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«Dimmi del caveau, dimmi ma pure lui ci stava...?»

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«Dimmi del caveau, dimmi ma pure lui ci stava...?»
II I FOGGIA CITTÀ
Venerdì 13 marzo 2015
BLITZ GOLDFINGER
L’INTERCETTAZIONE IN CARCERE
IL COLLOQUIO
Il 20 marzo 2012, 8 giorni dopo il colpo,
l’indagato si recò in visita al figlio
detenuto per una rapina alla sala Bingo
«Dimmi del caveau, dimmi
ma pure lui ci stava...?»
Quando il figlio di Bonalumi chiese al padre informazioni sul colpo
l Ma pure lui ci stava?. Eh, mannaggia.
Dimmi, il caveau, giusto per sapere . Otto
giorni dopo il colpo milionario, il figlio in
carcere per rapina chiedeva al padre che era
andato a trovarlo se fosse coinvolto anche
De Matteis; e il genitore si arrabbiò. Lo
dicono squadra mobile, Procura e gip che
danno importanza all’intercettazione ambientale nel carcere di Foggia del 20 marzo
2012, per sostenere che Olinto Bonalumi è
coinvolto nel furto di 15 milioni di euro tra
contante e preziosi trafugati da 165 delle 500
cassette di sicurezza del caveau del Banco di
Napoli di Piazza Puglia, svaligiate nel
week-end tra il 9 e 11 marzo di tre anni fa.
L’operazione «Goldfinger» - 9 ordinanze in
carcere, 4 ai domiciliari, 2 obblighi di firma,
5 indagati a piede libero per associazione
per delinquere, furto al Banco di napoli e
tentato furto nel caveau delle gioiellerie del
gruppo «Sarni Oro» al centro commerciale
sventato dalla Polizia nell’agosto 2012 - poggia anche su intercettazioni. Come quella
del pomeriggio del 20 marzo 2012 nel carcere
dov’era detenuto Fabrizio Bonalumi, classe ‘88, figlio di Olinto. Il giovane era stato
arrestato il precedente 19 gennaio per rapina alla sala Bingo (fu poi condannato in
primo grado a 18 mesi) e ricevette la visita
dei genitori: i poliziotti avevano piazzato
una microspia per indagare su eventuali
altri complici della rapina alla sala Bingo (le
intercettazioni su Olinto Bonalumi furonoe
attivate successivamente).
Olinto . A proposito vedi che Federico
(riferito a Federico De Matteis coinvolto nel
blitz «Goldfinger» e non ancora rintracciato
e arrestato, ndr) ti ha comprato un paio di
Burberry, le scarpe. Ti vanno bene?
Figlio: Hai voglia.
Olinto: Mee, che lui ha detto: “Olint, io so
che a lui piacciono le Burberry”.
Figlio: Ma pure lui ci stava...
Olinto: Eh, Mannaggia (per la Polizia il
foggiano è palesemente contrariato da questa domanda vista imprecazione e atteggiamento del corpo).
Figlio : Be? Dimmi? Si o no? Giusto per
sapere...
Olinto: Ma che cosa ti interessa?
Figlio: Dimmi, giusto per sapere.
Olinto: Ma non c’è niente da sapere.
Figlio : Dimmi il caveau? Va bene dai,
dimmi, dimmi, dimmi insomma.
Moglie: Ma non ho capito niente.
Olinto: Si infila nelle cose che non gli
riguardano.
Figlio: Va bene.
Olinto: Lui lo sa che a me dà fastidio, e si
infila sempre nelle cose che non gli riguardano.
Figlio: Non mi riguardano?
Olinto: Non ti riguardano, sono cose
che...
Figlio: Non urlare, ci sono gli amici miei,
se no mi alzo e me ne vado.
Olinto: Ti alzi e te e vai, qual è il problema.
Figlio: Ci metto un secondo e mezzo.
Olinto: Io mezzo, tu un secondo e mezzo,
io mezzo: con me questi atteggiamenti non
li avere, nelle cose che non ti riguardano.
Chiuso, non sono cose che ti riguardano.
Figlio: Non me le dire neanche.
Olinto: Eh?
Figlio: Non me le dire neanche le cose, se
non me le vuoi dire.
Olinto: Ma che cosa ti devo dire, perchè io
che cosa ti ho detto? Se sei tu che fai sempre
domande.
Figlio : No, non esiste proprio.
Olinto: Io qui non ci devo più venire, io
qui non ci devo più venire.
Quel colloquio è uno degli elementi valorizzati dal gip nell’elencare gli indizi contro Bonalumi e De Matteis per diporne l’arresto per il furto nel caveau. Gli altri sono:
«il repentino mutamento delle condizioni di
vita dei due indagati; il rinvenimento nel
podere 530, nella disponibilità dei due indagati della centralina elettronica in tutto
simile a quella installata presso la banca; 15
mila euro in contanti che Bonalumi aveva
occultato negli slip, denaro di cui non era in
grado di fornire giustificazione lecita; il
rinvenimento nell’abitazione di De Matteis
di 12900 euro; 3 orologi di valore (tra cui due
Rolex del valore di oltre 8mila e 5mila euro
acquistati entrambi nelle settimane successive al maxi-furto, il primo da Bonalumi a
Barletta); numerosi telefonini cellulari
“usa e getta”; numerosi porta sim-card e
sim-card intestate a stranieri e italiani; fogli
manoscritti sui quali erano stati appuntati
a penna vari importi in milioni di euro,
quantità d’oro in kg, riferimenti a orologi,
brillanti e anelli, nonchè bozze di calcoli
vari».
Per l’accusa il ritrovamento di questi appunti avrebbe preoccupato Bonalumi. I sequestri di centralina, soldi e appunti avvennero il primo giugno 2012 tra podere e
abitazione di De Matteis; Bonalumi e De
Matteis furono accompagnati in Questura
prima di essere rilasciati. Quando i due si
ritrovarono nella sala d’attesa «Bonalumi
fu ascoltato da un poliziotto che era a pochi
metri, chiedere sottovoce a De Matteis:
“hanno trovato qualcosa?”. De Matteis annuì, rispose “sì”, quindi aggiunse: “il foglio
con gli appunti”. Alla risposta Bonalumi si
mostrò nervoso e in segno di disappunto
digrignò i denti, inspirando con la bocca».
OLINTO BONALUMI Il principale indagato dell’inchiesta di Procura
e squadra mobile, a destra le cassette di sicurezza svaligiate
DALLA GDF SIGILLI A DUE APPARTAMENTI A VICO E UN’ABITAZIONE SU VIA NAPOLI NEL CAPOLUOGO DAUNO, IL TUTTO PER UN VALORE DI 800MILA EURO
Sequestrati 2 terreni e 3 case
Acquistati dalla moglie di Bonalumi con la complicità di due ex agenti immobiliari
l Dopo le manette, i sigilli e i sequestri
di beni. «Scoperte le modalità con cui il
noto pregiudicato Olinto Bonalumi ha
fatto investire una parte del provento del
furto al caveau del Banco di Napoli».
Recita così il comunicato diffuso ieri
mattina dalla Guardia di Finanza foggiana che ha sequestrato «per riciclaggio
immobili per un valore di circa 800mila
euro»; il sequestro è collegato al blitz
«Goldinger» sfociato martedì nell’emissione di 15 ordinanze di custodia cautelare (9 in carcere, 4 ai domiciliari, 2
obblighi di firma).
I finanzieri «nell’ambito delle indagini
coordinate dalla Procura nei confronti
del sodalizio facente capo a Bonalumi,
specializzato nei furti ai caveau, hanno
eseguito un decreto di sequestro preventivo emesso dal gip che riguarda due
appartamenti ubicati a Vico del Gargano, per complessivi 15 vani e una
dimensione totale di circa 300 metri
quadri; e una abitazione, con annessi
due terreni a Foggia» situato nella zona
di via Napoli. «Le indagini patrimoniali
e finanziarie condotte dal nucleo di polizia tributaria» dicono le Fiamme gialle
«hanno consentito di ricostruire le operazioni bancarie con le quali nel 2012,
Patrizia Di Biase, moglie di Bonalumi
avvalendosi della complicità di due ex
agenti immobiliari di Foggia, Antonio
Caputo e Venturo Ricchiuti, impiegò
parte del denaro contante rubato nella
banca per l’acquisto e la ristrutturazione
degli immobili, adottando modalità atte
ad occultare la provenienza delittuosa
delle somme investite». Patrizia Di Biase
è stata posta agli arresti domiciliari nel
blitz, mentre per Caputo e Ricchiuti il
gip ha disposto la custodia cautelare in
carcere. A Ricchiuti viene contestata
anche l’associazione per delinquere con
il compito di «occultare la provenienza
illecita del denaro provento dei reati,
attraverso il deposito su conti conrrenti
preventivamente accesi presso istituti di
credito e successivi prelievi di contanti
per le necessità degli associati e emissione di assegni circolari da utilizzare
per l’acquisto di beni mobili e immobili»,
come recita il capo d’imputazione.
Gli accertamenti hanno inoltre evidenziato l’indisponibilità da parte degli
indagati di redditi idonei a giustificare
gli investimenti patrimoniali operati,
consentendo di contestare agli stessi il
reato di riciclaggio nonché di proporre
all’autorità giudiziaria il sequestro preventivo “per sproporzione” di quei cespiti. Il valore complessivo degli immobili è stato stimato in circa 800mila
eura». Il sequestro «si inquadra nel
costante impegno profuso dalla Gdf sotto
il coordinamento della Procura di Foggia» dicono dal comando provinciale
«per sottrarre alla criminalità i patrimoni illecitamente accumulati, allo scopo di tutelare l’economia legale e di
recidere le fonti di finanziamento da
utilizzare per la consumazione di ulteriori delitti».
LE INDAGINI
Un esperto di
elettronica ha fornito
alla banda i sofisticati
strumenti utilizzati per
eludere gli allarmi
.
FOGGIA CITTÀ I III
Venerdì 13 marzo 2015
LA RICOSTRUZIONE
Utilizzato un sofisticato sistema di by-pass
per cui i sensori, all’apparenza funzionanti
e attivi, in realtà non rilevavano nulla
I VIGILANTI
Queste alterazioni avvennero di sera e di
notte quando la banca era chiusa, per cui
qualcuno aiutò i ladri a entrare
Ben 9 le manomissioni
del sistema di allarme
Cominciarono già a dicembre 2011, tre mesi prima del colpo
l Procura e squadra mobile si
sono rivolti anche «ad uno dei maggiori esperti in Italia di sicurezza
bancaria, l’ingegnere Giovanni
Ghiringhelli», per capire come furono elusi i sistemi d’allarme del
Banco di Napoli di piazza Puglia per
poter accedere al caveau delle cassette di sicurezza e rubare 15 milioni tra contanti e preziosi. I ladri
oscurato gli obiettivi delle telecamere che inquadravano la zona del
caveau situato nel piano interrato, e
manomisero i sensori del sistema
d’allarme.
«Fu praticata» dice l’accusa «una
minuziosa manomissione su 7 punti del sistema di allarme perimetrale e volumetrico del vano adibito
a caveau, per cui il sistema risultava funzionante ancorchè non lo
fosse effettivamente in quanto i sensori, all’apparenza attivi, non erano
affatto in grado di rilevare alcunchè: i tecnici hanno poi individuato
due ulteriori bypass, collocati
all’interno di un muro divisorio posto su una porta nei pressi del caveau». Gli investigatori parlano
quindi di «9 manomissioni del sistema d’allarme che hanno interessato i sensori piazzati nel piano
interrato e precisamente locale termico, archivio, anticaveau e cave-
au. L’accesso a questi locali» annota
l’accusa «sia per le manomissioni
sia per mettere a segno il furto è
avvenuto utilizzando quasi esclusivamente la porta di emergenza
dotata di maniglione antipanico,
posizionata nel locale termico attiguo al locale garage, al quale era
collegato un sistema d’allarme rudimentale, con magnete, facilmente
bypassabile utilizzando una calamita all’interno: significativa è la
circostanza che durante il primo
sopralluogo anche dipendenti della
banca riuscirono agevolmente ad
aprire dall’interno questa porta
senza far scattare l’allarme, come
attestato dai poliziotti».
Poichè le manomissioni «sono
state effettuate di sera, di notte e
soprattutto nei fine settimana l’accesso al locale interrato non può
che essere avvenuto» a sentire la
campana dell’accusa «con la complicità di qualcuno tra le guardie
giurate dell’istituto di vigilanza
“Metropol”» (arrestati e posti ai domiciliari nel blitz «Goldfinger» i
vigilantes Gennaro Rendine e Domenico Di Sapio) «e il personale
dell’istituto bancario. Le manomissioni sono consistite nell’individuare coppie di fili del sistema d’allarme con “spellamento” dei con-
GLI INTERROGATORI SCELTA DEL SILENZIO PER MOLTI INDIZIATI, A COMINCIARE DA BONALUMI
duttori; nel collegare in parallelo ad
ognuna delle coppie un circuito
elettrico, il cui inserimento non è
stato rivelato dalla centralina e che
ha permesso in caso di allarme di
eluderlo; nel tarare un potenziometro, posto sul circuito elettrico con
la probabile accensione di un led al
raggiungimento dello scopo».
Il furto fu preparato con cura; e le
«manomissioni cominciarono già
dal 13 dicembre 2011, interessando
tutti i sensori che a partire dalla
porta di emergenza seguono il percorso sino a giungere al caveau; e si
sono concentrate a gennaio e febbraio 2012: per metterle a punto
sono indispensabili ottime competenze elettroniche, nonchè la conoscenza dell’interfaccia della centrale per allarmi “Pb Elettronica
mod.9950” installata nel Banco di
Napoli o di altra identica» (e una
centralina analoga la squadra mobile la sequestrò nel giugno 2012 nel
podere che sarebbe stato nella disponibilità di Olinto Bonalumi e
Federico De Matteis).
Quanto al furto i ladri entrarono
in azione «alle ore 19.01 del 9 marzo
e si concluse alle 23.25 dell’11 marzo.
Ne deriva pertanto che tra le 14.10 e
14.24 di domenica 11 marzo - cioè
durante il servizio di ronda effet-
tuato dalla guardia giurata Rendine
- il furto era ancora in atto: dalla
disamina dei tabulati d’allarme in
occasione di quel servizio non risultano pigiati i pulsanti di compiuta ronda». Rendine fu sentito dai
poliziotti come testimone il 22 marzo 2012, ricostruì i controlli eseguiti
nella banca per conto dell’istituto di
vigilanza: disse che non c’erano
porte o grate forzate, muri abbattuti, la porta del caveau era chiusa e
non c’era alcuna traccia dell’ingresso di intrusi. «Nelle serate e nottate
del 3, 13, 16, 17, 18, 19, 23, 25 e 26
gennaio 2012» annota l’accusa «risultano numerosi controlli effettuati dalla guardia giurata Di Sapio,
tutti con esito regolare. E’ pertanto
evidente» le conclusioni degli investigatori «che coloro che hanno
messo a segno il maxi-furto e chi ha
fornito loro ausilio fossero perfettamente a conoscenza della circostanza che a fronte di numerosi allarmi che pervenivano alla “control
room” di Milano non venissero effettuati altrettanti controlli, nè tantomeno da parte dell’istituto bancario venissero richiesti interventi
di manutenzione. E’ oltremodo evidente come gli autori materiale del
furto da tali omissione siano stati
notevolmente agevolati».
I RISARCIMENTI CAUSE CIVILI CONTRO LA BANCA GIÀ IN CORSO, IL PROCESSP PENALE
Gli indagati non parlano I derubati citano anche
pronti ricorsi al «riesame» l’istituto di vigilanza
l Scelta del silenzio, negli interrogatori
di garanzia davanti al gip, per molti degli
indagati raggiunti dalle 15 ordinanze di
custodia cautelare firmate dal gip Rita
Curci. Il giudice ha sentito ieri mattina
nel carcere di Foggia Olinto Bonalumi,
55 anni, foggiano, ritenuto il capo della
banda di ladri, arrestato per associazione
per delinquere; furto da 15 milioni nel
caveau delle cassette di sicurezza del
Banco di Napoli di piazza Puglia del marzo
IL FILMATO Olinto Bonalumi
2012; tentato furto nel caveau delle gioiellerie «Sarni Oro» e «Follie d’oro» del
centro commerciale di viale degli Aviatori
progettato nell’agosto 2012 e sventato dalla
squadra mobile. «Il mio assistito si dice
innocente, la scelta di non rispondere è
spiegata con la mole e la complessita degli
atti da leggere; farà ricorso al Tribunale
del riesame perchè ritengo che gli elementi d’accusa siano tutt’altro che solidi»
spiega il difensore, l’avv. Gianluca Ursitti che assiste anche la moglie di Bonalumi, Patrizia Di Biase , posta ai
domiciliari per riciclaggio e interrogata
in Tribunale dal gip nel pomeriggio: anche lei si è avvalsa della facoltà di tacere.
In carcere linea del silenzio anche per
Ruggiero Racano, 49 anni, foggiano,
coinvolto nella tranche dell’indagine che
riguarda il presunto progetto di svaligiare
il caveau delle gioiellerie del centro commercile: è difeso dall’avv. Giulio
Scapato che annuncia «ricorso al
Tribunale della libertà per chiedere la rimessione in libertà: Racano è innocente».
Stessa scelta per Venturo Ricchiuti, 33 anni foggiano finito in
carcere per associazione per delinquere; e per il vigilante Domenico Di Sapio, 45 anni, foggiano, posto ai domiciliari per concorso nel furto nel caveau del Banco di Napoli: «i miei assistiti» dice
l’avv. Paolo Ferragonio «respingono le accuse, ma considerato il
breve lasso tempo tra arresti e
interrogatori non c’è stato il tempo
di leggere tutti gli atti d’accusa».
I romani Stefano Virgili, Vincenzo Facchini, Franco Papa e
Paolo Izzi finiti in cella nella Capitale
perchè accusati a vario titolo del furto nel
caveau della banca e di quello progettato
nel caveau delle gioiellerie del centro
commerciale sono stati interrogati su
rogatoria dal gip del Tribunale romano;
mentre il foggiano Antonio Caputo, accusato di riciclaggio, è stato rintracciato e
arrestato a Milano, con l’interrogatorio di
garanzia affidato al gip lombardo.
l l C’è chi dice «stop» alla causa civile in
corso contro la banca per chiedere il risarcimento dei danni in modo da «trasferirla» nel
processo penale; e chi annuncia che citerà in
giudizio nel processo civile anche l’istituto di
vigilanza «Metropol», per cui lavoravano all’epoca dei fatti due guardie giurate arrestate e poste
ai domiciliari nel blitz «Goldinfger» sul presupposto che avrebbero aiutato i ladri a rubare
15 milioni tra contante e preziosi da 165 cassette
di sicurezza del caveau del Banco di Napoli di
PIAZZA PUGLIA La banca svaligiata nel marzo 2012
piazza Puglia.
Sceglie la via del processo penale «perchè i
tempi di celebrazione sono più rapidi rispetto a
una causa civile» l’avv. Michele Sodrio legale di
6 titolari di cassette di sicurezza «che hanno
subito danni che variano dagli 80mila ai 200mila
euro, tra contante e oggetti di valore custoditi»
ricorda il legale che meno di un mese fa tramite
la «Gazzetta» aveva rivolto un appello alla Procura per chiudere le indagini in modo che la
parti offese potessero avere accesso agli atti e
farli confluire nella causa civile in corso contro
la banca. «Quando rilasciai quell’intervista al
suo giornale» spiega l’avv. Sodrio «chiaramente
non sapevo che di lì a poche settimane ci sarebbe
stato il blitz con gli arresti: a nome dei clienti
riconosco volentieri che le indagini sono state
svolte in maniera approfondita e ritengo - dalla
lettura dell’ordinanza di custodia cautelare in
attesa di leggere tutti gli atti d’indagine che ho
già chiesto alla Procura quale parte offesa - che si
arriverà a condanne». Quanto alla causa
civile in corso contro la banca, «i miei
assistiti pagavano 376 euro all’anno per
il fitto delle cassette di sicurezza, assicurate per 10 e 15mila euro: la banca ha
proposto una transazione che abbiamo
rifiutato perchè la cifra offerta secondo
noi non superava il 10% del danno subito. Alla luce degli arresti e dell’inchiesta penale» aggiunge l’avv. Sodrio
«ho deciso di “trasferire” la causa civile
in quella penale: significa che ci costituiremo parte civile nel processo penale
contro gli imputati, contro la banca,
l’istituto di vigilanza Metropol e l’agenzia di sicurezza di Milano che gestiva la
“control room”. Lo faccio perchè i tempi
di celebrazione del processo penale sono
più rapidi di quello civile».
L’avv. Raul Pellegrini assiste «20 titolari di cassette di sicurezza derubati, per i
quali è in corso la causa civile contro la banca;
dalle indagini è ora emersa la concorrente responsabilità della “Metropol”, per cui citerò anche l’istituto di vigilanza quale “responsabile
civile per il fatto dell’imputato”, che dovrà contribuire a risarcire gli ingentissimi danni sofferti dai miei assistiti: ho letto l’ordinanza cautelare e chiesto alla Procura di estrarre copia
degli atti d’indagine quale parte offesa».
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