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La pazzia di Orlando
Ludovico Ariosto 788 T11.8 11 La pazzia di Orlando Nei primi versi dell’ Orlando furioso ( T11.4) Ariosto aveva preannunciato ai suoi lettori un evento sensazionale: «Dirò d’Orlando in un medesmo tratto / cosa mai detta in prosa mai né in rima: / che per amor venne in furore e matto, / d’uom che sì saggio era stimato prima». Finalmente, nel centro esatto del poema (il XXIII Canto), il poeta mantiene la promessa: il ORLANDO FURIOSO 5 10 15 2. senza via: selvaggio, intricato. 3. andò... fallo: per due giorni lo cercò inutilmente. 4. averne spia: trovarne traccia. 5. rivo: ruscello. 7. di nativo... dipinto: bello (vago) e colorato di un bel verde naturale (nativo). 8. distinto: ornato. 9. Il merigge... orezzo: il calore meridiano rendeva gradevole la fresca ombra. 10. al duro... ignudo: anche al bestiame avvezzo alle intemperie (duro) e al pastore non appesantito da vestiti (ignudo). paladino, impegnato come sempre in eroiche imprese, si sta battendo con il saraceno Mandricardo che viene trascinato via dal suo cavallo imbizzarrito. Inseguendo l’avversario, Orlando capita proprio nei luoghi che sono stati testimoni della storia d’amore tra Angelica e Medoro, e ne recano i segni visibili. 100 Lo strano corso che tenne il cavallo del Saracin pel bosco senza via, fece ch’Orlando andò duo giorni in fallo, né lo trovò, né poté averne spia. Giunse ad un rivo che parea cristallo, ne le cui sponde un bel pratel fioria, di nativo color vago e dipinto, e di molti e belli arbori distinto. 101 Il merigge facea grato l’orezzo al duro armento et al pastore ignudo; sì che né Orlando sentia alcun ribrezzo, che la corazza avea, l’elmo e lo scudo. Quivi egli entrò per riposarvi in mezzo; e v’ebbe travaglioso albergo e crudo, e più che dir si possa empio soggiorno, quell’infelice e sfortunato giorno. 102 Volgendosi ivi intorno, vide scritti molti arbuscelli in su l’ombrosa riva. Tosto che fermi v’ebbe gli occhi e fitti, fu certo esser di man de la sua diva. Questo era un di quei lochi già descritti, ove sovente con Medor veniva da casa del pastore indi vicina la bella donna del Catai regina. 103 Angelica e Medor con cento nodi legati insieme, e in cento lochi vede. L Ludovico Ariosto (Canto XXIII, ottave 100-136, a cura di L. Caretti, Einaudi, Torino, 1971) TESTI 20 25 11. né: neppure. ribrezzo: brivido di freddo. 14. e v’ebbe... crudo: e vi trovò dimora do- lorosa e crudele. 15. empio: funesto. 19. fitti: fissati. 20. la sua diva: la sua dea, Angelica. 23. indi vicina: poco lontana di lì. Sull’amore di Angelica e Medoro cfr. T11.7. 25-26. Angelica... La follia di Orlando (dal frontespizio di un’edizione del 1526) vede: vede dovunque i nomi di Angelica e Medoro (incisi sugli alberi) intrecciati tra loro in forme diverse. Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento Il capolavoro 35 40 28. fiede: ferisce. 30. quel ch’... crede: quello che suo malgrado è costretto a credere. 33. queste note: questa scrittura. 35. finger questo Medoro: può aver inventato il nome di Medoro. 36. cognome: soprannome. 38. usando... medesmo: ingannando se stesso. 40. che... procacciando: (la speranza) che gli riuscì di procurarsi da sé. 42. rio: malvagio, doloroso. 44. ragna: la rete che i cacciatori usavano predisporre nei boschi per catturare la selvaggina. visco: vischio, le cui bacche contengono una sostanza appiccicosa. 45-46. si prova di disbrigar: cerca di liberarsi. 47. s’incurva: si piega, formando una grotta. 49. adorno: adornato. 50. coi piedi storti: 45 50 55 60 Quante lettere son, tanti son chiodi coi quali Amore il cor gli punge e fiede. Va col pensier cercando in mille modi non creder quel ch’al suo dispetto crede: ch’altra Angelica sia creder si sforza, ch’abbia scritto il suo nome in quella scorza. 104 Poi dice: – Conosco io pur queste note: di tal’io n’ho tante vedute e lette. Finger questo Medoro ella si puote: forse ch’a me questo cognome mette. – Con tali opinïon dal ver remote usando fraude a sé medesmo, stette ne la speranza il malcontento Orlando, che si seppe a se stesso ir procacciando. 105 Ma sempre più raccende e più rinuova, quanto spenger più cerca, il rio sospetto: come l’incauto augel che si ritrova in ragna o in visco aver dato di petto, quanto più batte l’ale e più si prova di disbrigar, più vi si lega stretto. Orlando viene ove s’incurva il monte a guisa d’arco in su la chiara fonte. 106 Aveano in su l’entrata il luogo adorno coi piedi storti edere e viti erranti. Quivi soleano al più cocente giorno stare abbracciati i duo felici amanti. V’aveano i nomi lor dentro e d’intorno, più che in altro dei luoghi circonstanti, scritti qual con carbone e qual con gesso, e qual con punte di coltelli impresso. 107 Il mesto conte a piè quivi discese; e vide in su l’entrata de la grotta parole assai, che di sua man distese Medoro avea, che parean scritte allotta. Del gran piacer che ne la grotta prese, questa sentenzia in versi avea ridotta. Che fosse culta in suo linguaggio io penso; et era ne la nostra tale il senso: coi loro rami intrecciati. erranti: rampicanti, che crescevano in tutte le direzioni. 51. al più cocente giorno: nell’ora più calda del giorno. 53. V’aveano: da collegare a scritti, v. 55. 59. distese: scritte. 60. allotta: proprio allora. 61-62. Del... ridotta: del grande piacere amoroso che aveva provato dentro quella grotta aveva espresso questo ricordo in ver- T11.8 LUDOVICO ARIOSTO - TESTI Cinquecento 30 789 L’Orlando furioso si. 63. culta: espressa con arte. in suo linguaggio: in arabo. 64. ne la nostra: nella nostra lingua. Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento Ludovico Ariosto 790 65 70 75 80 85 66. opaca: ombrosa. grata: gradevole. 70. commodità: piacere. 73. amante: innamorato. 75. o paesana o vïandante: nativa del luogo o straniera. 76. che... Fortuna: che sia condotta qui dalla sua volontà o dal caso. 77. rio: ruscello. 78-79. benigno... il coro: siano benigni con voi il sole, la luna, il coro delle ninfe. 79-80. che proveggia... greggia: che provveda affinché nessun pastore conduca tra voi il suo gregge (in modo che questo luogo, reso sacro dall’amore, si mantenga intatto). 90 95 100 11 TESTI 108 «Liete piante, verdi erbe, limpide acque, spelunca opaca e di fredde ombre grata, dove la bella Angelica che nacque di Galafron, da molti invano amata, spesso ne le mie braccia nuda giacque; de la commodità che qui m’è data, io povero Medor ricompensarvi d’altro non posso, che d’ognior lodarvi; 109 e di pregare ogni signore amante, e cavalieri e damigelle, e ognuna persona, o paesana o vïandante, che qui sua volontà meni o Fortuna; ch’all’erbe, all’ombre, all’antro, al rio, alle piante dica: benigno abbiate e sole e luna, e de le ninfe il coro, che proveggia che non conduca a voi pastor mai greggia». 110 Era scritto in arabico, che ’l conte intendea così ben come latino: fra molte lingue e molte ch’avea pronte, prontissima avea quella il paladino; e gli schivò più volte e danni et onte, che si trovò tra il popul saracino: ma non si vanti, se già n’ebbe frutto, ch’un danno or n’ha, che può scontargli il tutto. 111 Tre volte e quattro e sei lesse lo scritto quello infelice, e pur cercando invano che non vi fosse quel che v’era scritto; e sempre lo vedea più chiaro e piano: et ogni volta in mezzo il petto afflitto stringersi il cor sentia con fredda mano. Rimase al fin con gli occhi e con la mente fissi nel sasso, al sasso indifferente. 112 Fu allora per uscir del sentimento, sì tutto in preda del dolor si lassa. Credete a chi n’ha fatto esperimento, che questo è ’l duol che tutti gli altri passa. Caduto gli era sopra il petto il mento, la fronte priva di baldanza e bassa; 83. ch’avea pronte: che parlava e capiva con prontezza. 85. gli schivò... onte: gli evitò spesso peri- coli ed umiliazioni. 86. che: quando. 88. scontargli: fargli scontare. 92. piano: facile da capire. 96. al sasso indifferente: non diverso dal sasso, impietrito. 97. uscir dal senti- mento: uscire di senno, diventare pazzo. 98. si lassa: si abbandona. 100. passa: supera. Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento Il capolavoro 110 115 103-104. né poté... pianto: fu travolto a tal punto dal dolore da non avere voce per lamentarsi e lacrime per piangere. 107. vase: vaso. 109. che... base: perché quando lo si rovescia a testa in giù. 110. l’umor: il liquido. 111. e ne l’angusta... s’intrica: e si ammassa tanto nello stretto passaggio. 117-118. o gravar... pèra: o (voglia) caricare lui, Orlando, con un tale, intollerabile, peso di gelosia, da farlo morire. 119-120. et abbia... imitato: e che l’autore dell’inganno, chiunque sia stato, abbia imitato perfettamente la scrittura di lei. 122. sveglia... rinfranca: rianima e rafforza i suoi spiriti vitali, si riprende. 123. Brigliadoro: il cavallo di Orlando. il dosso preme: sprona i fianchi per farlo correre. 124. dando... loco: mentre il sole cede il posto alla luna. 125. vie supreme: comignoli. 129. Languido: sfinito. 120 125 130 135 140 né poté aver (che ’l duol l’occupò tanto) alle querele voce, o umore al pianto. 113 L’impetüosa doglia entro rimase, che volea tutta uscir con troppa fretta. Così veggiàn restar l’acqua nel vase, che largo il ventre e la bocca abbia stretta; che nel voltar che si fa in su la base, l’umor che vorria uscir, tanto s’affretta, e ne l’angusta via tanto s’intrica, ch’a goccia a goccia fuore esce a fatica. 114 Poi ritorna in sé alquanto, e pensa come possa esser che non sia la cosa vera: che voglia alcun così infamare il nome de la sua donna e crede e brama e spera, o gravar lui d’insopportabil some tanto di gelosia, che se ne pèra; et abbia quel, sia chi si voglia stato, molto la man di lei bene imitato. 115 In così poca, in così debol speme sveglia gli spirti e gli rifranca un poco; indi al suo Brigliadoro il dosso preme, dando già il sole alla sorella loco. Non molto va, che da le vie supreme dei tetti uscir vede il vapor del fuoco, sente cani abbaiar, muggiare armento: viene alla villa, e piglia alloggiamento. 116 Languido smonta, e lascia Brigliadoro a un discreto garzon che n’abbia cura: altri il disarma, altri gli sproni d’oro gli leva, altri a forbir va l’armatura. Era questa la casa ove Medoro giacque ferito, e v’ebbe alta avventura. Corcarsi Orlando e non cenar domanda, di dolor sazio e non d’altra vivanda. 117 Quanto più cerca ritrovar quïete, tanto ritrova più travaglio e pena; che de l’odiato scritto ogni parete, ogni uscio, ogni finestra vede piena. 130. discreto: abile, esperto. 131-132. altri... l’armatura: un garzone gli toglie le armi, uno gli sproni d’oro, un altro va a pulire l’armatura. 134. alta avventura: grande fortuna. È la casa dove Angelica e Medoro si sono amati T11.8 LUDOVICO ARIOSTO - TESTI Cinquecento 105 791 L’Orlando furioso per la prima volta. 139. che: perché. l’odiato scritto: la scritta di Medoro. Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento Ludovico Ariosto 792 145 150 155 160 141. Chieder ne vuol: vorrebbe interrogare il pastore a proposito della scritta. le labra chete: la bocca chiusa. 142. non si... serena: di rendere a se stesso troppo evidente. 144. perché... debbia: affinché gli faccia meno male. 146. è chi ne parla: c’è chi gliene parla. 148. levarla: alleviarla. 152. rispetto: riguardo, cautela. 153. a’ prieghi: dando ascolto alle preghiere. 157. d’una maggior di quella: di una ferita più grave di quella di Medoro. 158. di poca scintilla: nascendo da una piccola scintilla. 160. loco: sollievo. 161. e sanza aver rispetto ch’ella fusse: e senza tener conto che 165 170 175 11 TESTI Chieder ne vuol: poi tien le labra chete; che teme non si far troppo serena, troppo chiara la cosa che di nebbia cerca offuscar perché men nuocer debbia. 118 Poco gli giova usar fraude a se stesso; che senza domandarne, è chi ne parla. Il pastor che lo vede così oppresso da sua tristizia, e che voria levarla, l’istoria nota a sé, che dicea spesso di quei duo amanti a chi volea ascoltarla, ch’a molti dilettevole fu a udire, gl’incominciò senza rispetto a dire: 119 come esso a’ prieghi d’Angelica bella portato avea Medoro alla sua villa, ch’era ferito gravemente; e ch’ella curò la piaga, e in pochi dì guarilla: ma che nel cor d’una maggior di quella lei ferì Amor; e di poca scintilla l’accese tanto e sì cocente fuoco, che n’ardea tutta, e non trovava loco: 120 e sanza aver rispetto ch’ella fusse figlia del maggior re ch’abbia il Levante, da troppo amor constretta si condusse a farsi moglie d’un povero fante. All’ultimo l’istoria si ridusse, che ’l pastor fe’ portar la gemma inante, ch’alla sua dipartenza, per mercede del buono albergo, Angelica gli diede. 121 Questa conclusion fu la secure che ’l capo a un colpo gli levò dal collo, poi che d’innumerabil battiture si vide il manigoldo Amor satollo. Celar si studia Orlando il duolo; e pure quel gli fa forza, e male asconder pòllo: per lacrime e suspir da bocca e d’occhi convien, voglia o non voglia, al fin che scocchi. lei era. 162. del... Levante: il re del Catai, padre di Angelica. 163. si condusse: si abbassò. 165. All’ultimo... ridusse: la fine della storia fu. 166. la gemma: il gioiello (il bracciale d’oro che lo stesso Orlando aveva regalato ad Angelica). 167. per mercede: in compenso. 168. del buon albergo: della generosa ospitalità. 169. secure: scure. 171-172. poi che... satollo: dopo che quella canaglia di Amore si sentì sazio di avero colpito tante volte. 174. asconder pòllo: lo può nascondere. 176. convien... scocchi: deve, che Orlando lo voglia o no, alla fine prorompere. Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento Il capolavoro 185 190 195 177. Poi ch’allargare... puote: non appena può dare libero sfogo al dolore. 178. senza altrui rispetto: senza doversi preoccupare della presenza di altri. 181. con spesse ruote: girandosi e rigirandosi. 182. cercando: esplorando, per trovare una posizione che gli consenta di prender sonno. 185. gli soccorre: gli viene in mente. 188. drudo: amante. 189. quella piuma: quel letto. 190. prestezza: rapidità. 192. appresso: vicino. 194. immantinente: immediatamente. 198. alla più oscura frasca: nella più oscura parte del bosco. 199. gli è aviso: si rende conto. 204. al discoperto: 200 205 210 122 Poi ch’allargare il freno al dolor puote (che resta solo e senza altrui rispetto), giù dagli occhi rigando per le gote sparge un fiume di lacrime sul petto: sospira e geme, e va con spesse ruote di qua di là tutto cercando il letto; e più duro ch’un sasso, e più pungente che se fosse d’urtica, se lo sente. 123 In tanto aspro travaglio gli soccorre che nel medesmo letto in che giaceva, l’ingrata donna venutasi a porre col suo drudo più volte esser doveva. Non altrimenti or quella piuma abborre, né con minor prestezza se ne leva, che de l’erba il villan che s’era messo per chiuder gli occhi, e vegga il serpe appresso. 124 Quel letto, quella casa, quel pastore immantinente in tant’odio gli casca, che senza aspettar luna, o che l’albore che va dinanzi al nuovo giorno nasca, piglia l’arme e il destriero, et esce fuore per mezzo il bosco alla più oscura frasca; e quando poi gli è aviso d’esser solo, con gridi et urli apre le porte al duolo. 125 Di pianger mai, mai di gridar non resta; né la notte né ’l dì si dà mai pace. Fugge cittadi e borghi, e alla foresta sul terren duro al discoperto giace. Di sé si maraviglia ch’abbia in testa una fontana d’acqua sì vivace, e come sospirar possa mai tanto; e spesso dice a sé così nel pianto: 126 – Queste non son più lacrime, che fuore stillo dagli occhi con sì larga vena. Non suppliron le lacrime al dolore: finîr, ch’a mezzo era il dolore a pena. Dal fuoco spinto ora il vitale umore fugge per quella via ch’agli occhi mena; all’aperto. 206. vivace: abbondante, inesauribile. 209-210. Queste... vena: queste, che ver- so dagli occhi con tanta abbondanza, non sono più lacrime. 211. suppliron: non sono bastate a sfo- gare. 212. finîr... a pena: si sono esaurite quando il dolore era appena a metà. T11.8 LUDOVICO ARIOSTO - TESTI Cinquecento 180 793 L’Orlando furioso 213. fuoco: passione ardente. il vitale umore: l’essenza vitale, ciò che tiene in vita il corpo. Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento Ludovico Ariosto 794 215 220 225 215-216. et è... estreme: ed è questo spirito vitale che fuoriesce, che porterà con sé il mio dolore e la mia stessa vita, conducendomi alla morte. 218. né... tali: e i sospiri non assomigliano a essi. 220. men... esali: sfoghi con minore affanno il suo dolore. 221-222. Amor... l’ali: l’Amore che brucia il mio cuore alimenta questo vento sbattendo le ali intorno al fuoco da lui stesso acceso. 223-224. con che... mai: con quale sortilegio ottieni ciò, che tieni il mio cuore nel fuoco senza consumarlo? 228. fé: fedeltà. 231-232. acciò... speranza: affinché, con il fantasma di se stesso, che è la sola cosa di lui che resta, sia di esempio a chi spera nell’Amore. 234. della dïurna fiamma: del sole. 235. lo tornò: lo fece tornare. 236. insculse l’epigramma: incise l’iscrizione. 237. nel monte: sulla roccia della montagna che sovrastava la grotta. 230 235 240 245 250 11 TESTI et è quel che si versa, e trarrà insieme e ’l dolore e la vita all’ore estreme. 127 Questi ch’indizio fan del mio tormento, sospir non sono, né i sospir son tali. Quelli han triegua talora; io mai non sento che ’l petto mio men la sua pena esali. Amor che m’arde il cor, fa questo vento, mentre dibatte intorno al fuoco l’ali. Amor, con che miracolo lo fai, che ’n fuoco il tenghi, e nol consumi mai? 128 Non son, non sono io quel che paio in viso: quel ch’era Orlando è morto et è sotterra; la sua donna ingratissima l’ha ucciso: sì, mancando di fé, gli ha fatto guerra. Io son lo spirto suo da lui diviso, ch’in questo inferno tormentandosi erra, acciò con l’ombra sia, che sola avanza, esempio a chi in Amor pone speranza. – 129 Pel bosco errò tutta la notte il conte; e allo spuntar della diurna fiamma lo tornò il suo destin sopra la fonte dove Medoro insculse l’epigramma. Veder l’ingiuria sua scritta nel monte l’accese sì, ch’in lui non restò dramma che non fosse odio, rabbia, ira e furore; né più indugiò, che trasse il brando fuore. 130 Tagliò lo scritto e ’l sasso, e sin al cielo a volo alzar fe’ le minute schegge. Infelice quell’antro, et ogni stelo in cui Medoro e Angelica si legge! Così restâr quel dì, ch’ombra né gielo a pastor mai non daran più, né a gregge: e quella fonte, già sì chiara e pura, da cotanta ira fu poco sicura; 131 che rami e ceppi e tronchi e sassi e zolle non cessò di gittar ne le bell’onde, fin che da sommo ad imo sì turbolle, che non fûro mai più chiare né monde. 238. non restò: non rimase neppure una minima parte. La dramma è un’antica unità di peso, che in- dica una misura minima. 240. brando: spada. 243. stelo: tronco. 245. Così restâr: ri- masero in uno stato tale che. gielo: refrigerio. 248. fu poco sicura: non fu risparmiata. L. Antonelli La follia di Orlando (Treves, Milano, 1881) 251. da sommo ad imo: dalla superficie al fondo. turbolle: le agitò. 252. monde: pulite. Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento Il capolavoro 260 265 270 275 280 253. molle: bagnato. 254. la lena: il fiato, lo slancio vitale. 258. non fa motto: non dice più una parola. 263. commosso: travolto. 264. maglie e piastre: la maglia metallica che indossava sotto l’armatura e le piastre che formavano l’armatura stessa. 266. gli arnesi: i bracciali e i guanti. l’usbergo: la corazza. 268. albergo: sede. 272. che... intenda: che nessuno sentirà mai parlare di una follia più grande. 277. bipenne: scure a 285 290 E stanco al fin, e al fin di sudor molle, poi che la lena vinta non risponde allo sdegno, al grave odio, all’ardente ira, cade sul prato, e verso il ciel sospira. 132 Afflitto e stanco al fin cade ne l’erba, e ficca gli occhi al cielo, e non fa motto. Senza cibo e dormir così si serba, che ’l sole esce tre volte e torna sotto. Di crescer non cessò la pena acerba, che fuor del senno al fin l’ebbe condotto. Il quarto dì, da gran furor commosso, e maglie e piastre si stracciò di dosso. 133 Qui riman l’elmo, e là riman lo scudo, lontan gli arnesi, e più lontan l’usbergo: l’arme sue tutte, in somma vi concludo, avean pel bosco differente albergo. E poi si squarciò i panni, e mostrò ignudo l’ispido ventre e tutto ’l petto e ’l tergo; e cominciò la gran follia, sì orrenda, che de la più non sarà mai ch’intenda. 134 In tanta rabbia, in tanto furor venne, che rimase offuscato in ogni senso. Di tôr la spada in man non gli sovenne; che fatte avria mirabil cose, penso. Ma né quella, né scure, né bipenne era bisogno al suo vigore immenso. Quivi fe’ ben de le sue prove eccelse, ch’un alto pino al primo crollo svelse: 135 e svelse dopo il primo altri parecchi, come fosser finocchi, ebuli o aneti; e fe’ il simil di querce e d’olmi vecchi, di faggi e d’orni e d’illici e d’abeti. Quel ch’un ucellator, che s’apparecchi il campo mondo, fa per por le reti dei giunchi e de le stoppie e de l’urtiche, facea de cerri e d’altre piante antiche. 136 I pastor che sentito hanno il fracasso, lasciando il gregge sparso alla foresta, doppio taglio. 278. era bisogno: era necessaria. 279. fe’... eccelse: compì molte delle sue imprese più memorabili. 282. ebuli o aneti: piante simili al finocchio. 284. illici: lecci. 285-288. Quel... antiche: la stessa cosa che un cacciatore che si libera il terreno per T11.8 LUDOVICO ARIOSTO - TESTI Cinquecento 255 795 L’Orlando furioso disporvi le sue reti, fa con i giunchi, gli sterpi e le ortiche, faceva Orlando con i cerri e altri antichi alberi. Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento Ludovico Ariosto 796 295 11 TESTI chi di qua, chi di là, tutti a gran passo vi vengono a veder che cosa è questa. Ma son giunto a quel segno il qual s’io passo vi potria la mia istoria esser molesta; et io la vo’ più tosto diferire, che v’abbia per lunghezza a fastidire. 292. che cosa è questa: che cosa sta suc- cedendo. 293. a quel... passo: a un punto che, se l’oltrepasso. 295. diferire: rinviare. dialogo con il testo I temi In questo episodio, che si può considerare il momento centrale del poema, il personaggio di Orlando abbandona le sue tradizionali vesti eroiche per rivelare fino in fondo la sua vulnerabile umanità: anche a lui tocca sperimentare la forza dell’amore e il tormento della gelosia, sentimenti capaci di stravolgere un essere umano fino al punto di farlo impazzire. La rappresentazione delle fasi attraverso le quali Orlando precipita verso la pazzia è condotta con lucida analisi psicologica, avvalorata dal breve inciso in cui il narratore stesso dichiara di aver provato sulla sua pelle i morsi della gelosia (vv. 99-100): – ai primi indizi Orlando rimuove i sospetti, ingannando se stesso; – davanti all’evidenza resta impietrito, ma ancora cerca spiegazioni rassicuranti e si aggrappa a un’improbabile speranza; – vorrebbe fare delle domande ma desiste, preferisce il dubbio che non fa troppo male alla certezza che non lascia via di scampo; – la conoscenza inequivocabile della verità lo tramortisce; invano, per pudore, cerca di mantenere il controllo di sé; – alla fine, rimasto solo, cade ogni freno: il dolore dilaga ed esplode la pazzia. ? Individuate i versi dedicati alle diverse fasi di questo drammatico crescendo emotivo. Chi ha sofferto di gelosia sa che questo sentimento viene attizzato dalla vista di luoghi e oggetti che hanno a che fare con la persona amata e con i suoi amori. Cercate nel testo quelli che fanno più soffrire e imbestialire Orlando. ? d Nel descrivere la pazzia di Orlando Ariosto spinge al limite la curiosità, tipicamente rinascimentale, per ogni atteggiamento e sentimento umano: si tratta in questo caso di una situazione estrema, in cui l’uomo sprofonda nella bestialità più cieca, spogliandosi di ogni traccia di umanità. Dapprima Orlando è consa- pevole della sua sofferenza e la esprime con drammatici monologhi, ma gradualmente si trasforma in un bestione senza vestiti e senza spada, totalmente dominato da un’incontenibile furia distruttiva. Nel canto successivo fracasserà tutto ciò che gli capiterà a tiro e farà una carneficina di cavalli, buoi, orsi, esseri umani «a pugni, ad urti, a morsi, a graffi, a calci». Le forme Un paesaggio idilliaco, tradizionalmente legato alla raffigurazione di amori felici o malinconicamente sfortunati, fa da ironico contrappunto all’esplodere della follia di Orlando. Non è difficile cogliere elementi dello stile della poesia amorosa di matrice petrarchesca nei versi dedicati alla descrizione dello sfondo naturale e all’amore tra Angelica e Medoro. ? Individuateli nel testo. I versi dedicati a Orlando impazzito sono condotti invece in forma diretta e cruda, con intonazioni volutamente prosaiche. Si notano in particolare una rapida ma incisiva descrizione del corpo del protagonista degradato e l’uso insistito di martellanti enumerazioni, che ne scandiscono ossessivamente i pensieri e gli atti. Ripercorrendo il testo, indicate i versi dedicati alla descrizione e alle enumerazioni. ? Benché vittima, come ogni essere umano, dell’amore e della gelosia, Orlando resta un individuo eccezionale anche nella follia, il cui carattere smisurato e paradossale è sottolineato dal ricorrere della figura dell’iperbole. ? Individuatene qualche esempio nel testo. Al culmine del racconto, si fa vivo bruscamente il narratore («Ma son giunto a quel segno il qual s’io passo / vi potria la mia storia esser molesta»). È un intervento di regia che taglia una sequenza che potrebbe diventare troppo lunga e annoiare il pubblico, ma non è solo questo: Orlando, strappate le vesti, Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento Il capolavoro 797 L’Orlando furioso d T11.9 Confronti Il tema della follia ricorre nella letteratura del Cinquecento e del Seicento, con significati e accenti diversi. Lo potete ritrovare nei testi di Erasmo da Rotterdam (T8.2), Shakespeare (T14.325), Cervantes (T14.1). Astolfo sulla luna Astolfo compare più volte, nel corso del poema, come impavido protagonista di stravaganti imprese. L’ultima lo ha condotto in cima al monte sul quale sta il Paradiso Terrestre; qui ha incontrato l’evangelista San Giovanni che gli ha affidato il compito di recuperare il senno perduto da Orlando; per far ciò deve recarsi sulla lu- ORLANDO FURIOSO 5 10 1. via più: molto. 3. rassettossi: si sistemò sul carro. 4. il freno: le briglie. punse: spronò. 6. il fuoco eterno: la sfera di fuoco che, secondo il modello aristotelico-tolemaico, era situata tra la sfera della terra e quella della luna. 7. ’l vecchio: San Giovanni. fe’: fece in modo. 69 Quattro destrier via più che fiamma rossi al giogo il santo evangelista aggiunse; e poi che con Astolfo rassettossi, e prese il freno, inverso il ciel li punse. Ruotando il carro, per l’aria levossi, e tosto in mezzo il fuoco eterno giunse; che ’l vecchio fe’ miracolosamente, che mentre lo passâr non era ardente. 70 Tutta la sfera varcano del fuoco, et indi vanno al regno de la luna. Veggon per la più parte esser quel loco come un acciar che non ha macchia alcuna; e lo trovano uguale, o minor poco di ciò ch’in questo globo si raguna, in questo ultimo globo de la terra, mettendo il mar che la circonda e serra. 71 Quivi ebbe Astolfo doppia maraviglia: che quel paese appresso era sì grande, Q Ludovico Ariosto (Canto XXXIV, ottave 69-87, a cura di L. Caretti, Einaudi, Torino, 1971) na, dove si trovano tutte le cose che si sono perdute in terra. Il paladino e il santo compiono il viaggio verso la luna sopra il carro tirato da cavalli di fuoco nel quale, secondo la Bibbia, il profeta Elia fu trasportato in cielo ( Secondo libro dei Re, 2,11). 15 14. di ciò... raguna: di quanto sia la superficie della terra. 15. ultimo: sempre secondo la cosmologia tolemaica, la terra è il globo più lontano da Dio. 16. mettendo: consi- derando anche. 18. appresso: da vicino. Armellini, Colombo LETTERATURA LETTERATURE Versione Rossa - Vol.1 © CLITT 2012 Dal Duecento al Cinquecento LUDOVICO ARIOSTO - TESTI Cinquecento T11.9 tutto nudo, si è messo, a furia solo di braccia, a sradicare il bosco; sarebbe sconveniente andare oltre. È in gioco il rispetto per il decoro delle forme e per quell’equilibrio emotivo che preme tanto ad Ariosto. L’autore riprenderà a raccontare la pazzia di Orlando e i disastri che egli combina nel canto successivo, ma intanto la tensione narrativa è stata momentaneamente smorzata.