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pagine moncalvesi - Provincia di Asti
PAGINE MONCALVESI Bollettino della Biblioteca civica “Franco Montanari” di Moncalvo – Asti Anno VI – n. 11, luglio 2001 Supplemento a “Il Platano”, Rivista di Cultura astigiana SOMMARIO Ai Collaboratori. ................................................................. 3 Arturo Marcheggiano La protezione delle dimore storiche in tempo di guerra 5 Alessandro Allemano Vicende di Carabinieri a Moncalvo……………………… 12 Antonio Barbato Un’antica misurazione della “Fracchia” di Moncalvo ….. 22 Paolo Cavallo Alla scoperta dei fondi musicali nel Monferrato moncalvese………………………………………………...…......... 14 Corrado Camandone Vitalismo implicito: lineamenti di una filosofia della vita (seconda parte) ................................................................ 38 Riletture Bagetti e Gonin, illustratori e artisti poliedrici …............. 43 Notizie e recensioni..................................................... 52 Ai sensi della legge 675/96, “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento di dati personali” (legge sulla privacy), chiunque NON desideri che il proprio nome compaia tra gli aderenti a questo Bollettino potrà comunicarlo per iscritto alla redazione. Chi non esegue alcuna comunicazione in tal senso, si intenderà consenziente. Si garantisce inoltre la riservatezza dell’indirizzario completo, cui si potrà attingere per formulare inviti a manifestazioni di carattere esclusivamente culturale. Tali dati non saranno comunque trasmessi a terzi. In copertina Via Cissello e, a destra, il Palazzo civico (anni ’20). La via prende il nome dal benefattore e medico Cissello, che istituì l’orfanotrofio omonimo. “Leggere, com’io l’intendo, vuol dire profondamente pensare” Vittorio Alfieri (1749-1803) “Del principe e delle lettere” AI COLLABORATORI Seppure con un po’ di ritardo per le solite ragioni tecniche (il bollettino viene ideato, prodotto e gestito in assoluta economia da pochissime persone), anche per questo semestre le “Pagine Moncalvesi” sono pronte. Da parte nostra, mentre ringraziamo i Collaboratori che non mancano mai all’appuntamento semestrale, vogliamo ricordare le norme per la collaborazione: 1) La collaborazione al semestrale “Pagine Moncalvesi” è gratuita: i Collaboratori potranno, su richiesta e senza spesa, ottenere alcune copie della rivista, secondo disponibilità. 2) Si accettano di preferenza articoli che abbiano attinenza con la storia locale monferrina. 3) A giudizio insindacabile della redazione, potranno essere pubblicati anche interventi che trattino più in generale temi legati alla diffusione della cultura in tutti gli ambiti della vita sociale. 4) Adeguandosi alle direttive di gestione della Biblioteca civica di Moncalvo, ogni numero della rivista pubblicherà un articolo riguardante la protezione dei beni culturali nelle più svariate circostanze (nei conflitti armati, nelle calamità naturali, in caso di furto, etc.). 5) La redazione, pur apprezzando e caldeggiando la collaborazione di tutti quanti fossero interessati, si riserva, a suo insindacabile giudizio, di scegliere gli interventi da pubblicare su ciascun numero del bollettino, tenuto conto dello spazio disponibile e della necessaria varietà di argomenti da trattare. 6) Il contenuto degli articoli rispecchiano esclusivamente l’opinione dei rispettivi autori. 7) Sarà particolarmente gradita la fornitura degli articoli su supporto magnetico (dischetto), con memorizzazione in formato “solo testo” oppure in formato WORD per Windows. 8) Ciascun Collaboratore potrà fornire anche un certo numero di immagini da inserire a corredo dello scritto; in caso contrario, l’articolo sarà illustrato a cura della redazione. Con ciò terminiamo, ed auguriamo a tutti una lieta e gradevole lettura anche di questo undicesimo numero. Alessandro Allemano Presidente della Biblioteca Antonio Barbato Direttore della Biblioteca 3 ADESIONI AL BOLLETTINO “PAGINE MONCALVESI” Elenco aggiornato al 30 giugno 2001 Aldo di Ricaldone – Ottiglio (AL) Giuseppe Alessio – Montemagno (AT) Carlo Aletto – Rosignano Monf. (AL) Rita Allara – Grazzano B. (AT) Gaetano Amante – Penango (AT) Irene Amarotto – Genova Rosanna Amerio - Grazzano Badoglio (AT) Antonino Angelino – Casale Monf. (AL) Rosalba Ansaldi – Moncalvo (AT) Giovanni Ardizzone – Moncalvo (AT) Associazione culturale “Aquesana” – Acqui Terme (AL) Archivio storico diocesano – Casale Monf. (AL) Giuseppe Arrobbio - Grana (AT) Associazione Casalese Arte e Storia – Casale Monf. (AL) Associazione nazionale Combattenti e Reduci – Moncalvo (AT) Cristina Bacco - Moncalvo (AT) Stefano Baldi - Torino Enrica Baralis Coppa - Moncalvo (AT) Roberto Barberis – San Salvatore Monf. (AL) Amilcare Barbero – Ponzano (AL) Simona Bargero – Moncalvo (AT) Clelia Beccaris – Moncalvo (AT) Stefano Beccaris – Moncalvo (AT) Adriana Bechis Piacenza – Torino Ezio Belforte – Torino Cinzia Bendanti – Imola (BO) Clara Bergamin - Montechiaro (AT) Alberto Berliat - Penango (AT) Cesare Berruti – Calliano (AT) Gianni Berta – Alessandria Mario Bertana – Moncalvo (AT) Ugo Bertana – Castelletto Merli (AL) Clara Besso – Moncalvo (AT) Claudio Bestente - Moncalvo (AT) Daria Bianco - Moncalvo (AT) Paola Bianco - Moncalvo (AT) Biblioteca civica “G. Canna” – Casale Monf. (AL) Biblioteca civica – Moncucco Torinese (AT) Biblioteca comunale – Calamandrana (AT) Biblioteca comunale – Calliano (AT) Biblioteca comunale – Castelletto Merli (AL) Biblioteca comunale – Grazzano Badoglio (AT) Biblioteca del Seminario vescovile – Asti Biblioteca del Seminario vescovile – Casale Monf. (AL) Biblioteca nazionale centrale – Firenze Biblioteca storica della Provincia di Torino – Torino Biblioteche civiche e Raccolte storiche – Torino Angela Biedermann – Andora (SV) Anna Maria Biginelli - Moncalvo (AT) Raimondo Biglione di Viarigi – Brescia Alessandro Biletta - Moncalvo (AT) Fernando Biletta - Milano Guido Boano – Moncalvo (AT) Alfio Bonelli – Calliano (AT) Maria Bonzano Strona – Asti Alberto Borghini – Massa Fernanda Borio - Milano Elio Botto - Casale Monf. (AL) Mauro Bosco – Casale Monf. (AL) Pier Giuseppe Bosco - Montalero (AL) Enrichetta Bosia – Torino Vittorio Brandi - Asti Francesco Brignoglio - Moncalvo (AT) Armando Brignolo – Asti Ermanno Briola - Asti Francesco Broda - Moncalvo Luigi Broda – Asti Luisa Brovero – Casale Monf. (AL) Franco Buano – Moncalvo (AT) Maria Pia Buronzo - Torino Domenico Bussi – Asti Luigi Caligaris – Roma Corrado Camandone – Andora (SV) Marcello Cambiaso – Moncalvo (AT) Felice Camerano – Moncalvo (AT) Marco Canepa – Alessandria Maria Capra - Moncalvo (AT) Pierina Capra - Moncalvo (AT) Gaia Caramellino – Torino Giancarlo Caramellino - Odalengo Piccolo (AL) Massimo Carcione – Asti Vittorio Giovanni Cardinali – Torino Dina Cariola – Moncalvo (AT) Mario Casalone - Torino don Gian Paolo Cassano – Occimiano (AL) Ugo Cassina - Moncalvo (AT) Luigi Castagnone - Moncalvo (AT) Maria Castellano – Torino Alba Cattaneo – Casale Monf. (AL) Carlo Cavalla - Villafranca d’Asti (AT) Giuseppe Cavalli - Beinasco (TO) Angela Cavallito – Moncalvo (AT) Paolo Cavallo – Pinerolo (TO) Luigi Cavallotto – Moncalvo (AT) Carla Cavanna Broda – Moncalvo (AT) Luciano Cecca - Moncalvo (AT) Centro Studi Piemontesi – Torino Centro UNESCO di Firenze – Firenze Centro UNESCO di Torino – Torino Mario Cerrano - Moncalvo (AT) Annalisa Cerruti – Moncalvo (AT) don Claudio Cipriani – Casale Monf. (AL) Maria Clerici – Pino Torinese (TO) Comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri – Asti Comando Stazione Carabinieri – Moncalvo (AT) Commissione nazionale della CRI per la Diffusione del Diritto Internazionale Umanitario – Roma Consorzio per la gestione della Biblioteca Astense – Asti Carla Coppo Sorba - Moncalvo (AT) Giuseppe Coppo - Casorzo (AT) Ida Boggio - Moncalvo (AT) 4 Giuseppe Coppo – Moncalvo (AT) Enrico Corzino – Moncalvo (AT) Giuseppe Cova – Alessandria Luigi Cravino - Frassinello Monf. (AL) Maria Eleonora Cravino – Torino Mario Cravino – Casale Monf. (AL) Graziella Crosetto - Arese (MI) Elisabetta Cuniberti - Torino Piergiuseppe Cuniberti – Calliano (AT) suor Elsa Cuppini – Torino Franca Dagnino - Genova Sestri Ponente Santina Dattrino - Sanremo (IM) Carlo Debernardi - Moncalvo (AT) Patrizia Debernardi - Moncalvo (AT) Armando De Coppi – Milano Carlotta Della Sala Spada Lombardi – Quattordio (AL) Maria Cristina Della Sala Spada - Asti Aldo Demaria - Asti Direzione didattica – Moncalvo (AT) Antonio Dogliani – Bra (CN) Marco Dolermo – Acqui Terme (AL) Elèna Dolino – Torino Diana Donna - Moncalvo (AT) Nadia Durante - Ponzano (AL) Gigi Efisio - Casale Monf. (AL) Emeroteca Storica Italiana – Verona Tino Evaso – Casale Monf. (AL) don Cesare Falaguerra - Calliano (AT) Aldo Fara - Moncalvo (AT) Cesare Fara – Sanremo (IM) Giovanni Fara – Torino Luca Farotto - Moncalvo (AT) Gianpaolo Fassino - Moncucco Torinese (AT) Franco Fassio – Moncalvo (AT) Romano Fea - Torino don Vincenzo Ferraris - Grazzano Badoglio (AT) Giovanna Ferraro - Moncalvo (AT) Marco Ferrero – Vicenza Ornella Fino – Asti Gennaro Fiscariello - Napoli Alessandro Fisso - Torino Fondazione San Vincenzo - Mirabello Monf. (AL) Lorenzo Fornaca – Asti Renzo Fracchia – Casale Monf. (AL) Marta Franzoso – Asti Iraide Gabiano - Moncalvo (AT) Carla Galetto Broglia - S. Marcherita Ligure (GE) Bruna Gallone Cavanna - Pontestura (AL) Bruno Gallo – Buenos Ayres (Argentina) Ugo Gallo – Casale Monf. (AL) Francesca Gamba – Moncalvo (AT) Fiorenzo Gambino – Monale (AT) Marisa Garino Perissinotto - Moncalvo (AT) Maria Teresa Gavazza - Quargnento (AL) Renato Gendre – Villafranca (AT) Carlo Francesco Genta – Asti Cleto Girino – Torino Mario Andrea Gerbi – Roma Fiorenza Gherlone – Revigliasco (AT) Rosanna Gherlone – Moncalvo (AT) Luigi Ghezzi - Vercelli Bruno Giordano - Moncalvo (AT) Giorgio Gonella - Moncalvo (AT) Teresio Gonella - Moncalvo (AT) Vittorio Graziano – Ponzano (AL) Stefano Grillo – Casale Monf. (AL) Walter Haberstumpf – Torino Josette Hallet – Limal (Belgio) Marco Illengo – Serralunga di Crea (AL) Michele Isacco – Trino (VC) Istituto Internazionale di Diritto Umanitario – Sanremo (IM) Pietro La Barbiera “Labar” - Villadeati (AL) Maria Rita Laio Cerruti - Moncalvo (AT) Claudio Lamberti Corbella - Moncalvo (AT) Angela Laurella - Torino Roberto Laurella - Moncalvo (AT) Silvio Lavagnino – Asti Emma Lazzarini Delponte - Alessandria Giancarlo Libert – Torino Liceo Ginnasio “V. Alfieri” – Asti Elisa Ludergnani Magnani - Moncalvo (AT) Alberto Lupano - Torino Americo Luparia – Moncalvo (AT) Giovanni Macagno – Asti Lorenzo Magrassi – Mombello (AL) Giampiero Maio – Moncalvo (AT) Teresio Malpassuto – Casale Monf. (AL) Giuseppe Mantelli – Casale Monf. (AL) Arturo Marcheggiano – Pitigliano (GR) Carlo Antonio Marchesi - Milano Giuseppandrea Martinetti – Moncalvo (AT) Aldo Marzano – Moncalvo (AT) Rita Marzano – Moncalvo (AT) Rita Marzola - Moncalvo (AT) Marco Massaglia – Moncalvo (AT) Giorgio Massola – Casale Monf. (AL) Alfredo Matuonto – Milano Ferruccio Mazzariol – Treviso Oreste Mazzucco – Torino Roberto Mercuri – Viterbo Rinaldo Merlone – Piobesi (TO) Giovanni Minoglio Chionio – Torino Olga Miravalle - Moncalvo (AT) Aldo Alessandro Mola – Torre San Giorgio (CN) Renzo Mombellardo - Moncalvo (AT) Roberto Mombellardo – Moncalvo (AT) Elda Mongardi – Imola (BO) Nancy Montanari - Palermo Wendy Montanari - Alexandria, Va. - U.S.A. Giuliano Monti – Moncalvo (AT) Orazia Montiglio – Moncalvo (AT) Paola Monzeglio - Grazzano Badoglio (AT) Luigina Morando Cavallo - Grana (AT) Marco Morra – Asti Mirella Mortarotti - Moncalvo (AT) Lyda Mosca – Asti Pier Luigi Muggiati – Casale Monf. (AL) Olimpio Musso - Colle Val d’Elsa (SI) Angelo Muzio – Casale Monf. (AL) Giovanni Navazzotti – Villanova Monf. (AL) Gino Nebiolo – Roma Ignazio Nebiolo - Asti Vincenzo Nebiolo – Asti Donatella Nebiolo Sacco – Asti 5 Pierina Nicolini - Mombello Monf. (AL) Livia Novelli – Borgo San Martino (AL) Nevilda Oddone - Grana (AT) Giuseppe Opezzo – Omegna (VB) Oscar Ottone – Moncalvo Monica Parola – Portacomaro (AT) Parrocchia di S. Antonio di Padova – Moncalvo (AT) Parrocchia del Santo Nome di Maria – Calliano (AT) Vittorio Pasteris - Moncalvo (AT) Mario Pavese – Torino Renato Peirone – Penango (AT) Fratelli Pelazza – Milano Marcella Perotti - Quattordio (AL) Franco Piacenza – Torino Gino Piacenza – Torino Giulia Piacenza Amerio – Torino Alfredo Poli – Calliano (AT) Studio Poli - Sanremo (IM) Francesco Porcellana – Asti Pontificio Consiglio per la Cultura – Città del Vaticano Anna Prato Sarzano - Torino Rodolfo Prosio – Asti Carlo Prosperi – Acqui Terme (AL) Luciana Rabbezzana - Torino Achille Raimondo – Moncalvo (AT) don Severino Ramello – Agliano Terme (AT) Gian Luigi Rapetti Bovio Della Torre – Strevi (AL) Alice Raviola – Asti Carlo Raviola – Asti Pierantonia Raviola - Moncalvo (AT) Giovanni Rebora – Acqui Terme (AL) Giuseppina Redoglia Sarzano - Moncalvo (AT) Piera Redoglia – Grazzano Badoglio (AT) Pia Re Ombra – Casale Monf. (AL) don Francesco Ricossa – Verrua Savoia (TO) Alberto Rissone – Asti Graziella Riviera - Torino Luigi Rizzo – Lecce Mario Andrea Rocco – Castell’Alfero (AT) Dionigi Roggero – Casale Monf. (AL) Giovanni Roggero – Asti Rubèn Darío Romani Ferreira – Mendoza (Argentina) Riccardo Romano – Venezia Lido Giuseppe Rosina – Moncalvo (AT) Enrica Rossetti Rampi - Alessandria Antonio Rossi - Torino Renato Rossi – Moncalvo (AT) Giuliana Rota - Grana (AT) Learco Sandi – Milano Paolo Santoro – Firenze Raffaele Santoro – Roma Laura Santoro Ragaini – Milano Claudio Saporetti – Roma Mariella Sarzano – Vinchio (AT) Simonetta Satragni Petruzzi - Torino Romano Scagliola - Neive (CN) Giovanni Scaiola – Moncalvo (AT) Massimo Scaglione – Torino Mariangela Scarsi Barberis – Moncalvo (AT) Scuola elementare “Ten. Riva” – Montemagno (AT) Scuola media statale “Capello” – Moncalvo (AT) “Segusium” - Società di ricerche e studi valsusini Susa (TO) Carlo Serra – Moncalvo (AT) Elisabetta Serra – Torino Mirella Simoni Locatelli - Piacenza Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti – Torino Fernando Sorisio – Asti Roberto Sorisio - Asti Sovrintendenza archivistica – Torino Sovrintendenza ai beni artistici e storici - Torino Emilio Spallicci – Alessandria Giuseppe Spina – Treville (AL) Maria Spinoglio – Moncalvo (AT) Angela Strona – Moncalvo (AT) Vincenzo Strona – Moncalvo (AT) Studio Poli - Sanremo (IM) Giorgio Tacchini - Vercelli Marco Tappa - Moncalvo (AT) Giuseppe Tardito – Moncalvo (AT) Mario Testa – Torino “Tridinum” – Società per l’Archeologia, la Storia e le Belle Arti – Trino (VC) Pierluigi Truffa – Gabiano (AL) Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito – Roma UTEA (Università Terza Età) – Asti Francesco Vaglio- Givoletto (TO) Giuseppe Vaglio – Torino Anna Varvelli – Castelletto Merli (AL) Laura Venesio – Moncalvo (AT) Elena Verrua – Moncalvo (AT) Alberto Verdelli – Moncalvo (AT) Sergio Vidinich – Genova Aldo Vigna - Asti Mario Villata - Torino “Villaviva” – Società culturale – Villanova Monf. (AL) Anna Visca Martinotti – Moncalvo (AT) Luisa Volta – Moncalvo (AT) Franco Zampicinini – Cocconato (AT) Giuseppe Zanello – Penango (AT) Igor Zanzottera – Alessandria Domenico Zoccola – Lecco Mario Zonca – Moncalvo (AT) Carlo Zucchelli - Milano 6 Arturo Marcheggiano LA PROTEZIONE DELLE DIMORE STORICHE IN TEMPO DI GUERRA (prima parte) Il Magg. Gen. Arturo Marcheggiano, Presidente della SIPBC, presenta la prima parte di un suo ampio intervento svolto a Venezia ***. L’articolo è corredato da alcune fotografie tratte dalle “Relazioni della Reale Commissione d’inchiesta sulle violazioni del diritto delle genti commesse dal nemico”, vol. I “La partecipazione della Germania – Danni ai monumenti”, che tratta delle gravi lesioni arrecate al patrimonio architettonico del Triveneto durante la Prima guerra mondiale. Il volume è il primo di una vasta collana, conservata presso la biblioteca del Museo storico badogliano di Grazzano Badoglio (volume concesso per la cortesia del Presidente, Alessandro Allemano) 1. Venezia, con le Marine piemontesi e napoletane, che per prime avevano capito l’importanza delle navi a vapore ed il loro uso in guerra, ha per lunghi mesi messo addirittura il blocco alla flotta dell’Impero, all fonda nel porto di Trieste (ed anche se l’Ammiraglio napoletano, il De Cosa, aveva avuto dal Borbone l’ordine di non sparare, ma nessuno salvo lui lo sapeva). Spesso capita che grandi oratori abbiano difficoltà nello scrivere: e questo è stato il caso di Daniele Manin, che però sapeva come infiammare i cuori dei suoi concittadini, insieme al buon scrittore, filosofo e patriota, Niccolò Tommaseo, che aveva caratteristiche che erano opposte. Nel bombardamento di Venezia si sperimentarono le massime gittate dei cannoni, le bombe a tempo delle navi, legate a palloncini gonfiabili e ad una miccia, la guerra per bande, le difficoltà delle guerre d’assedio… Per quanto si riferisce all’aspetto umanitario, che è quello che ci interessa di più, occorre fare cenno al diverso comportamento degli eserciti in guerra. All’epoca non esisteva un diritto internazionale sancito, ma le regole della guerra venivano dettate da consuetudini imposte e dal così detto “onore militare”. PREMESSA S ono particolarmente onorato e felice di parlare a Venezia in un convegno che riguarda essenzialmente i forti, che nel 1848 furono i veri baluardi di Venezia contro gli austriaci. Erano 55 ed alcuni oggi sono stati distrutti, altri gravemente lesionati ed altri rimangono ai giorni nostri pressoché intatti ed il nostro compito è quello di preservarli e tramandarli ai posteri ed all’umanità. La ribellione di Venezia apre il 17 marzo il ’48 italiano, un giorno prima delle 5 giornate di Milano e si conclude nel 1949, dopo 17 mesi, dopo la sconfitta del Piemonte a Novara. Non è mia intenzione accennare ai valorosi combattenti: dal donnaiolo spaccone di Guglielmo Pepe, al suo Capo di Stato Maggiore Ulloa, ai fratelli Mezzacapo, al Cosenz, che divenne poi Capo di Stato Maggiore dell’Esercito dell’Italia Unita, a Camillo Boldoni, al Kolossec che cadde sul campo e sulle batterie e tanti altri. Brillò tra i combattenti anche il volontariato; si comportarono in modo stupendo anche i romani di Durando e quella compagnia quasi tutta di medici ed infermieri che assicurò nelle batterie il servizio di sanità, per la prima volta tempestivo ed aderente. Raramente si parla delle operazioni navali della prima guerra indipendenza, anche se 7 era cominciata la rivoluzione! Sembra l’etica dei nostri governanti di adesso! Sono grato ai Soci della Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali nei conflitti armati (SIPBC) che mi hanno spinto a scrivere queste brevi note su un argomento abbastanza trascurato, che invece merita la massima attenzione. In ogni tempo, infatti, le “dimore storiche”, insieme con i templi, hanno rappresentato nel paese nemico occupato, quanto di più bello l’uomo abbia saputo costruire, identificandosi con la casa del Dio e del Principe. La reggia ed il tempio sono sempre stati eretti nel cuore della città, ed attorno ad essi le case dei nobili e dei notabili hanno sempre gareggiato in bellezza ed in ostentazione di censo, creando un poco all volta nel tempo, quegli incredibili “centri storici” e “centri monumentali” di cui l’Italia, che tra l’altro pullula di “città capitali”, è nel mondo la massima espressione, sia per il numero di tali centri monumentali sia per lo splendore delle opere di architettura e di arte che questi “centri” contengono. È evidente che in quei particolari “Beni Culturali” rappresentati dalle “Dimore Storiche”, in ogni tempo, abbiano avuto sede i comandi operativi degli eserciti invasori e che tali dimore non solo siano oggetto di saccheggio, ma anche che abbiano dato alloggio nel corso dei secoli quanto meno ai Comandanti ed agli Ufficiali dell’Invasore, e, spesso, anche alla truppa. VENEZIA – Una sala della Scuola di San Marco (Ospedale civile) dopo la bomba del 14 agosto 1917 Da parte austriaca si videro molte vessazioni sulle popolazioni venete, specie dopo la riconquista della città e dell’entroterra. I lavori di bonifica e di consolidamento dei terreni allagati dalle chiuse del forte Marghera, per piazzare le batterie d’assedio, furono imposte alle popolazioni venete ed ai contadini schiavizzati. Mai, invece, dalle batterie di forte Marghera partì un solo colpo di cannone contro la gente che faceva i lavori bellici per gli austriaci. In Cadore vi furono paesi saccheggiati e bruciati, molte le fucilazioni di soldati che erano tornati a casa perché erano stati lasciati liberi dai veneziani. Venezia pur di non fare le incette e le razzie dell’Austria seppe prima vendere i tesori delle chiese, su autorizzazione del Patriarca, e poi seppe dignitosamente morire di fame. Civilissimo fu il comportamento di Venezia nella guerra: non trattenne ostaggi, neppure quelli che avevano un grande valore di scambio, come i Governatori militare e civile; non prese prigioniere le truppe che lasciavano la città; quando catturò dei prigionieri, come dopo la sortita di Mestre, li trattò in modo molto umano, curò i feriti del nemico come se fossero i propri; quando molti prigionieri si ammalarono per la malaria e lo scorbuto, a spese proprie li caricò su navi mercantili e li inviò in Istria, praticamente a casa, con il solo impegno (sulla parola) di non riprendere le armi contro Venezia. Eppure subì addirittura l’unico bombardamento a scopo terroristico sulle popolazioni della sua storia. Manin partì da Venezia dopo 17 mesi di dittatura con i propri figli più povero di quando 2. LA CONVENZIONE DEL 1954 L e odierne regole di diritto internazionale, relative alla protezione dei Beni Culturali in tempo di guerra, sono contenute nella Convenzione dell’Aja del 1954 e valgono solo ed esclusivamente nei conflitti armati internazionali. Sanzionando essenzialmente i tre principi: 1° i Beni Culturali appartengono non ai detentori (Stati o individui) ma all’umanità intera e l’umanità devono essere preservati; 2° i Beni Culturali non sono più oggetto di preda bellica, ma sono semplicemente delle 8 Se entrambe le condizioni non si verificano contemporaneamente l’immunità decade automaticamente. In caso di palese violazione nemica o di altra “necessità militare” il comandante militare di qualunque livello è arbitro di regolarsi agendo come meglio crede. Di gran lunga più importante ed impegnativa è la “protezione speciale” dei Beni Culturali, che è concessa non dallo Stato, ma dagli Stati, ed è ristretta ad un numero limitato di rifugi e di centri monumentali, alle solite condizioni di distanza adeguata da obiettivi militari e di non uso a fini militari. Questi pochi grandi Beni Culturali devono essere iscritti, con modalità prestabilite, nel “Registro Internazionale dei Beni Culturali sotto protezione speciale”, devono essere obbligatoriamente segnalizzati, secondo la prestabilita simbologia internazionale (il simbolo internazionale è ripetuto per tre volte), ed il non uso a fini militari deve essere internazionalmente controllato e verificato. Qualunque violazione fa cadere l’immunità, però l’atto di sospensione dell’immunità deve essere sancito da un Generale di Divisione o equivalente, che ovviamente ne risponderà al termine del conflitto (l’atto scritto dovrà essere immediatamente notificato sia al nemico, sia in sede internazionale). Di questa convenzione meritano di essere sottolineati anche i dettati dell’art. 7, che impegna gli Stati ad introdurre fin dal tempo di pace, nei regolamenti e nelle istruzioni ad uso della truppa, disposizioni atte ad assicurare il rispetto della Convenzione, che dovrebbe essere diffusa non solo tra gli “addetti ai lavori” (Sovraintendenze, ecc.) ma anche tra le popolazioni civili (in tale settore vi sono le principali inadempienze nazionali). “vittime di guerra” e, come tali, devono essere tutelati e protetti; 3° l’attacco ingiustificato ai Beni Culturali costituisce crimine di guerra di cui si può essere chiamati a rispondere (I° Protocollo di Ginevra del 1977, aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra del 1949 – art. 85). La convenzione del 1954 aveva lo scopo di porre rimedio alle perdite insensate ed alle macroscopiche distruzioni di Beni Culturali avvenute durante la II Guerra Mondiale (globalmente superiori a quelle verificatesi in tutto il millennio precedente a causa di guerre – compresi i saccheggi – e di calamità naturali, come terremoti, maremoti, inondazioni smottamenti, frane, crolli, intemperie varie, incendi ecc. – basti pensare ai bombardamenti su Londra, o alla distruzione dell’Abbazia di Montecassino, o ai Beni Culturali delle maggiori città tedesche rase a suolo, o a quelli di Hiroshima e Nagasaki). La protezione di Beni Culturali comprende la salvaguardia ed il rispetto degli stessi. La salvaguardia riguarda le misure da prendere, fin dal tempo di pace, per la migliore organizzazione della loro conservazione in tempo di guerra (ed è il campo nel quale l’Italia è maggiormente inadempiente). Per rispetto, invece, si intende il fatto che, in tempo di guerra, i Beni Culturali non devono essere utilizzati a fini militari e non devono essere attaccati o offesi, a meno che la “necessità militare” non lo esiga “in modo imperativo”; inoltre il rispetto comporta il dovere di proteggerli in ogni circostanza da furti, saccheggi, rappresaglie e distruzioni. La protezione può essere semplice o speciale; quella “semplice” è generalizzata ed estesa a tutti i Beni Culturali, ovunque si trovino, siano o meno segnalizzati a condizione i Beni Culturali non siano usati a fini militari e che siano a “distanza sufficiente” da obiettivi militari (per la “protezione semplice” l’uso del simbolo internazionale di riconoscimento e di protezione, lo scudo blu, non è obbligatorio), purché il Bene Culturale si riconosca facilmente come tale (ad esempio una chiesa antica o una dimora storica). 9 nel caso in cui contengano un numero cospicuo di “opere d’arte”, ma è evidente in questo caso la necessità di segnalazione. Molti agglomerati italiani di “dimore storiche” (centri storici, forti , castelli) meriterebbero di essere iscritti nel “Registro Internazionale dei Beni Culturali sotto protezione speciale” in caso di guerra (come Venezia, Firenze, San Giminiano, Assisi, Noto, Caserta Vecchia – solo per citarne alcuni – ecc.) e per essi, fin dal tempo di pace, andrebbe approntata ed esposta la relativa segnaletica (il famoso “scudo blu”), che espone solo Pitigliano, per iniziativa del defunto Sindaco, socio fondatore della SIPCB. Ma l’iscrizione deve essere richiesta dai governi. Oggi nel “registro”, per quello che riguarda la penisola italiana, figura soltanto la “Città del Vaticano” (registrata con il numero 1); non vi è nessun altro bene italiano, malgrado la richiesta fatta al Governo Italiano dalla città di Pitigliano di avviare la procedura di iscrizione. La roboante iscrizione di tante città nella “Lista del Patrimonio Mondiale” (prevista dalla convenzione del 1972), per la quale sembra che si sia scatenata una corsa vera e propria, non da alcuna garanzia di protezione in tempo di guerra. In sintesi, credo che sia il tempo che il simbolo della protezione dei beni culturali in tempo di guerra (lo scudo bianco e blu) si cominci a vedere anche in Italia, così come accade in Svizzera, in Austria, in Germania, in Belgio, Olanda, non solo sulle “dimore storiche” su iniziativa dei proprietari, ma anche sui tanti centri monumentali di cui l’Italia è ricca, per iniziativa di Sindaci non orbati dalla demagogia ma pensosi del bene delle collettività che amministrano. VENEZIA – Santa Maria Formosa dopo la bomba del 9 agosto 1916 Oggi nei conflitti armati internazionali, specie se i combattimenti si svolgono tra Forze Armate dotate di mezzi tecnologicamente avanzati, i danni ai Beni Culturali sono relativamente modesti. La precisione delle armi (quasi chirurgica) e l’elevatissimo costo dei mezzi di offesa fanno sì che gli stessi siano rigidamente impiegati contro obiettivi “paganti” (il Bene Culturale diviene “obiettivo pagante” solo nel caso che il nemico ne faccia uso improprio, trasformandolo in obiettivo legittimo). Regole tassative per i conflitti armati non internazionali non ve ne sono; da ciò deriva la grande importanza dell’iscrizione dei grandi Beni Culturali degli Stati nel “Registro Internazionale dei Beni Culturali sotto protezione speciale” poiché in tempo di guerra si verificherebbe la sicura criminalizzazione degli autori di atti vandalici contro gli stessi. Mi preme sottolineare che anche le dimore “artistiche” costruite ai giorni nostri entrano di diritto nei Beni Culturali da preservare in caso di conflitto, purchè siano considerate architettonicamente “opere d’arte” o 3. IL PROTOCOLLO DELL’AJA DEL 1999, AGGIUNTIVO ALLA CONVENZIONE DEL 1954 A lle difficoltà di iscrizione (ed alla difficile politica ed internazionale “unanimità”) pose in qualche modo rimedio il Secondo Protocollo aggiuntivo alla Convenzione, noto come “Protocollo 10 cleari (sia pure per opere d’arte mobili) e che si pensi finalmente ai centri monumentali, che le armi siano decisamente migliorate come precisione e tecnologia e che sia enormemente rivalutato il convenzionale, non toglie nulla alla veridicità dell’affermazione. Indubbiamente il Secondo Protocollo chiarisce e da concretezza a molti punti della Convenzione del ’54, come la responsabilità penale e la competenza su quelle che sono le violazioni gravi alla Convenzione e la relativa giurisdizione, incriminazione ed estradizione ed estende la validità dei dettati ai conflitti armati non internazionali (anche se ne inficia la validità in caso di tensioni interne, di sommosse interne, come tumulti, atti isolati e sporadici di violenza ed atti analoghi). Istituisce il Comitato di Protezione dei B.C. – i 12 saggi – e rende interministeriale (articolo 24) il problema della protezione dei B.C. in guerra, togliendo anche il concetto di unanimità che aveva in pratica paralizzato la comunità internazionale, in modo particolare sulla protezione speciale. Inoltre è molto specifico sulla diffusione e sugli obblighi degli stati in tale settore. È un po’ fumoso circa gli organi con i quali il Comitato coopera (organizzazioni Governative e Non Governative Internazionali e Nazionali con finalità analoghe a quelle della Convenzione, il Comitato Internazionale dello Scudo Blu ,il Comitato Internazionale della Croce Rossa, il Centro ICCROM di Roma, ecc…). Ma desidero darvi un cenno anche sulla Società che ho l’onore di presiedere, partendo dall’Istituto che la ospita, sull’evoluzione della convenzione, sulla “Lega” Internazionale delle società Nazionali e sui suoi obbiettivi e su un progetto italiano che è stato recentemente presentato al Comandante della Scuola Sottufficiali dell’Esercito per esplorarne la fattibilità ed i costi con la Facoltà di Protezione dei B.C. di Viterbo. aggiuntivo dell’Aja del 26 marzo 1999”, che non solo poneva dei giusti limiti alla cosiddetta “necessità militare”, ma anche che istituiva la protezione rinforzata e che nel contempo dettava anche qualche norma per la protezione semplice. Esso mescola un poco la Convenzione dell’Aja del 1954, che è propria della guerra, con la Convenzione di Parigi del 1972, che è più generica e nello stesso tempo più generale e che riguarda sia i beni culturali che quelli ambientali da conservare e tramandare ai posteri. Non è che il Secondo Protocollo risolva tutti i problemi della Convenzione del ’54, ma per alcuni ne traccia le linee di soluzione. Ad esempio, la decisione di togliere l’immunità ad un bene culturale sotto protezione semplice, che poteva essere presa dal testo della Convenzione anche a livello minimo (caporale o soldato anziano), oggi (Secondo Protocollo) può essere presa a livello comandante di battaglione (corrispondente per l’Italia a reggimento): tradotto in pratica significa dal comandante di un contingente nazionale in una missione di pace. Mentre il dettato potrebbe essere adatto per un bene culturale sotto protezione speciale o rinforzata (ma questo non è detto da nessuna parte: per questi beni culturali, secondo la Convenzione, ci vuole un atto scritto di un generale di divisione o equivalente) ci sembra un livello decisamente troppo elevato per un bene sotto protezione semplice: è chiaro che un colonnello ha altro da fare e altro a cui pensare e che occorra prevedere in futuro una giusta via di mezzo per la nuova applicazione della disposizione. Un’altra critica al Secondo Protocollo, peraltro non ancora ratificato dall’Italia ma già applicato dalle sue forze di pace, per disposizione del Capo di Stato Maggiore della Difesa, è quella che esso mescola le convenzioni riguardanti i beni culturali, inserendo per motivi pratici la “Lista del Patrimonio Mondiale” (Convenzione di Parigi del 1972) nell’applicazione della Convenzione dell’Aja del 1954. Che il tutto sia fatto a fini di protezione dei beni culturali in guerra, che finalmente si tolga dalla protezione uno sterile elenco di rifugi nu- 4. L’ISTITUTO INTERNAZIONALE DI DIRITTO UMANITARIO DI SANREMO. 11 con la popolazione a curare i feriti della battaglia di Solforino e di aver contribuito con il suo best seller alla nascita della Croce Rossa nel 1874, era in realtà uno svizzero, mercante d’armi, che si trovava Solforino per vendere le efficienti armi svizzere a francesi, austriaci e piemontesi e si rese conto di essere un mercante di morte e di quale era il risultato prodotto dalle armi da fuoco. Si ravvide e scrisse il suo best seller ed ebbe il primo Nobel per la pace nel 1901. La Convenzione dell’Aja sulla protezione dei Beni Culturali del 1954, ratificata da molti stati, tra cui l’Italia, è ormai entrata nel diritto consuetudinario e, dopo le immense distruzioni dalla Seconda Guerra Mondiale, cercò di porvi rimedio. La Convenzione, che è in vigore e che è legge dello Stato, non è neppure insegnata nelle nostre università che hanno la facoltà di Protezione dei Beni Culturali, stabiliva alcuni concetti nuovi che sono di seguito riepilogati. Benchè tra i compiti istituzionali dell’Istituto vi sia anche la diffusione e lo studio delle Convenzioni Internazionali, e quindi la capacità di organizzare corsi formativi per il personale, si ritiene che la sede di Viterbo sia più centrale rispetto a Roma, ed offra la felice combinazione della coesistenza della Scuola Sottufficiali dell’Esercito e della facoltà universitaria – non sovraffollata – di Beni Culturali, presso una delle quali potrebbero tenersi i corsi di preparazione del personale militare relativi alle Forze Armate. L ’ Istituto Internazionale di Diritto Umanitario di Sanremo e la sede ufficiale della Società Italiana per la Protezione dei beni culturali (SIPBC, per saperne di più sulla SIPBC: vedi sito internet http://provincia.asti.it/comuni.moncalvo/sip bc.htm). L’Istituto si interessa essenzialmente dell’applicazione nei conflitti internazionali o interni delle Convenzioni Internazionali ratificate dagli Stati (o, se non ratificate, che facciano ormai parte nella Comunità Internazionale del così detto diritto consuetudinario). Si occupa, quindi, della diffusione in ambito internazionale delle “regole” concordate tra gli Stati relativi allo stato di guerra , e concorre alla formazione di nuove regole. Quando è nato (una trentina di anni fa), aveva una “Commissione” che trattava i beni culturali, visti sotto l’ottica delle possibili “Vittime di guerra”, che faceva a capo al Prof. Giuseppe Costantino Dragan , che era addirittura “consulente” dell’UNESCO per le regole di guerra che si fossero dettate in futuro in materia. L’istituto ha la proprietà della “Villa Nobel”, dove il grande uomo è morto, e dove si è svolto il primo corso di diritto umanitario internazionale per Ufficiali delle Forze Armate di tutto il mondo in lingua francese, da me frequentato nel ’76. Ma, ormai lo sappiamo, occorre guardare al Diritto Umanitario con occhi disincantati e soprattutto con poco fanatismo o sterile pacifismo. “Premio Nobel” per la pace o per la letteratura o per la medicina, è un premio che trae le sue origini dai forti proventi della dinamite di cui Nobel fu l’inventore. Henry Dunant, al quale si attribuisce una grande filantropia, e di aver partecipato (continua sul prossimo numero) 12 VENEZIA – Il pronao della chiesa di San Simeon piccolo colpito da una bomba il 26 febbraio 1918 NERVESA – Interno della villa Benti, già Soderini 13 Alessandro Allemano VICENDE DI CARABINIERI A MONCALVO P piano mediocremente scrivere”. Veniva fissata anche un’uniforme, piuttosto diversa da quella tradizionalmente associata all’Arma: “vestito o giustacorpo curto, tutto bottonato, di panno turchino, colletto e paramani blu-celeste”, oltre ad un cappello di foggia napoleonica non molto alto ornato di due alamari verticali,2 cravatta rossa, guanti di pelle gialla scamosciata, cinturino e bandoliera in pelle di bufala bianca, incrociati sul petto. Con Regie Patenti del 12 ottobre 1822 si preciseranno ulteriormente le prerogative del corpo: “i Carabinieri Reali sono istituiti per invigilare alla pubblica sicurezza e per assicurare nell’interno dello Stato la conservazione dell’ordine e l’esecuzione delle Leggi (...) Una vigilanza attiva, non interrotta e repressiva constituisce l’essenza del loro servizio”.3 “I Carabinieri Reali debbono stimarsi in servizio perpetuo, comandati o non comandati: in qualunque ora, luogo, situazione, compagnia, occupazione, è preciso loro dovere di esaminare le persone ed i fatti; chiedere informazioni, se occorre; insomma non mai riputarsi dispensati da quella non interrotta vigilanza che forma l’oggetto e lo scopo di quel Corpo, che sempre deve ricercare la conoscenza dei fatti e dei disegni che puonno turbare la tranquillità pubblica o privata, senza mai stancarsi d’invigilare e d’indagare”. ochi corpi militari hanno meritato nel corso dei secoli il prestigio e la popolarità dell’Arma dei Carabinieri. La diffusione capillare delle strutture periferiche di questa istituzione, l’impiego nelle più svariate situazioni di disagio e pericolo, il senso di sicurezza e protezione che implicitamente il Carabiniere provoca, sono le caratteristiche che da ben 187 anni contraddistinguono la “Benemerita”. La fondazione Tramontato l’astro napoleonico in maniera più o meno definitiva e ritornato sul trono il legittimo sovrano Vittorio Emanuele I, una delle più pressanti necessità affrontate dal restaurato governo piemontese fu il ristabilimento e la tutela dell’ordine pubblico. Alcuni alti funzionari di corte furono incaricati di studiare la costituzione di un corpo militare da adibire in particolar modo a funzioni di polizia locale. Con le Regie Patenti del 14 luglio 1814 veniva quindi approvato “lo stabilimento del Corpo de’ Carabinieri Reali” dipendente da una costituenda Direzione generale del Buon Governo. Il nuovo corpo, come si legge all’articolo 12 dell’atto, “sarà considerato nell’armata per il primo fra gli altri, dopo le Guardie nostre del Corpo”. Al successivo 9 agosto risale la determinazione sovrana che fissava l’organico del corpo1 e stabiliva le incombenze assegnate ai Carabinieri Reali, specificando, tra l’altro, che non si potevano reclutare “che li giovani di buona riputazione e si preferiranno quelli che sap- I Carabinieri Reali a Moncalvo 2 Il tipico pennacchio rosso-turchino verrà adottato solo nel 1833. 3 Le Regie Patenti del 1822 stabiliscono anche la possibilità, in più occasioni verificatasi, che in tempo di guerra una parte del corpo sia distaccata presso l’Armata, prestandovi regolare servizio in linea, oltre che svolgervi funzioni di polizia militare. 1 Il corpo, comandato da un colonnello, si componeva di 27 ufficiali e 776 tra sottufficiali e carabinieri. Primo comandante fu il colonnello conte Luigi Provana di Bussolino. 14 Se l’atto ufficiale di fondazione dell’Arma data al 13 luglio 1814, nelle settimane successive si procedette all’assegnazione delle prime stazioni territoriali nei paesi capoluogo dei più importanti mandamenti. Tra queste località prescelte per ospitare il nuovo Corpo di gendarmeria fu anche Moncalvo, che già in epoca francese aveva ospitato un distaccamento della Gendarmeria Imperiale, comandato negli ultimi anni da un certo brigadiere Baltazar. La prima uniforme dei Carabinieri (1814) Il Consiglio comunale nella sua seduta del 2 settembre 1814 esaminava una proposta in tal senso giunta dalle superiori autorità: “Successivamente avendo il signor avvocato Beccari presentato pure a’ signori congregati la lettera del 29 agosto scorso del signor Reggente l’Intendenza generale di questo Ducato, diretta a questo signor 15 Sindaco, colla quale nel trasmettere lo stesso signor Reggente la tabella ed il numero de’ Carabinieri Reali qui stazionati colle necessarie istruzioni ivi enunciate in data dei 9 agosto sottoscritto Revel, incarica questa Civica Amministrazione di dare prontamente le disposizioni necessarie per le provviste volute da dette istruzioni a farsi per l’alloggio e stazionamento ivi de’ detti Carabinieri Reali. Li predetti signori congregati udita anche la lettura di detta lettera, instruzioni e tabella, tutti pure unanimi e concordi hanno incaricato il signor Sindaco,4 ed in assenza di esso chi ne fa le veci per fare tutte le provviste sudette conferendoli ogni più ampia facoltà”. Il verbale reca le sottoscrizioni dei consiglieri avvocato Giuseppe Beccari, Francesco Sandiano, Antonio Maria Tadini, Benedetto Francesco Cassoni e Luigi Minotti e del giudice Tadini.5 Il Comune si incaricò di trovare ben presto una sede per la neocostituita Stazione, pagandone il regolare canone d’affitto. Secondo il “Calendario generale de’ Regii Stati” del 1829, la Stazione dei Carabinieri Reali di Moncalvo dipendeva dalla Divisione di Alessandria, Luogotenenza di Casale, era comandata da un Brigadiere a piedi6 ed aveva giurisdizione sul territorio di parecchi Comuni: Grazzano, Ponzano, Salabue,7 Ottiglio, Cereseto, Olivola, Sala Monferrato, Villadeati, Castelletto Merli, Odalengo Piccolo, Rinco, Scandeluzza, Tonco, Alfiano Natta, Calliano, Penango e Treville.8 Grana, Montemagno e Casorzo appartenevano al distretto della Stazione di Vignale, pure comandata da un Brigadiere. L’insediamento e la dimora a Moncalvo della nuova Arma comportò inizialmente qualche malinteso con l’Autorità civile, che nella persona del Sindaco impersonava anche l’Ufficio di Polizia. Il clamoroso arresto di Carlo Rossi Ne è riprova un curioso fatto avvenuto nel luglio 1821, quando, durante la processione della Madonna del Carmine, venne tratto in arresto durante la pubblica processione un certo Carlo Rossi, incaricato di sparare i mortaretti lungo il percorso del corteo, com’era consuetudine in quei tempi. Il Sindaco, avvocato Carlo Caroelli, provvede subito ad informare l’Autorità del fatto, con due lettere, una rivolta all’Intendente della Provincia di Casale, l’altra all’Ispettore di Polizia. Le copie di tali missive si trovano in un copialettere conservato presso l’Archivio comunale di Moncalvo: la seconda di esse è purtroppo mancante della parte finale. Come si potrà leggere, il Capo dell’amministrazione civica rimprovera i modi bruschi e poco urbani del Brigadiere che comandava la Stazione, giungendo ad insinuare una mancanza di riguardo da parte del sottufficiale verso l’autorità che il Sindaco rappresentava. A parziale discolpa del Brigadiere Malfatto va precisato che l’episodio si inserisce in un momento particolarmente difficile della vita politica del Piemonte. Il 10 marzo di quello stesso anno era scoppiata un’insurrezione filo-liberale tesa a rivendicare la Costituzione dal re Vittorio Emanuele I: quei “moti del ‘21” si erano estesi rapidamente, tanto da costringere il Sovrano sabaudo ad abdicare in favore del fratello Carlo Felice. Il reggente Carlo Alberto di Savoia Carignano aveva concesso la Costituzione, ma dopo qualche settimana le truppe legittimiste avevano avuto il sopravvento sui ribelli. Si era iniziata poi 4 Era in quegli anni Sindaco di Moncalvo l’avvocato Carlo Caroelli. 5 La presenza di un giudice conferiva alle sedute consigliari carattere di veridicità e conformità alle disposizioni vigenti. 6 Successivamente, il comando della Stazione moncalvese venne assunto da un Maresciallo d’alloggio a piedi: negli anni ‘20 del secolo XX Moncalvo diverrà sede di Tenenza, per ritornare al rango di Stazione dopo qualche tempo. 7 Salabue fu Comune autonomo fino al 1928, quando venne aggregato a Ponzano; anche Rinco venne unito a Scandeluzza nel 1915. 8 Con il passare del tempo e con la riorganizzazione dell’Arma, pressochè tutti i capoluoghi di mandamento saranno sede di Stazione dei Carabinieri e di conseguenza la giurisdizione dei Carabinieri di Moncalvo verrà molto ridimensionata. 16 notificare a V.S. Illustrissima, qual fatto si è il seguente. Celebrandosi in questo giorno nella presente Città la festa della Beata Vergine del Carmine,9 il Priore della Compagnia così detta del Carmine ha dimandato a me come incaricato della Polizia la permissione di far sbarrare li mortaretti all’occasione della processione, e tale permissione è stata verbalmente e secondo il solito accordata. Attraversava la processione questa pubblica piazza allorchè il Carlo Rossi destinato allo sbarro dei mortaretti cominciò ad eseguirlo; dopo lo sbarro di tre o quattro di essi si avventarono li Carabinieri qui stazionati in corpo unitamente al loro Commandante contro di detto Rossi, lo arrestarono ed urtandolo lo condussero in questo castello e carceri ove attualmente si trova. Un tale arresto essendo seguito mentre che si trovava su questa piazza una gran folla di popolo ha prodotto una viva sensazione ed un susurro che fece temere di qualche disordine, che però non è avvenuto. Io ignoro il motivo di detto arresto, ma da quanto il Carlo Rossi mi riferì preventivamente al di lui arresto non è altro salvo che non prestando fede all’asserzione di avere la permissione verbale dal Sindaco, amò meglio di procedere all’arresto che di verificare da me se aveva la permissione sudetta. Dopo l’arresto fece trasportare li mortaretti alla sua caserma che di lì a poco fece condurre alla Casa communale. Io stimai ben fatto per intendere la cosa di scrivere al prefato signor Commandante, invitandolo a reccarsi da me per finire la cosa secondo li reciproci diritti e l’usciere di questa Commune gli presentò la lettera lungo la strada principale di questa Città, e si rifiutò di riceverla, e rispose di portarla al di lui ufficio, soggiongendo che per allora voleva andare al passeggio. una violenta e capillare repressione da parte dell’autorità sabauda, con la costituzione di commissioni d’inchiesta e condanne alla pena capitale per coloro - in particolare ufficiali - che avevano preso parte al movimento rivoluzionario. Il 25 agosto a Torino sarebbe tra l’altro stato giustiziato anche il sottotenente dei Carabinieri Giovanni Battista Laneri (o Luneri), indicato come il principale promotore dei moti in Savoia. Va comunque detto anche che in questa occasione la fedeltà dell’ancor giovane Arma alle istituzioni legittime si era specchiatamente dimostrata: furono i Carabinieri insieme con la Brigata di Cuneo a costituire la retroguardia delle truppe che il 12 aprile ritornavano a prendere possesso di Torino dopo i torbidi. In tale clima di sospetto e tensione, anche l’Amministrazione della Polizia aveva provvisto ad emanare disposizioni particolarmente severe in materia di sicurezza e ordine pubblico. Nel “Manifesto del Regio Governo della Divisione di Alessandria”, ad esempio, si prescriveva: “Art. 23 - Non si potrà da qualunque siasi persona, senza averne prima chiesta ed ottenuta l’opportuna permissione (...): 1° Sparare, o far sparare armi, mortaletti, fusette, come pure accendere fuochi d’artifizio in occasione di feste, balli od altri divertimenti; 2° Fare alcuna serenata con numero maggiore di due stromenti; 3° Fare pubbliche maschere, o dare balli tanto pubblici, quanto privati; 4° Aprire verun teatro, ovvero dare alcun spettacolo, od altro pubblico divertimento”. Di fronte a prescrizioni simili, si capisce come davvero la precauzione non fosse mai troppa. Ecco dunque le trascrizioni delle due lettere. “Moncalvo, li 23 luglio 1821 9 La solennità della Madonna del Carmine cade in realtà il 16 luglio, ma evidentemente si era deciso di celebrarla più solennemente con la processione in giorno di domenica, appunto il 22 luglio. Oggi è occorso in questa Città un fatto che mi stimo in dovere di tosto e per espresso 17 Moncalvo, li 23 luglio 1821 Non posso a meno di notificare a V.S. Illustrissima il fatto occorso ieri in questa Città. Si è celebrata la festa della Beata Vergine del Carmine con processione, e per la detta festa si sbarrarono alcuni mortaretti secondo il solito sin qui praticato in simile occasione, previa mia verbale permissione al signor Priore della Compagnia. Questo signor Brigadiere Malfatto Comandante li Carabinieri Reali qui stazionati procedette all’arresto di Carlo Rossi bombista destinato al detto sbarro. Io ignoro li motivi per cui il signor Comandante abbia fatto eseguire quest’atto in tempo della processione e di gran concorso di popolo. Questo arresto non mancò di eccitare grande sensazione nel popolo radunato, di modo che vi fu molto susurro, che per la disgrazia e per il docile carattere di questa popolazione non ebbe alcuna triste conseguenza. Il predetto signor Comandante fece trasportare li detti mortaretti alla caserma de’ Carabinieri, che poco dopo consegnò al Palazzo di Città. Per intendere pacificamente e con buona armonia li motivi della detta arrestazione stimai con apposita lettera invitare il sovra nominato signor Comandante a recarsi da me per combinare ogni cosa; questa lettera li fu presentata dall’usciere di questo Ufficio di Polizia mentre era nella principale contrada della Città ed andava al passeggio: esso rifiutò di ricevere la detta lettera, soggiongendo all’usciere che per ora non voleva interrompere il suo passeggio e che poteva portarla al di lui Ufficio. Pare a me che il dovere di un Comandante una stazione di Carabinieri Reali sia di accettare la invitazione della Autorità in ogni tempo del giorno e di notte, ed in ogni luogo, perchè egli non deve prevedere di qual affare si tratti nella lettera che gli si presenta, potendo essere della massima urgenza e necessità. Ad ogni modo questo procedere involve poco rispetto alle Autorità locali, di modo Lo stemma araldico dell’Arma concesso nel 1935 Questa procedura del signor Commandante involve un vero disprezzo all’Autorità locale; d’altronde parmi inutile e violento l’arresto fatto seguire, perchè se avesse verificato la permissione concessa non si sarebbe devenuto al detto arresto nella persona del detto Carlo Rossi che è persona onesta e dabbene e carico di famiglia. Io riclamo dalla di Lei giustizia le opportune provvidenze, perchè la mia qualità di Sindaco ed Officiale di Polizia venghi da codesto signor Commandante rispettata e trattata colli dovuti riguardi. In comprova poi di quanto ho l’onore di esporle, Ella può prendere quelle più dettagliate informazioni che crederà del caso, e riserbandomi qualora sia d’uopo di far note a V.S. Illustrissima le qualità di alcuni individui componenti questa Brigata di Carabinieri ho l’onore di dirmi col più distinto rispetto. P. S. Stimo bene di trasmettere a V.S. Illustrissima la lettera stessa che fu rifiutata da questo signor Commandante affinchè Ella possa comprendere li termini civili e politi usati verso del medesimo all’oggetto di mantenere la buona armonia”. “Al Signor Ispettore di Polizia 18 che nell’atto che gli notifico l’occorrente io ne debbo riclamare una condegna soddisfazione. Che se il motivo dell’arresto del Carlo Rossi fosse perchè non era munito di permissione in iscritto per il sudetto sbarro de’ mortaretti, oltre che questo modula non si è mai praticata in simili occasioni, poteva col mezzo d’un Carabiniere verificare la verità della verbale permissione. Intanto amò meglio di procedere a questo clamoroso arresto in una persona onesta e dabbene e carica di famiglia assai bisognosa e che si vede sprovvista del giornaliero sostentamento del loro padre, che vive alla giornata, essendo attualmente ditenuto in questo castello. Il modo rustico poi, e minacciante, con cui alcuni de’ Carabinieri di questa Stazione trattano gli abitanti di questa popolazione mi fa con fondamento temere che un giorno o l’altro possa accadere qualche sconcerto. Io non manco di persuadere i miei amministrati il dovuto rispetto all’Arma de’ Carabinieri, ma purtroppo prevedo che se questi non sono contenuti nel loro dovere, l’affare non andrà sempre pacifico ...” Lo stemma araldico dell’Arma attualmente in uso Al 1849 risale un episodio molto significativo, che esprime la riconoscenza della cittadinanza nella sua espressione più rappresentativa per il comportamento eroico dei Carabinieri durante un servizio di repressione della malavita. Ne fa fede un verbale di Giunta - allora detta Consiglio delegato -, datato 12 settembre 1849, intitolato “Deliberazione del Consiglio delegato di Moncalvo in attestato onorevole all’Arma dei Carabinieri di questa Stazione”, che riproduco integralmente. Un solenne encomio L’episodio del “bombista” Rossi arrestato senza troppe cortesie dal brigadiere Malfatto dovette essere, evidentemente, un caso isolato. La convivenza tra Carabinieri Reali e popolazione moncalvese, stando almeno alla documentazione d’archivio, non segnò altri momenti di crisi; anzi, l’azione di vigilanza dei militari concorse alla salvaguardia della sicurezza pubblica. “Spontaneamente radunatosi il Consiglio delegato di questa Città nella solita sala delle adunanze consolari sotto la presidenza del signor Sindaco professore Alberto Minoglio. Premette essere cosa notorissima in questo luogo che nella sera del giorno 26 luglio ultimo scorso verso le undici ore giunsero qui i signori Diego Bollo e Giuseppe Bollo di Cerrina appositamente accorsi per dare avviso ai signori Carabinieri e Guardia Nazionale10 che per questa volta e nella 10 La Guardia Nazionale, o Milizia comunale, istituita contemporaneamente alla concessione dello Statuto (4 marzo 1848), era un corpo di milizia popolare, “composto di cittadini d’una nazione atti alle armi, reclutato per mantenere l’ordine pubblico e difendere le pubbliche libertà” (v. “Enciclopedia Italiana”, ad vocem), con compiti di sorveglianza 19 venir meno i suoi sforzi, fu costretto a gridare aiuto e soccorso. A queste grida i signori maresciallo e sottobrigadiere che erano tosto alle prese coll’altro, dovettero ritornare frettolosi sui loro passi e nel mentre si volsero indietro, quello sparò pure un colpo contro di essi che per buona ventura andò parimenti in fallo. Il signor sottobrigadiere arrivato il primo in soccorso del compagno tentò di fermare l’aggressore, ma perduta scorgendo ogni fatica e d’altra parte correndo gran pericolo la vita del compagno, gli menò sul capo col calcio del fucile un colpo e stramazzatolo a terra lo fermava. Intanto i primi due signori carabinieri ivi prontamente accorsi, eransi uniti molti militi di questa Guardia Nazionale, avvisati dai colpi, che gli altri avevano raggiunto i ladri e si stavano impegnati in lotta coi medesimi, precipitosamente corsero colà, ma vi giunsero col rammarico di non potervi prendere parte attiva. Imperciochè gli altri ladri col favore delle tenebre eransi nascosti nelle circostanti campagne abbandonando sullo stradale il carrettone che fu fermato da certo Francesco Rossi di questo luogo nel punto che i signori carabinieri arrestavano il ladro aggressore. Con questo però non è da passarsi senza lode l’energia, l’attività e la buona loro intenzione di prestar la mano in tale emergente. Questo fatto trovò un’eco universale di giusta approvazione ed i cittadini di Moncalvo bramano di dare ai signori Carabinieri una ben espressa testimonianza della loro riconoscenza pel gran coraggio da essi spiegato e principalmente perchè il modo con cui si comportarono loro è di sicuro pegno che il bene pubblico forma il principale scopo di essi e che così adoperando, loro assicureranno quella preziosa tranquillità la quale da qualche tempo pei molti vagabondi è pur troppo gravemente compromessa. Quindi per organo del deliberante Consiglio, questi cittadini nello attestare la loro riconoscenza ai signori Carabinieri pella maniera lodevole con cui disimpegnano il servizio, rassegnano alla S.V. Illustrissima strada di traversa che dallo stradone di Casale mette a quello di Asti transitava un carrettiere carico di merci derubate in Chivasso nella notte precedente a danno di certo Giuseppe Zucca mediante rottura della costui bottega, trovandosi di scorta al medesimo cinque o sei individui con una donna, tutti provvisti d’arma da fuoco siccome loro era occorso di vedere nel passaggio che fecero i predetti sullo stradale di Cerrina. I signori Carabinieri non appena ciò inteso, con prontezza da non potersi desiderare maggiore, vestiti della loro arma volarono sulla traccia dei ladri. I signori Domanda e Saracco furono dal signor maresciallo Dantone appostati nel sito dove fa capo la suddetta strada ed egli coi signori sottobrigadiere Rosso e carabiniere Alpe studiando il passo lunghesso lo stradone d’Asti guadagnavano cammino, e come poi furono certi dallo scroscio del carrettone che erano sulla buona traccia si misero a correre a tutta possa per raggiungerlo, e fatto buon tratto di via s’imbatterono in due individui, posti l’uno a destra e l’altro a sinistra dello stradone. Il primo sparò tosto un colpo di pistola contro il carabiniere Alpe che gli era vicino, il secondo si diede alla fuga e venne inseguito dal signor maresciallo e sottobrigadiere. Il carabiniere Alpe per nulla sbigottito da quel colpo, avventossi tosto coraggiosamente contro il malandrino che erasi pur dato alla fuga, ma nel mentre lo raggiungeva ricevette egli tale un colpo colla pistola sul capo che glielo spaccò e per poco fu a lasciarci la vita; tuttavia afferrollo strettamente e non lo lasciava fuggire, però per la spossatezza causatagli dal lungo correre e dal sangue che in gran copia grondava dalla sua ferita e pella non comune robustezza dell’assalitore veggendo locale ed ausiliario delle forze dell’ordine costituite. Si potrebbe dire, con molta cautela, che svolgeva le funzioni di “protezione civile” dell’epoca. Moncalvo ne ospitava un battaglione mandamentale, con proprio regolare organico ed armamento. La Guardia divenne progressivamente sempre meno operativa, fino ad essere sciolta negli anni ’70 del secolo XIX. 20 il presente verbale con calda preghiera di volerlo coll’efficace di Lei interessamento appoggiare all’Autorità Superiore acciò i signori Carabinieri ne siano giustamente rimeritati ed il signor Alpe in particolare, rendendo eziandio nota la superiore provvidenza a maggior incitamento dei medesimi. La presente verrà rassegnata al signor Intendente della Provincia per l’effetto di cui sopra”. Il verbale si chiude con le firme del Sindaco, dei Vicesindaci Ambrogio Malaterra e Felice Rafferi e dei Consiglieri delegati Bartolomeo Ferraris11 e Giuseppe Groppo, oltre che del Segretario comunale, notaio Lucio Crivelli. La granata a fiamma sfuggente, fregio inconfondibile dei Carabinieri dal 1833 (il monogramma “RI” significa “Repubblica Italiana”) Non ci è dato di sapere se a quei Carabinieri sia stato concesso qualche speciale riconoscimento per il loro intervento, ma io credo che bastino le parole del verbale per indicare lo spirito di sacrificio e l’abnegazione che da quasi due secoli sono divisa fulgidissima dell’Arma, accompagnando i soldati dagli alamari d’argento nei mille e mille paesi d’Italia in cui rappresentano la Legge e su tutti i campi di battaglia, dalle guerre risorgimentali alle moderne missioni di pace. 11 Cospicuo possidente originario di Trino Vercellese, fu tra l’altro padre del professor Carlo Francesco Ferraris, docente universitario, uomo politico, ministro, senatore del Regno (1850 - 1924). 21 BIBLIOGRAFIA AA. VV. “Carabinieri”, Istituto del Nastro Azzurro tra decorati al V.M., Roma; 1955 Giorgio MAIOCCHI “Carabinieri. Due secoli di storia italiana” (4 volumi), Compagnia Generale Editoriale, Milano; 1980 Gianni OLIVA “Storia dei carabinieri. Immagine e autorappresentazione dell’Arma (1814 1992)”, Leonardo, Milano; 1992 Rutilio SERMONTI “I Carabinieri nella Storia d’Italia” (2 volumi), Centro Editoriale Nazionale, Roma; 1984 “La morte del carabiniere Scapaccino” di Francesco Gonin (1844). Giovanni Battista Scapaccino, nativo di Incisa (AT), venne ucciso a Les Echelles (Savoia) il 3 febbraio 1834 nel corso di una tentata insurrezione mazziniana. Alla sua memoria venne assegnata la prima Medaglia d’oro al Valor militare dell’Esercito sardo 22 Antonio Barbato UN’ANTICA MISURAZIONE DELLA “FRACCHIA” DI MONCALVO signor Giovanni Pietro Testa, t. 1 p. 27 Antonio Bovero, p. 54 signor Fabio Carovello, p. 69 Vincenzo Tibaldero, p. 66 vedova Razzana, t. 2 p. 45 signor Paulo Fuoco, t. 3 p. 28 le Monache di Sant’Orsola, t. 3 p. 9 signor Conte Quartero, t. 4 p 54 Q uesta è la trascrizione di un verbale di misurazione di quella che è forse la più tipica tra le vie di Moncalvo, la “Fracia” o “Fracchia”, ufficialmente Via XX Settembre. Il documento originale è conservato nell’Archivio storico del Comune come parte di una filza che reca in copertina la dicitura “Varie scritture e memorie antiche racolte [sic!] in un brogliazzo”. Per una migliore comprensione del testo in cui compaiono le antiche unità di misura lineare, il trabucco equivaleva a circa tre metri ed il piede a circa 50 centimetri. totale trabucchi 55 piedi 3 Verso Levante signor medico Cafasso, t. 6 p. 58 vedova Rosmina, t. 1 p. 10 fratelli Bassi, t. 1 p. 70 Diego Zanello, t. 2 p. 34 Padre Angelo Maria Pozzo, t. 2 p. 46 la Compagnia di Sant’Antonio, t. 1 p. 34 Giovanni Battista Razzano, t. 2 Oratio Tibaldero, t. 2 p. 18 Signor Carlo Francesco Benzo, t. 1 p. 39 la Compagnia di San Giovanni Battista, t. 1 p. 59 signor Gioanino Chiesa, t. 1 p. 4 fratelli Siberti, t. 1 Carlo Antonio Corona, t. 1 p. 43 Giovanni Battista Cissello, t. 1 p. 33 Giovannino Vocato, t. 1 p. 9 signor Abbate Cerruto, t. 1 signor Jona Clava, t. 2 p. 54 signora Maddalena Scariona, t. 1 p. 30 Giovanni Battista Bellevilla, t. 2 p. 78 Vincenzo Tibaldero, t. 1 p. 69 Florio Foa, t. 3 p. 18 Lodovico Mellana, t. 1 p. 54 H. H. Scatia, t. 3 p. 9 signor medico Cafasso, t. 3 p. 72 1711, 22 dicembre in Moncalvo. Misura fatta della Contrada della Fracchia da Pietro Giuseppe Tua Capo Mastro d’ordine dell’Illustrissimo Maestrato Reggio di questo Stato con assistenza dell’Illustrissimo Signor Tenente Governatore Enrico dalla Sala, del Signor Antonio Gaetano Palma Console et me infrascritto segretaro. Verso mezzo giorno signor Lodovico Damiano, trabucchi 3 Oratio Varale, trabucchi 5 Giovanni Cissello, trabucchi 3 piedi 66 signori fratelli Rivetta, t. 2 p. 69 Carlo Antonio Corona, p. 24 Diego Zanello, t. 2 p. 33 fratelli Ventura, t. 1 p. 3 Antonio Bozzolo, t. 1 p. 38 Giuseppe Fiarello, t. 2 p. 44 la Chiesa di Sant’Antonio, t. 5 p. 35 signora Margarita Sala, t. 2 p. 46 signor Pievano Cafasso, t. 2 p. 24 signor Jona Clava, t. 1 p. 54 vedova Diana Sacerdote, t. 1 p. 33 totale trabucchi 51 piedi 31 Fatta la visita et misura dal detto capo mastro Tua, ha giudicato che per meglio lastricare la detta strada della Fracchia è necessario abbassarla da l’una et l’altra parte, cioè dalla casa di Giovanni Battista Belle- signor Tenente Chiesa, t. 2 23 presente Città, da prendersi quelle in vicinanza di Pondestura come di magior … et utile del publico non ostante l’ordine verbale con precetto penale già datto a detti signori Consoli et esposto in pubblico Conseglio da essi come per il convocato delli 12 … … … ... delle pene in quello portate si manda eseguire detto nostro precetto e questo … ... … di eseguire detto riparto. Moncalvo li 16 maggio 1712 [firma] villa sino a quella di Giovanni Battista Cissello che si trova di longhezza trabucchi 13 e di larghezza piedi 11, e si deve abbassare un piedi circa d’altezza et dalla casa del detto Cissello sino a quella di Diego Zanello che si trova di longhezza trabucchi 16 e di larghezza piedi 15, si deve alzare un piede e mezzo circa et per meglio unir detta strada et che il lastricato possi sussistere bisogna far li cordoni di pietra grossa al traverso distanti l’uno dall’altro piedi dodeci, così la strada resterà commoda per qualsivoglia sorte di carri o sedie, dovendo esser la strada eguale da una parte e l’altra, restando più profonda in mezzo col canale largo un piede, acciò la strada possi ricevere tutta l’aqua, e fatto il calcolo per la quantità di sassi e sabbia più detto lastricato si è trovato che per cadun trabucco possi andare di gionta, some 40 di sassi et 40 di sabbia che è quattro grossi caduna soma tanto dell’uno che dell’altro costarà per cadun trabucco oltre la maestria grossi 26: 6: mediante si prendino li sassi nel Fosso del Castello et la sabbia a Montiardo, in quanto alle pietre per fare la cordonata si prenderanno quelle che di presente si trovano da una parte e l’altra giudicate dal sodetto capo mastro sufficienti, havendo fatta tal visita unito a mastro Domenico Berretta et mastro Battista dall’Ara di questa medesima Città che hanno informato il sodetto capo mastro Tua tanto per le condotte che per tutto il resto. Francesco Testa Attilio Bozzo S.T. Il Meastrato di Sua Altezza Serenissima dal Ducato di Monferrato Volendo Noi che quanto prima sia dato principio all’accomodamento della Strada detta della Frachia di cotesta Città. Quale non può seguire che prima non sia condotta sul luogo la giara e sia sabbia che resta necessaria a tal opera da impartirsi sul generale con l’eccettuatione di quegli che tengano case al longo di detta contrada quali devono proportionamente all’estensione della casa pagare il maestro che intraprenderà l’assonto d’esso accomodamento, in virtù delle presenti ordiniamo di dover nel termine d’otto giorni immediatamente seguenti doppo l’intimatione di queste far seguire il riparto de detta condotta di sabia et obligare li tassati ad eseguirla per godere massime il benefitio della staggione che non pressa le facende della campagna, sotto pena in caso di disubidienza che s’ispedirà … … soggetto a darvi esecutione a spese di chi haverà transgredito. Casale li 22 febbraio 1712 Alli signori Consoli et Agenti della Città di Moncalvo Alb… Picco Pastrone … Presidente Luogo del sigillo. Sottoscritto Barbothus 1712, 8 aprile La longhezza della strada della Frachia secondo la misura fatta in tutto è di trabucchi n° 107, per quali abbisognano in tutto somme di pietre n° 428 et altrettante somme di sabbia, che regolate confermo alla peritia di maestro Giuseppe Pietro Tua a Carlo Vittorio … dottore d’ambo le leggi, consigliere del serenissimo Principe di Carignano, Giudice del Castello d’Ovilio e della Città di Moncalvo Giudice e deputato dell’Illustrissimo Reggio Maestrato. Si ordina e commanda alli signori Consoli Crivelli e Fresia della Città di Moncalvo in seguito agli ordini che leviamo dell’Illustrissimo Reggio Maestrato della Città di Casale in datta degli 11 corrente sottoscritti Picco Pastrone di dovere ri’partire le condotte necessarie già state giudicate … … sovra il registro universale per la tradutione delle pietre per la construtione della strada della della Frachia della 24 grossi quattro caduna fanno in tutto la somma di grossi 2835: 6 Quali repartiti sopra fumanti n. 200 esclusi quelli che tengono casa in detta contrada, tocca per cadun fumante grossi 14: 9: sopravanzandomi grossi 30: 6: per comodo delle chiese o dei miserabili Ecco come appare la “Fracia” a metà del suo sviluppo, di fronte al palazzo già della famiglia Montanari. L’illustratore di questo momento invernale non poteva essere che l’ineguagliabile Mario Pavese 25 Paolo Cavallo ALLA SCOPERTA DEI FONDI MUSICALI NEL MONFERRATO MONCALVESE Il nostro Collaboratore presenta in questo articolo un panorama come sempre assai interessante e pressochè inedito dei fondi musicali reperiti nel corso di pazienti e laboriose ricerche estive negli archivi delle parrocchie monferrine ed in biblioteca. Questo lavoro è meritevole di molta attenzione da parte degli studiosi e delle istituzioni, che non dovrebbero perdere l’occasione per rivalutare un patrimonio culturale quanto mai ricco e misconosciuto. te di pubblica utilità: il conteggio, lo spoglio e lo studio di quegli antichi e polverosi (quando abbiano la ventura di esistere ancora) testi musicali, liturgici e non, stati utilizzati attraverso i secoli per l’officiatura delle chiese parrocchiali o per la devozione popolare nelle confraternite del Monferrato moncalvese.2 Ciò al fine di svelare i fattori umani e/o sociali che furono a monte dei loro acquisti (e vedremo, quando tale atto era coscientemente deliberato, quale propositiva osmosi si verificasse, tanto in epoca moderna che in epoca contemporanea, tra la pratica corale e l’erezione degli organi a canne), delle loro dismissioni (quelle, ad esempio, dei manoscritti o dei libretti a stampa funzionali alla coesione cultuale e interpersonale di compagnie e confraternite locali decadute o ridotte ai minimi termini) o delle loro risolute (quanto talora casuali) distruzioni: i bisogni culturali insomma dei gruppi demici o dei centri di pensiero rurali più e meglio connotati di tratti fisionomici propri.3 Perché, crediamo, ogni atto di cultura rappresenta un pudico –quanto attendibile- esame di coscienza di quella parte di umanità civile che lo compie con libera volontarietà. Come traspare dalle precedenti umanistiche dichiarazioni d’intenti, in questo saggio non effettueremo la minuta scheda- I l lungo girovagare per archivi comunali e parrocchiali del Monferrato moncalvese alla ricerca di notizie utili alla compilazione di una sintesi degli eventi organistici ed organari di questo territorio1 sta iniziando a dare i suoi primi succosi frutti. Frutti, invero, dai germogli assai faticosi ma - è ormai possibile affermarlo - quanto mai forieri di originali e molteplici possibilità di approfondimento euristico, talvolta esulanti dagli intenti storiografici dichiarati alla vigilia. L’emergenza di una di queste, quella dei fondi di musica a stampa e manoscritta, è il motivo che ci spinge ad abbandonare momentaneamente canne, somieri e crivelli nonché i loro seriori utilizzatori e ad affrontare un argomento forse non così di comune dominio ma, riteniamo, egualmen- 2 Il lettore potrà notare la mancanza di notizie riguardo tre importanti comuni limitrofi a Moncalvo: Penango, Grazzano Badoglio e Casorzo. Lo avverto che questa è una pecca obbligata dai seguenti motivi: nel primo caso dall’assoluta mancanza di documenti musicali in loco (“viventi” e documentati), nel secondo dalla non possibile consultazione dell’archivio parrocchiale e nel terzo dall’inagibilità della chiesa e della casa parrocchiali a seguito del sisma del 21 agosto 2000. 3 Linea di ricerca già proposta, per il campo artistico, dal recente volume di A. TORRE (a cura di), Confraternite. Archivi, edifici, arredi, nell’Astigiano dal XVII al XX secolo, Asti 1999. 1 Ricerca promossa e facilitata da un grande numero di persone, che intendiamo ringraziare in ordine alfabetico: il prof. Alessandro Allemano e il dott. Antonio Barbato, presidente e direttore della biblioteca civica “F. Montanari” di Moncalvo, i signori Leonardo Barioglio e Vanda Bonelli di Alfiano Natta, la signorina Stefania Dorato di Cardona, il prevosto di Moncalvo don Angelo Francia, il diacono di Grana Franco Gaudenzi, la signora Ondina Lachello di Villadeati, il signor Franco Scaiola di Moncalvo, il parroco di Sanico don Dorino Tappa, il parroco di Odalengo Piccolo don Domenico Tersoglio, il parroco di Calliano don Luigi Venesia. 26 per oltre un ventennio, dal 1930 sino al 1952, anno della sua morte)5, esso venne trasferito ai locali della biblioteca soltanto nel 1982, per munifica volontà dell’ente religioso che ne era - e ne è ancora - proprietario.6 Per ragioni di ordine interno al censimento, iniziamo con la descrizione fisica della parte che trova alloggio presso la biblioteca civica. Essa si presenta collocata in un armadio in ferro a due battenti e suddivisa in totali 46 faldoni, ognuno dei quali provvisto sul dorso dell’indicazione della tipologia repertoriale contenuta.7 In totale, dopo il conteggio effettuato dallo scrivente nei mesi di luglio ed agosto 2000, tura archivistica di un materiale numericamente così ingente (cosa che, tra l’altro, non sarebbe né perspicua né funzionale all’interno di questo scritto): limiteremo anzi allo stretto necessario le catalogazioni puramente numeriche4 per concentrarci sulla fisionomia dei singoli fondi, descriverne la consistenza oggettiva e tratteggiare quanto si conosce della loro genesi, del loro sviluppo e della loro dinamica interna. Tenteremo quindi in un paragrafo conclusivo (ma solo laddove ne sussistano le condizioni obiettive) l’istituzione di interrelazioni di tipo personalistico, infrastrutturale e/o geografico fra i diversi corpus reperiti. E chissà che questo sommario inventario, condotto attraverso i paesi più prossimi a Moncalvo, non favorisca le loro riscoperta fisica e valorizzazione culturale… 5 L’attività pastorale di questo sacerdote è lumeggiata nel testo di C. CAMANDONE, Uomo di fuoco, Cerrina 1984. Cfr. anche, per il suo precedente soggiorno moncalvese degli anni ‘20, in qualità di parroco della chiesa della frazione di S. Maria, A. ALLEMANO, Come da memorie antiche. Cronache e storie del cantone di Santa Maria, Santa Maria di Moncalvo 1998, pp. 267 ss. 6 Il quale, previo inventario compilato dal M° .Marino Merlo, venne concesso in prestito temporaneo (ma senza vincoli di scadenza) alla Biblioteca “Franco Montanari” dall’istituto parrocchiale: cfr. il testo della convenzione reperibile nella Biblioteca civica “Franco Montanari” di Moncalvo, Fondo Don Bolla, Parrocchia di S. Antonio da PadovaBiblioteca Centro Civico “Gen. Montanari”, Dichiarazione per la biblioteca musicale “Mons. G. Bolla”, 1 settembre 1982, ed anche [A. ALLEMANO] Il fondo musicale “Monsignor Giuseppe Bolla” nella biblioteca civica di Moncalvo, in “Pagine Moncalvesi”, IV, 6 (1999), pp. 41-42. 7 Pur sapendo l’aridità di tale elencazione, per completezza d’informazione indichiamo le 46 tipologie repertoriali reperibili presso il fondo “Bolla” della biblioteca civica di Moncalvo: Organo, Palestrina, Pianoforte, Mottetti 1 v., Mottetti 4 v., Tantum Ergo, Cori a 1 e 2 vv., Cori a 4 v., Oratori, Mottetti 4 v., Messe a 3 v. disp., Messe funebri, Lodi litanie, Romanze, Gregoriano, Mottetti 2 v., Salmi Inni Magnificat, Settimana Santa, Mottetti vari 1° vol., Lodi litanie, Benedictus Salmi Inni, Oratori, Musica pianistica, Musica d’organo, Lodi varie, Mottetti 3 v. disp., Mottetti 4 v. disp., Mottetti 3 v. p., Canti natale, Cori d’opera, Mottetti vari, Mottetti 5 v., Cori 4 v. disp., Gregoriano, Messe Pontificali, Inni polifonici, Mottetti 4 v. p., Cori 4 v. disp., Messe 4 v. disp., Cori 3v. disp 3 v. p., Messe a 2 v. e a 3v. p., Messe a 3 v. disp., Canti popolari, Messe funebri, Canti per le messe italiane, Miscellanea. 1) MONCALVO. IL FONDO “MONSIGNOR BOLLA”. Il fondo musicale di maggiore importanza dell’intero territorio moncalvese, per numero di composizioni contenute e stratificazione di apporti bibliografici, è senza dubbio quello intitolato al nome di Monsignor Giuseppe Bolla. Esso, a tutt’ora, si presenta diviso in due tronconi: il primo - che rappresenta la sezione numericamente più cospicua - allocato presso la Biblioteca civica “Franco Montanari” di Moncalvo, il secondo composto di una parte molto più esigua di documenti musicali - ancor custodito presso l’archivio parrocchiale della cittadina aleramica. I motivi di quest’ancipite conservazione sono legati alla funzione ed alla natura di tal fondo: sorto originariamente ad uso e comodità delle attività musicali gravitanti entro ed intorno la casa parrocchiale di Moncalvo (luogo in cui, da parroco, il suo costitutore Giuseppe Bolla aveva dimorato 4 Compito cui provvede, dall’autunno 1999, uno specifico progetto sovvenzionato della Regione Piemonte e gestito dall’Istituto per i Beni Musicali in Piemonte. 27 la consistenza secondo le modalità espositive sopra utilizzate. Il totale delle composizioni costì reperite (alcune racchiuse in faldoni, altre sciolte e senza indicazione d’appartenenza) ammonta a 300, 270 delle quali sono riconducibili all’ambito temporale del XX secolo, 30 a quello del XIX secolo. Eccettuata 1 partitura dubbia (conteggiata come manoscritto di tardo ‘800, ma che sospettiamo però essere copia di una stampa coeva), tutte le surriferite 270 composizioni novecentesche sono a stampa, così come 27 brani ottocenteschi, e prevedono un organico vocale o vocale-strumentale. Completano il fondo: 1 importante volume di formato in 4° settecentesco (dotato di tre ex libris che lo indicano essere stato di proprietà dapprima del convento cappuccino di S. Bernardino in Ivrea, indi di un certo F. Cavigiolo ed infine di un non meglio noto don Carlo Fossati),9 1 manoscritto liturgico del XIX secolo (probabilmente della compagnia del SS.mo Sacramento di Moncalvo),10 30 numeri di riviste musicali del periodo ceciliano11 e 5 dischi a 45 giri. i faldoni di cui sopra includono 1829 composizioni.8 Che, a volerle particolareggiare numericamente secondo le rispettive epoche storiche di composizione, supporto cartaceo di trasmissione e destinazioni esecutive, possono essere suddivise in tre ulteriori sottoinsiemi. Nel primo, i 1829 singoli brani di musica verranno classificati sulla scorta di un semplice criterio temporale: ed in base a ciò rileveremo 1781 composizioni risalenti al XX secolo e 48 al XIX. Nel secondo, la periodizzazione poc’anzi ottenuta verrà applicata a distinguere le composizioni edite dalle composizioni manoscritte: così che avremo 1761 edizioni a stampa del XX secolo e 47 del XIX secolo, nonché, per quanto concerne i manoscritti, 20 vergati nel XX secolo – fra cui (nel faldone “Lodi litanie”) una lirica per voce e pianoforte di Licinio Réfice intitolata Invocazione al Sacro Cuore di Gesù- e 1 nel XIX secolo. Il terzo ed ultimo sottoinsieme, che separerà le composizioni esclusivamente strumentali da quelle vocali e vocalistrumentali, ci indicherà 233 partiture ascrivibili alla prima casistica e 1596 alla seconda. Questi dati andranno ancora contornati da due piccole appendici di carattere bibliografico e discografico: la prima recante 10 testi di vario contenuto (saggi storico musicali, trattati, sussidi scolastici), la seconda comprensiva di 158 dischi di sussidio ad un’enciclopedia musicale in 9 volumi, 120 dischi a 33 giri contenenti incisioni di musica colta e 25 a 45 giri contenenti incisioni di musica leggera e popolare. Nel passare alla seconda sezione del fondo “Mons. Bolla”, quella ubicata presso l’archivio parrocchiale di Moncalvo (da noi visitato nel mese di ottobre 2000), avvertiamo il lettore che ne schematizzeremo 9 P. ILLUMINATO [CANE] DA TORINO, Canto ecclesiastico facile della Settimana Santa […] per uso, e commodo di tutti gli Ecclesiastici sì Secolari, che Regolari, Venezia, Giacomo Tommasini, 1729. Ulteriori notizie sul contenuto del testo e sul suo autore in N. GALLINO, Per honor della sua Collegiata. Musica e spazio urbano: Rivoli, XIV-XX secolo, Torino 1995 [Il Gridelino, 16], pp. 133-134. Segnalo inoltre che, di questo volume, esistono in Piemonte altre tre copie: due nel fondo I-T, Bibl. Prov. Francescana Torino, Santuario di S. Antonio da Padova, una nel fondo privato I-T, Giorgio Fanan (ibidem, p. 134). 10 Testo contenente: Introitus de SS. Sacramento (s. i. c.), In decollatione S. Ioannis Baptistae (s. i. c.), In Nativitate S. Ioannis Baptistae Introitus (c. 4 [ma c. 17]), In festo S. Petri in vincula Introitus (c. 21), Ad Magnificat Antiphona (c. 25), In Nativitate S. Ioannis Baptistae ad vesperas Antiphona (c. 30), In litaniis majoribus (c. 33), Hymnus [giunta posteriore s. i. c.], Missa sexti toni (c. 37). 11 La melopea educativa (24 numeri compresi nel lasso temporale 1926-1934), L’Accademia musicale (i nn. 7 e 8 del 1941) e La Schola cantorum (i 4 nn. del 1929). 8 Ricordiamo che lo spazio occupato dal fondo è così ampio in quanto sovente, di una composizione, abbiamo reperito più parti identiche o staccate (queste ultime proprie di un singolo esecutore o delle particolari sezioni vocali di una massa corale). 28 La corale maschile di don Bolla (1935) Capra,1 e financo degli organisti titolari della chiesa moncalvese di San Francesco, Pietro Sampietro2 e Marino Merlo, dal 1963 organista alla cattedrale di Casale Monferrato3). Limitandoci alle informazioni promesse da un inerte censimento statistico, le risultanze esposte potrebbero dirsi più che bastevoli. Gli aspetti che attendono un approfondimento sono invece ancora molti. Anzitutto le persone ed i criteri che, con i rispettivi contributi repertoriali, sovrintesero alla costituzione di un fondo musicale che lo spoglio compiuto ha indicato essere altamente stratificato e polimorfo (composto com’è dagli apporti delle biblioteche personali, in primis, di Mons. Giuseppe Bolla, ardente ceciliano sin dai tempi del suo pristino mandato di vice-parroco a Brusasco, in seguito allievo del Pontificio Istituto di Musica Sacra di Roma nonché sodale di molti compositori suoi contemporanei – fra cui i plurirappresentati, nel fondo che porta il suo nome, Roberto Rosso O. F. M., Giovanni Pigani, Enrico Piglia e Giacinto Burroni O. F. M. –, del suo successore don Giovanni Finazzi, di don Ippolito Rostagno, musicologo, vice parroco di Moncalvo fra il quarto ed il quinto decennio del ‘900, già compilatore del manuale Il parrocchiano cantore e direttore del periodico “Santa Cecilia”, che si stampò a Torino sino al 1933 per i tipi di Marcello 1 Mansione pubblicistica che implicava quella critica di recensore. Plurime sono così, nel fondo “Bolla”, le copie omaggio di trascrizioni e revisioni italiane e tedesche di musica polifonica antica: siano esempi di ciò, oltre alle edizioni di Lasso, Anerio, Victoria, i volumi dell’opera omnia di Giovanni Pierluigi da Palestrina curati, rispettivamente, da Franz Xaver Haberl e da Raffaele Casimiri. Ulteriori notizie sul nostro sono nel Dizionario Enciclopedico Universale Musica e Musicisti [D.E.U.M.M.], Le biografie, VI, Torino 1983-1990, p. 467 e, quanto all’aspetto del suo soggiorno moncalvese, in A. ALLEMANO, Come da memorie antiche cit., p. 291. 2 Titolare dell’organo Serassi-Barchietti-Mentasti fra il 1902 e il 1913, direttore e redattore unico della rivista musicale, edita a Torino presso Leandro Chenna ma con sede operativa a Moncalvo, “L’organista moderno” (sorta nel 1907 e pubblicata, stando ai numeri contenuti nel faldone “Musica d’organo” del fondo “Bolla”, perlomeno sino al settembre 1908): cfr. anche M. DALL’ARA, Editori di musica a Torino e in Piemonte, Torino 1999 [Il Gridelino, 21], I, p. 137, e, per un sunto biografico del nostro, G. BERUTTO, Musicisti in Piemonte 1800-1984, Torino 1984, p. 213. 3 Vd. [A. ALLEMANO] Il fondo musicale “Monsignor Giuseppe Bolla” cit., pp. 41-42 e ss. Ricordo che l’istituzione culturale moncalvese è venuta anche in possesso, alla sua morte, del fondo musicale personale del M.° Merlo. 29 per inciso il lied di Réfice, segnaliamo un mottetto e una fuga a 4 voci di Giuseppe Guaschino da Grazzano Badoglio7 (rispettivamente allogati nei volumi “Mottetti 4v.” e Cori 4 v. d.”), un mottetto a 5 voci from Cleveland autografato dall’emigrato casorzese don Clovis8 (nel faldone “Mottetti 5 v.”) e diverse composizioni autografe di Marino Merlo, talora su versi del maestro granese Abele Truffa (nei faldoni “Lodi litanie”, “Salmi Inni Magnificat”, “Canti Natale” e “Canti popolari”). Come si vede, più che un’esegesi, la nostra ha voluto essere un’introduzione ad un fondo negletto sino a non molto tempo fa: per estendere la conoscenza del quale - e favorirne, di conseguenza, la consultazione - sarà auspicabile, in futuro, la completa schedatura del suo contenuto e l’immissione dello stesso nel data-base del Sistema Bibliotecario Nazionale Musica (SBN Musica). Indi la descrizione dei pezzi più pregiati della collezione: senza dubbio, su tutti, l’antologia curata dal cardinale romano Pietro Alfieri4 (che si trova nel faldone “Mottetti vari 1° vol.”) Excerpta ex celebrioribus de musica viris / Jo. Petro Praenestino / Thoma Ludovico a Victoria / et/ Gregorio Allegrio Romano / in usum cathedralium et collegialium ecclesiarum / concinenda / in dominica palmarum / et majori ebdomada […],5 posseduta in edizione originale, in buono stato di conservazione; la raccolta didattica s. d. (ma stampata nella seconda metà del XIX secolo) di Giuseppe Concone dal titolo Scuola melodica per pianoforte (nel faldone “Pianoforte”); l’edizione ottocentesca, per i tipi della rivista “Musica sacra” (post 1877), dei Salmi di Benedetto Marcello (faldone “Oratori”) e alcuni mottetti, originariamente di proprietà del seminario di Cividale del Friuli nella persona di Giovanni Pigani, di Jacopo Tomadini6 (faldone “Mottetti 3 v. p.“). Infine gli autografi inediti di compositori monferrini novecenteschi: dopo aver citato 2) MONCALVO. I FONDI LITURGICI DELLE CHIESE DI S. FRANCESCO, S. ANTONIO, MADONNA DELLE GRAZIE. 4 Studioso di musica liturgica, coadiutore di papa Gregorio XVI nell’opera di riforma della musica da chiesa (vd. A. BASSI, Gaspare Spontini e la riforma della musica di chiesa, in “Rivista Internazionale di Musica Sacra”, XV, 3-4 [1994], pp. 271-279), nonché estensore del libello storico-polemico Ristabilimento del canto e della musica ecclesiastica, Roma 1843. Per ulteriori informazioni sul nostro cfr. D.E.U.M.M. cit., ad vocem, I, pp. 63-64; F. ROMITA, Jus musicae liturgicae, Torino 1936, p. 103; G. RADICIOTTI, Il teatro e la cultura musicale in Roma nel secondo quarto del secolo XIX, in “Rivista d’Italia”, VII, 8 (1904), pp. 262-292: 274-275. 5 Antologia stampata a Roma nel 1840 presso la tipografia di Pietro Pittarelli che contiene l’edizione in notazione moderna dei seguenti brani a 3 e 4 voci: l’antifona, musicata rispettivamente da Giovanni Pierluigi da Palestrina e Thomas Luis de Victoria, Pueri Hebraeorum [pp.5-15], il Passio secundum Matthaeum […] a 4 voci del Victoria [pp. 16-29], le due Feriae V ac VI di Palestrina.[pp. 29-58], il Passio secundum Johannem del Victoria a 4 voci [pp. 59-66], l’improperium Popule meus di Palestrina [pp.67-76] e un mottetto per il mattutino del Sabato Santo (secondo il testo della Lectio I) di Gregorio Allegri [pp. 77-91]. 6 Apporti, questi, provenienti dall’attività di cappellano militare che Don Bolla esercitò nel territorio veneto-friulano durante la prima guerra mondiale. Nell’inaugurare la numerazione e la qualificazione dei fondi musicali liturgici allocati nelle chiese del contado moncalvese, utilizzati o dagli officianti durante i riti sacri o dai cantori per il canto monodico e/o polifonico praticato in coro o sulle cantorie, è bene rimarcare che i volumi attestanti queste due tipologie canore sono stati reperiti o grazie alla loro diretta conservazione fisica o, per la maggior parte, grazie a fonti secondarie che ne hanno perpetuato la memoria (soprattutto gli inventari delle suppellettili di una chiesa o di una compagnia). In entrambi i casi, tanto che sia stato venduto o disperso quanto che sia stato confinato nel dimenticatoio, il patrimonio libra7 Sul quale cfr. il numero unico (segnalatomi cortesemente dal prof. Alessandro Allemano, che ringrazio) Le feste di Grazzano Badoglio per l’entrata del Parroco, Grazzano 1905, p. 11. 8 Su cui cfr. A. DI RICALDONE, Monferrato tra Po e Tanaro, I, Asti-Cavallermaggiore 1998, p. 297. 30 sua perspicua ed unitaria circostanzialità: essa, ai numeri progressivi d’ordine 94-96, non si contenta infatti di individuare 3 antifonari ed 1 graduale ma ne specifica anche natura e provenienza. Sapremo così che 2 dei primi erano “francescani” d’origine (e dunque databili ante 1802, l’anno della soppressione napoleonica dei conventi regolari) mentre i 2 restanti (cioè l’ultimo antifonario e il graduale) erano stati trovati “nella chiesa di S. Antonio Abate” (probabilmente in compagnia dei “4 Messali da R[equiem]” comprati in Asti nel 182312): chiari simboli dell’ufficio corale in canto piano (od anche in canto fratto?) che si praticava nell’antica chiesa parrocchiale di Moncalvo.13 Per quanto concerne il terzo e ultimo oratorio officiato della cittadina, quello intitolato alla Beata Vergine delle Grazie, ricetto dell’importante confraternita intitolata a San Michele, attendiamo il 31 dicembre 1901 per avere, come sopra, un particolareggiato quadro della situazione. Nella Descrizione della Chiesa della B. Vergine delle Grazie in Moncalvo e di tutti gli oggetti della medesima in data 31 dicembre 1901 è infatti inventariato con precisione, fra i numeri progressivi 195 e 203, il patrimonio librario complessivo della predetta associazione devozionale. In questo caso non è stata operata distinzione fra i Messali (da vivo o da morto) ed i testi precipuamente musicali adoperati per l’officiatura corale: fra i primi possiamo così elencare 23 libri (e cioè: 2 messali, 2 messalini da morto, 6 uffici da morto, altri 6 uffici per la recita dell’ufficio festivo, due libri per la benedizione, 1 aggiunta al santorale con i santi particolari della diocesi di Casale, 3 diurni e 1 rituale) mentre, fra i secondi, certificheremo l’esistenza di “Un graduale, un antifonario e un salterio rio riportato alla luce appare ormai depauperato di tutto il suo primordiale valore, intrinseco ed estrinseco,9 e, dunque, nelle sue componenti ancor esistenti, a grave rischio di definitiva sottrazione o compromissione. L’ammonimento alla vigilanza su questo riporto della tradizione cultuale monferrina ci scorti allora nell’esplorazione delle sue superstiti vestigia. Per iniziare a discettare delle quali prenderemo avvio dall’epicentro della ricerca, Moncalvo appunto, e da una delle più analitiche segnalazioni di testi musicali liturgici state colà reperite. Si tratta di un prezioso Inventario delle suppellettili e mobili della Compagnia del SS.mo Rosario che venne compilato dai priori della compagnia del SS.mo Sacramento (allocata nella ex chiesa conventuale di S. Francesco) nel 1835.10 Anche se i riporti diacronici delle spese delle singole associazioni devozionali cittadine ci rendono edotti che da tempi piuttosto antichi era l’organista titolare di ciascuna di esse ad incaricarsi della conservazione e del restauro dei fondi musicali di rispettiva proprietà,11 tal fonte si presenta preferibile alle molte notizie sparse nei suddetti registri economici in virtù della 9 Valore che, almeno per le edizioni veneziane settecentesche di graduali, antifonari e salteri di cui il Monferrato moncalvese abbonda, non significa pregio. Tali volumi erano infatti stampati conformemente al modello valido per la chiesa universale, senza l’aggiunta di repertori localistici, e perciò godevano di alte tirature e ristampe molto frequenti: fattori che ne calmieravano notevolmente i costi. Sulla questione cfr. C. RUINI, Editoria e musica liturgica. Appunti su alcune vicende del Graduale e dell’Antifonario tra il XVI e il XVIII secolo, in D. CURTI – F. LEONARDELLI (a cura di), La Biblioteca musicale Laurence K. J. Feininger, Trento 1985, pp. 64-70; ID., Antiphonaria, Gradualia et Psalteria quae ad divinas laudes… Un ruolo per il manoscritto, in Musica e Liturgia nella riforma tridentina, catalogo a cura di D. CURTI e M. GOZZI (Trento, castello del Buonconsiglio 23 settembre – 26 novembre 1995), Trento 1995, pp. 31 ss. 10 L’inventario si trova in Arch. parr. Moncalvo, SS. Sacramento, Inventari, fasc. n. 1. 11 Fra i tanti cfr. Ibi, Compagnia del Suffragio, Libro dell’esatto e dello speso […] da genn 1737 a 24 giugno 1804, c. 4r [1738]: “dato al organista per conto della compagnia de desciplinanti [di S. Antonio] per li misali [sic] agiustati [sic] £ 1”. 12 Ibi, Confraternita SS. Pietro e Giovanni, Libro delle entrate e delle uscite 1819-1834, c.28r. 13 Cfr., per le spese librarie più antiche della confraternita dei SS. Pietro e Giovanni, ibi, Libro mastro delle uscite e delle entrate 1635-1731, Vol. 1/bis, c. 23r:: “[1644] Più comprato un officio p[er] la compagnia 2”. Vd. anche, per la rilegatura di un graduale (lo stesso che venne citato nel 1835?) e di un ignoto messale, ibid., c. 34r [sub anno 1647]. 31 Se nella chiesa parrocchiale del capoluogo ed in quella della frazione Cardona le uniche tracce esistenti di una tradizione canora legata alle celebrazioni liturgiche sono attualmente desumibili soltanto dalla compulsazione dei libri economici o degli inventari delle due fabbricerie e delle compagnie devozionali in esse allocati, in quella della frazione Sanico è invece ancora possibile consultare un discreto residuo di partiture a stampa e libri corali. Sebbene nella chiesa di San Marziano in Alfiano Natta essi fossero già in uso da tempo, è lecito affermare che fu la costruzione dell’organo parrocchiale a rinvigorire il bisogno di integrare con acquisti e/o mantenere i sussidi musicali, manoscritti o stampati, propri del principale edificio sacro del paese (una costante, questa, che noteremo ripetuta anche a Sanico, a Grana e a Villadeati): giusto tre anni dopo il compimento dello strumento a canne commissionato al pavese Luigi Lingiardi (1845) apprendiamo che la compagnia del Carmine si era accollata una spesa di 63 lire per fare “aconciare e legare da un legatore di libri in Moncalvo [cioè Giuseppe Sacerdote] il grande Antifonario, e Graduale del coro, ed un Messale”15 e, poco più tardi, nello stesso 1848, l’acquisto di “6 Ufficii da Requiem ad uso del coro”.16 La rilegatura dei vetusti testi liturgici e l’approvvigionamento dei novelli obbligò i confratelli celebranti presso l’altare della Madonna del Carmine a successivi aggiornamenti del loro contenuto, devozionale e canoro: in tal senso si leggano i due stanziamenti provvisti nel 185217 e, con intento più specificamente musicale, nel 1870.18 Che cosa si cantasse nei primi decenni del ‘900 ad Alfiano Natta è però impossibile dire, vista la completa sparizione fisica di questi documenti. Domanda che può invece trovare soddisfazione nell’archivio parrocchiale di Sanico. pel canto del Coro e una piccola aggiunta delle antifone nuovissime”.14 Riporti canori (manoscritti?) delle confraternite autoctone commisti ad omologhi della tradizione regolare francescana (forse anch’essa manoscritta) e cappuccina (il già citato volume in 4° originario del convento di S. Bernardino in Ivrea pervenuto a Moncalvo o tramite vendita ad un privato o con un’ipotesi massimamente dubitativa per mezzo di contatti umani dell’omonimo locale cenobio cappuccino), a stampe probabilmente settecentesche (come indurrebbero a credere il dichiarato pessimo stato di conservazione dei 6 uffici festivi, dei 3 diurni e del rituale della Madonna delle Grazie e l’odierna notevole conservazione di antifonari e graduali veneziani del XVIII secolo entro gli archivi parrocchiali delle finitime località di Calliano e Sanico) e ad eventuali recenziori prodotti dell’industria editoriale ottocentesca: dall’alto (o, meglio, dal basso) dell’avvenuto spoglio delle carte d’archivio della parrocchia moncalvese questa sembrerebbe essere la prospettiva più accettabile per l’inquadramento storico di un materiale musicale liturgico oggi quasi del tutto disperso e, perciò, privo della possibilità di affermare o smentire cosiffatte illazioni. 3) ALFIANO NATTA. CHIESA PARROCCHIALE DI SAN MARZIANO. 4) SANICO DI ALFIANO NATTA. CHIESA PARROCCHIALE DI SANT’ANTONIO ABATE. 5) CARDONA DI ALFIANO NATTA. CHIESA PARROCCHIALE DI SANT’EUSEBIO Procedendo nello spoglio sistematico dei fondi musicali custoditi negli archivi parrocchiali dei comuni limitrofi a Moncalvo, ci imbattiamo, inerpicandoci sul colle dove sorge Alfiano Natta, in una situazione bibliografica assai ricca e frastagliata, meritevole di un’accurata segnalazione. 15 Arch. parr. Alfiano Natta, [Libro della Compagnia del Carmine], sub anno 1848, c. 87. 16 Ibid., c. 88. 17 Ibid, c. 98: “Comprato a Casale nuovi fogli stampati da aggiungere al Messale”. 18 Ibid., c. 120: “per registri e carta da musica”. 14 Ibi, Chiesa della Madonna, Inventari di Confraternite e Compagnie, fasc. n. 2. 32 nel 1791 ed 1 Graduale Romanum sempre settecentesco ma sprovvisto, per lacerazione del suo foglio d’intestazione, della data e della marca tipografiche di pertinenza (probabilmente similare a quello che ancor oggi si può consultare nell’archivio parrocchiale di Calliano).22 Custodite dalle ante di un armadio in ferro, vi si sono riscontrate presenti complessive 88 composizioni: 80 brani a stampa novecenteschi, 7 ottocenteschi ed 1 manoscritto del XX secolo (a firma di un non meglio noto cantore della parrocchia). La parte preponderante del fondo musicale (più del 90% del totale) è esito della collocazione, nel 1920, dell’organo di Giuseppe Gandini: strumento che incoraggiò e supportò l’esistenza di una locale schola cantorum normalizzata sui prodotti dell’officina grafica torinese di Leandro Chenna (proprietaria, tra l’altro, del preesistente armonium della chiesa di Sanico) e sulle direttive operative impartite dalla commissione diocesana per la musica sacra di Asti. Quella, per intenderci, capitanata da don Carlo Nebbia,19 direttore del seminario astigiano fra gli anni ’20 e ’30 nonché maestro di coro e compositore di mottetti e messe polifonici di struttura precipuamente melodica e facilissima esecuzione (reperiti, per i tipi del solito Chenna, in notevole quantità nell’archivio di Sanico), che poteva annoverare fra i suoi estimatori e collaboratori nomi del calibro di Giuseppe Ferraris (organista della cattedrale di Asti), Enrico Piglia (di cui il nostro fondo possiede diverse pastorali per organo solo),20 Giacinto Burroni e Giuseppe Bolla. Arricchiscono il panorama della musica manoscritta e a stampa della chiesa parrocchiale di questa frazione: 1 Proprio dei Santi in canto piano, manoscritto s. d. (ma probabilmente risalente al XIX secolo ed in uso presso gli adepti di una delle due compagnie parrocchiali)21, 1 Antiphonarium Romanum de tempore et Sanctis stampato a Venezia presso la tipografia Balleoniana La parrocchiale di Cardona Terminato questo spoglio, possiamo avviarci a visitare il terzo edificio parrocchiale del comune di Alfiano Natta, quello sito in frazione Cardona. Compreso sino al 1928 nel territorio comunale di Villadeati,23 questo tempio che oggi presenta una struttura architettonica con chiari rimaneggiamenti novecenteschi sappiamo annoverò, all’interno del lettorile che ancor adesso campeggia in coro, un piccolo patrimonio di testi musicali, a stampa e manoscritti. Grazie alla salvaguardia di un inventario dei beni e delle suppellettili che si conservavano all’interno della chiesa all’indomani dell’unità d’Italia siamo in grado di testimoniare colà esistenti, nell’anno di Grazia 1862, 2 libri corali settecenteschi (“Un graduale pel canto della 19 Sul quale cfr. anche F. POGGI, All’ombra dell’Alfieri. Luoghi, spettacoli, personaggi della vita musicale astigiana dal medioevo ai nostri giorni, Asti 1998, p. 222. 20 I quali due organisti furono anche i collaudatori del Gandini: cfr. arch. parr Sanico, Liber Chronicus – 1897, p. 19. 21 Vol. in folio di 98 cc. con una giunta posteriore di 8 cc. contenente l’antiphona in festo insignis miraculi santissimi corporis christi, un Regina coeli ed un Regina coeli a due voci sul tuono di fa magg. 22 Noi crediamo che tale testo si possa ragionevolmente identificare con il Graduale Romanum - presente ancor oggi nell’archivio parrocchiale di Grana - stato stampato a Venezia dagli eredi di Nicolao Pezzana nel 1789. 23 Cfr. T. FORNO, Villadeati nei primi anni dell’unità d’Italia, in “Il Platano”, XIII (1988), pp. 118-133: 118. 33 stampato a Venezia nel 1789 dagli eredi di Nicolao Pezzana che fu acquistato dai granesi in seguito al completamento della loro chiesa parrocchiale.26 Non manca poi, consueto retaggio dell’avvenuto allineamento ai dettami della risorgente industria tipografica ottocentesca piemontese (che, per il particolare granese, fu causato da un precedente analogo accostamento all’arte organaria che amava definirsi “alla moderna”27), 1 copia del diffusissimo Antiphonale Romanum de Tempore et Sanctis, stampato nel 1833 a Torino presso il libraio Giuseppe Pomba. I 3 volumi segnalati costituiscono l’integrità del patrimonio di volumi notati oggi esistenti nell’archivio parrocchiale del paese. L’ipotesi che le spese di provvigione musicale della locale fabbriceria possano però essere state, nel XIX secolo, di ben maggiore quantità e portata rispetto allo sguarnito retaggio cartaceo che ci si è conservato trova poche ma eloquenti conferme nell’unico libro cassa a tutt’ora consultabile della parrocchia di Grana.28 Nel riparto delle uscite dell’anno 1869 abbiamo reperito stanziate 10 lire e 20 centesimi all’indirizzo del “Librajo Sampietro per legatura di Missale e Rituale”29 (artigiano residente in Tonco nonché venturo padre di Pietro, dal 1902 organista della chiesa di S. Francesco in Moncalvo e membro di spicco del movimento ceciliano piemontese) mentre, nel triennio 1880, 1881 e 1882, abbiamo visto impiegati, rispettivamente, 1 lira e 25 centesimi “Per legature di un libro di canto”, 2 lire “Per carta da musica” e 12 lire “Per musica ad uso dei cantori”. La non ingente entità pecuniaria di tali spese, spia dell’attenzione tributata dai granesi alla manutenzione ordinaria ed all’aggiornamento dei loro volumi corali di formato in folio e di altri eventuali cantori- messa, di Venezia 1729 ben legato coi suoi crocetti d’ottone in buon stato” e “Un Manuale chorale pei Vespri, edizione 1733 in mediocrissimo stato”), 1 copia di un graduale ottocentesco (definito “piccolo” e dunque di formato in 4° od in 8°) stampato a Torino nel 1840 ed “Un quaderno in buon stato, contenente sei messe in canto gregoriano”, unico riporto manoscritto del repertorio musicale allora in uso nel coro di Cardona.24 Nessuno di questi testi, purtroppo, è ancora reperibile. 6) GRANA. CHIESA PARROCCHIALE ASSUNTA. DI S. MARIA L’intersezione della nostra ricerca con la realtà parrocchiale di Grana genera un caso piuttosto anomalo per la storia della bibliografia liturgica monferrina. Per quanto – e non sarebbe di per sé una novità – non sussista in essa un vero e proprio fondo di musica manoscritto e/o a stampa, fra la quadreria e l’archivio della parrocchia sono custoditi con somma diligenza alcuni libri liturgici (tra cui un unicum tardo secentesco) che testano un’attività canora in coro di gran lunga anteriore rispetto alla primitiva collocazione dell’organo del tempio (1811). Il pezzo più antico e notevole di questa piccola collezione è senza dubbio 1 Antiphonarium proprium Sanctorum: manoscritto provvisto di intestazione che lo vuole vergato, a partire dal luglio 1692, dalla mano di padre Giovanni Battista Molinari da Spigno, al tempo guardiano del convento dei frati minori conventuali di Tortona.25 A questo pregiato e non ancora studiato frutto della tradizione liturgica piemontese si aggiunge il Graduale Romanum custodito in archivio parrocchiale: 1 volume 26 Cfr. ibi, ibi, ad vocem. L’organo in base 16’ venne infatti terminato da Giacinto Bruna, dopo tre anni di lavoro, nel 1835. 28 Arch. parr. Grana, Libro delle enrtate ed uscite delòla Chiesa Parrochiale di Grana dal 1868 al 1894. 29 Ibi, ibi, ad annum. 24 27 Arch. parr. Cardona, Inventario della Parrocchia di Cardona 1862, Articolo VII, p. 14. 25 Il ms. è conservato nella Quadreria della parrocchia di Grana, mentre la sua descrizione fisica è reperibile in arch. parr. di Grana, Scheda oggetti artistici, Diocesi di Casale Monferrato, s.d., ad vocem. 34 ni ora non più esistenti, rende vieppiù ragione della pignoleria con cui la locale fabbriceria, nel 1878, sistematizzò il servizio dei propri cantori, inquadrando la preparazione dei brani da questi ultimi utilizzati nell’accompagnamento canoro delle messe secondo un paio di criteri: di tipo spazialepartecipativo il primo, di pretta sostanza musicale il secondo. 7) CALLIANO. CHIESA PARROCCHIALE DEL SS.MO NOME DI MARIA. CHIESA CONFRATERNITA DI S. ROCCO. CHIESA CONFRATERNITA DELL’ANNUNZIATA 8) PERRONA DI CALLIANO. CHIESA DI S. ANNA. Una volta approdati nell’archivio parrocchiale di Calliano inizieremo dalla fine: enumereremo immediatamente la quantità dei libri liturgici musicali che vi sono ancora reperibili e la confronteremo con quella indicata dagli inventari parrocchiali risalenti al XVIII ed al XIX secolo. Un percorso a ritroso assolutamente libero e non vincolante: ma che, come andremo a dimostrare, fornirà risultanze molto educative. A tutt’oggi, sono presenti nell’archivio parrocchiale della chiesa del Santissmo Nome di Maria (escludendo nel computo 1 Missale Romanum stampato da Giovanni Manfrè a Venezia nel 1764 ed 1 analogo della tipografia Marietti di Torino del 1893) 5 testi musicali, 2 a stampa settecenteschi e 3 manoscritti ottocenteschi. Per la parte di musica edita, si tratta di un Graduale Romanum (Venetiis, [?], 176[…]) e di un Antiphonarium Romanum/ de tempore et Sanctis (Venetiis, ex Typographia Balleoniana, 1776), per quella inedita, di tre libri corali in folio: 1 Libro / contenente / la / messa / per li /Defunti Manoscritto in / Calliano Li 20 dicembre / l’anno 1869 di complessive 9 cc., 1 Libro pei Vespri / delle / Solennità dall’anno / Scritto in Tonco anno 1870 / Sampietro Pietro Libraio di 17 cc. e di 1 libro, s. d., contenente 12 Messe, alcune delle quali per 2 voci ed organo ad libitum (fra cui la Grana Da un lato, si imponeva che il repertorio cantato in coro per le messe di seconda classe (e quindi - ragionevolmente - di natura monodica) dovesse essere colà preparato poco prima del rito. Dall’altro, che i brani probabilmente di struttura polifonica fossero approntati alcuni giorni prima delle festività prescelte all’interno dell’appena sottostante confraternita della Santissima Annunziata. Forse perché - avanziamo noi l’esecuzione di questi ultimi, considerata più difficoltosa rispetto ai brani in canto piano, era esposta non solo al giudizio uditivo ma anche a quello visivo dei fedeli convenuti in chiesa, trovandosi ubicata non più in coro ma sulla cantoria accanto all’organo ?30 30 Ibi, Convocati della Reggenza Parrocchiale 18581931, c. 83: “Disposizioni prese dalla Reggenza parrocchiale di Grana l’anno 1878 in sua seduta del 15 giugno per regolare il Canto in Chiesa 1° Per le Messe corali festive di seconda classe nelle quali si voglia cantare in modo più solenne si farà la prova intorno alle nove del mattino previo avviso in coro dopo la Messa grande della festa antecedente, e l’avviso sarà dato dal Priore del Santissimo Sacramento, il quale pure si incarica di dare avviso per le funzioni straordinarie da vivo, come funerarie per i giorni feriali. 2° per le principali feste dell’anno, nelle quali si volessero cantare a orchestra sarà pure dal detto Priore dato avviso e della qualità della Messa, e della prova da farsi la sera antecedente nella Chiesa dell’Annunziata.”. 35 liano nel riassodare la presenza dei suelencati testi entro la parrocchiale del Santissimo Nome di Maria ci fa balenare un piccolo dubbio: i “Due libri da coro ed un manuale” di cui esso conciona erano gli stessi comunicati 120 anni prima oppure il graduale e l’antifonario di primo ‘700 (o tardo ‘600) avevano conosciuto la sostituzione da parte di più recenti omologhi (cioè i già noti Antiphonarium Romanum stampato nel 1776 e Graduale Romanum edito posteriormente al 1760)?33 Nel lasciare insoluta la questione per completa inopia documentaria a proposito, non ci resta che procedere alla quantificazione dei testi liturgici dei restanti luoghi di culto callianesi, attenendoci ai risultati dell’inventario del 1833. Ed avremo: nella chiesa confraternita dell’Annunziata (che poco più tardi si doterà di un proprio organo) “Quattro Messali compresi due da Requiem”;34 nella chiesa confraternita di San Michele (che all’epoca vantava già al suo interno un non meglio specificato “organo a cilindri”, oggi non più conservato) “quattro messali compresi due da Requiem”35 cui dobbiamo aggiungere, in base alla recente segnalazione dello studioso Carlo Caramellino, l’esistenza, nel fondo di una non meglio indicata confraternita callianese (che può essere solo quella di San Michele, visto che il progressivo stato di degrado dell’oratorio dell’Annunziata ha determinato anche la dispersione del suo archivio), di una copia manoscritta della Missa trompette / Dite de Bordeaux. Modulanda Cantantibus Organis, databile con buona approssimazione attorno al quinto decennio dell’’800;36 infine, nella chiesa dedicata a S. Anna in frazione Perrona, “Due messali, uno da vivo, e l’altro da requiem”.37 Missa Casalensis Corale, la Missa pro Solemnitate in tono sesto a coro e duetto armoniosa con org. e la Missa a due voci del M.° Nat.le Paoletti) di 69 pp. Tant’è per il presente. Ma se risaliamo la corrente dei secoli per mezzo dei documenti d’archivio reperiremo variazioni di buona portata. La prima catalogazione di beni musicali a nostra disposizione risale infatti al 1713: nell’Inventario […] delle Supeletili della Chiesa Parochiale di Calliano di quell’epoca figurano presenti nel coro della chiesa parrocchiale “tre libri cioè Manuale, Graduale, Antifonario”.31 Nessuno dei quali, a nostra conoscenza, si è salvato. Poco più di un quarantennio dopo, nel 1757, in una chiesa ormai prossima al completamento delle sue strutture architettoniche e figurative di maggior rilievo, i messali si presenteranno esponenzialmente cresciuti (8) mentre i libri corali saranno identici (oltre che nel numero è da credersi anche nella sostanza) a quelli segnalati nel 1713.32 Calliano Se facciamo un ulteriore passo avanti di mezzo secolo, spostandoci al 1833, la redazione di un nuovo regesto dei mobili e delle suppellettili di tutte le chiese di Cal31 Arch. parr. Calliano, Liber Chronicus 1757-1787 Inventari[…], Inventario, o sia descrittione delle Supeletili della Chiesa Parochiale di Calliano 5 luglio 1713, c. 1v. 32 Ibi, 1757 Libro Maestro della Chiesa e Beneficio Parochiale formato da me Prevosto Piergiorgio Scamuzio […], Inventario della Chiesa Parrochiale di Calliano […] 1757, p. 1: “Un rituale romano – un manuale da coro – Due libri grossi corali – quattro messali, due dei quali sono affatto nuovi comprati in quest’anno, e gli altri in buon stato – Quattro Messalini per le messe da requie”. 33 Ibi, ibi, Inventario della Chiesa Parrocchiale di Calliano […] il 29 giugno 1833, p. 60. 34 Ibid., p. 65. 35 Ibid., p. 66. 36 Cfr. N. GALLINO, Per honor della sua Collegiata cit., p. 130, nota 54 37 Arch. parr. Calliano, Inventario della Chiesa Parrocchiale di Calliano […] il 29 giugno 1833, p. 70. 36 La vita artistica ottocentesca della chiesa parrocchiale di Villadeati meriterebbe ben più delle succinte note di bibliografia musicale che le andremo a dedicare. Retto, fra il secondo ed il quinto decennio del secolo, da un prevosto dotato di un eclettismo d’interessi e di una profondità di studi assolutamente eccezionale per il Monferrato moncalvese, il matematico, politologo, storico e architetto don Tommaso Audisio,38 quest’istituto religioso brillò e per la sua sagacia organizzativa e per l’avanguardia di certe decisioni economiche riguardanti la gestione dei fatti d’arte (l’acquisto, ad esempio, di una casa da concedersi in uso gratuito all’organista ed al sacrestano della chiesa di S. Maria Assunta: trattamento garantito sino ad allora, stando alle nostre conoscenze, solo ai maestri delle principali cappelle piemontesi). Spiace vedere che di cotanto fervore poco o nulla si sia oggi conservato. Se ci limitiamo alle mere risultanze numeriche dell’anno del Signore 2000 per quanto attiene all’interesse censorio dei fondi di musica, possiamo affermare la conservazione solo di pochi brani di epoca ceciliana (e perciò novecentesca): 10 in tutto fra mottetti (fra cui citiamo, per prossimità territoriale ed interesse diocesano, 1 Sacerdos et Pontifex del maestro di cappella della cattedrale di Casale Monferrato di primo ‘900 Pietro Rizzoli), messe (1 copia della Missa Coralis di Guglielmo Mattioli) ed inni vari cui possiamo aggiungere 1 testo di didattica gregoriana di formato in folio, s. d. (ma, avanzeremmo, di tardo ‘800). Se invece, come si è fatto, ci prendiamo la briga di analizzare i riparti di spesa dei libri mastri della parrocchia risalenti al XIX secolo la situazione cambia. E di molto. A sei anni dalla costruzione dell’organo di Giacinto Bruna (1827-8) e a due rispetto alla consacrazione dell’edificio parrocchiale (1823), nel 1821, sappiamo essere esistiti in S. Maria Assunta almeno 2 libri corali, vista la spesa di lire 9 comminata dal prevosto Audisio “al sig.r Luigi Giunipero per aver agiustato l’altro libro del canto”.39 Ai predetti 2 (che, singolarmente, non abbiamo visto citati in un Inventario dei beni mobili della chiesa parrocchiale risalente al 182440) occorre aggiungere altri 4 volumi: se non mentono le 10 lire che furono impiegate nel 1825 “ per ligature d’un corale vechio, d’un diurno grande, d’un Rituale, e Messale da morto”.41 Un lustro dopo che la costruzione dello strumento a canne parrocchiale fu ultimata, nel 1833, l’attivo don Audisio volle che la biblioteca del suo organista si arricchisse di nuovi brani utili allo studio o all’accompagnamento liturgico e che i suoi cantori fruissero dell’ultima novità musicale sacra uscita dai calchi dell’editoria torinese, l’Antiphonarium Romanum curato da Luigi Felice Rossi ed edito da Giuseppe Pomba (antifonario che, come si ricorderà, abbiamo già incontrato nell’archivio parrocchiale di Grana). L’acquisizione di detto materiale fu commissionata in corpore vili all’organista titolare di S. Maria Assunta, Giovanni Bariola: 38 39 Tutto sparito nella cadente chiesa dell’Annunziata: nulla confessiamo invece di aver saputo riguardo l’attuale consistenza dei fondi di San Michele e di Sant’Anna. 9) VILLADEATI. CHIESA PARROCCHIALE ASSUNTA. DI S. MARIA Vd., a questo proposito, il progetto presentato dal nostro nel 1844 per il rinnovamento degli interni della cattedrale di Tortona nonché le realizzazioni, testimoniate da Amilcare Barbero, del Belvedere di Villadeati e della Parrocchiale di Moncalvo: cfr. F. BIMA, Il belvedere di Villadeati, Alessandria 1965, A. PERIN, La cattedrale di Tortona, Alessandria 1992, e la recensione allo stesso testo di L. PALMUCCI QUERINO, in “Studi Piemontesi”, XXII, 2 (1993), pp. 532-533. Arch. parr. Villadeati, Libro della fabrica di [Villadeati] del esatto e dello speso de[…], c. 131v. 40 Ibi, Inventario fatto dal Prevosto Audisio Li 15 Novembre 1824, c. 3 r: “Messali da vivo n° quattro da Requiem n° 3 Uno da vivo carmelitano e questo di veluto cremesi coi crocetti d’argento Un rituale Romano in cattivo stato”. 41 Ibi, Libro della fabrica di [Villadeati] del esatto e dello speso de[…], c. 136v. 37 che le informazioni musicali contenute nei libri economici subirono un rapido decremento. Passando attraverso alcune spese di ragione musicale presso l’editore Ricordi nel 1893 e le successive (poche) assunzioni di organisti autoctoni, giungiamo all’attuale malinconico stato dell’archivio parrocchiale di Villadeati: un fondo che, malgrado la sua originalissima conformazione e la buona volontà preservativa di alcuni abitanti del luogo, non è ancora stato raccolto in un’unica sede e, smembrato com’è, rischia di disperdere in breve tempo molte delle onnivore informazioni che vi erano state depositate a futura memoria. apprendiamo dal libro della fabbrica di Villadeati che questi si recò a Torino una prima volta nel maggio 1833 per comperarvi “della Musica” al prezzo di 6 lire42 e che ritornò nel capoluogo piemontese cinque mesi più tardi per farsi consegnare una copia dell’Antiphonarium Romanum di cui sopra (volume del valore di 60 lire).43 Il tutto mentre, a dicembre, don Audisio si preoccupava di integrare con “fogli 8 da canto fermo” uno dei preesistenti libri corali.44 Non stupisca la concentrazione di tali e tante spese musicali: fra il 1829 ed il 1833 in particolare, la parrocchia, per assicurarsi nel futuro prossimo venturo un dignitoso organista, si era accollata anche gli oneri dello studio musicale di “Giuseppe Maioglio del vivente Felice” affittandogli un clavicembalo su cui esercitarsi e pagandogli le lezioni che questi riceveva a Casale Monferrato.45 Negli anni immediatamente successivi, queste misure - che, ad eccezione delle spese editoriali per il coro, non sortirono gli effetti sperati (Maioglio non avrebbe infatti mai figurato in qualità di organista parrocchiale) - vennero limitate per numero ed entità finanziaria ma non cessarono del tutto: ci è infatti noto che nel 1837 il rettore della chiesa di Guazzolo don Imarisio cedette a don Audisio – per la fin troppo modica somma di 18 lire - un cembalo per la nuova promessa esecutiva di Villadeati (che stavolta avrebbe onorato la fiducia dei suoi compaesani), Antonio Quarello,46 e che nel 1844 il solito solerte prevosto si stesse peritando di far aggiungere “dodici fogli di carta grande lineati di rosso […] alla legatura del Graduale” (cioè uno dei due libri di canto del 1821?), supportato economicamente dalla locale benefattrice Costanza Bruno.47 Una volta che il prevosto Audisio si spense, nell’inverno fra il 1849 ed il 1850, an- CONCLUSIONI Alla luce dell’effettuata consultazione di 7 fondi parrocchiali e di 1 municipale possiamo formulare, senza la pretesa che esse servano da analisi sistematica del censimento effettuato, alcune valutazioni di massima. Sono stati reperiti, in una distesa diacronica di circa tre secoli, i seguenti brani musicali dichiaratamente d’arte: 2129 nel fondo “Mons. Giuseppe Bolla” di Moncalvo, 88 nell’archivio parrocchiale di Sanico e 11 nell’omologo di Villadeati, per un totale effettivo di 2228 composizioni divise nei 3 generi vocale, strumentale e vocalestrumentale. Dal punto di vista dei testi liturgici contenenti canto piano sono stati identificati complessivamente, fra volumi ancora esistenti (lo scrivente ne ha visionati 13, poco più di un settimo di quelli inoppugnabilmente esistiti) e volumi perduti: 36 volumi nelle chiese di Moncalvo (che, in mancanza di ulteriori connotazioni formali, classifichiamo come opere a stampa), 16 fra Alfiano Natta e le frazioni di Sanico e Cardona (14 a stampa e 2 manoscritti), 5 a Grana (4 a stampa ed 1 manoscritto), 28 fra Calliano e la frazione Perrona (i cui resti, attualmente, ammontano a 5 editi e 2 manoscritti), 16 a Villadeati (tutti, sembrerebbe, a stampa), per un totale complessivo di 101 volumi, dei quali sono 7 (il 7% 42 Ibi, ibi, c. c. 143v. Ibid. 44 Ibid. 45 Ibi, ibi, deliberazione dell’11 dicembre 1829, c. 8r. 46 Ibid., c. 148r. 47 Ibid., cc. 157v. e 188v-189r. 43 38 Nei casi di Alfiano Natta, Sanico, Grana, e Villadeati occorre poi rimarcare che la costruzione dell’organo parrocchiale fra ‘800 e ‘900 incrementò decisamente la richiesta di materiali musicali a stampa di qualità (ed ecco allora la provvigione dell’oneroso antifonario di Pomba negli ultimi due luoghi) o di consumo comune (ed ecco allora la formazione della piccola biblioteca di musica ceciliana incentrata su compositori astigiani in quel di Sanico). Un ultimo paio di pensieri (fors’anche a sproposito) a tergo di queste oggettive constatazioni. Scioriniamo il primo: viste la completa autosufficienza del canto piano all’interno della liturgia e la sua confermata originaria autonomia rispetto alla comune pratica chiesastica dell’alternatim fra due distinti gruppi vocali o fra voci e strumenti, dobbiamo pensare che la più parte del canto gregoriano praticato in Monferrato fra il Settecento e l’Ottocento andasse ascritto alla tipologia del canto fratto e venisse dunque eseguito, tranne che nelle messe basse e nella recita delle ore canoniche in coro, mensurato e con accompagnamento d’organo?49 dell’insieme) i manoscritti acclarati (di cui 1 solo, a Grana, seicentesco). Assai marcata la colonizzazione dei prodotti delle tipografie veneziane: sono stati infatti rinvenuti 7 volumi provenienti dalle officine grafiche della città marciana (il 7% del totale, più della metà degli esemplari esistenti), tutti settecenteschi e concentrati – attenendoci soltanto alle loro presenze documentate o documentabili con precisione - tra Sanico, Calliano e Grana. Buona anche la presenza accertata della scuola tipografica torinese ottocentesca (4 testi in tutto, circa il 4% del globale, distribuiti fra Calliano, Cardona, Grana e Villadeati), impostasi, con 2 copie del suo prodotto di punta, l’Antiphonarium Romanum di Giuseppe Pomba, a Grana ed a Villadeati, e di quella dei legatori monferrini (del libraio Sampietro di Tonco si conservano la memoria di un lavoro a Grana ed 1 Libro dei Vespri integro a Calliano mentre tracce della legatoria Sacerdote di Moncalvo si riscontrano a Calliano e ad Alfiano Natta). È inoltre indicativo rimarcare che fra le chiese dei paesi di Villadeati e Grana sussistano notevoli omologie oltre che di natura tipografica e musicale anche di tipo architettonico (la cantoria sita sulla parete di controfacciata di entrambe si basa su di un progetto dell’architetto don Tommaso Audisio) ed organologico (l’organo di tutti e due i templi reca la firma di Giacinto Bruna). In 6 paesi su 7 (Grana, Calliano, Villadeati, Sanico, Cardona e Alfiano Natta) è lecito affermare che la pratica del canto piano in coro fosse un bisogno officiativo decisamente anteriore rispetto a quello della collocazione dei rispettivi strumenti a canne (cosa, questa, che, per quanto sia ipotizzabile anche per Moncalvo, viene temperata dalla presenza di organi portativi nella città aleramica perlomeno dalla prima metà del XVII secolo e dall’odierna mancanza di riporti editi e/o manoscritti anteriori alla commissione degli stessi strumenti).48 fattura o la provvista di uno strumento a canne per la chiesa di S. Antonio: cfr. supra nota 24 e il mio studio La vita musicale a Moncalvo nel XVII secolo: materiali per una storia, in “Il Platano”, XXV (2000), pp. 32-51. Cfr. inoltre, per lo specifico dei libri corali quattro-cinquecenteschi presenti nella vicina cattedrale di Casale Monferrato ad inizio XVII secolo, l’approfondito contributo di E. RAMPI, I corali miniati dell’archivio capitolare di Casale Monferrato, in Il duomo di Casale Monferrato. Storia, arte e vita liturgica, atti del convegno di studi (Casale Monferrato, 16-18 aprile 1999), Novara 2000, pp. 167-186. 49 Ricordo che nel già citato testo (contenuto nel fondo “Monsignor Bolla” della parrocchia di Moncalvo) di P. ILLUMINATO [CANE] DA TORINO, Canto ecclesiastico facile della Settimana Santa […] cit., vol. in 4° stampato a Venezia nel 1729, accanto all’ex libris del convento di S. Bernardino d’Ivrea si legge una significativa annotazione, con grafia attribuibile ad un certo F. Cavigiolo, stando alla quale “Le prime Lamentazioni sono in canto figurato accompagnate dall’organo pag. 11. Le seconde Lamentazioni in canto fermo vedi a pagina 145 il restante a cantarsi tutto in Canto Gregoriano”. Il percorso del canto gregoriano verso un’esecuzione “a tempo” è stato sintetizzato, seguendo i pareri pro- 48 Sappiamo però che la compagnia dei SS. Pietro e Giovanni aveva ordinato la rilegatura di un Graduale e di un Messale nel 1647, subito dopo cioè aver saldato l’organista/organaro di Casale Sala per la 39 Ed ora il secondo: la mancanza di organi a canne nelle chiese secolari monferrine di medio cabotaggio spirituale fra XVI e XVII secolo aveva attinenza con la notevole diffusione, nella medesima zona, delle tanto acclamate bande di violons50 (di impiego sì prevalentemente pubblico ma quanto mai proclivi ad intervenire anche in taluni momenti forti della locale vita liturgica, ora con il beneplacito51 ora con la riprovazione del clero autoctono) ?52 gressivamente espressi dalla trattatistica cinqueseicentesca, da A. LOVATO, Aspetti ritmici del canto piano nei trattati dei secoli XVI-XVII, in G. CATTIN, D. CURTI, M. GOZZI (a cura di), Il canto piano nell’epoca della stampa (atti del convegno internazionale di studi sul canto liturgico nei secoli XVXVIII, Trento, Castello del Buonconsiglio – Venezia, Fondazione Ugo e Olga Levi, 9-11 ottobre 1998), Trento 1999, pp. 99-114, mentre significativa silloge della storia del canto piano accompagnato è data da D. TORELLI, Canto piano e strumenti tra Rinascimento ed Età barocca, in G. BAROFFIO, D. CURTI, M. GOZZI (a cura di), Jubilate Deo. Miniature e melodie gregoriane. Testimonianze della biblioteca L. Feininger, catalogo della mostra (Trento, 15 luglio-31 ottobre 2000), Trento 2000, pp. 187-201. 50 Una delle quali è stata segnalata esistente a Calliano d’Asti fra il 1530 e il 1540 da S. CORDERO DI PAMPARATO, Emanuele Filiberto di Savoia protettore dei musici, in “Rivista Musicale Italiana”, XXXIV, 2 (1927), p. 236. Per l’attività di altre bande di violons in Monferrato (a Bianzè, Livorno Ferraris e Verolengo nel 1589) cfr. R. BARONCINI, Contributo alla storia del violino nel sedicesimo secolo: i “sonadori di violini” alla scuola grande di San Rocco a Venezia, in “Recercare”, VI (1994), pp. 65-68. 51 Il prevosto di Calliano Scamuzzi ricordava che in occasione della visita pastorale del vescovo di Casale Mons. Avogadro compiuta nel 1765 “[…] nel suo ingresso vi fu un concerto di tré violini accompagnati dall’organo”: cfr. arch. parr. Calliano, 1757 Libro Maestro della Chiesa e Beneficio Parochiale formato da me Prevosto Piergiorgio Scamuzio […], p. 269. 52 Cfr. l’indicativa segnalazione del parroco di Guarene al vescovo di Asti nel 1698 in margine alla presenza degli strumenti ad arco all’interno delle cerimonie religiose pubbliche: “Avvertisco pure che talvolta sono accompagnati gli Sposi con Violini sin dentro della Chiesa, sebbene sijsi [sic] tolto un tal abuso, ché gionti gli Suonatori all’arco della porta della piazza della Chiesa cessano” (cfr. A. BARBERO, F. RAMELLA, A. TORRE, Materiali sulla religiosità dei laici. Alba 1698 – Asti 1742, Cuneo 1981, p. 101). Villadeati: chiesa parrocchiale 40 Corrado Camandone VITALISMO IMPLICITO LINEAMENTI DI UNA FILOSOFIA DELLA VITA (seconda parte) Continua la pubblicazione del saggio del nostro Collaboratore, che tanto interesse ha suscitato nello scorso numero di questo bollettino. giungla che ha la finalità ultima della conservazione della vita. Nel mondo umano la nascita di un individuo, l’inizio di una nuova vita deriva da una vita precedente e da un atto libero. Infatti la fecondazione di un ovulo non è possibile senza l’atto intenzionale di chi lo unisce all’elemento fecondante, qualunque sia la tecnica di fecondazione. Il valore libertà è presente necessariamente all’origine della vita umana ed è condizione-esigenza di tutta la vita; infatti, diminuzione di libertà comporta diminuzione di vita e privazione totale della libertà anche fisica (libertà di muoversi, alimentarsi, respirare), equivale a scomparsa della vita. La libertà si fonda sulla vita ed è autentica se rispetta, conserva, favorisce la vita. È come una figlia che, se è buona non uccide sua madre. Ma la libertà umana è la possibilità di scelta tra ciò che è positivo, secondo la ragione e il comune buon senso, e ciò che è contrario. Se prevalgono le scelte negative ne consegue una riduzione della libertà a danno della vita. Se non si pone un limite alle scelte negative la vita viene travolta e distrutta. Il limite delle scelte negative è la legge; ma poichè è negativo tutto ciò che reca danno alla vita, nessuna norma che sia contro la vita può diventare legge, sia obbligante che permissiva. Per conseguenza ogni azione diretta a diminuire o a sopprimere la vita dev’essere vietata da una legge, non solo promulgata, ma rigorosamente applicata da un governo saggio. Un’azione negativa clandestina non di- Capitolo quarto - Vita, libertà e legge S ulla vita si fondano i valori della libertà e della legge. Per libertà intendiamo esenzione da vincoli e principio autonomo d’iniziativa. Per legge intendiamo un ordine razionale che ha per fine il bene comune. Ai fini della nostra riflessione queste due definizioni sembrano sufficienti, pur sapendo che i termini libertà e legge sono stati oggetto di ricerche senza fine, sono stati definiti in modi diversi e hanno dato origine a diverse sottocategorie a seconda dell’ambito a cui si riferiscono. Torniamo al concetto di legge: se essa ha per fine il bene comune, ha necessariamente anche il fine di conservare la vita su cui ogni bene si fonda. Ogni legge potrebbe anche essere definita come un limite alla libertà, diretto alla conservazione dell’essere. Per il mondo irrazionale i limiti sono posti dalla natura, anche sotto forma di istinti. Per il mondo umano i limiti sono posti dalla natura e dalla ragione. L’essere vivente ha origine da un seme piccolissimo che ha in sè, ma di provenienza eteronoma, la struttura e l’esigenza di uno sviluppo che raggiunge il suo culmine e poi declina fino alla sua scomparsa. La sua libertà consiste nell’assenza di ostacoli nella sua nascita e allo sviluppo massimo possibile delle sue facoltà. Nel mondo animale la vita è conservata da un certo equilibrio fondato sugli istinti. Gli animali che divorano altri animali agiscono nell’ambito della loro libertà per conservare la vita; gli animali che vengono divorati sono elementi della legge della 41 autentico, positivo e legittimo tutto ciò che porta al predominio di una razza sulle altre, deportazioni, lager, genocidi. Se però si pone il valore vita a fondamento di tutti i valori, si deve porre un limite, anzi vietare tutte le leggi e le azioni razziste e qualunque atto che sia contro la vita. Qui si vuole affermare un rapporto necessario tra il valore vita e ogni legge. Una corrente importante della filosofia morale pone la persona come valore dei valori, ma a sua volta la persona è fondata necessariamente sul valore vita. Eminenti studiosi di filosofia del diritto affermano che una norma non può essere considerata legge, cioè regola dei comportamenti interpersonali, se non ha un minimo contenuto etico, e questo è commisurato al rispetto della vita. Sono quindi gravi errori, causa di gravi danni alla società, leggi come quelle dell’aborto, della pena di morte, dell’eutanasia, della sterilizzazione, della mutilazione di ogni tipo. venta positiva per il solo fatto che avvenga palesemente, autorizzata da una legge. Questa posizione coincide con quella esposta da Nicola Abbagnano, illustre esponente dell’esistenzialismo a esito positivo, che nella sua opera “Filosofia religione e scienza” ha chiarito il concetto di scelta autentica. Secondo l’illustre pensatore è autentica ogni scelta che permette di continuare a scegliere. Secondo questo principio, che è in armonia col senso comune, non è una scelta autentica il suicidio, perchè dopo questo atto non c’è più possibilità di scelta, né l’omicidio perchè l’ucciso non ha più alcuna possibilità di scelta. Secondo questo principio il ladro, il mendace fanno scelte non autentiche perchè, se scoperti, prendono la libertà di continuare nella loro azione. Capitolo quinto - Vita e giustizia L a giustizia è una radicale correzione dell’egoismo e principio di coordinazione fra esseri personali. È giusto solo tutto ciò che rispetta, favorisce e perfeziona la vita; ingiusto tutto ciò che distrugge, diminuisce, minaccia la vita. A questo principio devono ispirarsi tutte le leggi e i regolamenti che riguardano la salvaguardia dell’ambiente e la civiltà ecologica; la lotta contro ogni forma di inquinamento della terra, delle acque, dell’aria; l’inquinamento acustico, la protezione contro le radiazioni atomiche, magnetiche, cosmiche; la costruzione di case antisismiche, la prevenzione delle alluvioni, i servizi antincendio; la circolazione stradale e tutti i settori ad essa connessi, quali sicurezza garantita da accurata costruzione e revisione dei veicoli, seria e controllata preparazione dei piloti, uso di cinture e caschi di protezione, limiti di velocità, adeguatezza delle strade, illuminazione e segnaletica verticale ed orizzontale. Analoghe precauzioni devono essere Qualcuno potrebbe sollevare il problema sul significato del termine “autenticità”, cioè che il significato di questo termine nel senso di positivo, valido, buono, giusto, doveroso, dipende da una determinata concezione globale della vita, dalle finalità che si propone, dai mezzi che sceglie per raggiungere le finalità stesse. Per esempio secondo una filosofia razzista è 42 tardo ha provocato, oltre le sofferenze morali, gravi danni economici non risarciti. La giustizia viene violata anche quando sentenze giuste e rapide condannano il reo a un carcere che, non solo limita la libertà, ma per l’inadeguatezza del personale di custodia o degli ambienti superaffollati o malsani, procura malattie o torture materiali e psichiche che logorano la vita. adottate dai servizi ferroviari, navali e aerei. Anche tutte le attività sportive e le esplorazioni sono lecite se e in quanto sono rispettose della vita. Al principio sopra enunciato deve adeguarsi in modo speciale l’enorme mondo preposto alla cura della salute pubblica. Ciò esige la promozione della cultura per una sana alimentazione, un adeguato controllo su ogni tipo di alimento, la promozione dell’esercizio fisico e del sano sport, la lotta contro alcol, fumo, droghe. Venendo all’assistenza medica e ospedaliera, pubblica e privata, e alla farmaceutica, tutto, dai grandi orientamenti di fondo, dalle norme internazionali e nazionali, fino alle disposizioni che riguardano i minimi particolari, dev’essere pensato in vista delle migliori terapie, nel rispetto della personalità dell’ammalato. Anche la vita intellettuale ha rapporti intimi con la giustizia. È giusto tutto quello che favorisce la vita intellettuale: diritto allo studio, organizzazione dell’istruzione, preparazione del personale insegnante, controllo ma non monopolio dello Stato. Capitolo sesto - vita e amore V ita e amore: due valori intimamente uniti. Già l’istinto che porta il neonato verso i genitori si può chiamare amore. Con la successiva maturazione l’ ansia del possesso che spinge l’amante verso la persona amata, diventa sempre più cosciente ed esercita una grande influenza su tutti gli aspetti della personalità. L’esperienza dell’amore è tra le più forti, complesse e misteriose della vita. Ha un grande peso l’affermazione del filosofo Fichte: “Il tuo amore è la tua vita”. Ciò non significa identità tra vita e amore, ma la forza di condizionamento che l’amore ha sulla vita, dalla quale pure deriva e sulla quale si fonda. L’amore è stato variamente definito nell’antichità classica, nel cristianesimo, nel Rinascimento, nell’epoca moderna. Ma qualunque sia il tipo di amore che si prende in considerazione, amore di sè, amore sessuale, amore platonico, amor Dei intellectualis, amore sublimato, deviato, degenerato, o definito “passione inuti- La giustizia si fonda sulla vita politica nel senso che dalla politica vengono governi e leggi che riguardano la giustizia. Ma la giustizia intesa come valore e norma che favorisce la vita è in antitesi con ogni legge che sia in qualche modo contro la vita. Una giustizia autentica rispetta la vita religiosa: difende la libertà di religione a meno che un gruppo sociale pratichi e diffonda una religione che autorizza azioni immorali, antisociali o irrazionali. Ogni sana religione rafforza i fondamenti e l’efficacia della vera giustizia. La giustizia rischia di essere violata anche nell’amministrazione della giustizia, quando i tribunali emettono sentenze che non rispettano il valore vita o emettono sentenze anche giuste, ma dopo troppo tempo. Infatti la sentenza in favore di un cittadino potrebbe essere emessa quando il cittadino non è più in vita o quando il ri43 fonte della vita, mentre nell’atto omosessuale c’è un surrogato sterile che, generalizzato, porterebbe alla scomparsa del genere umano. le” dall’esistenzialismo ateo, è sempre una emanazione o accidentalità della vita. I rapporti tra vita e amore sono fondati sulla categoria della necessità, perchè è vero che la vita viene dalla vita - omne vivum ex vivo - ma il vivente, nella specie umana, chiama all’esistenza una nuova vita con un atto di amore. L’unione uomodonna, come segno e atto di amore, è altamente nobilitato quando include l’amore per l’essere possibile futuro, che da questo atto di amore riceve il dono della vita. L’amore autentico è quello che rispetta il valore vita, su cui si fonda; la vita deriva da una vita precedente in un atto di amore. Se il rispetto del valore vita è garanzia di positivita e autenticità di ogni atto umano, ciò vale in modo specialissimo nei riguardi dell’amore sessuale. Ammettendo pure che nell’amore omosessuale, sentimentale e fisico, vi siano alcuni elementi dell’amore bisessuale, le due azioni sono inconfrontabili, tra di esse vi è una distanza abissale, in quanto nell’atto di amore fisico naturale tra uomo e donna c’è la Anche per il regno animale usiamo l’espressione “epoca degli amori” perchè diamo il nome di amore a quella legge naturale che perpetua la specie mediante l’unione dei due sessi. Si potrebbe dare il nome di amore anche ai mille artefici con cui il mondo vegetale, talvolta meravigliosamente coordinato col mondo animale, realizza la fecondazione, ai fini della sopravvivenza della specie. (continua sul prossimo numero) 44 RILETTURE BAGETTI E GONIN, ILLUSTRATORI ED ARTISTI POLIEDRICI Lo scorso 13 febbraio, alla presenza di Roberto Fresia, Governatore del Distretto Lions 108 IA3, il Sindaco di Moncalvo Aldo Fara ha ricevuto dal presidente del Lions Club “Moncalvo Aleramica” Sergio Alessio l’appena restaurato acquerello “Vue de la Ville de Mouncalv” di Giuseppe Pietro Bagetti. L’opera, conservata nell’ufficio del Sindaco, necessitava di urgenti restauri conservativi, date le condizioni di precarietà in cui versava il supporto cartaceo: l’intervento, sollecitato dalla stessa Sovrintendenza per i Beni Artistici e Storici, è stato compiuto dall’artigiano astigiano Valter Vinai ed è stato interamente finanziato dal Lions Club locale. Negli scorsi anni, l’amministrazione comunale aveva provveduto a far riprodurre l’acquerello del Bagetti su cartoncino, elegantemente contenuto in apposita cartella; dato il favore incontrato dall’iniziativa e poiché la riproduzione era ormai esaurita, se ne è ordinata una seconda serie, a tiratura limitata. Allo stesso modo, nel 1998 era stata riprodotta la “famosa” stampa del castello di Moncalvo, incisa nel 1831 da Francesco Gonin. Per meglio far conoscere questi due artisti piemontesi che hanno contribuito a diffondere l’immagine di Moncalvo tra la fine del ‘700 e la prima metà dell’ ‘800, proponiamo le loro schede biografiche tratte dal ponderosissimo catalogo della mostra “Cultura figurativa e architettonica negli Stati del Re di Sardegna 1773 – 1861”, tenutasi a Torino tra il maggio e il luglio 1980. Nacque a Torino il 14 aprile 1764. Giovanetto fu ammesso al Conservatorio della Chiesa Metropolitana, dove studiò composizione musicale sotto la guida del celebre abate Gaetano Bernardino Ottani, pittore dì rovine musico e tenore bolognese. Ben presto Bagetti si indirizzò anche a studi di architettura ed il 23 dicembre 1782 fu approvato architetto civile e militare dalla Regia Università di Torino, con presentazione di un progetto di arco trionfale. A fianco degli studi tecnico scientifici non smise però di coltivare le discipline umanistiche, affinando la propria cultura musicale ed apprendendo nuovi mezzi pittorici ed espressivi da Pietro Palmieri padre, suo maestro della tecnica all’acquarello e personalità di particolare incidenza per la maturazione del suo linguaggio figurativo. Nel 1792 la particolare sapienza topografica, acquisita nel corso di questi anni, ebbe pubblico riconoscimento nell’incarico conferitogli di insegnare disegno topografico presso la Reale Accademia dei Nobili di Torino e nella nomina, il 28 novembre dello stesso anno, a “maestro di disegno” presso la Reale Accademia Militare. Il graduale processo di affermazione all’interno delle più prestigiose istituzioni pubbliche militari ebbe nuova conferma il 2 agosto dell’anno successivo, quando Vittorio Amedeo III rilevatane “la singolare abilità e perizia nel disegno”, gli conferì la qualifica di “nostro disegnatore di vedute e paesi”, con retribuzione giornaliera di lire sei, oltre alle spese di sussistenza e quelle per le “vetture e cavalcature che gli occorreranno per i viaggi che farà al seguito della corte” (Schede Vesme, 1, 1963, p. 63). Bagetti operò stabilmente al seguito dell’esercito del Regno Sardo, che stava allora invadendo il contado di Nizza e poco GIUSEPPE PIETRO BAGETTI (1764 - 1831) (a cura di Paola Astrua) 45 aux quelles la guerre va donner lieu ”con retribuzione mensile di 250 franchi, due razioni di viveri e due di foraggio (Archivio del servizio geografico dell’armata: Registro di corrispondenza di Brossier; Berthaut, I, p. 285). Il 19 ottobre 1800 l’artista fu riconfermato capitano ingegnere geografo del generale Brune, al cui seguito ripartì per l’Italia. Durante la prima campagna di rilevamento sul Mincio, nell’anno IX (1800-01), mentre le tre sezioni topografiche istituite da Brossier, di recente nominato direttore dell’Ufficio Topografico dell’Armata d’Italia, con a capo Tibelì. Legrand e Martinel, operavano alla verifica e all’ampliamento al triplo della carta di Bacler d’Albe, Bagetti, “peintre paysagiste” insieme a Persico, altro artista italiano con sua stessa qualifica, fu Impegnato a riprendere dalla natura le vedute dei campi di battaglia relative alla campagna di Rivoli. Le istruzioni sui soggetti da dipingere, il punto di vista e l’angolo visuale gli furono impartiti da Brossier stesso, che diresse anche la realizzazione del suo primo acquerello inviato al Dépòt de la Guerre, raffigurante la veduta della Battaglia di Marengo alle 7 di sera, con allegata una legenda esplicativa sui movimenti dei corpi di armata. Nel 1801, dopo le ultime operazioni di guerra, quando il Bureau topografico dell’Armata d’Italia fu trasformato in Ufficio regionale con il compito di eseguire la carta dell’Adige e dell’Adda e dopo che Brossier, nel febbraio trasferì la propria sede da Brescia a Milano. Bagetti, per le incomprensioni sorte nel frattempo con Martinel, nel settembre. rassegnò le sue prime dimissioni. pero non accolte. Il 23 settembre dello stesso anno egli risulta infatti già trasferito a Torino, dove è menzionato con Brambilla tra i vari membri dell’allora soppresso Ufficio topografico piemontese, mantenuti in carica, perché segnalatisi “per qualità di servizio e per istruzione Uno speciale dispaccio del primo console aveva infatti autorizzato la costituzione di un Ufficio Topografico Provvisorio, con sede in Torino, i cui compiti, essendo ormai decaduto il primitivo progetto di compimento della Carta geografica del Pie- dopo il porto di Tolone, fino alla fine delle operazioni militari, nella primavera del 1796, quando rientrò a Torino, dove riprese la propria attività di insegnante. Nel 1797 ebbe contemporaneamente l’incarico di docente di topografia presso la Scuola del Genio, allora in corso di istituzione, presso il Reale Corpo di Artiglieria ed insieme il compito di istruire in tale disciplina i paggi della Reale Casa del Chiablese. Continuò a nutrire i giovanili interessi, mediatigli dal Palmieri (R. d’Azeglio), per la pittura di paesaggio, che nella sua produzione di quegli anni si colori di connotazioni accentuatamente pittoresche e romanticosublimi. Strinse anche relazioni con l’ambiente scientifico-naturalista degli Accademici delle Scienze, con il cav. Spirito Nicolis di Robilant ed il barone Vernazza, determinanti per la sua formazione. Dopo l’occupazione francese del Piemonte e durante l’installazione del Governo Provvisorio a Torino il 10 dicembre 1798, Bagetti rimase in città senza però prendere alcun servizio. Successivamente, entrato a far parte dell’Ufficio Topografico Piemontese, il 20 giugno 1800 fu distaccato all’Armata di Riserva, con il rango di capitano ingegnere geografo. Ma a seguito della vittoriosa campagna di Marengo, questo corpo d’armata fu, poco dopo, disciolto ed i suoi membri trasferiti al Dépòt de la Guerre di Parigi, per ultimare i lavori intrapresi. E assai probabile che cada a questa data il primo soggiorno parigino di Bagetti, ricordato dalle fonti francesi coeve e convalidato da recenti indagini su supporto documentario. A questo viaggio, l’artista sarebbe stato sollecitato anche dagli amici del Gabinetto Topografico Piemontese: Brambilla, Pasquieri, Sismondi, che lo invitavano a trovare nuovi sbocchi al suo spiccalo talento pittorico e topografico. Nel settembre del 1800 Bagetti entrò a far parte del Cabinet Historique et topographique du Comité de Salut publique, diretto dall’aiutante generale Brossier. Su proposta del generale Dupont e con l’appoggio del generale Oudinot, poco dopo Bagetti fu assegnato all’Armata d’Italia come “artiste chargé d’exécuter les vues des sites les plus intéressants des prncipales affaires 46 neziani e nel Tirolo e definitivamente libero dalla tutela di Martinel e dalle sue critiche, dipinse agli ordini di Brossier, 11 vedute della campagna di Rivoli (5 di Rivoli, 3 di Castiglione, 1 di Lonato, 1 di Gavardo, 1 del Campo di Castiglione) e successivamente quelle di Anghiari, Mantova, San Giorgio e de La Favorita. Dal maggio 1803 al marzo 1804, in collaborazione con il cognato Pasquier, anch’egli arruolato nel corpo degli ingegneri geografi dell’armata francese, Bagetti aveva realizzato anche un Plastico di Desenzano e Sirmione, in scala da 1 a 5000, per offrirlo in dono al primo console, che lo apprezzò particolarmente per la minuzia con cui erano stati realizzati i dettagli delle costruzioni e delle colture. Mentre per Bagetti pare essere questa la prima esperienza di rilevamento in rilievo, Pasquier si era già perfezionato nel settore, avendo costruito il Plastico dei dintorni di Torino per il Consigliere di Stato Miot. Il successo del Plastico di Desenzano e Sirmione, fu tale che nell’agosto 1808 si pensò di affidare ai due artisti anche l’incarico di un Plastico del Golfo di La Spezia, ma poiché Pasquier operava a rilevamenti militarmente più urgenti e Bagetti da solo non era in grado di condurre un lavoro di tale precisione, il compito fu deferito agli artisti specializzati della Galleria degli Invalidi. Napoleone apprezzò anche particolarmente le spiccate doti di Bagetti paesaggista, a lui note almeno dal 1805, quando nel corso del soggiorno a Torino visitò la Mostra di Arti e Mestieri, cui Bagetti aveva partecipato con quindici paesaggi nel genere pittoresco. Il rapporto di Bagetti con la propria città d’origine, malgrado le lunghe assenze di viaggio, non si interruppe mai completamente. Nel primo decennio del secolo oltre a dipingere numerosi quadri di paesaggio, per la ricca borghesia locale, molti lodati da Paroletti, l’artista eseguì anche il frontespizio per il suo volume su Superga pubblicato nel 1808. Sempre a Torino nel 1809 “Bagetti amateur ”fu nominato dal prefetto del Dipartimento di Po membro della commissione per la scelta di un pensionario gratuito nel Conservatorio Imperiale di Parigi. Ma nel settembre ebbe ordine dal generale Sanson di recarsi in Ger- monte, dell’abate Lirelli. consistevano esclusivamente nelle operazioni di copia delle carte, rilevamenti, calcoli geodesici eseguiti negli anni precedenti dal corpo degli ingegneri geografi. Non è chiaro quali fossero in tale sede le mansioni di Bagetti “artiste paysagiste ”, anche se è verosimile una sua fase di parziale inerzia in campo topografico. che gli consentì di riprendere i giovanili studi musicali. In collaborazione con il librettista Paolo Luigi Raby, dottore di eloquenza nell’ateneo nazionale, scrisse la composizione musicale: La pace. Cantata. rappresentata a Torino il 14 novembre 1801 e replicata il giorno 24 nel Palazzo Nazionale, alla presenza di tutte le autorità cittadine, con tepido accoglimento di critica. 112 febbraio 1802, con gli altri membri dell’Ufficio Topografico Provvisorio, sottoscrisse una petizione per ottenere il pagamento degli stipendi, in arretrato di oltre sei mesi ed il 5 giugno, grazie anche all’appoggio di Brossier, fu promosso alla terza classe con retribuzione di 1800 franchi. Non essendo ancora state precisate le nuove responsabilità del suo ufficio, nel luglio 1802 fu con Brambilla destinato all’isola d’Elba, agli ordini dell’ingegnere geografo Simonel, per realizzare la nuova Carta dell’isola d’Elba. Ma Bagetti declino l’incarico, forte della sua nomina di “peintre paysagiste”, e, a giustificazione, lamentò la propria incompetenza cartografica. Nel frattempo Bonaparte aveva maturato la volontà di realizzare la Carta dei campi di battaglia del Piemonte e fu costituito il servizio speciale della Sezione Topografica Piemontese. Dall’ottobre 1802, dopo la convocazione di nomina a Milano, fino alla primavera del 1805 Bagetti percorse le vallate delle Alpi Marittime e le colline piemontesi agli ordini di Martinel, seguendo le cui istruzioni eseguì le vedute delle Campagne napoleoniche del 1796-97 e 1800 (cfr. schede nn. 266-268 in questo stesso catalogo). Nel maggio 1805 Bagetti, che il 7 gennaio era stato promosso capitano ingegnere geografo di prima classe, dipinse, agli ordini del generale Vallongue le vedute di Castiglione e di Rivoli. Tra il 1806 e il 1807, trasferito negli stati ex ve47 gno fece ritorno a Torino dove ottenne ben presto i favori della corte. Nel 1817, fu applicato al corpo del genio civile come ingegnere di 2ª classe, con l’annuo stipendio di 1260 lire (A.S.T., Sezioni munite, Genio Civile, Ba 1816-1860, 3). Come “architetto e regio disegnatore” della casa di S.M., ebbe incarico di occuparsi esclusivamente della realizzazione in pittura di “un numero annuale di scontri militari e piani topografici ad essi relativi”, dipinti raffiguranti le più prestigiose vittorie di casa Savoia, da esporsi nella Galleria del Castello di Moncalieri. Già prima del 15 settembre dello stesso anno Vittorio Emanuele I gli aveva commissionato anche una grande mappa, in cui dovevano essere espressi in prospettiva gli Stati Sabaudi di Terraferma, “veduti da un sol punto di vista e in un sol colpo d’occhio”. Opera di cui Bagetti, costruì più tardi anche due versioni in rilievo, che offri in dono al sovrano e che suscitarono l’estatica ammirazione dei contemporanei. Non ultimo il Granduca di Toscana, con cui Bagetti nel 1828 intrattenne fitto carteggio in merito alla possibilità di cessione del modello di piccolo formato. Anche in questi anni di restaurazione Bagetti è sempre presente nelle iniziative culturali e manifestazioni pubbliche di maggior rilievo: per la Guida di Torino del Paroletti, edita nel 1819, disegnò le tavole illustrative delle fasi di sviluppo urbano ed ampliamento della cinta muraria della città. Nel 1820 partecipò alla Mostra di arte antica e moderna con i primi quadri realizzati della serie delle vittorie sabaude. Con l’avvento al trono di Carlo Felice si dedicò quasi esclusivamente alla pittura di paesaggio e realizzò la serie dei Paesaggi di invenzione di Palazzo Reale. Fu nominato dal Sovrano, in qualità di “disegnatore di vedute e paesi”, come docente presso la Reale Accademia di Belle Arti, dove già compare menzionato negli statuti manoscritti del 1822. Nel novembre dello stesso anno Bagetti propose che la Reale Accademia fosse affiancata al Regio Corpo degli Edili per l’esercizio di tutela su opere di decorazione pittorica e scultorea e più tardi nel 1825 fu partecipe, con Canelli, Biscarra, Serangeli e Randoni della commissione mania per riprendere dalla natura gli schizzi necessari alla realizzazione delle vedute per le campagne di Ulma ed Austerlitz. del 1806 e 1809. Il 7 giugno 1810 Bagetti è a Parigi ed è ricevuto dall’Imperatrice, cui offri in dono un dipinto con l’Arco dell’Étoile al momento dell’ingresso trionfale dei Sovrani con il loro seguito. Sempre a Parigi, nel 1811, al ritorno dalla missione romana affidatagli dall’Imperatore, il pittore fu insignito della Legion d’onore per la grande Veduta d’Italia dalle Alpi fino a Napoli. L’opera gli era stata commissionata da Napoleone, ammirato da un analogo suo dipinto raffigurante a volo d’uccello il Teatro delle operazioni dell’Armata di Riserva. Pare molto probabile un viaggio di Bagetti a Napoli per realizzare, à pendant del primo quadro, una grande Veduta da Napoli fino alle Alpi, non potuta realizzare perché nel febbraio del 1812 ebbe l’ordine di seguire la Grande Armata nella Campagna di Russia. Approfittando dell’attraversamento di Germania e Prussia Bagetti riprese ancora altre Vedute dei Campi di Battaglia del 1806 e 1807 ed Il paesaggio dello Niemen. Nel settembre ammalatosi a Vilna fu costretto a ripiegare su Vienna, poi su Strasburgo e infine a ritornare in Francia, dove fu premiato con medaglia d’oro al Salon di Parigi di quell’anno. Nella primavera del 1813 la sua presenza fu nuovamente richiesta sul terreno di rilevamento attivo e qui riprese i campi di Bautzen, di Dresda e le vedute dell’Elba. Nel settembre, per questioni di salute, fu definitivamente costretto a ritornare a Parigi. Durante la restaurazione Bagetti continuò a rimanere a Parigi: dopo il riassetto del Dépòt de la Guerre, nel 1814 fu riconfermato “ peintre paysagiste”, mentre il collega pittore francese Mallet ebbe incarico analogo, ma riservato alle parti in figura. Bagetti partecipò al Salon di quell’anno con numerosi paesaggi ed il 28 dicembre espose al Louvre il dipinto raffigurante l’ingresso di Luigi XVIII alle Tuileries, “composto di innumerevoli figure” e “a vista d’uccello”. Nel 1815, ritenuto elemento sospetto, fu congedato dal Dépòt de la Guerre e con l’appoggio del marchese Alfieri di Soste48 anno con Carlo Randoni ottenne l’annua pensione di lire 300 (A.S.T., Sezioni Riunite, Genio Civile, Ba 1816-1860, 3). Nel 1827, a coronamento di una vita di studio e ricerca, pubblicò il trattato dell’Analisi sull’unità d’effetto nella Pittura e della imitazione nelle Belle Arti, ed il 29 aprile 1831 mori a Torino, dopo una lunga malattia nel corso della quale aveva ripreso i propri studi di composizione musicale. incaricata d’esaminare il progetto del pittore Rayneri per la costituzione di una Conservatoria dei monumenti di antichità ed arte. Ottenne la medaglia coniata per la ricostituzione della Accademia e nel 1826 fu decorato delle insegne di cavaliere dell’Ordine Mauriziano e dell’Ordine Militare di Savoia. Nell’aprile 1825 era stato nominato ispettore di 2ª classe nel corpo del genio civile ed il 23 luglio dello stesso 49 il Marchese di Breme, per la contessa Seyssel. Decorazione del castello di Arignano (in collaborazione con Luigi Vacca). Gonin non registra il disegno Il professore di pittura Luigi Vacca con la sua famiglia esposto in questo anno al Valentino. 1833. Maometto lI recide la testa di uno schiavo alla presenza del pittore Bellini, in realtà esposto al Valentino l’anno precedente. Ritratto di Carlo Ceppi a cavallo, olio; Ritratto di Maria Vittoria di Carignano-Villafranca, acquerello. 1834. Morte di Adelaide Lascaris Ventimiglia, “vari acquerelli per il Re”. 1835. In marzo Gonin si reca a Milano, ospite in casa di Massimo d’Azeglio e nello studio di Giuseppe Molteni, il cui interno rappresenta in un acquerello. Nell’aprilemaggio soggiorna a Parigi con il Marchese di Breme, tornando quindi a Milano. Tra le varie commissioni milanesi ricorda “un quadro per il signor Galli”, identificabile con Il Tremacoldo che canta le lodi di Bice nel Palazzo Arcivescovile di Bellano, dal Marco Visconti del Grossi, esposto a Brera con altre cinque opere (Atti..., pp. 16-17). Le note osservazioni di d’Azeglio (I miei ricordi, ed. 1949, p. 475) sulla vitalità dell’ambiente artistico e del mercato milanesi contrapposta alla situazione torinese ritornano nel Diario di Gonin: “Questo primo soggiorno in Milano fu per me la più bella e brillante epoca della mia vita artistica. Ero giovane.., nuovo affatto alla vita che allora facevasi a Milano, vita tutta d’arte e di generosa emulazione fra gli artisti... Tutti ricevevano commissioni che era una gara a chi ne dava di più. onde vedere all’esposizioni le migliori opere fregiate dai loro nomi, quadro e statua del tale, commissione del tale, ecco le parole poche che portava il catalogo, ma bastavano per procacciare agli artisti lavoro tutto l’anno...” 1836. Acquerelli con le Uniformi dell’armata di commissione Carlo Alberto. L’Ammalata e La Lettura della Bibbia, acquistati da Carlo Alberto e poi collocati nel Castello di Pollenzo. Giovanna Cray che 5 viene all’annuncio della sua elezione al trono, di commissione Bertolazzone d’Arrache, esposto al Valentino nel 1838. FRANCESCO GONIN (1808-89) (a cura di Maria Cristina Gozzoli e Fernando Mazzocca) Nato a Torino da genitori valdesi, Giovanni, originario di Luserna in Val Pellice, e la ginevrina Sara Castagnier, frequentò sino al 1828 l’Accademia, prima sotto la direzione di Lorenzo Pécheux, poi di Giovan Battista Biscarra, lavorando già come aiuto dello scenografo Fabrizio Sevesi al Teatro Regio e di Luigi Vacca alla decorazione di Altacomba (1826 e 1827). Nel 1829, anno del matrimonio con la figlia di Luigi Vacca. Olimpia, esordisce al Valentino con il Diluvio universale acquistato dal Marchese di Cinzano. A partire da questa data inizia una vastissima attività di decoratore d’ambienti, frescante, pittore storico e sacro, ritrattista, minuziosamente annotato nel cosiddetto Diario inedito (in realtà Memorie stese in data imprecisata), già di proprietà Marziano Bernardi. L’enorme produzione artistica, emergente dal Diario, attende tuttora una catalogazione e sistemazione critica, logicamente impossibile in questa sede. Si propone allora un primo contributo, consistente nell’elencazione sino al 1861 delle opere più importanti, registrate ad annum nel Diario, corredata dai dati emersi durante la ricerca per questa mostra. 1830. “Decorazione della villa Cristina, messa a nuovo dall’architetto Talucchi per la Regina Maria Cristina” (in collaborazione con Luigi Vacca). 1831. Prima rivista passata da Carlo Alberto, olio, offerto a Carlo Alberto e da lui accettato con ricompensa di 300 franchi, poi donato dal sovrano al Conte di Castagnetto e quindi ricomprato da Gonin per 40 lire sul mercato antiquario. Sovraporte con L’arresto del conte di Carmagnola, I Vespri Siciliani, Carlo Magno al passaggio delle Chiuse, Giulietta e Romeo di commissione dell’avvocato Gattino, i primi tre esposti al Valentino nel 1832. 1832. Morte di Francesco di Carrara, olio di commissione dello scultore Marocchetti, Due putti scherzanti su un letto, acquerelli per la Duchessa di Clermont-Tonnerre, per 50 1843 insieme ad altre quattro opere (Atti…, p. 23). 1843. Cinque Santi di casa Savoia nella cappella di Racconigi. I Sindaci di Torino protestano la loro fedeltà al duca, La lettura di famiglia di commissione dell’inglese Harding, esposto a Brera in quell’anno (Atti..., p. 23). 1844. Quattro quadri storici per Carlo Alberto: Vittorio Amedeo Il che distribuisce il collare dell’Annunziata ai poveri, La morte del carabiniere Scapaccino, Eroismo dei fratelli Cocito, Maria Bricca, qui esposti; il Duca Sforza che si reca col seguito a visitare l’ultima Cena di Leonardo per il duca Litta di Milano; una Messa in una grotta al tempo della persecuzione religiosa in Irlanda (anno 1633 circa), e Una messa in mare sulle coste della Brettagna (anno 1795), di commissione del signor Mestrallet, esposti alla Promotrice. 1845. Il Ballila per Carlo Alberto; per il signor Mestrallet un Bazar di schiave, esposto alla Promotrice del 1846 (n. 198), la Fuga in Egitto, Beatrice Cenci, condotta al patibolo, viene liberata dagli allievi di Guido Reni, esposto alla Promotrice; il soffitto a fresco del Teatro Carignano ed un sipario per quello di La Spezia; gli affreschi della cupola della chiesa della SS. Trinità a Torino insieme al suocero Luigi Vacca, terminati nel 1847. 1846. I Contadini d’Isson che incendiano le loro case per distruggere gli alloggiamenti dei Francesi per Carlo Alberto (non reperito); il Ritorno in famiglia, per il cavalier Busca di Milano; vari ritratti, alcuni esposti alla Promotrice. 1847. Termina gli affreschi nella Sala delle Guardie del Corpo a Palazzo Reale; una medaglia a olio per il Caffè Nazionale; espone parecchi ritratti all’acquerello alla Promotrice, tra cui i Ritratti delle LL.AA.RR. il Principe di Piemonte, il Duca d’Aosta e Madama Clotilde di Savoia. 1848. Il sipario per il Teatro Nazionale: gli affreschi per la volta della Camera dei Deputati a Palazzo Carignano; un Baccanale ed un Consiglio di famiglia esposti alla Promotrice. 1849. Fatto d’armi nella campagna del 1848 per il Generale Maffei; un ritratto 1837. Francesca I fatto prigioniero alla battaglia di Pavia di commissione Carlo Alberto, Il Beato Umberto di Savoia e Il Beato Bonifazio. di commissione Carlo Alberto, collocati con altri sette ritratti di Savoia morti in fama di santità nella Sala del Consiglio in Palazzo Reale (C. Rovere, 1858, p. 124). Lunette con profeti nella volta della cattedrale di San Giovanni. decorazione in collaborazione col Vacca e col Fea, in realtà iniziata nel 1836 (“Gazzetta Piemontese”, 17 dicembre 1836, n. 286) e conclusa nel 1837 (“Gazzetta Piemontese”, 13 ottobre 1837, n. 234). 1838. il conte Umberto Biancamano, unitamente ad Eriberto vescovo di Milano, conduce un’armata in soccorso all’imperatore Corrado il Salico, affresco nello scomparto centrale della volta della Sala del Pranzo in Palazzo Reale (C. Rovere, 1858, p. 153). 1839. Il Beato Umberto in preghiera di commissione Carlo Alberto, tuttora conservato nella chiesa di patronato dei Savoia a Racconigi. 1840. La Battaglia di Mombaldone e Un fatto d’arme del conte Filippo di Savoia (non reperito) di commissione Carlo Alberto. 27 figure di danzatrici e due fame per il fregio della Sala da ballo di Palazzo Reale (C. Rovere. 1858, p. 162). Marchese di Pianezza, Renato di Challant e Atanasio Germonio per la Galleria del Daniele in Palazzo Reale (C. Rovere, 1858, p. 140141). 1841. Morte di Sant’Alberto e Madonna col Bambino in gloria nella cappella gotica di Racconigi. 1842. Il corpo di Patroclo difeso dagli Aiacidi, il Duello tra Ettore e Aiace, Apollo che nasconde Ettore in una nube per sottrarlo alla lancia di Achille, affreschi nella Rotonda dell’Armeria in Palazzo Reale (C. Rovere, 1858, p. 129). 1 Piemontesi sulle alture dell’Aution respingono l’esercito francese di commissione Carlo Alberto (non reperito e non elencato dal Rovere: documentato però dall’incisione di Zino in T. Vallauri, 1845). La buona figlia e la Cena in casa dei Lapi. di commissione del milanese Gaggi e esposti a Brera nel 51 grande al vero per il Duca di Genova; collabora alle decorazioni della cattedrale per i funerali di Carlo Alberto. 1850. L’Angelo custode; la Morte di Carlo Alberto; La rocca dl’ Sapay presso Viù. Il Duca, poi re Vittorio Amedeo I!, dà ai contadini affamati l’oro del suo collare da lui fatto a pezzi, Gli abitatori d’Issone in val di Stura assalgono valorosamente i Francesi capitanati dal principe di Conti, esposti alla Promotrice. 1851. La battaglia di Torino del 1797 per il Duca di Genova presentato alla Promotrice del 1852; il ritratto di Vittorio Emanuele II per il Ministero degli Esteri, ordinato da Massimo d’Azeglio; il ritratto della Regina per il Casino di Aix-les-Bains; l’Incontro della Veronica per il conte Carlo Alfieri di Magliano. 1852. Affreschi per la chiesa di San Massimo in Borgo Nuovo: un Mercato di schiave a Costantinopoli, per il principe Eugenio di Savoia Carignano, presentato alla Promotrice. 1853. Affreschi in casa Cavour: il Sacco di Roma per il Mestrallet esposto alla Promotrice, insieme ad alcuni paesaggi e ritratti. 1854. Affreschi, ordinatigli dall’architetto Carlo Sada. per il teatro di Alessandria: la B. V. Assunta, con Gloria d’Angeli, esposto alla Promotrice; affreschi per la volta del Caffè Ligure. 1855. Dipinti all’encausto per la chiesa di San Dalmazzo a Torino; Episodio della vita di Cola di Rienzi per il libraio Giacomo Fiore ed un Ilia rapito dalle ninfe per Carlo Ceppi, esposto alla Promotrice. 1856. Ritratti all’acquerello di Massimo d’Azeglio e di Alfonso Lamarmora per il Marocchetti: altri quadri ad encausto per San Dalmazzo. 1857. Doni dell’autunno, Ritratto equestre di Vittorio Emanuele li con seguito, Morte del Duca di Savoia Carlo Emanuele Il presentati alla Promotrice; la Resurrezione di Lazzaro ed un Cristoforo Colombo in carcere presentati alla Promotrice l’anno dopo; un ritratto di Gaudenzio Ferrari per il Circolo degli Artisti. 1858. Affreschi per il Duomo di Torino, di Vigevano e Mondovì. 1859. Affreschi nella Villa Sada a Sestri Ponente; vari soggetti di genere e paesaggi esposti alla Promotrice, insieme ad un pala d’altare con S. Filippo Neri, S. Francesco Saverio e S. Francesco di Sales in adorazione della Croce. 1860. Affreschi e sipario (Apoteosi di Alfieri) per il teatro di Asti; i ritratti di Vittorio Emanuele Il e Maria Adelaide per il principe Gerolamo Bonaparte. 1861. Affreschi nella chiesa Sforzesca presso Vigevano per il marchese Rocca Saporiti; otto baccanti dipinte “a colla” per il soffitto del Teatro Regio di Torino, nella “nuova decorazione lavoro di Angelo Moja, annullante quella di Palagi”. M.C.G. Altrettanto vasta fu la sua attività di illustratore litografo, puntualmente registrata nei ricordi manoscritti. Dopo aver ricordato in data 1820 i suoi primi tentativi presso lo stabilimento litografico di Felice Festa, ricorda nel 1823-24 le tavole eseguite per il Viaggio romantico-pittorico e le Vite di 60 Piemontesi illustri. Nel 1829 registra la pubblicazione per proprio “conto di una serie di piccole litografie col titolo Souvenirs d’Hautecombe, erano vedute del monastero e della chiesa, ne vendetti discretamente, fu così la coda dei guadagni fatti colà”. Nel 1831 esegue “ventitré ritratti di casa Savoia per Marietti” , una litografia della statua di monsignor Mossi del Marocchetti. i ritratti litografici di Carlo Alberto e Maria Teresa dai quadri del CavaIlieri, Nel 1832 sempre per Marietti Vari ritratti di illustri Piemontesi riuniti col titolo Collana di uomini illustri e quattro ritratti di casa Savoia. Nel 1834 Gonin ricorda di aver disegnato “una quantità di costumi, fra i quali quelli della quadriglia della Marchesa di Breme, per il ballo in costume dato dal Cav. Foster, ambasciatore d’Inghilterra, nel Palazzo d’Avigliano dove abitava. Intervengo anch’io in abito del 1500 e disegno sul sito la sala e molti travestimenti, poi pubblico per mio conto 15 fogli di litografie colorate rappresentanti le principali quadriglie e costumi più rimarchevoli della festa”. Nel 52 Olivero. Nel 1846 e nel 1847 sono importanti i suoi disegni per le vignette, incise sul legno, da inserire nella nuova rivista pubblicata da Pomba il “Mondo illustrato”. Del 1849 sono ritratti dei nuovi Sovrani e del generale Maffei; nel 1851 esegue varie litografie per la Società di Belle Arti”, nel 1855 ricorda il suo “Tentativo di giornale artistico-illustrato, intitolato L’Arte moderna”, durato un solo semestre. Del 1856 e 1861 sono un ritratto del re Vittorio Emanuele “con seguito da un acquerello del Conte Grimaldi ed un altro ritratto del Re per il negoziante Maggi”. Infine nel 1862 ricordiamo due litografie delle Battaglie di Calatafimi e del Volturno. 1835 disegna un quadro di Teniers, per essere inciso nella serie della R. Galleria di Roberto d’Azeglio. Nel 1837 rammenta i disegni per le illustrazioni del “Viaggio in Sardegna di Alberto Lamarmora”. Nel 1839, in occasione della visita del Principe imperiale di Russia, esegue in litografia per conto della R. Casa vari disegni rappresentanti il Torneo” tenuto al Teatro Regio in onore del Sovrano, ed inizia a disegnare le vignette per i Promessi Sposi. Nel 1842 esegue i ritratti di Vittorio Emanuele II e Maria Adelaide i costumi della quadriglia e la veduta generale della giostra tenuta in piazza San Carlo in occasione del loro matrimonio. Del 1844 sono le riproduzioni, sempre in litografia per l’editore Speciani, dei quadri eseguiti nella chiesa dei Santi Martiri dal suocero Luigi Vacca, e i ritratti dei Sommi Pontefici, litografati per l’avv. F. M. NOTIZIE di presentazione della manifestazione (dal 7 al 12 maggio) e la tavola rotonda dal titolo “Il teatro nella scuola dell’autonomia”. Quest’ultimo incontro si è svolto nel pomeriggio di mercoledì 9 maggio, alla presenza delle insegnanti elementari, molto interessate al tema in discussione. Moderatore dell’animato dibattito è stato il regista Salvatore Leto. RASSEGNA “TEATRO OLTRE CONFINE” Nell’ambito della rassegna “Teatro oltre confine” realizzata dall’Istituto Comprensivo moncalvese in collaborazione con la Provincia di Asti e il Comune, la Biblioteca civica ha ospitato la conferenza stampa 53 che giorno, a raccontare del suo mestiere di giornalista. GINO NEBIOLO IN BIBLIOTECA Un moncalvese che davvero “ha fatto strada”: così potremmo definire Gino Nebiolo, personaggio tanto famigliare al grande pubblico dei lettori e dei telespettatori, nonché nostro apprezzato Collaboratore (chi non se lo ricordi vada a rileggere nel n. 10 l’articolo sulla “Rotonda di Moncalvo”). Giornalista della carta stampata e delle testate televisive, inviato all’estero nelle situazioni più “calde” e disagevoli, autore di tanti reportages, Gino Nebiolo è tornato a Moncalvo, seppure solo per qual- INCONTRO CON GLI EBREI RECENSIONI Anna Maria Musso Casorzo: la sua gente, la sua storia nei documenti e nei ricordi s.i.e., 2001 «Dedico questo libro a mio padre che, attraverso la musica ed il canto, profuse, con generoso slancio, tante energie per questo paese, in cui continua a vivere nella memoria dei suoi amici». Quel padre è Ernesto Musso, musicista, capo di un’orchestra leggera, direttore della cantoria parrocchiale; il paese è Casorzo e l’autrice di quelle parole è Anna Maria Musso, che ha posto la dedica all’inizio del suo recente volume sulla storia di Casorzo. Meglio sarebbe dire «storie», più che «storia»: il volume ripercorre infatti le vicende secolari di una comunità monferrina a cavallo tra Casalese e Astigiano, presentando al lettore in una serie di articoli piuttosto indipendenti tra loro i più svariati aspetti della vita dei casorzesi, dai primordi fino alle soglie del Duemila. Leggiamo allora delle probabili seppure nebulose origini tardo-romane di quel «pagus», della influenza esercitata dalla potente abbazia aleramica della vicina Grazzano, della concessione alla comunità degli statuti medievali (primi anni del secolo XIV). Riguardo a quest’ultimo aspetto, tanto importante per la vita sociale di un paese, in quanto ne sanciva una relativa autonomia, sebbene sotto la tutela dell’autorità superiore, l’Autrice introduce una rapida rilettura delle parti più interessanti, facendole precedere da facili ed opportune annotazioni di ordine storico-giuridico, ad uso e consumo del lettore. Non mancano poi alcune «incursioni» nell’archivio parrocchiale, in particolare tra le pagine dei registri di battesimo, matrimonio e morte, datanti già dal 1580, in ottemperanza ai dettami del Concilio di Trento che da poco si era concluso. Ampio spazio Anna Maria Musso concede alla tragica vicenda occorsa ai suoi antichi compaesani, che nel 1642 dovettero sottostare alla crudeltà del governatore di Trino, Britti, il quale, non avendo potuto sfogare il proprio odio contro quelli di Grazzano (avvertiti del suo arrivo, si erano rifugiati nei boschi), mise a ferro e fuoco il paese di Casorzo, facendo perire nel vano 54 del campanile 147 tra donne, bambini e vecchi, oltre al parroco, don Giacomo Francesco Beccari. Per una migliore conoscenza delle trasformazioni avvenute nel territorio del Comune, il libro riporta poi una parziale trascrizione del catasto settecentesco, con i relativi toponimi. Il volume della Musso dedica ampio spazio alla vita religiosa casorzese, con particolare riguardo per gli edifici sacri esistenti in zona e per le figure di sacerdoti che hanno retto la parrocchia nel corso dei secoli, da don Zanino Scarabello (secolo XV) fino all’attuale Parroco, don Ivo Trevisan. Si parla poi ancora degli aspetti più comuni della vita quotidiana nell’Ottocento, dell’economia prevalentemente agricola con solo qualche concessione all’artigianato, dell’istruzione pubblica: Anna Maria Musso, da buona insegnante, non poteva mancare di proporre anche un nutrito elenco di maestri elementari, tra i quali un certo Giovanni Battista Scazzola, veterano della seconda Guerra di Indipendenza, che resse la scuola comunale dal 1873 al 1918 «con classi maschili di 43 alunni»! Un omaggio doveroso offre l’Autrice ai compaesani caduti per la Patria e decorati al valore e alla vasta schiera dei Sindaci ed amministratori civici, dal maire Dalla Valle (1812) fino a Giuseppe Pavese (in carica fino al maggio 2001). Pochi sapranno poi che a Casorzo ha sede una discreta comunità evangelica, sorta nel 1889 e tanto inconsueta tra le colline del nostro Monferrato: alla Chiesa dei «Fratelli» sono dedicate alcune pagine del libro, che spiegano le caratteristiche, l’attività e l’attualità di questa colonia acattolica casorzese, tanto radicata sul territorio da istituire una efficiente casa di riposo tuttora in pieno esercizio. Alle notizie documentate, basate quindi sulle carte d’archivio e sugli indispensabili sussidi bibliografici, fanno poi seguito alcune notizie di particolari aspetti della vita di Casorzo tratte da testimonianze orali («al palasi dl’ebrei», la passione per la musica e il canto, l’agricoltura alle soglie del fatidico terzo millennio). Alcune rime dialettali di poeti locali chiudono il volume, così come un «Indovinello» in versi casorzesi, dovuti all’estro di don Luigi Sanlorenzo («Don Bic»), avevano fatto da prologo all’intera opera. Non si può che apprezzare l’impegno e la passione dimostrati da Anna Maria Musso nelle sue ricerche e nell’organizzazione del volume, destinato e dedicato innanzitutto ai propri compaesani; il libro è di gradevole lettura, le notizie sono esposte con facilità, badando ad una forma giustamente divulgativa, piuttosto che freddamente e tecnicamente scientifica. È insomma un’opera che tutti possono sfogliare, leggere, poi magari rileggere per meglio comprendere. Direi che il nobile e lodevole desiderio di conoscere meglio il proprio mondo, le proprie «radici», il passato della propria gente ha saputo esprimersi compiutamente in un bel libro che saprà interessare un vasto pubblico di lettori; e con una certa soddisfazione, ho constatato di avervi contribuito, indirettamente, anch’io. a. a. 55 DONI DI LIBRI • Il dottor Giuseppe Spina ha donato parecchi altri volumi di vario argomento (narrativa, storia, saggistica). • Il presidente Allemano ha donato una vasta serie di programmi didattici e professionali per personal computer, corredati da molti manuali operativi e volumi di informatica. • Mario Accossato, nuovo Governatore del Distretto Lions 108 IA 3, ha donato 20 volumi di narrativa contemporanea e saggistica. • Il dottor Luigi Mayno di Milano ha donato una serie di 79 volumi, prevalentemente di politica, economia, religione e narrativa: della donazione fa parte anche l’enciclopedia completa “Tuttitalia”. • RIVISTE E LIBRI GIUNTI • “Asti contemporanea” n. 7, edito dall’Istituto per la storia della resistenza e della società contemporanea in provincia di Asti • “Monferrato arte e storia” n. 12, edito dall’Associazione casalese Arte e Storia • “Il Platano”, anno XXV - 2000 (I e II semestre) • “Curzio Gonzaga fedele d’amore letterato e politico”, atti del convegno di studi, Torino 1999 (dono delle Edizioni Verso l’Arte di Cerrina) • “al païs d’Lu”, periodico mensile; numeri vari. 56 La rivista “Il Platano” è edita annualmente dall’Associazione “Amici di Asti”. Pubblica saggi e studi, ricerche e documenti inediti, notizie di manifestazioni culturali interessanti la nostra Regione. Il recapito è presso Cepros via M. D’Azeglio 42 Asti (tel. 0141–593281) 57 Sui PROSSIMi NUMERi “Qualche voce ancora dell’eterno” (II parte) Morte gloriosa e solenni funerali del generale Carlo Montanari Un prevosto di Moncalvo commenta lo Statuto albertino (1848) (inedito assoluto) Il senatore Carlo Francesco Ferraris (1850-1924) Riletture Qualche proverbio monferrino di Agostino Della Sala Spada Moncalvo nelle pagine di Giuseppe Niccolini APPELLO AI LETTORI Per arricchire di documentazione la sezione di storia locale della Biblioteca civica rivolgiamo un appello a tutti i Lettori che posseggano annate o numeri sciolti dei seguenti periodici: La Buona Parola (dal 1936 in poi) L’Eco del Monferrato L’Eco moncalvese (dal 1975 in poi) a contattare la Direzione della Biblioteca. I giornali saranno trattati con ogni cura e precauzione, fotocopiati e riconsegnati ai proprietari in brevissimo tempo. Chi collaborerà riceverà in omaggio una pubblicazione. Si ringraziano quanti hanno già raccolto l’appello. Realizzato in proprio presso la Biblioteca civica “F. Montanari” piazza Buronzo 2 - 14036 Moncalvo (AT) tel. e fax 0141. 917427 Indirizzo Internet: http://provincia.asti.it/comuni/moncalvo/moncalvo.htm E–mail: [email protected] Distribuzione gratuita. I numeri arretrati, se disponibili, vengono ceduti previo rimborso delle spese di riproduzione. È vietata la riproduzione di testo e immagini contenuti in questo Bollettino –anche per quanto riguarda le “pagine Internet”– senza l’autorizzazione scritta della Redazione 58