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La divisione ereditaria

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La divisione ereditaria
La divisione ereditaria è diretta a far cessare lo stato di comunione sui beni
della massa ereditaria tra tutti i soggetti che partecipano alla comunione;
ha natura dichiarativa e non traslativa ed effetto retroattivo, ma solo con
riguardo alla titolarità dei beni. Nell’ordinamento nazionale italiano può
essere giudiziale, fatta dal testatore o contrattuale (amichevole).
La divisione ereditaria è diretta a far cessare
lo stato di comunione sui beni della massa
ereditaria tra tutti gli aventi diritto (soggetti
che partecipano alla comunione).
La divisione ha natura dichiarativa e non
traslativa ed effetto retroattivo, ma solo con
riguardo alla titolarità dei beni e ai rapporti
giuridici relativi e non certo ai frutti prodotti medio tempore (cfr. art. 757 cod. civ.).
L’effetto retroattivo della divisione comporta che l’alienazione di un determinato bene
fatta da un comunista sia condizionata all’assegnazione del bene stesso in sede di divisione.
Tuttavia anche la divisione produce effetti
traslativi con efficacia dal momento dell’atto (ex nunc) qualora a un condividente siano
attribuiti beni in misura eccedente la sua
quota.
A dire il vero in tale ipotesi si è in presenza di
veri negozi traslativi e non più di una divisione, per esempio divisione di masse provenienti da titoli diversi ove ogni massa costituisce entità a sé stante (per il regime fiscale vedi infra).
È anche possibile una divisione parziale.
La divisione ereditaria nell’ordinamento nazionale italiano può essere giudiziale, fatta
dal testatore o contrattuale (amichevole).
Disciplina applicabile
La divisione ereditaria è regolata da una duplice normativa: la prima di carattere generale dettata dagli artt. 1111-1116 cod. civ.; la
seconda (cfr. artt. 713 e segg. cod. civ.) per essa specificamente dettata ma applicabile
anche alla divisione ordinaria nei limiti di
compatibilità (cfr. art. 1116 cod. civ.).
Diritto di chiedere la divisione
Ogni coerede ha diritto (si tratta di un diritto potestativo) di chiedere in ogni tempo la
divisione del bene comune, salvo diversa
pattuizione del testatore (artt. 713 e 1111
cod. civ.).
Se l’immediato scioglimento della comunione pregiudica l’interesse degli altri comunisti, il giudice può stabilire una congrua dilazione, comunque non superiore al quinquennio (art. 1111, comma 1, cod. civ.).
È un diritto imprescrittibile, ma può essere
sospeso per volontà:
a. del testatore che, quando tutti gli eredi
istituiti o alcuni di essi siano minorenni, può
disporre che la divisione sia sospesa sino a
quando sia trascorso un anno dalla maggiore età dell’ultimo nato. Il testatore può anConsulente immobiliare 2009 |
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che disporre che la divisione dell’eredità o di
alcuni beni non abbia luogo prima che sia
trascorso dalla sua morte un termine non
superiore a cinque anni. La clausola testamentaria di indivisione può essere fatta valere da ciascun coerede anche nei confronti
dei legittimari e rappresenta una deroga al
divieto ex art. 549 cod. civ. sulla quota di riserva dei legittimari;
b. dei condividenti; in particolare, i condividenti possono pattuire (il patto è efficace anche per gli aventi causa) di non sciogliere la
divisione per un periodo massimo di 10 anni. Se è pattuito un periodo maggiore, la comunione sorge egualmente, ma la durata è
ridotta entro il termine decennale; tuttavia
la comunione non sorge se la maggiore durata sia stata la ragione essenziale per costituire la comunione stessa (cfr. art. 1111,
comma 2, cod. civ.). Il patto di indivisibilità
di un immobile deve essere redatto in forma
scritta e deve essere trascritto;
c. la sospensione della divisione, di tutti o di
alcuni beni comuni, può essere disposta per
ordine del giudice, ma per un tempo non eccedente i cinque anni, se l’immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi dei
condividenti (cfr. artt. 717 e 1111, comma 1,
cod. civ.);
d. sospensione legale ex art. 715 cod. civ. che
ricorre quando tra i coeredi vi sono soggetti
futuri e incerti (nascituri concepiti e non
concepiti, pendenza in giudizio della qualità
di figlio legittimo).
• Partecipazione alla divisione
di tutti i condividenti
Alla divisione devono obbligatoriamente
partecipare:
– tutti i coeredi ovvero i loro successori a titolo universale o a titolo particolare (legatari), data l’evidente incompatibilità tra la
proprietà esclusiva attribuita a ogni singolo condividente e un eventuale persistente diritto di comproprietà, su tutti i
beni dell’originaria comunione ereditaria,
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in capo ai non partecipanti alla divisione.
La mancanza di alcuno degli aventi diritto comporta la nullità del negozio di divisione che non può essere sanato con la
successiva adesione dei coeredi assenti.
Hanno diritto di intervenire:
– i creditori (privilegiati, ipotecari o chirografi, anche per crediti non scaduti o sottoposti a condizione sospensiva o risolutiva);
– gli aventi causa da un partecipante. È tale
anche chi abbia acquistato diritti su uno
dei beni comuni, chi abbia acquistato i diritti del condomino in sede di futura divisione, chi abbia acquistato pro quota un
diritto reale (usufrutto ecc.) sul bene comune; non è avente diritto il locatario dell’immobile. È avente causa anche il cessionario del diritto di comunione su una
parte materiale della cosa comune (o su
alcune soltanto delle cose comuni), nonché l’acquirente pro quota di un diritto reale sulla cosa o sulle cose comuni. Non è,
invece, avente causa l’acquirente dell’effetto divisionale che può considerarsi
avente causa solo dopo la divisione (cfr.
art. 1113 cod. civ.). I creditori e gli aventi
causa da un partecipante possono intervenire nella divisione ma non possono impugnare la divisione già eseguita, salvo
abbiano notificato un’opposizione anteriormente alla divisione stessa e salvo
sempre a essi l’esperimento dell’azione revocatoria o dell’azione surrogatoria. Devono essere chiamati a intervenire, perché la divisione abbia effetto nei loro confronti, i creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti sull’immobile in virtù
di atti soggetti a trascrizione e trascritti
prima della trascrizione dell’atto di divisione o della trascrizione della domanda
di divisione giudiziale.
Nota
La facoltà di intervenire è concessa per evitare che i creditori e gli aventi causa siano danneggiati dall’eventuale attribuzione al loro debitore di una quota inferiore a
quella spettante. In particolare, la norma dispone che
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possono intervenire nella divisione a proprie spese, ma
non possono impugnare la divisione già eseguita, a meno che abbiano notificato un’opposizione prima della divisione stessa. L’opposizione non deve essere necessariamente notificata a tutti i condividenti.
Nella divisione di immobili, l’opposizione deve essere
trascritta prima della trascrizione dell’atto di divisione
(se si tratta di divisione giudiziale, prima della trascrizione della relativa domanda).
I creditori iscritti e coloro che hanno acquistato diritti
sull’immobile, in virtù di atti soggetti a trascrizione e
trascritti prima della trascrizione dell’atto di divisione
(o della trascrizione della domanda di divisione giudiziale) devono essere chiamati a intervenire, diversamente la divisione non è efficace nei loro confronti. A loro tutela non può opporsi alcuna ragione di prelevamento in natura per crediti nascenti dalla comunione,
eccetto per i debiti nascenti da titolo anteriore alla comunione stessa ovvero conseguenti a collazione.
• Condividenti incapaci
Se i partecipanti alla comunione sono incapaci:
– minori di età, interdetti devono, rispettivamente, essere rappresentati dai genitori o dal tutore;
– inabilitati, minori emancipati devono essere assistiti da un curatore.
Nelle anzidette ipotesi i soggetti incapaci
possono partecipare alla divisione ma è necessaria l’autorizzazione del Tribunale del
luogo in cui si è aperta la successione (la
successione si apre nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto al momento della morte,
cfr. art. 456 cod. civ.), sentito il parere del giudice tutelare (cfr. art. 747 cod. proc. civ.).
Fasi della divisione
Le fasi della divisione dettate dalla legge riguardano la divisione giudiziale ma, se vi è
accordo, possono essere applicate anche a
quella contrattuale.
Tuttavia, solo con riguardo alla divisione
ereditaria è possibile applicare la fase della
vendita dei beni per il pagamento dei debiti
ereditari e la collazione.
• Stima dei beni
Se si dividono beni dello stesso genere non è
necessaria la stima. Nelle altre ipotesi la stima dei singoli beni dividendi è premessa indispensabile al fine di formare porzioni di
valore corrispondente alla quota. L’art. 726,
comma 1, cod. civ. stabilisce che si provvede
alla stima secondo il valore venale dei beni
da dividere.
• Eventuale vendita beni indivisibili
Oggetto della divisione sono i beni facenti
parte della massa ereditaria: mobili, immobili ecc.
Di norma la divisione è fatta in natura se la
cosa può essere comodamente divisa in
parti corrispondenti alle quote dei partecipanti.
Prima di formare le porzioni può essere accertata la necessità di procedere alla vendita di immobili non divisibili a un terzo ovvero con l’attribuzione a un condividente in
cambio di una corrispondente somma di danaro da dividere tra i coeredi.
• Vendita di beni per il pagamento
di debiti ereditari
Se i coeredi aventi diritto a oltre la metà dell’asse ereditario sono d’accordo sulla necessità della vendita per il pagamento dei debiti ereditari, si procede alla vendita dei beni
ereditari mobili e immobili la cui cessione
rechi il minor pregiudizio agli interessi dei
condividenti. Se vi è accordo di tutte le parti, la vendita può seguire tra i soli condividenti senza pubblicità, salvo opposizione
dei legatari e dei creditori.
• Collazione
La collazione consiste nel conferire alla
massa ereditaria le liberalità ricevute in vita
dal defunto al fine di evitare una disparità di
trattamento tra i coeredi.
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Il conferimento può essere fatto per imputazione (cioè per equivalente) ovvero in natura restituendo alla massa da dividere lo stesso bene ricevuto.
• Rendiconto
Se durante la gestione dei beni comuni sono
sorti rapporti obbligatori tra i partecipanti
per eventuali spese sostenute o deterioramenti o miglioramenti apportati alla cosa
comune, oppure per i frutti percepiti durante lo stato di divisione, si presenta la necessità di un rendiconto (art. 723 cod. civ.).
• Formazione delle porzioni
Si procede, quindi, alla formazione di tante
porzioni quanti sono i condividenti in proporzione delle rispettive quote (art. 726,
comma 2, cod. civ.). Possono verificarsi due
ipotesi.
La prima riguarda la divisione in natura: sulla base di quanto disposto dagli artt. 1114 e
718 cod. civ., la divisione deve aver luogo in
natura se la cosa può essere comodamente
divisa in parti corrispondenti alle quote dei
partecipanti.
Nota
Per aversi una comoda divisibilità dell’immobile, è necessario che il frazionamento del bene avvenga mediante determinazione di quote in concreto soggette a un autonomo e libero godimento. Tali quote, pertanto, devono
formarsi senza comportare problemi tecnici, quali l’eccessivo costo rispetto all’intero. Inoltre la divisione non
deve gravare sull’originaria destinazione del bene e non
deve causare un deprezzamento del valore delle singole
quote, in proporzione al valore dell’intero e alla sua normale destinazione e utilizzazione (Corte App. Genova,
29 luglio 2004).
La seconda ipotesi riguarda la divisione con
conguagli in denaro. L’art. 728 cod. civ. prevede, infatti, che l’ineguaglianza in natura
nelle quote si compensa con un equivalente
in denaro.
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• Assegnazione o attribuzione
delle porzioni
Dispone l’art. 729 cod. civ. che l’assegnazione
delle porzioni uguali è fatta mediante estrazione a sorte.
Per le porzioni diseguali si procede mediante attribuzione. Tuttavia, rispetto a beni costituenti frazioni uguali di quote disuguali, si
può procedere per estrazione a sorte.
• Consegna dei documenti
Compiuta la divisione, si devono rimettere a
ciascuno dei condividenti i documenti relativi ai beni e ai diritti loro assegnati (art. 736
cod. civ.).
• Impugnazione della divisione
La divisione può essere impugnata, oltre che
per ragioni inerenti all’invalidità di ogni negozio giuridico, con due azioni particolari
espressamente previste dal legislatore: annullamento per violenza o dolo e rescissione
per lesione.
Annullamento per violenza o dolo –
L’art. 761 cod. civ. dispone che la divisione
può essere annullata quando è l’effetto di
violenza o dolo, salvo che l’errore cada su
presupposti precedenti la divisione, per
esempio sul titolo della comunione (in tal
caso valgono le regole generali ex art. 1427
e ss. cod. civ.).
L’azione si prescrive in cinque anni dal giorno in cui è cessata la violenza o il dolo è stato scoperto.
Rescissione per lesione – La divisione può
essere rescissa, quando taluno dei condividenti prova di essere stato leso oltre il quarto (art. 763, comma 1, cod. civ.).
A differenza dell’azione generale di rescissione soggetta alla prescrizione di un anno, la
rescissione per lesione della divisione si prescrive in due anni dalla divisione.
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Fattispecie particolari
Divisioni di masse plurime
Di regola, anche se i comunisti sono gli stessi, differenti e autonome sono le comunioni derivanti da
titoli diversi e aventi a oggetto beni distinti. Vale a dire comunioni di beni (mobili o immobili) diversi tra gli stessi soggetti in forza di titoli differenti (per esempio compravendita, donazione).
Diritti reali costituiti da un comunista sulla propria quota
Di massima i diritti reali di godimento (usufrutto, servitù ecc.) e garanzia (ipoteca) costituiti da un
coerede sulla propria quota del bene comune colpiscono solo la porzione del bene di cui lo stesso
coerede risulti proprietario a seguito della divisione. La natura dichiarativa retroattiva della divisione comporta che, a seguito della divisione, la costituzione di usufrutto o di servitù sulla quota di proprietà del costituente investa, rispettivamente, tutta la porzione assegnata ovvero gravi su di essa
sin dal momento della loro costituzione.
Se, invece, la divisione viene operata con conguaglio, cioè al comunista è assegnata una porzione maggiore o addirittura tutto il bene, la servitù si estende egualmente su tutto il bene assegnato, mentre l’usufrutto e l’ipoteca, salvo diversa volontà delle parti, gravano sul bene entro i limiti del valore della quota. Se
la cosa comune gravata, pro quota da usufrutto o ipoteca, è venduta a un estraneo, il bene si trasferisce
con i pesi che aveva quando era di proprietà comune e, pertanto, con l’usufrutto e l’ipoteca pro parte.
Il regime fiscale
Di norma la divisione della comunione è
soggetta all’imposta proporzionale di registro dell’1% (a condizione che al condividente siano assegnati beni per un valore non eccedente quello a lui spettante) applicata sulla massa comune determinata, nelle comunioni ordinarie, dai beni risultanti dal precedente atto di trasferimento che abbia scontato la relativa imposta (sia essa imposta di
registro, IVA o di donazione) (art. 34, commi
1, 2 e 3; art. 3 Tariffa, parte I, T.U. 131/1986).
In tutti i casi se il valore dei beni assegnati a
un condividente supera quanto gli spetta,
l’eccedenza è presunta (iure et de iure) vendita, ma l’imposta proporzionale è dovuta
alle seguenti condizioni e limiti:
– se il conguaglio (indipendentemente dal
suo effettivo versamento e anche se attuato mediante accollo di debiti della comunione) che il condividente deve corrispondere agli altri condividenti supera il
5% del valore della sua quota;
– solo per la parte eccedente il 5% dei conguagli applicando l’aliquota propria prevista per i trasferimenti mobiliari (sino a
concorrenza del valore complessivo dei
beni mobili e dei crediti compresi nella
quota) e con l’aliquota stabilita per i trasferimenti immobiliari per l’eccedenza.
Nota
La divisione con attribuzione a ciascun condividente di
beni di parti comuni, effettuata a tacitazione dei rispettivi
diritti escluso ogni conguaglio fra i condividenti, è soggetta a imposta proporzionale di registro con aliquota
dell’1% per la parte di valore dei beni assegnati corrispondente alla quota di diritto spettante ai condividenti sulla
massa ereditaria.
L’eventuale parte eccedente è considerata vendita e qualora l’assegnazione divisionale dei beni superi di una percentuale maggiore del 5% il valore della quota di diritto, tale eccedenza è soggetta all’imposta proporzionale con l’aliquota
stabilita per i trasferimenti ex art. 34, comma 2, D.P.R.
131/1986 (Ag. entrate, ris. n. 334 del 16 novembre 2007).
Per l’ipotesi di divisione di masse plurime
(art. 34, comma 4, T.U. 131/1986), ai fini fiscali, le comunioni di beni diversi tra gli stessi
soggetti in forza di titoli differenti (per esempio compravendita, donazione) sono considerate come una sola comunione se l’ultimo
acquisto di quote, sempre tra gli stessi soggetti, deriva da successione mortis causa.
Di conseguenza l’a ttribuzione a ciascun
condividente della proprietà esclusiva di un
bene è soggetta all’imposta di registro
dell’1% prevista per le divisioni e non a quelle dei trasferimenti mobiliari o immobiliari.
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