r”: a
professional who can be seen in three distinct ways (as
an explorer 1 - a “conscious” designer; explorer 2 - a
“scenario” designer; explorer 3 - a “navigation” designer). These are not simply stages along an evolutionary path but possible and alternative states, which
may be chosen as approaches for various situations
(particular moments, interlocutors, or research opportunities). These three figures thus actually correspond
only to the various configurations of the same flexible
designer, who is able to tackle areas of research with the
same degree of focus, however different they may be in
terms of complexity.
The three different figures we are referring to do however prepare the way one for the other. This is the methodological approach adopted by the training project
for the Industrial Design course at Politecnico di
Torino.
The education of a designer who is capable of controlling and managing the various complexities of design
with a conscious and sensitive approach thus requires
three forms of applied research to be carried out during
the first level of the degree course. They are those of the:
conscious designer, scenario designer, and navigation designer.
L’ESPLORATORE 1 DESIGNER «CONSAPEVOLE»
Il designer «consapevole» ricerca per il proprio prodotto un valore culturale aggiunto associato all’ampiezza
e alla precisione delle prestazioni offerte: ne deriva
un prodotto che appare progettato con rigore, seguendo una metodologia prestazionale e deduttiva11,
rispetto alla quale un prodotto si afferma come la concretizzazione di un percorso progettuale che considera
come parametri di valutazione le esigenze, i requisiti12,
le prestazioni richieste, la misura delle prestazioni offerte e delle prestazioni fornite. Un prodotto, quindi,
che:
- si è fatto carico di rispondere a molte problematiche;
- esplica la propria funzione senza lacune;
- è sostenibile;
- non è discriminante;
- possiede una propria identità espressiva (intesa come
caratteristica non «soggettiva» ma a rapporti specifici
con referenze e contesti).
Nel 1972 Giuseppe Ciribini, durante l’Organizzazione Internazionale di Standardizzazione (ISO), formulò l’ipotesi cosiddetta esigenziale, espressa da questa dichiarazione d’intenti: «la normazione nel dominio della costruzione deve riconoscere che un organismo edilizio è prodotto per rispondere a esigenze umane, esigenze che devono presentarsi in forma di requisiti in entrata cui corrispondono prestazioni in uscita»13.
Circa 10.000 studenti si sono formati in vent’anni al
Politecnico di Torino seguendo questo modello14, valido ancora oggi, con alcune integrazioni relative in
particolare alla dilatazione della fase metaprogettuale,
con lo studio dello scenario in cui si manifesterà la risposta di prodotto (l’esploratore 2 - designer di scenario) e con un’accresciuta attenzione alla sostenibilità
ambientale.
EXPLORER 1 - THE “CONSCIOUS” DESIGNER
The “conscious” designer seeks a cultural value for his
or her product based on the scope and precision of the
p e rf o rmance off e re d: this leads to a product that can
be seen to be designed with discipline, in accordance
with a performance-based and deductive methodology,11 with regard to which a product is established
as the materialisation of a project cycle whose assessment parameters are the needs, requirements,12 and the
performance levels demanded, offered, and provided.
In other words, a product that:
- is capable of solving a series of problems;
- performs its duty without shortcomings;
- is sustainable;
- is non-discriminatory;
- has its own expressive identity (considered as a non
“subjective” characteristic but relating to specific references and contexts).
During a meeting of the International Standards
Organisation (ISO), Giuseppe Ciribini formulated
the so-called “exigential hypothesis”, which was expressed in this declaration of intent: “standardisation
in the construction sector must recognise that a building organisation is produced to respond to human needs, and that these needs must be presented in the form
of incoming requirements to which out-going performance must correspond”.13
About 10,000 students have used this model in their
education over a period of twenty years at Politecnico
di Torino,14 and the method is still valid today, with
some additions that include, in particular, an extension of the meta-design phase, with an analysis of the
scenario in which the product response will occur (explorer 2 - the scenario designer) and with greater attention paid to environmental sustainability.
The flexibility that students acquire during the educa57
La flessibilità che lo studente acquisisce nel percorso
formativo diventa uno strumento fondamentale per gestire progetti in diversi ambiti di lavoro.
Il nodo cruciale dell’insegnamento nelle scuole è quello di mettere in relazione e calibrare opportunamente
le connessioni tra funzione, suggestione, innovazione
e adattamento al contesto, requisiti tutti indispensabili per una buona progettazione e raggiungibili innanzitutto attraverso una metodologia strutturata e condivisa.
I requisiti rivestono un’importanza fondamentale per
la progettazione del nuovo prodotto: «...la definizione
dei requisiti per la qualità e la determinazione di quali siano indispensabili e quali valori vi si debba attribuire rivestono un’importanza fondamentale per la
progettazione del prodotto. (...) Sui valori assunti dai
requisiti per la qualità di un qualsiasi prodotto, si basano sia le attese dei clienti - qualità attesa -, sia l’offerta da parte delle aziende - qualità off e rt a -, sia l’impatto delle caratteristiche del prodotto sul cliente - q u alità percepita»15.
L’esploratore 1 - designer consapevole, lavora in contatto con l’azienda, in collaborazione con alcune sue
competenze interne (oppure esterne: service, consulenti del marketing o dell’immagine), che intervengono nel processo esprimendo indicatori di tipo settoriale (e non strutturale) ai quali il progetto dovrebbe dare
risposta.
Il designer consapevole dà una risposta coerente all’interno di un sistema che non è sottoposto a verifiche profonde, a revisioni fondamentali del «brief» di partenza.
Il grado di innovazione della proposta dovrà comunque essere compatibile con il posizionamento dell’azienda sul mercato, con le tecnologie di cui essa dispone e realizzabile con tempi e costi definiti.
Non per intero questo atteggiamento si può ascrivere
58
tional course becomes of fundamental importance for
managing projects in various work environments.
The key to teaching in schools is to relate and correctly calibrate the links between function, inspiration, innovation and adaptation to context. All these are essential for good design and can be attained primarily
by means of a methodology that is well-organised and
agreed upon.
Requirements are of fundamental importance when
designing a new product: “...when designing a product, it is of fundamental importance to define the requirements in terms of quality, to establish which ones
are indispensable and to decide what value is to be attributed to them. [...] The values based on the quality
requirements for any particular product depend on the
expectations of the customer - expected quality - on
what is offered by the company - actual quality - and
the impact of this on the customer - p e rceived qual ity”.15
Explorer 1 - the conscious designer - works in close
contact with the company, in cooperation with some
of its internal resources (or external: services, marketing, or image consultants), who take part in the process by pointing to sector-related (i.e., not structural)
factors that the project needs to take into account.
The conscious designer gives a consistent response that
is not subjected to in-depth verification, or to fundamental amendments to the original brief. The degree
of innovation of the proposed product must always be
compatible with the company’s market position and
technology, and production must be feasible within set
times and costs.
This approach cannot be fully attributed to a problem
solver. It would also not be true to say that the masters
of Italian design (for example) have simply been problem solvers. Each one has made their own contribu-
al «problem solver». Come non è vero che i maestri del
design italiano (ad esempio) siano stati solo dei «problem solver»; ognuno ha dato un proprio contributo
allo sviluppo del progetto come conquista sociale.
Anche oggi che il panorama si è così complessificato,
occorre guardare indietro con attenzione e senso critico, non con compassione.
Il design del passato (in particolare quello italiano) ha
aperto una traccia in cui invenzione e innovazione si
contendevano il primato. Grazie ai designer di allora,
il designer consapevole di oggi può tracciare vie nuove
e coerenti in terreni noti, così come può prendere per riferimento un sistema produttivo noto e affrontarlo dall’interno proiettandosi verso l’esterno, verso la società.
L’invenzione, nel prodotto di design, è ancora oggi
considerata un contributo fondamentale per il successo del prodotto stesso e dell’azienda: «imprese considerate innovative sono imbattibili sul piano della programmazione, gestione e comunicazione del prodotto,
non sul piano dell’invenzione»16.
Ma se la creatività (per il sociologo Richard Florida la
fonte principale di sviluppo economico oggi) è per definizione il processo creativo di avere delle idee, che di
per sé non sono né buone né cattive (le idee sovente sono solo punti di vista, modi di vedere o rivedere le cose, a volte cose nuove, altre volte spunti e indicazioni
per future cose nuove)17, l’invenzione è da intendersi
come potenziale, anche fortuito, introducibile in un
processo che, se strutturato e generante reazioni positive nella realtà, potrebbe generare un’innovazione (nel
caso contrario, soltanto una novità).
Per il designer «consapevole» esistono:
- una committenza che esprime una richiesta specifica;
- una tematica specifica su cui lavorare;
- una ricerca di risposte alla questione «come fare?»18, rispetto a ciò che già esiste.
tion to the development of design as a social breakthrough.
Today too, the panorama has become so complex that
we need to look back carefully and with a critical mind
- not with compassion. Design in the past (and Italian
design in particular) opened up a path in which invention and innovation fought for supremacy. Thanks to
the designers of those years, today’s conscious designers
can trace out new and consistent directions in already
explored lands, just as they can take a known production system as their point of reference and tackle it from
within, looking outwards towards society.
In design products, invention is still considered to provide a fundamental contribution to the success of both
the product and the company: “companies that are
considered innovative are unbeatable in terms of product planning, management and communication - but
not in terms of invention”.16
Creativity (which the sociologist Richard Florida considers to be the main source of economic development
today) is by definition the creative process of having
ideas, which in themselves are neither good nor bad
(ideas are often only points of view, ways of seeing or
reassessing things, sometimes new things, and at other
times cues and indications for new things that might
emerge in the future).17 Invention, on the other hand,
is to be considered as a potential, which may be accidental, that can be introduced into a process that, if
well organised and capable of generating positive reactions, might lead to innovation (otherwise only to something new).
The “conscious” designer has before him:
- a principal with a specific request;
- a specific theme to work on;
- a search for answers to the question “h o w ?”,18 with regard to what already exists.
59
oncept
oncept
oncept
L’ESPLORATORE 2 DESIGNER «DI SCENARIO»
oncept
oncept
oncept
Quando l’ottica si amplia, la ricerca diventa collettiva,
condivisa tra attori diversi, e il designer lavora in collaborazione con competenze altre (aziendali, territoriali, specialistiche...).
Momento centrale di questa ricerca è la costruzione di
uno scenario in cui si accumulano come massa critica valori contestuali: valori sociali, culturali, etici, biologici, tecnologici condivisibili anche a livello globale, ma caratterizzanti l’ambito allargato di indagine.
«Scopo della prefigurazione dei target di utenza e degli scenari di produzione e consumo in cui un certo
prodotto andrà a collocarsi è proprio quello di aiutare
il progettista a realizzare, ancor prima di muovere la
matita o il mouse, una sorta di banca dati mirata ad uso
della fase di progettazione vera e propria»19.
Lo scenario è una massa critica di dati e riferimenti intorno all’argomento da affrontare: un’analisi del panorama del consumo condotta al fine di definire le caratteristiche delle tipologie di utenza finale a cui si rivolge
il progetto.
Gli ambiti dello scenario sono quello storico, socioculturale, produttivo, tecnologico ambientale, al fine di individuare gli obiettivi di un progetto consapevole.
La costruzione dello scenario conduce talora a intuizioni che deviano dall’ambito definito producendo un
feed-back sul «brief» iniziale, che ne viene influenzato
e che si arricchisce di nuove prospettive, talora totalmente diverse dalla direzione iniziale (new-concept).
Obiettivo del designer di scenario è la definizione di
nuove tipologie di prodotti o di famiglie di prodotti (o
sistemi, o servizi...) non per l’innovazione di prodotto
in se stessa, ma per un’innovazione con ricadute più
ampie: valorizzare/rilanciare un sistema, un’azienda,
un territorio, un ambito, un processo, interpretando la
EXPLORER 2 - THE “SCENARIO” DESIGNER
When the overall vision expands, research becomes
collective and is shared among a number of people: the
designer works together with other areas of expertise
(business, territorial, specialistic). A key aspect of this
research is the creation of a scenario in which contextual values are accumulated to form critical mass: social, cultural, ethical, biological, and technological values that can be shared at a global level but that characterise the enlarged area of investigation.
“The purpose of identifying the target users and the
production and consumption scenarios in which a certain product will end up is precisely that of helping the
designer create a sort of targeted database - even before
he picks up a pencil or a mouse - which he can use during the design stage.19
The scenario is a critical mass of data and references
built up around the issues in hand. It is a survey of
the consumer situation carried out in order to find
the characteristics of the end users the project is targeting. The scenario includes historical, socio-cultural, industrial, and environmental-technological
aspects in order to establish the objectives of a conscious project.
The construction of the scenario sometimes leads to intuitive ideas that go beyond the normal confines of the
project and produce feedback for the initial brief, influencing it and bringing in new perspectives - sometimes totally different from its initial orientation (new
concepts).
The aim of the scenario designer is to create new families of products (or systems, services, and so on) not in
order to innovate the product itself, but to achieve innovation with more wide-ranging effects: developing
or providing a system, a company, a territorial area, a
sector, or a process, interpreting the situation and its potential, and creating “new connections”.
63
realtà e le sue potenzialità e creando «nuove connessioni».
La ricerca di scenario amplia e qualifica la domanda
di progetto da parte della committenza: una domanda
talvolta banale, generica, imprecisa che viene riorganizzata in un brief attento a variabili che in origine non
erano state considerate.
Lo scenario, la cui costruzione e interpretazione genererà i new-concept e le linee-guida (e i feed-back sul
brief, in un circuito virtuoso che si autoalimenta), è già
esso stesso un «prodotto» self-standing, che può essere
anche considerato autonomo rispetto al decorso successivo del progetto e funzionale all’orientamento delle
scelte strategiche future, in coerenza o rottura con il presente di quel sistema.
Per il designer di scenario esistono:
- una committenza;
- un ambito (produttivo, culturale: una tematica allargata);
- una ricerca di risposte possibili alla questione «cosa f are?»20.
L’ESPLORATORE 3 DESIGNER «NAVIGANTE»
L’esploratore 3 parte alla ricerca di nuovi ambiti e significati per ampliare l’orizzonte possibile dell’innovazione. Forte della sua curiosità senza limiti, di collaboratori aperti e riferimenti culturali e materiali ampi,
complessi e multidisciplinari (esperienze, legami con
il mondo della produzione e della ricerca...), guida21
l’esplorazione a tutto campo su ambiti aperti, oceani
da indagare alla ricerca di «nuovi mondi» che poi il
tempo e l’applicazione (intesa come determinazione a
trasformare un’intuizione in pratica e come evoluzione tecnologica) possono confermare o confutare.
Come un esploratore del passato, il designer navigante si lancia con il suo equipaggio (il gruppo in brain64
This survey of the scenario opens up and gives greater
value to the request made by the principal: a request
that is sometimes mundane, generic, and imprecise,
and that is reorganised to create a brief with a greater
focus on variables that had previously not been considered.
The creation and interpretation of the scenario will lead to new concepts and guidelines (and feedback on
the brief, in a self-enhancing virtuous circle). It is itself
a stand-alone “product”, which may also be considered as independent from the previous development of
the project, helping direct future strategic decisions, in
line with - or breaking away from - the system as it
stands at the time.
The scenario designer faces:
- a principal;
- a sector (industrial, cultural - opening out the context);
- a search for possible answers to the question
“How?”.20
EXPLORER 3 THE “NAVIGATING” DESIGNER
Explorer 3 looks for new domains and meanings in order to open up possible horizons of innovation.
Assisted by insatiable curiosity, open-minded colleagues and a broad range of complex, multidisciplinary
cultural and material references (experience, links with
the world of industry and research, etc.), he or she embarks21 on all-encompassing exploration of open areas
- oceans to be investigated in search of new worlds which with time and application (in the sense of the
determination to transform an intuition into practice,
and as technological evolution) may be confirmed or
refuted.
Like an explorer in the past, the navigating designer
sets sail with his crew (brainstorming is fundamental),
storming è qui fondamentale) alla ricerca libera, su
Internet come altrove, anzi con mezzi e strumenti il più
possibile eterogenei, per parole-chiave che possono
essere scelte in funzione di quella che vorrà essere l’apertura complessiva dell’operazione e quindi dell’articolazione dell’operazione progettuale futura.
Le parole-chiave rappresentano la forma di esplicitazione più precisa e includente per il meta-ambito: possono riguardare comportamenti, modalità, materie...
Si tratta di parole, significanti, che sottendono ampi
panorami di significati e come tali si manifestano ricche di potenzialità che la ricerca potrà o meno concretizzare; in questo senso il navigante diventa «soggetto
innovatore»: sviluppando le potenzialità propositive
dei molteplici significati delle parole-chiave egli procede senza i vincoli dettati dal senso comune.
L’esploratore navigante è una figura propositiva, che
cerca nuovi ambiti non battuti per il progetto di design;
è un soggetto innovatore, perché «i soggetti innovatori, a livello psicologico, sono capaci di mettere distanza tra il sé e il senso comune»22, e «come lo straniero vive una crisi costante dato che nessuno a parte lui condivide il suo senso comune»23.
La volontà è quella di scoprire «nuovi mondi del progetto», possibili e nascosti, attraverso una ricerca libera in cui la fattibilità è una questione che si presenta solo in un secondo tempo, demandata a un feed-back sulle attività dell’esploratore 1 e dell’esploratore 2.
L’esploratore 3 produrrà idee, «visioni progettuali» che
dovrà valutare (dunque dovrà avere la capacità di misurarne l’efficacia in relazione a una visione del mondo aperta all’innovazione) e quindi potrà riprendere le
vesti dell’esploratore 1 o 2 per poterle realizzare.
Per il designer «navigatore»:
- non esiste una committenza;
- esiste un meta-ambito (ambito allargato) sistematizzato delle parole-chiave, ad esempio il tempo, l’aria,
freely navigating the Internet and elsewhere. He or she
takes the most diverse possible range of instruments,
using keywords that can be chosen on the basis of the
desired overall aim of the operation, and thus of the future configuration of the design project. These keywords are the most precise and inclusive form of clarification for the meta-domain: they may concern behaviour, methods, materials, and more. They are words
and signifiers that fill vast panoramas of meanings, and
as such they can be seen to be full of potential - which
the research may or may not give concrete form to. In
this sense, the navigator becomes an “innovating party”: by developing the proactive potential of the various
meanings of the keywords, he proceeds unfettered by
the limitations of common sense.
The navigating explorer is a proactive figure in search
of new uncharted territories for his design project. He
is an innovator, because “at the psychological level, innovators are capable of distancing themselves from
common sense”22 “just as the foreigner lives in a state
of constant crisis since nobody else shares his common
sense”.23
The intention is to discover potential and hidden “new
worlds of design” using free research, in which feasibility is a matter that is dealt with only later on in the
form of feedback at from explorers 1 and 2. Explorer 3
will produce ideas - “design visions” that he needs to
assess (so he will have to be capable of measuring their
effectiveness in relation to a vision of the world that is
open to innovation) - and he can dress up again as explorer 1 or 2 in order to create them.
For the “navigating” designer:
- there is no principal;
- there is a meta-domain (enlarged scope) which is organised in key words - for example, time, air, water,
light... These are panoramas with vast horizons, to be
investigated with different instruments. They tend to
65
l’acqua, la luce... panorami dai grandi orizzonti, da
indagare con strumenti diversi, tendenzialmente liberi,
organizzabili e integrabili nel progredire della ricerca;
- esiste una ricerca di risposte possibili alla questione
«dove fare?», intesa come ricerca e individuazione di
nuovi possibili ambiti inesplorati per il design.
Non esiste una definizione, ma una ricerca «da vocabolario» dei significati associabili alle parole-chiave
ascrivibili all’ambito.
Il primo confronto con il meta-ambito avviene tramite brain-storming e focus-group che hanno il compito
di definire i primi assi della ricerca (ad esempio il tempo: oggettivo, soggettivo...)
Il meta-ambito viene «navigato», approfondito e restituito nelle angolazioni più diverse dei suoi «assi» attraverso ricerche per parole-chiave; un’assonanza alla ricerca libera su internet che della iper-ricchezza della rete restituisce visioni diversificate, a volte sorprendenti,
caratterizzate dalla presenza di una «variabile soggettiva» (la scelta dei risultati tra i mille possibili) che costituisce probabilmente il 50 per cento della ricchezza della proposta.
È difficile scindere la creazione individuale dal risultato collettivo. Ogni scelta presuppone un confronto
critico con un a-priori che fa riferimento a sua volta ad
altri soggetti «creatori», presuppone delle capacità (alcune innate, altre sviluppabili) e delle competenze personali che sono il frutto della formazione, scolastica e
professionale, e dell’interazione sociale.
Si invertono i ruoli, si annullano le differenze, si nega
la routine, si agisce per continue sintesi più che per antitesi: il risultato atteso è la complessità che le molteplici visioni danno su un argomento, a prescindere dalla
qualità di ciascuna ma nella consapevolezza della «reazione a catena» che ogni contributo fa nascere rispetto
a uno precedente.
66
be free, and can be organised and integrated in the research process;
- there is an investigation of possible answers to the question “Where?”, in the sense of a search for possible new
areas unexplored by design.
There is no precise definition, but simply a dictionarystyle search for meanings that can be associated with relevant keywords. The first interaction with the metadomain comes with brainstorming and focus groups,
which need to establish the first lines of research (for
example, time, which may be objective or subjective).
The meta-domain is “navigated”, studied in depth and
revealed from all points of view of its “axes”, through
the search for keywords. There is an affinity with free
searching on the Internet: from the extraordinary wealth of the Net, it offers different, sometimes surprising
visions characterised by a “subjective variable” (the
choice of results from thousands of possible ones)
which probably accounts for at least half of what is offered.
It is difficult to divorce individual creation from the
collective result. Each choice entails a critical approach with foreknowledge that in turn refers back to other
“creators”, presupposing personal abilities (some innate, others that can be developed) and skills that come from school or professional training, and from social interaction.
Roles are inverted, differences annulled, routines abolished, and one works more through constant synthesis than through antithesis: the expected result is the
complexity that countless visions give of a subject, quite apart from the quality of each one, but with the awareness of the chain reaction that each contribution triggers off from what has gone before.
Explorer 3 takes part in all the processes, playing different roles and bringing out different skills, promoting
L’esploratore 3 è partecipe di tutti i processi, assumendo differenti ruoli e sfruttando differenti competenze,
favorendo la pluridisciplinarità e pluriculturalità, indirizzando e gestendo l’interazione tra i saperi e le esperienze, contribuendovi con la propria esperienza, collaborando nella valutazione dei risultati e sistematizzandoli sempre in costante e consapevole dialogo con
il contesto specifico.
Il punto di forza di questo approccio è la capacità di
mettere in luce aree del progetto non ancora esplorate (e che più difficilmente sarebbero emerse attraverso ricerche canoniche), che potranno essere svolte secondo le modalità dell’esploratore 1 o esploratore 2.
Un ruolo di «acceleratore di cambiamenti» che solo
una ricerca organizzata intorno all’uomo e per l’uomo
può svolgere.
«Una nuova definizione del design socialmente impegnato e orientato all’uomo, che pone la persona al centro del processo, sta diventando sempre più un paradigma chiave nel dibattito e nella pratica mondiali relativi al design. Questa ha rafforzato il settore del design e l’impatto che è in grado di avere sulle nostre vite e costituisce un supplemento importante ai paradigmi precedenti (ad esempio politico, tecnologico, scientifico e commerciale) che hanno fino ad oggi svolto il
ruolo di motore dei cambiamenti socio-culturali»24.
Per risolvere i problemi è necessario comprendere appieno la natura dei fenomeni, senza isolarli dal contesto, e sviluppare soluzioni non precostituite né confinate nella consuetudine. Il designer può e deve attingere a bacini di sapere e di esperienze che vanno dalla matematica alle scienze biologiche, dalla vita dell’uomo a
quella della natura, per dedurre non più e non solo forme ma conoscenza dei fenomeni, delle azioni, delle leggi che regolano gli uni e gli altri.
In sintesi, le figure dell’esploratore 1, 2, 3 sono tre possibili riferimenti per affrontare il tema complesso, che
a multidisciplinary and multi-cultural approach, directing and managing interaction between forms of
knowledge and experience, bringing in his or her own
experience, helping assess the results and bringing them
into constant and conscious interaction with the particular context.
The strength of this approach is its ability to put the
spotlight on areas of the pro j e c t that have not yet
been explored (and which would be unlikely to emerge through standard procedures), and which can be
carried out in the ways used by explorer 1 or explorer
2. Explorer 3 acts as an “accelerator of change”, which
is possible only in a study carried out by people and for
people.
“A new definition of socially committed and peopleoriented design, which puts people at the centre of the
process, is increasingly becoming a key to the worldwide debate on, and practice of, design. This has given
greater strength to the design sector and to the impact
it can have on our lives, and it constitutes an important
addition to the previous models (political, technological, scientific and commercial, for example) which have so far acted as the driving force behind socio-cultural change”.24
To solve these problems, we need to fully understand
the nature of the phenomena, without isolating them
from their context, and work out solutions that are neither pre-established nor based on habit. The designer
can and must draw on areas of knowledge and experience that range from mathematics to biology, human
life and nature, in order no longer and not simply to
deduce forms, but also knowledge of the phenomena,
actions, and laws that regulate them.
To sum up, explorers 1, 2, and 3 constitute three possible approaches to dealing with the complex issues which crop up in all design work - involved in interaction with the outside world, which the designer is
67
si genera in ogni «fare progettuale», del confronto con
l’altro da sé, confronto a cui il designer è chiamato a
prendere parte con differenti ruoli:
- consapevole, nel leggere il presente
- di scenario, per prefigurare il futuro
- navigante, per scartare dal senso comune.
A. GRANELLI, L’economia dell’esperienza e le nuove politiche dell’innovazione, in
«Nòva24 Review», n. 1, bimestrale de «Il Sole 24 Ore», ottobre 2006, p. 43.
2
Clino Trini Castelli, a proposito dell’emergere di nuovi prodotti transitive (da
transire, andare oltre) che collegano passato e futuro senza intenzioni nostalgiche, afferma: «Il Transitive Design è frutto (...) di un’istanza emozionale diffusa che introduce - per la prima volta nella storia - le regole della soggettività e
della memoria affettiva nel mondo finora gelido dell’industria» (C. TRINI
CASTELLI, Transitive Design, Electa, Milano 1999, p. 124).
3
Donald A. Norman si chiede «Cos’è che la gente ama e adora, disprezza e
detesta? L’aspetto esteriore e l’utilità giocano ruoli relativamente marginali.
Quel che conta è invece la storia dell’interazione, le associazioni che si stabiliscono con gli oggetti e i ricordi che questi evocano» (D. A. NORMAN,
Emotional Design, Basic Books, New York 2004, p. 43).
4
Si veda in questo stesso volume il saggio di F. CELASCHI, Il design come mediatore tra saperi.
5
Ibid.
6
G. CIRIBINI, Tecnologia e Progetto, Celid, Torino 1984, p. 12.
7
TRINI CASTELLI, Transitive Design cit., p. 122.
8
GIANFRANCO CAVAGLIÀ, di... Achille Castiglioni, Corraini, Mantova
2006, p. 64.
9
Secondo Giuseppe Ciribini «La complessità, nell’ambito dell’agire umano,
è molto maggiore oggi che in passato e tende ad accrescersi rapidamente: il che
implica, nel fatto progettuale, l’esigenza di una più larga partecipazione di competenze disciplinari per riuscire a dominare strutture sempre maggiormente articolate ed estese (...) Nel concerto progettuale il progettista non è più, dunque,
l’ideatore isolato di nuove realtà, ma gruppo di competenze diverse, agenti con
perfetto sinergismo e in modo integrato sin dall’inizio per conseguire risultati
capaci di dilatarsi nel tempo» (CIRIBINI, Tecnologia e Progetto cit., p. 127). Su
questi temi, e su Ciribini in particolare, si veda anche: P. P. PERUCCIO, La
seconda generazione al lavoro: Giuseppe Ciribini e la coordinazione modulare, in ID.,
La ricostruzione domestica, Celid, Torino 2005, pp. 55-63.
10
CAVAGLIÀ, di... Achille Castiglioni cit., p. 59.
11
La razionalizzazione delle fasi progettuali diventa un obiettivo culturalmente e progettualmente necessario negli anni sessanta, in ambiente anglosassone.
Sotto l’influenza delle teorie sistemiche, che consistono nello studio della struttura e del comportamento di insieme di elementi naturali interagenti, emerge la
necessità di schematizzare e risolvere i problemi progettuali di un’evoluzione
urbanistica e di una produzione industriale, nel pieno del boom economico.
Vengono fatti, inizialmente, studi sulla scomposizione del territorio urbano e
sulle iterazioni-relazioni degli elementi che compongono la sua struttura. Nasce
un approccio meta-progettuale, che trova però le sue prime applicazioni in campi disciplinari diversi da quello urbanistico: definito da Ciribini, nel 1972, ipotesi esigenziale (si veda infra), diventa normativa tecnica nell’ambito della pro1
68
called upon to undertake in three different ways:
- consciously, in interpreting the present
- as a scenario, to anticipate the future
- as navigation, to leave aside common sense.
A. GRANELLI, “L’economia dell’esperienza e le nuove politiche dell’innovazione”, in Nòva24 Review, no. 1, bimonthly of Il Sole 24 Ore, October 2006,
p. 43.
2
On the subject of the emergence of new transitive products (from “transire”,
to go beyond) that connect past and future with no nostalgic intent, Clino Trini
Castelli states: “Transitive Design is the result [...] of a common emotional need
that, for the first time in history, has introduced the rules of subjectivity and affective memory into what has so far been the cold-hearted world of industry”
(C. TRINI CASTELLI, Transitive Design, Electa, Milan 1999, p. 124).
3
Donald A. Norman wonders: “What is it that people love and adore, disdain and detest? Outward appearance and utility play relatively marginal roles.
What really matters is the history of interaction - the associations that are established with objects and the memories they conjure up” (D. A. NORMAN,
Emotional Design, Basic Books, New York 2004, p. 43).
4
See in this volume the essay Il Design come mediatore tra saperi, by F. CELASCHI.
5
Ibid.
6
G. CIRIBINI, Tecnologia e Progetto, Celid, Turin 1984, p. 12.
7
TRINI CASTELLI, Transitive Design cit., p. 122.
8
G. CAVAGLIÀ, di... Achille Castiglioni, Corraini, Mantua 2006, p. 64.
9
In Giuseppe Ciribini’s view, “In the domain of human activity, the level of
complexity is greater today than it was in the past and it is tending to grow rapidly. In the planning process, this implies the need for greater use of disciplinary skills in order to get the better of structures that are increasingly complex
and extensive [...] In this concerted design, the designer is thus no longer a creator isolated from reality, but a group of diverse skills - people with a perfect
level of synergy who work in an integrated manner right from the beginning in
order to achieve results that can extend over time” (CIRIBINI, Tecnologia e
Progetto cit., p. 127). On this subject, and on Ciribini in particular, see also:
P. P. PERUCCIO, “La seconda generazione al lavoro: Giuseppe Ciribini e la
coordinazione modulare”, in P. P. PERUCCIO, La ricostruzione domestica,
Celid, Turin 2005, pp. 55-63.
10
CAVAGLIÀ, di... Achille Castiglioni cit., p. 59.
11
Rationalisation of planning stages became a cultural and practical objective
in the 1960s in English-speaking countries. Under the influence of systems theories, which involve studying the structure and behaviour of sets of interacting
natural elements, at the height of the economic boom it became evident that
there was a need to schematise and solve the planning problems of urban evolution and industrial production. Initially, studies were carried out into the
break-up of the urban territory and into the iterations and relations of elements
that constitute it. This led to a meta-planning approach, which was however
first applied in disciplines other than that of town planning. This was referred
to by Ciribini in 1972 as an “exigential hypothesis” (see below), and it became
part of technical regulations for industrial manufacturing to ensure that products complied with users’ demand for quality, in compliance with performance criteria based on an analysis of the field of application.
12
“Teoria della gerarchizzazione dei requisiti e loro classificazione”, from CH.
1
duzione industriale, per garantire la rispondenza di un prodotto alla domanda
di qualità da parte degli utenti, secondo i criteri prestazionali delineati dall’analisi dello scenario applicativo.
12
Teoria della gerarchizzazione dei requisiti e loro classificazione, da CH.
ALEXANDER, Note sulla sintesi della forma, Il Saggiatore, Milano 1967, p. 67.
13
Il sistema esigenze-requisiti-prestazioni osservato all’interno del sistema edilizio può essere visto come particolare condizione di realizzabilità di un qualsiasi bene strumentale la cui progettazione parta dal rilevamento di esigenze,
tradotte in particolari requisiti richiesti, che verranno successivamente confrontati con le prestazioni offerte dall’elemento tecnico ottenuto. Il termine requisito come «caratteristica richiesta», è quindi alla base del lessico esigenziale, costruito a sua volta, principalmente, sul concetto di prestazione: richiedere e determinare le prestazioni è l’operazione che sostituisce quella di definire e descrivere un oggetto in termini fisionomici e materiali. Naturalmente tale operazione ha un senso e un valore, se la prestazione che l’oggetto o l’elemento reale fornisce può essere controllata.
14
La metodologia prestazionale viene adottata già dagli anni settanta dal corso di Disegno Industriale tenuto successivamente da Enzo Frateili, Giorgio De
Ferrari e Luigi Bistagnino presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di
Torino, primo nucleo dell’attuale corso di studi in Disegno Industriale. Il corso di studi in Disegno Industriale del Politecnico di Torino prende vita nel
1996 con la creazione del DUNDIT - Diploma Universitario in Disegno
Industriale; nel 1999 la trasformazione del diploma di laurea in corso di laurea, nel 2000 la nascita del corso di laurea in Progetto Grafico e Virtuale, nel
2001 la nascita della laurea magistrale in Design del Prodotto Ecocompatibile
- Ecodesign.
15
P. DE RISI (a cura di), Dizionario della qualità, Il Sole 24 Ore edizioni, Milano
2001, p. 462. De Risi (p. 441), chiarisce anche il concetto di qualità come concetto dinamico: «... i requisiti per la qualità cambiano nel tempo, sia per effetto delle evoluzioni della tecnologia che rende possibili nuovi sviluppi, sia perché cambiano il contesto e la cultura sociale, sia perché spesso sono le stesse
aziende a generare l’esigenza di un nuovo prodotto».
16
GRANELLI, L’economia dell’esperienza cit., p. 58.
17
In realtà, il matematico Henri Poincaré definisce creativa la «capacità di unire degli elementi preesistenti in combinazioni nuove, che siano utili, superare
le regole (il nuovo) per creare una nuova regola (l’utile)». L’idea è sintetizzata
da Annamaria Testa nella formula «C=nu»: la creatività risulta dall’unione
del nuovo con l’utile. Un ottimo motivo per riflettere sulla creatività è che l’innovazione è figlia della creatività, che a sua volta è «figlia della competenza,
dell’esperienza precedentemente elaborata e dell’intuizione» (A. TESTA, La
creatività a più voci, Laterza, Roma-Bari 2005, pp. XV-XVII).
18
FORA, la divisione R&D dell’Authority danese per l’Impresa e l’Edilizia,
ha appena pubblicato un testo che presenta un nuovo tipo di società: l’azienda di concept-design. Le società di concept-design (con competenze sociologiche, economiche e di design connesse in maniera innovativa) forniscono le
risposte alla domanda «Che cosa?» attraverso la creazione di concetti; mentre
le società di design forniscono risposta, con la creazione di progetti di prodotti, alla domanda «Come?». P. JOHANSEN, T. LAU, C. HØGENHAVEN e J.
ROSTED, Concept Design - How to Solve the Complex Challenges of Our Time,
The Danish Enterprise and Construction Authority’s Division for Research
and Analysis, Copenhagen 2007.
19
L. BISTAGNINO, Design con un futuro, Time & Mind, Torino 2003, p. 11.
20
JOHANSEN, LAU, HØGENHAVEN e ROSTED, Concept Design cit.
21
Enzo Mari, nella presentazione alla Prima Facoltà di Architettura del
Politecnico di Torino, il 20 maggio 2004, del suo libro La valigia senza il mani-
ALEXANDER, Note sulla sintesi della forma, Il Saggiatore, Milan 1967, p. 67.
The demands-requirements-performance levels observed in the building sector may be seen as just one particular condition of visibility of any capital goods
whose design is based on an analysis of demand. This is then translated into
particular requirements, which are then compared with the levels of performance offered by the technical product obtained. The term “requirement” in the
sense of a “required characteristic” is thus at the heart of the lexicon of “exigency”, which is in turn mainly based on the concept of performance: requesting and determining the level of performance is an operation that replaces that
of defining and describing an object in physiognomic and material terms. This
operation naturally has both meaning and value if the performance provided
by the object or element really can be tested.
14
The performance-based methodology was originally adopted as early as the
1970s in the Industrial Design course later held by Enzo Frateili, Giorgio De
Ferrari and Luigi Bitagnino at the Faculty of Architecture of Politecnico di
Torino. This was the first section of the present-day course on Industrial
Design. The Industrial Design course at Politecnico di Torino started up in
1996 with the introduction of the university diploma in Industrial Design, or
DUNDIT - Diploma Universitario in Disegno Industriale. In 1999 the degree
diploma became a degree course, in 2000 a degree course in Graphic and
Virtual Design was introduced, and in 2001 came the Ecodesign teaching degree course in Ecologically Sustainable Product Design.
15
P. DE RISI (Ed.), Dizionario della qualità, Il Sole 24 Ore edizioni, Milan 2001,
p. 462. De Risi (p. 441), also explains the concept of quality as a concept that
is dynamic: “... quality requirements change with time, both because of changes
in technology that make new developments possible, and because the culture
and context of society changes, but also because it is the companies themselves
that often create the demand for a new product.”
16
GRANELLI, L’economia dell’esperienza cit., p. 58.
17
In actual fact, the mathematician Henri Poincaré refers to creativity as the
“ability to bring together pre-existing elements in new combinations that are
useful for going beyond the rules (what is new) to create a new rule (what is
useful)”. The idea is summed up by Annamaria Testa in the formula
“C=nu”: creativity comes from alliance between what is new and what is useful. One excellent reason for reflecting on creativity is that it breeds innovation,
which in turn is the “offspring of competence and previously formulated experience and intuition” (A. TESTA, La creatività a più voci, Laterza, Rome-Bari
2005, pp. XV-XVII).
18
FORA, the R&D section of the Danish Enterprise and Construction
Authority, has very recently published a paper that presents a new type of business: the concept-design company. Concept-design companies (with physiological, economic and design skills linked together in an innovative way) provide answers to the question “What?” by creating concepts, while, by creating
product projects, design companies provide the answer to the question “How?”:
P. JOHANSEN, T. LAU, C. HØGENHAVEN and J. ROSTED, Concept Design
- How to Solve the Complex Challenges of Our Time, The Danish Enterprise and
Construction Authority’s Division for Research and Analysis, Copenhagen
2007.
19
L. BISTAGNINO, Design con un futuro, Time & Mind, Turin 2003, p. 11.
20
JOHANSEN, LAU, HØGENHAVEN and ROSTED, Concept Design cit.
21
At the First Faculty of Architecture at Politecnico di Torino on 20 May 2004,
during the presentation of his book La valigia senza il manico. Arte design e karaoke,
Enzo Mari described how he threw himself headlong, together with his students, into wide-ranging projects in areas that were new for himself as well as
for the others. And he states in his book: “I try not to lose sight of the countless
13
69
co. Arte design e karaoke, asseriva di lanciarsi con passione, accanto ai suoi studenti, in progetti di largo respiro su ambiti nuovi, per lui come per gli altri. Nel
libro sostiene poi: «Cerco di non perdere di vista le molteplici prospettive di
sviluppo all’interno dell’orizzonte totale, anche quelle che sul momento è impossibile approfondire e sviluppare. In questo senso parlo della nostra capacità di prendere via via decisioni, valutando molto rapidamente poche opportunità sufficientemente chiare con infinite altre, contraddittorie e percepibili solo
intuitivamente, così come la lepre inseguita decide quello scarto che forse la salverà...» (E. MARI, La valigia senza il manico. Arte design e karaoke, Bollati
Boringhieri, Torino 2004, p. 31).
22
P. JEDLOWSKI, Senso comune e innovazione, paper, Dipartimento di
Sociologia e di Scienza Politica, Università della Calabria, 1993.
23
M. SCHELER, in S. TABBONI (a cura di), Vicinanza e lontananza: modelli e figure dello straniero come categoria sociologica, Franco Angeli, Milano 1986.
24
JOHANSEN, LAU, HØGENHAVEN e ROSTED, Concept Design cit.
70
development prospects there are in the overall horizon - including those that
cannot be worked on and developed at the time. Here, I am talking about our
ability to gradually make decisions, very rapidly assessing a few sufficiently clear
opportunities together with countless others that are contradictory and understandable only through intuition, just as the hare being chased decides to make
the leap that will possibly save its life...” (E. MARI, La valigia senza il manico.
Arte design e karaoke, Bollati Boringhieri, Turin 2004, p. 31).
22
P. JEDLOWSKI, Senso comune e innovazione, paper, Dipartimento di Sociologia e di Scienza Politica, Università della Calabria, 1993.
23
M. SCHELER, in S. TABBONI (Ed.), Vicinanza e lontananza: modelli e figure
dello straniero come categoria sociologica, Franco Angeli, Milan 1986.
24
JOHANSEN, LAU, HØGENHAVEN and ROSTED, Concept Design cit.
Complessità virtuale,
banalità reale
Virtual Complexity,
Real Triviality
LUIGI BISTAGNINO
LUIGI BISTAGNINO
CONSIDERAZIONI1
CONSIDERATIONS1
L’utilizzo del mezzo virtuale è oggi sempre più diffuso in
tutti i campi, anche in quelli più restii al cambiamento.
La sostituzione tout court del mondo reale con quello
virtuale ha però provocato e continua a provocare gravi danni ai saperi dei vari ambiti.
L’accelerazione impressa ai processi e la relativa facilità con cui si riescono a ottenere dei risultati, che non
sono però accompagnati da un adeguato approfondimento, contribuiscono, congiuntamente, a stimolare
un approccio ai problemi sempre più superficiale e subalterno agli strumenti utilizzati.
L’utilizzo del mezzo, oggi, è il vero e semplicistico obiettivo del sapere.
Si ha una conoscenza sempre più approfondita della
tecnologia utilizzata, ma si perde di vista il perché venga usata e per quale scopo: si studiano e si assimilano
accuratamente particolari della virtualità, ma si perdono i significati che li hanno originati.
Il mezzo si è trasformato nel fine.
Virtual media is being increasingly commonly used in
all sectors - even in those most resistant to change. This
outright replacement of the real world by the virtual has
however caused and is continuing to cause serious
damage to levels of knowledge in various fields.
The acceleration of these processes and the relative ease
with which results can be obtained have not however
been accompanied by adequate in-depth thought. At
the same time, they encourage an approach to problems
that is increasingly superficial and subordinate to the
instruments used.
The use of the medium has now become the real, simplistic objective of knowledge.
We are acquiring increasingly exhaustive knowledge
of the technology being used, yet we are losing sight of
why it is used in the first place: details of the virtual
world are studied and assimilated, but the meanings
that gave rise to them are being lost.
The means has been turned into the end.
Attualmente la comunicazione visiva, parlata e scritta, espressa attraverso la virtualità, è di qualità così alta e raffinata che l’occhio e la mente vengono «distratti» continuamente a scapito dei contenuti e della finalità della comunicazione.
La rappresentazione visiva, tramite la virtualità, deve
infatti essere sfruttata (e non «subita») come mezzo dalle grandi potenzialità espressive e come strumento utile a esaltare i valori sostanziali di ogni progetto (sia es-
Expressed through the virtual world, visual, spoken
and written communication is of such high and sophisticated quality that the eye and mind are constantly being distracted, to the detriment of the content and
of the actual aim of the communication. Through virtuality, visual representation must be exploited (and
not “endured”) as a medium that has enormous potential for expression and as an instrument that can help
enhance the core values of any project, be it one of de71
so di design, architettura, editoriale o relativo al mondo della didattica a distanza).
La conoscenza approfondita delle tradizionali forme
di comunicazione e delle relative tecniche di rappresentazione che sono state utilizzate, sino ad oggi, per
esprimere un progetto di qualsivoglia natura, è la base
necessaria per poter ottimizzare la resa virtuale di discipline che da secoli sono state regno delle parole, dei segni, degli schemi, della scrittura.
La maggiore difficoltà che oggi ci troviamo ad affrontare è proprio quella di trovare un linguaggio che
si adatti al nuovo mezzo virt u a l e; spesso l’errore
che si compie è quello di considerare il mondo virtuale come mera trasposizione e mutuazione da quello reale, ma questo nuovo mondo effimero ha la necessità di
essere ripensato ex novo e non può più essere considerato esclusivamente come una semplice estensione di ciò
che appartiene al mondo della comunicazione che da
sempre conosciamo.
Scrittura, disegno e comunicazione sono ambiti che si
sono sviluppati e affinati negli anni, tramite l’interazione fra persone, supporti e tecniche di esecuzione: mezzi e supporti propri di una realtà concreta (matite, carta, giornali, libri, parole) non possono essere semplicemente travasati da un mondo a un altro.
La rappresentazione di un progetto è frutto di conoscenza sedimentata dall’esperienza; è un’azione consapevole dettata dalla necessità di descrivere l’oggetto progettato secondo la sequenza di sviluppo del «concept».
Lo stesso vale per le lezioni, condotte dal docente secondo un filo logico sequenziale, o per l’editoria, che
programma la pubblicazione di un giornale o di un libro secondo uno schema principio-fine.
Oggi il «mezzo computer» non definisce limiti spaziali e temporali. La virtualità è pressoché a-spaziale. Non
è ancora disponibile una strutturazione di mezzi virtuali dedicati al progetto che riesca a rapportarsi dina72
sign, architecture, publishing, or relating to the world
of distance learning.
In-depth knowledge of traditional forms of communication, and of the techniques of representation that have
so far been used to convey any type of project, is the essential starting point for optimising the virtual rendering of disciplines that for centuries have been the realm
of the word, signs, charts and writing.
The main difficulty we face today is that of finding a
language that can be adapted to the new virtual medium. The mistake is very often made of considering the virtual world as no more than a transformation and borrowing from reality, but this new ephemeral world needs to be re-examined from scratch. It cannot simply be considered as just an extension of aspects
of the world of communication that we have always
known.
Writing, drawing and communication have been developed and refined over the years through interaction
between people, supports, and techniques: the means
and supports that are peculiar to actual reality (pencils,
paper, newspapers, books, words) cannot simply be
lifted out of one world and dropped into another.
The representation of a project is the result of knowledge sifted through experience. It is a conscious action
brought about by the need to describe the designed object in accordance with the sequence in which the concept was developed. The same is true of lessons, which
are given by a teacher who follows a particular line of
reasoning, or of a publishing house, which plans the
publication of a newspaper or a book according to a
beginning-to-end plan.
Today the “computer medium” does not define spatial or temporal limits. Virtuality is practically a-spatial. There has so far been no structuring of design-oriented virtual media that manages to relate dynamically and emotionally with the user in the way that tradi-
micamente ed emotivamente con l’utente come lo sono
i mezzi di rappresentazione e di lavoro tradizionali.
Il più delle volte si è abbagliati dalle possibilità offerte.
Molti progettisti si lasciano infatti affascinare dalla resa
grafica finale dei loro lavori trascurando il processo analitico progettuale; i docenti pensano di poter demandare
a un filmato il momento più importante del loro operato, cioè il rapporto e la comunicazione diretta con gli studenti; l’editoria non fa che riversare su una schermata infinita tutto quello che può fare notizia e informazione.
Sembra necessario allora riprogettare, sulla scorta del
consolidato legame mezzo-utente esistente nella realtà,
una forma di linguaggio, di comunicazione, di simbologie, di grafie che siano certamente propri del mondo
virtuale ma che, al contempo, non confondano le idee
all’utente ma gli siano semmai d’aiuto.
La possibilità che abbiamo, come progettisti, è quella
di poter immaginare, a livello visivo e di linguaggio,
nuovi modi di rappresentazione e di interazione che
siano peculiari di un mondo alternativo alla realtà oggettuale, non la loro copia carbone virtuale. La sfida
stimolante che ci troviamo ad affrontare è quella di inventare i corrispettivi della matita e della carta per un
mondo che non ne fa più uso.
CONSIDERAZIONI
SU ALCUNI AMBITI SPECIFICI
tional means of representation and work are able to do.
More often than not one is dazzled by the range of possibilities offered.
Many designers let themselves be so captivated by the
final graphic rendering of their works that they neglect
the analytical process of design. Teachers believe they
can rely on video for the most important moment of
their work, which is that of relating and communicating directly with their students. And publishing companies do no more than pour anything that might be
newsworthy and informative onto an infinite screen.
So, taking up the consolidated link between the medium and the user, it seems necessary to redesign forms of
language, communication, symbols, and artwork that
are certainly those of the virtual world but that, at the
same time, are useful for the user rather than just creating confusion.
At the level of vision and language, as designers we are
able to imagine new forms of representation and interaction that are peculiar to a world which is alternative
to that of object-based reality. It does not need to be a
virtual carbon copy. The exciting challenge we find
ourselves facing is that of inventing the counterparts of
pencil and paper for a world that does not use them any
more.
CONSIDERATIONS
ABOUT SOME SPECIFIC SECTORS
1. IL PROGETTO
Il percorso progettuale è un percorso mentale complesso, per certi versi labirintico, con orizzonti da indagare molto aperti e vasti, costituito da continui approfondimenti e frequenti feed-back che man mano consentono al pensiero di trasformarsi in prodotto reale. In
questo modo la sintesi, che è la scelta individuata, diventa molto voluta, meditata e inequivocabilmente
1. DESIGN
The design process is a complex mental journey, which
in some ways may be like going through a maze, with
vast open horizons created by constant investigations
and feedback which, step by step, enable a thought to
turn into an actual product. In this way, synthesis which is the form chosen by designers - becomes more
73
«quella» per «quel» determinato percorso di analisi.
La possibilità di poter ripercorrere con lo sguardo, e di
conseguenza con la mente, le evoluzioni del cammino
compiuto è un ulteriore elemento di controllo delle sintesi fatte e aiuta a definire con più chiarezza le scelte.
Senza strumenti informatici, il progettista poteva avere la visione complessiva del suo operato distribuendo
su un tavolo tutto il percorso progettuale compiuto.
Con lo strumento informatico, il tavolo di lavoro si è
trasformato in monitor dalle dimensioni ridotte con cui
si può inquadrare nel minimo dettaglio, zoomando,
ogni particolare. Così facendo, però, si perde il controllo della complessità e delle relazioni tra le varie parti del sistema creato, perché la vista (e la mente) si concentra solo sul particolare perdendo la visione d’insieme. È come se, durante un cammino, si smarrisse la
strada: la zoomata è pressoché irreversibile.
La virtualità digitale nel futuro del progetto
L’essere passati dalla «matita» allo strumento informatico ha
certo aperto infinite possibilità di connessione con altri strumenti (foto, rendering, automazione di passaggi, ecc.), consentendo velocità di azione e di controllo e una facilitazione
di tutte le operazioni. Dal momento che si opera su schermi
dalle dimensioni limitate, tuttavia, si è persa la possibilità di
poter abbracciare tutto il percorso quasi con un colpo d’occhio e si è caduti inevitabilmente nella ricerca del particolare che è completamente isolato ed evidenziato dallo schermo. Per di più le facilitazioni offerte dallo strumento condizionano fortemente il progettista: si perde la visione d’insieme, essenziale al percorso progettuale, il processo mentale diventa superficiale nelle scelte, che dipendono quasi esclusivamente dai particolari, spesso presi dalla biblioteca di riferimento del software. La presenza di strumenti che facilitano e velocizzano la resa tridimensionale e la renderizzazione spostano l’attenzione dal processo di approfondimento
delle scelte progettuali alla semplice e banale resa grafica e
fotografica, che spesso è talmente perfetta da risultare percettivamente finta in quanto avulsa dal contesto, e così detta-
74
desired, meditated and unmistakably what it really is
for the particular process of analysis being carried out.
The ability to use the eyes, and thus the mind as well,
to follow the developments of the process is a further element used to control the syntheses that have been obtained, and it helps make clearer decisions.
Without computer tools, the designer was able to obtain an overall vision of his work by laying out on the
table the entire design process as completed up to that
point. But with computers, the worktable becomes a
small monitor which can be used to zoom in and focus on every slightest detail. By doing so, however, one
loses control of the complexity and of the relationships
between the various parts of the system that has been
created, because the eyes (and the mind) concentrate
only on that particular detail, losing sight of the whole.
It is as though one were losing one’s way during a
walk: zooming is well-nigh irreversible.
Digital virtuality in the future of design
The shift from pencils to computers has certainly opened up
infinite possibilities for connecting to other instruments
(photos, renderings, automation of the transfer from one tool
to another, etc.), speeding up actions and checks, and simplifying every operation. And yet, the fact that we work on
a small monitor means we lose sight of the entire process and
we have inevitably ended up by studying details that are
completely isolated as we see them on the screen. What is
more, the designer is heavily influenced by the ease of use offered by the computer: one loses the general view, which is
essential for the design process, and the mental process becomes more superficial in its decisions, as it often depends
almost entirely on details that are taken from the reference library of the software program. The use of instruments to facilitate and speed up three-dimensional imaging and rendering shifts the attention from the process of examining design
choices simply to graphic and photographic rendering. This
is often so perfect that it appears to be perceptively artificial
since it is separated from its context, and so detailed that it
gliata da essere troppo distante dalle fotografie della realtà.
L’attenzione allo strumento diventa predominante e si sposta quindi, con troppa facilità, sulle suggestive peculiarità di
ottenimento di risultati molto autoriferiti. Si perde la capacità di visione mentale aperta, il percorso di ricerca si accorcia banalizzandosi in una pur suggestiva immagine virtuale: si passa dalla profondità di scelte alla banalità superficiale di forme. Il progetto è un percorso mentale complesso e il
problema che si innesta quando si introducono strumenti
digitali per produrre contenuti è legato all’apparente limite
della tecnologia informatica, limite questo, che si confronta
con una forte complessità del processo mentale. Ciò è vero
in un senso e falso in un altro. Le tecnologie informatiche
sono banali nei confronti dei processi mentali che mettiamo
in campo in fase progettuale, mentre sono molto complesse
nella generazione di soluzioni coerenti rispetto al progetto.
Nel caso dei contenuti digitali il problema è endemico: il
processo di progetto nasce, ormai tradizionalmente, con
l’uso continuo degli strumenti informatici, poiché la consuetudine che emerge dai vantaggi specifici ci porta a questo tipo di scelta. Il problema è una conseguenza di come sono concepiti gli stessi computer: la quantità, e non la qualità, è il perno su cui ruota il meccanismo informatico. Nel
nostro percorso mentale di progetto, invece, una delle caratteristiche fondamentali è soprattutto la qualità, oltre ovviamente la quantità. Lo strumento informatico è perfetto nel
momento in cui si decide, ad esempio, di rilevare una scultura per punti; il computer, tuttavia, non sa che ciò che ha
rilevato è una scultura, poiché non possiede gli strumenti critici per farlo. Il primo problema è che in termini di qualità
il limite delle tecnologie è fortissimo. Il secondo problema è
relativo alle interfacce. Nel momento in cui prendiamo una
matita in mano per definire un concetto e comunicarlo, in
un qualche modo lo facciamo quasi del tutto liberamente,
poiché lo strumento è «a misura d’uomo», come un gesso o
un segno sulla sabbia. Purtroppo, lo strumento informatico
è ancora oggi fortemente vincolato da tecnologie che non sono ancora in grado di fornire soluzioni specifiche. Vuol dire che, almeno in una prima fase, non possiamo ancora permetterci di usare lo strumento informatico come se fosse uno
«strumento trasparente» che concretizzi e chiarisca totalmente il nostro intero percorso mentale. Che fare quindi?
becomes far removed from photographs of reality. Focus on
the instrument gets the upper hand and is thus all too easily
shifted towards the fascination of obtaining very self-referential results. We lose the ability to maintain our openminded vision, and the research process is shortened and
trivialised in virtual images that may indeed be highly attractive: there is a shift from carefully pondered decisions to the
superficial triviality of forms. Design is a complex mental
process and the problem that arises when digital instruments
are introduced to produce content comes from the apparent
shortcomings of computer technology. These shortcomings
come up against mental processes that are highly complex.
In other words, it is true in one sense and false in another.
Computer technologies are trifling in comparison with the
mental processes that we bring to bear during the design
stage, and yet they are highly complex and capable of generating solutions that are consistent with the project. The
problem is endemic in the case of digital content: the design
process now traditionally starts out with continuous use of
information technology instruments, because the habit of
benefiting from their particular advantages leads us to adopt
them always. The problem is a consequence of how computers themselves are conceived: quantity, rather than quality, is the key aspect of the computer tool. On the contrary,
one of the fundamental characteristics of the mental processes we use in design is precisely that of quality, as well as
quantity. Information technology instruments are perfect
when we decide, for example, to survey a sculpture in terms
of points, but the computer does not know that what it has
surveyed is a sculpture, for it does not have the critical means
to do so. The first problem is that the limitations of technology are enormous when it comes to quality. The second
problem concerns the interfaces. When we pick up a pencil in order to define a concept and convey it, we do so almost totally freely, because the instrument is “to the measure
of man”, like a piece of chalk or a sign made in the sand.
Unfortunately, computer-based tools are still very closely
tied to technologies that are still not able to provide specific
solutions. This means that, at least to begin with, we can still
not allow ourselves to use computers as though they were in
a sense transparent, giving concrete form and fully clarifying our entire mental processes. So what can we do? For the
75
Dobbiamo per ora attendere che la tecnologia si evolva a tal
punto da permetterci di usare liberamente suoni, voce, gesti
e quant’altro sia adatto all’utente-uomo, poiché lo stato attuale non ci consente ancora una libertà pari a quella dataci dagli strumenti tradizionali. Questo non accade neppure
nei casi in cui l’evoluzione tecnologica sia già molto avanzata, come nel caso della pittura digitale, dove le tavolette
grafiche possono certamente essere supporti validi per la resa ottimale della qualità del tratto, per la corretta percezione
visiva della pennellata, ma non sicuramente sostituire tutte
quelle sensazioni percettive come l’odore dei colori e dei solventi o il rapporto tra la tela e la luce, che sono tipiche della
realtà materiale. Nel progetto architettonico o di design, il
cui processo di definizione è lungo e complesso, tutto il percorso progettuale richiede livelli tecnologici diversi a seconda delle diverse finalità. Sfortunatamente, proprio queste differenti necessità di rappresentazione evidenziano il limite
stesso dello strumento informatico, ovvero l’impossibilità di
utilizzare strumenti intuitivi costanti per tutto il percorso di
progetto: laddove per «buttare giù l’idea» si può infatti usare uno strumento semplice, per definire gli esecutivi si rende
necessario l’uso di strumenti specifici che male dialogano
con i precedenti; il risultato è che vengono a crearsi in questo modo delle «isole» di lavoro che frammentano ulteriormente il percorso progettuale, complicandolo con problemi
tecnici di traduzione di formati di file, tipologie di spazio di
lavoro diversissime e diversificate possibilità di approfondimento progettuale nel rapporto di scala. Il salto da un’isola
all’altra provoca quindi grandi difficoltà nell’organizzazione del progetto complessivo, in quanto esso richiede, a sua
volta, la definizione di un progetto nel progetto.
Esiste però una soluzione temporanea al problema, che consiste nel separare il progetto dall’immagine digitale, dallo
strumento che si utilizzerà per produrla nella fase finale, arricchendo il rendering con qualcosa di pregresso derivato
dall’arte e dalla fotografia. Sono questi ultimi due ambiti di
lavoro che ci consentono, infatti, di capire quale sia la nostra percezione attraverso un piano di proiezione; punto di
vista della camera, colore, spazio, proporzioni, sono condizioni che prescindono dallo strumento informatico e che si
stabiliscono a priori. Come si diceva, è questa una soluzione temporanea, che ci permette oggi di lavorare in assenza
76
moment, we must wait until technology advances to the
point where we can use sound, voice, and gestures quite
freely, together with anything else that is suitable for the person-user. Today’s IT tools simply do not give us the freedom offered by traditional media. And this is true even
when technological evolution is already very advanced, as
in the case of digital painting. Here, graphic tablets can certainly be of great use for obtaining ideal quality of line and
correct visual perception of the brushstroke, but they certainly cannot replace all those perceptive sensations such as the
smell of colours and solvents or the reaction of the canvas to
light, which are typical of the material world. In architectural or design work, in which the process of final definition
is long and complex, the entire process requires different levels of technology depending on the aims it intends to achieve.
Unfortunately, it is precisely these different needs of representation that reveal the limit of computer instruments,
which is that they are unable to use the same intuitive tools
throughout the design process: while we might use some
simple tool if we just want to jot down an idea, for the executive versions we will need to use special instruments that
interact poorly with the first ones. The result is that this leads
to the creation of independent “islands” of work which
break up the design process into even more fragments,
adding the complexity of technical problems involving
changing file formats, very different types of work space and
a whole range of possibilities for closer examination as the
scale changes. Moving from one island to another thus causes great difficulties in organising the project as a whole, for
this requires the creation of a project within a project.
There is however a temporary solution to the problem,
which consists in separating the design from the digital image and from the instrument that is going to be used to produce it in the final stages, enhancing the rendering with
something created previously from art and photography.
And it is indeed art and photography that enable us to understand what our perception is through a projection plane,
for the viewpoint of the camera, colour, space, and proportions are all conditions that exist without computers and that
are established prior to any use of IT tools. As we have seen,
this is a temporary solution, and it is one that lets us work
without the tools that one day may be at the disposal of every-
di strumenti che in un futuro potranno essere a disposizione
di tutti; strumenti che consentiranno la manipolazione libera di contenuti differenti quali testi in diverso formato, immagini, suoni e video che per ora si possono far dialogare tra
loro solo con grande fatica. Pensiamo, ad esempio, all’ormai consolidato uso del Pdf: questo strumento, aperto e facile da usare, richiede tuttavia una tecnologia specifica per
l’elaborazione a posteriori dei dati. In assenza di tale tecnologia, non è possibile fare molto oltre la lettura, la stampa e
l’estrazione di testi. L’integrazione con altri contenuti in modo libero è quindi uno degli obiettivi principali, purtroppo
ancora lontano dall’essere disponibile. Solo quando avremo
una totale libertà operativa di creazione, rielaborazione e
scambio dei dati, potremo dire che la tecnologia non sarà più
percepita come un limite ma sarà totalmente trasparente. Le
diversità future in termini percettivi rispetto alla materia saranno necessariamente differenti, così come oggi è diversa,
ad esempio, la percezione del viaggio rispetto a un secolo fa:
un tempo, per andare da Torino a Londra, si doveva affrontare un’esperienza molto diversa rispetto a quella attuale, in
termini di tempo, di costi, di difficoltà pratiche. Tutta l’esperienza che si faceva in quella forma di viaggio oggi si è persa, perché sostituita da una realtà completamente diversa. Lo
stesso si può dire per quanto riguarda l’esperienza che si faceva nei giardini zoologici: dal punto di vista educativo, lo
zoo era uno strumento di una potenza incredibile e parte fondamentale nella didattica dei bambini nel percorso di apprendimento della vita animale. Il fallimento dello zoo come luogo di astrazione del mondo faunistico ha provocato
un distacco dei bambini rispetto a tutte quelle forme di vita
che oggi si possono conoscere direttamente solo effettuando
viaggi in luoghi lontani; il risultato è che oggi si conosce e
si percepisce la vita animale in modo completamente diverso rispetto al passato, poiché sono nate nuove condizioni e
vincoli nei processi di apprendimento. Rifacendoci a questi esempi e applicando i concetti all’ambito progettuale, la
perdita del contatto con la realtà tradizionale non dovrà
quindi passare attraverso una sua banale traduzione informatizzata (la quale non potrebbe essere null’altro che una
finzione), ma attraverso una sua trasformazione in una nuova modalità che si riferisca a concetti fondamentali cui siamo abituati, ma che al contempo sia del tutto nuova nei mo-
one. These tools, when they come, will make it possible to
freely manipulate different content such as various formats
of text, images, audio and video which today can be made
to interact only with considerable difficulty. We might, for
example, consider the now well-established use of PDF: this
tool, which is open and easy to use, nevertheless requires special technology for subsequent processing of the data.
Without this technology, there is little one can do with it
other than read and print it, and extract text. Integration
with other content is thus one of the main objectives, but still
far from being available. Only when we achieve total freedom in the creation, reprocessing, and exchange of data, will
we be able to say that technology is no longer a limitation
but has become totally transparent. Future differences in
terms of perception with regard to the material world will
necessarily be different, just as our perception of travel, for
example, is very different from what it was a century ago. In
terms of time, cost and practical difficulties, travelling from
Turin to London in those days was an experience that was
very different from what it is now. The entire experience that
this sort of journey entailed has been lost, and replaced by a
completely different reality. The same can be said about the
experience people used to have at the zoo: from an educational point of view, the zoo was an incredibly powerful tool
and a fundamental element in teaching children about animal life. The demise of zoos as places where the world of fauna was put into the abstract has meant that children are separated from all those forms of life that can now be discovered
personally only by travelling to distant places. The result is
that we now understand and perceive animal life in a way
that is completely different from what it was in the past, as a
result of new conditions and constraints being introduced
into the learning process. Referring back to these examples
and applying the concepts of the design world, the loss of
contact with traditional reality should not therefore take
place simply through a mundane computer translation
(which would be no more than fiction), but through its
transformation into a new form that refers to the fundamental concepts we are used to, even though it would involve a
completely new way of using it. This means that the solution will not be a faithful simulation and reproduction of
traditional techniques, but rather the creation of a new sys-
77
di d’uso. La soluzione non sarà quindi la simulazione e riproduzione fedele delle tecniche tradizionali, ma la definizione di un nuovo modo, ancora tutto da scoprire, di lavorare con le nostre possibilità fisiche (ossia mentali e anatomiche), attraverso l’uso di nuovi strumenti che non necessitino più di lunghe fasi di apprendimento ed esercizio per essere utilizzati correttamente e in modo fattivamente operativo. Senza queste libertà, si genereranno solo ulteriori vincoli che condurranno l’utente alla deriva rispetto al percorso
progettuale che seguirebbe se fosse invece lasciato libero di
lavorare senza costrizioni. Se prendiamo una matita e la diamo in mano a un bambino, dopo pochi istanti questo sarà
in grado di utilizzarla nel modo corretto. Questo è quello
che dovrà avvenire nella definizione dei nuovi strumenti informatici per la progettazione: essi dovranno essere semplici, intuitivi, diretti e concepiti «a misura d’uomo».
FABRIZIO VALPREDA
2. I QUOTIDIANI
La forte suggestione nello sfogliare un giornale non è data solo dalle notizie che si possono trovare e alle quali reagiamo emotivamente, ma da un complesso di percezioni che passano attraverso i nostri sensi: dal piacere di toccare la materia e di sentire l’odore dell’inchiostro, all’udire crepitare la carta quando si volta una pagina, al compiere movimenti per sfogliare che indicano il passaggio
da un argomento o sezione a un’altra/o, al vedere con rapidità le informazioni quasi a volo di uccello, al percorrere in maniera del tutto personale le notizie offerte.
È come se il lettore fosse un esploratore di una realtà tridimensionale fissata, con carta e inchiostro, su un supporto a due dimensioni.
Poter utilizzare una nuova tecnologia che porti su un
foglio di plastica la visualizzazione del contenuto del
quotidiano è sicuramente molto interessante, anche dal
punto vista ambientale, vista l’assurdità con cui è organizzato il sistema produttivo di un giornale, ma non
deve banalizzare quanto descritto prima trasferendo
semplicemente gli articoli su un nuovo supporto.
78
tem which has yet to be discovered. It will enable us to work
with our physical capacities (or rather, mental and anatomic) by using new instruments that no longer require a long
time to learn and practice in order to be used correctly and
productively. Without this sort of freedom, we will only find
further constraints that will lead the user to stray from the design process that he or she should be following, instead of
being free to work without restraints. If we take a pencil and
give it to a child, he or she will be able to use it correctly after just a few moments. This is what needs to take place
when creating new computer tools for design: they will need
to be simple, intuitive, direct and made “to the measure of
man”.
FABRIZIO VALPREDA
2. DAILY NEWSPAPERS
The great appeal of browsing through a newspaper is
not due solely to the information we find and react to
emotionally, but to a whole series of perceptions that
we receive through our senses. These range from the
pleasure of touching it and smelling the ink to hearing
the rustling of paper when we turn a page, and the
movements we need to make in order to do this as we
move from one topic or section to another. And there
is the pleasure of seeing the information as though we
had a bird’s eye view, scanning the news in our own
highly personal way. It is as though the reader were exploring a three-dimensional world that is fastened onto a two-dimensional support with paper and ink.
Being able to use a new technology that transfers the
content of the newspaper in visual form to a sheet of
plastic is certainly very interesting, also from an environmental point of view if we consider the absurdity of
how the creation of a newspaper is organised. At the
same time, however, it must not trivialise the aspects
described simply by transferring the articles to a new
support.
Il percorso di un quotidiano, dalla materia prima
al recupero
Il settore dell’editoria giornalistica è, a detta di molti analisti, un settore in grave crisi: si vendono meno copie in edicola, si vende meno pubblicità tabellare, si spendono molti
più soldi per la distribuzione delle copie e il ritiro dei «resi»,
s’investono sempre più risorse per la logistica del sistema
stampa.
Per il massmediologo Robert Cauthorn, infatti, la realizzazione di un giornale è legata sempre di più a questioni estranee al giornalismo inteso come disciplina, e piuttosto vicine
al mondo della logistica e dei trasporti(R. CAUTHORN, Vers
la fin du quotidien papier?, in «Le Monde», 11 febbraio 2007).
Il sistema stampa, infatti, consuma troppe risorse, siano esse esauribili o rinnovabili: dall’albero alle cartiere, poi alle
stamperie, ai distributori, alle edicole, poi ancora ai clienti
(che al termine della lettura getteranno la copia nel cestino)
oppure, per le copie non vendute, dall’edicola ai magazzini, all’editore e, infine, al macero. Sulla base di questo ragionamento si potrebbe affermare che la scomparsa del giornale di carta, dal «New York Times» alla «Repubblica»,
pare oramai un processo ineludibile perché non più sostenibile dall’ambiente.
Partendo da un punto di vista diametralmente opposto, cioè
non connesso con le tematiche ambientali, anche l’editore
del «New York Times» Arthur Sulzberger jr. arriva alle
stesse conclusioni: il giornale di carta ha gli anni contati e
sarà sostituito a breve da un altro «medium».
In realtà l’editore del più conosciuto quotidiano americano,
come descritto da Vittorio Sabadin in un saggio pubblicato per i tipi Donzelli, indica anche una data precisa oltre la
quale il suo giornale non sarà più in edicola: il 2013 (V.
SABADIN, L’ultima copia del «New York Times». Il futuro dei
giornali di carta, Donzelli, Roma 2007).
A parte l’anno che ha un’importanza relativa, utile soltanto a far comprendere l’imminente (per chi condivide questa
posizione) azione che dovrà essere intrapresa dagli editori e
dai direttori dei quotidiani, ciò che colpisce è la necessità di
mettere mano, cioè di riprogettare, un sistema obsoleto che
da metà del XIX secolo produce giornali utilizzando sempre
due soli elementi: inchiostro e carta.
Sulzberger ritiene infatti necessario, visto il calo dei lettori
The production cycle of a newspaper from raw materials
to reclamation
The newspaper publishing business is, in the view of many
analysts, going through a period of serious crisis: fewer copies
are sold by newsagents, less advertising space is sold, more
money is spent on distribution and the collection of returns,
and increasing sums of money are spent on logistics for the
printing process.
In the view of the mass-media analyst Robert Cauthorn, the
creation of a newspaper is increasingly linked to issues that
are not part of journalism as a discipline, but closer to the
world of logistics and transport (R. CAUTHORN, “Vers la
fin du quotidien papier?”, in Le Monde, 11 February 2007).
And it is true that the printing system consumes too many
resources, be they exhaustible or renewable: from tree to paper mill, and then to the printing houses, distributors,
newsagents, and on to the customers (who when they have
finished reading, will throw the paper into the waste bin)
or, in the case of unsold copies, from the newsagent back to
the warehouses, to the publisher, and lastly to the pulp mill.
Looked at from this point of view, it could fair to say that
the disappearance of printed newspapers, from the New York
Times to La Repubblica, is inevitable, since it is no longer environmentally sustainable.
Starting out from exactly the opposite point of view - in other words, from an opinion that is not based on environmental issues - also the manager of the New York Times, Arthur
Sulzburger Jr., comes to the same conclusions: the days of
printed newspapers are numbered and they will soon be replaced by another medium. In actual fact, the manager of
America’s best-known daily, as it has been described by
Vittorio Sabadin in an essay published by Donzelli, indicates a precise date beyond which his newspaper will no
longer be available from newsagents: 2013 (V. SABADIN,
L’ultima copia del New York Times. Il futuro dei giornali di carta,
Donzelli, Rome 2007).
The actual year is of relative importance for it only helps
those who agree with this assessment to understand that urgent action needs to be taken by newspaper publishers and
editors. What makes it so striking is that it points to the need
to take action on (in other words, rethink) an obsolete system that has been producing newspapers with just two ma-
79
dell’edizione di carta e l’aumento esponenziale dei contatti
al sito web del giornale (fenomeno che si verifica puntualmente anche negli investimenti pubblicitari), avviare, come
ha prontamente già fatto, un percorso parallelo di trasferimento sul web.
PIER PAOLO PERUCCIO
Un giornale reale, di carta, ha un inizio e una fine: si
ha la percezione di una realtà narrata in cui si può entrare e uscire svoltando pagina o chiudendo il quotidiano.
Nei giornali elettronici, invece, ci si sente smarriti perché la lettura di una semplice notizia fa precipitare il
lettore in una girandola infinita di suoni, filmati, scritti, immagini che, francamente, sconcerta.
Si è voluto trasportare la pagina stampata sul video senza tenere conto che la difficoltà di lettura è enorme: per
poter scegliere ciò che interessa, è necessario scorrere su
e giù le lunghissime schermate e spulciare con attenzione la notizia di interesse, andandola a cercare in mezzo a un bombardamento di stimoli spesso indifferenziati graficamente.
Questo processo di ricerca continua induce il lettore
virtuale ad annoiarsi con rapidità.
È senza dubbio stimolante avere a disposizione numerosi supporti di comunicazione da poter utilizzare, ma
il risultato è una babele mediatica. Manca il progetto
complessivo a monte del supporto e della sua struttura. L’attuale scelta predilige l’oggetto virtuale e non
l’utente.
La necessità principale che emerge per poter uscire dalle attuali difficoltà nel campo dell’editoria virtuale è che
sicuramente bisognerà ristudiare gli approcci percettivi complessivi e inserirli, progettualmente, in un nuovo rito di lettura.
80
terials ever since the mid-nineteenth century: ink and paper.
Considering the fall in numbers of those who read the printed edition and the increase in the number of visits to the
newspaper’s web site (a phenomenon that is soon verified in
terms of advertising revenue), Sulzberger believes that a parallel shift to the Web needs to take place, and indeed he has
promptly done this.
PIER PAOLO PERUCCIO
A real, printed newspaper has a beginning and an end:
one has the perception of a narrated reality that one can
enter or leave just by turning a page or folding up the
paper. With electronic newspapers, on the other hand,
we feel lost because just reading one simple item precipitates us into a world of sounds, films, scripts, and
images that is quite frankly disconcerting.
The idea has simply been to transform the printed page
into video, without bearing in mind that this makes it
extremely hard to read: we need to scroll up and down
interminable displays in order just to choose what we
are interested in, sifting through the various options and
finding it in the midst of a plethora of very often indistinguishable graphic effects.
This process of endless searching means that the virtual reader very quickly gets bored. It is certainly exciting to have so many forms of communication at our
disposal, but the result is media mayhem. What is lacking is an overall plan behind the support and the way
it is organised. The way things are at the moment
favours the virtual object, not the user.
In order to solve the current difficulties in virtual publishing, the most important thing appears to be the need
to take a fresh look at our overall perceptive approaches and draw up a plan to include them in a new ritual
of reading.
3. LA DIDATTICA A DISTANZA
Quando si partecipa a una lezione o a una conferenza
sia in qualità di uditori che di protagonisti si è coinvolti in un forte processo interattivo; sia da una parte che
dall’altra si è coinvolti in un rapporto emotivo che aiuta a recepire (ascoltatore) o esprimere (relatore) i contenuti in maniera molto differenziata.
Questo vuol dire che la semplice e banale trasposizione di quanto accade in una registrazione video non trasmette il coinvolgimento delle parti in causa.
Una lezione non può essere ridotta esclusivamente a un
invio di file di testo o di video.
Bisogna, come accade esattamente nella costruzione di
un filmato, fare un approfondito progetto di regia in
modo da coinvolgere lo spettatore. E non basta il coinvolgimento emozionale passivo, è assolutamente necessario rendere attiva la partecipazione dell’utente in modo che possa con percorsi e collegamenti personali
giungere a fissare nella propria mente i concetti che gli
vengono offerti.
Agendo, però per tagli cinematografico-televisivi, si
esclude a priori tutto il rapporto percettivo e tutto il
coinvolgimento emozionale che esiste tra relatore e
ascoltatore e quindi il legame che si instaura normalmente tra le due figure nel corso di una lezione reale in
aula. Con il mezzo televisivo non si riesce a ottenere facilmente questo legame emozionale. Il gap può però essere superato se la lezione a distanza viene strutturata
utilizzando i mezzi televisivi e informatici, secondo un
approfondito progetto di comunicazione. La possibilità di creare campi e contro-campi per stimolare l’attenzione in determinati passaggi esiste sicuramente e
deve essere integrata all’interno di questo tipo di lezione, anche per riuscire a mantenere il livello d’attenzione dello studente su piani accettabili.
Attualmente il trasferimento del sapere tramite video è
realizzato in modo banale, senza considerare l’intera-
3. DISTANCE LEARNING
When we take part in a lesson or a conference, either
as part of the audience or as speakers, we are involved
in a powerful interactive process. Whichever side we
are on, we are involved in an emotional relationship
that helps us absorb the content (as listeners) or express
it (as speakers) in very different ways. This means that
simply transferring what we see onto video does not
convey the sense of involvement felt by those taking
part. A lesson cannot be reduced to simply sending a
text file or a video.
Exactly as we find in the creation of a film, it is necessary to draw up a careful production plan in order to
get the spectator involved. Passive emotional involvement is not enough, however, for it is absolutely essential to make the users’ participation active so that, by
making their own links in their own ways, they can retain the concepts that are offered to them.
However, if cinema- or television-style clips are used,
the entire perceptive relationship and emotional involvement that takes place between the speaker and the
listener is lost, together with the links that are normally formed between the two categories of people during
a real classroom lesson. It is by no means easy to obtain
this emotional link using television. The gap can however be overcome if the distance lesson is organised using both television and computer media in a carefully
designed communication project. Shots and counter
shots can of course be introduced to capture the user’s
attention in various sections and indeed must be included in this type of lesson, partly with a view to maintaining adequate levels of attention.
The transfer of knowledge using video is currently carried out in a very uninspired manner, without taking
into consideration the interaction between two individuals who are separated by video as well as by space
and time. If the teacher’s main objective is to transfer
81
zione tra due soggetti separati da un video, divisi dal
tempo e dallo spazio. Se l’obiettivo principale del docente è quello di trasferire una conoscenza a chi vuole
apprenderla, questo non avviene semplicemente riversando su un file o su un nastro ciò che accade nella realtà. Affinché l’esperienza della lezione vera sia altrettanto valida in quella virtuale, è necessario prendere in
considerazione la questione che riguarda l’emotività del
rapporto interpersonale.
Certo non è possibile, per ogni lezione, approfondire
inquadrature, tagli di luce ed esposizione verbale del
docente secondo indicazioni registiche dettagliate.
Solo partendo dalla strutturazione delle parti componenti una lezione concepita secondo uno schema logico progettato a monte sarà possibile far evolvere il progetto della didattica a distanza.
È come ragionare secondo un «design per componenti»: la lezione deve avere la possibilità di essere scomposta nelle sue parti costituenti per poter essere compresa nella sua essenzialità schematica.
Una lezione è sempre formata:
1) da una scaletta essenziale;
2) da parole-chiave che esprimono concetti;
3) da un materiale iconografico che commenta ed
esemplifica gli argomenti trattati.
Lo studente deve poter avere diverse possibilità d’accesso partendo dalla semplice registrazione della lezione, arrivando però a poter scorporare le singole parti,
di cui sopra, in modo da poterle metabolizzare e assimilare mentalmente come meglio crede: è lui stesso che
costruisce e realizza il proprio percorso mentale, che recepisce e accoglie nel proprio sapere il nuovo apporto
culturale.
Avere a disposizione parole-chiave, immagini, video,
supporti grafici, link guidati comuni a tutti gli udito82
knowledge to someone who wants to learn, this will
not take place simply by transferring what happened
in reality to a file or tape. If the experience of the virtual lesson is to be as effective as that of the real one, we
need to consider those issues that involve the emotional aspects of an interpersonal relationship.
It is of course not possible in every case to apply the
most detailed film direction techniques to the framing,
to the use of light and to the verbal transmission of what
the teacher is saying. But it is only by starting out from
the individual components of a lesson organised
around a previously designed logical format that it will
be possible to introduce advances to the distance-learning project.
This requires reasoning on the basis of “design by components”: it must be possible to break down the lesson
into its constituent parts in order for it to be understood
as a schematic whole.
A lesson always consists of:
1) a basic list of matters to be discussed;
2) keywords that express concepts;
3) images that comment on and illustrate the matters
explained.
Students need to have various access options, starting
out from a simple recording of the lesson, but then being able to break up the individual parts, as mentioned
above, so as to metabolise and digest them mentally as
they think best: it is they who build up and create their
own mental process, adopting and accepting this new
cultural contribution into their own wealth of knowledge.
Having access to key words, images, video, graphic
supports, and guided links that are shared by all those
in the audience, but which can be mixed and reassembled according to individual needs, is pretty well like
ri, ma mescolabili e ricostruibili secondo le proprie necessità è, in fin dei conti, quasi come assistere a una lezione in aula: lo studente ascolta ciò che gli viene detto, prende gli appunti salienti e, di conseguenza, si ricostruisce il proprio percorso didattico secondo una
chiave di lettura personalizzata a partire dai «componenti didattici» comuni messi a disposizione di tutti.
Verso l’e-learning 2
A metà degli anni novanta, la società occidentale si stava
trasformando da information society (società dell’informazione) a knowledge society (società della conoscenza), dove la conoscenza diventava un valore economico non più solo negli
ambiti scolastici o universitari, ma anche nel mondo del lavoro e in quelli delle istituzioni pubbliche.
In questo contesto aumentava vistosamente la domanda (tutt’oggi ancora in crescita) di sapere nuovo e di riorganizzazione della conoscenza già maturata, ponendo nuovi problemi
di spazi, tempi, qualità, risorse umane ed economiche.
La didattica a distanza e in particolare l’e-learning divennero una risposta alla soddisfazione di queste esigenze e il mercato stimava fiorenti proiezioni.
Dopo dieci anni si stanno delineando le prime delusioni:
«l’enfasi con cui molti avevano presentato le potenzialità di
Internet per la formazione a distanza si è di fatto concretizzata nella scelta della piattaforma e nel riduttivo acquisto di coursweare preconfezionati» (G. BONAIUTI, a cura di, E-learning
2.0. Il futuro dell’apprendimento in rete, tra formale informale,
Erikson, Trento 2006, p. 9).
Dal punto di vista metodologico si creavano corsi che proponevano i modelli didattici esistenti, quelli della lezione
frontale in aula, che veniva trasposta e integrata come un
«calco» nelle piattaforme tecnologiche. Si crearono così le
«aule virtuali», che si riducevano a semplice contenitori dove venivano depositati i materiali didattici senza tenere conto della trasformazione che avrebbero subito dalla nuova
fruizione e dalla nuova tipologia comunicativa, semiologica e formativa.
«È stata prevalente l’idea che l’insegnamento in rete non fosse una cosa troppo diversa dall’insegnamento in aula.
Mentre Internet sviluppava con incredibile dinamismo nuo-
taking part in a classroom lesson. This is because the
students listen to what is said, taking note of the most
important points and, as a result, building up their
own learning approach based on a personal interpretation which starts out from the teaching elements that
are made available to everyone.
Towards e-learning 2
In the mid-1990s, Western society was changing from an
“information society” to a “knowledge society”, in which
knowledge was acquiring economic value no longer just in
schools or universities, but also in the world of work and in
that of the public institutions.
In this context, the demand for new forms of knowledge and
for a reorganisation of the knowledge already acquired increased dramatically. It is still increasing today and it is
bringing with it new problems of space, time, and quality,
as well as of human and economic resources.
Distance learning and e-learning in particular became a response designed to satisfy these needs, and the market announced rosy projections for the future. Ten years later, however, the first disappointments are becoming apparent: “The
emphasis with which many people presented the potential
of the Internet for distance learning has actually taken shape
in the choice of platform and in the restrictive purchase of
pre-packaged courseware” (G BONAIUTI, Ed., E-learning
2.0. Il futuro dell’apprendimento in rete, tra formale informale,
Erikson, Trento 2006, p. 9).
In terms of methodology, courses were based on existing
teaching models - those of face-to-face lessons in the classroom - which were transposed and integrated more or less as
they were into technological platforms. This led to the creation of virtual classrooms, which ended up by being no
more than containers where the teaching material was
dumped, without taking into consideration the transformation it would be subjected to by the new ways in which it
would be used and by new types of communication, semiotics, and education.
“The dominant idea was that online teaching was not all
that different from classroom teaching. While the Internet
was developing new solutions and operating methods with
83
ve soluzioni e modalità operative, nell’e-learning si assisteva
al fenomeno inverso: la creazione di “recinti” tecnologici all’interno dei quali proporre e applicare metodi d’insegnamento del tutto tradizionali. La conseguenza è stata che, accanto alla crescita dei fatturati di molti operatori, si è ben presto assistito alla diminuzione dell’interesse e della soddisfazione degli utilizzatori» (BONAIUTI, E-learning 2.0 cit.).
Tuttavia, recentemente, si stanno delineando le basi per un
cambiamento di scenario, con nuove forme di e-learning che
utilizzano i recenti linguaggi e strumenti di Internet. Si tratta per lo più di ricerche e di nuove teorie che si inseriscono
nello scenario delle nuove riflessioni sul mondo di Internet
e che vanno sotto il nome di Web 2.0. La nuova didattica
a distanza viene così chiamata e-learning 2 (la definizione risale al 2005 ed è da attribuire al canadese S. DOWNES, Elearning 2.0, in «eLearn Magazine», 17 ottobre 2005), e intende utilizzare la dimensione sociale della rete, attraverso gli
strumenti propri del Web 2.0, al fine di produrre conoscenza condivisa. Non più piattaforme tecnologiche e ambienti
virtuali di apprendimento, ma Internet come luogo naturale per lo sviluppo dell’intelligenza collettiva: «un’intelligenza distribuita ovunque, continuamente valorizzata, coordinata in tempo reale, che porta a una mobilitazione effettiva
delle competenze» (P. LÉVY, L’intelligenza collettiva. Per
un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milano 1996).
L’e-learning 2 sta producendo nuove e interessanti riflessioni per la didattica e l’apprendimento in rete, ma è ancora in
fase sperimentale, troppo presto quindi per dedurne un modello applicativo.
ALESSANDRA RASETTI
the most incredible dynamism, e-learning was actually moving in the opposite direction: the creation of technological
enclosures within which entirely traditional teaching methods were proposed and applied. The result was that, together with the growing revenues of many firms, the interest and
level of satisfaction among users started to decline”
(BONAIUTI, E-learning 2.0 cit.).
Even so, the bases for a change of scene are beginning to appear, with new forms of e-learning that make use of the latest languages and instruments now available on the Internet.
For the most part, these are studies and new theories that are
entering a world of new ideas about the Internet which is
known as Web 2.0. This new form of distance education is
thus called e-learning 2 (the definition dates back to 2005 and
was coined by the Canadian S. DOWNES, “E-learning
2.0”, in eLearn Magazine, 17 October 2005). This new form
of teaching is designed to use the social dimension of the
Internet, using Web 2.0 tools in order to produce shared
knowledge. These are no longer technological platforms and
virtual learning environments, but just the Internet as the
natural place for developing collective intelligence: “an intelligence that is distributed everywhere, and constantly enhanced and coordinated in real time, leading to real mobilisation of expertise” (P. LÉVY, L’intelligenza collettiva. Per
un’antropologia del cyberspazio, Feltrinelli, Milan 1996).
“E-learning 2” is leading to new and interesting considerations about didactics and online learning, but it is still at the
experimental stage, so it is still too early to base an applicational model on it.
ALESSANDRA RASETTI
CONCLUSIONI
Dalle riflessioni fatte, quello che emerge è che stiamo
perdendo, con la virtualità, il legame emotivo che ha
sempre contraddistinto il rapporto dell’uomo col progetto, con la didattica e con i giornali.
L’uso della virtualità è essenziale per ottenere dei risultati relazionabili con i mezzi di comunicazione attuali, ma resta pur sempre, nella sua attuazione concreta,
qualcosa che porta con sé un vuoto di emozioni.
È sempre un qualcosa di «altro da noi».
CONCLUSIONS
What emerges from all these considerations is that the
virtual world is making us lose the emotional bond
there has always been between man and design, teaching and newspapers.
The use of the virtual world is essential if we are to obtain results that can relate to present-day means of communication but, as it is applied in practice today, it still
remains something that is lacking in emotion. It is
something that, in a sense, is outside of us.
84
La focalizzazione sull’«uomo» diventa allora essenziale se si vuole rendere la virtualità uno strumento carico
di significati, e non ridurla a un mero fatto di pixel,
software o potenza di elaborazione dei dati.
Per fortuna, sembra che le strategie di produzione attuali tendano a semplificare l’utilizzo delle macchine,
siano esse computer, lavatrici o cellulari, per dare più
valore al rapporto di interazione con l’utente.
Si sta passando da un’epoca in cui l’aggiornamento
tecnologico delle parti interne corrispondeva a una complessificazione funzionale dei comandi esterni, a un periodo in cui, a fronte dell’evoluzione della tecnologia
interna, si ha invece una riduzione e una semplificazione delle interfacce per poter rispondere con immediatezza, semplicità e adattabilità alle esigenze delle singole persone.
L’approccio culturale per la risoluzione del problema
della virtualità in relazione al progetto, alla lezione da
tenere o all’editoria, deve essere «altro» rispetto a quanto sinora è stato fatto.
I principi dell’ergonomia cognitiva saranno alla base
di questa evoluzione, perché solo operando in questi
termini saremo realmente in grado di riappropriarci di
tutti quei processi di suggestione e di interazione che
abbiamo perduto con la banalizzazione virtuale del nostro rapporto con le realtà oggettuali.
Questo saggio raccoglie le riflessioni emerse da una conversazione di Luigi
Bistagnino con Gian Paolo Marino, Pier Paolo Peruccio, Alessandra Rasetti
e Fabrizio Valpreda.
1
The focus on human beings thus becomes essential if
we intend to make the virtual world an instrument of
true meaning, and not reduce it to a mere matter of pixels and software or the data-crunching power of computers.
Fortunately it would seem that current production
strategies are tending to simplify the use of machines be they computers, washing machines or mobile
phones - in order to give value to the interaction of
users.
We are moving from an age when the technological
advances made inside these devices brought with it increasing complexity in the controls on the outside, to
one in which the development of the technology within is, on the contrary, leading to a reduction and simplification of the interfaces, in order to respond and
adapt immediately and simply to the needs of individuals.
The cultural approach to solving the problems of virtuality with regard to design, or to lessons to be taught,
or publishing, must therefore be different from what
has been done up to now. The principles of cognitive
ergonomics will be at the heart of these developments,
because it is only by working in this direction that we
shall really be able to regain possession of all those
processes of interaction and reacquire the fascination
that has been lost through the virtual trivialisation of
our relationship with objective reality.
This essay brings together the reflections that emerged during a conversation
between Luigi Bistagnino and Gian Paolo Marino, Pier Paolo Peruccio, Alessandra Rasetti and Fabrizio Valpreda.
1
85
Esterni urbani
contemporanei
Contemporary Urban
Exteriors
CLAUDIO GERMAK
CLAUDIO GERMAK
1. LO SPAZIO PUBBLICO
1. PUBLIC SPACES
Fino a quando le società e le economie delle società instauravano rapporti semplici con la città anche la forma, l’immagine e il modo di comunicare della città erano semplici.
Il suo spazio pubblico si riproduceva e veniva modellato su esigenze semplici: grandi piazze per le parate
militari, viali per i cortei regali o per un miglior controllo delle masse agitate, giardini per i nobili, giardinetti minori per il loisir della popolazione, ampi spazi
per i mercati, strade adeguate allo sviluppo della mobilità.
Nella cultura occidentale, pertanto, le diverse soluzioni sono il prodotto di un concetto di urbanità che identifica nello spazio pubblico l’insieme di luoghi fruibili da tutti, ma secondo uno schema di regole pensate
dall’autorità pubblica.
Il governo locale organizza lo spazio pubblico secondo regole diverse, epoca per epoca, in ragione dell’architettura, della mobilità, delle relazioni e del commercio.
Come l’architettura spontanea è, ad esempio, la matrice delle trame urbane medioevali, così l’architettura
del principe nel rinascimento costruisce spazi organizzati per celebrare attraverso la composizione visiva il
potere (Rossellino a Pienza, Michelangelo al Campidoglio).
Nel XIX secolo, la nuova trama della Parigi moderna,
dove le strade si allargano diventando spazi di re l a z i one (l’idea è del barone Eugène Hausmann, prefetto del86
For as long as societies and their economies established
simple relationships with cities, the forms, images and
ways that cities used to communicate were not very
complicated.
Their public spaces were reproduced and modelled on
simple requirements: large squares for military parades,
avenues for royal processions or for greater control over
angry crowds, parks for the aristocracy, smaller gardens
for the population’s leisure time, large areas for markets, and streets suited to the development of mobility.
In Western culture, the various solutions were therefore the product of a concept of built-up areas that considered public spaces to be all those places that could
be used by everyone - in accordance with a series of
rules devised by the public authorities.
In each age, local government has organised public
spaces according to different rules, based on architecture, mobility, relationships and trade.
Just as spontaneous architecture, for example,
formed urban layouts in the Middle Ages, so the
prince’s architect in the Renaissance created areas for
celebrating power through visual composition (Rossellino in Pienza, Michelangelo on the Capitol).
In the nineteenth century, the new layout of modern
Paris took shape. The streets were widened and became
areas of relationships (the idea was put forward by
Baron Eugène Hausmann, prefect of the Seine district), using the demolition of the mediaeval areas to
conceal the need for large open spaces that would be
la Senna), cela nelle demolizioni del tessuto medioevale la necessità di ampi spazi, facili da controllare e da adibirsi al passeggio quotidiano, non solo riservato alla nobiltà ma aperto anche alla classe borghese, compiaciuta
delle nuove ed eleganti attrezzature di arredo (sedute, padiglioni, chioschi, fontane, illuminazione, ecc.).
A cavallo del XX secolo, l’immagine futuribile meccanicistica e tecnologica della città che funziona1 si riflette sul suo spazio pubblico che diventa il luogo della mobilità (pubblica e privata) e delle attrezzature per
la comunicazione e di servizio funzionale al cittadino.
In seguito, la necessità di organizzare il connettivo urbano diventa problematica sociale e oggetto di studio
urbanistico. Nei primi anni trenta del Novecento
Tony Garnier e poi Le Corbusier adattano lo spazio
pubblico al modello del costruito delle nuove città, definendolo spazio di mediazione tra il costruito, iconografico e utopistico allo stesso tempo: nella nota ville rad i e u s e, i «pilotis» della città-giardino definiscono uno
spazio semipubblico, transizione della trama naturalistica verso l’intimità degli interni.
Tutto ciò mentre il commercio assume nella città
un’immagine sempre più strutturata, origine o riconversione di interi comparti urbani: dal mercato di
Covent Garden e il quartiere di Portobello a Londra
agli odierni outlets, villaggi artificiali dell’oblio commerciale.
Lo spazio pubblico, pertanto, dà forma alla struttura
spaziale che collega le aree private, favorisce o codifica
le loro relazioni, il commercio, l’espressione della vita
comunitaria e di alcune forme di libertà e di conflitti.
Lo spazio pubblico come oggetto di studio e di riflessione teorica è però un concetto recente. Prende avvio
alla fine degli anni cinquanta in funzione di un duplice problema: la ricostruzione della città dopo le distruzioni belliche e l’esigenza di recupero di un’identità non
riconoscibile nelle città in forte sviluppo demografico.
easy to control and that could be used for leisurely
promenades. They were not just for the nobility, but
were also open to the middle classes, who appreciated
the new and elegant furnishings (seats, pavilions,
kiosks, fountains, lighting, etc.).
At the turn of the twentieth century, the mechanistic
and technological image of a possible future city1 was
reflected in its public spaces, which became areas of
public and private mobility and for means of communication and services for the populace.
Later on, the need to organise urban connectivity became a social problem and the subject of town-planning studies. In the 1930s, Tony Garnier and then Le
Corbusier adapted public spaces to the way that new
cities were built, defining an area of intermediation between buildings, which was both iconographic and
utopian: in the famous ville radieuse, the raised-pier system of the garden city forms a semi-public transitional
space between the natural fabric and the intimacy of
the interiors.
All this took place while trade was acquiring an increasingly structured form in the city, giving rise to or
converting entire urban sectors: from the market at
Covent Garden and the Portobello district in London
to present-day sales outlets in nondescript artificial
shopping villages.
Public spaces thus shaped the spatial structure that
connects private areas, encouraging or encoding their
relationships, as trade became an expression of community life and of some forms of freedom and conflict.
Public space as the subject of study and theory is however a recent concept. It started up in the late 1950s
around a twofold problem: the reconstruction of cities
after the war and the need to restore an identity that was
no longer recognisable in cities that were rapidly expanding in terms of their population.
On the one hand, we find Gordon Cullen’s pictur87
Da un lato, la visione pittoresca ma allo stesso tempo
ricca di riferimenti progettuali di Gordon Cullen, che
dalle pagine della rivista «Architectural Review» propone un nuovo concetto di planning (le città inglesi erano in fase di ricostruzione), inteso come strumento per
l’ottimizzazione dell’ineguaglianza, di segno opposto
allo standard, ottenibile attraverso il «distinguo», cioè attraverso la ricerca dell’identità di ogni singolo piccolo
spazio pubblico nella città. Nello storico testo l’architetto inglese propone un’esemplificazione vasta di soluzioni per il miglioramento della qualità dell’immagine
dello spazio pubblico, in particolare in ambito storico,
dove si muovono i primi passi della riqualificazione. A
lui si devono le proposte di controllo della pubblicità
intesa come forma di comunicazione, la sottrazione di
spazi alla mobilità trasformati e rivalutati in spazi di relazione e la definizione di una immagine di riferimento del luogo specifico, in ordine alla quale indirizzare gli interventi sul paesaggio. Il merito di Cullen,
pertanto, è quello di avere individuato per primo la necessità di interventi programmati sullo spazio pubblico in sintonia con l’immagine fisica e culturale del contesto (unica per ogni città e per ogni luogo di essa)2.
Dall’altro, la lungimirante visione di Kevin Lynch3
che con il termine immagine della città definisce ciò
che dell’osservazione e della fruizione fisica e percettiva della città resta memorizzato. La proposta di
Lynch, e da qui la sua attualità, si incentra sullo spazio pubblico come rete dei flussi, di genti, di funzioni
e di relazioni.
Il testo esamina il carattere visivo della città americana,
analizzandone l’immagine mentale percepita dai cittadini in relazione al grado di leggibilità (o chiarezza apparente) del paesaggio urbano. Ne derivano quattro
considerazioni:
a) l’immagine ambientale è il risultato di un processo
reciproco tra l’osservatore e il suo ambiente;
88
esque vision, which nevertheless has no lack of planning references. In the pages of the Architectural Review,
he offered a new concept of planning (cities in Britain
were undergoing reconstruction at the time), as a tool
for optimising inequality, rather than by standardising.
This was to be achieved by distinguishing aspects, in
other words by studying the identity of every smallest
public space in the city. In this historic essay, the
English architect gave a wide-ranging illustration of
solutions to improve the quality of the way public
spaces are perceived, particularly in historical areas,
where the first steps towards redevelopment were made.
It was he who suggested controlling advertising as a
form of communication, transforming areas devoted to
mobility into areas of human relationships, and defining a hallmark image of a particular place, with
guidelines for intervention on the landscape. Cullen’s
merit was therefore that he was the first to recognise the
need for planning public spaces in harmony with the
physical and cultural image of their context (which is
unique in every city and in every part of it).2
On the other, there is the far-reaching vision of Kevin
Lynch,3 who uses the term “image of the city” to refer
to what remains in the mind after observation and after physical and perceptive use of the city. Lynch’s proposal - and it is in this that he is so contemporary - focuses on public spaces as a network of flows, people,
functions and relationships.
In the book he examines the visual aspects of
American cities, analysing the local population’s mental image of the degree of legibility (or apparent clarity) of the urban landscape. This leads to four considerations:
a) the environmental image is the result of a reciprocal
process between the observer and his or her surroundings;
b) the environment suggests distinctions and relation-
b) l’ambiente suggerisce distinzioni e relazioni, l’osservatore - con grande adattabilità e per specifici propositi - seleziona, organizza, e attribuisce significati a ciò
che vede;
c) l’immagine così sviluppata, limita e accentua ciò che
è visto, mentre essa stessa viene messa alla prova rispetto alla percezione, filtrata in un processo di costante interazione;
d) l’immagine di una realtà può così variare notevolmente da un osservatore all’altro.
In conclusione, ciò di cui, secondo Lynch, ci si deve
occupare è l’immagine pubblica della città, il quadro mentale comune che larghi strati della popolazione di una città portano con sé: aree di consenso che ci
si può attendere insorgano nell’interazione tra una singola realtà fisica, una cultura comune e una eguale costituzione fisiologica e dove i cittadini non sono gli unici attori4.
Nel 1979 vi è l’intervento fondamentale di Christian
Norberg-Schulz5, che con il termine genius loci afferma che prima di progettare qualsiasi spazio della città vanno cercati i riferimenti e i significati che lo sviluppo storico consegna al presente. E una seconda e ancora più importante intuizione, che già era stata di
Calvino: tutte le città comunicano, così come tutti i
luoghi all’interno della città, a prescindere dalla loro
natura, significano.
Negli anni a seguire, ottanta e novanta, in più parti del
mondo si sperimentano modelli di intervento (anche
molto diversi tra loro) in funzione della pedonalità
d i ff u s a, attraverso la riappropriazione di spazi o dimenticati o sottratti ad altre funzioni giudicate non
conciliabili con uno spazio urbano di qualità.
Si guarda ammirati all’esempio di Manhattan dove lo
spazio pubblico penetra all’interno della città verticale occupando il ground floor dei gattacieli. Spazi curati
nei minimi dettagli, allestiti con scenografie eclatanti
ships, and the observer - with great adaptability and for
particular reasons - selects, organises, and attributes
meaning to what he or she sees;
c) the image that is formed in this way limits and accentuates what is seen, and is itself put to the test in
terms of perception, which is then filtered through a
process of constant interaction;
d) the image of reality may therefore vary considerably
from one observer to another.
To sum up, in Lynch’s view, it is necessary to deal
with the public image of the city - the general mental
picture that large swathes of the population of a city
have of it. These are areas of agreement that one might
expect would emerge in the interaction between a single physical reality, a shared culture and a similar physiological constitution, in which the inhabitants are not
the only players.4
In 1979 came Christian Norberg-Schulz’s fundamental work,5 in which the term genius loci states that before designing any city space, it is necessary to seek out
the references and meanings that historical development has given the present. And he puts forward an
even more important insight, which had already been
advanced by Italo Calvino: all cities communicate,
just as all places within the city do, for quite apart from
their particular nature, they signify.
Later on, in the 1980s and 1990s, a wide variety of
models of intervention were experimented in various
parts of the world to create widespread pedestrianisation by retaking possession of spaces that had been
either forgotten or used for purposes that were not reconcilable with the needs of high-quality urban areas.
One can only admire the example of Manhattan,
where public space penetrates inside the vertical city,
occupying the ground floors of skyscrapers. Places that
are beautifully tended, with stunning and alienating
designs, filled with tropical plants, fountains and wa89
ed estranianti, dense di specie vegetali tropicali, giochi
d’acqua, lucidi pavimenti, immense altezze, il tutto in
un «assordante» silenzio da museo.
Contemporaneamente, si plaude al coraggio di Rouen
e subito dopo a tutta la Francia e ai Paesi dell’Europa
del Nord, dove alla pedonalizzazione dei centri storici segue la riduzione del traffico per i quartieri residenziali, secondo i principi del woonerf 6. Quindi, l’esempio di Barcellona (a partire dal 1983), forse il più concreto e il più eclatante per vastità e corposità: 3.000 miliardi di lire spesi in cinque anni per la riorganizzazione e la nuova dotazione di spazi pubblici nella città,
pre e post-olimpica. Un campionario di interventi,
non tutti riusciti, ma gestiti e coordinati, fino al dettaglio di design, da un unico piano.
Da questo momento, l’approccio al progetto dello spazio pubblico assume direzioni diverse:
- verso la componente fisica dello spazio come ambito di progetto per un paesaggio di qualità e riconoscibile identità;
- verso la componente sociale dello spazio, secondo
la quale possono definirsi o ri-definirsi funzioni e immagini interpreti delle nuove esigenze e comportamenti urbani7.
2. NON, IPER, SUPER LUOGO
Contrariamente al luogo, denso di memoria storica e
dotato di una propria identità strutturale, di immagine e delle relazioni, il non luogo, concetto introdotto
da Marc Augé8, è uno spazio pubblico in cui si riproducono, pur in contesti diversi, codici di comportamento normati e ambienti con immagine standardizzata. Nel «non luogo» (catene alberghiere, centri commerciali, stazioni di servizio, ecc.), attraverso la ripetizione di funzioni e immagine organizzate secondo modelli di provata efficacia (stile internazionale), il singolo utente è guidato, insieme agli altri, in una esperien90
terfalls, gleaming floors, and immense heights, all in a
deafening, museum-like silence.
At the same time, the courage of Rouen, and then of
all France and northern European countries, was applauded, as the pedestrianisation of city centres was followed by a reduction of traffic in the residential districts, following the principles of woonerf.6 Then came
Barcelona (as from 1983), possibly the most concrete
and conspicuous example in terms of its size and substantiality: almost two million dollars were spent on reorganisation in five years, providing new public spaces
in the city before and after the Olympics. There were
a whole variety of operations, not all of them successful, but all carefully managed and coordinated, down
to the last detail, by a single plan.
From that moment on, the approach to public-space
planning branched out in different directions:
- towards the physical aspects of space as a planning
area for quality design and a recognisable identity;
- towards the social aspects of space, in which functions and images that interpret new needs and urban
behaviour can be defined or redefined.7
2. NON, HYPER, SUPER PLACES
Contrary to the place, with all its historical memory
and its own identity in terms of structure, image and
relationships, the n o n - p l a c e,a concept introduced by
Marc Augé,8 is a public place in which regulated codes
of behaviour and environments with a standardised
image are reproduced, even though in different contexts. By repeating an image and functions in accordance with models that have proved to be effective (the
international style), the “non-place” (hotel chains,
shopping malls, service stations, etc.) leads the individual user, along with everybody else, into an experience
that - precisely because it repeats a known model - may
be viewed as protective and familiar. So, while
za che proprio per il ripetersi del modello può essere
percepita come protettiva e famigliare. Pertanto, se ai
«luoghi» vengono riconosciuti tipicità, spontaneità,
flessibilità, ai «non luoghi» si associano anonimato, regola e una certa rigidità.
Con il termine iper luogo, introdotto da Aldo
Bonomi9 in riferimento ai grandi luoghi dell’intrattenimento, si discute della «dimensione altra» del luogo,
mediatica e fantastica allo stesso tempo, alimentata dal
mito che solo l’immaginario collettivo sa creare. Una
dimensione postmoderna, la cui identità non ha nulla
a che fare con il contesto e con il locale: una identità da
iper o super luogo10.
A questa ultima accezione, in particolare, si dedicava
la conferenza multidisciplinare «Contro l’architettura. Indagine sui Superluoghi e altre cose interessanti»,
attivata dal gruppo di ricerca coordinato da Stefano
Boeri, dove si proponeva una lettura di luoghi molto
noti e di attualità (ad esempio Ground Zero, Piazza
Tienanmen, Guantanamo…) legati a eventi esterni di
grande portata che li hanno resi parte della memoria
collettiva: concentrazioni di attenzione mediatica, più
che porzioni del territorio a cui appartengono.
In un rimescolarsi continuo di «non», «iper» e «super
luoghi» si avverte l’allontanamento della visione postmoderna dai tradizionali concetti di urbanità come
teatro della fisicità, della storicizzazione e della permanenza dei valori dell’ambiente.
Ma incontriamo anche esempi che propongono un riscatto dei «non luoghi» attraverso il progetto, dove l’aeroporto, il nodo intermodale, il centro commerciale diventano teatro della nuova cultura di approccio nelle
due accezioni descritte (fisica o sociale).
Rafael Moneo, ad esempio, dimostra che nel rapporto
tra «passeggero e aeroporto o stazione»11 possono instaurarsi relazioni empatiche/fisiche di grande suggestione, capaci di promuovere una cultura identitaria del
“places” are recognised for their distinctiveness, spontaneity and flexibility, “non-places” are associated with
anonymity, regulations, and a certain rigidity.
The term hyper-place - which was introduced by
Aldo Bonomi9 to refer to large-scale entertainment venues - leads to a discussion about the “other dimension”
of the place, which is both media-based and fantastical, nurtured by the sort of myth that only the popular
imagination can create. A post-modern dimension, the
size of which has nothing to do with the context or the
structure: it is the identity of a hyper or s u p e r- p l a c e.10
It was to this latter meaning, in particular, that the
“Contro l’architettura. Indagine sui Superluoghi e altre cose interessanti” multidisciplinary conference was
devoted. This meeting, “Against Architecture. An
Investigation into Super-Places and Other Interesting
Matters”, was the brainchild of the research group coordinated by Stefano Boeri. It offered an interpretation
of very well-known and topical places (such as
Ground Zero, Tiananmen Square, or Guantanamo)
which are linked to external events of great significance
that have made them part of popular memory: concentrations of media attention, more than parts of their
own territory.
In the constant mix of “non”, “hyper” and “super”
places, one senses that the post-modern vision is shifting away from traditional concepts of urbanism as the
setting for the physicality, historicisation and permanence of environmental values. But we also find examples that suggest the redemption of “non-places”
through design - where the airport, the intermodal hub,
and the shopping mall become theatres of a new approach in the two senses described (physical or social).
Rafael Moneo, for example, shows how highly suggestive empathetic and physical relationships can be established in the relationship between “passenger and airport or station”,11 promoting the cultural identity of the
91
territorio. Lo spazio pubblico nella concezione di
Moneo è giocato sui riferimenti storicizzati e contestuali, estesi alla dimensione, all’architettura, all’arredo, alla componente naturalistica rigorosamente autoctona
(in Spagna, palme, aranci, limoni ad esempio).
Per Aldo Cibic, invece, non sono l’architettura e l’arredo il punto di partenza; sono piuttosto le azioni delle
persone a determinare l’identità di uno spazio. Occorrono visioni12 in cui, attraverso la ri-organizzazione di
potenzialità ed energie, si attivino quelle occasioni di incontro, di scambio e di condivisione che caratterizzano
i momenti di vita collettiva. Il messaggio di Cibic è chiaro: ripensando alle funzioni urbane in modo creativo si
può deviare dai processi e dalle immagini consolidati,
ormai rami secchi delle metropoli, percorrendo direzioni più stimolanti in cui l’uomo e non il prodotto ambiente è al centro della socialità e delle nuove direzioni
della sostenibilità.
land. In Moneo’s view, public space takes from historical and contextual references in its dimensions, architecture, and furnishings, and as well as in its strictly local naturalistic elements (palms, orange and lemon
trees, for example, in the case of Spain).
As Aldo Cibic, on the other hand, sees it, the starting
point is not architecture and furnishing, but rather the
actions of people who create the identity of a place.
What is needed are visions12 that, by reorganising potential and energy, opportunities for encounter, interchange and sharing, can be created in everyday community life. Cibic’s message is clear: by rethinking urban functions in a creative manner, it is possible to
move away from consolidated processes and images,
which are now the deadwood of metropolises, towards
more exciting areas in which people, rather than the
environmental product are at the centre of socialising and a new approach to sustainability.
3. DENUNCIA, ATTIVISMO, GUERRIGLIA
3. BLOWING THE WHISTLE, ACTIVISM,
AND PEACEFUL GUERRILLA WARFARE
PACIFICA
In tempi e in contesti diversi, movimenti di aggregazione spontanea hanno lottato contro il degrado ecologico, la rigidità degli schemi urbani, l’isolamento dell’individuo e la sua esclusione dai processi di organizzazione della città.
I nuovi vincoli e le nuove barriere costruiti nel grande
spazio metropolitano dalle nuove paure e dalle nuove richieste di sicurezza sono pertanto attraversati da pratiche
diffuse di consumo del territorio e di riappropriazione di
spazi in negativo. Luoghi flessibili e autopoietici, gli
«spazi in negativo» sono spazi «super relazionali»13. Nel
loro porsi al di sopra e aldilà del progetto essi appaiono
ancora oggi densi di ispirazioni, sia per il progetto sia per
l’invenzione di nuovi usi da parte degli abitanti.
Ugo La Pietra, ad esempio, esponente del movimento radicale in Italia negli anni settanta, con l’idea che
92
At different times and in different contexts, spontaneous associations have fought against environmental
degradation, the rigidity of urban plans, and the isolation of individuals and their exclusion from the organisation of their cities.
The new constraints and barriers that have been built
in large metropolitan areas by new fears and demands
for security have therefore involved a widespread consumption of land and the acquisition of spaces in the
n e g a t i v e. Flexible and self-creative, “spaces in the
negative” are in fact “super-relational”.13 By placing
themselves above and beyond city plans, they still appear to be filled with inspiration, both in their design
and in the invention of new uses by their inhabitants.
Ugo La Pietra, for example, a representative of the radical movements in Italy during the 1970s, referred to
«abitare è essere ovunque a casa propria»14 giustificava
l’alterazione dello spazio urbano istituzionale (con paletti, catene, cartelli e suppellettili ricostruisce ambienti domestici in strada) per sollecitare l’individuo urbano a intervenire direttamente nel processo di configurazione ambientale15.
Rispetto a quel passato in cui la denuncia e la riappropriazione (nei casi in cui è avvenuta, ad esempio con
la creazione di orti urbani) era guidata prevalentemente da intellettuali e architetti, oggi attraverso Internet
raggiunge vasti strati della popolazione che in rete stringono alleanze, condividono esperienze, idee e pratiche16. La crescita esponenziale del fenomeno produce
poi una inevitabile risonanza sui mezzi di comunicazione esterni al Web, quali carta stampata, televisione
e radio, raggiungendo l’opinione pubblica e sollecitando le istituzioni all’intervento.
Pur diverse nei modi e negli obiettivi da raggiungere,
queste azioni condividono la necessità di riappropriarsi del diritto a una città aperta e sostenibile:
Guerriglia gardening (giardinaggio guerrigliero), nato a
New York negli anni settanta, è un movimento in cui
gli attivisti adottano un pezzo di terra abbandonato per
coltivare piante e fiori.
Park(ing), molto diffuso in America, è organizzato da
gruppi di attivisti che occupano per un paio d’ore un
posto auto momentaneamente libero, per allestire un
temporary urban park (parco urbano temporaneo) con
tanto di tappeto erboso, albero in vaso e sedute.
Critical Mass, nato a San Francisco nel 1992 ma diffusosi rapidamente in Europa, è un raduno di centinaia
di ciclisti che, sfruttando la forza del numero (massa),
periodicamente invadono le strade normalmente usate
dal traffico automobilistico. A Torino, ad esempio,
Critical Mass è riuscita, percorrendo in contro mano
la centrale via Bertola, a ottenere una delle piste ciclabili più sicure e funzionali della città.
the concept that “inhabiting means feeling at home
anywhere”14 to justify the alteration of institutional urban spaces (with posts, chains, notices and furnishings
recreating home environments in the street) in order to
encourage the urban individual to intervene directly in
the process of shaping the environment.15
Compared with those days (when whistle blowing
and repossession (when it took place, for example with
the creation of kitchen gardens in the city) was mainly spearheaded by intellectuals and architects) the
Internet means it now reaches vast portions of the population, who form alliances and share experiences,
ideas and actions.16 The exponential growth of the phenomenon inevitably leads to echoes in media outside
the Web, such as newsprint, television and radio,
reaching public opinion and encouraging the institutions to intervene.
Even though they are different in their approaches and
objectives, these actions have a common desire to reacquire the right to an open and sustainable city: Guerrilla
gardening, which started in New York in the 1970s, is
a movement in which the “troops” adopt a piece of
derelict land to grow plants and flowers.
Park(ing), which is very common in America, is organised by groups of activists who occupy a momentarily empty car park to create a temporary urban park
with a lawn, a tree in a pot, and seating.
Critical Mass, which started up in San Francisco in
1992, but which has rapidly spread across Europe, is
a meeting of hundreds of cyclists who, through the
sheer weight of their numbers, periodically invade
streets normally used by cars. In Turin, for example,
Critical Mass succeeded by going against the traffic in
the central Via Bertola, in order to obtain one of the
safest and most practical cycle lanes in the city.
By covering various signposts in the city with the word
J a g t v e j,activists demonstrated against the demolition of
93
Jagtvej, nella città di Copenhagen, ricoprendo numerose targhe segnaletiche della città con la scritta Jagtvej
ha dimostrato contro la demolizione della Youth
House, Ungdomshuset, la Casa della Gioventù luogo storico della cultura underground della città, situato per l’appunto all’indirizzo di Jagtvej 69.
Big Jump è un tuffo collettivo nei fiumi più inquinati
d’Europa, segnale di denuncia e sollecito al ripensamento per uno sfruttamento sostenibile, quindi anche
di piacere, delle risorse naturali e ambientali.
I love To è un segnale spontaneo e anonimo che parla
di affezione e di amore in generale. Il famoso slogan di
New York apparso a caratteri giganti sulle strisce pedonali di Torino appena prima delle Olimpiadi
Invernali del 2006, invita a riflettere sulla riappropriazione spontanea e creativa di segni e spazi tecnico-funzionali della città.
4. DALL’ARREDO
ALLA NUOVA SCENA URBANA
Nel 1957, Bruno Zevi usa per la prima volta in Europa
il termine arredo urbano nell’ambito del Convegno
INU dedicato alle iniziative di salvaguardia del patrimonio artistico-ambientale dei centri storici17.
Arredo in-urbano è invece il titolo di uno storico numero della rivista «Casabella» del 1969 che partendo dalla denuncia dello scarso significato attribuibile agli interventi di arredo dello spazio pubblico, episodici e risolti alla sola scala del design, mette a fuoco la reale necessità di argomentare con più scientificità e metodo la
questione dello spazio pubblico.
La città come sistema complesso richiede strumenti di
riflessione e pianificazione complessi. Il maquillage urbano proposto dal design industriale, attraverso la moltiplicazione seriale di un’oggettistica standardizzata, come si trattasse di una merce qualsiasi, non ha relazioni
né con il contesto né interpreta le reali esigenze (e anche
94
the Youth House [Ungdomshuset] in Copenhagen, a
historic centre of underground culture in the city, located at Jagtvej 69.
Big Jump is a collective jump into the most polluted
rivers of Europe, as a form of protest and encouragement to reconsider sustainable use, and thus to take
pleasure from natural and environmental resources.
I love To is a spontaneous and anonymous sign that
speaks of love and affection in general. The famous
NY-style symbol, which appeared in giant characters
on the zebra crossings in Turin just before the Winter
Olympics in 2006, is an invitation to reflect on the
spontaneous and creative reappropriation of technical
and functional signs and spaces in the city.
4. FROM STREET FURNITURE
TO A NEW URBAN SCENE
In 1957, Bruno Zevi was the first person in Europe to
talk of arredo urbano, which is variously interpreted as street furniture, or urban design. This was during the INU Conference on safeguarding the artistic
and environmental heritage of historic town centres.17
Arredo in-urbano was the title of another historic issue of
Casabella which came out in 1969. It starts by decrying the limited significance of street furniture in public places when it is sporadic and worked out only in
terms of design, and then looks at the real need to approach the issues of public space with more scientific
thought and method.
As a complex system, the city needs complex instruments for deliberation and planning. The urban makeup suggested by industrial design, with standardised
objects which are mass-produced as though they were
just another commodity, bears no relation to the context and nor does it interpret the real needs (or even
dreams) of the local inhabitants. Signs are reproduced
infinite times in cities, in accordance with a function-
i sogni) dei suoi abitanti. I segni nella città si riproducono all’infinito secondo una logica funzionalista che
esclude dal processo di decisione i fruitori, primi fra tutti gli abitanti. E poi sono segni banali e inadeguati al dialogo con il contesto.
La denuncia ha i suoi effetti, mettendo a fuoco tre significati che costituiranno da quel momento i requisiti per un arredo urbano (oggettuale) consapevole e sostenibile:
a) il progetto dell’arredo della città elabora soluzioni e
oggetti che, di fatto, sono imposti alla collettività dal
governo della città. Da qui una responsabilità in più
per il progettista - arredatore urbano, che di questo deve essere consapevole: agli estremi, esemplificando, mai
più panchine realizzate con materiali non affidabili
(che non mantengono inalterate le caratteristiche originarie), né panchine che non sono flessibili all’uso e
ai comportamenti degli abitanti, né panchine che non
interpretano il carattere del contesto;
b) il progetto dell’arredo urbano deve essere guidato da
una pianificazione che ne organizzi le attività alle diverse scale;
c) l’arredo dovrà essere portatore di valori e prestazioni di qualità nei confronti dei due principali beneficiari: il paesaggio cioè la scena urbana (ambiente fisico) nelle sue diverse accezioni storiche, funzionali ed
economiche e l’utente finale (uomo) nelle sue diverse accezioni, pertanto con soluzioni non discriminanti e che ne favoriscano la socializzazione.
La responsabilità della qualità dello spazio pubblico
coinvolge da questo momento una varietà di soggetti
di natura interdisciplinare in ordine alla varietà di situazioni urbane e di modelli culturali: spazio pubblico come spazio vuoto in tensione tra gli elementi costruiti e spazio di mediazione, vettore di vita sociale.
In Europa, dai primi anni ottanta, le esperienze di
Piani della scena urbana interessano prevalente-
alist logic that excludes the users - and the inhabitants
most of all - from the decision-making processes. And
they are mundane signs that are inadequate for interacting with the context.
This exposé had its effect, highlighting three significations which from that moment on became the essential
requirements for conscious and sustainable urban design (objects):
a) the design of street furnishings creates solutions and
objects that, in point of fact, are imposed on the community by the city authorities. This means the designer/urban furnisher has a further responsibility, of which
he or she must be aware. Taking extreme cases, for example, there should never again be benches made out
of unreliable materials (which do not maintain their
original characteristics), nor benches that cannot stand
up to use and abuse by the inhabitants, nor should there
be benches that do not reflect the character of the site;
b) each street-furniture project must be planned in a
way that organises its activities on all the various levels;
c) the objects must reflect the values and performance
required by the two main beneficiaries: the townscape
(the physical environment) in all its historical, functional and economic senses, and all the various e n d users (people), to encourage socialisation with nondiscriminatory solutions.
Responsibility for the quality of public space now involves a variety of people acting in an interdisciplinary
manner, depending on the variety of urban situations
and cultural models: public space as empty space,
caught between the buildings, and the space of intermediation, as a vehicle of social life.
In Europe, since the early 1980s, the Piani della scena urbana [townscape plans] have mainly involved
provincial towns, which are more advantaged than big
cities by conditions that are better in terms of territory
and administration. These issues are also promoted in
95
mente realtà di provincia, operativamente favorite, rispetto alle metropoli, da più agevoli condizioni territoriali e amministrative. La problematica è sostenuta anche a livello legislativo, in Italia prevalentemente regionale, attraverso strumenti di incentivo alla pianificazione18. L’approccio ai Piani è vario e diversificato nell’azione e nei contenuti, in molti casi rivolto alla riqualificazione dell’immagine dei soli centri storici, più di
recente, nelle città di maggiore dimensione, allargato a
situazioni ambientali meno omogenee e non necessariamente storicizzate.
Quando la dimensione urbana si fa consistente, le città si trovano a dover programmare gli interventi sullo
spazio pubblico per livelli orizzontali e verticali, e a
scale diverse. Atteggiamento attuale e diffuso è quello
che tende a superare i confini disciplinari specifici per
riconfigurare scenari di progetto integrati e complementari in cui le scale di intervento sfumano una nell’altra. Risultato della contaminazione tra settori un
tempo specialistici (urbanistica, architettura, design,
arte, economia, scienze sociali), i nuovi Piani di organizzazione dello spazio pubblico appaiono più flessibili e consapevoli delle contaminazioni tra cultura tecnica e cultura umanistica.
- Piani di luoghi (o insiemi di luoghi): procedono per singoli interventi in siti «speciali» individuati come emblematici o strategici per l’immagine, la promozione
turistica, nuove direzioni di sviluppo o importanti
eventi in cui la città si trova coinvolta (eventi olimpici, expo mondiali, ecc.), occupandosi dell’allestimento integrale della scena urbana (architettura e spazio
pubblico).
- Piani di comparto: individuano nel territorio comparti
urbani significativi per il consolidamento dei caratteri
originali (riqualificazione) o di nuovo sviluppo (trasformazione). Sono piani che accomunano tipologie
96
a legal manner - in Italy, mainly at the regional level with instruments to encourage planning.18 The approach to these plans has been varied in terms of both
action and content: in many cases it has been used to
renovate only the town centres, though more recently,
in larger towns, it has been taken out to less uniform
areas, not necessarily with a historic background.
In larger conurbations, municipalities find they need
to plan operations involving public spaces both horizontally and vertically, and on different scales. A currently common approach is to go beyond the normal
limits of disciplines in order to create integrated and
complementary planning scenarios in which the scales
of operation blend one into the other. The result of contamination between sectors that were once very specialised (town planning, architecture, design, art, the
economy, and the social sciences), the new plans for
organising public spaces appear more flexible now,
with conscious contaminations between technical and
humanistic areas.
- Site plans (or plans for series of sites): these proceed
with individual events in “special” sites that are chosen as emblematic or strategic in terms of image, the
promotion of tourism, new directions for development,
or important events involving the city (Olympic
events, world Expos, etc.), working on an integrated
arrangement of the urban scene (architecture and public spaces).
- Sector plans: these plans focus on urban sectors that are
significant for consolidating the original characteristics
(reclamation) or for new development (transformation). They include areas with the same types of problems, even though in different parts of the city (centre,
suburbs, suburban centres, etc.). Work proceeds in
terms of vertical levels within them, drawing up guidelines or projects that range from the town-planning scale
di spazi con le stesse problematiche, pur in zone diverse della città (centro, periferia, centralità minori, ecc.).
Al loro interno procedono per «livelli verticali», elaborando linee-guida o progetti che spaziano dalla scala urbanistica a quella edilizia e dell’arredo.
- Piani di sistema: si occupano, in ragione della loro diffusione ed estensione sul territorio, di «singoli» temi o
sistemi che si ritengono strutturanti la scena urbana
(colore dell’edificato, apparato degli elementi commerciali e o u t d o o r, verde urbano, comunicazione, illuminazione, suolo, ecc.).
- Piani di immagine: con più facilità adattabili a realtà urbane con dimensione contenuta ma di recente anche
sperimentati in ambiti metropolitani, individuano non
i «singoli», ma il «complesso» dei sistemi di elementi
strutturanti la scena urbana19.
A prescindere dalla tipologia, il Piano non può eludere la ricerca dell’immagine di riferimento, strumento guida per un’identità riconoscibile a livello paesistico, funzionale, sociale. L’immagine di riferimento costituisce il denominatore comune di molte iniziative e
studi sulla scena urbana: uno strumento a disposizione della città a cui riferire direzioni di ricerca e azioni
a scale diverse, da quella complessiva dell’identità visiva a quella dell’organizzazione microurbanistica dello spazio-ambiente, da quella di immagine a quella di
sistema degli elementi strutturanti la scena urbana.
5. ESTERNI URBANI SOSTENIBILI
Nella visione contemporanea, lo spazio pubblico è inteso come spazio (non solo urbano)20 ricettivo dei valori, dei simboli e dei segni della vita comunitaria. È
luogo di accordo e di pace ma anche di conflitti e di insicurezza. È sottomesso a una certa razionalità e a
un’organizzazione, ma è anche capace di stimolare
l’immaginario e i sogni. È, allo stesso tempo, spazio del
down to that of individual buildings and furnishings.
- System plans: because of their distribution and scope
in the territory, these deal with individual themes or systems that are considered to have a structural effect on
the urban scene (the colour of the buildings, systems of
commercial and outdoor components, green spaces,
communication, lighting, paving, etc.).
- Image plans: more easily adaptable to smaller urban areas, but recently experimented also in metropolitan
contexts, these plans focus on complexes rather than
on individual systems of elements that make up the urban scene.19
Whatever type it is, a plan can never escape a p ro t otype image as a guideline for a recognisable social,
functional and townscape identity. This prototype
image is the common denominator of many initiatives
and studies concerning the urban environment: an instrument at the service of the city, it acts as a guideline
for research and operations on various scales, from that
of an overall visual identity to that of town planning
at the micro level, the space-environment, image, and
the system of elements that together form the townscape.
5. SUSTAINABLE URBAN EXTERIORS
In our contemporary world, public space is viewed not
only in urban terms20 but also as sensitive to the values,
symbols and signs of community life. It is a place of
harmony and peace, but also of conflicts and it can engender a feeling of insecurity. It is subject to a certain
degree of rationality and organisation, but it is also capable of inspiring the imagination and dreams. At the
same time, it is a place of everyday life and of public
holidays, for play and work in the broader sense, for
politics and social activities, both flexible and specialised, for contemplation and action.
97
quotidiano e del festivo, del ludico e del lavoro diffuso, del politico e del sociale, del flessibile e dello specializzato, della contemplazione e dell’azione.
In questo scenario fluido e multidirezionale, come procedere? Come coniugare le visioni di chi opera sulle trasformazioni urbane avendo come obiettivo il contesto come centro del progetto e di chi invece propone una riflessione in funzione dell’uomo come
centro del progetto?
Le possibili risposte si possono così sintetizzare:
- I due atteggiamenti non devono essere visti come in
contrapposizione, ma piuttosto devono essere integrati
ai fini di un risultato progettuale sostenibile e di qualità.
- Occorre superare i confini disciplinari settoriali e agire nel progetto in modo interdisciplinare. Diverse discipline, tra loro in contaminazione, possono contribuire alle direzioni sostenibili: geografia urbana, etologia urbana, sociologia, ergonomia cognitiva, marketing territoriale, storia, urbanistica, architettura, design
dei servizi, design del prodotto, ingegneria dei sistemi,
tecnologie high e l o w,scienza della comunicazione e c omunicazione visiva, arte... L’elenco non è forse completo ma dà l’idea della complessità del progetto contemporaneo.
- È il pensiero che deve cambiare, prima del «segno»,
che del pensiero sarà l’interpretazione.
- Le visioni precedono le azioni. Ma la città è anche il
luogo della complessità e dei rapidi cambiamenti che
sfuggono ai programmi meglio organizzati. Il tempo
della riflessione, della maturazione e della condivisione delle visioni sovente non si accorda con i tempi delle azioni, cioè delle trasformazioni fisiche, grandi o piccole. Pertanto, solo la diffusione della conoscenza e dell’informazione potrà salvare la città dalla catastrofe della routine, della banalità e dello spreco.
- Un aiuto nella direzione dell’integrazione tra visione
98
How should one proceed in such a changeable and
variously oriented scenario? How can the vision of
those who work on urban development and who put
the context at the heart of the project be reconciled with those whose considerations, on the other
hand, place man at the heart of the project?
Possible answers can be summed up as follows:
- The two approaches need not be seen as conflicting,
but rather need to be brought together in order to find
a high-quality, sustainable solution.
- It is necessary to move beyond individual disciplines
and sectors in order to work on the project in an interdisciplinary manner. A number of disciplines can fuse
together in order to help create sustainable approaches: urban geography, urban ethology, sociology, cognitive ergonomics, territorial marketing, history, urban
planning, architecture, services design, product design,
systems engineering, high and low technology, communication science, visual communication, art... The
list may not be complete but it does give an idea of the
complexity of contemporary planning.
- It is thoughts that need to change, even before external signs, which are interpretations of thought.
- Visions precede actions. But the city is also a place of
complexity and rapid changes that escape even the best
organised plans. The time for meditating, maturing
and sharing visions often cannot be reconciled with the
time required for action - in other words, for physical
transformations, great or small. As a result, only the
spread of knowledge and information can save the city
from the catastrophe of routine, banality and waste.
- A contribution towards the integration of vision and
action may come from a concise application of performance methodology, which is mentioned here not
to solve the problem, but because it helps remind us
what the terms of the problems (the demands) are, and
e azione può derivare dall’applicazione sintetica della
metodologia prestazionale, qui richiamata non per risolvere un problema, ma perché ci aiuta a ricordare
quali sono i termini del problema (le esigenze) e pertanto i possibili cambiamenti (i requisiti).
Parlando quindi in termini di esigenze e di requisiti degli esterni urbani contemporanei sostenibili in funzione del contesto e dell’uomo, si possono ottenere i seguenti schemi di sintesi:
a) Contesto: centro del progetto. In base all’esigenza di
spazi, installazioni, attrezzature in grado di contribuire al riconoscimento dell’identità culturale e fisica del
luogo, ecco i requisiti:
- evidenziare le caratteristiche storiche e della memoria
dei luoghi;
- evidenziare le caratteristiche espressive del luogo e delle connessioni tra sistemi di luoghi;
- progettare l’identità dei «non luoghi» e degli «spazi
in negativo»;
- promuovere i segni della cultura produttiva locale:
materiale, artigianale, industriale, post-industriale...
b) Uomo: centro del progetto. In base all’esigenza di spazi, installazioni, attrezzature non discriminanti in senso fisico e culturale, in grado di favorire la condivisione e la socialità21, ecco i requisiti:
- promuovere soluzioni integrabili per una mobilità sostenibile;
- progettare soluzioni in grado di «familiarizzare» con
l’utente;
- progettare forme di comunicazione interattive e riversabili in rete;
- promuovere l’integrazione tra le comunità, consolidate e non;
- promuovere la ri-organizzazione di funzioni ai fini
della condivisione e aggregazione sociale;
thus what the possible changes (the conditions) may
be.
Therefore, if we talk in terms of demands and conditions in the case of contemporary sustainable urban exteriors based on the c o n t e x t and on m a n, we can draw
up the following summarised models:
a) Context at the heart of the project. Depending on the
demand for spaces, installations, and equipment that
recognise the cultural and physical identity of a place,
the conditions are that they need to:
- highlight the historic features and the memory of the
places;
- underscore the expressive characteristics of the place
and the connections between systems of places;
- create the identity of “non places” and “spaces in the
negative”;
- promote the signs of local production: materials,
crafts, industrial, post-industrial, and so on.
b) Man at the heart of the project. Depending on the demand for space, and for equipment and installations
that are not discriminatory in a physical or cultural
sense, and that are capable of promoting full social interaction,21 the conditions must be capable of:
- promoting solutions that can be integrated to achieve
sustainable mobility;
- finding solutions that are able to “familiarise” with
the users;
- designing interactive forms of communication that
can be put online;
- promoting integration between communities,
whether consolidated or not;
- promoting the reorganisation of functions in order to
achieve full social aggregation;
- designing for sustainable technologies (renewable
sources of energy, with sustainable methods, eco-friend99
- progettare in funzione dell’impiego, anche ai fini promozionali, delle tecnologie sostenibili (energie rinnovabili, tecniche adeguate, materiali ecocompatibili);
- rimuovere le barriere fisiche e applicare gli indirizzi
del «design per tutti».
6. IL DESIGN PER LA CITTÀ
Il territorio, secondo Andrea Branzi, «cessa di essere
luogo caratterizzato dall’architettura per diventare territorio esperienziale, dove la qualità ambientale è il risultato delle emozioni create da interventi effimeri e set
provvisori e dove l’arredo urbano, che un tempo era costituito da sistemi di prodotti che si ripetevano sempre
uguali nell’ambiente, oggi consiste in prodotti diversificati, dal design molto sofisticato, al fine di creare luoghi che animino la scena urbana e costituiscano dei
punti di riferimento per gli utenti»22.
Queste installazioni, dotate di forza comunicativa, talora concettuali e vicine all’opera d’arte, soddisfano, attraverso l’unicità e l’autonomia espressiva rispetto al
contesto, l’esigenza del distinguo all’interno della città.
Altri esempi, sempre nella direzione dell’unicità, scelgono invece la strada dell’integrazione con il contesto
costruito, al fine di ridurne l’impatto e realizzare un continuum tra spazio pubblico e architettura. Esempi noti e meno noti, del passato e recenti: dalle sedute integrate alle facciate come si usava nei palazzi rinascimentali
(Strozzi a Firenze) alle odierne sedute che emergono dai
pavimenti come protesi del suolo; dalle scalinate storiche (Piazza di Spagna a Roma) usate da sempre come
luogo flessibile per incontrarsi, sedersi, commerciare e
recentemente riscoperte come fondale scenografico per
eventi televisivi, alle scalinate contemporanee della torre multifunzione di Copenhagen, in cui il gradino è
l’elemento riprodotto all’infinito che caratterizza sia lo
spazio pubblico sia l’architettura stessa dell’edificio23.
Ma la città non può affidare la soddisfazione delle fun100
ly materials, etc.), even for promotional purposes;
- removing physical barriers and applying “design for
all” criteria.
6. DESIGN FOR THE CITY
In the view of Andrea Branzi, the territory “ceases to
be a place characterised by architecture and becomes
an experiential territory, where the quality of the environment is the result of the emotions created by temporary works and provisional settings. It is where street
furniture - which once consisted of identical systems of
products that were repeated everywhere - now consists
of diversified items, with highly sophisticated design,
created to make places that bring to life the townscape
and constitute landmarks for the users”.22
With their communication impact and with their independence of expression with regard to the context,
these installations, which are sometimes conceptual
and virtually works of art, satisfy the need for distinction within the city.
Other examples, which also tend towards uniqueness,
choose the path of integration with the built-up environment, in order to reduce their impact and create harmony between public spaces and architecture. Famous
and less well-known examples from past and recent
times range from the seats built into the façades of
Renaissance buildings (Palazzo Strozzi in Florence)
to modern seating units that rise up from the ground as
though they formed part of it. They can also be seen in
historic flights of steps (the Spanish Steps in Rome),
which have always been used informally as a place for
meetings, sitting, selling, and recently as the backdrop
for television events, or in the contemporary steps of the
multipurpose tower in Copenhagen, in which the infinitely reproduced step characterises both the public
spaces and the architecture of the building itself.23
But cities cannot rely solely on artistic or integrated
zioni quotidiane ai soli allestimenti puntuali, artistici
o integrati, diversi per ogni microluogo. Anzi, la loro
attrattività e il loro ruolo di riferimento nella complessa mappa urbana sarà tanto più forte quanto più costituiranno eccezione rispetto ai più tradizionali sistemi
di oggetti diffusi. Dove la ripetitività è una necessità
della città che «funziona», che è cosa diversa dalla standardizzazione. Questi arredi, infatti, da tempo hanno
smesso l’abito dello standard per ritrovare, attraverso il
design, la consapevolezza del dialogo con l’ambiente,
inteso in senso ampio24.
arrangements that are different in each micro-area in
order to meet their everyday needs. On the contrary,
their appeal and role as landmarks in the complex urban setting will be all the stronger if they prove to be
exceptions among the traditional systems that we commonly find today. Here, repetition is required by a city
that “works”, and is something quite different from
standardisation. Actually, these furnishings have long
shed their standard look and, through design, have
once again acquired an awareness of their dialogue
with the environment in its broadest sense.24
a) La cultura della coerenza e dell’integrazione
a) The Culture of Harmony and Integration into
con l’ambiente contaminano la produzione dell’arredo. the Environment Contaminates the Production
La produzione artigianale risponde con maggiore of Furnishings.
facilità al requisito della caratterizzazione in funzione
dell’ambiente, in particolare per gli oggetti meno complessi e di cui si prevedono tirature limitate. Facilita
l’estensione di caratteri omogenei tra tipologie diverse
di oggetti, offrendo la possibilità di creare famiglie di
prodotti con immagine coerente. Consente di sperimentare, nell’ottica dell’artigiano moderno tecnico,
nuove tecnologie, ad esempio quelle legate all’uso delle energie rinnovabili.
Sovente, come per l’arredo di interni, il manufatto per
esterni realizzato artigianalmente convince la produzione industriale ad acquisirne i diritti di sfruttamento: costituisce un primo prototipo, dunque, che opportunamente ingegnerizzato entrerà in seguito in un catalogo merceologico.
Inoltre, il ricorso all’artigiano, o meglio alle comunità
artigianali, acquista significato strategico (economico
e sociale) quando l’arredo impiega totalmente o in parte i materiali e le tecniche di lavorazione locali.
L’artigiano tipico, così come oggi viene chiamato, diventa pertanto uno degli attori principali della dialettica tra identità e territorio.
Crafts production responds more readily to a need for
characterisation based on the environment, particularly
in the case of less complex objects and when limited runs
are envisaged. It facilitates the use of common features in
various types of object, offering the possibility of creating
families of products with a consistent image. It makes it
possible to experiment new technologies in modern crafts
techniques, for example by using renewable sources of
energy.
As in the case of interior furnishings, outdoor furniture
made by artisans often encourages industry to purchase
the rights to make and sell it: it therefore acts as an initial prototype which, when properly engineered, can
later form part of a trade catalogue.
Recourse to craftspeople, or rather to crafts communities, acquires economic and social significance when
the furnishing produced uses local materials and production processes wholly or in part. The typical present-day craftsperson thus becomes one of the leading
actors in the dialectic between identity and territory.
Industrial production is commonly used for more
complex objects, as we can see in the case of lighting
101
La produzione industriale è il riferimento per gli oggetti più complessi, come nel caso degli apparecchi di
illuminazione o di quegli apparati tecnici che richiedono certificazioni e processi produttivi organizzati.
Rimane anche il riferimento primo quando sono richiesti grandi volumi di pezzi, realizzabili con tecnologie
avanzate a cui corrispondono macchinari di una certa
importanza. Pertanto, possiede gli strumenti per l’innovazione nelle tecniche di lavorazione dei materiali tradizionali e per la sperimentazione di quelli innovativi.
Nel tempo, l’industria dell’arredo urbano si è però convinta della necessità di un’offerta di prodotti ampia,
coerente e integrabile nel paesaggio.
Per l’ampiezza è sufficiente guardare alla corposità di
taluni cataloghi commerciali; sul piano della coerenza
convince la concezione delle famiglie di arredi, cioè sistemi che radunano diverse tipologie e che oggi si presentano coordinati nei materiali, nelle soluzioni tecnologiche e nell’espressività.
Ma, riguardo all’integrazione, com’è possibile che l’industria della serie soddisfi tutte le esigenze di luoghi sconosciuti? Anche se in realtà non le soddisfa del tutto, e
questo spiega il ricorso diffuso alla realizzazione artigianale, due sono le tendenze:
- la prima privilegia la caratterizzazione del prodotto in
relazione all’ambiente attraverso un’ampia gamma di
finiture superficiali e colori, componenti realizzabili in
diverso materiale e modularità aperta, quindi non solo dimensionale ma anche nella combinazione dei
componenti;
- la seconda privilegia invece la neutralità espressiva di
forme, colori, materiali come condizione per l’adattamento dell’oggetto in contesti diversi e come garanzia
che il decadimento espressivo non anticipi quello fisico: l’ambizione, pertanto, di creare oggetti senza tempo, disponibili al colloquio con il paesaggio del presente e di quello che verrà.
102
units or those technical installations that require certification and organised production processes. It is also
the prime source when large volumes are required, and
when the objects can be made with advanced technologies using complex machines. This means that industry has what is required for innovation in the processing of traditional materials and for experimenting innovative ones.
Over the years, the street-furniture industry has however realised that there is a need for a wide range of
products that is consistent with the townscape, and that
can be incorporated into it. One need only look at the
size of some trade catalogues to see the range now on
offer. In terms of consistency, there is a convincing notion of “families” of furnishings, which are systems that
consist of different types of unit and which are today
coordinated in their materials, technological solutions
and forms of expression.
But in terms of integration, how is it possible that the
mass-production industry can satisfy all the needs of
places it may not even know? Even though it does not
satisfy them entirely - and this explains why crafts products are still widely resorted to - there are two main
trends:
- the first emphasises the characterisation of the product
with regard to the environment. It achieves this by using a wide range of finishes and colours, with components that can be made in various materials and with
an open, modular design to create different sizes and
combinations of elements;
- the second, on the other hand, favours the neutrality of
expression in the shapes, colours, and materials, in order to adapt the object to different contexts and to make
sure that the expressiveness of the object does not decline before the physical object itself: the aim is thus to
create timeless objects that manage to interact with both
the present and future townscape.
b) La cultura della sostenibilità e della flessibilità
contaminano il progetto dell’arredo.
Il design per gli esterni contemporanei guarda non solo e non più allo spazio in cui è collocato, ma soprattutto all’utente cui si rivolge. Consapevoli delle esigenze di un’utenza differenziata, i nuovi prodotti presentano soluzioni non discriminanti (design per tutti) e dotate di un certo grado di flessibilità.
La ricerca predilige non solo l’integrazione di funzioni (sostare e illuminare, illuminare e comunicare, ecc.), primo
passo verso l’ottimizzazione delle risorse e il contenimento dell’inquinamento da segno, ma soprattutto soluzioni non convenzionali disponibili a soddisfare i diversi
comportamenti dell’uomo. Una seduta con posti al sole
o all’ombra, una fontanella dove si beve e si gioca, una
struttura informativa con messaggio posizionabile ad altezze diverse, sono esempi delle proposte di un design giovane che fa tendenza nelle riviste specializzate e nei concorsi di progetto.
Oggetti paradigma della libertà, lontani dall’omologazione dell’arredo del passato: che cercano di familiarizzare con l’utente, come quelli a cui il design ci ha
abituato nell’ambiente domestico. Oggetti aperti all’interpretazione dell’utente, funzionale e semantica,
che fanno parte di quel mondo fluido di cui il design
di successo ci parla diffusamente.
Tuttavia, a fronte di un meta-progetto etico le realizzazioni non sono sempre convincenti. Proposte concettualmente originali ma tecnicamente ingenue segnalano un impiego poco consapevole e insostenibile di materiali e processi, scarsa attenzione verso il vandalismo
o ai problemi di gestione e manutenzione, più che gravosi per l’arredo pubblico in esterno. Visioni lungimiranti pertanto, ma non ancora sostenute da altrettanto
confortanti proposte, strumenti e prodotti: quella condizione, come dice Ezio Manzini, in cui il design più
che della soluzione è ancora parte del problema.
b) The Concepts of Sustainability and Flexibility
are Introduced into furnishing Projects.
The design of contemporary exteriors no longer looks
simply at their environment, but especially at their
users. Fully aware of the needs of different people,
these new products provide non-discriminatory solutions
(design for everyone) and have a certain degree of f l e xibility.
This study favours not only the integration of functions
(seating and lighting, lighting and communication,
etc.), which is the first step towards optimising resources and reducing sign pollution, but especially unconventional solutions that can accommodate the various ways people behave. A seating unit with places in
the sun and in the shade, a drinking fountain where
children can also play, information systems where the
message can be placed at different heights - these are all
the ideas of a form of young design that is fashionable
in trade magazines and design contests.
These objects set new standards of freedom and are far
removed from the standardisation of the past, and they
aim to familiarise the user in the way that designer objects do in the home. They are open to functional and semantic interpretation by the user, making them part of a
flexible world in which successful design relates to us all
the time.
And yet when faced with an ethical meta-project, the
solutions are not always convincing. Ideas that are original in terms of concept may be technically ingenuous,
revealing a use of processes and materials that lacks
awareness and is not sustainable, with few precautions
against vandalism and the problems of maintenance which can be very serious in the case of outdoor furnishings for the public. They may be visionary, but
they still lack suitable ideas, instruments and products:
as Ezio Manzini says, this is a situation where design
is more part of the problem than the solution.
103
Questo rivaluta anche la competenza professionale in
un settore, quello del design pubblico, dove l’improvvisazione può produrre danni irreversibili, visto che
l’oggetto pubblico non si compra ma, in sostanza, si
subisce.
La conquista più importante è probabilmente la rivalutazione della componente sociale nel design delle attrezzature pubbliche. Abbiamo vissuto a lungo in una
dimensione di città cieca e sorda nei confronti dell’esigenza di socializzazione e dell’idea che il progetto dello spazio pubblico potesse evocare, oltre alla valorizzazione della presenza della natura (ancora oggi il più frequente sogno degli abitanti), spontaneità delle relazioni, densità delle interazioni e della comunicazione,
multicultura, contaminazioni con l’arte.
Intuizioni da spendersi non tanto in nuovi prodotti,
quanto nella narrazione di possibili nuove organizzazioni delle funzioni, dove il progetto e il prodotto possono essere ri-orientati da nuovi concetti di design del
servizio.
La differenza tra un approccio tecnocratico (sbrigativo) basato sulla ricerca di competenze tecniche disciplinari specifiche per risolvere un problema e un approccio umanistico interdisciplinare (riflessivo) è grande. Come è importante pensare non solo a ciò che gli
utenti vogliono ma che potrebbero volere25.
La nuova concezione che ri-formula il prodotto in servizio può portare infatti ad artefatti, architettonici o di
design, del tutto differenti da quelli consueti26.
I nuovi modelli di comportamento incideranno pertanto sulla struttura funzionale e di immagine della città, guidati da manifestazioni autonome o con il sostegno del governo pubblico. E alcune città in Europa cominciano a capire l’importanza della percezione dei segnali di trasformazione sociale da tradurre in brief di
progetto.
Torino, ad esempio: ieri città solo industriale, oggi cit104
This also reassesses professional skills in a sector - that
of design for public spaces - in which improvisation
can produce irreversible damage, since public objects
are not bought but rather endured.
The most important success is probably the reassessment of the social aspects involved in the design of public equipment. We have long lived in cities that are
both blind and deaf to the needs for socialisation and
to the idea that the design of public spaces might not
only promote the presence of nature (which is still today the most frequent dream of inhabitants), but also
spontaneous relationships, intense interaction and
communication, multiculturalism, and contaminations with art.
These intuitions do not call so much for new products
as for possible new ways to organise functions, in
which design and product can be redirected by new
concepts of service design. There is a huge difference
between a hurried technocratic approach based on a
search for particular technical skills and disciplines to
solve a problem and an interdisciplinary humanistic
approach based on meditation. Just as it is important
to consider not just what users want, but what they
might want.25
The new vision that in a sense reformulates products
being used can in fact lead to architectural or design
objects that are completely different from normal ones.26
New models of behaviour will thus influence the functional structure and image of the city, and will be
helped along by independent events or by support from
the public administration. Some European cities are
beginning to understand the importance of grasping
the signs of social change and turning them into planning briefs.
Turin is one such example: not so long ago an industrial city, it is now one of art and culture, but also one
where special programmes involve social and cultural
tà dell’arte e della cultura, ma anche dei programmi
che legano la trasformazione del territorio alle iniziative sociali e di cultura27. Tra queste, Geodesign28, concorso di progetto per la definizione di oggetti interculturali, apre la strada alla condivisione dell’esperienza
attraverso il design. Gruppi di designer lavorano come
catalizzatori di pratiche in collaborazione con comunità non consolidate (immigrati, giovani, soggetti deboli), realizzando oggetti in grado di assolvere ad esigenze di vita e di lavoro non soddisfabili dagli utensili comuni presenti sul mercato, perché inesistenti o
troppo costosi. Contemporaneamente, si ipotizzano
nuove forme di imprenditorialità, si coinvolge il sistema produttivo locale delle piccole e medie imprese e si
sperimentano processi produttivi e di commercio alternativi a quelli selettivi attuali.
7. ARTE PUBBLICA CONTEMPORANEA
Con il mutare dei processi di costruzione e riqualificazione dello spazio pubblico urbano, in cui architettura e design sono impegnati nel conferire qualità e trasformazione, l’arte pubblica diviene strumento di mediazione tra la cultura della rappresentazione e la cultura
del luogo.
Non ha solo più funzione commemorativa e/o rappresentativa, ma diventa generatrice di nuova sensibilità:
nei confronti del paesaggio, attraverso opere che mettono in valore l’espressività fisica del luogo; nei confronti dell’uomo, attraverso opere che introducono dimensioni di lettura diverse dalla fisicità, orientate alla socializzazione, alla dimensione culturale e politica del contesto.
Se queste condizioni si realizzeranno, la presenza dell’arte potrebbe diventare parte integrante della scena urbana della città stessa e questo non solo per permettere
la sua fruizione in esterni ma per la sua capacità di dialogare quotidianamente con gli abitanti.
initiatives in the transformation of its territory.27 These
include Geodesign,28 a design contest to create intercultural objects that help towards sharing experiences
through design. Groups of designers work as catalysts
for processes of cooperation with communities that are
not consolidated (such as immigrants, young people,
or the disadvantaged), creating objects that can satisfy
everyday and work needs that do not presently have solutions, either because they do not exist or because they
are too expensive. At the same time, new forms of entrepreneurship are suggested, involving the local system of small and medium-sized manufacturers, and experimenting production and sales processes that are different from the selective ones we find today.
7. CONTEMPORARY PUBLIC ART
With the changes taking place in the construction and
redevelopment of public urban spaces, in which architecture and design aim to ensure quality and transformation, public art becomes a form of intermediation between the culture of representation and that of the place.
It does not only have a commemorative and/or representative function, for it also generates new levels of sensitivity: towards the landscape, with works that highlight the physical expressiveness of the place, and towards people, with works that introduce levels of interpretation that go beyond purely physical aspects and
explore the social, cultural and political dimension of
the context.
If these conditions do indeed come about, the presence
of art might become an integral part of the urban scene
of the city itself, not only allowing it to be used out of
doors, but also exploiting its ability to interact on an
everyday basis with the inhabitants.
Contemporary urban art is a redevelopment tool that can
be used against social degradation in urban districts,
against the anonymity of the suburbs, and against the
105
L’arte urbana contemporanea è strumento di riqualificazione: nei confronti del degrado sociale di quartieri urbani, dell’anonimato delle periferie, dell’impatto di devastanti strutture e infrastrutture.
L’arte urbana contemporanea è strumento di comunicazione: quale espressione di cultura, può assumere valore didattico a sostegno di indirizzi che la città intende
comunicare (ad esempio sicurezza, sostenibilità, aggregazione sociale, multietnicità).
È possibile che l’intervento artistico, come per il design,
risponda a esigenze e requisiti della triplice utenza con
cui si confronta, contesto, fruitore, committente?
Forse sì, se si considera che nell’arte, più che i diversi
prodotti sono da osservare e distinguere gli artisti.
Alcune committenze, ad esempio, selezionano gli artisti per invito (come accade per gli architetti e i designer) in funzione dell’attitudine a confrontarsi con le
problematiche in oggetto. Oppure si ricorre a concorsi interdisciplinari aperti a gruppi misti tra artisti, architetti, ingegneri, designer, quando l’opera è interessata da competenze trasversali.
Lo strumento del programma, e non il singolo episodio,
è la prima forma di garanzia nell’approccio all’arte intesa come risorsa strategica per la trasformazione della
città. E quanto più il programma promuove sia l’arte
contemporanea, sia l’immagine della città, sia quella
dell’istituzione, tanto più si configura come efficiente
strumento per potenziare il mercato del turismo culturale. Ne sono esempio le «guide ai percorsi di arte urbana contemporanea», concepite e allestite per una facile
divulgazione. La materia per le guide non manca, tanti sono oggi i temi, i contesti, gli spazi con cui l’arte può
ibridarsi:
- i musei urbani all’aperto (percorsi, spazi verdi urbani o naturalistici)29;
- l’allestimento di spazi e infrastrutture della mobilità
(porte della città, metropolitane, rotatorie, ponti)30;
106
impact of devastating structures and infrastructures.
Contemporary urban art is a communication tool since, as
an expression of culture, it can have an educational impact in favour of the policies the city intends to communicate (such as safety, sustainability, social aggregation, or multiethnicity).
Can art, like design, respond to the needs and requirements of the three aspects it has to face: context,u s e r s,and
principals? Perhaps it can, if one considers that in art
what we need to observe and distinguish is not so much
the actual products as the artists themselves. Some patrons, for example, select artists by invitation (as is the
case with architects and designers), depending on their
ability to deal with the issues at stake. Or they use interdisciplinary competitions which are open to groups of
artists, architects, engineers, and designers, when the
work requires a number of transversal skills.
The programme, rather than just an individual case, is
the first form of guarantee in an approach that uses art
as a strategic resource for transforming the city. And
the more the programme promotes contemporary art
and the image of the city and that of the institution, the
more it becomes efficient as a tool for promoting the local cultural tourism market. Examples of this include tour
guides of contemporary urban art, designed for easy
comprehension and enjoyment. There is no lack of
subject matter for these guides, for there are so many
themes, contexts, and places where art can hybridise:
- open-air urban museums (itineraries, green spaces in
the city or reserves);29
- mobility infrastructures and spaces (city gates, Metro
systems, roundabouts, and bridges);30
- by mitigating the impact of architectural elements and
infrastructures;31
- through integration with elements of street furnishings (lighting, paving, signage, information systems,
and various types of equipment);32
- la mitigazione dell’impatto di elementi e infrastrutture architettoniche31;
- l’integrazione con elementi dell’arredo urbano (illuminazione, pavimentazioni, segnaletica, supporti informazione, attrezzature varie)32;
- la valorizzazione di centri commerciali naturali e vie
commerciali;
- le installazioni effimere per le festività (addobbi, luminarie)33;
- le installazioni effimere per la comunicazione della
cultura materiale e artigianale (legno, pietra, ceramica,
vetro, ecc.)34;
- le installazioni tematiche promozionali alla conoscenza di giovani artisti.
E. HÉNARD, The Cities of the Future, in ROYAL INSTITUTE OF BRITISH
ARCHITECTS, Transactions, Town Planning Conference London, 10-15 October
1 9 1 0, Londra 1911, pp. 345-367. Hénard (1849-1923) spese gran parte del suo
tempo studiando i problemi della mobilità a Parigi, proponendo un modello
di circolazione per anelli circolari. Nella visione presentata alla Conferenza di
Londra, Hénard si rivela come progettista del futuribile, affascinato dalla tecnologia e dall’impiego dell’aereo come mezzo di trasporto urbano.
2
G. CULLEN, Paesaggio urbano: morfologia e progettazione, Calderini, Bologna
1976. Nel saggio, per art of environment si può oggi intendere il campo della progettazione ambientale urbana: controllo dell’immagine architettonica e dello
spazio pubblico.
3
K. LYNCH, L’immagine della città, Marsilio, Venezia 2006, a cura di P.
Ceccarelli (tit. or. The Image of the City, 1960).
4
P. CECCARELLI, Introduzione a LYNCH, L’immagine della città cit., p. 12:
«La città non è soltanto oggetto di percezione (e forse di godimento) per milioni di persone profondamente diverse per carattere e categoria sociale, ma è anche il prodotto di innumerevoli operatori che per motivi specifici ne mutano
costantemente la struttura. Benché nei suoi grandi lineamenti essa possa mantenersi stabile per qualche tempo, nei dettagli essa cambia senza posa. I controlli a cui la sua crescita e la sua forza sono suscettibili sono soltanto parziali.
Non vi è alcun risultato finale, solo una successione continua di fasi».
5
CH. NORBERG-SCHULZ, Genius Loci. Paesaggio Ambiente Architettura, Electa,
Milano 1979.
6
Sul woonerf (vie abitabili) si vedano: J . GEHL, Vita in città, Maggioli, Rimini
1991, e C. GERMAK, Scena urbana e mobilità, in G. DE FERRARI, V. JACOMUSSI,
C. GERMAK e O . LAURINI (a cura di), Il Piano Arredo Urbano. Problematiche e
aspetti metodologici, La Nuova Italia Scientifica, Roma 1994, pp. 47-60.
7
Jordi Borja, in un famoso saggio del 2001, individua nel luogo pubblico un
elaboratore di cultura e socialità, dei sistemi di comunicazione, delle fonti di
democrazia, delle sedi di impegno civico.
Manuel Castells, intellettuale catalano, aggiunge che lo spazio pubblico è l’ele1
- by promoting natural trade centres and shopping
streets;
- temporary installations for holidays (decorations and
lights);33
- temporary installations for communicating material
and crafts culture (wood, stone, ceramics, glass, etc.);34
- theme-based installations to promote young artists.
E. HÉNARD, “The Cities of the Future”, in ROYAL INSTITUTE OF BRITISH
ARCHITECTS, Transactions, Town Planning Conference London, 10-15 October
1 9 1 0, London 1911, pp. 345-367. Hénard (1849-1923) spent much of his time
studying the problems of mobility in Paris, suggesting circulation in the form
of concentric rings. In the vision he presented at the conference in London,
Hénard shows himself to be a designer of a possible future, fascinated by technology and by the use of aeroplanes as a means of urban transport.
2
G. CULLEN, Townscape, Reinhold, New York 1976. In this work, the term
“art of environment” refers to environmental urban planning, and thus control
over the appearance of architecture and public spaces.
3
K. LYNCH, L’immagine della città, Marsilio, Venice 2006, Ed. Paolo Ceccarelli
(original title: The Image of the City, Cambridge Technology Press, 1960).
4
P. CECCARELLI, Introduction to LYNCH, L’immagine della città cit., p. 12:
“The city is not just the object of perception (and possibly of pleasure) for millions of people who are profoundly different in terms of character and social
class, but also the product of countless professionals who, for particular reasons, constantly change its structure. Even though the dominant characteristics may remain unaltered for some time, the details change constantly. The
checks that may affect its growth and strength are only partial. There is no final result, but just a constant succession of phases.”
5
C. NORBERG-SCHULZ, Genius Loci. Paesaggio Ambiente Architettura, Electa,
Milan 1979.
6
On the subject of woonerven (streets where pedestrians and cyclists have right
of way), see: J. GEHL, Vita in città, Maggioli, Rimini 1991, and C. GERMAK,
“Scena urbana e mobilità”, in G. DE FERRARI, V. JACOMUSSI, C. GERMAK
and O. LAURINI (Eds), Il Piano Arredo Urbano. Problematiche e aspetti metodologici, NIS - Carocci, Rome 1994, pp. 47-60.
7
In a famous essay of 2001, Jodi Borja points to public places as incubators of
culture and socialising, of communication systems, sources of democracy, and
centres of civic commitment.
The Catalan intellectual Manuel Castells adds that public space is key to interconnecting experiences: a place of socialising, as opposed to non-places like
shopping malls.
8
M. AUGÉ, Non-places: introduction to an anthropology of supermodernity, Verso,
London-New York 1995.
9
A. BONOMI, Il distretto del piacere, Bollati Boringhieri, Turin 2000.
10
www.superluoghi.it
11
“I find that many airports that use the aesthetic qualities of aeroplanes as their
architectural references are very boring. In Seville airport I wanted to express
something - something I believe still has meaning, since this is a small city but
one with a very strong personality. Seville is the only airport where you leave
your car in an orange grove and, when you enter, you find yourself in an atmos1
107
mento-chiave di connessione delle esperienze: luogo di socialità contrapposto
ai non-luoghi, come i centri commerciali.
8
M. AUGÉ, Non luoghi: introduzione a una antropologia della surmodernità, Eleuthera
Editrice, Milano 1993.
9
A. BONOMI, Il distretto del piacere, Bollati Boringhieri, Torino 2000.
10
www.superluoghi.it.
11
«Trovo che molti aeroporti che sfruttano l’estetica dell’aereo quale riferimento architettonico siano molto noiosi. Nell’aeroporto di Siviglia io volevo dire
qualcosa, qualcosa che credo abbia ancora un senso, trattandosi di una città
piccola ma con un carattere molto forte. Siviglia è l’unico aeroporto dove si lascia la macchina in un giardino di arance ed entrando si avverte un’atmosfera
non lontana da quella che avvolge la città stessa. Ecco perché l’arco, la colonna, la ceramica, non è tanto una classicità letta come tale, come cifra stilistica,
quanto l’interpretazione di un carattere» (intervista di M. CASAMONTI a R.
MONEO, in «Area», n. 67, marzo-aprile 2003).
12
Microrealities, nella mostra «Metamorph», La Biennale di Venezia 2004,
www.microrealities.org.
Si tratta di 4 progetti su Milano e Shanghai che riguardano riflessioni e idee
sulla città in relazione all’uomo che la vive. 1. Le porte della città: nuovi simboli per nuovi confini; 2. Centro commerciale+spazi pubblici+: la possibilità di creare nuovi centri urbani; 3. La città degli orti: riappropriarsi delle stagioni; 4. Shanghai: 100 nuove stazioni del metro, un’occasione per produrre
identità e senso di appartenenza nelle periferie.
13
R. GABETTI, S. GIRIODI e L. MAMINO, Gli spazi in negativo nel tessuto urbano, CLUT, Torino 1981.
14
U. LA PIETRA, La riappropriazione della città, in «Casabella», n. 386, febbraio 1974.
15
ID., Modelli attivi di comportamento, in «Casabella», n. 376, aprile 1973.
16
www.guerrillagardening.com; www.rebargroup.org/projects/parkingday;
www.criticalmass.it; www.guerrilla-innovation.com; www.tolove.splinder.
com/archive/2005-09.
17
DE FERRARI, JACOMUSSI, GERMAK e LAURINI, Il Piano Arredo Urbano
cit., p. 13.
18
In Piemonte, ad esempio, la legge 3/4/1989 n. 20, sulla «Tutela dei beni culturali, ambientali e paesistici» introduce l’obbligo, per i Comuni con aree vincolate ai sensi della 1497/39, o la facoltà per gli altri, di dotarsi di Piani
dell’Arredo e del Colore.
19
C. GERMAK (a cura di), Strategie di immagine urbana per l’area metropolitana, per
«Torino Internazionale», Lybra Immagine, Milano 2003.
20
Oltre all’ambito urbano, molte operazioni hanno come territorio e settore di
attività altri contesti: balneare, collinare, montano, sportivo, ecc.
21
E. MANZINI e F. JÉGOU, Quotidiano sostenibile. Scenari di vita urbana, Edizioni
Ambiente, Milano 2003.
22
A. BRANZI, Dall’arredo alla scenografia urbana, in Capire il Design, Giunti,
Firenze 2007, p. 46.
23
Il progetto della torre multifunzione a Copenhagen è dello studio danese BIG
- Bjarke Ingels Group.
24
M. R. BARONI, Psicologia ambientale, Il Mulino, Bologna 1998: «è difficile
stabilire l’estensione semantica del concetto di ambiente nel senso che non si
tratta solo di un luogo, con le sue connotazioni fisiche, e anche affettive e comportamentali: “ambiente” viene piuttosto inteso come contesto fisico e sociale
in cui si sviluppano le personalità e il comportamento dell’individuo».
25
A. MORELLO, End of Trends?, in «StileIndustria», anno III, n. 9, marzo
1997, p. 3.
26
Aldo Cibic in Microrealities (Biennale di Venezia del 2004, cit.), occupan-
108
phere that is not that different from what you find in the city itself. This is why
the arches, columns, and ceramics are not so much classicism interpreted as
such - as merely stylistic features - but as the interpretation of a character” (interview by M. CASAMONTI with R. MONEO, in Area, no. 67, March-April
2003).
12
Microrealities, in the “Metamorph” exhibition, Venice Biennale, 2004,
www.microrealities.org.
These are four projects for Milan and Shanghai with considerations and ideas
about the city in relation to those who live in it. 1. The city gates: new symbols
for new frontiers; 2. Shopping malls + public spaces +: the possibility of creating new urban centres; 3. The kitchen-garden city: regaining possession of
the seasons; 4. Shanghai 100 new underground railway stations, an opportunity to create identity and a sense of belonging in the suburbs.
13
R. GABETTI, S. GIRIODI and L. MAMINO, Gli spazi in negativo nel tessuto
urbano, CLUT, Turin 1981.
14
U. LA PIETRA, “La riappropriazione della città”, in C a s a b e l l a, no. 386,
February 1974.
15
ID., “Modelli attivi di comportamento”, in Casabella, no. 376, April 1973.
16
www.guerrillagardening.com; www.rebargroup.org/projects/parkingday;
www.criticalmass.it; www.guerrilla-innovation.com; www.tolove.splinder.
com/archive/2005-09.
17
DE FERRARI, JACOMUSSI, GERMAK and LAURINI, Il Piano Arredo Urbano
cit., p. 13.
18
In Piedmont, for example, Law no. 20 of 3.4.1989 on the “conservation of
cultural, environmental and scenic heritage”, made it obligatory for municipalities covered by Law 1497/39, and facultative for the others, to adopt an “urban design and colour” plan.
19
C. GERMAK (Ed.), Strategie di immagine urbana per l’area metropolitana, for
“Torino Internazionale”, Lybra Immagine, Milan 2003.
20
As well as in the urban environment, many operations take place at a territorial level and in the context of other activities: for the seaside, hills, mountains, sports, etc.
21
E. MANZINI and F. JÉGOU, Quotidiano sostenibile. Scenari di vita urbana,
Edizioni Ambiente, Milan 2003.
22
A. BRANZI, “Dall’arredo alla scenografia urbana”, in Capire il Design,
Giunti, Florence 2007, p. 46.
23
The multipurpose tower in Copenhagen was designed by the Danish firm
BIG - Bjarke Ingels Group.
24
M. R. BARONI, Psicologia ambientale, Il Mulino, Bologna 1998: “It is difficult to establish the semantic extent of the concept of environment in the sense
that it is not just a place, with its physical features and its affective and behavioural characteristics: the ‘environment’ is rather seen as the physical and social
context in which the personality and behaviour of the individual is developed”.
25
A. MORELLO, “End of Trends?”, in StileIndustria, Anno III, no. 9, March
1997, p. 3.
26
Examining the “city gates” in his Microrealities (Venice Biennale, 2004, cit.),
Aldo Cibic creates original structures that move along a new path towards sustainability, interpreting present-day behaviour in big cities: car-sharing stations
for sharing private vehicles rather than hiring them; “baby parking” centres for
those who need to pop into the city centre; temporary offices, with a full range of
office facilities, in comfortable surroundings and fitted with the latest technology.
27
The Torino The Gate. Porta Palazzo project, which started up in 1996, is designed to improve living and working conditions in the Porta Palazzo - Borgo
Dora district by involving a number of different public and private partners in
actions that focus on a number of aspects of the environment: built-up areas,
dosi di «porte della città», concepisce originali strutture funzionali alle nuove
direzioni di sostenibilità e interpreti degli attuali comportamenti metropolitani: stazioni car sharing in cui viene condiviso il mezzo privato e non quello in
affitto; baby parking per chi deve svolgere rapide incursioni in città; temporary office, dove poter usufruire di servizi temporanei di ufficio, dotati di tutti i comfort e delle più avanzate tecnologie.
27
Il progetto Torino. The Gate. Porta Palazzo, nato nel 1996, è volto a migliorare le condizioni di vita e di lavoro nel quartiere di Porta Palazzo - Borgo Dora,
attraverso il coinvolgimento di diversi partner pubblici e privati in azioni che
hanno come direzione diversi aspetti dell’ambiente: costruito, sostenibile, sociale, economico, culturale (www.comune.torino.it/portapalazzo/The gate).
28
www.torinoworlddesigncapital.it.
29
Nel «Parco d’Arte Vivente», nato in un’area industriale dismessa di Torino,
è centrale il riferimento alla natura, natura dei luoghi (suolo, sottosuolo, acque
e clima) e natura dei materiali costruttivi naturali utilizzati dalle tecniche proprie della bioedilizia che implicano un basso impatto ambientale in fase di costruzione-gestione-demolizione, dismissione dei manufatti e ripristino dei luoghi (www.parcoartevivente.it).
30
Arte in metropolitana: le più famose stazioni del mondo (http://micro.com/metro/metroart.html).
31
Numerose le iniziative in materia. Tra queste, «Pareti ad Arte» (2001), concorso bandito dall’Associazione Artissima di Torino e SIAT - Società degli
Ingegneri e degli Architetti in Torino, per realizzazioni di artisti internazionali a mitigazione di pareti cieche individuate in diversi contesti (centrali e periferici) della città.
32
GERMAK (a cura di), Strategie di immagine urbana cit. Lo studio individua per
i viali urbani di memoria francese (ad esempio corso Galileo Ferraris) un riassetto della sezione viabile in cui viene dato spazio a un percorso di «arte pedonale» integrata agli elementi dell’arredo urbano e del verde.
33
Significativi esempi di manifestazioni periodiche: «Luci d’artista» a Torino
(www.comune.torino.it/artecultura/luciartista); «Festa delle Luci» a Lione
(www.lumieres.lyon.fr); «Luminarie» a Palermo (www.palermodesign.it).
34
«Art in the Forest», rassegna annuale edita dal Comune di Sauze d’Oulx
(Torino), propone di anno in anno tematiche diverse da interpretare con il legno (www.sauzecultura.it).
sustainability, and social, economic and cultural aspects (www.comune.torino.it/portapalazzo/The gate).
28
www.torinoworlddesigncapital.it.
29
In the “Parco d’Arte Vivente”, which has been set up in a disused industrial area of Turin, references to nature are key. They concern the nature of the
place (the land, underground, water and climate) and the natural construction
materials commonly used in low-environmental-impact bio-building, when
building, running and demolishing, and in the disuse and restoration of sites
(www.parcoartevivente.it).
30
Art in the Metro system: the most famous stations in the world (http://micro.com/metro/metroart.html).
31
Many initiatives take up this thread. These include “Pareti ad Arte” (2001),
a contest announced by Associazione Artissima in Turin and SIAT - Società
degli Ingegneri e degli Architetti in Torino - for international artists to mitigate
the impact of blank walls in various areas of the city (in the centre and suburbs).
32
GERMAK (Ed.), Strategie di immagine urbana cit. The study examines Frenchstyle avenues, such as Corso Galileo Ferraris, rearranging the road section to
include a “pedestrian art” route among the green areas and street furniture.
33
There are some significant examples of regular events: “Luci d’artista” in
Turin (www.comune.torino.it/artecultura/luciartista), the “Festival of Lights”
in Lyon (www.lumieres.lyon.fr), and “Luminarie” in Palermo (www.palermodesign.it).
34
“Art in the Forest”, an annual festival organised by the municipality of Sauze
d’Oulx (Turin), each year puts on different themes to be interpreted using
wood (www.sauzecultura.it).
109
ADDENDA
CASI STUDIO
APPLICAZIONI
CASE STUDIES
APPLICATIONS
Autoproduzione dell’energia dal territorio
in Agrindustria snc
Energy production from the land
at Agrindustria snc
L’energia è uno dei fattori fondamentali che determinano la
competitività dell’economia di un Paese e la qualità della vita della popolazione. La valutazione economica fornisce un
indice quantitativo della sua importanza, ma solo di fronte
a situazioni d’emergenza si percepiscono i risvolti qualitativi. Le materie prime che permettono di produrre energia
acquistano un ruolo cruciale sovranazionale, determinando scenari politici ed economici mondiali. La situazione si
acuisce quando le materie prime sono fonti non rinnovabili oppure generano rischi ambientali elevati. La maggior richiesta energetica trova attualmente risposta in una duplice azione: un crescente sfruttamento delle risorse del
Pianeta e una maggiore efficienza energetica. Tali soluzioni creano però un circolo vizioso che non permetterà a lungo termine di garantire lo sviluppo sostenibile che auspichiamo. Un cambiamento profondo di approccio alla problematica, che va oltre le soluzioni tecnologiche specific h e,
porta a riprogettare i flussi di risorse e i rapporti col contesto specifico, generando soluzioni multiple e complesse.
Il progetto che coinvolge l’azienda cuneese Agrindustria,
che trasforma ciò che è considerato secondario nei processi di lavorazione agroalimentare per ricavarne fibre, farine,
granuli e prodotti utilizzati nei più disparati settori produttivi, mira a risolvere problematiche specifiche legate alla situazione produttiva ed energetica dell’azienda.
Lo studio dei flussi energetici e materici che coinvolgono
l’azienda ha permesso di valutare e progettare una centrale a biomassa in cogenerazione che fornisce energia elett rica e termica, in modo da garantire l’autonomia totale dalla rete pubblica per l’approvvigionamento energetico. Il progetto ha tenuto in considerazione lo studio di fattibilità dell’impianto non solo nei suoi aspetti tecnologici ma anche in
quelli logistici di movimentazione e di reperimento delle biomasse. In questo modo si sono studiate soluzioni specifiche
per il terri t o rio che contri buiscono a far raggiungere la quantità di biomassa necessaria al corretto funzionamento del-
Energy is one of the primary determining factors in the competitiveness of a country’s economy and its people’s quality of life. An economic assessment provides a quantitative
index of its importance, but the qualitative implications are
perceived only in emergency situations. The raw materials
for energy production take on a critical, supranational role,
d e t e rmining world political and economic scenarios.The situation is aggravated when the raw materials are non-renewable or pose severe environmental risks. The main energy demands are currently met in two ways: by an increasing exploitation of the planet’s resources and by improved
energy effic i e n c y. H owever, these solutions create a vicious
circle that does not allow the desirable long-term guarantees of sustainable development. A profound change in the
approach to the problem, which goes beyond specific technological solutions, leads to a rethinking of resource flows
and relationships in the specific context, generating multiple, complex solutions.
The project involving the Cuneo company Agrindustria,
which converts secondary agriculture and food processing
materials into fibres, flours, granules and products used in
the most varied production sectors, is intended to resolve
specific problems relating to the company’s energy and production.
A study of the company’s energy and material flows allowed
a biomass, co-generation power plant providing electricity
and heat to be assessed and designed to ensure complete
independence from the national grid. The feasibility study
looked not only at the technological aspects of the power
plant, but also the logistics of handling and sourcing the biomass. S p e c i ficlocal solutions were therefore studied to supply the quantity of biomass necessary for optimum output:
c l e a ring the undergr owth in mountain municipalities, recov ering wood used in the production of fruit crates and pellets
and the cultivation of biodynamic, mixed forests with tree
felling every three years.
112
l’impianto: p u l i t u radei sottoboschi delle comunità montane,
recupero del legno di lavorazione per la produzione di cassette per la frutta e di pellet e la coltivazione di boschetti mi sti da agricoltura biodinamica con taglio ogni tre anni.
Oltre all’installazione di una centralina a cogenerazione, il
progetto sistemico prevede l’introduzione di nuove produzioni industriali:
- pellet da legno vergine delle Alpi;
- farina di mais per polenta controllata in filiera, la cui
elevata qualità deriva dalla scelta di varietà autoctone
antiche e dall’essiccatura in pannocchia;
- legumi interi precotti: prodotti tipici del territorio, disidratati per una conservazione maggiore con metodi naturali;
- funghi ottenuti da un substrato ricco di cellulosa, derivato da materiali prima sotto-utilizzati;
- wood plastic composite o t t e nuta dall’unione di fib r e
vegetali e plastica no-oil;
- fertilizzante natura l e: cenere prodotta dalla centra l e
a biomassa che è ricca di calcio e potassio.
Inoltre, il progetto genera anche una serie di altri benefici:
- depurazione dell’acqua attraverso un bio-lago: l ’ a cqua prelevata dal canale limitrofo attraversa tutta la larghezza dell’area occupata dall’azienda per poi convogliare nel bio-lago; d u rante questo tragitto è previsto un
percorso di rocce, sabbie e piante che consentono la
naturale depurazione dell’acqua;
- piantumazione di alberi ad alto fusto verso il lato della strada per ridurre e migliorare l’impatto visivo;
- educazione alla sostenibilità: la realizzazione di un
percorso didattico illustra i contenuti e le potenzialità
del progetto, inoltre concretizza e rafforza il legame tra
azienda e comunità locale; il riconoscimento delle qualità del progetto e dell’operare dell’azienda rispetto al
territorio diventa così uno strumento di diffusione della cultura della sostenibilità e di autoriconoscimento
della comunità in un’eccellenza locale.
Questa ricerca è la dimostrazione di come un design sistemico porti a un cambiamento delle attività umane produttive in relazione col terri t o ri o : partendo da criticità strettamente legate a una realtà specifica, si arriva a definire benefici
allargati e diffusi di tipo ambientale, economico e sociale,
che hanno la potenzialità di modificare dinamiche relazionali locali e internazionali complesse e delicate.
In addition to installation of a co-generation power plant, the
systemic design provides for the introduction of new industrial production:
- pellets in virgin Alpine wood;
- industry controlled corn flour for polenta, whose high
quality comes from the choice of ancient, native varieties and drying on the cob;
- precooked whole legumes: typical local products, dehy d rated for longer conservation using natural methods;
- mushrooms gr own in a rich layer of cellulose take n
from previously under-used materials;
- wood plastic composite obtained from a combination
of vegetable fibres and non-oil plastic;
- natural fertilizer: ash produced by the biomass power
plant, which is rich in calcium and potassium.
The design also offers several other benefits:
- water purification in a bio-lake: the water taken from
the bordering canal flows right through the area occupied by the company and then into the bio-lake; areas
of rock, sand and plants are planned along its course
to purify the water naturally;
- planting of tall trees towards the road to improve and
reduce the visual impact;
- education and sustainability: an informative pathway
illustrates the content and potential of the design. It also strengthens the link between the company and the
local community. Recognition of the quality of the design and the company ’s work with regard to the local
area thus becomes a means of promoting the culture
of sustainability and the commu n i t y ’s awareness of a
local example of excellence.
This research shows how a systemic design leads to a
change in human production activities with regard to the
land. Starting from a critical situation that is closely related
to a specific scenario, it results in extensive environmental,
economic and social benefits. These have the potential to
alter complex and delicate local and international relational dynamics.
SILVIA BARBERO
SILVIA BARBERO
115
Progettare per l’uomo secondo natura
Design for man according to nature
L’atteggiamento di mero sfruttamento, che l’uomo ha sempre avuto nei confronti delle risorse naturali, ha dovuto da
alcuni decenni confrontarsi con gli ormai pressoché ra ggiunti limiti di sostenibilità da parte del Pianeta.
Questo ha spinto i progettisti a leggere in maniera nuova il
modo in cui la Natura opera, prendendo coscienza di essere parte di un ecosistema e non in competizione con esso.
Si è capito che durante i suoi 3,8 miliardi di anni di esperienza, la Natura ha sviluppato progetti di forma, di processo e di sistema che vale la pena osservare, comprendere
ed emulare.
In realtà la bioemulazione non è cosa recente: da sempre
(si pensi agli studi di Leonardo) l’uomo ha tentato di capire
e imitare i processi natura l i . Attualmente però, le nu ove prospettive di studio e le maggiori conoscenze scientifiche e
tecnologiche offrono spunti progettuali capaci di soddisfare sia i requisiti di funzionalità ed efficienza sia i principi di
sostenibilità ambientale.
Tralasciando l’imitazione puramente estetica delle geomet rie naturali, un primo filone di ricerca è quello che studia la
fo rma in relazione alla funzione. L’adattamento alle condizioni climatiche estreme è un problema che in natura è stato risolto in modi diversi, che vengono imitati nella progettazione di indumenti ed edifici: si combatte il freddo emulando il
manto adattivo delle piume dei pinguini, copiando invece la
Man has always tended to merely exploit natural resources,
but for some decades now has had to face up to the limits
of the planet’s sustainability, which have more or less been
reached.
This has inspired designers to read how nature works in a
new way, waking up to the fact that we are part of an ecosystem and not in competition with it.
It has been understood that during its 3.8 billion years of existence nature has developed designs of form, process and
system that it is worth observing, understanding and emulating.
Bio-emulation is nothing new: man has always tried to understand and imitate natural processes (Leonardo’s studies are an example). But new study prospects and greater
s c i e n t i ficand technological knowledge now suggest design
ideas that can not only meet the requirements of function
and efficiency, but also adhere to the principles of environmental sustainability.
Leaving aside the purely visual imitation of natural geometries, a first line of research is the study of form in relation
to function.The problem of adapting to extreme climatic conditions has been resolved in nature in various ways, which
are imitated in the design of clothing and bu i l d i n g s.
Protection from the cold is provided by copying the adaptive coat of penguin feathers, while forced ventilation may
INSETTI
Molti insetti presentano sensori che percepiscono gli ostacoli
e permettono loro di muoversi in sciami molto fitti senza urtarsi
www.sxc.hu
FARFALLA
La struttura microscopica delle ali riflette in modo selettivo la luce,
variando i colori a seconda dell'incidenza.
www.sxc.hu
PIGNE
La struttura legnosa della pigna è composta da strati che rispondono
in maniera diversa all'umidità, questo permette l'apertura del cono
e il rilascio dei semi.
www.sxc.hu
ZEBRA
La luce riflessa dalle strisce chiare e quella assorbita dalle strisce scure
provoca una ventilazione locale che abbassa la temperatura
superficiale della pelle.
www.sxc.hu
INSECTS
Many insects have sensors that perceive obstacles and allow them
to move in very dense swarms without hitting one another.
www.sxc.hu
BUTTERFLY
The microscopic structure of the wings reflects the light selectively,
varying the colours according to the angle of incidence.
www.sxc.hu
CONES
The woody structure of the cone is made up of layers that respond
differently to humidity, allowing the cone to open and release
the seeds.
www.sxc.hu
ZEBRA
The light reflected by the white stripes and absorbed by the dark
ones causes local ventilation that lowers the surface temperature
of the skin.
www.sxc.hu
116
117
struttura dei termitai o i contrasti di colore presenti sul manto delle zebre si può produrre una ventilazione forzata.
Va riando la microstruttura delle superfici si ottengono prop rietà interessanti, come nel caso delle zampe del geco che
a d e riscono alle pareti senza uso di collanti; e poi le colorazioni iridescenti di farfalle, pavoni e creature marine che sfru ttano la diffrazione della luce per produrre colori vivaci senza
utilizzare i pigmenti; la foglia di loto che sfrutta la tensione superficiale dell’acqua per raccogliere e lavare via le impuri t à .
In natura le geometrie non sono mai statiche e il loro movimento avviene con un’efficienza energetica, un’economia
di materiale e una silenziosità che superano di gran lunga
i sistemi di trasporto umani; viene allora spontaneo progettare gli aerei sul modello delle ali del gufo, in grado di volare senza far rumore, oppure i costumi da nuotatore con le
caratteristiche fluidodinamiche della pelle dello squalo, oppure la capacità propria di alcuni vegetali di ammortizzare
forti raffiche di vento.
Ma le ricerche più interessanti sono quelle che indagano i
processi di trasformazione. Ci sono esempi in cui le risorse naturali vengono utilizzate direttamente nei processi artificiali, come i batteri per la fitodepurazione, il lievito in cucina e i gusci di semi contenenti saponina per il lavaggio.
Per altri processi si cerca invece di isolare il principio e riprodurlo con altri metodi; è il caso della proteina per la produzione della tela del ragno, delle celle fotovoltaiche senza
silicio che imitano la fotosintesi, oppure dei sensori delle locuste per la localizzazione di ostacoli.
È quindi chiaro che la biomimesi offre notevoli vantaggi sia
in termini di efficienza - perché in natura i processi avvengono a temperatura e pressione ambiente, utilizzando gli
elementi chimici più comuni ed in maniera limitata, sia in
termini di sostenibilità - perché imitare la natura significa
agire in accordo e non in contrasto con essa.
Va infine sottolineato che ispirarsi alla natura significa ragionare per relazioni e secondo i principi della complessità. Gli elementi stessi che compongono un sistema sono
una rete di relazioni inserita in reti più grandi, dove il risultato qualitativo dell’intero sistema è maggiore della somma
delle singole parti1.
be produced by reproducing the structure of termite nests
or the colour contrasts in the zebra’s coat.
Interesting properties are obtained by va rying the microstructure of surfaces, as in the case of the gecko’s feet,
which adhere to walls without glue; the iridescent colours
of butterflies, peacocks and sea creatures, which use the
diffraction of light to produce bright colours without pigments; the lotus flower, which uses the surface tension of
water to collect and wash away impurities.
Geometries are never static in nature, moving with an energy efficiency, economy of material and silence that far surpass human tra n s p o rt systems. So it is natural to design
planes using the model of the owl’s wings, which propel it
through the air silently, or swimming costumes based on the
fluid dynamic characteristics of the shark’s skin, or to copy
the capacity of some trees to absorb strong gusts of wind.
But the most interesting research is into tra n s fo rmation
processes. There are examples in which natural resources
are used directly in artificial processes, such as bacteria for
phyto-puri fication, yeast for cooking and seed pods containing saponin for washing. In other processes attempts are
made to isolate the principle and reproduce it by other
means.
This is the case with the protein used to make spider’s webs,
p h o t ovoltaic cells without silicon, which imitate photosynthesis, and obstacle detection devices based on locusts’
sensors.
So it is clear that biomimesis offers numerous advantages
both in terms of efficiency - because processes take place
in nature at the ambient pressure and temperature with parsimonious use of the most common chemical elements and sustainability, because imitating nature means acting
in accordance with it, not in contrast to it.
Finally, taking inspiration from nature means reasoning by
relationships and according to the principles of complexity.
The elements that make up a system are themselves a network of relationships in larger networks, where the qualitative result of the entire system is greater than the sum of its
parts.1
ALESSANDRO BALBO and RICCARDO VICENTINI
ALESSANDRO BALBO e RICCARDO VICENTINI
1
1
Si veda J. M. BENYUS, Biomimicry: Innovation inspired by nature,
Harper Perennial, Londra 2002. C. LANGELLA, Hybrid design: pro gettare tra tecnologia e natura, Franco Angeli, Milano 2007, S.
VOGEL, Zampe di gatto e catapulte: mondi meccanici naturali e ar tificiali, Giovanni Fioriti, Roma 2001.
118
See J. M. BENYUS, Biomimicry: I n n ovation inspired by nature,
H a rper Perennial, London 2002. C. LANGELLA, Hybrid design: prog ettare tra tecnologia e natura, Franco Angeli, Milan 2007, S. VOGEL,
Zampe di gatto e catapulte: mondi meccanici naturali e artificiali,
Giovanni Fioriti, Rome 2001.
Dalla processionaria del pino ai pannelli
isolanti
From the pine processionary caterpillar
to insulation panels
Può un problema, un vero e proprio flagello, diventare una
risorsa? Ecco la domanda chiave che ha animato questa
ricerca. E quindi: cosa nasconde, dietro le sole negatività,
un problema che non riesce ad essere risolto? Come mai
non riusciamo a trovare un equilibrio naturale per tenerlo
sotto controllo?
Tutto comincia con l’osservazione fenomenica: un insetto che
devasta le foreste di pini delle nostre montagne, un insetto
pericoloso anche per l’uomo, un insetto che non si riesce a
combattere, la Taumatopoea Pityo c a m p a, comu n e m e n t e
detta «processionaria del pino». Come mai i mezzi umani
non riescono a combatterlo? Il modo più atavico e immediato per distruggere l’insetto è bruciare il suo nido, ma questo
si dimostra un metodo inefficace, perché, pur bruciando per
ore, il nido conserva la vita delle larve al suo intern o.
Questo cosa significa? Significa che la processionaria ha inventato un modo per proteggersi dal fuoco. Per risolvere l’enigma, è stato necessario ricorrere a numerose altre analisi.
Insieme ad alcuni ricercatori del CNR di Biella si sono condotte analisi sulla fibra che compone il nido. Le indagini microscopiche hanno sottolineato che si tratta di una fib ra sottilissima, di circa 7 micron, molto uniforme e di grande resistenza meccanica. Gli studi chimici invece l’avvicinano come composizione chimica e proteica alla seta. Resta il fatto che nessuno di questi studi ha evidenziato una particolare resistenza a fuoco e calore della singola fibra.
Scartate queste ipotesi, l’attenzione si è rivolta al materiale così come lo si trova in natura. Le indagini hanno messo
in attenzione una particolare struttura del «tessuto», che è
risultato essere di 12-15 strati. Dalle prove di trasmittanza
termica effettuate al dipartimento di Energetica del Politecnico di Torino il materiale, ripulito degli scarti di origine
vegetale e organica, è risultato essere due volte più isolan te, dal punto di vista termico, del miglior materiale ora in
commercio.
La prova, effettuata più volte per verificare l’attendibilità dei
risultati emersi, ha confermato sempre lo stesso dato e il
nido di processionaria è diventato quindi un fenomeno di
grande interesse.
La ricerca si carica inoltre di un aspetto ambientale molto
interessante, quello della sostenibilità dei materiali isolanti. Per paragonare il tessuto di processionaria con gli altri
isolanti si è utilizzato il metodo empirico del calcolo della
cosiddetta impronta ecologica del materiale, dal quale è
emerso che un metro quadrato di tessuto di processiona-
Can a problem that is a real scourge become a resource?
This is the key question behind this research. So what is
hidden behind a problem that cannot be solved, apart from
its simple negativity? Why are we unable to find a natural
balance to keep it under control?
It all begins with observation of a phenomenon: a caterpillar that devastates pine forests in our mountains, is also
dangerous to man and cannot be controlled: the Tauma topoea Pityocampa, commonly known as the ‘pine processionary caterpillar’. Why are human means unable to control it? The most primordial and immediate method of destroying the caterpillar is to burn its cocoon, but this proves
ineffective, because the larvae survive even after burning it
for hours.
This means that the processionary caterpillar has invented
a way of protecting itself from fire. To solve the enigma, other studies had to be made.
The cocoon fibre was studied with some researchers from
the CNR in Biella. Microscopic studies showed that it is extremely fine, about seven microns, ve ry regular and has
high mechanical resistance. Chemical analysis showed that
its chemical and protein composition make it similar to silk.
But none of these showed it had any particular resistance
to fire and heat.
The first theories were therefore discarded and attention focused on the material as it is found in nature. New studies
highlighted the particular structure of the ‘fabric’, which is
made up of 12-15 layers. Tests for heat transference made
by the Energy Department at Politecnico di Torino on the
material, cleaned of all ve g e t a ble and organic detri t u s,
showed that it has double the heat insulation properties of
the best material now on the market.
The test was carried out several times to verify the results
and continued to confirm the same data, so the caterpillar’s
cocoon has become a highly interesting phenomenon.
The research also took on an exciting environmental aspect
regarding the sustainability of insulation materi a l s.The empirical method of calculating the so-called ecological footprint of the material was used to compare the cocoon’s fabric with other insulation materials. The result was that one
square metre of the processionary caterpillar’s cocoon fa bric has an ecological fo o t p rint four to ten times less than other materi a l s, even those defined as sustainabl e, such as
cork and fibres derived from maize.
There are obviously numerous possible uses for such a ma-
119
ria ha un’impronta ecologica da dieci a quattro volte inferiore rispetto agli altri materiali, anche rispetto a quelli definiti sostenibili, come il sughero e le fibre derivate dal mais.
Gli sbocchi possibili per un materiale simile sono evidentemente molteplici, dall’isolamento edilizio ai tessuti imbottiti, dai semplici oggetti a sistemi di coibentazione più complessi e, viste le caratteristiche del materiale, più sostenibili da un punto di vista ambientale ed edilizio.
CARLOTTA MONTANERA
120
terial - from building insulation to padded fabrics, from simple objects to complex insulation systems - and, given its
chara c t e ri s t i c s, these are also more sustainable in both environmental and construction terms.
CARLOTTA MONTANERA
Uomo-Prodotto: il progetto, la mostra,
il sito internet, i risultati
Man-Product: the project, the exhibition,
the website, the results
«Innovazione&Design» è un progetto del Corso di Studi in
Disegno Industriale del Politecnico di Torino che si è concretizzato in una mostra itinerante nelle scuole medie inferiori e superiori della Regione Piemonte con l’obiettivo di
creare una rete di comunicazione e un dibattito culturale sui
temi della sostenibilità ambientale, indagando il grado di
consapevolezza degli studenti di oggi, società del domani.
La base della ricerca analizza gli atteggiamenti del quotidiano che evidenziano un sistema di va l o ri e comportamenti che vede la centralità del Prodotto e del benessere economico contrapposta all’insieme di valori che porta l’Uomo
al centro dell’attenzione e delle riflessioni nel proprio contesto sociale, in un rinnovato umanesimo reale e culturale.
Da queste considerazioni è nata la mostra itinerante che
offre una percezione immediata dei temi discussi attraverso l’utilizzo d’immagini evocative e parole-chiave con l’intento di suscitare reazioni nei giovani visitatori.
La mostra si presenta quindi come un’esperienza di coinvolgimento totale, un libero percorso in cui i visitatori sono
stimolati a creare relazioni tra i diversi argomenti. Pa ra ll e l a m e n t e, i contenuti e gli obiettivi della mostra vengono
presentati nelle scuole attraverso incontri con gli studenti e
il corpo docente, evidenziando le contraddizioni del mondo
moderno, spiegando la sostenibilità in termini di esigenze
e necessità del presente e proponendo loro delle attività di
gruppo per aprire un canale di dialogo. Gli studenti hanno
a disposizione numerosi strumenti per esprimere le proprie
riflessioni convogliate in un sito internet che raccoglie immagini, video, blog e musica.
Le considerazioni dei giovani studenti, le loro opinioni sui
comportamenti che sottendono le differenti visioni, e tutto
ciò che loro ritengono importante esprimere fa parte dell’allestimento che chiude l’esperienza itinerante della mostra.
Tutti i contributi sono quindi raccolti e comunicati anche fuori dal contesto scolastico, con lo scopo di promuovere una
maggior consapevolezza dei problemi ambientali, la condivisione di valori comuni e una possibile coscienza ecologica condivisa, capace di generare società sostenibili.
‘Innovazione&Design’ is a teaching project developed by
the Industrial Design Studies Course at Politecnico di
Torino that has taken the form of an exhibition travelling to
intermediate and secondary schools in the Piedmont
Region. It is aimed at creating a communication network
and cultural debate on environmental sustainability and
studying the level of knowledge among the students of today, the society of tomorrow.
The basic research analyses everyday attitudes that reveal
a system of values and behaviours in which the Product and
economic well-being have central place, contrasting with
the values that make Man the centre of attention and thinking in his own social context, in an updated, real and cultural humanism.
These considerations led to the travelling exhibition, which
offers an immediate perception of the subjects discussed
by way of evocative images and key words aimed at stimulating a reaction in the young visitors.
The exhibition is one of total involvement. It is an open pathway on which visitors are encouraged to create links between the various subjects. The content and aims of the exhibition are presented at meetings in the schools with students and teaching staff, where the contradiction of the
modern wo rld is highlighted, sustainability explained in
terms of the needs and necessities of the present and gr o u p
activities proposed for opening up a channel of communication.The students have numerous means available to express their thoughts, which are sent to a website featuring
images, videos, blogs and music.
The travelling exhibition ends with the students’ ideas and
opinions on the behaviours implied by the different views
and anything else they think worth mentioning. All contri butions are then collected and communicated, also outside
the school sphere, in order to promote a greater awareness
of environmental problems, the sharing of common values
and a possible common ecological knowledge capable of
generating sustainable societies.
LIDIA SIGNORI
LIDIA SIGNORI
122
Mostra ideata e curata da Disegno Industriale, Politecnico
di Torino
Responsabile scientifico: prof. Luigi Bistagnino
Coordinamento: Paolo Tamborrini
Coordinamento attività nelle scuole: Cristian Campagnaro,
Clara Ceppa, Sergio Corsaro, Lidia Signori
Mostra realizzata con il contributo della Regione Piemonte,
in collaborazione con TOP-IX per il portale internet
e Stramandinoli per l’allestimento.
http://innovazionedesign.topix.it/
Exhibition conceived and curated by Industrial Design,
Politecnico di Torino
Scientific director: Prof. Luigi Bistagnino
Coordination: Paolo Tamborrini
Coordination of activities in the schools: Cristian Campagnaro,
Clara Ceppa, Sergio Corsaro, Lidia Signori
Exhibition organised with the support of the Piedmont Region,
in association with TOP-IX for the internet portal
and Stramandinoli for the staging.
http://innovazionedesign.topix.it/
Cinque miliardi di sfere... verdi. Input
biodegradabili e valorizzazione degli output
Five billion (green) balls. Biodegradable input
and utilisation of output
Il design sistemico, secondo principi di efficienza propri della natura, ridiscute il sistema prodotto nel suo complesso,
gli input di materia e i loro flussi, le tecniche, le lavorazioni
e i relativi carichi energetici, fino a definire conferimenti degli output che ne va l o rizzino la qualità. Per NN Euro p e spa,
società del gruppo americano NN Inc. leader nella produzione di sfere d’acciaio per cuscinetti volventi, questa «rilettura» si traduce nella possibilità di produrre nel proprio
stabilimento di Pinerolo, in provincia di Torino, 16.000 tonnellate di sfere senza utilizzare liquidi ausiliari inquinanti.
La ricerca, condotta in collaborazione con la Laurea Magistrale in Ecodesign del Politecnico di Torino e la fondazione ZERI - Zero Emissions Research & Initiatives foundation, riduce sensibilmente l’impronta ecologica dell’azienda. A cominciare dall’impiego di input di lavorazione a elevata biodegradabilità: tensioattivi deri vati dall’amido di mais
e dall’acido grasso di cocco, in soluzione con acqua e bicarbonato di sodio, sostituiscono perfettamente i prodotti di
origine idrocarburica che oggi sono impiegati nelle lavorazioni di lavaggio e lubro-refrigerazione.
«Zucchero al posto del petrolio», possiamo sintetizzare in
questo modo una suggestiva innovazione prossima all’avviamento in produzione e desunta dall’osservazione di un
fenomeno naturale come la tensione superficiale.
La ricerca porterà a ulteriori incrementi della sostenibilità
ambientale del processo produttivo, realizzando quello che
in NN Europe chiamano il «canale verde»: le mole di finitura superficiale potranno essere prodotte con resine legnose, scarto della fil i e radel legno, in sostituzione della bachelite, inquinante nelle fasi di produzione e di smaltimento
post-uso; l’utilizzo di esteri vegetali nelle fasi di stampaggio
permetterà di eliminare l’olio intero minerale; «nuovi» processi di tempra a induzione, più efficienti di quelli tradizionali a forno, utilizzeranno per il raffreddamento acqua invece di olio minerale.
I sistemi viventi, in natura, sono intimamente legati all’ambiente da reciprocità complesse che determinano continui
processi di adattamento, degli uni e dell’altro. Il progetto sistemico, in conformità a questo modello virtuoso, rivitalizza i legami dell’azienda con il proprio contesto sulla base
degli output prodotti.
Le materie prime di origine vegetale facilitano il loro utilizzo
anche una volta diventate «scarti». Così le potenzialità degli output non tossici si concretizzano in una «fil i e raproduttiva» di valore: i processi di fito-depurazione delle acque di
Systemic design according to nature’s own principles of efficiency reconsiders the entire product system: material inputs and flows, techniques, processing and relative energy
loads through to defining potential quality aspects of the
output. To NN Euro p e spa, part of the American NN Inc.
group, leader in the production of steel balls for rolling bearings, this ‘reinterpretation’ t ranslates into the possibility of
producing 16,000 tonnes of balls at its factory in Pinerolo,
Turin, without using auxiliary, polluting liquids.
The research, carried out in association with the Ecodesign
degree course of Politecnico di Torino and the ZERI - Zero
Emissions Research & Initiatives foundation, markedly reduces the company’s ecological footprint. It begins with the
use of highly biodegradable processing inputs: surfactants
derived from corn starch and coconut fat acid, in solution
with water and sodium bicarbonate, perfectly replace the
hydrocarbon-based products currently used in the washing
and lubro-refrigeration stages.
An exciting innovation about to be launched, based on observation of the natural phenomenon of surface tension,
may be summarised as ‘sugar instead of oil’.
The research will lead to further increases in the environmental sustainability of the production process, achieving
what is known at NN Europe as the ‘green channel’: the surface finishing grindstones may be made from wood resins
taken from wood industry waste in place of bakelite, which
is polluting in the production stages and in post-use disposal; vegetable esters will be used at the pressing stages instead of whole mineral oil; ‘ n ew ’ induction tempering
p r o c e s s e s, more efficient than traditional firing methods,
will use water instead of mineral oil for cooling.
Living systems in nature are closely tied to the environment
by complex reciprocal relationships that require constant
processes of adaptation in both directions. Systemic design, in accordance with this virtuous model, revitalises the
company’s links with its own context on the basis of the outputs produced.
Using raw materials of vegetable origin facilitates their further use when they have become ‘waste’. The potential of
the non-toxic output is thus made part of a valuable ‘production system’. The phyto-purification processes of the
waste water are of such high quality that it will be possible
to cultivate algae and farm native fish in the treatment
ponds; mushrooms as a foodstuff and for pharmaceutical
use may be grown in the sublayer of corncobs used to dry
126
lavorazione permetteranno, tale sarà la loro qualità, la coltivazione di alghe e l’allevamento di specie ittiche autoctone
nelle vasche di trattamento; sarà possibile coltivare funghi
commestibili e ad uso farmaceutico sul substrato di tutolo di
mais, per l’asciugatura delle sfere, che l’azienda oggi dismette come ri fiu t o ; saranno infine proposte nuove e più opportune applicazioni per gli sfridi di acciaio delle lavorazioni sup e r ficiali il cui smaltimento oggi è solo un costo.
Quanto descritto è estremamente signific a t i vo per il modo
in cui riesce a coniugare attenzione all’ambiente, profit t o, efficienza produttiva, rispetto degli standard qualitativi, relazioni virtuose con il terri t o rio; ma la più grande innovazione
consiste nello spingere il produttore a un ripensamento della propria identità verso nu ovi modelli economici complessi
e sopratutto oltre una possibile strategia di core-business.
CRISTIAN CAMPAGNARO
128
the balls, which are currently discarded as waste; and new
and more appropriate applications will be proposed for the
steel swarf from the surface finishing, whose disposal is currently only a cost.
This is all extremely significant for the way in which it combines care for the environment, profit, production efficiency, respect for quality standards and virtuous relations with
the district. But the most important innovation is inspiring
the manufacturer to rethink its own identity, in the direction
of new complex economic models and, especially, beyond
a possible core business strategy.
CRISTIAN CAMPAGNARO
Salone sistemico: un modello esportabile
di manifestazione fieristica a zero emissioni
Systemic exhibition: an exportable trade fair
model with zero emissions
Il progetto di ricerca «Millennium Ecosystem Assessment»,
lanciato dall’Onu nel 2001, ha presentato i risultati sullo stato di salute dell’ambiente terrestre nel marzo del 2005: uno
dei dati su cui gli studiosi concordano è che la maggiore
causa d’inquinamento e distruzione di ecosistemi e biodiversità è la produzione e commercializzazione del cibo.
Negli ultimi cinquant’anni gli uomini hanno cambiato gli ecosistemi più velocemente ed estensivamente che in ogni periodo comparabile della storia dell’umanità, soprattutto per
fronteggiare la rapida crescita della domanda di cibo, acqua, legname, fibre e carburante. Ciò ha provocato una sostanziale e irreversibile perdità di biodiversità.
Il Salone Internazionale del Gusto è, nel campo fie ristico
alimentare, la risposta all’omologazione determinata da un
mercato globalizzato, penalizzante per la piccola produzione di qualità. Nasce dall’idea di preservare il patrimonio culturale e ambientale legato alla gastronomia, rivitalizzando
le microeconomie locali. Per cinque giorni ogni due anni, il
polo fieristico del Lingotto a Torino ospita circa 175.000 visitatori in 78.500 mq, 167 stand istituzionali, 650 espositori, 300 Presidi e ancora spazi di ristorazione, degustazione, aule didattiche, laboratori del gusto e molto altro (dati
del Salone del Gusto del 2006).
Il concomitante meeting internazionale delle comunità del
cibo, Terra Madre, trasforma Torino in un «villaggio globale
del cibo», momento in cui 1.600 Comunità del Cibo provenienti da cinque continenti, 5.000 contadini, allevatori, pes c a t o ri e produttori artigianali dell’agroalimentare (150 paesi di provenienza), s’incontrano con i delegati di 400 unive rsità, fondazioni e 1.000 cuochi (dati Terra Madre 2006), per
condividere i problemi generati dall’agricoltura intensiva e
lesiva delle risorse naturali e dall’industria alimentare di
massa, che mira all’omologazione dei gusti e mette in pericolo l’esistenza stessa delle piccole produzioni.
La necessità di una manifestazione fieristica a zero emissioni nasce quindi dalla volontà di armonizzarsi ai principi
che sono alla base del manifesto di Slow Food «Buono,
Pulito e Giusto» e dall’obbligo morale di intervenire per ridurre l’impatto ambientale degli eventi presi in esame (il
Salone Internazionale del Gusto e Terra Madre producono
circa 190 tonnellate di rifiuti in cinque giorni pari al 3% della produzione di ri fiuti degli abitanti di To rino e Provincia, nel
medesimo tempo).
I tre soggetti promotori del progetto di ricerca, S l ow Food,
Disegno Industriale (Politecnico di To rino) e la fondazione
The research project entitled ‘Millennium Ecosystem
Assessment’, launched by the UN in 2001, presented its report on the Earth’s ‘state of health’ in March 2005. One thing
scholars agree on is that the main cause of pollution and
the destruction of ecosystems and biodiversity is the pro duction and marketing of food. In the last 50 years man has
changed the ecosystems more rapidly and extensively than
in any comparable period in his history, mainly to meet the
rapid growth in the demand for food, water, wood, fibre and
fuel. This has brought about a substantial and irreversible
loss of biodiversity.
In the world of food fa i r s, the Salone Internazionale del
Gusto is a response to the standardisation of a globalised
market, which penalises small quality production. It arose
from the idea of preserving the cultural and environmental
heritage of food and bevera g e s, revitalising local microeconomies. For five days every two years, the Lingotto trade
fair complex in Turin is host to about 175,000 visitors in
78,500 m2, with 167 institutional stands, 650 ex h i b i t o r s,300
Presidi and further space for food outlets, tasting, teaching
rooms, tasting wo rkshops and much more (figures from the
2006 Salone del Gusto).
The accompanying international meeting of the food community, Terra Madre, transforms Turin into a ‘global food village’, with 1,600 Food Communities from five continents,
5,000 farmers, breeders, fishermen and artisan agricultural and food producers (from 150 countries), meeting 1000
cooks and the delegates from 400 universities and foundations (figures from 2006 Terra Madre) to discuss the problems generated by intensive agri c u l t u r e, which is harmful
to natural resources, and by the mass food industry, which
aims at the standardisation of tastes and endangers the actual existence of small producers.
The need for a trade fair exhibition with zero emissions
arose from the desire to adhere to the guiding principles of
Slow Food: ‘good, clean and fair’; and from the moral obligation to act to reduce the environmental impact of the
events studied (the Salone Internazionale del Gusto and
Te r ra Madre produce about 190 tonnes of ru bbish in five
days, equal to 3% of the waste generated by the inhabitants
of Turin and its province in the same period).
The three promoters of the research project, Slow Food,
Industrial Design (Politecnico di Torino) and the ZERI fo u ndation, share the hypothesis that the aspect to be considered in a sustainable system is not so much the part relat-
129
ZERI, condividono l’ipotesi teorica che in un sistema defin i t o
sostenibile ciò che va considerato come tale non è tanto
l’aspetto relativo alla crescita economica, allo sviluppo, all’ottenimento di vantaggi competitivi, quanto piuttosto l’intero ciclo di vita del prodotto (nel nostro caso gli eventi fie ristici analizzati) e il suo relazionarsi con il contesto in cui si localizza.
La chiave per giungere alla sostenibilità ecologica e al rispetto di una nuova qualità produttiva in campo alimentare,
risiede quindi nella figura del c o - p r o d u t t o r e, che è responsabile dello sviluppo economico del proprio terri t o rio attraverso le scelte negli acquisti di tutti i giorni e che, in una nuo va società civile globale, progetta i processi industriali e sociali a immagine e somiglianza degli ecosistemi naturali. Le
attività produttive, infatti, applicando la visione sistemica,
possono rispecchiare il modo in cui funziona la natura dove
anche le eccedenze vengono metabolizzate dal sistema. Ne
d e ri va che ciò che per una realtà è uno scarto, e quindi come tale estremamente inutile, materia da smaltire e fo ri e ra
unicamente di spese, può garantire la soprav v i venza di
un’altra realtà, vicina per interesse o dislocazione fisica, che
vede in essa materia prima di trasformazione.
Il «Salone sistemico: un modello esportabile di manifestazione fieristica a zero emissioni» è quindi un progetto (inserito nel programma di Torino World Design Capital 2008)
in divenire orientato alla progressiva riduzione dell’impatto
ambientale dei futuri Salone Internazionale del Gusto e
Terra Madre: lo sviluppo della ricerca, in tre edizioni, punta
alla promozione di nuovi scenari sostenibili di consumo e
di gestione degli output (rifiuti) a livello territoriale.
È stata attivata una rete di saperi interdisciplinari che prende in esame ambiti progettuali differenti e complessi: acqua,
energia, emissioni di CO2, mobilità, ristora z i o n e, ri fiuti, imballaggi, allestimenti, fornitori e logistica. L’ o rientamento verso la gestione sostenibile di tali eventi ha come ricaduta pratica la generazione di un sistema di cri t e ri di valorizzazione
degli output, perseguito attraverso meccanismi di mercato
che stimolano la riduzione di tutte le fo rme di ri fiu t o.
Un processo di «innovazione mentale» che non sacri fica le
componenti caratterizzanti del prodotto fieristico analizzato ma ne ottimizza i flussi di «produzione» adattandoli alle
qualità locali del territorio con lo scopo di educare, tutelare
e promuovere.
Seguendo quest’impostazione, coniugando etica e conoscenza in modo creativo, si opera in vista di obiettivi estremamente concreti: individuare nuove risorse, produrre con
un minor impatto ambientale, attivare nuovi ambiti produttivi, generare lavoro.
ing to economic growth, development and competitive advantage, but to the entire lifecycle of the product (in our case
the trade fairs analysed) and its relationship with its context.
The key to achieving ecological sustainability and respect
for a new production quality in the food sector lies in the figure of the co-producer, who is responsible for the economic development of his own area through everyday purchasing choices and who, in a new global civil society, designs
the industrial and social processes on the basis of natural
ecosystems. By applying the systemic view, production activities can reflect the way nature functions, whereby any
excess is also metabolised by the system.The result is that
what is waste to one person, and therefore extremely usel e s s, a material to be disposed of and a simple waste of
money, may guarantee the surv i val of someone else with
similar interests or in a nearby location who sees it as a raw
material for processing.
The ‘Systemic trade fair, an exportable trade fair model with
zero emissions’ is therefore a project (part of the Tu rin Wo rl d
Design Capital 2008 programme) in the making, aimed at
gradually reducing the environmental impact of future
Salone Internazionale del Gusto and Te r ra Madre fairs.The
development of the research, in three stages, is aimed at
promoting new sustainable scenarios for consumption and
waste management at a local level.
A network of interdisciplinary knowledge has been set up
to look at different, complex design spheres: water, energy,
CO2 emissions, tra n s p o rt, food and beve ra g e, waste, packaging, stand fit t i n g s, suppliers and logistics. The pra c t i c a l
spin-off from directing such events toward sustainable management is the formulation of criteria for appraising the outp u t s, using market mechanisms that stimulate the reduc tion of all forms of waste.
It is a process of ‘mental innovation’ that does not sacrifice
the chara c t e ristic components of the trade fair product
analysed, but optimises its ‘production’ f l ow s, adapting
these to the local qualities of the area with the aim of edu cating, safeguarding and promoting.
Fo l l owing this approach, creatively combining ethics and
knowledge, extremely concrete aims are set: to identify new
resources, produce with a lower environmental impact, inspire new production spheres and create jobs.
FRANCO FASSIO
FRANCO FASSIO
131
Esploratore 1, 2, 3: applicazioni del metodo
Explorer 1, 2, 3: method applications
Esploratore 1: Monetti International Tray Design
Competition
Explorer 1: Monetti International Tray Design
Competition
DESCRIZIONE SINTETICA DELL’OPERAZIONE
Partecipazione del Corso di Disegno Industriale 1 (a.a.
2006/2007) al concorso internazionale bandito da Monetti
spa per la progettazione di un nuovo vassoio.
L’operazione ha impegnato 160 studenti, da febbraio a fine
maggio 2007.
SUMMARY DESCRIPTION
Participation of the Industrial Design Course 1 (2006/7 academic year) in the international competition held by
Monetti spa for the design of a new tray.
The operation involved 160 students from February to the
end of May 2007.
BRIEF
Il brief del concorso bandito da Monetti spa richiede la realizzazione di un progetto per un nuovo vassoio in materi a l e
plastico, ascrivibile a una delle seguenti categorie: vassoio
di servizio, vassoio per self-service, vassoio «happy hour»,
che risponda a precisi requisiti definiti per ognuna di esse.
BRIEF
The Monetti competition brief called for the design of a new
plastic tray in one of the following categories: service tray,
self-service tray, ‘happy hour’ t ray, responding to precise requirements set down for each one.
AMBITI DI RICERCA
La ricerca individua i verbi «contenere, trasportare e servire», rispondenti alle domande «cosa? come? dove?», per
indagare, oltre le tipologie, le tecnologie, i materiali indicati dal brief, il vassoio nella sua evoluzione storica, nelle sue
infinite tipologie e conformazioni, incentivando così tra nsfert da settori, culture, modalità d’uso differenti.
SCENARIO
Gli scenari presentati ai 160 studenti del corso consentono un’immersione nelle esigenze delle utenze principali
che si interfacciano con le tre macrocategorie indicate dal
brief. Visitare la mensa universitaria, invitando lo studente
a un’osservazione critica e alla formulazione di domande
al personale e agli utenti, consente di delineare i requisiti
imprescindibili per il vassoio self-service; t r ovarsi a consumare il «pasto in piedi» insieme fa emergere criticità legate ai diversi tipi di cibi che accompagnano gli aperitivi, ai
b i c c h i e ri che vengono serviti e ai possibili luoghi di consumo, arricchendo la complessità dello scenario del vassoio
«happy hour»; la professionalità dei camerieri chiamati a
esporre in aula offre invece un prezioso contributo per la
successiva stesura di esigenze e requisiti del vassoio «di
servizio».
A partire da questa base comune, cui i singoli scenari emersi fanno riferimento, ogni gruppo, formato da tre studenti,
sceglie di esplorare specifiche esigenze individuate durante la fase di ricerca.
132
RESEARCH FIELDS
The research identified the verbs ‘to contain, to carry and to
serve’, in response to the questions ‘what? how? and
where?’, to study not only the types, technologies and mat e rials indicated by the brief, but also the historic deve l o pment of the tray in its infinite types and shapes, thus inspiring transfers between sectors, cultures and different usages.
SCENARIO
The scenarios presented to the 160 students allowed an
immersion in the needs of the main users, merging with the
three macro-categories indicated by the brief. The obligatory requirements for the self-service tray were defined by
visiting the university café, where students were asked to
make a critical observation and formulate questions for the
staff and users; eating together ‘on the run’ revealed critical
aspects relating to the different kinds of food served with
aperitifs, the glasses used and the possible places of consumption, enriching the scenario for the ‘happy hour’ tray;
a valuable contri bution for the subsequent drafting of the
needs and requirements of the ‘service’ t ray was then made
by professional waiters invited to speak in the lecture room.
Starting from this common base, to which the individual scenarios refer, each group of three students chose to explore
specific needs identified during the research stage.
META-DESIGNS, GUIDELINES
The new concepts proposed by the students as a result of
the experience gained on the subject were discussed and
METAPROGETTI, LINEE GUIDA
I new concept proposti dagli studenti, quale risultato dell’esperienza accumulata sull’argomento, vengono discussi
e verificati prima di essere tradotti in metaprogetti, tramite
la metodologia esigenziale-prestazionale che dà risposte
puntuali a ogni esigenza rilevata attraverso requisiti e prestazioni richieste.
PROGETTI
Gli avanprogetti, maturati in elaborati grafici, modelli reali e
virtuali, attraverso ripetuti feed-back con la docenza che ind i rizzano lo sviluppo della proposta verificando le prestazioni offerte, hanno dato forma a una quarantina di progetti che sono stati presentati al concorso.
Tra i progetti inviati del Corso di DI1 risulta anche Vasso ietta, vincitore del Primo Premio del Concorso, un vassoio
capace di rispondere, grazie alla rigorosa metodologia applicata nelle diverse fasi di progettazione, alle prestazioni
funzionali richieste dalle utenze di riferimento (self-service)
e alle esigenze produttive e ambientali individuate dall’azienda.
L’intento di Vassoietta è quello di rendere più «domestico»
il vassoio utilizzato in pausa pranzo. Un vassoio termoformato in policarbonato che ha l’aspetto di una tovaglietta in
tessuto un po’ stropicciato, un’immagine casalinga confermata anche dalla scelta dei colori e dei tessuti riprodotti.
veri fied before being translated into meta-designs using demand-performance methodology, which gives precise responses to every need discovered through requested requirements and performances.
DESIGNS
The advance designs were developed into graphic papers
and real and virtual models through repeated feedback with
the teaching staff; 40-odd designs were then entered into
the competition.
One of the DI 1 Course designs sent was the Vassoietta,
winner of the first prize. This tray responds to the functional performances requested by the reference usage (selfservice) and to the production and environmental needs
identified by the company, thanks to the rigorous methodology applied at the various design stages.
The aim of the Vassoietta was to make the tray used at
lunch more ‘homely’. It is in therm o fo rmed polycarbonate
and looks like a slightly rumpled fabric placemat, a household image also confirmed by the choice of colours and fa bric reproduced.
Esploratore 2: Workshop e tesi Saturno Casa
Explorer 2: Saturno Casa workshops
and submissions
DESCRIZIONE SINTETICA DELL’OPERAZIONE
Workshop
Il Politecnico di Torino in collaborazione con Saturno Casa
ha proposto un workshop sul polipropilene compatto in lastre agli studenti dei C o rsi di Laurea in Disegno Industriale e Progetto Grafico e Virtuale, che hanno lavorato per 5 giorni in modalità full-time, sotto la guida dei docenti di progettazione e di tutte le altre materie previste per
i rispettivi corsi di studio.
Tesi
Nata dalla necessità di organizzare i risultati del workshop,
si propone di cogliere e ampliare gli spunti che ne sono
emersi, al fine di dare all’azienda nuovi strumenti per la definizione di ambiti di progetto innovativi.
SUMMARY DESCRIPTION
Workshop
The Politecnico di To rino in association with Saturno Casa
offered a wo rkshop on compact polypropylene sheets to students in the Industrial Design and the V i rtual and Graphic
Design degree cours e s.They wo rked full-time for five days
under the guidance of the design lecturers and those of the
other subjects required for the respective study courses.
Submission
The ideas emerging from the workshop were collected and
expanded to give the company new tools for defining innovative design spheres.
BRIEF
Workshop
Il brief fornito dall’azienda è aperto: si richiede di indagare
gli attuali scenari di utilizzo del semilavorato al fine di proporne di innovativi, consoni alle sue cara t t e ristiche e potenzialità (DI2 e DI3), di individuare nuovi prodotti (DI1), nuovi prodotti e settori nella comunicazione (PGV2 e PGV3),
elaborare nu ove caratterizzazioni gra fiche di prodotti esistenti (PGV1).
Tesi
Il brief che dà origine alla tesi è frutto della rielaborazione
delle richieste dell’azienda alla luce dei risultati del workshop, proponendone un’organizzazione e ri e l a b o ra z i o n e.
AMBITI DI RICERCA
Workshop
La ricerca ha come punto di partenza le caratteristiche del
materiale e del semilavorato, le tecnologie di lavorazione,
trasformazione, stampa.
Tesi
Nella tesi il campo d’indagine si allarga affrontando una più
approfondita analisi delle possibilità «tridimensionali» della
lastra, delle sue potenzialità espressive, oltre che delle capacità produttive e distri butive dell’azienda. La ricerca diviene così una banca-dati organizzata, uno strumento utile alla progettazione di prodotti in polipropilene compatto in lastre.
SCENARIO
Workshop
134
BRIEF
Workshop
The brief given by the company was open: study the current usage scenarios of the semi-finished product in order
to propose innovative ones in keeping with its characteristics and potential (DI2 and DI3), to identify new products
(DI1), new communication products and sectors (PGV2 and
PGV3), and to formulate new graphic interpretations of existing products (PGV1).
Submission
The workshop results let to the company’s requests being
redrafted to produce a brief for the submission.
RESEARCH FIELDS
Workshop
The chara c t e ristics of the material and the semi-finished
product, processing technologies, processing and printing
provided the starting point for the research.
Submission
The field of study was expanded to make a deeper analysis of the ‘three-dimensional’ possibilities of the sheet and
its expressive potential, and of the company’s production
and distribution capacities. The research thus became an
organised database, a useful tool for designing products in
compact polypropylene sheets.
SCENARIO
Workshop
The targets emerging from the wo rkshop were extremely different: the users and usage contexts analysed open up new
design prospects for all household spaces, the car and the
beach, while the sectors where the semi-finished product is
135
I target emersi dal workshop sono estremamente eterogenei: le utenze e i contesti d’uso analizzati aprono le prospettive del progetto considerando tutti gli ambienti della casa,
l’ambiente auto e l’ambiente spiaggia ed osservando da
prospettive insolite i settori già tradizionalmente occupati
dal semilavorato.
Tesi
Gli scenari proposti dalla tesi sono invece frutto dell’analisi condotta sulla succitata massa critica, che ha definito più
accuratamente i possibili ambiti di progetto individuati (giochi per bambini da utilizzare in acqua o vicino ad essa, una
linea di prodotti economica per animali domestici, battiscopa cheap per un’utenza d’uso giovane e un pack a g i n g
«ecologico»).
METAPROGETTI, LINEE GUIDA
Workshop
Lo scenario genera new concept e linee guida che, da un
lato, danno origine, previa fase progettuale vera e propria,
a prodotti (tra essi sono stati selezionati dall’azienda e dai
docenti coinvolti i metaprogetti di box doccia e tende modul a ri), dall’altro, propongono indicazioni su famiglie di prodotti che possono trasformarsi in un nuovo brief di progetto.
Tesi
Sono stati scelti, attraverso momenti di analisi e feed-back
con l’azienda, con i docenti e tramite il supporto di esperti
esterni, quattro metaprogetti:
giochi di società adatti a un’utenza ampia (target principale bambini tra i 6 e i 12 anni), utilizzabili al mare e in piscina, di ingombro ridotto, e fascia di prezzo bassa;
prodotti per animali da vendere nella grande distribuzione;
battiscopa decorativi ed economici, adatti ad ambienti per
bambini e ragazzi;
packaging-prodotti, cioè imballaggi che hanno una funzione d’uso ulteriore e successiva a quella di imballaggio.
Per ognuno, definite le esigenze di tutte le utenze, si procede con la stesura dei requisiti successivamente specificati
in prestazioni richieste.
PROGETTI
Tesi
Lo sviluppo delle proposte metaprogettuali avviene per veri fica delle singole prestazioni fornite; con il supporto di elaborati grafici, modelli di lavoro, esecutivi e di prototipi.
Vengono sviluppati infine quattro progetti: un battiscopa, un
trasportino per gatti, un packaging con funzione di gruccia
e alcuni giochi di società da utilizzare anche a contatto con
l’acqua.
traditionally used were observed from unusual perspective s.
Submission
The submission proposed scenarios resulting from an
analysis of the above-mentioned critical mass, which more
a c c u rately defined the possible design spheres identifie d
(children’s toys for use in or near the water, a line of cheap
pet products, low-cost skirting board for children’s rooms
and ‘ecological’ packaging).
META-DESIGNS, GUIDELINES
Workshop
The scenario generated new concepts and guidelines that
give rise to products, after the appropriate design stages
(from which the company and teachers involved selected
the meta-designs for a modular shower box and curtains),
and offered suggestions on product families that could be
turned into a new design brief.
Submission
Four meta-designs were selected by means of analysis and
feedback with the company and teaching staff:
small, cheap toys suitable for general use at the beach or
swimming pool (main target, children from 6 to 12);
pet products to be sold in the large scale retail trade;
low-cost, decora t i ve skirting boards suitable for children’s
rooms;
packaging-products: packaging that has an extra function.
The requirements subsequently specified in the requested
performances were then drafted for each one after all usage needs had been defined.
DESIGNS
Submission
Meta-design proposals were developed by verifying the individual supplied performances with the support of graphic designs, working models, exe c u t i ve models and prototypes.
Four designs were then developed: a skirting board, a cat
carrier, packaging that also acts as a clothes hanger and
toys that can also be used in water.
Esploratore 3: L’aria
Explorer 3: Air
DESCRIZIONE SINTETICA DELL’OPERAZIONE
Gli studenti del Corso di DI3 del Corso di Laurea in Disegno
Industriale hanno affrontato la ricerca di nuovi ambiti e sig n i ficati dell’aria per ampliare l’orizzonte possibile dell’innovazione, cercando nuovi ambiti per il progetto di design.
SUMMARY DESCRIPTION
The students in the DI3 Industrial Design degree course
studied new spheres and meanings of air to broaden the
possible innovation horizon, seeking new areas for the design project.
BRIEF
Il brief fornito agli studenti è aperto: si richiede di esplorare
la dimensione cultura l e, storica e applicativa di uno dei 4
elementi, l’aria.
BRIEF
The student’s brief was open: explore the cultural, historical and applied dimension of one of the four elements: air.
AMBITI DI RICERCA
Non esiste una definizione di ambito di ricerca, ma una ri c e rca «da vocabolario» dei significati che può assumere l’ari a .
SCENARIO
Al fine di approfondire il problema e di definire in generale
il contesto storico, culturale, fisico, tecnologico, energetico,
produttivo, applicativo sono state svolte brevi ricerche sui
seguenti settori, suscettibili d’ampliamento:
- aria che sostiene e spinge (volo, vela, paracadute, eolico);
- aria contenuta per dare forma, sostenere, proteggere
(gonfiabile-pallone, poltrona, segno urbano, airbag, zattera, ventilatore);
- aria che modella (forme aerodinamiche, erosione attraverso l’aria, aria compressa);
- aria che si respira (inalazione e difesa dall’aria);
- aria sensoriale (profumo, aria materica visibile per densità, colore);
- aria come correttore climatico (isolante termico, sonoro,
ventilatore ecc.).
METAPROGETTI, LINEE GUIDA
I diversi scenari hanno generato numerosi e differenti new
concept e linee guida che, selezionati dai docenti coinvolti,
a loro volta hanno dato origine a prodotti e a famiglie di prodotti che possono trasfo rmarsi in un nuovo brief di progetto.
PROGETTI
Selezionati e definiti i new concept da sviluppare, gli studenti hanno proposto 25 soluzioni progettuali, tra le quali un aspirapolvere dal corpo basculante, un nebulizzatore-proiettore
d’immagini per la casa, una mascherina anti-gas non invasiva, un profumatore portatile gonfiabile, uno zaino di sicurezza con parti gonfiabili che creano, in caso di terremoto, una
capsula di sicurezza e protezione, un mouse sensoriale che
cambia colore e diffonde aromi diversi in accordo con lo stato d’animo dell’utente ed elementi d’arredo «sottovuoto».
RESEARCH FIELDS
Rather than any defined research sphere, ‘vocabulary’ research was made into the meanings air may take on.
SCENARIO
Short studies that could then be expanded were made in
the fo l l owing sectors in order to develop the problem and
generally define the historical, cultural, physical, technological, energy, productive and applied context of air:
- air that supports and drives (flight, sailing, para c h u t e,
wind)
- air contained to give shape, to support, to protect (inflatable-balloon, armchair, street sign, airbag, raft, fan);
- air that shapes (aerodynamic shapes, erosion by air, compressed air);
- air that is breathed (inhalation and protection from air);
- sensorial air (perfume, air made visible by density, colour);
- air as climate corrector (heat and noise insulation, fan etc.).
META-DESIGNS, GUIDELINES
The various scenarios generated numerous different new
concepts and guidelines that were selected by the teaching staff and gave rise to products and product families that
may be turned into a new design brief.
DESIGNS
After the new concepts to be developed had been defined
and selected, the students proposed 25 design ideas, including a vacuum cleaner with balancing body, an image
projector-atomiser for the home, a non-invasive gas mask,
a port a bl e, infla t a ble perfume dispenser, a safety backpack
with inflatable sections that create a safety and protection
capsule in case of eart h q u a ke, a sensorial mouse that
changes colour and gives off different scents according to
the user’s mood and ‘vacuum-packed’ furniture items.
CLAUDIA DE GIORGI and BEATRICE LERMA
CLAUDIA DE GIORGI e BEATRICE LERMA
138
139
Design esplicito, bene culturale valorizzato,
made in Italy, lusso contemporaneo...
Un rapporto sistemico, cinque specifiche
proprietà emergenti
Explicit design, improved cultural value, Italian production, contemporary luxury...
A systemic relationship, five specific, emerg i n g
properties
La ricognizione, attraverso cinque casi studio, delinea le implicazioni, in termini di responsabilità e potenzialità, che può
comportare il parallelismo «design esplicito, bene culturale valorizzato, made in Italy e lusso contemporaneo».
L’approfondimento teorico preliminare sui termini in discussione ha permesso di individuare, per ciascuno di essi, un
sistema di significati complementari tra loro. Ogni sistema
è apparso utile a superare la semplificazione, funzionale
ma riduttiva, che l’analisi patirebbe se ci si riferisse a singoli significati univoci.
Successivamente, è stato possibile indurre specifiche relazioni sistemiche tra i singoli elementi e tra di esse sono state considerate quelle che manifestavano le proprietà emergenti più significative: restituivano la complessità della discussione e fornivano risposte appropriate alle questioni di
partenza.
In questo senso i casi studio analizzati hanno permesso,
nella loro concretezza e nella loro specifica «quotidianità»,
di verificare le deduzioni e suggerirne una loro contestualizzazione rispetto a specifici ambiti disciplinari.
The analysis, through five case studies, defines the implications in terms of responsibility and potential that may signify the ‘explicit design, improved cultural value, Italian production and contemporary luxury’ parallelism.
The preliminary theoretical study into the terms under discussion allowed a complementary meaning system to be
identified for each one. These all seemed useful for ensuring that the analysis would not be unnecessarily simplified
by unambiguous, single meanings.
It was subsequently possible to induce specific systemic relationships between the individual elements and to then
consider those that showed the most significant emerging
properties: they lended complexity to the discussion and
gave appropriate results to the starting questions.
The case studies analysed in this way allowed the real and
s p e c i fic ‘everyday’ nature of the deductions to be veri fie d
and suggestions made for their contextualisation in specific disciplinary spheres.
DESIGN CULTURE
+
CULTURAL GOODS
= {ITALIAN
P RO D U C T I O N ,
CONTEMPORARY LUXURY}
CULTURA DI PROGETTO
+ BENI CULTURALI = {MADE IN ITALY, LUS-
SO CONTEMPORANEO }
A Eataly, i beni culturali trovano una giusta visibilità e uno
s p e c i fico mercato di qualità; si tratta dell’insieme dei prodotti dell’enogastronomia italiana la cui tutela e la cui valorizzazione è legata a forme di fruizione complessa che si
traducono, attraverso una progettualità multidisciplinare, in
esperienza, educazione e consumo consapevole.
x BENE CULTURALE VALORIZZATO
L’identità di un’azienda è legata al proprio presente, all’evoluzione e alla crescita di essa nel tempo; la memoria diventa fondamentale e va preservata come sistema complesso
di testimonianze che riguardano prodotti, processi, capitale, persone, idee ma anche il contesto territoriale in cui tutto ciò è maturato. Nei musei d’impresa la salvaguardia del
capitale culturale passa attraverso qualcosa di più complesso di una fruizione contemplativa e dipende da contri buti disciplinari complessi.
DESIGN ESPLICITO
142
Cultural goods are given their proper visibility and a specific quality market at Eataly.They consist of all the Italian wine
and food products whose protection and appreciation is related to complex forms of use that become experience, education and informed consumption by means of multidisciplinary planning.
x IMPROVED CULTURAL GOOD
The identity of a company is related to its own present, its
development and growth over time; memory becomes fundamental and must be retained as a complex system of evidence on products, processes, capital, people and ideas,
along with the local context in which all this has matured. In
company museums the safeguarding of cultural capital is
more complex than mere contemplation and requires complex disciplinary contributions.
{DESIGN ESPLICITO = MADE IN ITALY = LUSSO CONTEMPORANEO}
= BENE CULTURALE VALORIZZATO
Parlare di «Design anonimo italiano» significa parlare di
prodotto, di progetto, di produzione, nonché della storia e
dell’evoluzione della società italiana. Made in Italy cui il mercato del lusso contemporaneo presta specifiche attenzioni, riconoscendone doti di alta qualità; ma anche beni culturali oggetto di una quotidiana fruizione che ne ribadisce
l ’ e f ficacia funzionale e ne spiega il legame affettivo che li
lega alla comunità di riferimento.
{EXPLICIT DESIGN = ITALIAN PRODUCTION = CONTEMPORARY
LUXURY} = IMPROVED CULTURAL GOOD
Speaking of ‘ A n o nymous Italian Design’ means speaking
of product, design and production, and of the history and
evolution of Italian society. They are simultaneously Italian
products on which the contemporary luxury market focuses specifically, recognising their high quality features, and
c u l t u ral goods, whose daily use confirms their functional effectiveness and explains their affective relationship with the
reference community.
= LUSSO CONTEMPORANEO
Design alla Coop è un’esperienza che dimostra come sia
possibile parlare di lusso, prescindendo da concetti quali
l’alto prezzo, la rarità, la preziosità dei materiali, la rappresentazione del proprio status e l’autocelebrazione, valorizzando invece la qualità diffusa del processo e del prodotto,
il tempo come risorsa, i contenuti culturali, la sostenibilità,
l’attenzione all’individuo.
EXPLICIT DESIGN = CONTEMPORARY LUXURY
Design at the Coop shows how it is possible to speak of luxury, avoiding concepts like high price, rarity, precious materi a l s,representation of one’s own status and self celebration, but valuing the widespread quality of process and product, time as resource, cultural content, sustainability and focus on the individual.
DESIGN ESPLICITO
x BENE CULTURALE
Al design è riconosciuto il ruolo di risorsa strategica per lo
sviluppo delle economie locali; rispetto a un sistema di debolezze ed eccellenze è capace di prefigurare scenari di
sviluppo che concretizzino i sistemi di potenzialità latenti.
«Pure China» dimostra come siano proprio le nazioni manifatturiere emergenti a poter beneficiare maggiormente di
un dialogo positivo con la cultura di progetto nel far evolvere il «fare» (quantità) in «saper fare» (qualità), anche come
strumento di rappresentazione e d’identità.
EXPLICIT DESIGN x CULTURAL GOOD
Design is recognised as a strategic resource for the development of local economies; it is one that can anticipate development scenarios that put systems of latent potential into effect as opposed to a system of weaknesses and excellence. ‘China, too’ shows how it is precisely the emerging
manufacturing nations that can benefit most from positive
communication with design culture in its development of ‘ d oing’ (quantity), in ‘knowing how’ (quality) and as a means of
representation and identity.
Eataly
Eataly
«Educare il gusto per conservare il futuro»1.
‘Educating one’s taste to preserve the future’.1
Eataly sarebbe un supermercato... e il condizionale è d’obbligo; in realtà siamo ben lontani dagli spazi vendita tipici della grande distribuzione organizzata, a cominciare dall’edificio che lo ospita, l’ex stabilimento Carpano restaurato dallo
studio Negozio Blu Architetti di To rino e dall’architetto Bartoli
di Piacenza, che offre una sequenza di piccoli spazi complessi e articolati, che sfociano l’uno nell’altro con una continuità stimolante. All’interno poi, salumi e fo rmaggi, carne e
pesce, ort o f rutta, panetteria e pizza, pasta fresca, generi c o,
analcolici e cantina, trovano la propria opportuna collocazione in «luoghi» specifici, ciascuno con un’identità forte che
ha a che fare più con il prodotto che con chi lo vende.
Eataly would be a superm a rket... and the conditional is necessary. It is actually a long way from the typical sales areas
of the large-scale retail trade, starting with the building: the
old Carpano fa c t o ry. This was restored by Negozio Blu
Architetti of Turin and the architect Bartoli of Piacenza, and
offers a succession of small, complex, linked spaces that
open onto one another with an appealing continuity. Then,
inside, salami and cheese, meat and fish, fruit and vegetables, bread and pizza, fresh pasta, general foods, soft drinks
and wines all find their proper place in specific ‘settings’,
each with a powerful identity related more to the product
than its seller.
DESIGN ESPLICITO
EXPLICIT DESIGN
143
Eataly viene aperto nel 2007 a Torino e presto aprirà sedi
in altre città italiane, per poi approdare a New Yo rk . Vi si
compra il meglio dell’enogastronomia italiana, qualità che
può essere mangiata negli otto ristoranti tematici, nei due
caffè bar e nell’agrigelateria.
A n c o radi più, è possibile conoscere i prodotti in vendita nella biblioteca e negli spazi didattici a disposizione dei visitatori; è possibile degustare guidati da esperti, imparare a
m a n g i a r e, cucinare e conservare gli alimenti o semplicemente scoprire le origini di un prodotto, i volti e la storia di
chi li produce, l’impegno e la dedizione nel perseguire quella qualità che fa di ciascuno di essi un esempio del miglior
made in Italy in commercio.
In questo «centro enogastronomico» tutto si tra s forma in
esperienza, sembra di essere in un mercato di paese, ci si
aggira tra odori, banchetti di frutta e verdura, chioschi dove si cucina ogni tipo di prodotto, piccole enoteche, montagne di barattoli, scatole, prodotti così diversi da quelli già
conosciuti e che sorprendono per colori e dimensione; ci si
siede un istante per un caffè e ci si guarda intorno con
un’aria sorpresa che si rinnova a ogni incontro con un nome, un paese.
Poi, magari, si esce senza aver comprato nulla ma con la
certezza di portarsi qualcosa a casa, la prospettiva che esiste di un modo di vivere e fare diverso, la scoperta del sapore giusto per la persona giusta... per il momento giusto.
Eataly ha in sé qualcosa di strategico per le piccole economie locali, agisce da catalizzatore favorendo nei sui 11.000
metri quadrati un incontro apprezzabile: da una parte il distretto produttivo enogastronomico italiano, fatto perlopiù di
piccole realtà talvolta marginali, trova una visibilità e una ra ppresentazione di sé difficilmente perseguibili altri m e n t i ; d a ll’altra, un consumatore attento alla qualità diffusa del prodotto, legata a concetti quali ambiente, società e cultura, può
riconoscere e riconoscersi nel capitale che i prodotti ra p p r esentano e acquistarli con la facilità dei gesti quotidiani.
A Eataly il consumo trova luoghi, strutture, segni, colori, parole, opportuni, giusti e sinceri che danno all’atto del comprare un significato che si traduce anche in conoscenza ed
educazione.
Eataly opened in Turin in 2007 and will soon open in other
Italian cities before moving to New York. The finest Italian
food and beverages can be bought there: quality to be tasted in the eight theme restaurants, the two coffee bars and
in the organic ice cream bar.
Visitors can also learn about the products on sale in the library and the educational areas open to visitors; taste under the guidance of experts; learn to eat, cook and preserve
foods, or simply discover the origins of a product, the faces
and history of its producer and the commitment and dedication to achieving the quality that makes each one of them
an example of the best Italian production on sale.
Everything becomes an experience in this ‘food and beverage centre’.You seem to be in a local market, savouring the
smells while wa n d e ring around fruit and vegetable stalls,
kiosks where every kind of product is cooked, small wine
bars, mountains of tins and boxes. The products are so different from the familiar ones and of surprising colours and
dimensions.You sit down for a moment for a coffee and look
around with surprise, which is repeated with every name,
every town.
Then, perhaps, you leave without having bought anything,
but with the certainty you are taking something home: the
realisation that there is a different way of living and acting;
the discovery that there is the right taste for the right person… at the right time.
Eataly provides something strategic for small local economies. It acts as a catalyst, setting up an important meeting in its 11,000 square metres of space: between the Italian
food and beverage production district, mainly consisting of
small, at times marginal, businesses, which gains a visibility and representation that is difficult to otherwise attain; and
consumers, who are mindful of the pervasive product quality related to concepts like the environment, society and cult u r e, and can see themselves in the capital the products
represent and buy them with ease.
Consumption at Eataly is given appropriate, honest buildings, places, signs, colours and words that give the act of
buying a meaning that is also knowledge and education.
145
Musei d’impresa
Company museums
«Vi sono dei momenti, nella storia delle imprese non meno
che in quella degli uomini, in cui è necessario fermarsi un
momento a ri flettere sul cammino percorso [...] ma per com prendere il valore di ciò che si è fatto, dando alle azioni in traprese pieno senso e significato e traendone spunto e
nuovo slancio per il futuro» 2.
‘There are times in the history of companies no less than in
that of men, when it is necessary to pause for a moment
and reflect on the direction taken [...], to understand the val ue of what has been done, giving full significance to the ac tions taken and drawing stimulus and a new momentum for
the future from them.’ 2
I musei d’impresa nascono come luoghi dove conservare
e va l o rizzare il patrimonio storico di un’azienda, la storia dei
prodotti e dei progetti, le tra s formazioni che ha subito il modo di produrre, la storia dell’imprenditore e delle persone
che vi hanno lavorato.
I musei d’impresa sono la concretizzazione della volontà di
salvaguardare il patrimonio culturale e produttivo che rappresenta ogni marchio, come memoria rispetto alla cultura
c o n t e m p o ranea e come risorsa per il futuro. Spazio Iso
Rivolta, museo della Lambretta, museo storico Alfa Romeo,
museo Martini, museo storico Perugina, museo Kartell,
Zucchi Collection, museo Piaggio... sono luoghi in cui la storia dei produttori diventa esperienza e storia di tutti.
Si tratta di istituzioni che interpretano, rappresentano, raccontano, espongono i prodotti e la complessità che si sintetizza nella loro materi a l i t à ; alcuni sono vere e proprie gallerie d’arte in cui i modelli trovano una collocazione lungo specifici percorsi tematici; esposizioni certamente importanti ma
che restano limitate a una fruizione di tipo contemplativo,
emergono forme e materiali piuttosto che idee e persone.
Altri musei affiancano ai modelli i disegni tecnici e gli schizzi di progetto, i prototipi, i manuali, le foto e altri documenti
d’epoca, restituendo una visione ampia che traguarda, attraverso la storia dell’azienda, l’evoluzione dei modelli produttivi, economici e sociali; in questo modo il museo agisce
anche come archivio, la fruizione diventa documentazione,
riconoscimento, identità collettiva ma anche strumento di
ricerca per la definizione di nuovi scenari di sviluppo e per
la formazione delle professionalità future.
Meno evidente è la storia del rapporto tra l’impresa come
emergenza e il territorio come contesto materiale, economico, sociale culturale; tuttavia tra la prima e il secondo esiste da sempre un rapporto sistemico poiché la «fabbrica»
non è disgiunta, se non raramente, dal luogo in cui si è sviluppata. In questo senso esistono casi in cui alle prime due
funzioni se ne associa una terza di animazione cultura l e,
che ribadisce il rapporto impresa-società civile e impresaterritorio. I musei offrono spazio e visibilità al dibattito locale su tematiche di attualità, trascendendo il ruolo di mero
Company museums safeguard and value the historic heritage of a company : the development of the designs and
products, the changes in production methods and the history of the entrepreneur and the people who have worked
there.
Company museums are a crystallisation of the wish to safeguard the cultural and production heritage behind every label, as memory of contemporary culture and resource for
the future. The Spazio Iso Rivolta, the Lambretta museum,
the Alfa Romeo historic museum, the Martini museum, the
Perugina historic museum, the Kartell museum, the Zucchi
Collection and the Piaggio museum are all places where
the manufacturer’s history becomes the history and experience of all.
They are institutions that interpret, represent, recount and
display the products and the complexity synthesised in their
material nature. Some are genuine art galleries where the
models are placed along specific thematic pathway s.These
are certainly important, but remain restricted to a contemplative kind of use where fo rms and materials emerge rather
than ideas and people.
Other museums show technical draw i n g s, design ske t c he s, prototypes, manu a l s, photos and other period documents alongside the models, providing a broad overview of
the development of production, economic and social models by way of the company’s history. In this way the museum also acts as an archive, whose use becomes documentation, recognition, collective identity, and a means of research for defining new development scenarios and the
training of future professional skills.
The history of the relationship between the company as new
entity and the district as physical, economic, social and cult u ral context is less obv i o u s. H owever, there has alway s
been a systemic relationship between the two because the
‘factory’ is not separate from the place where it has developed - or if so only rarely. There are cases in which the first
t wo functions are joined by a third of cultural inspiration,
which confirms the company-civil society and company - d i strict relationship. The museums offer space and visibility to
146
animatore economico. In questo alternarsi di introspezione
e proiezione nel contempora n e o, sono il museo e il marchio
a trarre forza dal contesto restituendone stimoli, in un’interazione che facilmente permette al distretto produttivo di
evolvere a distretto culturale.
Laddove, invece, il museo non «appartiene» a un marchio
ma si rife risce a un comparto produttivo, un settore merceologico, l’interazione museo-territorio è ancora più significativa e di valore, poiché quello che il museo testimonia è il
saper fare di una certa comunità e la qualità con cui si fa...
è il caso dei molti distretti produttivi italiani in cui la memoria è frammentata in una fitta rete di piccole realtà. Il museo, nella forma più complessa delle tre che si sono discusse, agirebbe da elemento connettivo, sintetizzando in coralità la molteplicità che anima il distretto, promuovendo la
costruzione di un’identità comune nella cultura che rappresenta come istituzione. Un’identità che ha a che fare con la
qualità e la memoria, diversamente impossibile ancorché
necessaria, strategica in una fase in cui l’internazionalizzazione dell’offerta richiede riconoscibilità.
the local debate on topical matters, going beyond the role
of mere economic stimulus. In this alternation of introspection and projection onto the contemporary, the museum and
the label draw strength from the context, giving back stimuli in an interaction that facilitates the production district developing into a cultural district.
But in places where the museum does not ‘belong’ to a label but refers to a production sector or goods sector, the
mu s e u m - d i s t rict interaction is even more significant and
va l u a bl e, because what the museum documents is the
know-how of a certain community and the quality it applies.
This is the case with many Italian production districts where
memory is fragmented into a dense network of small busin e s s e s.The museum, in the most complex form of the three
discussed, should act as a connecting element, synthesising the diversity that inv i g o rates the district, promoting a
common identity in the culture it represents as institution.
Such an identity relates to quality and memory, and would
otherwise be impossible but is necessary and strategic at
a time when the internationalisation of supply demands
recognition.
Design anonimo italiano
Anonymous Italian Design
«... anche questi fenomeni debbono far parte di un panora ma del design italiano, altrimenti non si capisce né cosa sia
l’Italia né cosa sia il design»3 .
La «galleria» del design anonimo italiano è composta da un
considerevole numero di prodotti, oggetti, attrezzi, arnesi, accessori personali e collettivi, veicoli... il cui presunto «anonimato» riguarda la capacità che hanno di rappresentare esattamente se stessi e la funzione per cui sono stati concepiti,
piuttosto che l’identità del produttore e del progettista.
Ciascuno di essi, passati o contemporanei, è il risultato di un
atto progettuale esplicito, magari non «disciplinare» ma sicuramente volontario e finalizzato rispetto a un sistema di attese e bisogni; non sono superflui, non hanno nulla di più di
quello che serve loro a funzionare, sono precisi. Le loro forme sono talmente necessarie che molti di essi hanno accompagnato cinquant’anni di evoluzione dei costumi e ancora oggi non cessano di servire le esigenze dei consumatori .
Sono prodotti nati in una specifica contingenza territoriale,
da essa dipendono per come sono stati concepiti e per la
forma che hanno. L’Italia come paese produttore da sempre deve mediare tra la necessità di rispondere ai bisogni
della società e la cronica limitazione di risorse. L’industria
ha sviluppato una capacità di gestire e controllare in modo
‘... these phenomena must also be part of a panorama of
Italian design, otherwise it is not possible to understand ei ther what Italy is or what design is.’ 3
The ‘gallery’ of anonymous Italian design features a large
number of products, objects, tools, personal and collective
accessori e s, vehicles and so on, whose presumed
‘anonymity’ is because they so precisely represent themselves and the function for which they were conceived rather
than the identity of their manufacturer or designer. Each of
them, past or present, is the result of an explicit design action, which, although perhaps not ‘professional’, was certainly intentional and targeted in a system of expectations
and needs. They are not superfluous: t h ey have nothing
more than what they need to function. T h ey are precise.
Their shapes are so necessary that many of them have accompanied the development of our customs for 50 years
and still continue to meet consumer demand.
They are products created in specific geographical circumstances that have been instrumental in their conception and
form. Italy as a manu facturing nation has always had to reconcile the need to respond to society’s demands and the
chronic shortage of resources. Industry has developed an
147
ottimale i processi di tra s formazione e le relazioni commerciali, che ha restituito senso e unicità all’atto produttivo e
progettuale italiani rispetto ad altre esperienze.
Si tratta di prodotti ma anche di strumenti di memoria e di
rappresentazione. Ognuno di essi racconta la crescita culturale ed economica degli italiani, l’evoluzione dei costumi,
delle idee, la trasformazione della società e dei suoi modelli, in essi ci si riconosce per come eravamo e come siamo.
Il cappello Borsalino, la pinzatrice Zenith 548, la caffettiera
Bialetti, la Vespa, la poltrona Frau, la tazzina Illy, la pentola a pressione Lagostina, la Superga 2750, la ventiquattrore... sono metafore di modi di vivere, di comportarsi e, soprattutto, di produrre con misura, precisione ed efficacia.
Necessità delle fo rm e, ottimizzazione dei processi produttivi, rispondenza tra esigenze e prestazioni, il «design anonimo italiano» incarna queste sensibilità, che sono identità
esclusive, riconosciute al sistema Italia e riconoscibili sopratutto oltre i confini nazionali... quasi un marchio di garanzia.
Una peculiarità che oggi diventa anche un’importante ri s o rsa strategica, infatti, in un mercato saturo di merci che si
autorappresentano, simboliche di uno status economico
piuttosto che di un contenuto culturale, si afferma una nuova domanda di prodotti «anonimi» perché non superflui,
non ricercati, non esclusivi, ma funzionali, concreti e densi
di attenzioni al contesto e di qualità immateriali.
ability to excellently manage and control processing and
commercial relations, which has given meaning to Italian
design and production and made it unique.
These are products, but they are also symbols of memory
and representation. Each one of them tells of Italian economic and cultural growth, the development of customs and
ideas, the changes in society and its models. In them we
recognise what we were and what we are.
The Borsalino hat, the Zenith 548 stapler, the Bialetti coffee maker, the Vespa motor scooter, the Frau armchair, the
Illy coffee cup, the Lagostina pressure cooker, the Superga
2750 tennis shoe and the briefcase are all metaphors of
ways of life, of behaviours and, especially, of manufacturing with restraint, precision and efficacy.
Necessity of fo rm, optimisation of production processes and
correspondence between demand and perfo rmance:
‘anonymous Italian design’ embodies all these. T h ey confer an exclusive identity that is recognised in the Italy system and, above all, beyond our national borders: it is almost
a hallmark.
A new demand for products that are ‘anonymous’ because
not superflu o u s, not sought after, not exclusive, but functional, concrete and charged with attention to context and
non-material quality is a peculiarity that has now also become an important strategic resource in a market saturated with goods that represent themselves and are symbolic
of economic status rather than cultural content.
Design alla Coop
«Il lusso contemporaneo si è munito di valori eticamente
corretti, autoreferenziali come la cultura e il benessere per sonale»4.
È datata 2005 quest’iniziativa ideata da Giulio Iacchetti e
Matteo Ragni in collaborazione con Coop; diciannove designer della «nu ova generazione» (Enrico Azzimonti,
Matteo Bazzicalupo, Fabio Bortolani, Carlo Contin, Antonio
C o s, Lorenzo Damiani, Delineo, Odoardo Fioravanti,
E m m a nuel Gallina, Ilaria Gibertini, Giulio Iacchetti,
JoeVelluto, Kazuyo Komoda, Raffaella Mangiarotti, Miriam
Mirri, Donata Paruccini, Gabriele Pezzini, Matteo Ragni,
Paolo Ulian) sono stati invitati a progettare prodotti di largo
consumo per la casa e la persona.
I progetti sono stati sviluppati a partire dalle ri flessioni sui microcomportamenti delle persone nelle ventiquattro ore di una
g i o rnata, ridiscutono i tempi e le modalità con cui si ri p e t ono infiniti gesti, sprecando energie, tempi e materiali. Piccole
diseconomie, piccole scomodità quotidiane, cui ogni consu-
148
Design at the Coop
‘Contemporary luxury is furnished with ethical, self-refer encing values like culture and personal well-being.’ 4
This initiative conceived by Giulio Iacchetti and Matteo
Ragni in association with the Coop dates from 2005.
Nineteen ‘new genera t i o n ’ designers (Enrico Azzimonti,
Matteo Bazzicalupo, Fabio Bortolani, Carlo Contin, Antonio
C o s, Lorenzo Damiani, Delineo, Odoardo Fioravanti,
E m m a nuel Gallina, Ilaria Gibertini, Giulio Iacchetti,
JoeVelluto, Kazuyo Komoda, Raffaella Mangiarotti, Miriam
M i r ri, Donata Pa ruccini, Gabriele Pezzini, Matteo Ragni and
Paolo Ulian) were invited to design personal and domestic
mass consumption products
The designs were developed on the basis of people’s micro-behaviours over the course of the day, by reconsidering the times and ways that numerous actions are repeated, wasting time, energy and materi a l s.These are small dis-
matore dà risposte improvvisate e personali.
Lo scopino da bagno che rilascia un liquido disinfettante ad
ogni uso; il rotolo di carta igienica ridimensionata in relazione alle esigenze dei bambini; la spugna con un taglio che
permette «interventi» di precisione e l’aggancio al lavandino e al contenitore del detersivo; il feltrino fustellato per ridurlo alla dimensione necessaria all’uso; il gancio da muro
che prende forma nelle mani dell’utente; la spazzola specchio per pettinarsi e specchiarsi con un unico gesto e con
un’unica mano; il battipanni con l’impugnatura ad asola per
liberare le mani al bisogno; lo stendino con cappottina per
riparare da polveri e pioggia; la molletta monomaterica che
funziona senza molla in acciaio; lo sturalavandini con pinzetta per rimuovere le ostruzioni nelle tubature; la gruccia
con maniglia per agevolare la presa nell’armadio; la scopa
con l’impugnatura che ne consente un uso a mano anche
senza il manico lungo; le moffole per sciacquare le stov iglie; le pantofole raccoglipolvere; i dischetti di ovatta fustellati a fiore per ottimizzare la quantità di materiale in produzione; la bacinella per bucato ergonomica; il guanto toglipelucchi; il sapone da bucato conformato per essere depositato sulla relativa spazzola.
I prodotti proposti comportano il coinvolgimento consapevole dell’utente. Non c’è volontà estetica, ogni forma è una
s p e c i fica risposta a uno stimolo che nasce da un’attenta osservazione di gesti stereotipati e mutuati in modo aproblematico dal passato. Necessità ma anche concretezza:
o g nuno di essi manifesta un’attenzione all’ottimizzazione
dei processi di produzione e all’impiego, ragionato, di materiali e lavorazioni.
Design alla Coop è un’esperienza di progetto responsabile, perché sviluppa nuovi scenari di sostenibilità sociale e
ambientale; includente, gli oggetti sono pensati per la gra nde distribuzione; «democratico» poiché rappresenta una
forma di lusso contemporaneo che, nonostante la serie e il
piccolo costo, ha a che fare con la sensibilità dell’utente,
con l’intelligenza, la cultura.
Pure China
«È l’Oriente a chiamare l’Occidente per una collaborazio ne alla pari dove ognuno mette in gioco il meglio di sé» .
L’ i n i z i a t i va presentata nel 2007 al Salone del Mobile di
Milano rappresenta un’interessante ri flessione sul fe n o m eno della delocalizzazione produttiva che interessa le economie occidentali.
economies, small daily inconveniences, to which every consumer makes personal, improvised responses.
The toilet brush that releases a disinfectant liquid each time
it is used; the resized toilet paper roll for children; the sponge
with a slit that allows precision cleaning and for it to be
hooked onto the sink and detergent container; the felt tabs
punched to reduce them to the size needed for use; the wall
hook in the shape of the user’s hands; the mirror-brush for
brushing and reflecting one’s hair with a single action and
single hand; the carpet beater with loop handle to free the
hands when needed; the clothes horse with hood to protect
it from dust and rain; the single-material peg that wo rks without a steel spring; the plunger with pincers to remove obstructions from the piping; the clothes hanger with handle
to simplify removal from the wardrobe; the broom with handle for use without the long handle; the gloves for rinsing
the dishes; the duster-slippers; the cotton wool pads
punched in flower shape to optimise production material
quantities; the basin for ergonomic washing; the fur-removal
glove; the laundry soap shaped to fit its matching brush.
These products imply the deliberate invo l vement of the
user. There is no aesthetic aim. Every shape is a specific
response to a stimulus arising out of careful observation of
actions that are generally repeated and are borrowed unquestioningly from the past. Necessity but also solidity: each
one shows a focus on the optimisation of production
processes and rational use of materials and manufacture.
Design at the Coop is a matter of responsible design, because it develops new scenarios of social and env i r o n m e ntal sustainability. It is inclusive, because the objects have
been designed for widespread sale; and ‘democratic’ because it represents a form of contemporary luxury that, despite the mass production and low cost, relates to the user’s
sensitivity with intelligence and culture.
Pure China
‘It is the Orient that calls on the West for even-handed co operation where everyone puts his best into play’.5
The initiative presented in 2007 at the Salone del Mobile in
Milan is an interesting reflection on the production relocation of Western economies.
‘Pure China’ is a brand conceived by a Chinese manufacturer, Hong Kong Area Plus, and an Italian designer,
Gabriele Pezzini, working together to better value Chinese
production capacity, which ‘is without equal […]. If this ca-
149
«Pure China» è un brand nato dalla collaborazione tra un
produttore cinese, la Hong Kong Area Plus, e un designer
italiano, Gabriele Pezzini, con l’intento di valorizzare la capacità produttiva cinese che «non ha eguali [...] Se questa
capacità è limitata a copie o prodotti di bassa qualità, la colpa è nostra: europei e americani portano in Cina un ottimo
prodotto già ingegnerizzato e chiedono di ri p r o d u rlo economizzando i costi: quindi, abbassando la qualità», sostiene Pezzini.
I progetti di un gruppo di designer europei (Shin Azumi,
Sebastian Bergne, Eric Jourdan, Marta Laudani, Gabriele
Pezzini, Marco Romanelli, Peter Traag, Alwin Wong) sviluppano il tema del contenitore personale e definiscono una
gamma di prodotti dichiaratamente e programmaticamente
prodotti in Ori e n t e. Contenitori per spostamenti giornalieri,
borse-zaino portadocumenti, ventiquattrore «estensibili»,
borsoni con tasche mu l t i p l e, contenitori indossabili, borse
che, in caso di soste improvvise, diventano seduta. Ognuno
di questi prodotti è l’elemento di una ricerca tipologica che
ha stimolato un confronto virtuoso tra cultura di progetto e
sistema della produzione verso la massimizzazione della
qualità e l’ottimizzazione delle tecniche realizzative.
«Pure China» è una sfida, lo è perché il mercato oggi è disposto a riconoscere al «made in China» il solo merito del
basso costo e dell’esattezza della copia, tra s c u rando le
conseguenze sociali che tutto ciò comporta. In questo caso il progetto commerciale ribalta completamente il ra p p o rto Ovest/Est, che sul tema della produzione acquisisce i
tratti del cannibalismo reciproco. Qui l’Oriente riconosce al
design un ruolo strategico di «tutoring» nello sviluppo del
prodotto, qui l’Occidente accetta un rapporto paritario e, stimolando un approccio qualitativo, crea le condizioni per una
ridiscussione delle pri o rità dell’industria. Questo non può
che favorire i valori connessi all’uomo proprio in un contesto socialmente complesso come la Cina contemporanea.
Possiamo dire che l’esperienza sintetizza due ruoli diffe r e nti del design che come cultura di progetto si riafferma come risorsa economicamente valida e culturalmente rappres e n t a t i va del contesto d’ori g i n e, «designed in...», anche
quando la produzione avviene altrove, «made in...».
All’opposto il design agisce da catalizzatore delle eccellenze di un comparto produttivo o di un distretto, le riconosce
e possiede gli strumenti, anche culturali, per valorizzarle e
renderle manifeste, fino a farle evolvere a elementi d’identificazione che lo stesso mercato riconosce come segni distintivi di valore.
pacity is restricted to copies or low quality products, the fault
is ours. Europeans and Americans take an excellent, already engineered product to China and ask for it to be reproduced at a lower cost, thereby reducing the quality’,
claims Pezzini.
The designs of a group of European designers (Shin Azumi,
Sebastian Bergne, Eric Jourdan, Marta Laudani, Gabriele
Pezzini, Marco Romanelli, Peter Traag and Alwin Wong) develop the theme of the personal container in a range of products that are explicitly and programmatically made in the
East. Containers for everyday move s, backpack-handbag
document carri e r s, ‘extendable’ briefcases, big bags with
multiple pockets, we a ra ble containers, bags that turn into
seats in the case of sudden delays. Each of these products
is the result of typological research that has stimulated a
virtuous comparison between the culture of design and the
production system aimed at maximising quality and optimising production techniques.
‘Pure China’ is a challenge. This is because today’s market
is prepared to recognise only low cost and exactitude of
copy in Chinese production, ignoring the social consequences all this involves. But in this case the commercial
project completely overturns the East/West relationship,
which in production takes on the features of reciprocal cannibalism. Here the East sees design as having a strategic
role of ‘tutoring’ in product development; here the West accepts an equal relationship and, stimulating a quality approach, creates the conditions for a reconsideration of the
industry’s priori t i e s.This can only be of benefit to human
values in a socially complex context like contemporary
China.
The experience may be said to synthesise two diffe r e n t
roles of design. Design culture is reasserted as an economically valid resource and as being culturally representative
of the context of origin, ‘designed in…’, even when produced
elsewhere, ‘made in…’. On the other hand it acts as a catalyst for the excellent qualities of a production sector or district. It recognises these and is culturally equipped to appreciate them and make them tangible, developing them into
elements of identification that the market itself recognises
as distinctive signs of value.
1
C. PETRINI, Educare il gusto per conservare il futuro, in BRUNELLA
ANTOMARINI, MASSIMILIANO BISCUSO (a cura di), Del gusto e della fa me. Teorie dell’alimentazione, Manifestolibri, Roma 2004.
2
RO B E RTO COLANINNO, Presidente del Gruppo Piaggio, www.museopiaggio.it/museo.html.
3
UMBERTO ECO, Italian RE Evolution. Design in Italian Society in
the Eighties, catalogo della mostra, Museum of Contemporary Art,
La Jolla (CA) 1982, p. 128.
4
ALBA CAPPELLIERI, Dalla focaccia di Platone alla cravatta di
Marinella: stori e, contesti e valori del lusso, in F. CELASCHI, A.
CAPPELLIERI e A. VASILE, Lusso versus design. Italian design, beni
c u l t u rali, e luxury sistem: alto di gamma e cultura di progetto,
Franco Angeli, Milano 2005, p. 66.
5
LOREDANA MASCHERONI, Originali made in China, in «Domus»,
904, giugno 2007, pp. 106-109.
1
C. PETRINI, Educare il gusto per conservare il futuro, in BRUNELLA
ANTOMARINI, MASSIMILIANO BISCUSO (edited by), Del gusto e della
fame. Teorie dell’alimentazione, Manifestolibri, Rome 2004.
2
ROBERTO COLANINNO, President of the Gruppo Piaggio, www.museopiaggio.it/museo.html.
3
UMBERTO ECO, Italian RE Evolution. Design in Italian Society in
the Eighties, exhibition catalogue, Museum of Contemporary Art,
La Jolla (CA) 1982, p. 128.
4
ALBA CAPPELLIERI, Dalla focaccia di Platone alla cravatta di
Marinella: stori e, contesti e valori del lusso, in F. CELASCHI, A.
CAPPELLIERI e A. VASILE, Lusso versus design. Italian design, beni
c u l t u rali, e luxury sistem: alto di gamma e cultura di progetto,
Franco Angeli, Milan 2005, p. 66.
5
LOREDANA MASCHERONI, Originali made in China, in ‘Domus’, 904,
giugno 2007, pp. 106-109.
CRISTIAN CAMPAGNARO
CRISTIAN CAMPAGNARO
150
151
Glossario
Glossary
Ambiente
Nel campo degli studi scientifici ambientali, si è ormai fatta
strada una nozione sistemica di ambiente, articolata in quattro sottosistemi dinamicamente interagenti: biosfera, geosfera,
sociosfera, tecnosfera1. Frutto di intensi dibattiti sviluppatisi
nel corso del XIX e del XX secolo e del contributo di molteplici discipline, la nozione di ambiente ne evidenza in particolar modo la caratteristica di interrelazione tra componenti di
natura fisica e componenti di natura immateriale.
L’unità minima del sistema ambiente, costituita da componenti biotiche (organismi vegetali e animali) e abiotiche o inanimate, tenute in equilibrio da una serie di complesse relazioni di interdipendenza, si definisce «ecosistema»2.
Collegata alla definizione di ambiente è la nozione di «paesaggio», nella quale la dimensione percettiva e soggettiva assume un valore dominante. «Il territorio è. Il paesaggio si sente, vede, ascolta, ispira», scrive significativamente Carlo
Doglio nel 19683, a evidenziare la componente esperienziale
e di vissuto contenuta nella nozione di paesaggio. Tale componente è espressa in maniera esplicita anche dalla Convenzione
europea del paesaggio del 2000, che definisce il paesaggio come
«[...] parte di territorio, così come è percepita dalle popolazioni, il cui carattere deriva dall’azione di fattori naturali e/o umani e dalle loro interrelazioni»4.
Environment
A systematic notion of environment divided into four dynamically interacting sub-systems - biosphere, geosphere, sociosphere and technosphere - has now gained ground in the field
of scientific environmental studies.1 The notion of environment, whose most evident characteristic is the interaction between components of a physical and non-physical nature, has
arisen out of intense debates over the course of the nineteenth
and twentieth centuries involving many disciplines.
The smallest unit of the environment system is defined as an
‘ecosystem’.2 It consists of biotic (vegetable and animal) and
abiotic or inanimate components, kept in balance by a series
of complex relations of interdependence.
The notion of ‘landscape’, in which the perceptive and subjective aspect is predominant, is also related to the definition
of environment. ‘Il territorio è. Il paesaggio si sente, vede, ascolta,
ispira’ (The land is. The landscape feels, sees, listens, breathes),
wrote Carlo Doglio in 1968,3 emphasising the experiential
and living aspect in the notion of landscape. This is also expressed explicitly by the European Landscape Convention of 2000,
which defines the landscape as ‘[...] an area, as perceived by
people, whose character is the result of the action and interaction of natural and/or human factors.4
ANGELA DE MARCO
ANGELA DE MARCO
Arredo urbano
Il complesso degli elementi che compongono la scena urbana. All’interno di questa, tolto il costruito inteso come volume edilizio, le grandi infrastrutture e la definizione funzionale degli invasi spaziali, tutto il resto è arredo urbano.
Esso è elemento di dettaglio e allo stesso tempo l’espressione
più immediata e più appariscente dell’organizzazione dello
spazio pubblico5.
Street furniture
All the elements that make up the urban scene. After subtracting the built element within this, meaning the buildings, large
infrastructure and the functional definition of spatial filling,
all the rest is street furniture.
It is an element of detail and at the same time the most immediate and striking expression of the organisation of public
space.5
MARCO BOZZOLA
MARCO BOZZOLA
152
Avanprogetto
Stadio di evoluzione del progetto, tra metaprogetto e progetto, che è individuabile tendenzialmente nel progetto di massima. Lo scopo è quello di dimostrare, anche attraverso l’utilizzo di strumenti di simulazione reale o virtuale, che, tramite continue verifiche, la configurazione prescelta è adeguata e
finalizzata ai requisiti richiesti.
L’avanprogetto fonda le proprie origini nella metodologia di
progetto dei settori aeronautico e automobilistico, per trovare
successivamente un proprio spazio a livello autonomo e trasversale a qualsiasi tipologia di oggetto.
Advance design
Evolutionary stage of the design, between meta-design and design, which tends to be identified as the draft design. The aim
is to show that the original configuration meets the requested
requirements, by making constant checks and possibly using
real or virtual simulation tools.
The advance design has its origins in the methodology of aeronautic and motor vehicle design, but has since been adopted
for any kind of object.
SILVIA BARBERO
SILVIA BARBERO
Beni culturali
Il «Codice dei beni culturali e del paesaggio», inserito nell’ordinamento legislativo nazionale nel maggio 2004, definisce,
all’articolo 2, i beni culturali come «cose immobili e mobili
che, ai sensi degli articoli 10 e 11, presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico e bibliografico e le altre cose individuate dalla legge o in base alla legge quali testimonianze aventi valore di civiltà».
Gli articoli 10 e 11 elencano nel dettaglio le categorie di appartenenza e le caratteristiche specifiche, comprendendo, ad
esempio, anche i beni «che rivestono un interesse particolarmente importante a causa del loro riferimento con la storia politica, militare, della letteratura, dell’arte e della cultura in genere, ovvero quali testimonianze dell’identità e della storia delle istituzioni pubbliche, collettive o religiose» o «gli esemplari di opere cinematografiche, audiovisive o di sequenze di immagini in movimento, le documentazioni di manifestazioni,
sonore o verbali» e introducendo parametri temporali differenziati per le singole categorie (per esempio non sono dichiarabili beni culturali le opere cinematografiche realizzate da
meno di 25 anni, o i mezzi di trasporto realizzati da meno di
65 anni).
Aldilà dell’apprezzabile sforzo di classificazione proprio del
codice, la definizione fornita, oltre a rivelare una forte focalizzazione su un’unica dimensione del bene, quella materiale, si
confronta con un ambito i cui confini sono implicitamente labili, in quanto connessi al concetto dinamico di «cultura» e
«civiltà»6.
Scrive Eleonora Lupo: «La fruizione collettiva di cultura si è
evoluta nel tempo, parallelamente con la società dei consumi,
Cultural goods
Article 2 of the ‘Code of cultural goods and the landscape’,
incorporated into Italian law in May 2004, defines cultural
goods as ‘moveable and stationary things that, in the sense of
articles 10 and 11, are of artistic, historical, archaeological, ethno-anthropological, archive and library interest, and other
things identified by the law or in accordance with the law as
testimonies having civil value’.
Articles 10 and 11 list the categories of membership and their
specific characteristics in detail, including, for example, goods
‘that are of particular interest because of their reference to political and military history, and to the history of literature, art
and culture in general, or as examples of the identity and history of public, community and religious institutions’, or ‘examples of cinematic and audiovisual works, moving sequences of images and the documentation of sound or verbal
events’. They also introduce different time parameters for the
individual categories (for example, films cannot be declared
cultural goods if made less than 25 years ago, and motor vehicles if made less than 65 years ago).
Despite the appreciable effort made to classify with this definition, not only is it primarily focused on the material dimension of the thing in question, it also contrasts with an environment whose confines are implicitly vague because they are related to the dynamic concept of ‘culture’ and ‘civilisation’.6
Eleonora Lupo writes: ‘The collective use of culture has
evolved over time, parallel to the consumer society, ranging
from the ‘mass aesthetic consumption’ of cultural goods, resulting from the democratisation of culture brought about by
industrialisation, to the enjoyment of cultural experiences, typ-
153
divenendo da un “consumo estetico di massa” di merci culturali, risultato della democratizzazione della cultura operata
dall’industrializzazione, a godimento di esperienze culturali,
tipiche della società dei consumi e della conoscenza, dove i valori identitari accrescono la sfera di senso grazie al legame con
la cultura. È chiaro in questo nuovo contesto che anche l’accezione di bene culturale si è modificata con l’aggiunta, al patrimonio culturale di tipo tradizionale [...] di nuove tipologie
di bene culturale, che vanno dagli immateriali, ai prodotti, alle attività culturali»7.
ical of the consumer and knowledge society, where identity
values increase the sphere of meaning thanks to the link with
culture. It is clear that in this new context the meaning of cultural good has also changed with the addition of new types of
cultural good to the traditional type [...], ranging from the incorporeal to products and cultural activities’.7
ANGELA DE MARCO
ANGELA DE MARCO
Brand
Termine inglese per indicare il marchio, un concetto che racchiude in sé una natura informativa che serve a comunicare la
paternità di un prodotto. Il brand indica anche l’immaginario di cui l’azienda si fa simbolo: sempre più spesso descrive
le aspettative e i valori del consumatore e si carica di responsabilità sociale.
Brand
A concept with an informative nature intended to communicate the paternity of a product. The brand also indicates the
image the company nurtures as its symbol. More and more often it describes the expectations and values of the consumer
and is charged with social responsibility.
ALESSANDRO BALBO
ALESSANDRO BALBO
Brief
Documento che raccoglie le informazioni, gli obiettivi e le richieste del cliente, finalizzati al progetto senza espressioni estetiche. Scopo del brief è fornire al gruppo di progettisti tutte le
informazioni e gli input necessari per sviluppare il progetto.
Può essere definito come «mappa» per capire e orientarsi nelle richieste del cliente, per tale ragione deve essere chiaro ed
esaustivo e, in linea di massima, contenere il background e la
motivazione del progetto, la definizione del target, gli obiettivi specifici, la tempistica e i costi.
Brief
A document that contains the information, aims and customer’s requests relating to the design but without aesthetic expressions. The purpose of the brief is to provide the group of
designers with all the information and input needed to develop the design. It may be defined as a ‘map’ with which the designer can understand the customer’s requests and orient himself. It must therefore be clear and comprehensive and, in general, contain the background and reasoning of the product and
a definition of the target, specific aims, times and costs.
SILVIA BARBERO
SILVIA BARBERO
Ciclo di vita
Con il termine ciclo di vita del prodotto, s’intende l’intero arco di esistenza del prodotto, che parte dall’estrazione delle materie prime con le loro varie trasformazioni e relativi trasporti.
Comprende tutte le operazioni di assemblaggio e finitura che
portano al prodotto finito pronto per essere immesso sul mercato; prosegue con la sua vita utile, durante la quale, oltre al
suo normale impiego, il prodotto potrà essere soggetto a operazioni di manutenzione e di eventuale riparazione, e si con-
Life cycle
The life cycle of a product is the entire arc of its existence, starting from the sourcing of its raw materials, their conversion and
transport. It continues with all the assembly and finishing operations that lead to the finished product ready to be sent to
market and on to its useful life, during which, apart from normal use, it may be subject to maintenance and repairs. The life
cycle ends with the decommissioning stage, when the product’s useful life is over and it is finally demolished or broken
154
clude con la fase di dismissione, quando si decreta la fine della vita utile del prodotto e questo sarà destinato a diversi trattamenti di demolizione o disassemblaggio in funzione delle
possibili strategie di riciclaggio, recupero o riuso dei suoi materiali o di alcune sue parti. Il concetto di prodotto lungo il suo
intero ciclo di vita si afferma, dalla fine degli anni novanta, sia
nelle politiche ambientali a livello comunitario, sia nelle strategie di progettazione ecocompatibile (dette anche strategie di
Life Cycle Thinking Approach), sia nelle metodologie di valutazione (Life Cycle Assessment) delle prestazioni energetico-ambientali del prodotto stesso. Si tratta di orientamenti normativi, strategie e metodologie che si sono delineati per rispondere concretamente alle complessità insite nel principio di sostenibilità ambientale.
down for the possible recycling, recovery or reuse of its materials or some of its parts. The concept of the product along its
entire life cycle has been proposed since the end of the 1990s
in environmental policies at an EU level, in life cycle thinking approach strategies and in life cycle assessment. Such normative orientations, strategies and methodologies have been
defined to respond positively to the complexity inherent in the
principle of environmental sustainability.
CRISTINA ALLIONE
CRISTINA ALLIONE
Componente
Il componente è un elemento costitutivo di un insieme che
concorre a formare un sistema complesso.
In particolare, analizzando i prodotti (oggetti o servizi) come
insieme di parti e come sistemi complessi, si possono individuare i componenti come elementi atti a svolgere una o più
funzioni8.
L’assunzione del ruolo di componente è necessariamente relativa, poiché deriva dal valore attribuito alla funzione assolta nel complesso del sistema.
Nell’esame della composizione di un oggetto, infatti, un elemento potrà essere considerato come componente a se stante o
come parte di un più complesso sistema che determina a sua
volta un componente a seconda dell’importanza della funzione che assolve.
L’attribuzione della denominazione di componente di un sistema dipende quindi dalle caratteristiche del sistema stesso e
dagli obiettivi dell’analisi.
Component
The component is a constituent element of a whole that is part
of a complex system.
In particular, when analysing products (objects or services) as
a collection of parts and as complex systems, the components
may be identified as elements capable of fulfilling one or more
functions.8
The role of the component is necessarily relative as it derives
from the value attributed to its function performed in the overall system.
In examining the composition of an object, an element may
be considered a component in itself or as part of a more complex system that is in turn a component according to the importance of the function it performs.
Attribution of the term component of a system thus depends
on the characteristics of the system itself and the aims of the
analysis.
ANDREA VIRANO
ANDREA VIRANO
Concept / New Concept
Il concept è l’idea alla base del progetto, l’insieme delle linee
guida emergenti dall’analisi dello scenario: rappresenta il sistema di valori fondamentali da perseguire nella messa a punto del progetto (veri e propri elementi caratterizzanti l’identità del prodotto). Si può definire come la concretizzazione di
Concept / New Concept
The concept is the basic idea behind the design; all the guidelines emerging from an analysis of the scenario. It represents
the system of fundamental values to be followed in developing the design (the elements that give the product its identity).
It may be defined as the crystallisation of an idea sparked off
155
un’intuizione che, scaturita dallo studio di un ambito di ricerca, racchiude un elemento di novità nella progettazione.
Il new concept è invece un’intuizione progettuale di più ampia portata capace di generare nuovi corridoi di ricerca e feedback sul brief di progetto.
by studying a sphere of research and containing an element of
innovation in the design.
A new concept is rather a design idea of greater scope capable of generating new lines of research and feedback on the design brief.
BEATRICE LERMA
BEATRICE LERMA
Consumatore
Il consumatore è l’attore più importante del processo produttivo, il destinatario ultimo dal quale dipende il successo o il
fallimento commerciale del prodotto. In passato era considerato esclusivamente in base al suo potere d’acquisto, oggi, invece, la sua fiducia deve essere conquistata e mantenuta (si veda la definizione di coproduttore proposta da Carlo Petrini)9.
Consumer
The consumer is the most important actor in the production
process; the final destination on whom the commercial success or failure of the product depends. In the past the consumer
was considered solely on the basis of his buying power, but
now his loyalty must be won and retained (see the definition
of co-producers proposed by Carlo Petrini).9
Esigenza
L’esigenza è ciò che si richiede per necessità affinché si possa
svolgere in modo normale e corretto un’attività: ha carattere di
astrattezza, non dimensionale.
Si definisce come l’individuazione di un bisogno espresso o
ipotizzabile da parte di ogni specifica utenza coinvolta dal
processo progetto/prodotto (utenza d’uso, di produzione, di
gestione, manutenzione e ambientale).
In particolare, le esigenze rilevate da parte dell’utenza individuano lo stato attuale del «mercato», quelle messe in evidenza dagli osservatori specializzati forniscono l’interpretazione
e l’indirizzo delle tendenze culturali e modificano il «costume», infine quelle espresse dalle utenze specifiche sono propositive ciascuna per uno o più specifici ambiti applicativi.
ALESSANDRO BALBO
ALESSANDRO BALBO
SILVIA BARBERO
Design pubblico
Il design pubblico riguarda la progettazione e la gestione dell’ambiente urbano pubblico, inteso sia come spazio della collettività sia come appartenente alle Istituzioni sul piano amministrativo.
La progettazione riguarda la sistemazione, l’aspetto e la funzionalità e coinvolge, oltre a quelle umanistiche, discipline quali
il disegno industriale, l’architettura, l’urbanistica e l’arte.
Public design
Public design concerns the design and management of the
public urban environment, intended as community space and
as belonging to the institutions at an administrative level.
Design concerns its arrangement, appearance and operation,
and involves not only the humanist disciplines, but also industrial design, architecture, town planning and art.
Human Factor
Lo Human Factor è un’area disciplinare della progettazione
di artefatti che considera l’interazione uomo-macchina. Ogni
oggetto o strumento di lavoro che viene utilizzato dall’uomo
deve possedere alcune caratteristiche che lo rendono funzionale ed efficace. I due grandi ambiti su cui lo Human Factor
si concentra sono l’aspetto cognitivo e quello fisico, indagati
rispettivamente attraverso gli strumenti dell’ergonomia cognitiva e dell’ergonomia fisica, che a loro volta coinvolgono saperi e discipline che vanno dalla psicologia all’analisi dei rapporti antropometrici.
La progettazione che mette al centro l’Uomo non solo considera le prestazioni funzionali ma anche l’aspetto emotivo dell’utente, con lo scopo di gestire il carico di lavoro mentale ed
evitare la produzione di errori. L’importanza di considerare
gli aspetti emotivi emerge dal fatto che solo il 5 per cento della nostra attività è di tipo cognitivo, quindi la maggior parte
dei nostri comportamenti e delle nostre scelte vanno aldilà della coscienza. Solo uno studio approfondito degli utenti finali
e un loro attivo coinvolgimento possono portare i progettisti a
realizzare ambienti e manufatti che tengano conto della soggettività dell’esperienza vissuta dal singolo o dal gruppo12.
ALESSANDRA RASETTI
ALESSANDRA RASETTI
Economia della conoscenza
L’economia della conoscenza è un sistema in cui la quota di
occupazione ad alta intensità di conoscenza e il peso economico dei settori legati all’informazione sono preponderanti.
L’economia della conoscenza non nasce nell’età contemporanea: nell’età moderna l’economia della conoscenza si fondava su contenuti cognitivi il più possibile riproducibili, seriali e ripetitivi; nell’era post-moderna essa è divenuta, come
chiarisce Enzo Rullani, «duttile e riflessiva»10. Il valore risiede oggi nella capacità di «legarsi all’intelligenza delle persone
e alla loro unicità» per orientarsi in un contesto progressivamente più turbolento e indeterminato, trovando «nell’ICT e
nelle reti la risposta organizzativa a quest’esigenza»11.
Knowledge economy
The knowledge economy is a system in which highly knowledge-based employment and the economic importance of information related sectors are predominant.
The knowledge economy did not arise in the contemporary
age. In the modern period the knowledge economy was based
on cognitive contents that were as reproducible, serial and
repetitive as possible; in the post-modern era it became ‘ductile and reflective’, as Enzo Rullani specifies.10 Value now lies
in the ability to ‘connect to the intelligence of people and their
unique nature’ in order to orient oneself in an increasingly
more turbulent and uncertain context, finding the organisational response to this need ‘in ICT and networks’.11
ANGELA DE MARCO
ANGELA DE MARCO
SILVIA BARBERO
Human Factor
The Human Factor is a disciplinary area of artefact design that
considers the man-machine interaction. Every object or tool
used by man must respond to certain characteristics that make
it functional and effective. The two main spheres in which the
Human Factor is concentrated are the cognitive and the physical, studied respectively through cognitive ergonomics and
physical ergonomics, which in turn involve knowledge and
disciplines ranging from psychology to analysis of anthropometric relationships.
Design that puts man at its centre not only considers functional performance but also the emotional aspects of the user, with
the aim of managing the load of mental work and avoiding
the making of errors. Consideration of emotional aspects is
important because only five per cent of our activity is cognitive, so most of our behaviours and choices are beyond consciousness. Only an in-depth study of the final users and their
active involvement can allow designers to create environments
and artefacts that account for the subjectivity of the individual or group’s experience.12
ALESSANDRO BALBO
ALESSANDRO BALBO
Innovazione / Novità
Si tratta di un processo di trasformazione che prevede l’implementazione della qualità dei modi, degli strumenti, dei valo-
156
Need
Need is that which is required in order for an activity to be
performed normally and correctly; it has the nature of abstractedness, of the non dimensional.
It is defined as the identification of a requirement that is expressed by every specific user involved in the design/product
process (usage, production, management, maintenance and
environmental) or may be conjectured.
In particular, observed user-needs identify the current state of
the ‘market’. Those highlighted by specialist observers provide the interpretation and direction of cultural trends and
modify ‘custom’. Finally, those expressed by specific users are
propositional for one or more specific applied spheres.
Innovation / Newness
This is a process of change involving implementation of the
quality of the fashions, tools, values and aims of human ac-
157
ri e degli obiettivi dell’agire umano, inteso nel senso più ampio del termine. Questo avviene attraverso l’introduzione di
elementi dotati di una novità non cronologica (il più recente... l’ultimo...) bensì ontologica (altro da... dedotto da...)13;
dunque nuovi elementi o nuove connessioni tra elementi esistenti, nuovi attori, nuove regole, nuove strategie, che in un arco di tempo ragionevole siano riconosciute valide e utili e, in
quanto tali, accettate come ordinarie14.
«Fare innovazione» riguarda l’elaborazione del progetto, i processi di produzione, il grado di qualità espresso da un prodotto/servizio, le modalità di esposizione sul mercato, le forme di
consumo... ma riguarda, anche e soprattutto, le pre-condizioni socio-culturali, cognitive e tecnologiche che permettono tutto ciò15.
Nell’ambito del design l’innovazione può avere a che fare con
gli orizzonti disciplinari della cultura di progetto; la produzione della conoscenza come strumento per interpretare il cambiamento16; la sintesi tra creatività e rigore esigenziale del progetto; l’accresciuta responsabilità in relazione al rapporto tra
sistema della produzione, sistema del consumo e ambiente; la
diffusione di comportamenti sostenibili, il mutamento delle
percezioni e dei valori condivisi17; l’approccio sistemico alla
produzione, i nuovi modelli economici conseguenti; il valore dell’interazione tra complessità sociale, comportamenti della collettività e spazio contemporaneo; la lettura del territorio,
della cultura che esso esprime e il controllo delle modificazioni che il progetto vi introduce.
tion, intended in the broadest sense of the term. This occurs
through the introduction of elements not of a chronological
newness (the most recent, the latest) but of an ontological newness (different from, derived from);13 meaning new elements
or new connections between existing elements, new actors,
new rules, new strategies, that in a reasonable period of time
are recognised as valid and useful and, as such, accepted as ordinary.14
‘Innovating’ concerns the drafting of the design, production
processes, the level of quality expressed by a product/service,
the ways it is displayed on the market and forms of consumption. But it also and especially concerns the socio-cultural,
cognitive and technological preconditions that allow all this.15
Innovation in the design sphere may have to do with the disciplinary horizons of the design culture; the production of
knowledge as a tool for interpreting change;16 the synthesis of
creativity and the strict demands of the design; increased responsibility with regard to the relationship between system and
production, and between consumption system and environment; the diffusion of sustainable behaviours, changed perceptions and shared values;17 the systemic approach to production, the consequent new economic models; the value of
the interaction between social complexity, community behaviours and contemporary space; the reading of the land, of the
culture it expresses and control of the alterations that the design introduces to it.
CRISTIAN CAMPAGNARO
CRISTIAN CAMPAGNARO
Merce
S’intende per merce l’insieme di prodotti, servizi ed esperienze che vengono comunemente scambiati sul mercato.
Celaschi attribuisce alla merce l’attributo di «contemporanea»
laddove essa possieda una «forma» altamente sofisticata, in
grado di consentirle di resistere sul mercato e farsi scegliere dal
consumatore in un regime altamente competitivo come quello attuale. Tale «forma» è generalmente il frutto di processo articolato di azioni, opera di professionisti appartenenti ad ambiti disciplinari differenziati, che si esplicano nell’intera catena del valore, dall’ideazione al momento di consumo18.
ANGELA DE MARCO
158
Goods
Goods are all the products, services and experiences that are
commonly traded on the market. Celaschi ascribes to goods
the attribute of ‘contemporary’ where they possess a highly sophisticated ‘form’, allowing them to endure on the market and
be chosen by the consumer in a highly competitive system like
the current one. Such ‘form’ is generally the result of a linked
series of actions, the work of professionals from different disciplines, that are performed in the entire value chain, from conception to consumption.18
ANGELA DE MARCO
Meta-ambito
Ambito allargato (tematiche ampie come il tempo, l’aria, l’acqua) che comprende potenzialmente al suo interno innumerevoli ambiti produttivi e progettuali, da individuare e sviluppare attraverso la ricerca per portare a una innovazione progettuale.
Meta-environment
An enlarged environment (broad areas like time, air, water)
that potentially includes numerous production and design environments, to be identified and developed through research
leading to a design innovation.
SILVIA BARBERO
SILVIA BARBERO
Metaprogetto
Il metaprogetto fornisce il supporto logico procedurale da seguire nella strutturazione del progetto concreto, ossia lo schema di organizzazione mentale non sequenziale o lineare ma
disposto a configurazione mappale o reticolare, destinato a
orientare «sul campo» il convergere delle idee in modo creativo e attuativo. In generale, il metaprogetto stabilisce quali sono le attese per il progetto e fornisce delle indicazioni senza le
soluzioni specifiche che verranno messe in atto successivamente. Questa sua peculiarità fa in modo che da uno stesso schema metaprogettuale possano derivare soluzioni progettuali apparentemente molto differenti, ma conformi a un preciso atteggiamento progettuale.
Meta-design
The meta-design supplies the procedural support logic to be
followed in structuring the concrete design, or rather the mental organisation schema that is not sequential or linear, but
arranged in map-like or network configurations, intended to
orient the creative and executive convergence of ideas ‘in the
field’. In general, the meta-design establishes the expectations
for the design and provides indications without the specific
solutions that will be subsequently implemented. This allows
various design solutions to be derived from a single meta-design that are apparently very different but conform to a precise
design approach.
SILVIA BARBERO
SILVIA BARBERO
Output-Input
Output è convenzionalmente tradotto in prodotto finale, risultato, emissione di dati.
La metodologia del design sistemico identifica con output il
flusso di dati in uscita (materiali e immateriali) che si trasformano in input (materia prima) per nuovi processi produttivi.
Il concetto di output-input, secondo il quale lo scarto diventa un elemento dinamico all’interno di processi produttivi diversi trasformandosi in materia prima, si discosta dall’attuale
modello industriale lineare dove solitamente gli scarti sono
considerati elementi da smaltire19.
Output-Input
Output is conventionally interpreted as final product, result,
emission of data.
Systemic design methodology identifies output as the outward
flow of data (physical and non-physical) that is transformed
into input (raw material) for new production processes.
The concept of output-input, according to which waste turns
into a raw material and becomes a dynamic element within
different production processes, moves away from the current
linear industrial model where waste is normally considered
only as something to be disposed of.19
BRUNELLA COZZO
BRUNELLA COZZO
Prestazione richiesta e fornita
Le prestazioni richieste sono la specificazione, qualificazione
o quantificazione di un requisito e sono enunciate dalle diverse utenze e possono anche risultare in contraddizione tra loro.
Le prestazioni fornite verificano il grado di soddisfacimento
Requested and supplied performance
Requested performance is the specification and qualification
or quantification of a request. These are expressed by the different users and may also be contradictory.
Supplied performance verifies the extent to which a request-
159
di una prestazione richiesta: il prodotto/servizio progettato
avrà delle specifiche prestazioni fornite che dovranno essere
verificate con un’operazione di feedback rispetto a quelle richieste20.
ed performance has been met: the product/service designed
will have specific supplied performances that must be verified
by feedback to those requested.20
SILVIA BARBERO
SILVIA BARBERO
Prodotto
Il prodotto rappresenta il risultato di un processo di produzione, costituito da una sequenza di azioni, indipendenti le une
dalle altre, atte a produrre un bene.
È una combinazione di beni e servizi offerti al mercato per uso,
consumo o acquisizione, il cui fine ultimo è il raggiungimento della soddisfazione dei bisogni della società.
È un insieme di attributi tangibili (materiali, aspetto...) e intangibili (brand, status symbol...) volti a procurare un beneficio materiale o emotivo all’utente.
Un prodotto viene valutato in base alle proprie prestazioni tecnico-funzionali e simboliche: mentre le prime sono immediate da individuare, le seconde sono più legate alla sfera psicologica e sociale di ogni singolo individuo e quindi recepite in modo differente da ciascun utente o gruppi omogenei di utenza.
I prodotti immessi sul mercato sono classificati in base alla durata del periodo in cui vengono utilizzati: si individuano così
beni durevoli, usati ripetutamente in un ampio periodo, e nondurevoli, consumati quindi velocemente e in breve tempo.
Negli ultimi anni si è sviluppato anche il concetto di «prodotti verdi» che consistono in beni e servizi a ridotto impatto ambientale durante le fasi di produzione, d’uso e di dismissione,
in termini di uno sfruttamento più attento e consapevole delle materie prime e delle risorse energetiche, d’impiego di materiali sostenibili, di riduzione degli scarti e di agevolazione
delle fasi di disassemblaggio e smaltimento.
Product
The product is the result of a production process, consisting
of a sequence of independent actions intended to produce a
good.
It is a combination of goods and services offered to the market
for use, consumption or acquisition, whose final end is the satisfaction of society’s needs.
It is a combination of tangible (materials, appearance etc.) and
intangible attributes (brand, status symbol, etc.) intended to
provide the user with a material or emotional benefit.
A product is valued according to its technical-functional and
symbolic performances. The former are easy to identify, but
the latter are more related to the psychological and social sphere
of every individual and are thus regarded differently by each
user or homogeneous user group.
Products available on the market are classified according to
the length of time they will be used: durable goods, used repeatedly over a long period, and non-durable goods, used
quickly over a short period.
In recent years the concept of ‘green products’ has also developed. These are goods and services of low environmental impact during the stages of production, use and decommissioning, in terms of a more attentive, aware use of raw materials
and energy resources, use of sustainable materials, reduction
of waste and facilitation of the disassembly and disposal stages.
CLARA CEPPA
CLARA CEPPA
Qualità
La qualità in generale indica una misura delle caratteristiche
o delle proprietà di un’entità (prodotto, sistema, servizio, attività o organizzazione) in confronto a quanto ci si attende da
tale entità in un determinato impiego. Nella sua accezione più
usata è riferibile sia a un bene materiale (prodotto) che immateriale (servizio) ed è applicabile a tutte le realtà operative, tutte le volte che un oggetto, una persona o altro, viene confron-
160
Quality
Quality in general is a measure of the characteristics or properties of an entity (product, system service, activity or organisation) compared to what is expected of such an entity in a
specific use. Its most common meaning refers to a material
good (product) and a non-material one (service) and is applicable to all operational situations every time an object, person
or something else is compared with what is expected of it. The
tato con quello che da esso ci si attende. Ciò che cambia da
settore a settore sono i criteri per la sua misurazione, che devono sempre fondarsi su tre elementi base: l’entità su cui è applicata la qualità, chi esprime i requisiti in funzione dell’entità
(utenza d’uso, di produzione, di gestione e sociale) e i fattori
di qualità, che espressi come indicatori misurabili (i requisiti) servono per effettuare confronti e stabilire fino a che punto
il sistema delle esigenze e delle prestazioni richieste è soddisfatto dall’entità indagata.
Nel settore del design, la qualità, secondo la norma UNI EN
ISO 9000:200521, può essere intesa come l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto o di un servizio che
conferiscono a esso la capacità di soddisfare esigenze espresse
o implicite.
Dagli anni cinquanta in poi, con la diffusione della produzione di massa, il concetto ha subito numerose trasformazioni sino ad arrivare all’attuale concezione di gestione totale della qualità (Total Quality Management - TQM), che si pone
come obiettivo il soddisfacimento di tutte le parti interessate.
La qualità del progetto è data, in pratica, dal confronto tra le
prestazioni fornite dal progetto e il sistema esigenziale espresso dall’utenza iniziale. Questa operazione di verifica, spesso
disattesa, è fondamentale per innescare quelle operazioni di
feedback progettuale utili per risolvere eventuali problematiche e a far sì che il progetto sia il più possibile rispondente alle esigenze iniziali espresse dalla committenza.
La qualità del processo, invece, è ricavabile dal confronto tra
le prestazioni fornite da un esemplare del prodotto realizzato
in serie e le prestazioni indicate nel progetto, cioè il sistema di
prestazioni fornite.
La qualità del prodotto, infine, è data dal confronto tra i due
estremi, ovvero dalla comparazione tra un esemplare della serie prodotta e il sistema delle prestazioni richieste, o sistema esigenziale, delineato inizialmente.
Si può concludere che, poiché si mettono a confronto dati effettivamente rilevabili del prodotto con dati specificati e operabili in partenza, cioè il sistema di requisiti richiesto, la qualità di un prodotto non può essere intesa come un mero giudizio soggettivo, ma va letta come un giudizio oggettivo e verificabile.
criteria for measuring this, however, change from sector to sector but must always rest on three basic elements: the entity to
which quality is applied, who expresses the requirements of
the entity (user, production, management or social use) and
the quality factors. The latter, expressed as measurable indicators (requirements), serve to make comparisons and establish to what point the system of needs and requested performances is met by the entity in question.
Quality in the design sector, according to the UNI EN ISO
9000:2005 quality standard,21 may be intended as the properties and characteristics of a product or service that allow it to
meet expressed or implicit needs.
Since the 1950s with the spread of mass production, quality
has undergone numerous transformations up to the current
conception of Total Quality Management - TQM, whose objective is the satisfaction of all parties involved.
Design quality is given by a comparison between the performances supplied by the design and the requirement system expressed by the initial user. This checking operation, often neglected, is fundamental for triggering design feedback that allows any problems to be resolved and for ensuring that the design responds as closely as possible to the initial needs expressed by the client.
Process quality, however, can be gauged by a comparison between the performances supplied by an example of the massproduced item and the performances indicated in the design,
or the supplied performances system.
Finally, product quality is shown by a comparison between
an example of the produced range and the initially defined system of requested performances, or demand system.
It may be concluded that, because data that can be effectively
taken from the product can be compared with data specified
and operable at the start, that is, the requested requirements
system, the quality of a product cannot be understood as a mere
subjective judgement, but as an objective, verifiable judgement.
CRISTINA ALLIONE
CRISTINA ALLIONE
161
Relazioni
L’etimologia della parola richiama il termine «relativo», che
significa non assoluto, cioè che condiziona ed è condizionato
da altro. La relazione è un processo per cui a livello fisico o a
livello astratto si collegano elementi distanti fra loro; le strutture che si formano possono essere semplici e lineari, oppure
possono manifestarsi come intrecci complessi. La natura, come la società umana, è composta da reti di relazioni.
Nello stesso modo in cui la mente afferra i concetti solo se riesce a relazionarli al contesto, così la nostra esistenza è interconnessa e interdipendente con quella di chi ci circonda. Le relazioni tra le persone infatti vanno molto al di là dei rapporti personali, coinvolgendo l’intero sistema sociale e produttivo: nessuno di noi può esistere se non in relazione con gli altri e con
l’ambiente. Così come il singolo non ha ragione di essere se
separato dal contesto, allo stesso modo il design ha bisogno di
considerare gli aspetti che influenzano il progetto e relazionarli fra loro. I diversi saperi che concorrono alla definizione del
sistema del design vanno dalle discipline tecnologiche a quelle umanistiche, dagli aspetti gestionali a quelli espressivi.
Mettere in relazione queste discipline significa trovare dei punti di contatto che si fondono in modo organico nel prodotto22.
ALESSANDRO BALBO
Relationship
The etymology of the word recalls the term ‘relative’, which
means not absolute; that which influences and is influenced
by something or someone else. The relationship is a process by
which distinctive elements connect at a physical or abstract
level; the structures that are formed may be simple and linear
or have complex links. Nature, like human society, is made
up of relationship networks.
In the same way in which the mind grasps concepts only if
it can relate them to the context, our existence is interconnected and interdependent with that of those round about us. The
relationships between people go well beyond personal relationships, involving the entire social and production system.
None of us can exist if not in relation with others and with
the environment. In the same way that the individual has no
reason for being if separated from the context, design needs
to consider the aspects that influence the design and relate to
one another. The different spheres of knowledge that contribute to the definition of the design system range from technological to humanist disciplines and from management aspects to expressive ones. Putting these disciplines into relation means finding points of contact that merge organically
in the product.22
uomini stessi, la «riproduzione». Il concetto di riproduzione
si collega dunque al concetto di famiglia e ai bisogni connessi al tempo extra-lavorativo25.
ALESSANDRO BALBO
Requisito
Definisce ciascuna delle qualità necessarie, richieste per uno
scopo determinato (dizionario Devoto-Oli)23. Requisito è la
richiesta rivolta a un determinato elemento artificiale (artefatto, elemento edilizio, spazio, componente) di possedere caratteristiche tali da soddisfare esigenze definite precedentemente.
Tali caratteristiche sono proprietà «funzionali» che devono essere realizzate comunque, indipendentemente dal materiale
con cui quell’elemento è realizzato24.
Requisite
This defines each of the qualities necessary, requested for a specific purpose (Devoto-Oli dictionary).23 A requisite is the request made of a specific artificial element (artefact, building
component, space, part) to have such characteristics as to satisfy previously defined needs.
These characteristics are ‘functional’ properties that must be
achieved anyway, regardless of the material with which that
element is made.24
BEATRICE LERMA
BEATRICE LERMA
Riproduzione
Il pensiero marxista individua nella produzione dei mezzi di
sussistenza e nel lavoro l’attività fondamentale dell’uomo,
nonché la prima azione storica specificamente umana.
Accanto a essa si pone un’altra attività a sua volta indispensabile per la sopravvivenza della specie: la produzione degli
Reproduction
Marxist thinking identifies production as the means of subsistence and work as man’s fundamental activity, and as the first
specifically human historic action. There is another activity
alongside this that is also indispensable for the survival of the
species: the production of man himself, or ‘reproduction’. The
162
concept of reproduction is thus connected to the concept of
family and needs related to non-work time.25
ANGELA DE MARCO
ANGELA DE MARCO
Scenario
Massa critica di dati e riferimenti intorno all’argomento da affrontare che definiscono il contesto storico, sociale, culturale,
produttivo, tecnologico, ambientale in cui verrà inserito il prodotto/servizio per un progetto consapevole. Lo scenario aggiunge informazioni indicando con chiarezza i punti di vista,
il contesto e le relazioni dei vari elementi che lo compongono26.
Scenario
A critical mass of data and references around the subject to be
considered that define the historic, social, cultural, productive,
technological and environmental context in which the product/service will be inserted for an attentive design. The scenario
adds information, clearly indicating points of view, context and
the relationships between its various constituent elements.26
SILVIA BARBERO
SILVIA BARBERO
Scena urbana
«[...] l’insieme degli elementi che permettono di stabilire le relazioni tra la forma e l’uso dello spazio pubblico. Mentre l’ambiente urbano costituisce la sintesi delle motivazioni economiche, politiche, sociali, storiche, culturali e morfologiche di un
dato assetto dello spazio, la scena urbana può definirsi come
la sua rappresentazione fisica, il “volto”»27.
Urban scene
‘[...] all the elements that allow relationships to be established
between the form and use of public space. While the urban
environment is a synthesis of the economic, political, social,
historical, cultural and morphological reasons for a given ordering of the space, the urban scene may be defined as its physical representation, its “face”’.27
MARCO BOZZOLA
MARCO BOZZOLA
Sistema
Insieme strutturato di parti solidali, correlate e interdipendenti, che si comportano come un tutto.
Osservare la realtà da un punto di vista sistemico, porta a comprendere come le componenti di un sistema siano il prodotto
delle relazioni tra elementi interconnessi gli uni con gli altri,
inseriti in un determinato contesto.
Ci sono due concetti insiti nella parola «sistema», l’idea di un
«sistema come un tutto» e l’idea di un «sistema generatore».
Nel primo caso, la parola «sistema» si riferisce a un particolare aspetto di una singola cosa. Un sistema come un tutto, non
è un oggetto ma è il modo di guardare un oggetto. Esso mette
a fuoco alcune proprietà «olistiche» (da holism, teoria filosofica per cui la natura tende a sintetizzare le unità in insiemi organizzati), che possono essere comprese soltanto come un prodotto di reciproca azione tra parti (interazione).
Nel secondo caso, invece, la parola «sistema» si riferisce a un
insieme di parti e di regole capaci di generare molte cose. Un
sistema generatore non è l’aspetto di una singola cosa. Esso è
System
A structured collection of solid, correlated and interdependent parts that behave as a whole.
Observing reality from a systemic point of view helps understand how the components of a system are the product of the
relationships between elements that are interconnected with
each other and others, set in a specific context.
There are two concepts inherent in the word ‘system’: the idea
of a ‘system as a whole’ and the idea of a ‘generating system’.
In the first case, the word ‘system’ refers to a particular aspect
of a single thing. A system as a whole is not an object but is a
way of seeing an object. It focuses on some holistic properties
(from holism, a philosophical theory by which nature tends
to synthesise units into organised wholes), that may be understood only as a product of reciprocal actions between parts (interaction).
In the second case, however, the word ‘system’ refers to a collection of parts and rules capable of generating many things.
A generating system is not an aspect of a single thing. It is a
163
un insieme di parti, con regole circa il modo con cui queste
parti possono essere combinate.
Quasi ogni sistema «come un tutto» è generato da un sistema
generatore; se desideriamo fare cose che funzionano come un
«tutto» dovremo inventare sistemi generatori per crearli28.
«Questa è una tappa essenziale per il concetto di design: quasi tutti i Designers oggi si considerano disegnatori di oggetti.
Se seguiamo il ragionamento sopra esposto, giungiamo a una
conclusione completamente differente. Per fare oggetti con
complesse proprietà olistiche, è necessario inventare sistemi generatori che genereranno oggetti con le richieste proprietà olistiche. Il Designer diventa disegnatore di sistemi generatori,
ciascuno capace di generare molti oggetti, piuttosto che
Designer di singoli oggetti»29.
whole of parts, with rules about the way in which these parts
may be combined.
Almost every system ‘as a whole’ is generated by a generating
system; if we want to make things that function as a ‘whole’
we must invent generating systems to create them.28
‘This is an essential stage in the concept of design: almost all
designers today consider themselves designers of objects. The
above reasoning leads to a completely different conclusion. To
make objects with complex holistic properties, it is necessary
to invent generating systems that will generate objects with the
requested holistic properties. The designer becomes a designer of generating systems, each capable of generating many objects, rather than a designer of individual objects.’29
FRANCO FASSIO
FRANCO FASSIO
Spazio di relazione
S’intende per spazio di relazione una porzione di spazio pubblico caratterizzata dalla «presenza protagonista del pedone»30
e dallo svolgimento di attività ricreative, d’incontro e di scambio, indispensabili per l’abitabilità urbana31.
Relationship space
Relationship space is a part of the public space typified by the
‘central presence of the pedestrian’30 and the pursuit of recreational, assembly and exchange activities, indispensable for
urban liveability.31
ANGELA DE MARCO
ANGELA DE MARCO
Spazio pubblico
Sistema di luoghi accessibili e fruibili da tutti, caratterizzato
tradizionalmente da forme e modi d’uso lineari, fortemente
connessi all’identità della comunità sociale di riferimento
(nonché alle regole definite dall’autorità pubblica).
Oggi lo spazio pubblico si esprime in forme complesse e disarticolate e la sua definizione, sganciata da archetipi formali,
è sottoposta a revisioni e controversie. Taluni (Castells) fondano l’attribuzione dell’aggettivo «pubblico» a requisiti di
proprietà e a fattori quali «la spontaneità delle relazioni, la libertà di espressione, la multifunzionalità e il multiculturalismo»32.
Public space
A system of places that can be accessed and used by all, traditionally distinguished by linear ways and forms of use, closely connected to the identity of the reference social community
(and the rules defined by the public authority).
Public space is today expressed in complex, dissociated forms
and its definition, detached from formal archetypes, is subject
to review and controversy. Some (Castells) base attribution
of the adjective ‘public’ on requirements of ownership and on
factors such as ‘the spontaneity of relations, the freedom of expression, multifunctionalism and multiculturalism’.32
ANGELA DE MARCO
ANGELA DE MARCO
Sviluppo sostenibile
Nel 1987, in occasione del World Commission for Environment
and Development, si definisce in modo universalmente riconosciuto il concetto di sviluppo sostenibile nel rapporto Our
Common Future, nell’ambito delle Nazioni Unite: «per svilup-
164
Sustainable development
The concept of sustainable development was universally defined in the report titled Our Common Future at the United
Nations’ World Commission for Environment and Development in
1987: ‘Sustainable development is development that meets the
po sostenibile si intende uno sviluppo che risponda alle necessità del presente senza compromettere le capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze»33. Tale definizione parte da una visione antropocentrica, perché al centro
della questione non è tanto l’ecosistema, e quindi la sopravvivenza e il benessere di tutte le specie viventi, bensì solo gli esseri umani.
Questa prima definizione è stata criticata per l’indeterminatezza e l’uso dei concetti di «crescita sostenibile» e «sviluppo
sostenibile» come se fossero sinonimi, soprattutto per l’ossimoro insito nel primo. In risposta a tali critiche arriva il rapporto Caring for the Earth, a Strategy for Sustainable Living che specifica la definizione di sviluppo sostenibile: «migliorare la qualità della vita mantenendosi entro i limiti della capacità di carico degli ecosistemi interessati»34.
Nel 1992, in Oltre i limiti dello sviluppo, gli stessi autori del primo rapporto del Club di Roma (1972)35 indicano i tre presupposti fondamentali per perseguire uno sviluppo sostenibile: riconoscimento del valore incommensurabile dell’ambiente e dei
«beni liberi» quali aria, acqua e altre risorse fondamentali e non
riproducibili; estensione dell’orizzonte culturale al fine di incentivare politiche a lungo termine; perseguimento dell’equità
intragenerazionale (odierna) e intergenerazionale (futura)36.
Nel 1994 L’International Council for Local Environmental
Initiatives (ICLEI) ha fornito un’ulteriore definizione di sviluppo sostenibile come «lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali ed opportunità economiche a tutti gli abitanti
di una comunità, senza creare una minaccia alla vitalità del
sistema naturale, urbano e sociale che da queste opportunità
dipendono»37. Ciò significa che le tre dimensioni economica,
sociale e ambientale sono strettamente correlate e ogni intervento di programmazione deve tener conto delle reciproche
interrelazioni.
Nel 2001, l’UNESCO ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che «la diversità è necessaria per l’umanità quanto la biodiversità per la natura, la diversità culturale è
una delle radici dello sviluppo inteso non solo come crescita
economica, ma anche come un mezzo per condurre un’esistenza più soddisfacente sul piano intellettuale, emozionale e
spirituale»38. La sostenibilità culturale risulta essere un ulteriore elemento da tenere in considerazione per raggiungere la
complessità di uno sviluppo sostenibile.
needs of the present without compromising the ability of future generations to meet their own needs’.33 This definition is
anthropocentric because it places human generations at the
centre of the question rather than the ecosystem and the survival and well-being of all living species.
This first definition has been criticised for its vagueness and
its use of the concepts of ‘sustainable growth’ and ‘sustainable
development’ as if synonyms, and especially the oxymoron inherent in the former. A response to such criticism was the report Caring for the Earth, a Strategy for Sustainable Living, which
defines sustainable development as: ‘improving the quality of
life, remaining within the limits of the carrying capacity of the
ecosystems involved’.34
In Oltre i limiti dello sviluppo (Beyond the limits of development) of
1992, the authors of the first Club of Rome report (1972)35
state three fundamental premises from which to pursue sustainable development: recognition of the inestimable value of
the environment and the ‘free goods’ of air, water and other
fundamental, non-reproducible resources; extension of the
cultural horizon in order to encourage long-term policies; pursuit of intragenerational equality (today) and intergenerational
equality (future).36
In 1994 the International Council for Local Environmental
Initiatives (ICLEI) provided another definition of sustainable
development as ‘development that provides economic opportunities and ecological and social elements to all inhabitants
of a community, without creating a threat to the vitality of the
natural, urban and social systems that depend on these opportunities’.37 This means that the three economic, social and environmental dimensions are closely correlated and every planning intervention must take reciprocal interactions into account.
In 2001 UNESCO broadened the concept of sustainable development stating that ‘diversity is necessary for humanity just
as biodiversity is for nature; cultural diversity is one of the roots
of development intended not only as economic growth, but
also as a means of conducting a more rewarding existence on
an intellectual, emotional and spiritual plane’.38 Cultural sustainability thus appears to be a further element to be considered for attaining the complexity of sustainable development.
The notion of sustainable development underscores how unlimited economic growth has limits that are not only quanti-
165
La nozione di sviluppo sostenibile sottolinea come una crescita economica incontrollata abbia dei limiti che non sono
solo quantitativi ma anche qualitativi, non consentendo
un’acritica equazione crescita = benessere e sviluppo. Lo sviluppo non consiste necessariamente nella sola crescita dei beni che sono prodotti e scambiati sul mercato, ma più in generale in tutte le innovazioni che si possono realizzare nel sistema socio-culturale e che potrebbero aumentare il benessere degli individui e della società.
«Rivendicare il buono deve portare al rispetto della Terra e
delle differenti culture: stiamo parlando di felicità»39.
Lo sviluppo sostenibile equivale a uno «sviluppo economico
socialmente ed ambientalmente sostenibile», senza promuovere una rinuncia a priori della crescita economica. «È presumibile che il tracciato non sarà né semplice né lineare, e che le
strade che via via verranno proposte dai vari gruppi politici o
sociali tenderanno spesso a divergere»40.
La sostenibilità economica consiste nel creare profitti nell’ambito degli interessi economico-finanziari: l’economia deve valutare le quattro forme di capitale esistenti (economico, ambientale, umano e culturale) e lavorare al fine di poter stimare in modo quantitativo le risorse intangibili e costituite dai
beni liberi.
La sostenibilità ambientale è il mantenimento nel tempo dell’equilibrio fisico e relazionale stabilito dalle sostanze che compongono la geosfera e la biosfera, è quantificabile e descrivibile con una serie di dati. Le attività umane non devono disturbare i cicli naturali su cui si basano più di quanto la resilienza del Pianeta lo permetta e non devono impoverire il capitale naturale che verrà trasmesso alle generazioni future41.
La sostenibilità sociale sfugge a qualsiasi sistema di quantificazione perché si basa sul concetto qualitativo di benessere in
senso lato. Le società sostenibili si basano su un ciclo di vita
dei prodotti coerente con le necessità ambientali e sono dotate
di un apparato socio-economico capace di rispondere ai bisogni umani consumando poche risorse. «Limitarsi ad attenuare, come spesso accade, le conseguenze negative più evidenti
dello stile di vita occidentale anziché intervenire sulle cause si
traduce in operazioni poco incisive»42.
SILVIA BARBERO
166
tative but also qualitative, not allowing an uncritical equation
of growth = well-being and development. Development does
not necessarily consist only in the increase of goods that are
produced and traded on the market, but more generally in all
innovations that may be made in the socio-cultural system and
that could increase the well-being of individuals and society.
‘Reclaiming the good must lead to respect for the Earth and
for different cultures: we are talking about happiness.’39
Sustainable development equals ‘socially and environmentally sustainable economic development’, without fostering an a
priori rejection of economic growth. ‘It may be presumed that
the route will be neither simple nor linear, and that the directions that are gradually proposed by various political and social groups will often tend to diverge.’40
Economic sustainability consists in creating profits in the
sphere of economic-financial interests: the economy must value the four forms of existing capital (economic, environmental, human and cultural) and work towards being able to
quantitatively estimate the intangible resources consisting of
free goods.
Environmental sustainability is maintenance over time of the
physical and relational balance established by the constituent
parts of the geosphere and the biosphere; it may be quantified
and described with data. Human activities must not disturb
the natural cycles on which they are based beyond what is allowed by the planet’s resilience and must not impoverish the
natural capital that will be handed down to future generations.41
Social sustainability escapes any system of quantification because it is based on the qualitative concept of well-being in
a broad sense. Sustainable societies are based on a life cycle
of products consistent with environmental needs and are
equipped with a socio-economic apparatus capable of responding to human needs consuming few resources. ‘Restricting oneself to minimising the most obvious negative consequences of the western lifestyle, as often happens, rather than
acting on the causes, translates into not very incisive operations’.42
SILVIA BARBERO
Target
Scenario di consumo che definisce le caratteristiche delle tipologie di utenza finale a cui si rivolge il prodotto/servizio: rappresenta l’obiettivo di vendita, la fascia cioè dei potenziali consumatori (di un prodotto, servizio ecc.) cui la strategia progettuale e di campagna pubblicitaria si rivolge.
Target
A consumption scenario that defines the characteristics of the
types of final user to whom the product/service is aimed. It represents the sales objective, the band of potential consumers (of
a product, service etc.) to whom the design strategy and advertising campaign are directed.
BEATRICE LERMA
BEATRICE LERMA
Uomo
L’Uomo è un «artefatto culturale»43 in quanto esiste come individuo inserito costantemente in un contesto sociale in cui vive, opera e genera relazioni.
L’evoluzione biologica nasce 7-8 milioni di anni fa, da quando storicamente viene accertata l’autocoscienza nelle grandi
scimmie antropomorfe; da allora si è innescato un processo casuale di co-evoluzione tra struttura cerebrale, fisica, capacità
culturali e complessità delle strutture sociali che l’Uomo è stato in grado di creare.
Questi elementi hanno portato allo sviluppo dell’Uomo capace di innovare, di relazionarsi e di compiere delle scelte. Il ruolo cruciale del linguaggio in questo processo determina la capacità di scambiare idee e cooperare, attività che in un contesto
sociale complesso sono la base dello sviluppo e del progresso.
Secondo questa visione il mutamento evolutivo è quindi il risultato della tendenza intrinseca della vita a «creare novità» ed
è non sempre dipendente dall’adattamento alle condizioni ambientali. Tuttavia l’Uomo è parte dell’ambiente ed esiste grazie a reti di fenomeni interconnessi e interdipendenti chiamati
ecosistemi che regolano la vita e la natura dei processi ecologici.
L’Uomo deve nuovamente imparare a comprendere i principi di organizzazione degli ecosistemi per crescere in comunità umane sostenibili che garantiscano la sopravvivenza e il procedere dell’evoluzione44.
Man
Man is a ‘cultural artefact’43 in that he exists as an individual
who is constantly part of the social context in which he lives,
works and generates relationships.
Biological evolution began seven to eight million years ago,
when the large anthropomorphic apes have been historically
confirmed as having self-consciousness. Since then, a random
process of co-evolution has been triggered between cerebral
and physical structure, cultural capacity and the complexity
of the social structures man has been able to create.
These elements have led to the development of man’s ability
to innovate, establish relationships and make choices. The
crucial role of language in this process allows him to exchange
ideas and to cooperate; such activities being the basis of development and progress in a complex social context.
According to this view, evolutionary change is due to the intrinsic tendency of life to ‘create newness’ and not always to
adaptation to environmental conditions.
However, man is part of the environment and exists thanks to
a network of interconnected and interdependent phenomena
called ecosystems that regulate the life and nature of ecological
processes.
Man must learn again to understand the organising principles
of ecosystems in order to grow in sustainable human communities that ensure survival and the continuation of evolution.44
LIDIA SIGNORI
LIDIA SIGNORI
Utenza
Il sistema esigenziale dell’utenza delinea le esigenze dei singoli attori che saranno in contatto con il prodotto. Non solamente le esigenze dell’utilizzatore finale (individuato dal target),
ma anche del produttore, dei soggetti che si occupano della
gestione (trasporto, manutenzione ecc.) e degli altri che in differenti modi si relazionano con il prodotto.
Si possono individuare, in particolare, l’utenza di gestione
Use
The requisite system of use defines the needs of the individual
actors who will come into contact with the product. This
means not only the needs of the final user (identified by the target), but also those of the producers, those who handle it
(transport, maintenance etc.) and others who are related to the
product in different ways.
It is possible to identify, in particular, management use (those
167
(rappresenta coloro che operano sul prodotto nelle fasi preliminari all’impiego, gli addetti al trasporto e alla manutenzione o gestione), l’utenza di produzione (delinea le esigenze degli addetti alla produzione vera e propria del prodotto), l’utenza ambientale (rappresenta l’ambiente nella sua accezione più
vasta, fisico-emotivo, fisico-espressivo e come contesto delle
problematiche ecologiche), l’utenza d’uso (raffigura il consumatore, il fruitore finale del prodotto) e l’utenza sociale (utenza allargata che talora può avere un ruolo passivo nei confronti del prodotto).
who work on the product in the stages prior to its use: in its
transport, maintenance or management), production use
(those directly engaged in production of the product), environmental use (representing the environment in its broadest
physical-emotional, physical-expressive sense and as a context
of ecological problems), user use (the consumer and final user
of the product) and social use (expanded use that may at times
have a passive role with regard to the product).
BEATRICE LERMA
BEATRICE LERMA
Valore
Il valore è una proprietà che può essere riferita ad ambiti molto diversi: si parla di valore in relazione agli oggetti, ai servizi,
ai comportamenti e alle persone. Può essere definito con caratteristiche di tipo quantitativo, e quindi misurabile, oppure
attraverso caratteristiche di tipo qualitativo; tuttavia il parametro di definizione e la stessa esistenza dei valori è mutevole
nel tempo, e in continua trasformazione a seconda delle situazioni sociali e personali.
In riferimento alle merci, si possono individuare numerose forme di valore che concorrono a definire il valore del prezzo
espresso in denaro, il quale diventa l’equivalente universale
dei prodotti e dei desideri.
Il valore d’uso è una proprietà qualitativa, che rappresenta la
capacità del prodotto di soddisfare un bisogno. Questa è una
caratteristica oggettiva che tuttavia non sempre è sufficiente (e
a volte necessaria) per definire il valore di scambio, o valore
economico; che invece definisce quantitativamente l’insieme
dei costi delle materie prime e della produzione, ma anche la
pubblicità e la visibilità che sono necessari affinché le merci
siano notate e appetibili per il consumatore.
Il sistema dei valori di un prodotto va aldilà della quantificazione economica e della funzionalità intrinseca, perché comprende un aspetto molto rilevante nella percezione dei consumatori: il valore relazionale, o valore simbolico. L’importanza
cioè di possedere ciò che evoca un immaginario e che rappresenta uno status. Questo plusvalore agisce nella sfera della seduzione, rendendo la merce facilmente sostituibile, regolando l’obsolescenza semantica in relazione ai valori condivisi45.
ALESSANDRO BALBO
168
Value
Value is a property that may be referred to very different
spheres. Value is spoken of with regard to objects, services,
behaviours and people. It may be defined by quantitative, and
therefore measurable, characteristics, or by qualitative characteristics. However, the definition parameter and actual existence of values changes over time and is constantly changing
according to social and personal situations.
It is possible to identify numerous forms of value with regard
to goods that help define it in terms of money, which becomes
the universal equivalent of products and desires.
The value of use is a qualitative property that represents the
product’s ability to meet a need. This is an objective characteristic that is not, however, always sufficient (or at times necessary) for defining the market or economic value. This latter
quantitatively defines the cost of raw materials and production, along with that of the advertising and display space needed for the goods to be noticed by and made desirable to the
consumer.
The value system of a product goes beyond economic quantification and intrinsic practicality, because it also includes a
very important aspect in the consumer’s perception: relational value, or symbolic value; that is, the importance of owning
that which evokes an image and represents status. This added
value acts in the sphere of seduction, making goods easily replaceable and controlling the semantic obsolescence of shared
values.45
ALESSANDRO BALBO
Vita (biologica, sociale, culturale, etica)
«Nella concezione e nel linguaggio comune, s’intende in generale per vita lo spazio temporale compreso tra nascita e morte di un essere vivente (uomo, animale, vegetale)»46. La vita è
perciò lo «stato di attività naturale di un organismo dotato di
un principio attivo interiore che mette in moto e coordina le
funzioni inerenti alla sua conservazione, sviluppo e riproduzione e alle sue relazioni con l’ambiente e con gli altri organismi»47.
L’insieme dei legami che mette in relazione le varie parti di
ciascun sistema è conosciuto col termine di «rete vivente»; queste reti, non materiali ma funzionali, sono i modelli-base della vita stessa. Secondo la «Teoria dei sistemi», che implica una
nuova modalità di osservare/comprendere il mondo che ci circonda (il «pensiero sistemico»), «ciascun organismo (animale, vegetale, micro-organico o umano) costituisce di per sé una
“interezza integrata”, un “sistema vivente”. Anche le parti di
questi organismi, come le foglie o le cellule, sono a loro volta
sistemi viventi. In tutto il mondo vivente possiamo rintracciare sistemi nidificati in altri sistemi. Inoltre, i sistemi viventi includono anche delle comunità di organismi, come ad esempio i sistemi sociali (una famiglia o un villaggio) o gli ecosistemi»48. Col termine vita, la visione sistemica intende perciò
non solo la «condizione di ciò che vive, proprietà essenziale
degli organismi viventi che nascono, crescono, si riproducono e muoiono, cioè l’insieme dei fenomeni (nascita, sviluppo,
riproduzione eccetera) caratteristici di tali organismi»49, ma
anche tutto «il complesso delle situazioni, dei rapporti, dei problemi relativi al vivere individuale, familiare e soprattutto sociale»50.
Con aggettivazioni varie, si può allora estendere ulteriormente il concetto di vita, così da specificare il modo in cui si vive
biologicamente in rapporto al proprio organismo, a speciali
aspetti che essa può assumere in base alle configurazioni sociali o a particolari ideali cui essa può conformarsi.
«Tutte le strutture biologiche (proteine, enzimi, DNA, membrane cellulari eccetera) vengono continuamente prodotte, riparate e rigenerate, similmente, a livello di un organismo multicellulare, anche le cellule del corpo vengono rigenerate e riciclate in modo continuativo dalla rete metabolica dello stesso organismo»51.
Questo complesso sistema di relazioni biochimiche è gestito
Life (biological, social, cultural, ethical)
‘In its conception and in common language, life is generally
meant as the period of time between the birth and death of a
living being (man, animal, vegetable)’.46 So life is the ‘state of
natural activity of an organism with an interior active principle that instigates and coordinates the functions pertaining to
its conservation, development and reproduction, and to its relations with the environment and with other organisms’.47
The links that put the various parts of each system into relation are known as the ‘living network’. These networks, not
physical but functional, are the base-models of life itself.
According to ‘systems theory’, which implies a new way of
observing/understanding the world around us (‘systemic
thinking’), ‘each organism (animal, vegetable, micro-organic or human) in itself constitutes an “integrated interest”, a
“living system”. The parts of these organisms, such as leaves
or cells, are in turn also living systems. Systems nested into other systems can be found throughout the living world.
Furthermore, living systems also include communities of organisms, such as social systems (a family or a village) or ecosystems.’48 The systemic view thus intends life not only as the
‘condition of that which lives, the essential property of living
organisms that are born, grow, reproduce and die, that is, the
entirety of phenomena (birth, development, reproduction etc.)
characteristic of such organisms’,49 but also ‘the entire complex of situations, relationships and problems relating to individual, family and especially social life’.50
It is then possible to further extend the concept of life by applying various adjectives, thus specifying the way in which
one lives biologically in relation to one’s own organism, to special aspects it may assume on the basis of social configurations
or particular ideals to which it may conform.
‘All the biological structures (proteins, enzymes, DNA, cellular membranes etc.) are constantly produced, repaired and
regenerated. Similarly, at the level of a multicellular organism,
the cells of the body are also constantly regenerated and recycled by the metabolic network of the organism itself.’51
This complex system of biochemical relations is managed by
the ‘cell network’; that is, by the ‘living network’ that connects
all the parts making up an organism that has biological life.
‘Social life’ is rather the term used to indicate the exchanges of
a verbal and physical nature that take place between the living
169
dalla «rete di cellule», cioè dalla «rete vivente» che collega tutte le parti che compongono un organismo che possiede vita
biologica.
La «vita sociale» è invece la specificazione con cui si indicano gli scambi di natura verbale e fisica che si esplicano fra i
membri viventi all’interno di una società (regno sociale) sia
essa umana o animale.
Anche la vita sociale, se osservata come «sistema vivente», può
essere compresa in termini di «rete delle relazioni» alimentata
dalle comunicazioni.
Per «vita culturale» s’intende l’attività intellettuale che porta
alla creazione di un corpus di conoscenze condivise da una
società umana (informazioni, idee, capacità ecc.) il quale definisce, in aggiunta a valori e credenze, il modo di vita distintivo per quella data società.
La «vita etica» è la specificazione con cui si indica la modalità
intellettuale e materiale di condurre un’esistenza in funzione di
un valore attribuito alla vita (umana, animale, vegetale) da una
società civile. Questi criteri comportamentali possono consentire a ciascun individuo di gestire adeguatamente e razionalmente la propria libertà entro i limiti in cui essa si può estendere. Il sistema di vita etica, la cui gestione è affidata alla «rete di
valori», si basa anch’esso sulle comunicazioni fra gli individui
sociali. Questi valori, generati dalla cultura, impongono costrizioni al libero agire dei membri che hanno creato la cultura stessa. «In altre parole, le regole di comportamento che costringono le azioni degli individui vengono prodotte e costantemente
rinforzate dal loro stesso sistema di comunicazioni»52.
members within a society (social reign), be it human or animal.
Social life, if observed as a ‘living system’, may also be understood in terms of a ‘relationship network’ nourished by communications.
‘Cultural life’ is intended as the intellectual activity that leads
to the creation of a body of knowledge shared by a human society (information, ideas, skills etc.), which, in addition to
values and beliefs, defines the distinctive way of life for that
given society.
‘Ethical life’ is the intellectual and material manner of conducting an existence on the basis of a value attributed to life
(human, animal, vegetable) by a civil society. These behavioural criteria may allow each individual to suitably and rationally manage his own freedom within its possible limits.
The system of ethical life, which is governed by the ‘value network’, is also based on communication between social individuals. These values, generated by the culture, impose restrictions on the free action of the members who have created the
culture itself. ‘In other words, the rules of behaviour that govern the actions of the individuals are produced and constantly reinforced by their own communications system.’52
GIAN PAOLO MARINO
GIAN PAOLO MARINO
W. F. OGBURN, Social Change with Respect to Cultural and Original Nature,
Dell Pub. Co., New York 1966 e J. H. MILSUM, Technosphere, Biosphere and
Sociosphere, General Systems, XIII, 1968, in «Society for General Systems
Research», discorso tenuto al meeting annuale, New York, dicembre 1967.
2
A. G. TANSLEY, The Use and Abuse of Vegetational Concepts and Terms, in
«Ecology», n. 16, 1935.
3
C. DOGLIO, Dal paesaggio al territorio, il Mulino, Bologna 1968.
4
M. R. GUIDO e D. SANDRONI (a cura di), Convenzione europea del paesaggio,
Ufficio centrale per i Beni ambientali e paesaggistici, presentata a Firenze il 20
ottobre 2000.
5
Cfr. G. De FERRARI, V. JACOMUSSI, C. GERMAK e O. LAURINI, Il Piano
di arredo urbano. Problematiche e aspetti metodologici, in particolare cap. 1: «L’evoluzione della disciplina», La Nuova Italia Scientifica, Roma 1994.
6
Cfr. F. CELASCHI e R. TROCCHIANESI, Design & Beni culturali, Poli.de1
170
W. F. OGBURN, Social Change with Respect to Cultural and Original Nature,
Dell Pub. Co., New York 1966 and J. H. MILSUM, Technosphere, Biosphere
and Sociosphere, General Systems, XIII , 1968, in Society for General Systems
Research, speech made at the annual meeting, New York, December 1967.
2
A. G. TANSLEY, “The Use and Abuse of Vegetational Concepts and
Terms”, in Ecology, n. 16, 1935.
3
C. DOGLIO, Dal paesaggio al territorio, il Mulino, Bologne 1968.
4
M. R. GUIDO and D. SANDRONI (eds.), Convenzione europea del paesaggio,
Ufficio centrale per i Beni ambientali e paesaggistici, presented in Florence on
20 October 2000.
5
See G. DE FERRARI, V. JACOMUSSI, C. GERMAK and O. LAURINI, Il
Piano di arredo urbano. Problematiche e aspetti metodologici, in particular chapter 1:
“L’evoluzione della disciplina”, La Nuova Italia Scientifica, Rome 1994.
6
See F. CELASCHI and R. TROCCHIANESI, Design & Beni culturali, Poli.de1
sign, Milano 2004; F. CELASCHI, Atto culturale e design. Progetto e valorizzazione dei beni culturali, in «Sistema Design Italia Magazine», n. 3, 2006.
7
E. LUPO, Tesi di dottorato di ricerca sul tema «Design e Beni culturali» (relatore F. Celaschi, 2005-2007), Politecnico di Milano.
8
L. BISTAGNINO, Ecodesign e componenti, Time & Mind, Torino 1999
(www.polito.it/design); ID., Il guscio esterno visto dall’interno, Casa Editrice
Ambrosiana, Milano 2008.
9
C. PETRINI, Buono, pulito e giusto, principi di nuova gastronomia, Einaudi, Torino
2005.
10
E. RULLANI, Economia della conoscenza e cultura sociale, in «Il giornale di
Civita», allegato al «Giornale dell’Arte», n. 273, 2008.
11
ID., Economia della conoscenza. Creatività e valore nel capitalismo delle reti, Carocci,
Roma 2004.
12
Cfr. F. GALLUCCI, Marketing emozionale, Egea, Milano 2005; F. DI
NOCERA, Che cos’è l’ergonomia cognitiva, Carocci, Roma 2004.
13
S. BOERI, La città che crea, in A. TESTA (a cura di), La creatività a più voci,
Laterza, Roma-Bari 2005, p. 101.
14
F. CARLINI, Le idee in rete hanno le gambe lunghe, in TESTA (a cura di), La creatività a più voci cit., pp. 166-175.
15
P. JEDLOWSKI e C. LECCARDI, Sociologia della vita quotidiana, il Mulino,
Bologna 2003; P. JEDLOWSKI, Senso comune, esperienza e innovazione sociale, in
ID., Fogli nella valigia. Sociologia, cultura, vita quotidiana, il Mulino, Bologna 2003,
pp. 57-68.
16
R. PERA, Intuizione creativa e generazione di nuove idee, UTET, Torino 2005, pp.
125-134, 189-194; F. CELASCHI e A. DESERTI, Design e innovazione, Carocci,
Roma 2007.
17
F. CAPRA, The Web of Life, Doubleday, New York 1996, trad it. La rete della vita - una nuova visione della natura e della scienza, a cura di C. Capararo, Rizzoli,
Milano 1997.
18
F. CELASCHI, Il design della forma merce, Il Sole 24 Ore edizioni, Milano 2000;
F. CELASCHI e A. DESERTI, Il design che produce valore. Processi e pratiche di innovazione «design driven», Carocci, Roma 2006.
19
BISTAGNINO, Ecodesign e Componenti cit.
20
G. CIRIBINI, Tecnologia e Progetto: argomenti di cultura tecnologica della progettazione, Celid, Torino 1995 (prima ed. 1984).
21
Sistemi di gestione per la qualità - Fondamenti e vocabolario, norma UNI EN ISO
9000:2005.
22
Cfr. CAPRA, La rete della vita cit.; P. GRECO, Einstein e il ciabattino, Editori
Riuniti, Roma 2002.
23
Devoto-Oli. Dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Firenze, edizione del
1990.
24
Cfr. M. ZAFFAGNINI, Progettare nel processo edilizio, Luigi Parma, Bologna
1981, p. 153.
25
F. CELASCHI, Il design della forma merce, Il Sole 24 Ore edizioni, Milano 2000;
K. MARX e F. ENGELS, Riassunto del capitale. La forma valore, Economici
Newton, Roma 1997.
26
Cfr. J. PREECE, Y. ROGERS e H. SHARP, Interaction Design, Apogeo
Editore, Milano 2004.
27
DE FERRARI, JACOMUSSI, GERMAK e LAURINI, Il piano di arredo urbano cit.
28
Cfr. A. CHRISTOPHER, Note sulla sintesi della forma, Il Saggiatore, Milano
1973; ID., The Nature of Order: An Essay on the Art of Building and the Nature of
the Universe, The Centre for Environmental Structure, Berkeley 2002; L.
sign, Milan 2004; F. CELASCHI, Atto culturale e design. Progetto e valorizzazione
dei beni culturali, in “Sistema Design Italia Magazine”, n. 3, 2006.
7
E. LUPO, Doctorate research thesis on “Design e Beni culturali” (reader F.
Celaschi, 2005-2007), Politecnico of Milan.
8
L. BISTAGNINO, Ecodesign e componenti, Time & Mind, Turin 1999
(www.polito.it/design); ID., Il guscio esterno visto dall’interno, Casa Editrice
Ambrosiana, Milan 2008.
9
C. PETRINI, Buono, pulito e giusto, principi di nuova gastronomia, Einaudi, Turin
2005.
10
E. RULLANI, Economia della conoscenza e cultura sociale, in “Il Giornale di
Civita”, supplement to the “Giornale dell’Arte”, n. 273, 2008.
11
ID., Economia della conoscenza. Creatività e valore nel capitalismo delle reti, Carocci,
Rome 2004.
12
See F. GALLUCCI, Marketing emozionale, Egea, Milan 2005; F. DI
NOCERA, Che cos’è l’ergonomia cognitiva, Carocci, Rome 2004.
13
S. BOERI, La città che crea, in A. TESTA (ed.), La creatività a più voci, Laterza,
Rome-Bari 2005, p. 101.
14
F. CARLINI, Le idee in rete hanno le gambe lunghe, in TESTA (ed.), La creatività
a più voci cit., pp. 166-175.
15
P. JEDLOWSKI e C. LECCARDI, Sociologia della vita quotidiana, il Mulino,
Bologne 2003; P. JEDLOWSKI, Senso comune, esperienza e innovazione sociale, in
ID., Fogli nella valigia. Sociologia, cultura, vita quotidiana, il Mulino, Bologne 2003,
pp. 57-68.
16
R. PERA, Intuizione creativa e generazione di nuove idee, UTET, Turin 2005, pp.
125-134, 189-194; F. CELASCHI and A. DESERTI, Design e innovazione,
Carocci, Rome 2007.
17
F. CAPRA, The Web of Life, Doubleday, New York 1996, It. trans. La rete
della vita - una nuova visione della natura e della scienza, by C. Capararo, Rizzoli,
Milan 1997.
18
F. CELASCHI, Il design della forma merce, Il Sole 24 Ore edizioni, Milan 2000;
F. CELASCHI and A. DESERTI, Il design che produce valore. Processi e pratiche di
innovazione «design driven», Carocci, Rome 2006.
19
BISTAGNINO, Ecodesign e Componenti cit.
20
G. CIRIBINI, Tecnologia e Progetto: argomenti di cultura tecnologica della progettazione, Celid, Turin 1995 (first ed. 1984).
21
Sistemi di gestione per la qualità - Fondamenti e vocabolario, norma UNI EN ISO
9000:2005.
22
See CAPRA, La rete della vita cit.; and P. GRECO, Einstein e il ciabattino, Editori
Riuniti, Rome 2002.
23
Devoto-Oli. Dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Florence, 1990 edition.
24
See M. ZAFFAGNINI, Progettare nel processo edilizio, Luigi Parma, Bologne
1981, p. 153.
25
F. CELASCHI, Il design della forma merce, Il Sole 24 Ore edizioni, Milan 2000;
K. MARX e F. ENGELS, Riassunto del capitale. La forma valore, Economici
Newton, Rome 1997.
26
See J. PREECE, Y. ROGERS e H. SHARP, Interaction Design, Apogeo Editore,
Milan 2004.
27
DE FERRARI, JACOMUSSI, GERMAK e LAURINI, Il piano di arredo urbano cit.
28
See A. CHRISTOPHER, Note sulla sintesi della forma, Il Saggiatore, Milan
1973; ID., The Nature of Order: An Essay on the Art of Building and the Nature of
the Universe, The Centre for Environmental Structure, Berkeley 2002; L.
171
BISTAGNINO, Design con un futuro, Time & Mind, Torino 2003; ID., Il guscio
esterno visto dall’interno cit.; CIRIBINI, Tecnologia e Progetto cit.; CAPRA, La rete della vita cit.; ID., La Scienza Universale - Arte e Natura nel genio di Leonardo,
Rizzoli, Milano 2007.
29
Citazione tratta da C. ALEXANDER, Sistemi che generano Sistemi, a cura del
Corso di progettazione artistica per l’industria, Facoltà di Architettura,
Università di Napoli, 1960.
30
DE FERRARI, JACOMUSSI, GERMARK e LAURINI, Il piano di arredo urbanocit.
31
R. GABETTI, S. GIRIODI e L. MAMINO, Gli spazi in negativo nel tessuto urbano, CLUT, Torino 1981.
32
Cfr. DE FERRARI, JACOMUSSI, GERMARK, e LAURINI, Il piano di arredo
urbano cit.; P. DESIDERI e M. ILARDI (a cura di), Attraversamenti. I nuovi territori dello spazio pubblico, Costa & Nolan, Genova 1997; M. CASTELLS, La città delle reti, Marsilio, Venezia 2004.
33
G. H. BRUNDTLAND, Our Common Future, 1987, trad. it. Il futuro di noi tutti. Rapporto della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, Bompiani,
Milano 1988, p. 43.
34
Caring for the Earth, A Strategy for Sustainable Living, 1991, UNEP, IUCN ,
WWF, NSSD - National Strategies for Sustainable Development.
35
D. H. MEADOWS et al., The Limits to Growth, the First Report to the Club of
R o m e, Universe Book, New York 1972, trad. it. I limiti dello sviluppo,
Mondadori, Milano 1972.
36
D. H. MEADOWS et al., Beyond the Limits, trad. it. Oltre i limiti dello sviluppo,
Il Saggiatore, Milano 1992.
37
ICLEI - Local Governments for Sustainability, Rapporto, 1994.
38
UNESCO, Dichiarazione Universale sulla diversità delle culture, 2001.
39
PETRINI, Buono, pulito e giusto cit.
40
C. LANZAVECCHIA, Il fare ecologico, Paravia-Scriptorium, Torino 2000,
Time&Mind, Torino 2004.
41
C. VEZZOLI e E. MANZINI, Design per la sostenibilità ambientale, Zanichelli,
Bologna 2007.
42
LANZAVECCHIA, Il fare ecologico cit. Su questi temi cfr. anche V. SHIVA,
Monocultures of the Mind: Perspective on Biodiversity and Biotechnology, Zed Books,
Londra 1993, trad. it. Monoculture della mente: biodiversità, biotecnologia e agricoltura «scientifica», Bollati Boringhieri, Torino 1995; T. VARGISH, Why the Person
next to You Hates Limits to Growth, in «Technological forecasting and Social
Change», 16, 1980.
43
C. GEERTZ, Interpretazioni di culture, il Mulino, Bologna 1988.
44
Cfr. GRECO, Einstein e il ciabattino, cit.; CAPRA, La rete della vita cit.
45
CELASCHI, Il design della forma merce cit.
46
www.treccani.it/site/lingua_linguaggi/consultazione.htm
47
Dizionario Garzanti della Lingua Italiana, Milano 1965, e successive edizioni.
48
F. CAPRA, The Hidden Connections: A Science for Sustainable Living, 2002, trad.
it. La scienza della vita, Rizzoli, Milano 2004, volume che si fonda sui temi del
precedente La rete della vita, Rizzoli, Milano 1997.
49
De Mauro - Dizionario della Lingua Italiana, Paravia, Torino 2000.
50
www.treccani.it/site/lingua_linguaggi/consultazione.html.
51
CAPRA, La scienza della vita cit.
52
Ibid. Per un’apertura anche su altri temi, cfr. C. LANGELLA, Hybrid Design:
progettare tra tecnologia e natura, Franco Angeli, Milano 2007, S. VOGEL, Zampe
di gatto e catapulte: mondi meccanici naturali e artificiali, C. Giampà (a cura di),
Giovanni Fioriti, Roma 2001, http://www.extra.rdg.ac.uk/eng/BIONIS/.
172
BISTAGNINO, Design con un futuro, Time & Mind, Turin 2003; ID., Il guscio
esterno visto dall’interno cit.; CIRIBINI, Tecnologia e Progetto cit.; CAPRA, La rete
della vita cit.; ID., La Scienza Universale - Arte e Natura nel genio di Leonardo,
Rizzoli, Milan 2007.
29
Quote taken from C. ALEXANDER, Sistemi che generano Sistemi, running the
artistic design for industry course, Architecture Department, University of
Naples, 1960.
30
DE FERRARI, JACOMUSSI, GERMARK e LAURINI, Il piano di arredo urbanocit.
31
R. GABETTI, S. GIRIODI e L. MAMINO, Gli spazi in negativo nel tessuto urbano, CLUT, Turin 1981.
32
See DE FERRARI, JACOMUSSI, GERMARK, and LAURINI, Il piano di arredo
urbano cit.; P. DESIDERI and M. ILARDI (eds.), Attraversamenti. I nuovi territori
dello spazio pubblico, Costa & Nolan, Genoa 1997; M. CASTELLS, La città delle
reti, Marsilio, Venice 2004.
33
G. H. BRUNDTLAND, Our Common Future, 1987, It. trans. Il futuro di noi
tutti. Rapporto della Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, Bompiani,
Milan 1988, p. 43.
34
Caring for the Earth, A Strategy for Sustainable Living, 1991, UNEP, IUCN ,
WWF, NSSD - National Strategies for Sustainable Development.
35
D. H. MEADOWS et al., The Limits to Growth, the First Report to the Club of
Rome, Universe Book, New York 1972, It. trans. I limiti dello sviluppo, Mondadori, Milan 1972.
36
D. H. MEADOWS et al., Beyond the Limits, It. trans. Oltre i limiti dello sviluppo, Il Saggiatore, Milan 1992.
37
ICLEI - Local Governments for Sustainability, Report, 1994.
38
UNESCO, Dichiarazione Universale sulla diversità delle culture, 2001.
39
PETRINI, Buono, pulito e giusto cit., Einaudi, Turin 2005.
40
C. LANZAVECCHIA, Il fare ecologico, Paravia-Scriptorium, Turin 2000,
Time&Mind, Turin 2004.
41
C. VEZZOLI and E. MANZINI, Design per la sostenibilità ambientale,
Zanichelli, Bologna 2007.
42
LANZAVECCHIA, Il fare ecologico cit. On these subjects, see also V. SHIVA,
Monocultures of the Mind: Perspective on Biodiversity and Biotechnology, Zed Books,
London 1993, It. trans. Monoculture della mente: biodiversità, biotecnologia e agricoltura «scientifica», Bollati Boringhieri, Turin 1995; T. VARGISH, Why the
Person next to You Hates Limits to Growth, in “Technological forecasting and
Social Change”, 16, 1980.
43
C. GEERTZ, Interpretazioni di culture, il Mulino, Bologne 1988.
44
See GRECO, Einstein e il ciabattino, cit.; CAPRA, La rete della vita cit.
45
CELASCHI, Il design della forma merce cit.
46
www.treccani.it/site/lingua_linguaggi/consultazione.htm.
47
Dizionario Garzanti della Lingua Italiana, Milan 1965, and subsequent editions.
48
F. CAPRA, The Hidden Connections: A Science for Sustainable Living, 2002, It.
trans. La scienza della vita, Rizzoli, Milan 2004, a book based on the themes of
the earlier La rete della vita, Rizzoli, Milan 1997.
49
De Mauro - Dizionario della Lingua Italiana, Paravia, Turin 2000.
50
www.treccani.it/site/lingua_linguaggi/consultazione.htm.
51
CAPRA, La scienza della vita cit.
52
Ibid. For an opening on other subjects, see C. LANGELLA, Hybrid Design:
progettare tra tecnologia e natura, Franco Angeli, Milan 2007; S. VOGEL, Zampe
di gatto e catapulte: mondi meccanici naturali e artificiali, C. Giampà (curated by),
Giovanni Fioriti, Rome 2001, http://www.extra.rdg.ac.uk/eng/BIONIS/.
REFERENZE FOTOGRAFICHE / PHOTO CREDITS
Tutti i materiali iconografici provengono dagli autori a eccezione di:
foto Sergio Corsaro: pp. 123, 125
foto Lyris Godoy: p. 117 (in basso a sinistra)
foto Hagit: p. 117 (in basso a destra)
foto Cristina Hawkins: p. 117 (in alto a destra)
foto Tino Smith: p. 117 (in alto a sinistra)
L’editore è a disposizione degli aventi diritto per le fonti iconografiche non identificate
e si scusa per eventuali, involontarie inesattezze e omissioni.
The publisher is at the disposal of copyright holders of any unidentified picture sources
and apologises for any unintentional inaccuracies.
© 2008 UMBERTO ALLEMANDI & C., TORINO
COORDINAMENTO REDAZIONALE LINA OCARINO
REDAZIONE NDR SERVIZI REDAZIONALI
VIDEOIMPAGINAZIONE CARLO NEPOTE
FOTOLITO FOTOMEC, TORINO
FINITO DI STAMPARE NEL MESE DI LUGLIO 2008
PRESSO CAST, MONCALIERI (TORINO)
DISTRIBUTORE ESCLUSIVO ALLE LIBRERIE
MESSAGGERIE LIBRI
Fly UP