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12 03 15 FG Il deputato e il capo banda
II I FOGGIA CITTÀ Giovedì 12 marzo 2015 BLITZ GOLDFINGER PARLA L’ON. DI GIOIA CONOSCENZA CASUALE «Scesi dalla Federazione, c’erano alcuni amici, questo tizio si avvicinò e fu presentato anche a me» dice il parlamentare che non è indagato Il deputato e il capo banda «Mai avuto contatti con lui» La Ps ipotizza che l’on. s’attivò per far recuperare la refurtiva a un amico Come il nome dell’esponente politico è finito per caso nelle indagini di chi intercettava Bonalumi l «Non so niente di questa storia, mai avuto rapporti con questo tizio, tantomeno ho aiutato qualcuno». L’on. Lello Di Gioia risponde così ai cronisti dopo le rivelazioni di ieri di «Repubblica» sul fatto che il suo nome compare - non come indagato ma come ipotetico intermediario di un derubato e con presunti contatti diretti con il capo della banda Olinto Bonalumi - nell’inchiesta «Goldfinger» di Procura e squadra mobile sfociata 48 ore fa nell’arresto di 13 foggiani e romani, mentre ad altri due foggiani è stato imposto l’obbligo di firma. I 15 indagati sono accusati a vario titolo del furto di 15 milioni tra contante e gioielli, trafugati da 165 cassette di sicurezza del caveau del Banco di Napoli di piazza Puglia svaligiato nel marzo 2012; e del progetto di furto nel caveau delle gioiellerie «Sarni Oro» e «Follie d’oro» del centro commerciale, colpo sventato dalla Polizia il 26 agosto 2012 facendo irruzione nel covo della banda poco prima che entrasse in azione. «Non so niente di questa storia» dice ai cronisti il deputato foggiano, eletto nel 2013 nelle liste Pd nella circoscrizione «Sardegna», già esponente di spicco del Psi, presidente della commissione sugli enti di previdenza. «Cado dalle nuvole, è una cosa allucinante: l’unico ricordo che ho di questa persona» (con riferimento a Bonalumi) «è che una sera scesi dalla federazione del partito in corso Cairoli, mi fermai con alcuni amici nei pressi dell’edicola e mi fu presentata; arrivò la squadra mobile e chiese i documenti, mi riconobbero ed a me non chiesero niente: stavamo lì, questo tizio si è avvicinato e l’hanno presentato anche a me». Quanto all’ipotesi investigativa di aver aiutato una vittima del maxi-furto per recuperare quanto sottrattogli da una delle cassette di sicurezza svaligiate, l’on. Di Gioia la respinge: «avrei favorito un amico mio che poi non si sa chi è: se io avessi fatto una cosa del genere, la Procura mi avrebbe chiamato per sentirmi. Io non ho avuto rapporti con questa gente, non ho dato una mano a nessuno: questa è la verità. Sono all’oscuro di tutto, nel senso che non ha avuto rapporti con questo tizio, nè tantomeno ho aiutato qualcuno, non esiste, ma che stiamo scherzando? E poi a chi avrei dato una mao? Ho subito 4 furti: mi hanno rubato la macchina, hanno aperto e rubato nel mio box, se avessi avuto frequentazioni di questo genere avrei pensato a difendere me stesso, o no?». In seguito al furto nel caveau del Banco di Napoli, i sospetti della squadra mobile si indirizzano su Bonalumi, 55 anni, foggiano, già condannato in primo grado a 6 anni e 10 mesi per un furto analogo da 5 milioni e 350mila euro messo a segno nel maggio 2009 nel caveau dell’istituto scorta valori «Np service» (per il quale peraltro alcuni boss mafiosi foggiani gli avrebbero imposto un pizzo di 500mila euro, senza ricevere nulla però); ed in attesa di giudizio ad Ancona per un progetto di furto di 200 milioni alla Banca d’Italia. Scattarono intercettazioni e una microspia fu piazzata nell’auto guidata da Federico De Matteis (coinvolto nel blitz «Goldfin- ger», non è stato ancora rintracciato e arrestato) ritenuto il braccio destro di Bonalumi. Il pomeriggio del 4 maggio 2012, Bonalumi che era nell’auto col presunto complice, avrebbe ricevuto una telefonata e subito dopo informato De Matteis che «bisognava portare i soldi all’onorevole» che li stava aspettando a casa. L’auto raggiunse uno stabile (dove la squadra mobile dà atto che abita l’on. Di Gioia, all’epoca dei fatti non era deputato), Bonalumi scese dalla macchina, risalì poco dopo, si recò con l’amico in un altro appartamento, quindi tornò nello stabile dove abita il deputato, scese dall’auto per tornare poco dopo da De Matteis. La polizia ipotizzerebbe in base alle intercettazioni che l’on. Di Gioia potrebbe aver fatto da intermediario per far recuperare parte della refurtiva: «è agevole comprendere che il politico abbia potuto avere un ruolo di intermediazione per far recuperare una parte della refurtiva in possesso della banda e che per questo abbia fatto elargire loro un generoso compenso». Ipotesi investigativa che l’on. Di Gioia respinge. OLINTO BONALUMI Il presunto capo della banda, a destra alcune delle cassette di sicurezza svaligiate nel caveau della banca GLI INTERROGATORI QUESTA MATTINA SI COMINCIA CON CHI È FINITO IN CARCERE, I ROMANI SARANNO SENTITI SU ROGATORIA DAL GIP DELLA CAPITALE I 15 indagati e tutte le accuse Il legale di Bonalumi: ordinanza fondata più su suggestioni che basi concrete» l Sono 15 le persone raggiunte da ordinanze: 9 in carcere, 4 ai domiciliari, 2 obblighi di firma. Ecco chi sono e le accuse contestate. Olinto Bonalumi , 55 anni, foggiano, carcere: arrestato per associazione per delinquere; furto nel caveau del Banco di Napoli del marzo 2012; tentato furto nel caveau delle gioiellerie «Sarni Oro» e «Follie d’oro» al centro commerciale di viale degli Aviatori, sventato il 26 agosto 2012. Federico De Matteis, 25 anni, foggiano, carcere, non ancora rintracciato: stesse accuse di Bonalumi. Ruggiero Racano, 49 anni, foggiano, carcere: concorso nel tentato furto nel caveau delle gioiellerie del gruppo Sarni oro. Venturo Ricchiuti, 33 anni, foggiano, carcere: associazione per delinquere e riciciclaggio di parte del provento del furto in banca. Antonio Caputo, 49 anni, cerignolano residente a Foggi, carcere: riciclaggio di parte del provento del furto in banca. Stefano Virgili, 64 anni, Roma, carcere: arrestato per concorso nel tentato furto nel caveau delle gioiellerie; indagato per associazione per delinquere e per il furto al Banco di Napoli (per il gip non sufficienti gli indizi per queste imputazioni). Franco Papa, 65 anni, Roma, carcere: stessa situazione di Virgili. Vincenzo Facchini, 61 anni, romano, carcere: arrestato per tentato furto nel caveau delle gioiellerie, indagato anche per associazione per delinquere. Paolo Izzi, 58 anni, Roma, carcere: arrestato per furto nel caveau della banca e tentato furto nel caveau delle gioiellerie, indagato per associazione per delinquere. Patrizia Di Biase, 53 anni, foggiana, moglie di Bonalumi, domiciliari: accusata di riciclaggio di parte del provento del furto in banca. Gennaro Rendine e Domenico Di Sapio di 33 e 45 anni, foggiani, all’epoca dei fatti guardie giurate della «Metropol», domiciliari: furto nel caveau del Banco di Napoli. Corrado Folchino, 53 anni, foggiano, domiciliari: ricettazione di matasse di filo elettrico, 29 cartoni di pinze a becco e seghetti, matassa di rame, materiale elettrico. Gianluca Contini, 40 anni, foggiano, guardia giurata della «Black security» in servizio al centro commerciale, obbligo di firma: concorso nel tentato furto nel caveau delle gioiellerie del gruppo Sarni Oro. Vincenza D’Alessandro, 37 anni, cerignolana residente a Foggia, responsabile per la Capitanata del gruppo «Sarni Oro», obbligo di firma: concorso nel tentato furto nel caveau delle gioiellerie del gruppo Sarni. Altri 5 foggiani sono indagati a piede libero perchè accusat a vario titolo di calunnia, favoreggiamento, violazione privacy e formazione di falsi contratti di attivazione di utenze telefoniche. Oggi il via agli interrogatori. «Ho letto l’ordinanza di custodia cautelare e mi sembra fondata più su suggestioni che su basi concrete: attendo di leggere gli atti dell’inchiesta» commenta l’avv. Gianluca Ursitti difensore di Bonalum. «Il mio assistito si dichiarerà innocente» dice invece al cronista l’avv. Giulio Scapato che assiste Racano. SEQUESTRI Numerosi quelli eseguiti durante le indagini, non solo nel capoluogo dauno come il materiale rinvenuto in un laboratorio di elettronica a Pomezia . FOGGIA CITTÀ I III Giovedì 12 marzo 2015 L’ORDINANZA «Ci fu un repentino mutamento delle condizioni di vita di Bonalumi e De Matteis dopo il furto nel caveau» L’IRRUZIONE Nel casolare che sarebbe stato usato dai due c’era una centralina elettronica «in tutto simile a quella installata presso la banca» Il gip: «Con i milioni rubati acquistati palazzi e auto» Ecco l’atto di accusa contro la presunta mente del colpo e il braccio destro l Repentino mutamento delle condizioni di vita di Olinto Bonalumi e Federico De Matteis; intercettazioni; rinvenimento in un casolare ritenuto nella disponibilità di due indagati di una centralina elettronica simile a quella installata nella banca svaligiata; possesso di ingenti somme di denaro; fogli manoscritti con appunti su soldi, oro, brillanti; comportamento sospetto dei vigilantes. C’è tutto questo - scrive il gip Rita Curci nell’ordinanza di custodia cautelare dell’inchiesta «Goldifinger» - a carico dei due foggiani; delle guardie giurate Gennaro Rendine e Domenico Di Sapio (all’epoca dei fatti dipendenti Metropol, incaricate della vigilanza dell’istituto di credito); del romano Paolo Izzi per sostenere che idearono e/o parteciparono, e o contribuirono al furto di 15 milioni nel caveau del Banco di Napoli di piazza Puglia. Approfittando della chiusura per il week, tra il 9 e 11 marzo 2012, i ladri svaligiarono 165 cassette delle 500 cassette di sicurezza, mentre altre 150 furono manomesse ma non aperte (ecco perchè si contesta anche il tentato furto). Il gip ha invece ritenuto insufficienti gli elementi raccolti a carico di altri due romani, Stefano Virgili e Franco Romani . LE ANALOGIE - «Le modalità del furto, implicanti specifica conoscenza dei sistemi d’allarme e dunque la partecipazione al colpo di soggetti in grao di operare le complesse manomissioni rilevate al sistema d’allarme» scrive il gip «presentavano evidenti analogie» col furto del primo maggio 2009 da 5 milioni e 350mila euro da una cassaforte del caveau dell’istituto scorta valori «Np service» al Villaggio artigiani, per il quale Bonalumi è stato condannato in primo grado a 6 anni e 10 mesi. Ecco perchè «i sospetti degli inquirenti si concentrarono proprio su Bonalumi che peraltro la sera del 13 marzo 2012» (a furto scoperto) «veniva visto da personale della squadra mobile che erano in attesa davanti all’ingresso dell’istituto, per ben due volte a distanza di due ore, alla guida dapprima di una “Audi A6” poi di una “Bentley”, entrambe on targhe della GLI ALTRI TRE INDAGATI FONDAMENTALI LE PRESUNTE COMPLICITÀ DEI VIGILANTES L’esperto di allarmi e le 2 guardie giurate l Il furto da 15 milioni nel caveau delle cassette di sicurezza del Banco di Napoli di piazza Puglia messo a segno tra il 9 e l’11 marzo del 2012, approfittando del fatto che la banca fosse chiusa per il week-end, non sarebbe stato possibile - dice l’accusa - senza un esperto che si occupasse dei sistemi d’allarme, e qui entra in scena il romano Paolo Izzi; e di basisti che consentissero di lavorare nella banca di notte già prima del colpo per testare i sistemi di sicurezza e vedere come neutralizzarli, e queste complicità porterebbero i nomi dei vigilantes Gennaro Rendine e Domenico Di Sapio. Al romano Izzi nel corso delle indagini fu sequestrata «una basetta in ebanite con 8 circuiti stampati di realizzazione artigianale, privi di qualsivoglia codice di identificaziome, identici a quelli usati per realizzare i by-pass del sistema d’allarme della banca sequestrati all’interno del caveau nell’immediatezza della scoperta del furto», annota il gip; Izzi è quindi ritenuto l’esperto che ha realizzato «la sofisticata strumentazione che ha consentito di disattivare per la gran parte il sistema di sicurezza installato in banca». Per manomettere il sistema d’allarme della banca - dice l’accusa - fu anche necessaria la complicità dei vigilantes Rendine e Di Sapio. «Entrambi erano in servizio nel periodo interessato dalle manomissioni del sistema d’allarme implicanti attività all’interno dei locali della banca, il cui inizio coincide Avrebbero consentito ai ladri l’accesso in banca per testare i sistemi di sicurezza col 13 dicembre 2011: le manomissioni» scrive il gip «furono effettuate in occasione dei fine settimana, di sera e notte cosìcchè non potevano sfuggire agli addetti alla vigilanza». Secondo l’accusa nel gennaio 2012 nella banca si registrò «uno sciame di segnali d’allarme partiti dalla banca che, ad avviso degli esperti del settore, sono da ricondurre all’attività di allarmi simulati provocati per testare il sistema di sicurezza e realizzare le manomissioni. Manomissioni che, oltre che complesse di per sè, richiedevano conoscenze specifiche della dislocazione delle varie derivazioni, associate a ottime competenze tecniche specifiche». Da tutto questo deriva - nell’ottica accusatoria - «che l’attività degli autori del furto non può essersi concentrata solo nel fine settimana dal 9 all’11 marzo 2012, ma certamente ha interessato un arco tenporale più lungo e precedente rispetto a quello in cui c’è stato il furto. E’ dunque improbabile che in occasione di tutti i controlli notturni effettuati proprio in quel periodo, Di Sapio non si fosse accorto di alcuna anomalia. Quanto a Rendine è impossibile» scrive il gip «che nel corso dell’accurato controllo eseguito nelle ore diurne dei giorni compesi tra il 9 e 11 marzo 2012, proprio nell’arco temporale in cui è stato perpretato il furto, non abbia rilevato alcuna attività sospetta all’interno di locali della banca: inoltre, contrariamente a quanto da lui asserito, i pulsanti ronda non furono pigiati». Per i romani Stefano Virgili e Franco Papa (arrestati per il tentativo di furto nel caveau delle gioiellerie del gruppo «Sarni Oro» al centro commerciale sventato dalla squadra mo- bile il 26 agosto 2012), il gip ha ritenuto insufficienti gli indizi per ritenerli coinvolti anche nel furto nel caveau del Banco di Napoli, come invece sostengono Procura e squadra mobile. «Quel è che è certo è che da maggio 2012» (due mesi dopo il colpo in banca) «Bonalumi ha contatti con Virgili e i suoi amici. Non può escludersi che prima di agosto 2012 - quando si re- Repubblica di San Marino». LE INTERCETTAZIONI - «A confermare le intuizioni degli investigatori» sarebbe stato anche un colloquio captato in carcere il 20 marzo 2012, con Olinto Bonalumi che si recò a colloquio dal figlio Fabrizio arrestato il 19 gennaio precedente per una rapina alla sala Bingo. «Durante la conversazione il figlio chiese al genitore» annota il gip «se nel caveau ci fosse anche Federico, con ciò provocando la dura reazione del padre che ribatteva che quelli non erano affari suoi; a fronte dell’insistenza del figlio, Olinto Bonalumi si alterò a tal punto da abbandonare anticipatamente il colloquio». ARRIVANO I SOLDI - Un altro dato investigativo è rappresentato dal mutamento delle condizioni di vita di Olinto Bonalumi e De Matteis. «Le captazioni in carcere nel gennaio 2012» (disposte nell’ambito dell’indagine sulla rapina alla sala Bingo in cui fu coinvolto il figlio di Bonalumi) «davano conto di un significativo mutamento intervenuto nel tenore della famiglia Bonalumi proprio subito dopo il furto» al Banco di Napoli del marzo 2012. «Così in occasione del colloquio del 24 gennaio 2012, l’indagato appreso che il figlio aveva diviso con gli amici i 300 euro che gli aveva dato prima dell’arresto, lo rimproverò» scrive il gip «visto che quel denaro lo aveva ottenuto in prestito, è indubbio quindi che in quel periodo Bonalumi non navigava nell’oro. E invece le conversazioni registrate nei giorni successivi al furto nel caveau danno conto di una improvvisa quanto ingiustificata disponibilità di denaro da parte dell’indagato, impegnato ad acquista- re beni di lusso i cui pregi e qualità esponeva al figlio». Al riguardo l’accusa rimarca come Patrizia Di Biase , moglie di Bonalumi arrestata nel blitz e posta ai domiciliari per riciciclaggio, «acquistò un palazzo signorile a Vico per un prezzo dichiarato di 120mila euro». Stesso discorso l’accusa fa per De Matteis: dopo il furto acquistò un’auto, si interessò all’acquisto di una casa poi saltato, effettuò in aprile «un costoso viaggio a Barcellona dove impegnò un privè per tre persone a 10mila euro». L’IRRUZIONE NEL PODERE - Indagando e pedinando Bonalumi e De Matteis, i poliziotti individuarono un podere sulla strada per Ascoli Satriano (nella disponibilità di Corrado Folchino ora ai domiciliari per ricettazione) frequentato dai due, e dove furono piazzare telecamere. A giugno 2012 gli agenti intervennero, identificarono le persone presenti e rinvennero «una centralina elettronica marca “PB Elettronica-modello Ermione 32” in tutto simile a quella installata presso l’agenzia del Banco di Napoli» svaligiata. I poliziotti trovarono 15mila euro a Bonalumi nascosti negli slip; in casa di De Matteis furono trovati quasi 13mila euro, tre orologi di valore «acquistati nelle settimane successive al maxi-furto»; «numerosi telefonini usa e getta e sim-card intestate a stranieri e italiani; nonchè fogli manoscritti sui quali erano stati appuntati a penna importi in milioni di euro, quantità di oro in chili; riferimenti a orologi, brillanti, anelli e bozze di calcoli vari: l’importanza di questo rinvenimento ai fini probatori» annota il gip «è confermata dalla preoccupazione palesada da Bonalumi quando apprese la notizia». gistrano le conversazioni e si osservano gli incontri per il furto sventato nel caveau delle gioiellerie - Bonalumi si fosse rivolto a Virgili per piazzare merce proveniente dal caveau, come pure che Virgili e Papa abbiano partecipato al maxi-furto di marzo, ma gli indizi non appaiono gravi e idonei» per disporre l’arresto anche per questa questa imputazione. LA BANCA L’agenzia di piazza Puglia svaligiata nel week-end tra il 9 e 11 marzo di tre anni fa .