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I demoni della Sfera - Istituto Superiore di Studi Medievali `Cecco d

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I demoni della Sfera - Istituto Superiore di Studi Medievali `Cecco d
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I demoni della Sfera :
la « nigromanzia » cosmologico-astrologica di Cecco d’Ascoli
Nicolas Weill-Parot
(Maître de conférences di Storia medievale all’Università Paris VIII membro dell’équipe « Savoirs et pratiques du Moyen Âge aux Temps Modernes », Ecole Pratique des
Hautes Etudes, IVe section)
I
Nel capitolo della History of Magic and Experimental Science consacrato a Cecco
d’Ascoli, Lynn Thorndike definisce « astrological necromancy » la magia che Cecco presenta
nel Commento sulla Sfera. Infatti, è in questa opera che si constatano le derive
« nigromantiche » più flagranti; e tali derive hanno una caratteristica precisa, cioè la stretta
connessione tra scienza degli astri e demoni.
Dal punto di vista etimologico, la « necromanzia » è la divinazione praticata attraverso
gli spiriti dei morti, laddove « nigromanzia » è - come ha dimostrato Jean- Patrice Boudet - il
termine più usitato per indicare quella magia in cui si fa ricorso all’ausilio dei demoni.
All’inizio del Commento sulla Sfera, Cecco spiega che, secondo l’Ars magica di Apollonio,
« il medico senza le stelle e il nigromante senza le ossa dei morti sono come un’immagine non
vivificata dagli spiriti ». Nell’edizione di Thorndike, abbiamo il termine « necromanticus »,
nel manoscritto di Parigi si legge invece « nigromanticus ». Cecco definisce la nigromanzia
(« necromantia » nell’edizione) come « una scienza divinatoria in cui si invocano i demoni
per ottenere delle risposte, praticata in tutti gli incroci (in cunctis triviis) e sopratutto nelle
regioni settentrionali, e che il suo nome viene da necros cioè ‘morto’. ». Purtroppo questo
passo manca nel manoscritto parigino e dunque non si può dire se il termine utilizzato fosse
nigromantia. In queste due allusioni, si percepisce sia il riferimento all’antica necromantia, la
divinazione legata ai morti, sia alla nuova nigromantia medievale, in quanto la vivificazione
delle immagini rinvia inequivocabilmente all’arte dei talismani, senza dimenticare che
l’invocazione dei demoni è il principio essenziale di questo secondo tipo di magia. Riguardo
poi alla precisazione che quest’arte si pratica negli incroci, ciò è fondamentale
nell’argomentazione di Cecco dato che sono proprio questi incroci o intersecazioni i legami
con la sua geometria nigromantico-cosmologica.
La condanna al rogo dell’Ascolano nel 1327, per ordine dell’inquisitore di Firenze, ha
suscitato numerose speculazioni, dal Boffito fino ad oggi. La questione delle fonti è ben nota :
le testimonianze sul secondo, e fatale, processo che ci sono pervenute presentano tutte diversi
problemi critici. Per il Villani, l’opera incriminata, a Bologna e poi a Firenze, fu proprio il
Commento sulla Sfera, e sarebbero state tre le imputazioni : (1) l’affermazione che si possono
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realizzare cose meravigliose costringendo gli spiriti maligni che si trovano nelle sfere celesti ;
(2) il fatalismo astrologico ; (3) l’affermazione che il destino del Cristo e la venuta futura
dell’Anticristo sottostavano alle leggi degli astri. Il Villani aggiunge altre aggravanti : le
inimicizie personali di Cecco d’Ascoli.
Nel presente contributo, vorrei sintetizzare gli elementi rintracciabili, soprattutto nel
Commento sulla Sfera, per tentare di ricostruire il sistema cosmologico-demonico su cui si
fonda la magia teorizzata dall’Ascolano, perché sono convinto che esista un sistema semioccultato nello scritto di Cecco. Da tale ricostruzione (a tratti congetturale) vorrei trarre
qualche conclusione e sulla magia e sul destino tragico di Cecco d’Ascoli, facendo
riferimento al contesto intellettuale dell’epoca.
II
L’apparizione di commenti di natura « nigromantica » è tanto più sorprendente in
quanto le opere commentate non sono affatto di carattere magico. Il De principiis astrologie
di Alchabitius è uno dei manuali di base dell’astrologia araba, trasmessa ai Latini, in cui sono
presentate le regole dell’astrologia più ordinaria, cioè completamente dedicata alle predizioni,
senza riferimento alcuno alla magia. La Spera di Giovanni di Sacrobosco, poi, è uno dei
manuali più utilizzati nel cursus delle Facoltà delle Arti che offre una cosmologia senza
alcuna relazione con qualsivoglia procedimento magico. Il fatto che Cecco si sforzi
d’introdurre intermezzi « nigromantici » nei commenti a queste due opere che, ripeto, non
parlano in alcun modo di magia, è già di per sé un indizio della sua inclinazione per le arti
magiche. Inoltre, paradossalmente, le derive « nigromantiche » più eclatanti si trovano tutte
nel Commento sulla Sfera e non nel Commento all’Alcabizio. Anzi, mi sembra che il
Commento sulla Sfera sia come un palinsesto, si presti cioè a una duplice lettura : dietro il
commento cosmologico, viene delineato, in modo più o meno coerente, un modello
cosmologico-astrologico-demonico in buona parte originale. Cecco coglie ogni pretesto
testuale offerto dal trattato del Sacrobosco per promuovere, come in un puzzle, elementi di
questo modello di cui cercherò di ricostruire la coerenza. Una delle tattiche utilizzate è, per
l’appunto, la sovrapposizione dei significati. Alcuni termini come colurus, zenith, arcus,
clima, oppositio…, ricevono così due spiegazioni : una astrologica o astronomica o
cosmologica e un’altra « nigromantica » (in questo, Cecco sembra inspirarsi di Sacrobosco
che distingue diversi significati di ortus signorum: cosmicus, cronicus et eliacus). Talvolta il
significato « nigromantico » è introdotto in modo un po’ artificiale, come se il commento non
fosse altro che una copertura per dissimulare uno scritto di « nigromanzia » astrale.
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Prima di analizzare questo procedimento per la nomenclatura demonica, si devono
osservare i diversi significati di ortus. Nel capitolo III, Cecco spiega che, secondo il De motu
diurno attribuito a Alchindus, l’ortus signorum ha tre significati : l’ortus rationis (quando vi
sono segni zodiacali ‘umani’ nell’ascendente, come i Gemelli, la Vergine e il Sagittario),
l’ortus ablationis (quando nell’ascendente si trova uno dei segni del domicilio di Giove, cioè
il Sagittario o i Pesci), e infine l’ortus figurationis che trascende il campo della mera
astrologia e sfocia in quello dell’arte dei talismani in quanto è « l’appropriazione (actatio vel
aptatio) del cielo per fabbricare immagini ». Il verbo aptare proviene sicuramente
dall’opuscolo astro-talismanico De imaginibus di Thebit, che è menzionato esplicitamente
subito dopo. Cecco prosegue : « se qualcuno vuol fare delle operazioni con le immagini, deve
operare sotto l’ascendente della sua natività », cioè secondo l’oroscopo della nascita, « o sotto
la sua interrogazione », cioè in conformità con l’oroscopo del momento in cui si effettua la
domanda. L’esempio fornito da Cecco è significativo : per realizzare un’immagine con cui
ottenere una risposta efficace da un spirito, bisogna fabbricarla quando nell’ascendente c’è
« il cuor del Settentrione o Cancro, che è l’ascendente dei nigromanti » e bisogna anche
catturare l’influsso della luna e di Saturno ecc., secondo il liber De mineralibus constellatis,
un’opera attribuita, in un altro luogo, da Cecco a Astafon. La definizione della nigromanzia
s’inserisce in una localizzazione cosmologica precisa : nella parte settentrionale in relazione
con il segno zodiacale del Cancro. In seguito, il libro De mineralibus constellatis di Astafon è
menzionato riguardo al « potere delle intersecazioni » che rimane « nascosto ai sensi umani »
(occulta a sensibus humanis) per ottenere risposte dagli spiriti ; vuol dire, spiega Cecco, che
quando la Testa del Dracone (il nodo ascendente della luna, cioè il punto ascendente in cui la
sua orbita interseca il piano dell’eclittica) si trova nel Sagittario, se si mette una pietra
diacodius nell’acqua, allora « vengono naturalmente gli spiriti per dare le risposte ».
Il modello demonico-astrologico presentato da Cecco d’Ascoli si fonda su due autorità
principali : Ipparco e Salomone, ai quali si aggiungono Zoroastro e Apollonio. In un contesto
« nigromantico », Cecco cita quattro opere attribuite a Ipparco : De hierarchiis spirituum, De
ordine intelligentiarum, De vinculo spiritus e De rebus. Tali opere non sono state identificate,
né tanto meno le altre opere pure attribuite allo stesso Ipparco da Cecco nei suoi due
Commenti. Da questo non ben identificato Ipparco, dunque, proverrebbero le menzioni di tre
o quattro tipi di demoni : i demoni dei coluri, i demoni dei segni angolari, i demoni elementari
e lo zenith. I primi due tipi possono essere sovrapposti.
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I demoni dei coluri. In astronomia si chiamano coluri i due grandi circoli della sfera
che si incrociano ai poli formando un angolo retto, e che passano rispettivamente per i solstizi
- il coluro solstiziale – e per gli equinozi - il coluro equinoziale. I demoni del coluro
solstiziale sono spiriti superiori, gli incubi e i succubi, demoni ben noti della teologia
medievale. Sotto le grandi congiunzioni, cioè le congiunzioni tra i tre pianeti superiori,
Saturno, Giove e Marte, in uno dei due segni solstiziali, il Cancro o il Capricorno, l’incubo
trasporta lo sperma emesso dagli uomini durante il sonno e feconda le donne per far nascere
uomini che sembrano divini ma che sono in realtà demoniaci, come Merlino o il futuro
Anticristo. I succubi, invece, prendono la forma aerea di una donna per ingannare gli uomini.
Da qui proviene l’etimologia « nigromantica » di « coluro » (che coesiste con l’etimologia
astronomica) : colon, il membro et urere, bruciare, visto che gli incubi e i succubi bruciano gli
organi genitali durante il sonno.
I demoni collocati sugli equinozi, che si trovano cioè sul coluro equinoziale, sono
inferiori ai precedenti : si chiamano marmores (mormo, in greco, secondo Thorndike) e
asmitus. Più avanti nel trattato, Cecco cita ancora Asmitus (in questo caso inteso come nome
proprio) per dire che Floron è un demone due volte più potente di Asmitus, e questo perché il
rapporto tra le potenze demoniache è lo stesso che esiste tra la distanza tropico del Cancroequatore e la distanza circolo artico-tropico del Cancro, cioè un rapporto doppio. La fonte
indicata da Cecco è, in questo caso, il De umbris idearum di Salomone.
I demoni dei quattro segni angolari o cardinali. I due segni che si trovano ai nodi
solstiziali sono il Cancro e il Capricorno ; i segni che si trovano ai nodi equinoziali sono
l’Ariete e la Bilancia. I « principi dei demoni » occupano le regioni elementari localizzate
sotto questi quattro segni. Infatti, una volta espulsi dal cielo, essi occuparono i solstizi e gli
equinozi che ricordano loro i troni da essi occupati nel cielo prima della caduta. I coluri
passano per i solstizi, luoghi d’intersezione, per l’appunto, tra l’equatore, l’eclittica e i coluri ;
per questo motivo, gli invocatori dei demoni fanno le loro operazioni agli incroci.
Sembra legittimo confrontare questi due passi : non potrebbero essere questi « principi
dei demoni » quegli stessi demoni chiamati succubi, incubi, marmores e asmitus? In questo
caso, i demoni dei coluri sarebbero i demoni localizzati dove i coluri intersecano l’eclittica,
cioè nei nodi solstiziali e equinoziali. Se così fosse, l’incubo si troverebbe sul segno del
Cancro (solstizio d’estate), il succubo sul segno del Capricorno (solsitizio d’inverno), asmitus
e marmores sotto ciascuno dei segni equinoziali.
I demoni elementari. Cecco utilizza il procedimento del doppio significato astrologico
e « nigromantico » per analizzare il termine « opposizione ». Il significato astrologico è
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chiaro : un aspetto astrologico di 180 gradi, cioè un aspetto malefico. Per spiegare il
significato nigromantico, Cecco cita il De rebus dove Ipparco avrebbe scritto : Remota sit ab
elementis, idcirco dignior est oppositio crucialis. Questa frase oscura è spiegata così da
Cecco : « l’opposizione cruciale » è la localizzazione di questi demoni dei quattro punti
cardinali, di cui parla anche Zoroastro. Forse gli spiriti elementari di cui parla Ipparco sono gli
stessi che costituiscono le venticinque legioni di spiriti che si trovano, secondo Zoroastro,
sotto i quattro spiriti dei punti cardinali (di cui parlerò tra poco). In ogni modo, gli spiriti
elementari occupano gli elementi : fuoco, aria e terra (non è menzionata l’acqua). Agli spiriti
che occupano il fuoco si imputa questo fenomeno, secondo Cecco, a volte osservabile : una
colonna di fuoco si muove verso il cielo ; ciò avviene di notte nelle truppe, quando viene dato
l’ordine di attaccare il nemico, perché gli spiriti spiano le anime dei combattenti ; per questo
motivo, è molto pericoloso morire in guerra, salvo nella guerra per la fede cristiana. I demoni
che occupano l’aria producono nembi subitanei nell’aria con forme animali (serpenti,
dragoni…), o fanno alzare vortici di polvere. I demoni che occupano la terra seminano le
discordie tra i popoli prendendo le sembianze di poveri, di pellegrini o di fate ; di notte, poi,
fanno risuonare orribili clamori.
Lo zenith. Cecco presenta i due significati del termine : astronomico e nigromantico.
Per illustrare quest’ultimo, Cecco cita Ipparco che, nel De vinculo spiritus, avrebbe parlato di
una preghiera allo zenith, « gerarchia di sostanze separate di natura del tutto eccellente », una
« natura » definita « deifica », benché, come gli altri demoni, i demoni dello zenith siano stati
espulsi dall’ordine della grazia. Il « dio dell’ordine naturale ha stabilito il principato » nello
zenith. Non si capisce bene se questo theos dell’ordine naturale sia Dio o il diavolo.
Comunque, Cecco non si mostra affatto critico riguardo a questo passaggio: egli non localizza
questa gerarchia demonica chiamata zenith ma forse, seguendo la sua logica, è quella situata
appunto sotto lo zenith (a meno che zenith sia un nome generico per designare tutti i demoni
superiori).
Incubi, succubi, marmores e asmitus nei coluri, zenith : tali sono i demoni presentati,
secondo Cecco, nelle tre opere del pseudo-Ipparco.
Dal De umbris idearum di Salomone proverrebbero invece i riferimenti ai demoni dei
circoli o dei poli artici e antartici, agli Archi e a Floron.
I Poli. Riguardo ai circoli artico e antartico, secondo il solito procedimento, Cecco
spiega che sono due i modi di intendere i « poli del mondo », o nel loro significato
astronomico, oppure in un altro significato — il termine « nigromantico » non è menzionato
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qui, ma si indovina facilmente — e allora sono questi « poli » « potenze degli <spiriti>
separati [cioè gli spiriti artici] che sono stabiliti nel cuore del settentrione ». Queste
intelligenze sono « fuori dell’ordine della grazia » e dominano a partire dal circolo artico (le
più nobili) o dal « polo » antartico. Salomone menziona una preghiera : O arctici manes ! O
arctici divinitate propulsi ! Cur tante nature nobilitas videtur constrigi specifico minerali ?
Infatti, spiega Cecco, questi spiriti rispondono attraverso le immagini che sono come gli
idoli : alcuni attraverso le immagini d’oro, altri attraverso quelle di argento, altri ancora
attraverso quelle di stagno, e così via.
Gli archi. Riguardo al termine ‘arco’ (arcus), Cecco spiega che vi sono ben tre
significati : astronomico, nigromantico e chiromantico. Citando l’ignoto De motu diurno, di
Alchindus (al-Kindî), Cecco scrive che dall’esaltazione del sole (cioè dall’Ariete) fino alla sua
caduta (nella Bilancia), abbiamo l’arco settentrionale, e dalla caduta del Sole fino alla sua fine
(nei Pesci), abbiamo l’arco australe. Ovviamente si parla qui degli archi del circolo
dell’eclittica : il sole ha il suo inizio annuale nell’Ariete dove ha luogo la sua esaltazione (cioè
una delle sue dignità essenziali, segno in cui quel « pianeta » è fortunato); la sua caduta (cioè
la posizione sfavorevole) è nel segno della Bilancia, e l’ultimo segno nel quale passa il sole è
quello dei Pesci. Il significato nigromantico è attribuito al De umbris idearum di Salomone :
gli « Archi settentrionali per la loro nobilità vengono immediatamente a dare delle risposte e
producono cose meravigliose con la volontà di Dio ». Cecco spiega che questi « demoni che si
trovano nel settentrione » hanno, grazie alla loro « natura nobile », la conoscenza dei « segreti
degli elementi del mondo ». Infatti, è la loro nobilità tanto grande che appena sono invocati da
un uomo nobile subito arrivano per rispondere. Questi nobili demoni si trovano « volontieri
nelle case delle persone nobili » e parlano con la famiglia, « cioè la servono senza danno ».
Invece « buttano nelle case degli usurai e delle persone vili pietre ed escrementi e
capovolgono i piatti e disfanno le lenzuola del letto e di notte emettono sospirando spaventosi
e terribili voci ». Infine c’è il significato chiromantico illustrato attraverso un’ignota
Chiromantia di Abliton: l’arco, in questo caso, rappresenta la linea della mano.
Cecco non spiega chiaramente dove sono situati nella sfera questi demoni molto nobili
chiamati Archi settentrionali. Abbiamo però un indizio: il loro nome fa pensare a una
localizzazione sotto un arco —l’arco settentrionale dell’eclittica. Come i Poli o manes artici,
essi sono demoni molto nobili. Questa nobilità data al settentrione è coerente con l’idea
espressa all’inizio del commento nella definizione della nigromanzia, già sopra esaminata, che
« si pratica sopratutto nelle regioni settentrionali ».
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Floron. Basandosi sullo stesso opuscolo salomonico, Cecco menziona inoltre il
demone Floron. Questo apparteneva una volta all’ordine dei cherubini e dunque è di una
natura molto nobile (in effetti, i cherubini sono nella gerarchia dionisiana l’ordine più alto
dopo quello dei Serafini). Floron è invocato e « costretto » con l’aiuto di uno specchio
d’acciaio. Egli conosce numerosi segreti della natura, ma inganna quasi sempre gli uomini.
Cecco spiega, sulla base di vari racconti, che non ci si può fidare di questo demone perfido. È
proprio lui che ha ingannato il re Manfredi poiché gli aveva predetto la vittoria. Inoltre, ha
ingannato un uomo che cercava un tesoro, predicendogli che avrebbe conservato questo tesoro
fino alla sua morte : ora, l’uomo trovò certo questo tesoro in una caverna, però morì subito
dopo nel crollo di questa stessa caverna. Più avanti nel commento, Cecco parla di nuovo di
Floron : questo « spirito » è « l’ombra della luna ». In tempo di plenilunio, l’ombra si vede
interamente e così gli spiriti rispondono senza ingannare, come nelle esperienze di
divinazione in cui vengono utilizzate superfici riflettenti (spada, specchio, cristallo o unghia)
con l’aiuto di un bambino vergine, una pratica chiamata in altri testi magici catoptromanzia.
Questo è coerente col fatto che Floron risponda attraverso specchi d’acciaio. La
catoptromanzia è menzionata in un altro luogo in riferimento al libro De cautelis nature
attribuito a Ipparco. Più avanti, in un altro passo, Cecco menziona Floron, presentandolo
come un « spirito di natura molto nobile » e attribuendogli una profezia sulla venuta di Cristo,
mettendo così sullo stesso piano questo cherubino caduto e la Sibilla, citata immediatamente
dopo.
Ma dove si trova Floron ? È localizzato nella Sfera ? Il passo che fa intervenire questo
demone può forse procurarci un indizio. Cecco sta commentando il brano della Spera dove
Sacrobosco spiega che « quella parte del coluro che si trova compresa fra il primo punto del
Cancro e il circolo artico è quasi doppia della declinazione massima del sole o dell’arco dello
stesso coluro che si trova compreso fra circolo artico e polo artico del mondo, <arco> che è
uguale alla declinazione massima del sole. ». Giovanni di Sacrobosco fa una dimostrazione
geometrica. Come tutti i circoli, egli spiega, il coluro ha un’ampiezza di 360°, e dunque un
quarto di coluro corrisponde a 90°. Per questo motivo Sacrobosco vuole identificare la
sezione del coluro compresa fra l’equatore celeste e il polo del mondo, un quarto della sfera
per l’appunto. Giovanni considera poi la massima declinazione del sole, cioè l’arco compreso
fra l’equatore e il tropico del Cancro. Secondo Tolomeo, prosegue Sacrobosco, la
declinazione massima del sole è di 23° e 51’. Ora, visto che l’arco compreso fra il circolo
artico e il polo artico è uguale a quest’ultimo arco, la somma di questi due archi è di quasi
48°. Se si sottraggono questi 48° ai 90° (che rappresentano tutto l’arco di coluro compreso tra
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l’equatore celeste e il polo artico del mondo), rimangono 42°. Dunque, l’arco del coluro
compreso tra « il primo punto del Cancro » e il circolo artico è di 42° (poiché quest’arco è
precisamente la porzione dell’arco del coluro di 90° che rimane dopo la sottrazione dell’arco
tra il polo artico e il circolo artico e dell’arco tra il tropico del Cancro e l’equatore). « E così
pare che lo stesso arco è quasi doppio della declinazione massima del sole », poiché 42°
corrisponde pressapoco a 23°51’ moltiplicato per 2.
Salomone, secondo Cecco, spiega che così come l’arco del coluro tra il tropico del
Cancro e il circolo artico è il doppio della declinazione massima del sole, così pure la potenza
di Floron è doppia di quella di Asmitus. Se Ipparco e Salomone sono coerenti fra loro, dato
che Asmitus si trova nel coluro equinoziale, probabilmente in uno dei due equinozi, cioè
sull’equatore, e supponendo una perfetta corrispondenza fra le distanze cosmologiche e le
potenze dei demoni, si potrebbe dedurre che Floron è nel circolo artico : Floron potrebbe
essere dunque uno dei « manes arctici » già menzionati.
Gli spiriti dei quattro punti cardinali. Zoroastro è detto essere l’autore di un De
dominio quartarum octave spere, ma il suo nome appare da solo, senza indicazione
dell’opera, nel passo in cui sono illustrati i quattro spiriti dei punti cardinali. Commentando i
climi, Cecco fa la distinzione tra un significato cosmologico e un significato
« nigromantico ». Riguardo alla prima, Sacrobosco ha stabilito che i climi corrispondono a
sette zone, parallele all’equatore, in cui è divisa la parte abitata della terra. Riguardo al
significato « nigromantico », Cecco fa riferimento a Zoroastro, il primo inventore dell’arte
magica (come viene ripetuto nel Medioevo, sulla scia di Plinio e Agostino). A Zoroastro sono
attribuiti i discorsi più sconcertanti del Commento sulla Sfera, come per esempio : « I climi
devono essere ammirati, loro che danno fedelmente delle risposte con la carne dei morti e il
sangue umano. ». Il nome di « clima » gli è stato dato poiché, così come un clima è
un’inclinazione (elevatio, scrive Cecco), così pure questi spiriti sono « alzati sopra tutti gli
spiriti ». Questi climi sono spiriti « di grande potenza » che occupano i luoghi d’incrocio
(locis cruciatis), cioè l’oriente, l’occidente, il sud e il nord. I loro nomi sono Oriens (per
l’oriente), Amaymon (per l’occidente), Paymon (per il sud) e Egim (per il nord). Questi spiriti
« della gerarchia superiore » hanno « sotto ciascuno di loro venticinque legioni di spiriti », e
visto che la loro natura è nobile, richiedono sacrifici di uomini o di gatti. Quest’arte, che
implica pure digiuni e preghiere, non può essere praticata « senza un grande pericolo » per la
fede. L’invocatore versa il sangue in una conca d’oro, fa le invocazioni, e poi arrivano gli
spiriti. E’ al De dominio quartarum octave spere di Zoroastro che Cecco attribuisce l’idea che
dalla dominazione dei « quarti della ottava sfera » e « dal potere degli incubi e dei succubi »
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sarebbe nato il Cristo. Probabilmente questi « quarti della ottava sfera » sono i due segni
cardinali, il Cancro e il Capricorno, poiché, come abbiamo visto, proprio sotto questi due
luoghi si trovano gli incubi e i succubi. Cecco chiama l’autore di questa teoria ista bestia
Zoroastes.
I Tropici. A Apollonio Cecco attribuisce diverse opere : il De hyle, il De arte magica e
il De angelica factura. Riguardo ai tropici del Cancro e del Capricorno, Cecco spiega che
accanto al significato dato da Sacrobosco, cioè « i circoli che descrive il sole », c’è un altro
significato : « la gerarchia di certi <spiriti> separati che si chiamano tropici, cioè orientati
secondo gli ordini di Tropos che è il loro principe, come dice Apollonio nel libro de angelica
factura : come il lume del cielo si orienta verso i tropici del mondo attraverso il suo proprio
moto, così secondo gli ordini di Tropos i tropici si orientano ».
III
Le fonti di Cecco. Se l’identificazione delle opere sconosciute menzionate da Cecco
rimane un problema aperto (come vedremo), un’altra questione può essere sollevata e
parzialmente risolta : quella della tradizione magica a cui è ricollegata la magia astrologicodemonica presentata da Cecco.
1. E qui troviamo il primo paradosso. Si possono infatti identificare nel Medioevo due
grandi tradizioni di testi magici : la tradizione hermetica e la cosidetta tradizione salomonica.
Queste due (come ha dimostrato il compianto David Pingree) sono identificate dall’anonimo
autore dello Speculum astronomiae, un’opera scritta nella metà del Duecento. In quest’opera
normativa e bibliografica sulle parti costitutive della scienza degli astri, venne fabbricata per
la prima volta (come ho tentato di stabilire altrove) la nozione di « immagini astrologiche », i
talismani cioè che ottengono i loro poteri solamente dalla potenza naturale degli astri, e non
dagli spiriti –essendo questi spiriti, nel contesto magico, sempre dei demoni rispetto alla
teologia. Inventando questa nozione di talismano « non destinativo », cioè che non comporta
né invocazione, né altro segno destinato a una intelligenza demonica, l’autore dello Speculum
astronomiae intende essere uno « zelator fidei et philosophiae utriusque scilicet in ordine
suo », espressione fondamentale che realizza un equilibrio perfetto fra ortodossia religiosa e
curiosità scientifica, un punto questo molto importante (che però è stato curiosamente
occultato in una recensione sorprendente di P. Zambelli).
Relativamente alle due tradizioni magiche identificate dall’autore dello Speculum
astronomiae, questi distingue, accanto alle improbabili e lecite « immagini astrologiche », le
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immagini « nigromantiche » condannabili, che possono essere di due tipi. Le immagini
« abominevoli », cioè la magia astrale ermetica, la cui origine è essenzialmente araba e, più a
monte, forse riconducibile ai Sabei di Harran. Si tratta di una magia principalmente
talismanica, il cui scopo è catturare le forze delle stelle per ottenere l’aiuto degli spiriti astrali.
Tali spiriti sono fuori dei limiti del monoteismo : David Pingree pensa che il modello
originario sia quello dei rituali magico-religiosi dei Sabei di Harrân, setta rimasta pagana
nell’area islamica fino all’XI secolo. È forse questa la ragione per cui l’autore dello Speculum
colloca i testi di questa tradizione nella peggiore categoria della « nigromanzia », quella
definita « abominevole », benché i loro rituali (invocazione, iscrizione ecc.) siano molto meno
numerosi di quelli della tradizione magica definita invece « un po’ meno scomoda, però
detestabile ».
Questa seconda tradizione « detestabile », di origini giudeo-cristiane diffuse, è
chiamata salomonica, poiché il suo supposto autore è in regola generale Salomone. Questa
magia è basata sulla tracciatura di circoli, l’utilizzazione di spade, iscrizioni di caratteri ecc. A
mio parere, questo tipo di magia è una delle fonti più importanti della cosidetta nigromanzia
occidentale, così come se ne trova traccia, per esempio, nel manoscritto di Monaco del
Quattrocento edito da Richard Kieckhefer. In questa tradizione salomonica, l’astrologia ha
un’importanza molto minore rispetto alla tradizione ermetica. Tuttavia, è proprio questa
tradizione salomonica lato sensu utilizzata da Cecco per costruire il suo modello
cosmologico-astrologico-demonico.
2. Il legame più evidente con questa tradizione salomonica è costituito,
paradossalmente, non dai passi esplicitamente attribuiti a Salomone, ma da quelli che Cecco
imputa a Zoroastro riguardo agli spiriti dei punti cardinali : Oriens, Amaymon, Paymon e
Egim. Questi spiriti sono menzionati in numerosi testi della tradizione salomonica.
Il primo testo è chiamato dallo Speculum astronomiae ‘De quatuor annulis’, con
l’incipit De arte eutonica et ydaica, che Thorndike aveva reperito in un codice della
Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze (BNC, II III 214). Ora, in tale testo, che indica come
fabbricare anelli magici e una ydea, si trova una sezione in cui il rituale prevede
l’utilizzazione di una pelle e in cui appaiono i nomi dei quattro spiriti. Con la pelle di quattro
vitelli si fabbrica una pergamena con cui si devono realizzare cinque libri d’immagini ;
sembra che la pelle debba pure essere stesa sulla terra dove si fa l’invocazione. L’invocatore
inizia il suo rito la domenica : non deve fare il segno della croce, né entrare in una chiesa, né
salutare nessuno fino a giovedì, quando, prima dell’aurora, deve iniziare l’invocazione al re
Amaymon ; poi deve recarsi a un corso d’acqua e lavare la pelle invocando i re Amaymon,
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Paynon, Egym e Oriens. In seguito, l’invocatore si dirige a un quadrivio e pronuncia, al
sorgere del sole, la formula di scongiuro, spellando la pelle con il coltello. Il rituale deve
continuare con le altre sette pelli, e in questo modo si può preservarsi da tutte le infamie
possibili.
Questi quattro spiriti superiori dei punti cardinali vengono anche menzionati in un
testo che l’autore dello Speculum astronomiae chiama De tribus spirituum e che ho scoperto
(grazie all’incipit De caelestibus candariis) in un manoscritto del Seicento conservato a
Londra (Sloane 3850). L’invocatore effettua delle invocazioni su tre figure di spiriti tracciate
su una piastra metallica, dicendo questa preghiera :
O Oriens, princeps egregie, qui in Oriente regnas et imperas ; O tu Paymon, rex
potentissime, qui in Occidente potenter dominaris ; O tu Amaymon, rex maxime, qui in
Australi plaga principaris ; O tu Ogyn, rex potentissime, cuius regnum et imperium est
in septentrione ; ego viriliter vos invoco obnixe deprecor vel potius potenter coniuro
etc.
Jean-Patrice Boudet ha rilevato altre menzioni di questi quattro re in altri testi
salomonici. Essi sembrano protagonisti famosi delle fonti salomoniche, dove sono presentati
alla testa di legioni di spiriti.
3. Riguardo a Floron, il suo nome appare (come ha notato J.-P. Boudet) nel manuale
« nigromantico » del codice di Monaco edito da Kieckhefer (già citato), con la menzione dello
specchio di acciaio, ma senza alcuna localizzazione cosmologica. Forse è sempre lui che
appare anche, secondo Boudet, nel Livre des esperitz (conservato in un manoscritto francese
del Cinquecento) sotto il nome di « Flavos » e anche nell’opera del demonologo Johann Wier.
4. Riguardo a Tropos e ai suoi Tropici, Cecco si riferisce a un libro De angelica
factura attribuito a Apollonio, il noto mago Apollonio di Tiana. Infatti, come l’ho già indicato
in un’altra sede, questo libro è citato anche, alla fine del Trecento, da Antonio da Montolmo
con il titolo De angelica fictione e con l’attribuzione a Salomone. Antonio non parla dei
Tropici ma delle Altitudines, angeli menzionati nell’Almandal di Salomone, un’opera
anch’essa citata da Antonio che afferma che le Altitudines sono ordini di angeli che si trovano
sotto i segni zodiacali e che i più potenti sono quelli situati sotto i quattri segni cardinali. Ora,
come è stato osservato sopra, Cecco ha definito questi spiriti sottostanti ai segni cardinali
« principi dei demoni » ovvero, secondo la mia ipotesi, si tratterebbe degli incubi, dei succubi,
dei marmores e degli asmitus. Dunque, seguendo una certa logica, si potrebbe supporre che
questi tropici siano collocati sotto i tropici, cioè probabilmente gli incubi sotto il Cancro e i
succubi sotto il Capricono. Rimane però il problema dell’identificazione del Tropos, che
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sembra un nome singolare. Si può anche notare che gli Altitudines di Antonio da Montomo
sembrano molto vicine dalle climi-elevationes di Cecco.
Insomma, Cecco avrebbe utilizzato fonti salomoniche (e, del resto, se credeva nei
procedimenti descritti non poteva averli inventati), ma ha disposto i dati trovati sui demoni
fornendo loro una coerenza astronomica, astrologica e cosmologica che non avevano prima.
La corrispondenza, da una parte, tra ciò che ci dice Sacrobosco sui rapporti delle distanze che
esistono fra i circoli della sfera e, dall’altra parte, i rapporti tra potenza di Floron e potenza di
Asmitus, è troppo perfetta per non essere un’elaborazione di Cecco d’Ascoli stesso. Cecco
non è un mitografo, né un mero falsificatore, è però un abile utilizzatore delle fonti, perfino un
manipolatore. Il carattere per lo più sconosciuto degli opuscoli citati rinvia a parecchie
logiche (poiché è molto improbabile che tutte queste opere siano andate perdute). Questi
opuscoli potrebbero essere sezioni di libri o rielaborazioni architettate da Cecco.
Ma perché questa manipolazione di fonti ? Prima possibilità : Cecco è un provocatore,
ma mostra anche una sorta di preziosità e di pedanteria nel voler menzionare opuscoli del
tutto ignoti, segreti, che lui solo conoscerebbe. Mi sembra però, ed è questa la seconda
possibilità, che si possa vedere in questa tattica di manipolazione delle fonti una volontà di
eludere la censura. Quale censura ? La censura dello Speculum astronomiae. Certo, a mio
parere, non si possono identificare verbatim le citazioni di quei misteriosi opuscoli citati da
Cecco con nessuna delle opere salomoniche condannate dall’autore dello Speculum
astronomiae. Tuttavia, nonostante quest’argomento pertinente, è evidente che l’unica fonte
utilizzata in un contesto magico e menzionata in modo identificabile è il De imaginibus di
Thebit, cioè l’unica opera talismanica che era stata salvata dall’autore dello Speculum
astronomiae : proprio quest’opera veniva utilizzata dall’autore per inventare la sua categoria
di « immagine astrologica », cioè un’immagine solamente astrologica. La mia ipotesi è
dunque la seguente : Cecco conosceva lo Speculum astronomiae e, benché le sue lezioni
accademiche fossero di un’incredibile audacia, non voleva rischiare di riferirsi apertamente
alle opere esplicitamente condannate ; così, forse, si spiegerebbe questa doppia maschera : la
modifica dei titoli di questi opuscoli e l’alterazione volontaria dei contenuti delle citazioni
presentate. A tutto questo si deve aggiungere la possibilità di voler architettare teorie ad hoc
per costruire un modello astrologico-cosmologico-« nigromantico » alquanto coerente. Questi
tre disegni possono spiegare la strana bibliografia presentata da Cecco.
IV
Infine, la magia presentata da Cecco conduce a quattro osservazioni.
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1. A differenza di tutti gli autori del suo tempo, ad eccezione dei teologi che
condannavano tutte le pratiche magiche, Cecco non insiste sul carattere naturale delle pratiche
da lui presentate. Al contrario, egli insiste sulla straordinaria varietà dei demoni invocati in
queste operazioni. Quando Antonio da Montolmo, alla fine del Trecento, presenta una magia
demonica molto vicina a quella di Cecco, fa invece l’elogio (certamente ipocrita, ma lo fa)
della magia naturale, come un po’ più tardi farà Marsilio Ficino.
2. Inoltre, Cecco non critica la magia demonica che lui stesso però definisce come
esplicitamente « nigromantica », eccezion fatta dei brani attribuiti a Zoroastro che vengono
condannati - come se il nome di Zoroastro fosse condannato apertamente per mascherare la
colpevolezza del vero pseudo-autore delle fonti utilizzate : Salomone. La futura tattica
ficiniana del non tam probo quam narro non appare spesso nel commento di Cecco alla Sfera.
3. Cecco d’Ascoli tenta di sovrapporre in modo coerente i luoghi cosmologici, le
regole astrologiche e i procedimenti « nigromantici ». L’importanza degli incroci in questa
« nigromanzia » —importanza attestata nel testo salomonico del manoscritto Sloane della
British Library, senza fornire però nessuna spiegazione— rinvia così all’intersezione dei
circoli costitutivi della sfera. Le relazioni tra le distanze dei circoli della sfera sono comparate
al rapporto della potenza di due demoni. Alcuni nomi cosmologici, astronomici o astrologici
ricevono, accanto al loro significato primo, un significato « nigromantico ».
Si nota che nel Commento all’Alchabitius Cecco spiega che i nodi della luna possono
riecevere una doppia spiegazione: e così spiega ai studenti più giovanni (iuvenes) il significato
astrologico e ai più vecchi (maiores) il significato nigromantico: come se i due livelli di
significati fossero due livelli di iniziazione.
Gli opuscoli di magia non approfondiscono questa logica di sovrapposizione. Cecco
elabora una propria « nigromanzia » astro-logica, basandosi però sui testi salomonici.
4. Se Cecco d’Ascoli non è molto prudente quando parla di magia astrologicodemonica, si sforza però di rimanere nel modello cosmologico ortodosso. Infatti, gli spiriti
invocati furono, egli insiste, « espulsi fuori dell’ordine della grazia » : questi sono gli spiriti
caduti, i demoni, che dunque non possono stare in cielo. Cecco lo dice chiaramente quando
parla di questi « primi demoni » dei segni angolari, i quali « occupano le quattro regioni sotto
il cielo », cioè « i quattro elementi », perché furono « espulsi dal cielo ». Secondo la mia
ipotesi, si possono confrontare tali demoni con quelli dei coluri e degli equinozi : e questa
configurazione sublunare sembra essere proprio quella dei succubi, degli incubi, dei
marmores et degli asmitus. Questo risultato, altamente probabile, scaturisce dal confronto
delle considerazioni che ho sviluppato in queste pagine. In quanto ai demoni elementari, la
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loro localizzazione sotto il cielo è evidente secondo la loro stessa definizione. Riguardo a
Floron, dal suo confronto con Asmitus, se ne può dedurre una localizzazione sotto il circolo
artico. Ora visto che Floron, angelo caduto, è, secondo la mia ipotesi, uno dei manes actici :
sia questi sia anche i manes antarctici —essendo tutti e due extra ordinem gratie, come lo
mette in evidenza Cecco— sono sotto il cielo. La stessa cosa si deve postulare per i quattro
spiriti dei punti cardinali: Oriens, Aymon, Paymon, Egym, e le loro legioni.
Del resto, in maniera coerente con questa localizzazione sublunare, Cecco delimita
chiaramente i poteri dei demoni quando parla delle dimensioni grandi o piccole dei circoli
celesti. Queste vengono spiegate in due modi : nel primo caso, conformemente a ciò che dice
Sacrobosco, Cecco spiega che questi sono i circoli che costituiscono le sfere celesti; nel
secondo caso, come lo intende Apollonio nel De hyle, Cecco spiega che sono le « nature
occulte che si trovano negli elementi del mondo ». Così Apollonio scrive che la sfera è
costituita da circoli grandi e piccoli, e « così le nature delle cose che sono fatte dagli elementi
del mondo con i quali l’operazione angelica è prodotta ». Cecco spiega così questa sentenza :
« gli spiriti che sono fuori dall’ordine della grazia non possono fare niente di meraviglioso
senza utilizzare le cose naturali ». Dunque per fare le cose meravigliose, gli spiriti ricorrono
alle « nature e poteri occulti che si trovano nelle cose del mondo », e questo non vuol dire che
la « materia corporea sia sottomessa » alla volontà degli spiriti e che questi potrebbero
« trasmutare la materia da una forma all’altra ». Cecco rimane esplicitamente nei limiti della
concezione teologica e filosofica ortodossa della natura. Alberto Magno aveva spiegato, nel
suo Commento sulle Sentenze, che se i libri sulle immagini dicono che l’azione dei demoni è
più efficace quando la luna si trova in un segno in particolare, è perché questi demoni sanno
utilizzare gli influssi astrali per rendere le loro operazioni più potenti.
Inoltre, Cecco fa riferimento alle Intelligenze sopralunari in modo ortodosso. Citando
la Metafisica di Avicenna, egli spiega che esiste un duplice ordine di Intelligenze: il primo
include « la prima Intelligenza che è il motore dell’universo e il primo principio di ogni
causa »; il secondo include il primo mobile, l’Intelligenza motrice della sfera delle stelle fisse,
le Intelligenze delle sette sfere pianetarie, e l’Intelletto agente che è « l’intelligenza del mondo
terreno » che « influisce sulle nature, le anime e le intelligenze ». Nel suo Commento, Cecco
sembra dimenticare solo una volta questa distinzione fra le Intelligenze celeste buone e le
Intelligenze sublunari invocate nella nigromanzia: in un ambiguo passo, egli dice che
attraverso le arti magiche si può conoscere il futuro, ma che è meglio farlo « attraverso la
scienza delle stelle », cioè « attraverso la rivelazione delle Intelligenze attraverso gli astri, ai
quali tutte le cose sono note ». Per questo, secondo il primo libro De circulo visuali, attribuito
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a Tolomeo : « Alle sostanze separate nel cielo niente rimane occulto e meraviglioso in ultima
istanza, poiché partecipano delle creature ». E, secondo la Metafisica di Aristotele, Cecco
aggiunge, queste Intelligenze sono infallibili. Ma questo è l’ultimo brano che pare
discordante.
Infatti, la localizzazione di tutti questi demoni sublunari nella sfera si riferisce a punti
o circoli astronomici-cosmologici intesi come direzione geometrica ma non come una
localizzazione sopraceleste; ciò vuol dire, per esempio, che i cosidetti demoni dei segni
angolari non sono nei segni, ma sotto quei segni e hanno la nostalgia dei loro primi troni,
perduti quando furono espulsi dal cielo al momento della caduta degli angeli. Così, abbiamo
ipotizzato che la gerarchia demonica dello zenith dovrebbe essere sotto lo zenith (e
certamente non nello zenith).
Tutti i demoni hanno dunque la loro residenza sotto il cielo. Ora, ritorniamo a ciò che
scrive Giovanni Villani riguardo alle accuse contro Cecco :
Le cagione perché fu arso sì fu perché, essendo in Bologna, fece un trattato sopra
la spera, mettendo che nelle spere di sopra erano generazioni di spiriti maligni, i quali si
poteano costrignere per incantamenti sotto certe costellazioni a potere fare molte
maravigliose cose […].
Se ci riferiamo al Commento sulla Sfera, nello stato in cui è pervenuto, e se si crede a
ciò che scrive il Villani, allora l’inquisitore di Firenze avrebbe commesso un grave errore di
interpretazione : infatti, questi spiriti maligni non sono nelle sfere celesti, ma sotto le sfere.
Ora, da un punto di vista teologico, questo è un nodo fondamentale. Tommaso d’Aquino
ricorda che dopo la loro caduta, gli angeli malvagi furono espulsi fuori dalla grazia
nell’inferno (a causa della loro colpa) o nell’aer caliginosum (per tentare gli uomini inclini al
peccato). Invece, le sfere celesti sono mosse dalle Intelligenze motrici – probabilmente gli
angeli dell’ordine delle Virtutes.
V
Perché fu arso Cecco d’Ascoli ? Quali che siano le altre ragioni evocate, cioè
l’oroscopo fatalista di Cristo (su cui insistono i supposti atti del processo e che è menzionato
dal Villani), una possibile posizione sulla povertà di Cristo ecc., mi pare che il carattere
« nigromantico » evidente del Commento alla Sfera sia stato un elemento fondamentale nel
processo. Infatti, la questione non è : perché tali brani hanno condotto Cecco al rogo ? Ma
piuttosto : com’è possibile che un docente universitario, all’inizio del Trecento, abbia avuto
l’audacia di proporre, in una lezione pubblica, un sistema astrologico-« nigromantico », senza
mostrare apertamente una distanza critica chiara ? Senza dubbio, tre quarti di secolo più tardi
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tali atteggiamenti sono attestati : Antonio da Montolmo, Giorgio Anselmi da Parma e poi
Marsilio Ficino sono i testimoni di una « liberazione della parola magica » che, a mio parere,
è una caratteristica dell’Italia del Quattrocento : in questo tempo, infatti, si assiste all’avvento
dell’« autore mago » capace di giocare con le norme teologiche medievali. Ma all’inizio del
Trecento, questo atteggiamento significava esporsi a un rischio considerevole. Quella era
l’epoca in cui Giovanni XXII identificò la magia « nigromantica » con l’eresia, inducendo gli
inquisitori a cacciare una nuova selvaggina. Il papa aveva convocato nel 1320 teologi e
canonisti per deliberare sul carattere eretico del battesimo delle immagini e altre pratiche
simili; e stava probabilmente già promulgando la bolla Super illius specula (1326-1327) che
identificava la « nigromanzia » con l’eresia. Il suo pontificato è segnato da numerosi casi di
accuse di magia.
« Perché fu arso Cecco d’Ascoli ? ». Forse per aver parlato come lo ha fatto, un secolo
prima di quella ‘rivoluzione della parola magica’ della fine del Trecento e l’inizio del
Quattrocento ; anzi, ha parlato così in un’epoca in cui veniva condannata con una nuova
radicalità inquisitoriale la magia « destinativa ».
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