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GIUSEPPE SPATARO Uomo politico di primario

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GIUSEPPE SPATARO Uomo politico di primario
PERSONAGGI ILLUSTRI IN TERRA D’ABRUZZO
GIUSEPPE SPATARO
(1897 – 1979)
politico
"Sono uomini come Spataro che, in tempi difficili, compirono le scelte fondamentali
rivelatesi giuste per il nostro paese. Sono uomini come Spataro che hanno
combattuto dure battaglie per la libertà e le hanno vinte in nome degli ideali
democratici e cristiani". (Remo Gaspari)
Uomo politico di primario livello nazionale,
Giuseppe Spataro nacque a Vasto il 12 giugno
1897 da Alfonso, vicesindaco della cittadina, e
Anna Nasci. La sua era una antica famiglia di
magistrati, prelati e pubblici amministratori
molto nota nella città adriatica.
Iniziò i primi studi a Vasto poi si iscrisse al
ginnasio di Lanciano per trasferirsi poi, nel
1908, al collegio dei padri benedettini di
Montecassino dove si diplomò. Sicuramente
questa esperienza, vissuta non senza difficoltà
di adattamento alle regole e ai riti abbaziali, lo
formò e lo plasmò ai valori del cattolicesimo;
proprio l’educazione religiosa insieme alla sua
stessa cultura d’estrazione furono le basi che
lo portarono ad avvicinarsi giovanissimo ai
movimenti politici dell’area cattolica.
Nel 1914 si iscrisse alla facoltà di Giurisprudenza di Roma, dove si trasferì con
tutta la famiglia, per laurearsi nel 1919. Nella capitale sarebbe rimasto a vivere, di
fatto, per l’intera sua esistenza personale e politica.
Aderì alla FUCI, Federazione Universitaria Cattolica Italiana, e alla Gioventù
Cattolica mostrando una grande sensibilità sociale; iniziò, infatti, una attività
sindacale di attenzione verso le fasce più deboli, tanto che organizzò, nell’ambito
delle leghe sindacali cattoliche, gli spazzacamini, i portieri e i lavoratori più umili.
Già distintosi tra le principali firme del giornalismo cattolico romano, diventò
assai presto, prima vicepresidente della FUCI e poi, nel 1920, presidente. Nel ’23 è
nominato direttore de “L’Abruzzo Giovanile”, organo a stampa della Gioventù
Cattolica.
All’indomani della fine del primo conflitto mondiale, a cui Spataro partecipò come
ufficiale del Genio addetto agli aerostati, don Luigi Sturzo fonda il 18 gennaio
1919, il Partito Popolare Italiano, lanciando l’appello ai liberi e forti al quale il giovane
Giuseppe Spataro risponde iscrivendosi alla sezione romana del partito. Quando
Giuseppe Spataro (1897-1979) – Politico
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nel 1923, Sturzo fu costretto da Mussolini alle dimissioni e all’esilio, Spataro diede
vita con Giulio Rodinò e Giovanni Gronchi ad un triumvirato che guidò le sorti
del PPI nella fase difficile del regime fascista fino all’elezione di Alcide De Gasperi
a nuovo segretario nel 1924.
Nel 1923 sposò Letizia De Giorgio, nipote dell’on. Pietro De Giorgio, deputato
per sei legislature tra il 1890 e il 1909, nonché figlia di Gennaro De Giorgio,
autorevole avvocato lancianese; dal matrimonio sarebbero nati tre figli: Alfonso,
Anna e Piergiorgio.
Nelle elezioni politiche del 6 aprile 1924, come candidato per il PPI, ottenne,
grazie anche al fattivo sostegno del suocero avv. De Giorgio, più di mille
preferenze ma non risultò però eletto. Tra il ’24 e il ’25 si vide confermato
l’incarico di vicesegretario unico del Partito.
Dalla fine del Partito Popolare, nel 1926, al 1943, caduta del fascismo, visse in
maniera abbastanza defilata dentro gli anni
difficili della lunga dittatura, dedito
esclusivamente alla professione forense. Subì il
controllo del regime che lo inserì tra i
sorvegliati speciali e si impegnò nell’Azione
cattolica pur senza incarichi ufficiali. Lasciato
praticamente solo e abbandonato da tutti gli
alti esponenti del PPI, si accollò gran parte dei
debiti contratti dal Partito prima della sua
scomparsa, anche con notevoli esborsi sul
piano personale.
Nonostante questo, riuscì in ogni caso a
mantenere in vita e poi riannodare i fili
organizzativi all’interno del mondo cattolico,
lavorando soprattutto all’unità delle forze
politiche antifasciste vicine al cattolicesimo.
Allentò i legami e diradò i contatti con Luigi
Sturzo, in esilio a Londra, Parigi e negli USA, rivelando posizioni più vicine alle
gerarchie ecclesiastiche; l’ingresso nella cerchia che faceva capo a De Gasperi,
avrebbe poi completato, negli anni Quaranta, il suo definitivo allontanamento
dalle posizioni sturziane, benché il sacerdote fondatore del PPI rimanesse il punto
di riferimento e maestro dei cattolici in politica.
A partire dal 1942, quando ormai le sorti del fascismo apparivano compromesse
dagli esiti infelici della guerra, la sua abitazione in via Cola Di Rienzo a Roma
comincia ad essere frequentata da personaggi importanti della storia democratica
italiana, uomini che avevano avuto un ruolo negli anni del prefascismo come
Ivanoe Bonomi, Meuccio Ruini, Giuseppe Romita ed altri. Nello stesso tempo si
tiene in stretto contatto con De Gasperi, con i vecchi amici cattolici come Guido
Gonella, Giovanni Gronchi, Pietro Campilli e Mario Scelba.
Giuseppe Spataro (1897-1979) – Politico
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Gli incontri nella sua abitazione, per volere dello stesso De Gasperi, si
intensificarono, il numero dei partecipanti si allargò e solo la paziente e infaticabile
opera di Giuseppe Spataro riuscì a tenere uniti uomini provenienti da diverse
esperienze, taluni dalla clandestinità, altri dall’anonimato, altri dal semi-isolamento.
Don Luigi Sturzo lo aveva definito il “fra’ Galdino” dei Popolari. Questi incontri
furono di grande importanza in quanto si iniziò a riparlare sistematicamente di
politica, innanzitutto per rivedere le idee programmatiche che avevano
caratterizzato la breve ma significativa stagione del popolarismo e poi per capire
quale nome scegliere per il nuovo nascente partito dei cattolici. Il dibattito intorno
alla natura e al nome del partito fu molto intenso, ora bisognava sollecitare le
masse, le donne avrebbero votato per la prima volta e bisognava dare un
messaggio immediato e chiaro, ci si orientò sul nome Democrazia Cristiana. Per il
simbolo venne riconfermato lo scudocrociato con la scritta Libertas, lo stesso don
Sturzo dagli USA scrisse:
«mi sembra che il nome del Partito Popolare Italiano sia scomparso spontaneamente e che il nome
originale di Democrazia Cristiana, che era l’ideale dei nostri anni giovanili al tempo di Leone
XIII, sia tornato in uso; Democrazia, cioè governo del popolo, escludendo il dominio di una
classe o di unpartito o di una cricca; Cristiana, perché afferma i valori morali e i principi
cristiani sui quali si deve basare ogni sana politica nazionale ed internazionale».
In questi mesi tra il ’42 e il ’43, nasce nella sua casa romana quel Comitato delle
Democrazie che doveva costituire il primo nucleo romano di concentrazione
antifascista, ancora prima del 25
luglio 1943. Si chiamava “Comitato
delle Democrazie” perché raccoglieva
la “Democrazia Liberale”, quella
“Socialista” e quella “Cristiana” e la
“Democrazia del Lavoro”. Solo in un
secondo momento si aggiunsero al
“Comitato” anche i comunisti,
inizialmente oggetto di forte
resistenza da parte di De Gasperi e di
Bonomi.
Il 28 luglio 1943, Mussolini viene
arrestato, il Re nomina Pietro Badoglio Presidente del Consiglio; in casa Spataro si
tiene una riunione dei rappresentanti dei partiti e movimenti antifascisti. Venne
ufficialmente costituito il “Comitato nazionale delle correnti antifasciste” sotto la
presidenza di Ivanoe Bonomi con rappresentanti liberali, democristiani, comunisti,
socialisti, Partito d’Azione e Partito dei Democratici del Lavoro, che dopo l’8
settembre sarebbe diventato il “Comitato di Liberazione Nazionale”. Da allora iniziò
per Spataro una sequenza di ravvicinati impegni pubblici di grande rilievo.
Rappresentò la DC nel CLN centrale, contribuendo in modo decisivo alla
formulazione di un primo programma del nuovo partito cattolico che venne
stampato con il titolo: “Idee ricostruttive della Democrazia Cristiana”; partecipò alla
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Giunta Militare all’interno del CLN; prese parte come Sottosegretario alla
Presidenza del Consiglio, con delega alla stampa e alle informazioni, ad entrambi i
governi Bonomi del 1944 e ’45 e, dopo il 25 aprile, fu Sottosegretario agli Interni
nell’esecutivo Parri, 1945; fece parte della commissione di sottosegretari che, in
rappresentanza di tutti i partiti, vagliava sotto il profilo delle garanzie antifasciste le
nomine dei componenti la costituenda Consulta nazionale; nel 1945 venne
nominato presidente della ricostituita Confederazione delle Cooperative.
Si creò e consolidò, insomma, le condizioni per diventare uno dei personaggi
politici principali dell’Italia democratica e repubblicana nella sua prima fase di vita.
Infatti dal 1946 iniziò la sua scalata ai vertici politici e istituzionali del governo e
dello Stato: sottosegretario agli Interni nel primo governo De Gasperi, 1945/46;
membro della Consulta nazionale, 1945/46; eletto con 68.000 preferenze
all’Assemblea costituente; presidente della RAI dal 1946 al 1950, ponendo le basi
per il lungo controllo democristiano sull’azienda; nel 1948 fu eletto alla Camera
con il più alto numero di preferenze in Abruzzo, vi sarebbe rimasto fino al 1963
quando divenne senatore per il collegio di Lanciano-Vasto, carica che confermò
fino al 1976. Del Senato, per di più, sarebbe stato anche vicepresidente dal 1963 al
’76. Spataro può, dunque, annoverarsi nel nucleo di parlamentari di più lunga
militanza dell’intera Italia unita.
Il suo apporto di maggiore influenza alla politica nazionale, però, si estrinsecò
soprattutto nell’opera da ministro in svariati governi dell’Italia repubblicana
durante il decisivo decennio 1950-1960. Con De Gasperi presidente del Consiglio,
fu Ministro delle Poste e Telecomunicazioni, dal ’50 al ’53; Ministro dei Lavori
Pubblici nel 1953 con un breve interim degli Interni per la malattia del ministro
Scelba. Nei governi Fanfani fu Ministro della Marina Mercantile, dal 1958 al ’59;
Ministro dei Trasporti dal ’60 al ’62. Con il governo Segni, guidò ancora le Poste e
Telecomunicazioni dal 1959 al ’60 e perfino con il breve governo Tambroni fu
Ministro degli Interni nel 1960. Proprio in quest’ultimo incarico visse la sua
stagione politica più tormentata e lacerante anche se breve negli sviluppi. Già
l’aver accettato di far parte di un governo eletto col decisivo apporto del
Movimenro Sociale Italiano risultò per lui, antico e convinto antifascista, motivo
di notevole difficoltà, con i gravi e sanguinosi episodi di Genova, Reggio Emilia e
Licata, dove sette persone rimasero uccise sotto i colpi della Polizia, si trovò suo
malgrado a gestire le conseguenti tensioni politiche e sociali che portarono alle
dimissioni del governo e al ritiro dalla politica di Tambroni. In verità una sua
precedente circolare alle forze dell’ordine nella quale, parlando esplicitamente di
pericolo insurrezionale comunista, assegnava a priori responsabilità univoche delle
tensioni che andavano approssimandosi, rappresentò una miccia pericolosissima
accesa in quel momento così particolare. Sicuramente il ministro Spataro, e non fu
il solo, sottovalutò la gravità della situazione rimanendone travolto, nonostante
mostrasse subito dopo la capacità, tutta italiana, di rientrare in scena nel seguente
governo Fanfani III.
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Per tutta questa decennale fase ministeriale e oltre, da fedele seguace di De
Gasperi prima e di Aldo Moro poi, rimase sempre in prima fila nel partito,
all’interno sia delle sue articolazioni politiche che di quelle culturali.
Della DC conobbe, spesso anche in prima persona, le tensioni e le rissosità tra le
varie anime che componevano il partito, le cosiddette correnti. Non smise mai,
però, i suoi tentativi di indirizzare, controllare e coadiuvare la politica abruzzese.
Insieme all’aquilano Vincenzo Rivera e poi ai giovani Lorenzo Natali e Remo
Gaspari, ha rappresentato non solo il leader democristiano più influente della
politica regionale dal dopoguerra agli anni Sessanta ma anche il ponte tra la
dimensione locale e gli sviluppi nazionali dell’economia nell’Abruzzo
contemporaneo. Dall’ala dorotea del partito, vigilò su ogni cosa si muovesse in
ambito locale, coordinò spesso i parlamentari e segretari provinciali della DC
abruzzese, pronunciò alla Camera e al Senato discorsi in favore della risoluzione
dei problemi dell’Abruzzo; sin dagli anni Cinquanta caldeggiò la candidatura di
Pescara a capoluogo di regione, di concerto con Gaspari, in contrapposizione
all’Aquila, confermandosi il portavoce degli interessi dell’Abruzzo costiero di
contro allo schieramento montano di Rivera e Natali; seguì e pilotò le polemiche
vicende legate alla realizzazione delle infrastrutture viarie regionali come
l’autostrada per Roma con le conseguenti tensioni tra i vari capoluoghi provinciali;
tramite la Cassa per il Mezzogiorno tentò, non sempre riuscendovi, di spostare
fondi pubblici e privati verso le province abruzzesi; mantenne legami stretti
soprattutto con Vasto, con tratti di tipico mecenatismo locale, tra organizzazioni
di manifestazioni culturali e varie donazioni ai musei cittadini. Anche dopo la
sempre più prepotente ascesa personale del nuovo leader locale Remo Gaspari, a
partire dagli anni ’60, egli rimase sempre la figura cui la politica democristiana
pescarese e abruzzese faceva riferimento.
Dopo la metà degli anni Sessanta, con la consacrazione di Remo Gaspari a leader
incontrastato della DC abruzzese e suo diretto successore, Giuseppe Spataro,
esaurita la stagione migliore della propria parabola sia nelle istituzioni che nel
partito, si dedicò alla saggistica storico-politica e a riflessioni autobiografiche e
memorialistiche piuttosto che all’attività politica diretta. Tentò anche, e forse
soprattutto, di non legare il suo nome alle vicende tragiche e così discutibili della
sua partecipazione al governo Tambroni che rischiavano di compromettere, per
errori di quei pochi mesi, un’assunzione di ruoli politici durata ben oltre mezzo
secolo.
Nel 1968 viene rieletto al Senato, di cui fu vicepresidente, in carica fino al 1972.
Del 1968 è anche il suo saggio “I democratici cristiani dalla dittatura alla
Repubblica”, un libro in cui ripercorre la storia del movimento cattolico vissuta a
fianco di Luigi Sturzo, prima, e di De Gasperi dopo. Ancora oggi questo lavoro
rappresenta un punto di riferimento non secondario nella letteratura
memorialistica e storiografica per chiunque si accosti allo studio delle vicende del
movimento cattolico, dei popolari e dei democratici cristiani nell’Italia del ‘900.
Giuseppe Spataro (1897-1979) – Politico
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Nel 1969 fu tra i principali organizzatori delle celebrazioni democristiane per il
cinquantesimo anniversario della nascita del PPI. In quello stesso anno, all’ XI
congresso della DC, per via di qualche spinta poco amichevole all’interno del
partito, non fu eletto nel consiglio nazionale né alla direzione nazionale
democristiana. Nel 1972 rifiutò di entrare a far parte del governo Andreotti. Nel
1973, di contro, venne incaricato di presiedere i lavori del XII congresso nazionale
della DC che si tenne a Roma dal 6 al 10 giugno, segno di tributo per uno degli
ultimi popolari rimasti ma anche, probabilmente, di una definitiva rimozione di
zone d’ombra rimaste dal quel tragico 1960.
Nel 1975, l’anno prima del suo definitivo abbandono della politica, pubblica il
volumetto “De Gasperi e il Partito Popolare Italiano” che gli conferì notorietà
e un relativo credito anche in campo scientifico nazionale.
Nelle elezione del 1976 Spataro non volle ricandidarsi, decisione che in verità
venne accolta con indicativa rapidità dalla direzione del partito. Termina così il
cammino politico di Giuseppe Spataro, durato oltre mezzo secolo, che lo portò ai
vertici della politica italiana in un periodo tra i più e impegnativi e faticosi della
storia repubblicana, in cui le complesse vicende della politica non gli avevano
permesso di raccogliere quel tanto di più, utile a pareggiare i suoi innumerevoli
sacrifici.
Ormai ottantaduenne, morì nella sua casa romana, era il 30 gennaio 1979.
BIBLIOGRAFIA E FONTI:
Stefano Trinchese, Giuseppe Spataro tra popolarismo e Democrazia Cristiana,
Soveria Mannelli, Rubbettino, 2012
Licio Di Biase, Giuseppe Spataro una vita per la democrazia, Altino, Ianieri, 2006
Ciriaco De Mita, Tre generazioni per un grande partito di popolo, Roma, ed. Ebe,
1989
Enzo Fimiani, Spataro Giuseppe, in Gente d’Abruzzo. Dizionario Biografico,
Castelli, Andromeda, 2006
Giuseppe Ignesti, Un erede del popolarismo nella seconda Democrazia Cristiana:
Giuseppe Spataro, in “Laici cristiani fra Chiesa e Stato nel Novecento. Profili e
Problemi”, Roma, Editrice Universitaria La Goliardica, 1988
Luigi Sturzo, Lettere a Giuseppe Spataro: 1922-1959, a cura di Gabriella Fanello
Marcucci, Roma, Istituto Luigi Sturzo – Gangemi, vol IV degli Scritti vari di Sturzo,
1989
Sergio Zoppi, Giuseppe Spataro: un ricordo, in “Abruzzo Contemporaneo”, a.III n.5,
1997
Giuseppe Spataro (1897-1979) – Politico
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